CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 31 marzo 2009
159.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (I e V)
COMUNICATO
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AUDIZIONI INFORMALI

Martedì 31 marzo 2009.

Audizione del Primo Presidente della Corte di cassazione Vincenzo Carbone.

L'audizione informale è stata svolta dalle 9.10 alle 10.

SEDE REFERENTE

Martedì 31 marzo 2009. - Presidenza del presidente della V Commissione Giancarlo GIORGETTI. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Maria Elisabetta Alberti Casellati.

La seduta comincia alle 14.05.

Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile.
C. 1441-bis-B.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 26 marzo 2009.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, avverte che i rappresentanti del «Comitato Novantini D.D. 01 settembre 2004», costituito da coloro che hanno superato le prove scritte del concorso per l'accesso al notariato svoltosi nel 2004 con un punteggio almeno pari a 90, hanno inviato una nota, che è in distribuzione, in relazione al disegno legge C. 1441-bis-B, con particolare riferimento ai commi 4 e 5 dell'articolo 67 «Semplificazione delle procedure per l'accesso al notariato», introdotto dal Senato, rilevando come alla nota siano allegati i pareri pro veritate del prof. Massimo Luciani, del prof. Franco Modugno e del prof. Federico Sorrentino.

Roberto ZACCARIA (PD), intervenendo sull'ordine dei lavori delle Commissioni, dopo aver espresso disappunto per il ritardo, rispetto all'orario di convocazione, con il quale sono iniziati i lavori delle Commissioni, invita la presidenza a valutare, alla luce dell'andamento dei lavori dell'Assemblea nei prossimi giorni, l'ipotesi di differire il termine per la presentazione di emendamenti al testo in esame di almeno un giorno.

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Giancarlo GIORGETTI, presidente, d'accordo con il presidente Bruno, avverte che il termine per la presentazione di emendamenti al testo in esame è differito alle ore 10 di giovedì 2 aprile 2009.

Gaetano PECORELLA (PdL), premesso che si soffermerà soltanto sulla delicata materia del cosiddetto «filtro in Cassazione», rileva che sul tema è stata utile l'audizione informale del primo presidente della Corte di cassazione tenutasi questa mattina. Il dottor Carbone ha infatti chiarito che la valutazione del collegio di tre magistrati sull'ammissibilità dei ricorsi sarà una vera e propria valutazione di merito, e non si limiterà quindi a verificare la coerenza interna del ricorso. D'altra parte, se si pone mente ai casi nei quali, ai sensi del primo comma del nuovo articolo 360-bis del codice di procedura civile introdotto dal testo in esame, il ricorso deve ritenersi ammissibile, si deve concludere che, delle due l'una: o il ricorso è sempre ammissibile oppure la decisione circa l'ammissibilità è rimessa ad una valutazione discrezionale del collegio di tre magistrati, i quali, al di fuori di stringenti vincoli di legge, potranno decidere liberamente e sulla base del merito della questione.
Richiama l'attenzione, in particolare, sul caso di ammissibilità di cui al numero 2) del primo comma del citato articolo 360-bis, dove si stabilisce che il ricorso è ammissibile, tra l'altro, quando ha per oggetto «una questione sulla quale la Corte ritiene di pronunciarsi per confermare o mutare il proprio orientamento». Considerato che questa ipotesi riguarda necessariamente tutti i casi sottoposti al giudizio della Corte, atteso che per ogni caso non può che esservi conferma oppure mutamento di giurisprudenza, ne consegue che la disposizione dà alla Corte il potere di scegliere arbitrariamente i casi da ammettere e quelli sui quali non pronunciarsi, il che è però incostituzionale perché determina una irragionevole disparità di trattamento tra i ricorrenti.
Osserva inoltre che la disposizione non prevede criteri oggettivi per la nomina dei tre magistrati del collegio che valuta le ammissibilità, il che contrasta con i principi costituzionali dell'ordinamento giudiziario, determinando un procedimento di selezione del giudice rimesso agli interna corporis della Corte anziché a norme di legge; né la difficoltà potrebbe essere superata sopperendo alla lacuna normativa con un protocollo interno, sia pure formato a seguito di un'ampia dialettica, come suggerito dal primo presidente della Corte di cassazione.
Alla luce di tali considerazioni, ritiene opportuna un'ulteriore riflessione sul «filtro in Cassazione». A questo scopo, considerato che la modifica dell'articolo 48 non è ormai più possibile se non nella piccola parte modificata dal Senato e che per analoghe ragioni non è possibile lo stralcio del testo, propone la soppressione dell'intero articolo al fine di far confluire la materia del «filtro in Cassazione», che è senza dubbio un istituto utile ma che andrebbe congegnato in modo diverso, all'interno di un nuovo e diverso provvedimento, da esaminare in Commissione Giustizia.

