CAMERA DEI DEPUTATI
Lunedì 23 febbraio 2009
142.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (V e VI)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

Lunedì 23 febbraio 2009. - Presidenza del presidente della VI Commissione Gianfranco CONTE. - Interviene il Ministro per la semplificazione normativa Roberto Calderoli.

La seduta comincia alle 16.

Delega al Governo in materia di federalismo fiscale.
C. 2105 Governo, approvato dal Senato, C. 452 Ria, C. 692 Consiglio regionale della Lombardia e C. 748 Paniz.

(Seguito dell'esame e rinvio).

Le Commissioni proseguono l'esame dei provvedimenti in oggetto, rinviato, da ultimo, nella seduta del 18 febbraio scorso.

Gianfranco CONTE, presidente, ricorda che tutti i componenti delle Commissioni sono stati singolarmente contattati per chiedere a ciascuno se fosse interessati ad intervenire nel corso dell'esame preliminare. Sulla scorta di tali indicazioni le presidenze, al fine di garantire il rispetto della decisione, assunta dagli uffici di presidenza delle due commissioni, di concludere comunque l'esame preliminare entro la settimana in corso, hanno predisposto un elenco degli iscritti a parlare, suddiviso per giorno, che è stato trasmesso a tutti i componenti delle Commissioni stesse. Avverte infine che, non essendovi obiezioni, la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante loro trasmissione anche su impianti audiovisivi a circuito chiuso.

Maurizio LEO (PdL) rileva come l'assetto dello Stato italiano non sia centralista, e come, con diversi provvedimenti nell'arco degli ultimi anni siano state attribuite negli anni scorsi consistenti funzioni amministrative agli enti locali. Sottolinea inoltre, riprendendo i rilievi in materia contenuti nella sentenza della Corte costituzionale n. 370 del 2003, come, a fronte dell'attribuzione di tali funzioni agli enti locali, non vi sia stata una corrispondente attribuzione di risorse agli enti locali stessi. Ritiene quindi che il Governo abbia avuto il merito, con il disegno di legge in esame, di aver avviato un percorso per l'adeguamento del sistema, realizzando l'autonomia finanziaria degli enti stessi.
In particolare il provvedimento individua le spese degli enti territoriali con

