CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 17 marzo 2009
152.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
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AUDIZIONI INFORMALI

Martedì 17 marzo 2009.

Audizione di rappresentanti della delegazione italiana presso il Comitato delle Regioni nell'ambito dell'esame del «Programma legislativo e di lavoro della Commissione europea per il 2009 e programma di 18 mesi del Consiglio dell'Unione europea, presentato dalle Presidenze francese, ceca e svedese» (COM(2008)712 def. - 11249/08).

L'audizione informale è stata svolta dalle 12 alle 13.15.

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SEDE CONSULTIVA

Martedì 17 marzo 2009. - Presidenza del presidente Mario PESCANTE.

La seduta comincia alle 13.15.

DL 5/09: Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi.
C. 2187 Governo.

(Parere alle Commissioni VI e X).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Nicola FORMICHELLA (PdL), relatore, illustra il contenuto del provvedimento in oggetto. Al riguardo, osserva che esso è diretto a convertire in legge il decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, recante misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi.
Il decreto-legge consta di nove articoli che introducono disposizioni volte a fronteggiare la crisi internazionale del settore industriale (in particolare, del comparto automobilistico), anche in relazione alle implicazioni sul sistema produttivo nazionale e ai riflessi di carattere occupazionale su famiglie e imprese. Il provvedimento reca altresì misure di carattere fiscale e finanziario finalizzate a promuovere lo sviluppo economico (mediante il sostegno della domanda di beni durevoli) e ad agevolare il raggiungimento degli obiettivi di risparmio energetico e di salvaguardia ambientale.
L'articolo 1 introduce incentivi per la sostituzione di veicoli a motore in circolazione con altri conformi ai più avanzati standard comunitari nonché per l'acquisto di veicoli ecologici e per l'installazione di dispositivi per la riduzione delle emissioni inquinanti. In particolare sono previsti, per il periodo compreso tra il 7 febbraio e il 31 dicembre 2009, contributi statali per l'acquisto - con contestuale demolizione di veicoli maggiormente inquinanti - di autovetture, autocarri, autoveicoli per trasporti specifici, autoveicoli per uso speciale, autocaravan e motoveicoli. Contributi aggiuntivi a quelli già contemplati dalle norme vigenti sono destinati anche all'acquisto di autovetture e autocarri nuovi a ridotto impatto ambientale (a metano, elettrici o a idrogeno). Sono altresì incrementati i contributi attualmente già riconosciuti per l'installazione di impianti a GPL e a metano sulle autovetture. Allo scopo di ridurre le emissioni di particolato nel settore del trasporto pubblico, sono inoltre definite specifiche agevolazioni per l'installazione di filtri antiparticolato sui veicoli diesel utilizzati dalle aziende che svolgono servizi di pubblica utilità.
L'articolo 2 prevede una detrazione del 20 per cento ai fini IRPEF in relazione alle spese documentate (nella misura massima di 10.000 euro ripartita in cinque annualità), sostenute nell'arco temporale compreso tra il 7 febbraio e il 31 dicembre 2009 per l'acquisto di mobili, elettrodomestici ad alta efficienza energetica, apparecchi televisivi e computer destinati all'arredo di un immobile oggetto di interventi di ristrutturazione edilizia a partire dal 1o luglio 2008. Una specifica disposizione stabilisce, inoltre, che la Presidenza del Consiglio dei ministri promuove la stipula di un protocollo di intenti con i produttori dei beni per i quali sono previsti gli incentivi disciplinati dal decreto. Nel protocollo sono definiti gli impegni assunti in ordine alle garanzie di mantenimento dei livelli occupazionali, alle modalità con le quali assicurare il rispetto dei termini di pagamento nei rapporti con i fornitori e con gli altri soggetti della filiera produttiva e distributiva, nonché allo sviluppo di iniziative promozionali finalizzate a stimolare la domanda e a migliorare l'offerta anche dei servizi di assistenza e manutenzione.
L'articolo 3 modifica la disciplina fiscale dei cosiddetti distretti produttivi, già estesa alle reti di imprese e alle catene di fornitura, ripristinando il regime fiscale previsto dalla legge finanziaria per il 2006 (cosiddetta fiscalità di distretto), che non

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ha trovato applicazione per la mancata adozione dei relativi decreti attuativi.
L'articolo 4 introduce un beneficio fiscale diretto a favorire le aggregazioni aziendali (fusioni, scissioni e conferimenti) effettuate nel 2009 attraverso il riconoscimento gratuito del maggior valore attribuito ai beni materiali e immateriali cui corrisponde, per le fusioni e le scissioni, una differenza da concambio. Il bonus spetta qualora il soggetto risultante dalle predette operazioni straordinarie sia una società per azioni, una società in accomandita per azioni, una società a responsabilità limitata, una società cooperativa, una società di mutua assicurazione, una società europea di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 o una società cooperativa europea di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 residente nel territorio dello Stato.
L'articolo 5 interviene in materia di rivalutazione volontaria degli immobili iscritti nei bilanci delle società che non adottano i principi contabili internazionali relativamente all'esercizio in corso al 31 dicembre 2007, riducendo le aliquote dell'imposta sostitutiva prevista per ottenere il riconoscimento fiscale dei maggiori valori attribuiti a tali beni in sede di rivalutazione.
L'articolo 6 prevede l'intervento della SACE s.p.a. (Società per i servizi assicurativi del commercio estero) nella prestazione di garanzie per agevolare la concessione di finanziamenti destinati all'acquisto di autoveicoli, motoveicoli e veicoli commerciali di cui all'articolo 1 del decreto-legge.
L'articolo 7 reca disposizioni in materia di potenziamento dei controlli fiscali e di inasprimento delle sanzioni per l'indebito utilizzo di crediti in compensazione. Al riguardo, è istituita una forma di controllo mirato sulle agevolazioni previste dalla legge per alcune imposte indirette (imposte di registro, ipotecaria e catastale, sulle successioni e donazioni), comminando, tra l'altro, una sanzione del 200 per cento dell'importo corrispondente al credito indebitamente compensato per tutte le ipotesi in cui, nel corso di uno stesso anno solare, siano state effettuate compensazioni con crediti inesistenti per importi superiori a 50.000 euro.
Gli articoli 8 e 9 definiscono, rispettivamente, la copertura finanziaria e l'entrata in vigore del decreto-legge.
Le disposizioni che maggiormente investono i profili comunitari sono quelle che recano incentivi al rinnovo del parco circolante e all'acquisto di veicoli ecologici, ossia autoveicoli e motoveicoli con ridotte emissioni. In particolare, si prevedono agevolazioni per la sostituzione, da realizzare mediante demolizione, di autovetture e autocarri di categoria «Euro 0», «Euro 1» ed «Euro 2», immatricolati fino al 31 dicembre 1999, con mezzi nuovi di categoria «Euro 4» ed «Euro 5» a basse emissioni di CO2 (non oltre 140 grammi per chilometro ovvero non oltre 130, se alimentati a gasolio).
In proposito, rileva che la normativa «Euro 4», definita essenzialmente dalla direttiva 98/69/CE (cosiddetta fase B), ha fissato livelli di emissioni più stringenti per i veicoli a motore. I limiti «Euro 4» sono entrati in vigore per le nuove omologazioni tipo - salvo alcune eccezioni - il 1o gennaio 2005. Per quanto attiene, in particolare, alle misure di incentivazione, segnala che l'articolo 5 della direttiva 98/69/CE ha dato agli Stati membri la facoltà di prevedere incentivi fiscali per i veicoli a motore di serie conformi alla nuova normativa nonché di introdurre incentivi fiscali o finanziari per l'ammodernamento di autoveicoli in circolazione nonché per il ritiro dalla circolazione degli autoveicoli che non sono in grado di rispettare gli standard comunitari.
Le più recenti previsioni in materia di riduzione delle emissioni inquinanti sono tuttavia contenute nel regolamento (CE) n. 715/2007, che ha delineato i nuovi parametri «Euro 5» ed «Euro 6», volti a ridurre, sia pure in modo progressivo, le emissioni di particolato e di precursori dell'ozono (come gli ossidi di azoto e gli idrocarburi). La nuova disciplina si applica, tra l'altro, alle automobili private, ai furgoni e ai veicoli commerciali destinati al trasporto di passeggeri o di merci o ad