Roberto ZACCARIA (PD), premesso di concordare con molte delle osservazioni svolte dal deputato Pecorella, i cui rilievi giudica persuasivi al pari di quelli di analogo tenore formulati dai deputati del suo gruppo nell'ambito dell'audizione informale tenutasi questa mattina, avverte che, per parte sua, si soffermerà però soltanto sui profili del provvedimento di più stretto interesse della Commissione affari costituzionali.
Rileva tuttavia preliminarmente che la disciplina dei collegati al disegno di legge finanziaria determina alcune conseguenze nocive sulla qualità della legislazione: il carattere eterogeneo della legge finanziaria si estende infatti anche ai collegati, i quali recano quindi di regola un contenuto estremamente ampio e tendenzialmente riconducibile alla competenza di tutte le Commissioni, il che rende però difficile il lavoro delle Commissioni stesse, le quali

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sono specializzate per materia; si aggiunga che, in questo caso, il contenuto del collegato in esame è stato reso ancor più ampio e complesso dalle modifiche introdotte al Senato.
Ritiene tra l'altro incoerente che da una parte si legiferi mediante provvedimenti eterogenei e frammentari come quello in esame e dall'altra si incarichi il Governo, come fa l'articolo 5, di rimediare al disordine normativo compilando testi unici compilativi, i quali, come è noto, sono utilissimi, ma non hanno cogenza giuridica.
Un altro settore nel quale, a suo parere, gli interventi legislativi si stanno sovrapponendo in modo caotico è quello della cosiddetta semplificazione normativa. Richiama al riguardo l'articolo 4 del testo in esame, che interviene nuovamente sul meccanismo taglia-leggi della cosiddetta legge Baccini (articolo 14 della legge n. 246 del 2005), preannunciando la presentazione di un emendamento inteso a differire almeno al 2011 l'effetto abrogativo generalizzato ivi previsto delle leggi non espressamente salvate. Ritiene infatti che il termine attualmente previsto sia troppo ravvicinato per consentire una serena valutazione delle norme da mantenere in quanto tuttora utili.
Osserva poi, sotto il profilo della sistematica normativa, che è anomalo e improprio che disposizioni in materia di giustizia, come quelle di cui agli articoli da 42 a 45, siano contenute all'interno del Capo III, intitolato al Piano industriale della pubblica amministrazione, anziché nel Capo IV, in materia di giustizia.
Per quanto riguarda poi la Corte dei conti, richiama le considerazioni svolte dal professor Travi nell'ambito dell'audizione informale svoltasi il 25 marzo scorso, il quale ha rilevato, esprimendo in questo posizioni elaborate da un'ampia dottrina, come la competenza in materia pensionistica potrebbe essere tolta alla Corte dei conti, essendo ormai anacronistica e priva di senso. Ritiene, in ogni caso, che si dovrebbe evitare di intervenire sulla Corte di conti di continuo, mediante norme inserite in provvedimenti eterogenei: si proponga piuttosto una riforma complessiva dell'organo, da discutere nell'ambito di un unico e specifico provvedimento.
Esprime quindi preoccupazione per l'elevato numero di deleghe legislative disposte dal Parlamento dall'inizio della legislatura, osservando che, di questo ritmo, il Parlamento rischia di non aver più nessuna materia importante sulla quale legiferare direttamente. Aggiunge che le deleghe, dove si prevedono, dovrebbero quanto meno essere ben definite: l'articolo 45, ad esempio, reca una delega per il riassetto della disciplina del processo amministrativo nella quale, in sostanza, non è stabilito alcun principio per la ripartizione delle competenze tra giustizia ordinaria e giustizia amministrativa; senza contare l'assurdità di prevedere che la riforma possa essere materialmente redatta dall'organo che ne è il principale destinatario, ossia il Consiglio di Stato. Propone quindi di stralciare l'articolo 45, introdotto dal Senato, per farne un provvedimento autonomo nell'ambito del quale svolgere una riflessione sulla riforma del processo amministrativo.
Quanto infine all'articolo 67, comma 4, relativo al concorso notarile indetto con decreto del direttore generale della giustizia civile 10 settembre 2004, ritiene che, se i notai italiani sono insufficienti al fabbisogno della popolazione, occorrerebbe svolgere un maggior numero di concorsi, ma non certamente privilegiare i partecipanti ad un determinato concorso rispetto a coloro che hanno partecipato ad altri concorsi o che si preparano a partecipare ai futuri concorsi.