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riferimento a tre grandi categorie: quelle relative a servizi essenziali, quelle relative a servizi non essenziali e le altre spese. Per quanto riguarda le spese per servizi essenziali, esse si finanziano con tributi propri che si dividono in derivati, addizionali e tributi propri «veri e propri».
In tale contesto il provvedimento compie un passo fondamentale, superando il criterio della spesa storica a favore del criterio del costo standard, sulla cui base si propone un meccanismo di perequazione verticale, nel quale lo Stato assume un ruolo del sistema, superando l'impostazione seguita dal disegno di legge presentato dalla Regione Lombardia, che invece prevede il mantenimento alle singole regioni del gettito riscosso nel rispettivo territorio ed un meccanismo perequativo di stampo orizzontale
Alla luce di tali considerazioni ritiene che la polemica sui costi del federalismo debba essere ricondotta a dimensioni più proprie, in quanto il passaggio al costo standard comporta ovviamente una diminuzione della spesa pubblica, attraverso la possibilità di equiparare il costo delle prestazioni in tutte le parti d'Italia, rilevando peraltro come la quantificazione effettiva si potrà fare dopo l'attuazione dei principi della delega.
A questo proposito rileva come le metodologie per l'individuazione del costo standard siano essenzialmente due: una di natura analitica, in base alla quale occorre individuare le spese per ciascuna prestazione, inclusi i costi indiretti, che per la sua complessità richiede tuttavia tempi troppo lunghi, ed un altro di natura politica e monetaria, basato su un criterio più complessivo di valutazione delle prestazioni, che tiene conto delle specificità delle varie realtà locali.
Sottolinea quindi come il contrasto all'evasione fiscale debba essere meglio sviluppato, coinvolgendo maggiormente le regioni e gli enti locali e favorendo una standardizzazione delle procedure di accertamento. In particolare gli ente territoriali dovrebbe svolgere maggiori controlli, contribuendo in tal modo a ridurre le dimensioni dell'economia sommersa, la quale rappresenta infatti un valore economico stimabile in 230-250 miliardi di euro e non può essere contrastata solo attraverso i controlli analitici svolti dall'Amministrazione finanziaria. Occorre quindi integrare le banche dati degli enti locali con quelle dell'anagrafe tributaria, nonché fare riferimento a indici di capacità contributiva, che devono pertanto essere rinnovati e potenziati.
Un altro tema fondamentale per la riforma in senso federalista del sistema tributario è quello dell'IRAP, in considerazione della verosimile, prossima drastica riduzione del gettito di tale imposta. Ricorda infatti che, in conseguenza della Legge finanziaria per il 2008, la quale ha previsto una revisione dei presupposti applicativi dell'imposta, facendo riferimento ai soli parametri civilistici, il gettito derivante da tale tributo risulterà molto più sensibile all'andamento del ciclo economico, e diminuirà dunque drasticamente nell'attuale fase di recessione economica.
Problemi ancora maggiori si riscontreranno per quanto riguarda l'applicazione dell'IRAP ai professionisti privi di organizzazione, i quali, anche alla luce dell'annoso contenzioso in materia, si stanno orientando a non pagare tale tributo.
Per quel che riguarda le politiche per il Mezzogiorno ritiene necessario concentrarsi non sulle spese essenziali ma su altri parametri.
Ricorda inoltre che il provvedimento prevede interventi di coesione ed un meccanismo di perequazione infrastrutturale basata una programmazione triennale, segnalando in tale contesto l'opportunità di introdurre anche forme di fiscalità di vantaggio per il Mezzogiorno compatibili con le norme comunitarie, che, incentivando il prodotto delle aree meno sviluppate, comporterebbe vantaggi anche per il Nord, in quanto ridurrebbe l'ammontare dei trasferimenti perequativi a carico del Nord.
Esprime in conclusione un giudizio complessivamente positivo sul provvedimento, auspicando che il testo possa essere migliorato senza stravolgerne l'impostazione.

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Renzo CARELLA (PD) ricorda che i dati sull'evasione fiscale sono molto gravi e che occorrerebbe recuperare le somme evase, non solo con maggiori collegamenti tra banche dati. Evidenzia inoltre che occorra cambiare la mentalità dei cittadini, creando un diretto interesse dei cittadini alla questione.
Segnala quindi come la crisi finanziaria in atto sia molto grave e come i mercati, nonostante le misure adottate anche con riferimento al sistema bancario, non sembrino ancora essere sulla via della ripresa, ricordando in particolare come nelle ultime settimane siano stati persi circa 4.000 posti di lavoro in alcuni settori specializzati.
Critica altresì una visione propagandistica del federalismo fiscale, che può peraltro costituire un fenomeno positivo se attuato correttamente.
Rileva inoltre come 3 miliardi e mezzo di euro utilizzati per finanziare l'eliminazione dell'ICI avrebbero potuto essere fondamentali per intervenire a sostegno dell'economia, operando efficaci politiche redistributive.
Segnala quindi la necessità di rafforzare le istituzioni, attraverso una semplificazione delle procedure burocratiche e un'attuazione più piena del principio di sussidiarietà. Rileva ad esempio, per quel che riguarda il servizio idrico nel Lazio, come la frammentazione delle competenze abbia comportato una disparità di trattamento relativamente al costo dell'acqua nelle diverse parti della regione. Occorre quindi a suo giudizio prevedere che la gestione di tali servizi avvenga a livello metropolitano o regionale.
Analoghe considerazioni possono essere fatte anche per quel che riguarda la raccolta differenziata e la tassa per i rifiuti in generale, dando inoltre maggiore rilievo alla collaborazione da parte dei cittadini. Ritiene inoltre che il disegno di legge debba essere migliorato sotto vari profili. In particolare occorre migliorare l'uso delle risorse pubbliche e la qualità della spesa, che deve essere costantemente monitorata, esaltare il valore dei beni pubblici, migliorare la qualità dei servizi, nonché distribuire meglio le risorse tra le varie aree del Paese.
Considera inoltre necessario affrontare il problema delle autonomie speciali, che in alcuni casi comportano privilegi ingiustificati. Ricorda ad esempio che i deputati siciliani possono, a differenza di quelli provenienti da altre regioni a statuto ordinario, cumulare l'indennità parlamentare con la pensione di componente dell'Assemblea regionale. Invita inoltre il ministro Calderoli a riflettere sulle disparità di finanziamenti tra regioni a statuto ordinario e quelle a statuto speciale, richiamando ad esempio la situazione di discriminazione degli albergatori veneti rispetto a quelli del vicino Trentino Alto Adige.
Rileva la necessità di evitare che ad un centralismo statale si sostituisca quello regionale, al fine di garantire uguaglianza di diritti e doveri su tutto il territorio nazionale, esprimendo in tal senso apprezzamento per il tentativo di individuare costi standard.
Conclusivamente ritiene che, ai fini di un trattamento omogeneo per tutte le regioni italiane, sia essenziale considerare il tema del divario infrastrutturale tra Nord e Sud.