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alcuni usi speciali, dotati di motori ad accensione comandata (motori a benzina, a gas naturale o GPL) o di motori ad accensione spontanea (diesel). Lo standard «Euro 5» è applicabile a partire dal 1o settembre 2009 per quanto riguarda il rilascio dell'omologazione e dal 1o gennaio 2011 per quanto riguarda l'immatricolazione e la vendita dei veicoli nuovi. Dal 2014 è poi prevista un'ulteriore diminuzione delle emissioni inquinanti con le nuove omologazioni «Euro 6». Anche il regolamento (CE) n. 715/2007 prevede la possibilità per gli Stati membri di concedere incentivi per incoraggiare il rispetto dei più rigorosi valori limite. Tali incentivi sono autorizzati se si applicano a tutti i veicoli nuovi in vendita sul mercato di uno Stato membro che siano conformi ai requisiti fissati dal regolamento, se cessano di essere riconosciuti alla data di applicazione dei valori limite e se ammontano, per ogni tipo di veicolo a motore, ad un importo che non supera il costo supplementare dei dispositivi tecnici volti a soddisfare i limiti di emissione, compreso il costo di installazione.
Per quanto concerne i motocicli, il decreto-legge concede un contributo per l'acquisto di un motociclo nuovo di categoria «Euro 3», con contestuale rottamazione di un motociclo di categoria «Euro 0» o «Euro 1». I requisiti «Euro 3» - applicabili alle omologazioni per i nuovi tipi di veicoli dal 1o gennaio 2006 - sono definiti dalla direttiva 2002/51/CE (fase B). Anche in questo caso, la normativa comunitaria contempla la possibilità di concedere specifici incentivi fiscali, nel rispetto di alcune condizioni.
Per quanto attiene ai contributi per l'acquisto di veicoli a idrogeno, il 24 febbraio 2009 è entrato in vigore il regolamento (CE) 79/2009 (che modifica, tra l'altro, la direttiva 2007/46/CE), finalizzato ad armonizzare le norme tecniche di omologazione dei veicoli a motore riguardo alla propulsione a idrogeno e a garantire alti livelli di sicurezza pubblica e di tutela dell'ambiente.
Le citate normative si collocano nell'ambito della Strategia tematica sull'inquinamento atmosferico di cui alla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, del 21 settembre 2005, nella quale si fissano obiettivi di riduzione di alcune sostanze inquinanti e si rafforza il quadro legislativo di lotta contro l'inquinamento atmosferico.
Il comma 8 dell'articolo 1 del decreto-legge stabilisce che le agevolazioni per l'acquisto (con contestuale rottamazione) di veicoli a ridotto impatto ambientale possono essere fruite nel rispetto della disciplina degli aiuti de minimis di cui al regolamento (CE) n. 1998/2006. Gli aiuti di importanza minore (o de minimis) consistono in aiuti che, in un determinato arco di tempo, non superano importi prestabiliti. Tali aiuti sono applicabili a tutto il territorio nazionale, indipendentemente dalla dimensione dell'impresa, considerato che il loro ridotto importo non appare suscettibile di determinare un impatto sensibile sulla concorrenza. Fino al 2006, il tetto dell'aiuto non doveva superare la soglia di 100.000 euro nell'arco di tre anni. Da ultimo, il regolamento (CE) n. 1998/2006 ha stabilito che, per lo stesso periodo, sono ammissibili aiuti concessi ad una medesima impresa per importi complessivi non superiori a 200.000 euro. L'articolo 1 del citato regolamento precisa che la disciplina degli aiuti de minimis non riguarda, tra l'altro, i settori della produzione primaria (agricoltura e pesca), l'industria carboniera e le imprese in difficoltà, le attività connesse all'esportazione nonché gli aiuti destinati all'acquisto di veicoli per il trasporto di merci su strada da parte di imprese che effettuano tale attività per conto terzi. Per ciò che specificamente attiene al settore del trasporto, l'articolo 2 del regolamento prevede che l'importo complessivo degli aiuti de minimis concessi ad un'impresa attiva nel settore del trasporto su strada non deve superare i 100.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari. Tali massimali si applicano a prescindere dalla forma dell'aiuto o dall'obiettivo perseguito e a prescindere

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dal fatto che l'aiuto sia finanziato interamente o parzialmente con risorse di origine comunitaria.
Per quanto concerne gli atti all'esame delle istituzioni dell'Unione europea, segnala che, nell'ambito dell'accordo di compromesso raggiunto dal Consiglio europeo dell'11 e 12 dicembre 2008 sull'insieme delle proposte relative al pacchetto energia clima, il Parlamento europeo nella seduta del 17 dicembre 2008 ha approvato una proposta di regolamento per limitare le emissioni di CO2 delle automobili (COM(2007)856), che ha come obiettivo la riduzione delle emissioni di CO2 dei nuovi veicoli nell'Unione europea fino a 130 grammi per km nel 2012 nonché una proposta di direttiva volta a fissare nuovi standard per i combustibili utilizzati dai mezzi di trasporto (COM(2007)18). Tali proposte devono intendersi come parte integrante della strategia comunitaria per ridurre le emissioni di CO2 delle autovetture e dei veicoli commerciali leggeri (COM(2007)19), intesa a raggiungere l'obiettivo di 120 g CO2/km, a vettura.
Per quanto riguarda gli aiuti al settore automobilistico, il 4 febbraio 2009 si è svolto, presso il Parlamento europeo, un dibattito sulla crisi di tale comparto, dal quale è emerso che le azioni da intraprendere dovrebbero riguardare principalmente il rinnovo del parco circolante favorendo veicoli più ecologici, l'innovazione, la ripresa dei crediti dell'industria e la tutela dell'occupazione. Inoltre, specifiche indicazioni per lo sviluppo di tecnologie pulite per le «auto verdi», da realizzare mediante partenariati tra i settori pubblico e privato, sono contenute anche nel Piano di ripresa economica europeo (COM(2008)800), approvato dal Consiglio europeo dell'11 e 12 dicembre 2008.
Ritiene poi utile accennare alle misure fiscali relative ai distretti produttivi e alle aggregazioni di imprese (fusioni, scissioni e «conferimenti neutrali») di cui agli articoli 3 e 4 del decreto-legge in esame. I benefici fiscali ivi contemplati appaiono in linea con gli indirizzi dell'Unione europea per il potenziamento della competitività e dell'innovazione, con particolare riferimento all'elaborazione di strategie di raggruppamento aziendale (cosiddetti cluster). In tale contesto, il 17 ottobre 2008 la Commissione ha presentato la comunicazione «Verso cluster competitivi di livello mondiale nell'Unione europea: attuazione di un'ampia strategia dell'innovazione» (COM(2008)652), al fine di creare un quadro di riferimento per un sostegno efficace ai cluster nell'Unione europea.
Alcuni di questi temi sono affrontati, tra l'altro, nell'ambito della comunicazione presentata dalla Commissione il 25 giugno 2008 «Una corsia preferenziale per la piccola impresa» - Alla ricerca di un nuovo quadro fondamentale per la Piccola Impresa (uno Small Business Act per l'Europa).
Infine, con riferimento alle misure di rafforzamento dei controlli fiscali recate dall'articolo 7, segnala che il 1o dicembre 2008 la Commissione europea ha presentato una comunicazione sulla strategia coordinata per migliorare la lotta contro le frodi a danno dell'IVA nell'Unione europea (COM(2008)807). Successivamente, nella proposta di direttiva relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale (COM(2009)9), presentata il 2 febbraio 2009, sono state prospettate una serie di misure volte a migliorare la cooperazione amministrativa nel settore fiscale, al fine di evitare gli effetti negativi delle pratiche fiscali dannose e consentire un buon funzionamento del mercato interno.