Manlio CONTENTO (PdL), nell'associarsi alle considerazioni del collega Pecorella con riferimento alle disposizioni dell'articolo 48 del disegno di legge relative al cosiddetto «filtro di Cassazione», rileva come nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento si sia registrata una indisponibilità a modificare quegli aspetti delle disposizioni rispetto ai quali il Governo, alla Camera, si era impegnato a svolgere una ulteriore valutazione. A fronte di tale situazione, che impedisce

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ulteriori modifiche alle parti non modificate dal Senato, ritiene che possano ipotizzarsi due percorsi alternativi. In primo luogo, si potrebbe ipotizzare l'approvazione della disposizione in esame nel testo approvato dal Senato, segnalando tuttavia come essa potrebbe andare incontro ad una dichiarazione di incostituzionalità, in quanto, non individuando criteri oggettivi per l'ammissibilità del ricorso, affida tale giudizio alla discrezionalità del collegio di tre magistrati previsto dal nuovo articolo 360-bis del codice di procedura civile. Si potrebbe, tuttavia, ipotizzare un diverso percorso procedurale, che passi per l'espunzione dal disegno di legge in esame delle disposizioni dell'articolo 48 e permetta di affrontare la questione dell'introduzione di un filtro di Cassazione in un nuovo provvedimento. L'iter del nuovo provvedimento potrebbe procedere parallelamente a quello del disegno di legge in esame e usufruire di una corsia privilegiata, eventualmente attraverso un suo esame in sede legislativa da parte della Commissione giustizia. Sottolinea, in particolare, come tale percorso procedurale sarebbe percorribile qualora il Governo e l'opposizione lo condividessero, confermando l'ampia convergenza di vedute finora registrata in ordine all'esigenza di modificare l'accesso al giudizio di Cassazione, senza tuttavia che un'analoga condivisione si sia riscontrata sugli specifici contenuti della disposizione oggi in esame. L'adozione di questo secondo percorso consentirebbe - a suo giudizio - di porre finalmente mano ad una situazione ormai insostenibile, caratterizzata da un'eccessiva durata dei tempi del giudizio di Cassazione, introducendo regole che concilino l'esigenza di porre un freno agli eccessi di ricorribilità finora registrati senza ledere le garanzie costituzionali in materia di procedimenti giurisdizionali.
Per quanto attiene alle deleghe contenute nel provvedimento in esame, ritiene che non si registri un eccesso di ricorso alla delegazione legislativa analogo a quello che ha caratterizzato la passata legislatura, quando si faceva ricorso a leggi delega per superare i contrasti esistenti all'interno della maggioranza di Governo. Le materie affrontate nell'ambito delle deleghe previste rientrano, infatti, tra quelle caratterizzate da un alto tasso di tecnicità, per le quali storicamente si è sempre fatto ricorso alla delegazione legislativa. In tal senso segnala, in particolare, le deleghe previste all'articolo 55 in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili e all'articolo 45, in materia di riassetto della disciplina del processo amministrativo. Ritiene, tuttavia, che potrebbero ipotizzarsi correzioni ed integrazioni ai principi e criteri di delega previsti nelle diverse disposizioni al fine di meglio specificare i contenuti dei futuri decreti legislativi. Quanto invece al ruolo del Consiglio di Stato, condivide le disposizioni introdotte nell'articolo 5, comma 2, con riferimento all'affidamento al Consiglio di Stato del compito di redigere gli schemi dei testi unici compilativi, mentre esprime perplessità sulle previsioni dell'articolo 45, comma 4, che consente al Presidente del Consiglio dei ministri di delegare al Consiglio di Stato la stesura dello schema del decreto legislativo in materia di riassetto del processo amministrativo. Sollecita, inoltre, una valutazione del Governo sulle disposizioni da ultimo richiamate, che consentono al Consiglio di Stato di avvalersi di esperti anche esterni alle pubbliche amministrazioni, sottolineando, da un lato, come sia inopportuno affidare una scelta discrezionale in materia al Consiglio di Stato e, dall'altro, come sarebbe preferibile individuare eventuali esperti nell'ambito delle pubbliche amministrazioni, anche alla luce degli elevati profili di competenza reperibili in tale contesto.
Sollecita, altresì, una riflessione sulle modifiche introdotte nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento all'articolo 32, comma 5, del disegno di legge, che rischiano di vanificare gli effetti delle disposizioni in materia di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi nei siti informatici delle pubbliche amministrazioni. Al riguardo, segnala, infatti, che mentre la Camera aveva del tutto privato degli effetti di pubblicità legale le pubblicazioni