Lino DUILIO (PD) rileva preliminarmente che il provvedimento nasce dall'esigenza condivisa di una riorganizzazione dello Stato. In particolare ritiene che si debba passare ad una statualità più adulta, che valorizzi le autonomie. Osserva a tale riguardo che il merito storico della Lega Nord è di essere riuscita a porre al centro il tema federalista. Personalmente sottolinea però di essere, nel solco della tradizione popolare cui appartiene, più favorevole al municipalismo e allo «Stato delle autonomie» già evocato da Bachelet, in quanto intravede il rischio di una «ministerializzazione» regionale e di un nuovo centralismo regionale. Insieme sottolinea il rischio di privilegiare la pars destruens della rivendicazione dell'autonomia, vale a dire l'ostilità all'apertura, e la rivendicazione di una chiusa e limitata identità territoriale. Esorta invece a tentare

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di approfondire la pars construens del provvedimento, collocandolo all'interno del quadro delle autonomie delineato dalla Costituzione. Richiama in proposito, come esempio di quella «statualità diffusa» che ha già richiamato, l'articolo 114 della Costituzione, in base al quale la Repubblica è costituita dai comuni, dalle province, dalle città metropolitane e dallo Stato. In questo quadro ritiene che si debba lavorare per valorizzare i principi di sussidiarietà e di pluralismo istituzionale, ricordando peraltro che in questo i cattolici impegnati in politica non si devono sentire a disagio, avendo preso l'avvio l'esperienza del partito popolare proprio dal tema della costruzione dello Stato democratico, di cui il dibattito in corso costituisce in fondo un aggiornamento. Ritiene peraltro che si debbano applicare questi principi anche alla finanza pubblica. In proposito condivide la necessità del superamento della spesa storica ad esempio con riferimento a trasferimenti erariali, ricordando peraltro che decenni di centralismo non hanno aiutato a superare il divario di sviluppo tra Nord e Sud. In tal senso esprime la propria preferenza per un federalismo cooperativo e solidale. A tal fine segnala anche la necessità di modificare il titolo V della Costituzione, in particolare per una migliore definizione delle competenze statali e di quelle regionali, con una specifica attenzione al problema delle competenze concorrenti, di approvare la Carta delle autonomie con l'istituzione del Senato federale e sola in ultima istanza con il federalismo fiscale. Osserva invece che il Governo ha rovesciato l'ordine delle priorità, partendo dal federalismo fiscale, mentre in particolare la carta delle autonomie dovrebbe avere carattere prioritario ripartendo dal lavoro svolto nella precedente legislatura. Rileva inoltre che la materia di Roma Capitale dovrebbe essere espunta dal provvedimento, in quanto estranea al contenuto del provvedimento.
Fa poi presente che non risultano chiari gli effetti finanziari del provvedimento, come rilevato al Senato dallo steso Ministro Tremonti. In proposito osserva che bisognerebbe evitare l'incremento della spesa, evitare il peggioramento della finanza pubblica, fino a scongiurare ogni rischio di default ed evitare peggioramenti nell'erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni.
Condivide inoltre l'opinione di quanti hanno attribuito al testo una «vaghezza» ancora non superata, con riferimento all'individuazione dei costi standard e della potestà tributaria degli enti territoriali. Ritiene che pertanto debba essere richiamata la centralità del Parlamento nella fase di attuazione della delega. Ricorda le richieste fatte dai senatori del suo gruppo circa la necessità di assicurare poteri più penetranti alla Commissione parlamentare consultiva di cui all'articolo 3, nonché le considerazioni del collega Tabacci sulla possibilità di riconoscere un carattere vincolante ai pareri della Commissione, in considerazione del fatto che si tratta di cambiare la costituzione materiale del Paese.
Si sofferma quindi sul rapporto tra unità dello Stato e territorialità dell'imposta, ricordando in proposito che, secondo Ezio Vanoni, l'imposta costituisce in primo luogo lo stigma dell'appartenenza ad una comunità, prima di ogni valutazione di efficienza o di efficacia. In secondo luogo ritiene che si debbano arginare le richieste, eccessive, avanzate dalle regioni a statuto speciale e dalle province autonome anche nel corso delle audizioni informali, le quali rappresentano a suo giudizio i primi segnali della prevalenza di una logica di pura rivendicazione economica da parte dei diversi enti.
In quest'ottica non condivide la regionalizzazione dell'IRPEF, richiamando anche le osservazioni espresse dai rappresentanti della Banca d'Italia nel corso della recente audizione sulla necessità di mantenere l'unitarietà delle basi imponibili. Annuncia quindi la presentazione da parte del suo gruppo di proposte emendative per sostituire le misure sull'IRPEF con una compartecipazione unica o con una compartecipazione IVA. Osserva infatti che l'IRPEF rappresenta l'unitarietà dello Stato, e nella sua definizione sono