Mario PESCANTE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

DL 4/2009 recante misure urgenti in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario.
C. 2263 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla XIII Commissione).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

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Gianluca PINI (LNP), relatore, si sofferma preliminarmente sulle finalità di fondo perseguite dal provvedimento in oggetto, che è volto a sostenere un settore, quale è quello della produzione lattiero-casearia, particolarmente esposto alla crisi finanziaria e che da tempo versa in una situazione di grave sofferenza. Questo settore, infatti, sconta in primo luogo le conseguenze dell'infelice negoziazione condotta in passato dalle competenti autorità nazionali sulle cosiddette quote latte. Al riguardo, osserva che il nostro Paese registra una produzione di latte pari a circa la metà del reale fabbisogno.
Il provvedimento in esame, se pure non riesce ad andare incontro alle esigenze della totalità del settore della produzione, è tuttavia in grado di recare benefici ad un significativo numero di imprese, consentendo ad esse di attingere a nuove quote e di effettuare i pagamenti dei debiti in forma dilazionata. Al riguardo, tuttavia, sottolinea come queste forme di sostegno siano pienamente rispettose delle prescrizioni comunitarie, e che al contempo sono in grado di produrre significativi benefici per il settore grazie alla negoziazione delle quote svolta ad opera del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali Zaia: ciò ha consentito il raggiungimento di risultati positivi, salvaguardando così in particolare gli interessi della parte degli allevatori che subisce in modo più pregiudizievole la crisi del settore.
In generale osserva che questo provvedimento, anche al fine di venire incontro alle esigenze manifestate dall'opposizione, è stato sensibilmente modificato nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento.
Si sofferma, quindi, sul contenuto del provvedimento in esame, già approvato dal Senato il 5 marzo scorso, che è volto a convertire in legge il decreto-legge 5 febbraio 2009, n. 4, recante misure urgenti in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario. In particolare, il decreto-legge disciplina l'assegnazione alle aziende produttrici di latte dell'aumento della quota nazionale attribuita all'Italia a seguito del regolamento (CE) n. 248/2008, che ha previsto per tutti gli Stati membri un aumento del 2 per cento della quota nazionale, nonché dell'accordo politico definito il 20 novembre 2008 in sede di Consiglio dei ministri dell'Unione europea sulla cd. verifica dello stato di salute (health check) della Politica agricola comune, poi trasfuso nel regolamento (CE) n. 72/2009, che accorda all'Italia una maggiorazione del 5 per cento in unica soluzione nel 2009.
Le disposizioni dirette all'assegnazione della maggiore quota nazionale sono contenute nell'articolo 1, che introduce il nuovo articolo 10-bis nel decreto-legge n. 49 del 2003, recante il quadro normativo di riferimento sull'applicazione del prelievo supplementare nel settore lattiero caseario. In deroga a quanto previsto dal citato decreto-legge n. 49 del 2003 (sia sul piano procedurale sia in relazione ai criteri di assegnazione), si prevede che i descritti aumenti della quota nazionale, anziché essere ripartiti tra le regioni e da queste riassegnati alle aziende, siano attribuiti alla riserva nazionale e quindi assegnati (dal Commissario istituito dall'articolo 4) prioritariamente alle aziende che nel periodo 2007/2008 abbiano realizzato consegne eccedenti rispetto alla propria quota e che risultino ancora in produzione nella campagna di assegnazione. Il nuovo articolo 10-bis specifica in dettaglio condizioni, limiti e priorità per le assegnazioni, che sono peraltro revocate qualora le imprese beneficiarie non siano o non si mantengano in regola con i pagamenti del prelievo supplementare dovuto sulle eccedenze.
Osserva quindi che le altre disposizioni del decreto-legge risultano sostanzialmente connesse a quelle sopra richiamate.
In particolare, lo stesso articolo 1 interviene sulla disciplina di cui al decreto-legge n. 49 del 2003 in materia di restituzione ai produttori di latte del prelievo supplementare da essi versato in eccesso rispetto a quanto dovuto a livello nazionale.
L'articolo 2 istituisce presso l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) il

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Registro nazionale dei debiti, nel quale sono iscritti, mediante i servizi del Sistema informativo agricolo nazionale, tutti gli importi accertati a debito dei produttori agricoli, risultanti dai registri degli organismi pagatori riconosciuti nonché quelli comunicati dalle regioni e dalle province autonome, connessi a provvidenze e aiuti agricoli dalle stesse erogati. Nel Registro sono iscritti anche gli importi dovuti a titolo di prelievo supplementare del regime delle «quote latte». L'iscrizione nel Registro costituisce titolo esecutivo ai fini delle procedure di riscossione coattiva nei confronti dei produttori interessati.
L'articolo 3 prevede che i produttori agricoli possano chiedere la rateizzazione dei debiti iscritti nel Registro nazionale, derivanti dai mancati pagamenti del prelievo latte addebitati allo Stato italiano dalla Commissione europea. La disposizione, oltre a fissare la soglia minima del debito che consente la rateizzazione (25.000 euro), definisce la durata massima della stessa in relazione all'importo del debito e le modalità per il calcolo degli interessi.
L'articolo 4 disciplina le modalità di rateizzazione e la connessa sospensione delle procedure di recupero. Tali disposizioni sono state in più punti modificate dal Senato, anche con l'inserimento della previsione di una rinuncia ai contenziosi in essere come requisito per accedere alla rateizzazione. Si prevede, inoltre, la nomina con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di un Commissario straordinario che, avvalendosi degli uffici dell'AGEA, provvede ad assegnare le quote rese disponibili dall'aumento della quota nazionale, a definire le modalità di applicazione della rateizzazione e a decidere sulle richieste di rateizzazione entro 3 mesi dalla domanda. Il Commissario resterà in carica sino al 31 dicembre 2010. Sono inoltre disciplinati i casi di revoca delle assegnazioni di quote e di decadenza dal beneficio della rateizzazione. Il testo approvato dal Senato prevede che gli organismi pagatori di provvidenze e aiuti comunitari e nazionali recuperino per compensazione quanto dovuto dai produttori che hanno chiesto la rateizzazione, fino a concorrenza dell'importo della prima rata.
L'articolo 5 stabilisce che le disposizioni sulla rateizzazione dei debiti relativi alle quote latte sono applicabili per l'intero periodo della campagna lattiera 2008-2009.
L'articolo 6, modificato nel corso dell'esame al Senato, prevede che le somme versate dai produttori di latte ai sensi del decreto-legge in esame affluiscono a un apposito conto di tesoreria, per essere destinate all'estinzione delle anticipazioni di tesoreria utilizzate in favore dell'AGEA, in relazione alla mancata riscossione dei crediti del settore agricolo. Si stabilisce altresì che le eventuali residue disponibilità del predetto conto di tesoreria siano destinate al settore lattiero caseario per interventi rivolti alle operazioni di ristrutturazione del debito, alle misure di accesso al credito previste dall'articolo 17 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102 (si tratta essenzialmente di garanzie concesse dall'ISMEA) e a misure di accompagnamento per il settore.
Durante l'esame al Senato sono stati introdotti gli articoli aggiuntivi 6-bis e 6-ter, vertenti entrambi su questioni di previdenza agricola.
Le misure contenute nel decreto-legge intervengono sul sistema di contingentamento produttivo definito con il regime delle «quote latte», che costituisce uno strumento di politica agraria comunitaria volto a imporre agli allevatori europei un prelievo finanziario per i quantitativi di latte che eccedono il limite stabilito. In tal modo, viene configurato un regime di contingentamento della produzione lattiera a livello comunitario. Tale regime, che avrebbe dovuto inizialmente applicarsi per un periodo di nove anni, è stato introdotto con il regolamento (CEE) n. 856/84, a decorrere dal 2 aprile 1984, per ridurre lo squilibrio tra offerta e domanda di latte in ambito comunitario. Il contingentamento è poi proseguito con i regolamenti (CE) n. 3950/92 e n. 1788/2003.