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effettuate in forma cartacea, il Senato ha comunque consentito alle amministrazioni pubbliche di effettuare pubblicazioni su quotidiani, ancorché prive di efficacia legale. Tale modifica, a suo giudizio, rischia di compromettere gli effetti di risparmio della disposizione, in quanto si determinerà una contemporanea pubblicazione di atti e provvedimenti sui giornali e sui siti internet, con evidenti effetti negativi per la finanza pubblica.
Da ultimo, ritiene dovrebbe valutarsi la possibilità di introdurre nell'ambito del provvedimento in esame disposizioni in materia di procedure concorsuali che consentano alle imprese di minori dimensioni di affrontare le conseguenze dell'attuale crisi economica, attraverso il tempestivo ricorso a misure di gestione preventiva delle possibili crisi aziendali. Segnala, a tale proposito, che attualmente gli accordi di ristrutturazione del debito consentono una sospensione delle procedure esecutive solo successivamente all'intervento del tribunale, mentre a suo giudizio sarebbe opportuno valutare la possibilità di prevedere che una tale sospensione possa intervenire anche in una fase antecedente, eventualmente a fronte di un rafforzamento delle garanzie offerte. Nel sollecitare una valutazione del rappresentante del Governo anche su questo punto, sottolinea come per effetto delle attuali restrizioni del credito bancario la crisi economica in atto rischi di determinare la chiusura di molte piccole e medie imprese che, pur essendo economicamente solide, si trovino in sofferenza per la contrazione della produzione e dei consumi.

Cinzia CAPANO (PD) ritiene opportuno richiamare brevemente la storia dell'esame delle disposizioni relative al cosiddetto «filtro di Cassazione», ricordando in primo luogo come il Governo avesse fornito ampie assicurazioni in ordine ad una ulteriore loro valutazione e come, anche a fronte di tali assicurazioni, il collega Contento aveva ritirato un suo emendamento presentato in Assemblea su questi temi. Ricorda inoltre che tale impegno, assunto dal Governo nell'Assemblea della Camera, era stato successivamente ribadito dal Ministro della giustizia nel corso del suo intervento presso il Consiglio nazionale forense tenutosi dal 13 al 16 novembre 2008 e anche la mozione conclusiva di quel congresso tiene conto di tale assicurazione, richiamando i contenuti dell'intervento del Ministro e, in particolare, gli «impegni assunti tra cui l'imminente presentazione di una legge volta all'unificazione dei riti del processo civile, il ripensamento delle proposte di modifica al codice di procedura civile ed in particolare l'introduzione di filtri per il giudizio di Cassazione. Segnala, poi, come in attuazione di questi impegni il Ministro avesse depositato al Senato un emendamento che, pur non superando tutti i profili problematici della disposizione, quantomeno non affidava ad un collegio ad hoc la valutazione di inammissibilità, che si traduce a suo avviso in un giudizio di infondatezza, riportando il potere di pronunziare in materia in capo alle sezioni. Sul finire del mese di gennaio 2009, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario, il Primo Presidente della Corte di Cassazione aveva espresso nella sua relazione l'auspicio che «il Governo, che ha visto la sua proposta approvata da uno dei rami del Parlamento, mantenga il suo testo che non consente ulteriori modifiche che lo snaturerebbero e ne annullerebbero l'utilità e la funzionalità». A fronte di tale presa di posizione del Primo Presidente della Corte di Cassazione, il Governo provvede a ritirare l'emendamento presentato al Senato e, successivamente, l'altro ramo del Parlamento approva senza sostanziali modifiche il testo già licenziato dalla Camera.
Quanto ai contenuti dell'articolo 48 del disegno di legge, segnala come da tutte le audizioni informali svolte sia emerso un orientamento assai critico rispetto alla formulazione della disposizione, che condiziona l'accesso alla giurisdizione di legittimità a valutazioni arbitrarie del collegio di tre magistrati e non alle sezioni della Corte.. Ritiene, inoltre, che a costituzione invariata non sia possibile introdurre nel nostro ordinamento disposizioni analoghe a quelle contenute nell'articolo