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coinvolti principi costituzionali, come quello della progressività dell'imposta.
Rileva poi che un altro profilo problematico del provvedimento è rappresentato dall'eccessiva segmentazione delle funzioni dei diversi enti territoriali.
Condivide inoltre la preferenza per una perequazione verticale rispetto a quella orizzontale, che si attaglierebbe meglio ad un sistema confederale di contrattazione diretta tra i diversi soggetti. Nel nostro sistema occorre invece associare gli enti territoriali nella definizione delle politiche finanziarie, a partire da un loro diretto coinvolgimento nella stesura del DPEF.
Conclusivamente, rileva come gli obiettivi del provvedimento possono essere condivisi, anche se deve essere garantita l'»uniformità» delle prestazioni essenziali piuttosto che la loro «adeguatezza», prevista nel testo. Infatti in questo ultimo caso, una volta individuato un livello minimo «adeguato» da garantire su tutto il territorio nazionale si potrebbe aprire la strada a trattamenti differenziati e operare quindi delle discriminazioni tra i diversi territori. Inoltre denuncia il rischio, alla luce delle esperienze straniere, di un aumento della pressione fiscale, nonché di un aumento della spesa pubblica derivante da «promessa politica» di garantire ai costi standard i livelli essenziali delle prestazioni senza toccare l'assetto delle autonome speciali e senza operare una razionalizzazione dell'operato di tutte le regioni.
Alla luce di questi elementi ritiene che il voto del suo gruppo sull'attuale formulazione del provvedimento dovrebbe essere contrario; invece, qualora venissero apportate allo stesso modifiche relative all'IRPEF ed al fondo perequativo, venendo incontro alle esigenze appena segnalate, il voto potrebbe essere anche favorevole, per tentare quella costruzione di una «statualità diffusa» di cui ha già rilevato la necessità.