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Da ultimo osserva che la disciplina in materia è stata ridefinita dal regolamento (CE) n. 1234/2007, recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM). Il regime delle «quote latte» - la cui fine è programmata per il 2015 - è quindi attualmente disciplinato dagli articoli da 65 a 85 del citato regolamento (CE) n. 1234/2007. In particolare, gli articoli da 66 a 77 disciplinano la ripartizione e gestione delle quote nazionali e individuali, mentre gli articoli da 78 a 85 regolamentano le modalità di applicazione delle sanzioni finanziarie previste per il superamento delle quote (cosiddetto prelievo sulle eccedenze).
La normativa introdotta dall'ordinamento comunitario richiede che venga apprestato, a livello nazionale, un complesso sistema organizzativo capace di ripartire il quantitativo globale garantito (QGG) nazionale attribuito dall'Unione europea in quote individuali da assegnare ai produttori e di procedere alla riscossione del prelievo da questi ultimi dovuto sulla produzione eccedente il quantitativo individuale di riferimento singolarmente attribuito (QRI). Sussiste pertanto una responsabilità nazionale nei confronti dell'Unione europea in merito alla corretta gestione del sistema, in quanto lo Stato è direttamente debitore del prelievo che va versato al FEAGA (Fondo europeo agricolo di garanzia) tra il 16 ottobre e il 30 novembre successivo alla campagna che si conclude annualmente il 31 marzo (articolo 78 del regolamento (CE) 1234/07).
A livello nazionale la normativa è dettata dal decreto-legge n. 49 del 2003 che ha introdotto una riforma organica della normativa in materia di prelievo supplementare nel settore lattiero caseario. Il citato decreto-legge volto nel suo complesso ad assicurare la coerenza con la normativa comunitaria e a razionalizzare e semplificare la normativa nazionale vigente (ridefinendo, in particolare, i ruoli e le responsabilità degli operatori della filiera e dei soggetti istituzionalmente competenti), favorisce il riequilibrio tra le quote assegnate e la quantità di latte commercializzato, attraverso la liberalizzazione territoriale delle vendite di quote produttive, la possibilità di affitto temporaneo in corso di campagna e il varo di un programma di abbandono della produzione nelle regioni meno vocate. Al fine di bilanciare le nuove e più restrittive regole sancite in materia di prelievo supplementare con l'introduzione di versamenti a cadenza mensile (per un migliore assolvimento degli obblighi dell'amministrazione verso la Comunità), il decreto-legge n. 49 del 2003 definisce il contenzioso connesso alle «multe» pregresse con la previsione di una rateizzazione pluriennale senza interessi o penalità.
L'articolo 1 del provvedimento in esame, come già evidenziato, disciplina l'assegnazione alle aziende produttrici di latte dell'aumento della quota attribuita all'Italia in seguito ai recenti interventi comunitari, introducendo nel decreto-legge n. 49 del 2003 il nuovo articolo 10-bis. La relazione tecnica precisa che la maggiore quota da ripartire ammonta complessivamente a 758.482 tonnellate, delle quali 210.601 derivanti dal regolamento (CE) n. 248/2008 e 547.881 derivanti dall'accordo del 20 novembre 2008 (poi confluito nel regolamento (CE) n. 72/2009). Quanto alla speciale procedura di ripartizione degli aumenti delle quote di cui al citato articolo 10-bis (derogatoria rispetto a quella ordinaria definita dallo stesso decreto-legge n. 49 del 2003), fa presente che essa appare motivata, tra l'altro, dalla necessità di evitare che la distribuzione degli incrementi di quota ottenuti, anziché riequilibrare le situazioni critiche e il delta complessivo tra quota e produzione, si traduca in un incremento di produzione senza riduzione degli esuberi, come già avvenuto in passato. Il nuovo articolo 10-bis definisce, inoltre, le modalità per il calcolo dei quantitativi da assegnare ed, in particolare, per l'adeguamento dei quantitativi di riferimento in base al tenore di materia grassa contenuta nel latte, in conformità a quanto previsto dall'accordo politico definito il 20 novembre 2008 in sede di Consiglio dei ministri dell'UE.

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In relazione all'istituzione del Registro nazionale dei debiti di cui all'articolo 2, segnala che tale previsione è finalizzata a dare attuazione al disposto dell'articolo 5-ter del regolamento (CE) n. 885/2006 (recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1290/2005 del Consiglio per quanto riguarda il riconoscimento degli organismi pagatori e di altri organismi e la liquidazione dei conti del FEAGA e del FEASR), come modificato dal recente regolamento (CE) n. 1034/2008. Il predetto articolo 5-ter impone agli Stati membri di dedurre gli importi dei debiti dei produttori agricoli a titolo di rimborso di provvidenze e aiuti comunitari e nazionali dai futuri pagamenti a favore del medesimo beneficiario. Viene definito pertanto un meccanismo semplificato per il recupero delle somme, basato sul presupposto dell'unicità del rapporto giuridico intercorrente tra produttori agricoli e Unione europea, nell'ambito delle misure di finanziamento della Politica agricola comune di cui al regolamento (CE) n. 1290/2005.
Osserva quindi che si demanda ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze la definizione delle modalità di attuazione di quanto previsto dal regolamento (CE) n. 885/2006 in ordine alla possibilità per gli Stati membri di non procedere per importi di minima entità al recupero delle somme indebitamente erogate (cosiddetta soglia de minimis). In proposito, l'articolo 5-bis del regolamento (CE) n. 885/2006 (introdotto dal regolamento (CE) n. 1034/2008) stabilisce che tale facoltà sussiste se l'importo da recuperare relativamente ad un singolo pagamento per un regime di aiuti non supera, al netto degli interessi, i 100 euro.
L'articolo 3 prevede che i produttori agricoli possano chiedere la rateizzazione (gravata da interessi) dei debiti iscritti nel Registro nazionale, derivanti dai mancati pagamenti del prelievo latte addebitati allo Stato italiano dalla Commissione europea. La rateizzazione in questione fa seguito alla rateizzazione disposta dal decreto-legge n. 49 del 2003. Quest'ultimo ha previsto che i produttori di latte, relativamente agli importi imputati e non pagati a titolo di prelievo supplementare per i periodi compresi tra gli anni 1995-1996 e 2001-2002, possono versare l'importo complessivamente dovuto, senza interessi, mediante rateizzazione per un periodo non superiore a trenta anni. Poiché la concessione di una dilazione di pagamento avrebbe potuto configurarsi come aiuto di Stato, l'efficacia della norma è stata subordinata al consenso da parte degli organi comunitari. La disposizione ha poi trovato sostanziale conferma, in sede comunitaria, attraverso la decisione del Consiglio del 16 luglio 2003, il quale, prendendo atto che l'immediato recupero degli importi dovuti avrebbe causato ai singoli produttori «insostenibili problemi finanziari», ha riconosciuto l'esistenza di circostanze eccezionali, approvando il regime d'aiuto a determinate condizioni.
Diversamente da quanto previsto in occasione della precedente rateizzazione, che peraltro era esente da interessi, le disposizioni introdotte dall'articolo 3 del decreto-legge non sono espressamente subordinate all'approvazione da parte dell'Unione europea. A questo proposito, durante l'iter al Senato, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali ha dichiarato, sia in Commissione agricoltura (seduta del 10 febbraio 2009) sia in Assemblea (seduta pomeridiana del 4 marzo 2009) di aver condotto sul punto un negoziato con l'Unione europea e che le condizioni di onerosità a tassi di mercato previste per la rateizzazione escludono la configurabilità di un aiuto di Stato. Le note integrative alla relazione tecnica della Ragioneria generale dello Stato, depositate dal Governo durante l'esame al Senato, ribadiscono peraltro che l'efficacia della rateizzazione resta subordinata al preventivo assenso della Commissione europea.
Quanto alle modalità di calcolo del tasso di interesse sui debiti di cui è richiesta la rateizzazione, le nuove disposizioni tengono conto delle elaborazioni effettuate dalla Commissione europea, ai sensi della comunicazione 2008/C14/02 e successivi aggiornamenti, relative ai tassi di riferimento e di attualizzazione nell'ambito del controllo comunitario degli aiuti