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360-bis del codice di procedura civile introdotto dall'articolo 48 del disegno di legge in esame, in quanto esse contrastano con l'articolo 111, settimo comma, della Costituzione, in base al quale è sempre ammesso il ricorso in Cassazione per violazione di legge. Non ritiene, inoltre, che la specificazione delle regole da applicare al filtro di ammissibilità dei ricorsi possa essere affidata a protocolli o intese informali, ma debba avvenire nell'ambito delle disposizioni in esame, garantendo a tutti i cittadini la fissazione di regole precostituite.
A tale riguardo, a suo giudizio, a nulla vale richiamare - come ha fatto il Primo Presidente della Corte di Cassazione nell'audizione odierna - le esperienze di altri Paesi stranieri, in quanto in tali Paesi non esistono norme analoghe a quelle contenute nell'articolo 111, settimo comma, della Costituzione.
È infatti vero che nel sistema francese, a partire dal 2001, è stato previsto il meccanismo delle formations restreintes composte da tre giudici chiamati a decidere, attraverso un esame preliminare, sul rigetto dei ricorsi inammissibili o manifestamente infondati. Tuttavia, nel sistema francese le formazioni ristrette sono costituite all'interno di ogni sezione e un membro del collegio o una delle parti può fare richiesta di rinviare l'esame alla chambre in composizione ordinaria.
Nel sistema tedesco, l'accesso al grado superiore è invece subordinato all'autorizzazione alla impugnazione indicata in sentenza, la quale deve comunque essere rilasciata ove la causa rivesta «importanza di principio», per una questione di diritto di interesse generale ovvero in ipotesi di divergenz, quando la decisione si discosti dalla giurisprudenza di vertice, al fine di garantire l'uniformità e lo sviluppo della giurisprudenza. La riforma ha anche previsto la possibilità di riesame del diniego del giudice a quo da parte dei Senate della Corte di revisione. Secondo l'articolo 543 del codice di procedura tedesco, nel testo novellato dalla riforma del 2001, l'impugnazione può avere corso quando la questione di diritto sia di importanza fondamentale, allorché l'evoluzione del diritto o la salvaguardia dell'uniformità della giurisprudenza richiedano una decisione della Suprema Corte, o in presenza della violazione di fondamentali principi procedurali.
Nel richiamare poi le osservazioni del collega Pecorella, sottolinea come la disposizione di cui al numero 2 dell'articolo 360-bis del codice di procedura civile, introdotto dall'articolo 48 del disegno di legge, rimette in sostanza la facoltà di confermare o modificare i precedenti giurisprudenziali della Corte al collegio, che tuttavia è un organismo diverso da quello che dovrà pronunciarsi nel merito. Rileva, peraltro, che le decisioni difformi dagli orientamenti giurisprudenziali consolidati costituiscono un irrinunciabile strumento di modificazione del diritto vivente, consentendo alla Corte di recepire nella propria giurisprudenza le evoluzioni sociali. Ricorda, a tale proposito, come la pronuncia in materia di divieto di anatocismo abbia segnato un deciso revirement rispetto alla precedente giurisprudenza e abbia determinato una notevole modifica del sistema creditizio. Le disposizioni dell'articolo 48 potrebbero determinare inoltre, a suo avviso, rilevanti problemi applicativi. A titolo di esempio, segnala come il ricorso avverso una sentenza che abbia interpretato la norma di diritto in modo conforme ai precedenti della Corte, errando tuttavia nell'applicazione della norma alla fattispecie concreta, il ricorso sarebbe da dichiarare inammissibile ai sensi del numero 1 del nuovo articolo 360-bis del codice di procedura civile, nonostante la sentenza sia stata pronunciata chiaramente in violazione di legge. Segnala, inoltre, che la valutazione di ammissibilità, attenendo ai motivi di ricorso, non interessa necessariamente l'intero ricorso, con la conseguenza che quando, come normalmente avviene, siano presentati una pluralità di motivi di ricorso e solo alcuni motivi siano dichiarati inammissibili, il ricorso dovrà comunque essere esaminato dalla sezione, che, ai sensi dell'articolo 375 del codice di procedura civile, si pronuncerà sul complesso