Il Ministro Roberto CALDEROLI, segnalando come l'esame preliminare del provvedimento in Commissione costituisca la sede privilegiata per realizzare uno scambio di opinioni sui suoi contenuti, al fine di valutare le possibili modifiche ed integrazioni da apportare al testo, fa presente che, con riferimento al finanziamento delle autonomie speciali, si stanno già vagliando tutte le iniziative che possono essere adottate a legislazione vigente, senza apportare modifiche agli statuti speciali e alla relativa disciplina di attuazione.
In particolare, segnala come, nell'ultimo Consiglio dei ministri, sia stato rinviato l'esame dei decreti presidenziali per la determinazione delle quote variabili di IVA che spettano alle province autonome di Trento e di Bolzano per gli anni 2000-2005 e che analoghe considerazioni valgono per il trasferimento della quota corrispondente al 4 per cento del gettito IVA sulle importazioni riscosso a livello regionale, ormai superato dall'evoluzione comunitaria.
Con riferimento agli spunti offerti dall'intervento del deputato Duilio, manifesta la più ampia disponibilità del Governo ad individuare una più puntuale definizione della ripartizione dell'IRPEF tra i vari livelli di governo, nonché a sviluppare soluzioni che assicurino in modo più compiuto la centralità del Parlamento nella definizione dei contenuti dei decreti legislativi attuativi della delega. Per quanto attiene agli interventi di perequazione, ritiene vi sia lo spazio per apportare miglioramenti al testo licenziato dal Senato, purché le modifiche non si traducano in una riproposizione del criterio della spesa storica.

Silvana Andreina COMAROLI (LNP) ringrazia i ministri Bossi e Calderoli per il notevole lavoro svolto e soprattutto per la dedizione rivolta alla stesura del disegno di legge in esame, che è stata realizzata sentendo tutte le parti interessate e tutti gli enti coinvolti. Ricorda come tanto alla Camera quanto al Senato si siano svolte diverse audizioni, nel corso delle quali sono emerse numerose problematiche che portano a chiedersi se il federalismo fiscale determinerà effettivamente dei benefici. La risposta, a suo parere, non può che essere positiva, come d'altra parte

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rilevato dalla Banca mondiale e da numerosi economisti, che hanno evidenziato come il sistema del federalismo sia meno oneroso e più efficiente del sistema centralista, anche in virtù del criterio di responsabilizzazione sul quale si fonda.
Sottolinea quindi come con l'introduzione dei costi standard si realizzi una svolta epocale nel sistema di spesa italiano. In particolare, gli enti locali dovranno impiegare al meglio le loro capacità amministrative al fine di ridurre i costi a carico dei cittadini ed offrire servizi migliori. Rileva quindi come sia indispensabile, soprattutto in un periodo di grave crisi economica, che ogni centro di spesa sia chiamato ad utilizzare razionalmente le risorse di cui dispone.
Ricorda che nel giugno 2007 era stato approvato un decreto che prevedeva il concorso straordinario dello Stato nel ripiano dei disavanzi sanitari regionali e come siano stati stanziati, anche con la legge finanziaria per il 2008, miliardi di euro in favore delle regioni in situazione di deficit, rilevando come simili interventi vanifichino il principio della buona amministrazione, poiché premiano chi ha creato disavanzi. Ritiene infatti notorio che molte amministrazioni locali, in virtù di un'applicazione distorta del criterio del costo storico, tendano a spendere tutto il possibile, per evitare di subire una riduzione dei trasferimenti nell'anno successivo.
Ritiene quindi che il disegno di legge in esame sia sinonimo di responsabilizzazione nella gestione della spesa pubblica, di aumento dell'efficienza nei servizi resi ai cittadini e di maggior trasparenza e vicinanza tra i cittadini e gli amministratori della cosa pubblica. Evidenzia inoltre come in Italia la spesa pubblica, soprattutto nel Mezzogiorno, sia stata utilizzata come ammortizzatore sociale, quale strumento di clientele e persino, in qualche occasione, quale strumento di finanziamento della criminalità. Il federalismo fiscale appare il rimedio per mettere nuovamente in moto l'economia del Paese e perché il Mezzogiorno intraprenda la tanto attesa strada dello sviluppo economico e sociale. Il costo standard, in particolare, permetterà una gestione più responsabile del denaro pubblico, secondo il criterio della «diligenza del buon padre di famiglia»
Sottolinea quindi come, con l'attuale sistema fiscale, il Paese si trovi in un circolo vizioso, che comporta un progressivo aumento della pressione fiscale, ritenendo che il disegno di legge contenga gli strumenti idonei a determinare, finalmente, un cambiamento positivo.