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di Stato. In via transitoria, fino al 31 dicembre 2012 la misura del tasso di riferimento di base è rapportata al tasso di cui alla comunicazione della Commissione (2009/C16/01), che reca il quadro di riferimento temporaneo comunitario per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'accesso al finanziamento nell'attuale situazione di crisi finanziaria ed economica.

Mario PESCANTE, presidente, si sofferma sull'articolo 3, che prevede che i produttori agricoli possano chiedere la rateizzazione dei debiti iscritti nel Registro nazionale, derivanti dai mancati pagamenti del prelievo latte addebitati allo Stato italiano dalla Commissione europea. Si tratta di una norma a proprio avviso condivisibile, anche perché rispettosa delle prescrizioni comunitarie.

Gianluca PINI (LNP), relatore, fa presente in proposito che il tasso di interessi previsto per il pagamento dei debiti in questione è quello di mercato: si tratta di una previsione che elimina in radice il dubbio che possa trattarsi di una misura configurabile alla stregua di un aiuto di Stato e che, pertanto, è rispettosa dei princìpi comunitari.

Mario PESCANTE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Adesione al Trattato di Prüm relativo alla cooperazione transfrontaliera sul contrasto in particolare del terrorismo, della criminalità e della migrazione illegale nonché istituzione della banca dati nazionale del DNA e disposizioni in materia di accertamenti idonei ad incidere sulla libertà personale.
C. 2042 Governo, approvato dal Senato e C. 2069 Minniti.

(Parere alle Commissioni II e III).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Gianluca PINI (LNP), relatore, illustra il contenuto del provvedimento in esame, già approvato dal Senato nella seduta del 22 dicembre 2008, che reca disposizioni per l'adesione dell'Italia al Trattato di Prüm, per la costituzione della banca dati nazionale del DNA e del relativo laboratorio centrale, per la delega al Governo in materia di istituzione dei ruoli tecnici del Corpo di polizia penitenziaria e per la modifica della disciplina contenuta nel codice di procedura penale relativamente agli accertamenti tecnici idonei ad incidere sulla libertà personale.
Durante l'esame in sede referente, le Commissioni riunite II e III della Camera hanno abbinato all'A.C. 2042 il progetto di legge, d'iniziativa del deputato Minniti (C. 2069), deliberando tuttavia di adottare come testo base il testo approvato dal Senato. Il citato testo consta di trentatrè articoli e cinque Capi.
Il Capo I detta disposizioni di carattere generale, recanti in particolare l'autorizzazione all'adesione e l'ordine di esecuzione del Trattato di Prüm. Il Trattato, firmato tra Belgio, Germania, Spagna, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Austria il 27 maggio 2005, è volto a rafforzare la cooperazione di polizia in materia di lotta al terrorismo, alla criminalità transfrontaliera e all'immigrazione clandestina. In particolare, il Cap. 2 del Trattato disciplina l'impegno fra le Parti contraenti a creare schedari nazionali di analisi del DNA, a scambiare le informazioni contenute in tali schedari nonché quelle sui dati dattiloscopici (le impronte digitali) e a favorire l'accesso ai dati inseriti negli archivi informatizzati dei registri di immatricolazione dei veicoli.
Il Capo II reca alcune disposizioni di adeguamento dell'ordinamento interno a quanto previsto dal Trattato. In primo luogo, si prevede l'istituzione della banca dati nazionale del DNA (presso il Ministero dell'interno) e del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA (presso il Ministero della giustizia), al fine di facilitare l'identificazione degli autori dei delitti. La banca dati nazionale è soggetta al controllo del Garante per la

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privacy, mentre la verifica sull'osservanza delle norme tecniche per il funzionamento del laboratorio centrale è attribuita al Comitato nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita.
Per quanto riguarda le funzioni, osserva che alla banca dati spetta di provvedere: alla raccolta del profilo del DNA dei soggetti sottoposti a misure restrittive della libertà personale, nei cui confronti si procede per delitti non colposi per i quali è consentito l'arresto facoltativo in flagranza e con l'esclusione di alcune tipologie di delitti espressamente indicate; alla raccolta dei profili del DNA relativi a reperti biologici; alla raccolta dei profili del DNA di persone scomparse e di cadaveri non identificati; al raffronto del DNA a fini di identificazione. Compete invece al laboratorio la tipizzazione del profilo del DNA dei soggetti suindicati nonché la conservazione dei campioni biologici dai quali vengono tipizzati i profili del DNA.
Con riferimento al prelievo di campione biologico, l'articolo 9 individua i soggetti sottoposti a prelievo, subordina il prelievo alla previa convalida da parte del giudice in caso di arresto in flagranza di reato o di fermo di indiziato di delitto, indica i soggetti competenti a effettuare il prelievo e determina le relative modalità nel rispetto dei principi di dignità, decoro e riservatezza. Le nuove disposizioni disciplinano, altresì, la trasmissione alla banca dati nazionale dei profili del DNA tipizzati da reperti biologici acquisiti nel corso di procedimenti penali e definiscono la metodologia di analisi dei reperti e dei campioni biologici, assicurando che i sistemi di analisi siano applicati solo a sequenze del DNA che non consentono l'identificazione delle patologie da cui può essere affetto l'interessato. In ogni caso, si specifica che i profili del DNA e i relativi campioni non possono recare informazioni che consentano l'identificazione del soggetto cui sono riferiti. A tal fine, la polizia e l'autorità giudiziaria costituiscono i soli soggetti che possono accedere ai dati per finalità di identificazione e di collaborazione internazionale di polizia. Una specifica disciplina concerne la cancellazione del profilo del DNA, la distruzione del relativo campione biologico e i limiti temporali di conservazione del profilo del DNA nella banca dati. Si rinvia quindi a un regolamento di delegificazione la disciplina attuativa della banca dati nazionale e del laboratorio. Sono dettate altresì disposizioni transitorie finalizzate a non disperdere i profili di DNA acquisiti in procedimenti penali prima dell'entrata in vigore del provvedimento in esame. Segnala, poi, la delega per l'istituzione di ruoli tecnici del Corpo di polizia penitenziaria nei quali inquadrare il personale applicato al laboratorio centrale.
Il Capo III è dedicato alla disciplina dello scambio di informazioni e delle altre forme di cooperazione tra gli Stati contraenti. Viene sancita l'espressa garanzia del rispetto del Codice in materia di protezione dei dati personali in relazione all'applicazione delle disposizioni del Trattato concernenti lo scambio informativo dei dati dattiloscopici, dei profili contenuti nei registri di immatricolazione dei veicoli nonché di quelli relativi alle manifestazioni sportive. In relazione alle disposizioni del Trattato che disciplinano l'impiego di guardie armate sui voli con funzione di prevenzione degli atti terroristici, si prevede la stipula di accordi separati tra le Autorità nazionali e quelle delle altre Parti contraenti. Una specifica disciplina attiene poi alla costituzione di unità a composizione mista per interventi investigativi comuni di Paesi contraenti.
Il Capo IV, che disciplina lo svolgimento di accertamenti tecnici coattivi, è volto a colmare il vuoto normativo creatosi a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 238 del 1996, con la quale è stata dichiarata l'illegittimità del secondo comma dell'articolo 224 del codice di procedura penale, per la parte in cui si consentiva al giudice, nell'ambito delle operazioni peritali, di disporre misure volte ad incidere sulla libertà personale dell'indagato o dell'imputato o di terzi, al di fuori dei casi e dei modi previsti dalla legge. In particolare, viene ora disciplinata la perizia che comporta l'esecuzione di atti idonei a incidere sulla libertà personale,