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dei motivi contenuti nel ricorso. In questa ottica, a suo avviso, le disposizioni dell'articolo 48, lungi dal costituire uno snellimento delle procedure, determineranno una duplicazione dell'esame dei motivi di ricorso.
Alla luce di queste premesse, manifesta la propria disponibilità a esaminare la questione dell'introduzione del cosiddetto «filtro di Cassazione» nella sua sede naturale, nell'ambito della Commissione giustizia, dove peraltro risultano presentate già diverse proposte di legge in materia, sottolineando come in tale esame dovranno essere adeguatamente coinvolti gli operatori del diritto, in quanto non è ipotizzabile procedere, come si sta facendo ora, a dispetto delle indicazioni provenienti da tutti coloro che dovranno applicare le disposizioni in esame. Evidenzia, peraltro, che dovrebbe ipotizzarsi un analogo percorso procedurale per tutte le disposizioni in materia di procedimento civile, anche tenuto conto della rilevanza delle modifiche introdotte al Senato, tra le quali ricorda in particolare le disposizioni in materia di riforma delle procedure esecutive, che incidono anche sui beni confiscati alla mafia, e quelle relative alla delega per la riduzione e la semplificazione dei riti civili. A tale ultimo riguardo, sottolinea che, pur ritenendo in astratto ammissibile il ricorso all'utilizzo dello strumento della delega legislativa per tale riforma, non considera invece assolutamente ammissibile il conferimento di una delega priva di adeguati principi e criteri direttivi, anche in considerazione del fatto che le Commissioni avranno a disposizione solo trenta giorni per esprimersi sui contenuti degli schemi che saranno predisposti. Sottolinea, in proposito, la particolare complessità del processo di riforma delineato dalla disposizione, che prevede in sostanza l'unificazione di una trentina di riti, intervenendo in un contesto normativo oggetto di numerosi interventi modificativi e correttivi nell'ultimo decennio. Ritiene, in particolare, estremamente pericoloso il principio di delega contenuto nel numero 2 della lettera b) dell'articolo 55, comma 4, il quale prevede che i procedimenti in cui prevalgono i caratteri di semplificazione della trattazione o dell'istruzione siano ricondotti al procedimento sommario di cognizione introdotto dall'articolo 52 del provvedimento in esame, senza che si sia mai sperimentata l'efficacia delle disposizioni ivi previste. Segnala, in particolare, come tale procedimento affidi l'istruzione della causa alla più ampia discrezionalità del giudice, che «procede nel modo che più ritiene opportuno», riproponendo rischi di decisioni arbitrarie analoghi a quelli denunciati con riferimento alla disciplina del cosiddetto «filtro di Cassazione».

Massimo VANNUCCI (PD) si sofferma sull'articolo 67, rilevando come, pur condividendo l'obiettivo di semplificazione delle procedure per l'accesso al notariato, la soluzione proposta non risolve il problema delle oltre duemila sedi vacanti e della lentezza delle procedure di selezione. Ricorda in proposito che nella sua circoscrizione, la città di Urbino è priva di notaio. In tal senso la disposizione non interviene sulle procedure concorsuali. Annuncia quindi la presentazione di proposte emendative per incrementare in via transitoria il numero delle commissioni e delle sottocommissioni di esame e per aumentare fino a 600 i posti banditi per i prossimi tre anni. In proposito, sottolinea che l'incremento dei notai consentirebbe di creare nuove opportunità di lavoro e di aumentare la concorrenza.
Con riferimento ai commi 4 e 5 del medesimo articolo 67, pur rilevando che si tratta di una questione il cui rilievo non va sopravvalutato, coinvolgendo infatti solo sessantasei persone, osserva che si tratta di correggere un errore derivante dalla mancata applicazione della disposizione che prevedeva l'ammissione alle prove orali anche di coloro i quali avevano un concorso in corso alla data della sua entrata in vigore.
Con riferimento al cosiddetto «filtro» della Cassazione, ricorda l'esigenza di garantire comunque un iter più rapido alla giustizia civile, alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo

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e dei costi per il sistema economico ed invita quindi alla prudenza in merito all'ipotesi dello stralcio.