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prevedendo che essa possa essere disposta anche coattivamente con ordinanza del giudice nei confronti dell'indagato o dell'imputato di un reato. La disposizione individua i presupposti dell'accertamento, i tipi di prelievo da effettuare e le relative garanzie.
Il Capo V, nell'ambito delle disposizioni finali, contiene, oltre alla clausola di copertura finanziaria, un obbligo di comunicazione annuale del Ministro dell'interno al Parlamento sullo stato di attuazione del Trattato di Prüm.
Per quanto concerne i profili di rilevanza comunitaria, segnala che il Consiglio dell'Unione europea, con la risoluzione del 9 giugno 1997 sullo scambio di risultati di analisi del DNA (97/C193/2), ha esortato gli Stati membri a prevedere la costituzione di banche dati nazionali relative al DNA. Al fine di facilitare lo scambio dei risultati delle analisi, gli Stati membri sono stati incoraggiati a costituire le banche dati secondo standard uniformi. Il 25 giugno 2001, poi, il Consiglio dell'Unione ha adottato una risoluzione sullo scambio dei risultati delle analisi del DNA, che evidenzia l'opportunità di elaborare un elenco minimo dei marcatori del DNA impiegati nelle analisi forensi effettuate negli Stati membri. Tale risoluzione (punto III) esorta, tra l'altro, gli Stati a limitare i risultati delle analisi del DNA alle zone cromosomiche prive di espressione genetica, che non forniscono informazioni sulle caratteristiche ereditarie.
Con il programma dell'Aia in materia di rafforzamento della libertà, della sicurezza e della giustizia nell'Unione europea, adottato dal Consiglio europeo del 4-5 novembre 2004, si è poi pienamente affermata l'esigenza di forme di cooperazione di polizia e in materia penale tra gli Stati europei. In tale programma (punto III.2.1) il Consiglio europeo ha sancito un approccio innovativo nei confronti dello scambio transfrontaliero di informazioni, rilevando che le informazioni necessarie ai fini della lotta contro la criminalità avrebbero dovuto attraversare le frontiere interne dell'Unione senza ostacoli. Il Consiglio ha stabilito dunque che, dal 1o gennaio 2008, lo scambio di informazioni di questo tipo sarebbe dovuto avvenire in conformità con il «principio di disponibilità», al fine di consentire agevolmente alle autorità di ogni Stato membro di accedere alle informazioni in possesso delle autorità omologhe degli altri Stati. A tal fine, il Consiglio europeo ha invitato la Commissione a presentare proposte in materia nel rispetto di alcune direttrici, quali l'integrità dei dati, la tutela della riservatezza e l'interoperabilità delle basi di dati nazionali. La finalità del principio di disponibilità (che richiama il mutuo riconoscimento in materia penale) è quella di creare un unico network composto dalle banche dati nazionali e consultabile da tutti i soggetti che contribuiscono all'alimentazione del sistema.
Successivamente è stata adottata la decisione quadro 2006/960/GAI, diretta a stabilire le norme per lo scambio efficace e rapido di informazioni, ai fini dello svolgimento di indagini penali o di operazioni di intelligence tra le autorità degli Stati membri. La decisione stabilisce che la comunicazione di informazioni alle autorità di altri Stati membri non possa essere soggetta a condizioni più rigorose di quelle applicabili a livello nazionale. Gli Stati membri hanno l'obbligo di comunicare le informazioni richieste entro termini stabiliti, salva la sussistenza dei motivi di rifiuto tassativamente elencati. Gli Stati membri avrebbero dovuto adottare le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni della decisione quadro entro il 19 dicembre 2008. Quanto all'Italia, il disegno di legge comunitaria 2008, attualmente all'esame del Senato (1078-A), reca una delega al Governo per l'attuazione della citata decisione.
Considerando che il Trattato di Prüm vincola le Parti contraenti a presentare, al massimo tre anni dopo l'entrata in vigore del Trattato, un'iniziativa volta alla trascrizione delle relative disposizioni nel quadro giuridico dell'Unione europea, il 23 giugno 2008 il Consiglio ha adottato la decisione 2008/615/GAI relativa al potenziamento della cooperazione transfrontaliera soprattutto nella lotta al terrorismo e

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alla criminalità transfrontaliera. La decisione ha consentito di integrare nell'impianto normativo dell'Unione europea importanti disposizioni del Trattato di Prüm, in particolare in materia di: condizioni e procedure per il trasferimento automatizzato di profili DNA, dati dattiloscopici e taluni dati di immatricolazione dei veicoli; condizioni di trasmissione dei dati in relazione a eventi di rilievo a dimensione transfrontaliera; condizioni di trasmissione delle informazioni per prevenire reati terroristici; condizioni e procedure per potenziare la cooperazione di polizia transfrontaliera.
Nella stessa data il Consiglio ha inoltre adottato la decisione 2008/616/CE relativa alle modalità di applicazione indispensabili per l'attuazione amministrativa e tecnica della decisione 2008/615/CE.
Il 27 novembre 2008 il Consiglio giustizia e affari interni ha poi adottato la decisione quadro 2008/977/GAI relativa alla protezione dei dati personali trattati nell'ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria penale. Lo scopo della decisione quadro è di garantire un elevato livello di protezione dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone fisiche, in particolare del diritto alla vita privata, in relazione al trattamento dei dati personali nell'ambito della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale di cui al Titolo VI del Trattato sull'Unione europea. La decisione quadro si applica al trattamento di dati personali, interamente o parzialmente automatizzato, e al trattamento non automatizzato di dati personali destinati a figurare negli archivi, lasciando impregiudicati gli interessi fondamentali della sicurezza nazionale. Resta ferma la facoltà degli Stati membri di prevedere, per la protezione dei dati trattati a livello nazionale, garanzie più ampie di quelle stabilite nella decisione.
Quanto alle azioni investigative comuni con altri Stati aderenti al Trattato di Prüm (articolo 22 del decreto-legge), specifiche disposizioni sono state già introdotte nell'ordinamento comunitario con l'articolo 13 della Convenzione europea relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale, adottata a Bruxelles il 29 maggio del 2000, e con la decisione quadro n. 2002/465/GAI del Consiglio che ne riprende il contenuto, il cui termine di attuazione è scaduto il 31 dicembre 2002. Tali disposizioni prevedono che - allo scopo di svolgere indagini penali in uno o più Stati membri - le autorità competenti di tali Stati possano costituire, di comune accordo, una squadra investigativa comune. Il 28 novembre 2002 il Consiglio dell'Unione ha modificato la Convenzione Europol con uno specifico Protocollo (ratificato dall'Italia con la legge n. 93 del 2006) volto a consentire la partecipazione dei funzionari Europol alle squadre investigative comuni. L'8 maggio 2003 lo stesso Consiglio ha adottato una raccomandazione relativa a un modello di accordo per l'istituzione di una squadra investigativa comune.
Con riferimento alle operazioni di raccolta dei profili di DNA e di campioni biologici di cui al Capo II, risulta utile accennare altresì alla raccomandazione R(92)1 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa del 10 febbraio 1992 sull'impiego di analisi del DNA nell'ambito della giustizia penale. Tale atto esorta gli Stati membri a informare la legislazione nazionale ad alcuni principi, riconoscendo - da un lato - l'importanza delle analisi del DNA nell'ambito delle indagini penali e - dall'altro - la necessità di tutelare la dignità della persona, l'integrità personale, il diritto alla difesa e il principio di proporzionalità. Secondo la suddetta raccomandazione, i campioni di DNA raccolti nel corso di indagini penali a fini identificativi e le relative informazioni non devono essere utilizzati per altre finalità (ad esclusione di quelle di studio e di ricerca nel rispetto del principio di riservatezza). Il soggetto dal quale è stato prelevato il campione ha diritto a ottenere adeguate informazioni e il prelievo deve avvenire nei casi e con le modalità disciplinate dalla legislazione nazionale. Le analisi devono essere compiute in strutture dotate di mezzi e professionalità idonei e la raccolta dei campioni e l'utilizzo delle analisi devono essere effettuati in conformità con gli standard di protezione dei dati personali

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elaborati dal Consiglio d'Europa nella Convenzione sulla protezione dei dati personali e nelle raccomandazioni sulla medesima materia (in particolare, la raccomandazione R(87)15 sull'impiego dei dati personali da parte delle forze di polizia). I campioni non devono essere conservati dopo la sentenza definitiva, salvo che la conservazione sia necessaria per scopi direttamente collegati a quelli per i quali si è proceduto al prelievo. I risultati delle analisi del DNA e le relative informazioni vanno cancellati una volta che la loro conservazione non sia più necessaria per gli scopi per i quali sono stati utilizzati. Tuttavia, essi possono essere conservati quando l'interessato sia stato condannato per gravi delitti contro la vita, l'integrità personale o la sicurezza. In queste ipotesi la legge nazionale indica i termini per la conservazione. Nei casi in cui è coinvolta la sicurezza dello Stato, il risultato delle analisi del DNA e le relative informazioni possono essere conservati anche in assenza della formulazione di un'accusa o di una condanna.
Conclude soffermandosi sulla sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (S. e Marper c. Regno Unito del 4 dicembre 2008), che ha affermato che la conservazione generalizzata e per tempi indefiniti di impronte digitali, campioni biologici e profili del DNA di persone sospettate di aver commesso reati, ma non condannate, viola l'articolo 8 della CEDU, che tutela, tra l'altro, il diritto al rispetto della vita privata, ammettendo eventuali ingerenze dell'autorità pubblica nei soli casi in cui siano previste dalla legge e costituiscano misure necessarie, in una società democratica, a garantire la sicurezza nazionale, la pubblica sicurezza, il benessere economico del Paese, la difesa dell'ordine e la prevenzione dei reati, la protezione della salute o della morale, o la protezione dei diritti e delle libertà altrui.

Mario PESCANTE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa all'adesione della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca alla Convenzione firmata a Bruxelles il 23 luglio 1990, relativa all'eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate, fatta a Bruxelles l'8 dicembre 2004, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno.
C. 2099 Governo.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Maurizio DEL TENNO (PdL), relatore, osserva che il provvedimento in oggetto è volto ad assicurare la Ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa all'adesione della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca alla Convenzione firmata a Bruxelles il 23 luglio 1990, relativa all'eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate, fatta a Bruxelles l'8 dicembre 2004, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno.
Il provvedimento consta di quattro articoli. L'articolo 1 prevede l'autorizzazione alla ratifica della Convenzione del 2004, mentre l'articolo 2 reca l'ordine di esecuzione della Convenzione medesima e l'articolo 4 l'entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica, fissata per il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. L'articolo 3 contiene alcune marginali modifiche all'articolo 3 della legge di autorizzazione alla ratifica della Convenzione del 1990 (legge 22 marzo 1993, n. 99), correlate all'evoluzione nell'ordinamento italiano delle figure istituzionali deputate all'applicazione

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della Convenzione del 1990 e successive modifiche. Ricorda quindi che l'articolo 3, comma 1, della legge n. 99 del 1993 prevedeva per l'esecuzione degli articoli da 4 a 7 della Convenzione del 1990 un decreto del Ministro delle finanze, a seguito di richiesta del contribuente, sulla base del quale l'intendente di finanza, sentito l'ufficio delle imposte, era incaricato del rimborso o dello sgravio dell'imposta non dovuta a seguito dell'esito della procedura amichevole o arbitrale di cui alla richiamata Convenzione.
La lettera a) dell'articolo 3, unico comma, del disegno di legge in esame sostituisce al decreto del Ministro delle finanze un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, nonché alla funzione dell'intendente di finanza quella dell'ufficio periferico competente dell'Agenzia stessa.
Ricorda altresì che l'articolo 3, comma 2, della legge n. 99 del 1993 stabiliva che nelle more dello svolgimento delle procedure di cui al comma 1, il Ministro delle finanze, con proprio decreto, potesse autorizzare la sospensione della riscossione o degli atti esecutivi sino alla conclusione del procedimento. A tal fine il contribuente doveva presentare istanza, tramite l'intendenza di finanza competente, che poteva richiedere idonea garanzia a copertura del credito erariale.
La lettera b) dell'articolo 3, unico comma, del disegno di legge in esame dispone, in analogia con quanto previsto dal comma 1, che la sospensione sia autorizzata dal direttore dell'Agenzia delle entrate con proprio provvedimento, mentre l'istanza del contribuente dovrà essere inoltrata attraverso l'ufficio periferico competente dell'Agenzia delle entrate.
Si sofferma sui contenuti della Convenzione CE di Bruxelles del 23 luglio 1990, relativa all'eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili delle imprese associate che è stata ratificata dall'Italia con legge 22 marzo 1993, n. 99, ed è entrata in vigore il 1o gennaio 1995. Essa si applica alle imposte sui redditi quando, ai fini dell'imposizione, gli utili di una impresa rischiano di ricadere contemporaneamente nella imposizione fiscale di due Stati contraenti. Al riguardo è precisato che la sede di un'impresa situata in un paese diverso da quello della casa madre ricade nella disciplina fiscale dello Stato in cui è situata.
I princìpi generali - stabiliti dall' articolo 4 - prevedono due casi distinti: il primo caso è quello di un rapporto di associazione tra imprese operanti in due diversi Stati contraenti, configurato in modo che una delle due imprese non risulti beneficiaria di utili che le sarebbero spettati in base a condizioni stipulate tra imprese indipendenti: in tal caso gli utili in questione possono essere imputati all'impresa che non li ha inclusi nel proprio bilancio ed assoggettati ad imposizioni. Il secondo caso è quello in cui un'impresa situata in uno stato contraente ha una diramazione stabile in un altro Stato contraente. È stabilito che a tale diramazione vadano imputati gli utili come se fosse un'impresa indipendente.
L'articolo 5 stabilisce che lo Stato contraente interessato alla rettifica degli utili di un'impresa sita sul suo territorio ai sensi del precedente articolo 4, debba darne tempestiva informazione a tale impresa, la quale a sua volta avvertirà l'impresa con sede in altro Stato e quest'ultima ne informerà lo Stato in cui ha sede. Se tutte le parti interessate accettano la rettifica, la procedura avrà regolare corso.
Gli articoli 6, 7 e 8 disciplinano il ricorso alla procedura amichevole e a quella arbitrale, che può essere attivato qualora un'impresa ritenga violati i principi stabiliti dall'articolo 4. Sono quindi regolati i rapporti tra la procedura arbitrale internazionale da una parte e i ricorsi interni dall'altra.
Gli articoli 9, 10 e 11 disciplinano la commissione consultiva, prevista all'articolo 7, istituita ogni qual volta le autorità competenti interessate non raggiungono un accordo circa la eliminazione della doppia imposizione entro due anni dalla data del primo ricorso. Di tale commissione consultiva, che ha il compito di esprimere un parere, sono stabiliti la composizione, gli obblighi, le informazioni che essa può acquisire, le forme in cui le