Marcello DI CATERINA (PdL) mette a disposizione dei colleghi, ad integrazione di quelli richiamati dal presidente, il parere del professor Baldassarre, che invece, giudicando incostituzionale l'estensione del nuovo sistema concorsuale unicamente a coloro che hanno partecipato al concorso notarile bandito nel 2004, riterrebbe auspicabile una disciplina estesa ad una serie di concorsi precedenti individuati sulla base di un ragionevole termine a quo.

Federico PALOMBA (IdV) annuncia la presentazione di un numero consistente di emendamenti da parte dell'Italia dei Valori, volti in particolare a sopprimere numerose disposizioni inserite al Senato. Ritiene peraltro mistificatorio definire come «riforma» le disposizioni in materia di procedura civile contenute nel provvedimento. In proposito giudica infatti singolare che tale presunta «riforma» non sia stata esaminata in sede referente dalla Commissione giustizia. A testimonianza di tale stato di confusione, ricorda che alla Camera il Governo non aveva accettato modifiche, mentre al Senato ha consentito rilevanti innovazioni del testo. Ricorda in particolare che il suo gruppo aveva presentato emendamenti volti ad introdurre, per agevolare il procedimento civile, l'udienza di programma.
Ricorda pure la leggerezza con cui è stato affrontato il problema del «filtro» in Cassazione. Sul punto, constatata l'indisponibilità del Governo ad un'ulteriore lettura del provvedimento al Senato, si esprime a favore di una rapida approvazione in Commissione giustizia di un provvedimento ad hoc sul «filtro», in modo che nei fatti non trovino applicazione gli effetti della disposizione presente nel provvedimento.
Ricorda poi altre disposizioni inserite in modo disordinato nel provvedimento, quali quelle in materia di Corte dei conti, di procedimenti amministrativi, di semplificazione dei riti. Alla luce di tali elementi, esprime quindi, in conclusione, le forti riserve del suo gruppo sul provvedimento.

Donatella FERRANTI (PD) dichiara preliminarmente di condividere l'intervento precedentemente svolto dal deputato Capano. Si sofferma quindi sui contenuti del provvedimento in esame, sottolineando in particolare che il proprio gruppo è favorevole ad esaminare separatamente il tema del cosiddetto filtro nel procedimento civile in Cassazione, disciplinato dall'articolo 48, come testimonia il fatto che su questa materia è stata presentata una iniziativa legislativa da parte dei deputati Tenaglia ed altri, che è assegnata alla II Commissione.
Si tratta di un tema di assoluta rilevanza, in ordine al quale il Governo ha però agito in modo improprio, avendo inserito questa disciplina all'interno di un disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica. Si tratta di disposizioni introdotte dal Governo senza alcun previo dialogo con i soggetti interessati dalla riforma, che hanno invece espresso numerose riserve sulla sua portata, delle quali reputa opportuno tenere conto.
Si sofferma quindi sull'articolo 48. In proposito osserva che un meccanismo di filtro, ancorché parziale, esiste nel giudizio per Cassazione: su questo impianto, che ha già prodotto risultati apprezzabili, si vuole ora innestare tale nuova procedura, mutuata dal rito tedesco, che pertanto presenta in radice profili di problematica adattabilità al rito processuale civile vigente. Una diffusa contrarietà sull'articolo 48, del resto, è stata manifestata da molti operatori del diritto, anche nel corso delle audizioni che si sono svolte lo scorso mercoledì 25 marzo.
Il pericolo nel quale a proprio avviso si rischia di incorrere con l'approvazione dell'articolo 48 è quello di creare un appesantimento del rito civile per Cassazione: si rischia cioè di costruire un meccanismo processuale farraginoso, privo degli opportuni parametri di controllo da parte dei giudici che si pronunceranno al riguardo, che pertanto non renderà competitivo il nostro sistema giudiziario.

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Renato CAMBURSANO (IdV) dichiara di condividere le osservazioni svolte da quei colleghi che hanno sottolineato i rischi di incostituzionalità che presenta il provvedimento in esame, sui quali ritiene opportuno soffermarsi, a partire dall'articolo 48, che introduce il cosiddetto filtro nei procedimenti civili in Cassazione.
Esprime quindi le proprie riserve sul disegno di legge in esame e sulle modalità che ne hanno determinato il contenuto oltremodo eterogeneo che attualmente presenta. Al riguardo, ricorda che esso era inizialmente un provvedimento collegato alla manovra di finanza pubblica al quale sono state apportate numerose modifiche in diverse materie che gli hanno conferito una natura incoerente e priva di una logica di fondo. Esso contiene ora, oltre a norme di assoluta delicatezza in settori sensibili come quello delle società di capitale, che sembrano non tenere conto della difficile situazione economica che si registra nel Paese, anche numerose deleghe legislative spesso prive di reali princìpi e criteri direttivi al Governo, che in questo modo assume un ruolo predominante nell'esercizio della funzione legislativa, prevaricando e scavalcando il Parlamento. In questo modo si rischia di mettere in crisi lo stesso sistema democratico, alterando in modo preoccupante il rapporto tra i poteri dello Stato.

Mario TASSONE (UdC) fa preliminarmente presente che la complessità e l'eterogeneità del provvedimento in esame erano già emerse nel corso della prima lettura, durante la quale si era evidenziata la rilevanza di alcune questioni che coinvolgevano l'interesse di altre Commissioni, a partire dalla Commissione Giustizia.
Il provvedimento in esame, che sembra privo di una logica di fondo, può essere migliorato e il proprio gruppo è disponibile a fornire un costruttivo contributo al riguardo, purché la maggioranza ed il Governo si dichiarino disponibili a valutare i relativi suggerimenti.
Esprime in particolare le proprie perplessità sulla effettiva portata della riforma in materia di giustizia che sembra accentuare in modo eccessivo il ruolo della Corte di cassazione nella dichiarazione di ammissibilità dei ricorsi.

Il sottosegretario Maria Elisabetta ALBERTI CASELLATI fa preliminarmente presente che il Governo è disponibile a confrontarsi sulle diverse questioni contenute nel provvedimento in esame, a partire dalle norme in materia di giustizia civile, sulle quali non vi è l'intenzione di porre riserve ideologiche, anche perché molte di esse erano state poste all'attenzione dal Governo in carica nella scorsa legislatura.
Il disegno di legge all'esame delle Commissioni è un provvedimento che si fonda su una precisa logica di fondo, vale a dire quella di semplificare il rito processuale civile, garantendo tempi più celeri per giungere alla decisione. Non si tratta cioè di una riforma sistematica del codice di rito, ma di una serie di interventi mirati nella prospettiva illustrata.
In questo contesto si inserisce l'articolo 48, volto ad istituire il cosiddetto filtro per il ricorso in Cassazione. Si tratta di un istituto su cui si sono registrate numerose critiche, che tuttavia giudica necessario quanto meno nelle sue linee di fondo. Più in generale, fa presente che le modifiche in materia di giustizia civile approvate dal Senato sono il frutto di un preciso orientamento da parte di quel ramo del Parlamento, che non ha ritenuto di condividere il testo approvato dalla Camera, sul quale il Governo aveva invece espresso il proprio orientamento favorevole in prima lettura: si tratta del frutto dell'ordinaria dialettica parlamentare e non di una presa di posizione da parte dell'Esecutivo.

Anna Maria BERNINI BOVICELLI (PdL), nel riservarsi di intervenire più diffusamente in sede di esame degli emendamenti che saranno presentati, osserva che i rilievi mossi da più parti in relazione all'articolo 45, comma 4, che prevede che la stesura del decreto delegato della riforma in materia di giustizia amministrativa possa essere delegata al Consiglio di Stato, sono forse in parte il frutto di un

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fraintendimento semantico legato alla locuzione «può delegare». È infatti accaduto spesso che il Governo, per la stesura di testi normativi di particolare complessità tecnica, si sia affidato a consiglieri di Stato e ad esperti, fermo restando il ruolo della Presidenza del Consiglio e delle Commissioni parlamentari competenti, senza che con ciò si configurassero fenomeni patologici sotto il profilo del diritto. A titolo di esempio ricorda che in tal modo si è proceduto per la redazione del testo unico delle disposizioni in materia di espropriazione per pubblica utilità e del codice dei contratti della pubblica amministrazione. Ricorda altresì che anche la legge n. 50 del 1999, una delle leggi del pacchetto delle «leggi Bassanini», prevedeva, all'articolo 7, comma 5, che il Governo potesse demandare la redazione degli schemi di testi unici al Consiglio di Stato e che questo avesse a sua volta la facoltà di avvalersi di esperti.

La seduta termina alle 15.40.