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imprese interessate possono partecipare alla procedura, le spese, i termini e le modalità della pronuncia.
L'articolo 12 prevede infine che la decisione per l'eliminazione della doppia imposizione debba essere assunta dalle autorità competenti entro sei mesi dalla data della pronuncia della commissione; la decisione può essere difforme dal parere, purché concordata tra le parti.
L'adesione a suo tempo della Svezia, della Finlandia e dell'Austria all'Unione Europea ha già comportato per i tre nuovi membri l'impegno a divenire Parti dell'acquis comunitario, di cui fa parte naturalmente la citata Convenzione del 1990: il 21 dicembre 1995 è stata così firmata a Bruxelles la Convenzione sull'adesione dei tre nuovi Stati membri alla Convenzione del 1990, entrata successivamente in vigore il 1o maggio 1999 (l'Italia ha ratificato tale strumento con la legge 9 ottobre 1997, n. 369). In particolare, l'articolo 2, comma 1, della Convenzione del 21 dicembre 1995 integra l'elenco delle imposte dei paesi aderenti alle quali si applica la Convenzione del 1990, includendovi alcune imposte dei tre nuovi paesi, mentre il comma 2 inserisce, nell'enumerazione delle «autorità competenti» di cui all'articolo 3 della Convenzione del 1990, quelle specifiche della Svezia, della Finlandia e dell'Austria.
Il 25 maggio 1999 è stato poi concluso dai rappresentanti dei Quindici il Protocollo di modifica della Convenzione del 1990. La ratio della conclusione del Protocollo risiede nella volontà di modificare i termini di durata della Convenzione del 1990, previsti dall'articolo 20 della stessa in cinque anni dall'entrata in vigore: le Parti, entro il termine di sei mesi prima della scadenza, si riuniscono per disporne la proroga o per adottare altre decisioni al proposito. La Convenzione sarebbe pertanto scaduta il 31 dicembre 1999, ma l'adozione del Protocollo in esame - avvenuta nei termini stabiliti dall'articolo 20 - lo ha evitato. Infatti con il Protocollo del 1999 la durata della Convenzione del 1990 è automaticamente prorogata per periodi quinquennali, salvo il caso di obiezioni di una delle Parti.
Passa quindi ad esaminare la Convenzione del 2004 all'esame della Commissione.
La nuova serie di adesioni che a partire dal 1o maggio 2004 ha condotto in seno all'Unione europea otto Paesi dell'Europa centro-orientale, oltre a Malta e Cipro, ha comportato altresì per i dieci nuovi membri l'impegno a divenire Parti della citata Convenzione del 1990, reso effettivo con la Convenzione dell'8 dicembre 2004, che è attualmente all'esame della Camera. Segnala che alla Convenzione manca un'unica ratifica - quella, appunto, dell'Italia - il che tuttavia non ha impedito la sua progressiva entrata in vigore nei rapporti bilaterali tra gli Stati membri che hanno depositato i pertinenti strumenti.
Precisa quindi che tra gli Stati ratificanti la Convenzione del 2004 figurano anche la Bulgaria e la Romania, il cui ingresso a pieno titolo nell'Unione europea è avvenuto il 1o gennaio 2007: al proposito rileva la novità per la quale non sarà necessario un ennesimo strumento internazionale per l'adesione di questi due Stati alla Convenzione del 1990. L'Atto di adesione all'Unione europea della Bulgaria e della Romania, infatti, ha previsto all'articolo 3, paragrafo 3, che i due nuovi Stati membri divengano Parti anche di tutta una serie di strumenti internazionali intracomunitari, quali elencati nell'allegato I all'Atto di adesione medesimo: tra essi figurano la Convenzione del 1990 e le successive modifiche, mentre la Convenzione del 2004 è stata inclusa nell'allegato I successivamente, con la Decisione 2008/493/CE del Consiglio. Conseguentemente, la Decisione 2008/492/CE ha potuto estendere ai due nuovi Stati membri, a far data dal 1o luglio 2008, l'insieme degli strumenti derivanti dalla Convenzione del 1990, con le modifiche necessarie.
La Convenzione consta di sette articoli, il primo dei quali prevede l'adesione dei dieci Stati entrati a far parte della UE nel 2004 alla Convenzione del 1990, come modificata prima dalla Convenzione di adesione di Austria, Svezia e Finlandia, e successivamente dal Protocollo emendativo del 1999.

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In particolare, l'articolo 2, comma 1, dell'accordo in esame, integra l'elenco delle imposte dei paesi aderenti alle quali si applica la Convenzione del 1990, includendovi alcune imposte dei dieci nuovi paesi, ma anche - come è il caso dell'Italia con l'IRES e l'IRAP - categorie di imposte nel frattempo intervenute anche con riferimento a Stati membri da più lungo tempo dell'Unione europea. Il comma 2 inserisce, nell'enumerazione delle «autorità competenti» di cui all'articolo 3 della Convenzione del 1990, quelle specifiche dei dieci nuovi Stati membri, ma anche quelle nel frattempo di nuova istituzione nei precedenti Stati membri - anche qui rileva il caso dell'Italia, ove alla figura del Ministro delle finanze o di un suo rappresentante si è sostituita quella del Capo del Dipartimento per le politiche fiscali o di un suo delegato.
L'articolo 3 - come anche i successivi articoli 6 e 7 - certifica le funzioni che il depositario della Convenzione del 1990 e successive modifiche, ovvero il Segretario generale del Consiglio UE, è chiamato a svolgere in riferimento ai dieci nuovi Stati membri: in particolare si prevede che i testi della Convenzione del 1990 e successive modifiche nelle nove lingue - per Cipro vale la lingua greca - dei nuovi dieci Stati membri sono riportate negli allegati da I a IX della Convenzione del 2004 in esame, e faranno ugualmente fede al pari dei testi redatti nelle altre lingue dell'Unione europea.
Infine, gli articoli 4 e 5 contengono le clausole relative, rispettivamente, alla ratifica, accettazione o approvazione della Convenzione in esame, e all'entrata in vigore di essa, al quale proposito si registra il ritorno ad una prassi per la quale la Convenzione entra in vigore progressivamente tra gli Stati ratificanti nei loro rapporti bilaterali, senza attendere che un numero minimo di ratifiche - come invalso da alcuni anni nei trattati internazionali - costituisca il presupposto necessario per l'entrata in vigore per tutti gli Stati ratificanti.

Mario PESCANTE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.40.

ATTI DEL GOVERNO

Martedì 17 marzo 2009. - Presidenza del presidente Mario PESCANTE.

La seduta comincia alle 14.40.

Schema di decreto legislativo recante modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 22 giugno 2007, n. 109, concernente misure per prevenire, contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo e l'attività dei Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale, in attuazione della direttiva 2005/60/CE.
Atto n. 62.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto all'ordine del giorno, rinviato nella seduta dell'11 marzo 2009.

Gianluca PINI (LNP), relatore, si riserva di presentare una proposta di parere nel corso di una prossima seduta.

Mario PESCANTE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.45.

AVVERTENZA

Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

SEDE CONSULTIVA

DL 11/09: Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori.
C. 2232 Governo.