Marco PUGLIESE (PdL) evidenzia come alla base del processo che sta portando il nostro Paese verso il federalismo fiscale, vi sia la diffusa esigenza di buon governo e di buona amministrazione a livello locale. Il federalismo fiscale, infatti, ha come obiettivo primario quello di migliorare la qualità della spesa e ridurre gli sprechi, responsabilizzando i diversi livelli di Governo e massimizzando il controllo dei cittadini.
Sottolinea come l'accentramento delle responsabilità finanziarie in capo allo Stato non abbia giovato allo sviluppo di una coscienza di efficace gestione della res pubblica a livello territoriale, in particolare al Sud, e come, per questo motivo, la popolazione del Mezzogiorno non sia affatto spaventata da questa rilevante riforma. A fare paura al Sud, non sono le riforme messe in cantiere da questo Governo e da questa maggioranza parlamentare, bensì l'attuale situazione di malgoverno che affligge purtroppo, gran parte della Pubblica Amministrazione locale.
Ricorda come la forte domanda che nasce dai cittadini rispetto ad un «federalismo compiuto» abbia caratterizzato l'ultimo decennio, prima con le riforme a Costituzione invariata, e, poi, con le riforme costituzionali in senso sempre più federalista, che hanno comportato una acquisizione di sempre maggiori competenze in capo agli Enti territoriali. In questo quadro, il federalismo fiscale può rappresentare un'importante occasione per responsabilizzare maggiormente l'intero Meridione: istituzioni, politici, imprenditori e cittadini. Si tratta di una

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grande occasione, che può consentire al Sud di emanciparsi dalla «tutela» dello Stato-centrale. Il disegno di legge in esame incentiva la responsabilizzazione delle classi politiche e tende a razionalizzare la spesa pubblica, comportando la graduale eliminazione degli sprechi e degli sperperi di risorse pubbliche che troppo spesso affliggono le amministrazioni. Il federalismo fiscale rinvia alle basi della democrazia moderna e della cultura anglosassone secondo il principio «no taxation without representation».
Rileva quindi come il federalismo fiscale consenta di porre rimedio alla contraddizione che vede, da un lato, l'attribuzione di un ruolo sempre più rilevante alle regioni e, dall'altro, la conservazione di un sistema basato su entrate accertate in capo allo Stato e una finanza regionale in buona sostanza derivata. L'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione è un'occasione di grande crescita democratica e politica, che può avvenire nel rispetto dei principi di solidarietà tra le diverse realtà del Paese e dei cittadini a prescindere dal luogo di residenza. Il disegno di legge in esame, in particolare, dà rilievo ai trasferimenti ai territori con minor capacità fiscale e quindi garantisce la coesione sociale. La scelta di superare il criterio della spesa storica in favore del criterio del costo standard è profondamente innovativa e deve essere colta come una occasione per migliorare la spesa regionale, affinché le regioni possano diventare volano di sviluppo delle economie reali. La previsione di un fondo perequativo consente di assicurare, senza discriminazione o senza ingiustizie la fornitura di adeguati servizi in quei settori che consentono lo sviluppo dei diritti civili e sociali. Il federalismo quindi non implica in alcun modo divisione nel Paese e contrapposizione tra regioni bensì una riforma importante per gestire efficacemente le risorse ed erogare servizi efficienti ai cittadini. Non sostenere il passaggio al federalismo fiscale significherebbe sottrarsi ad una sfida di responsabilità ai vari livelli di governo.
Esprime conclusivamente il proprio pieno sostegno al disegno di legge, ritenendo che esso sia estremamente importante, strutturale ed equilibrato, e realizzi un federalismo fiscale efficace e solidale.

Marco CAUSI (PD) rileva come il federalismo fiscale costituisca un tassello importante di una più generale riforma dello Stato, che dovrebbe pertanto accompagnarsi alla riorganizzazione della Carta delle autonomie ed alla riforma del Parlamento. Evidenzia, quindi, come la decisione, assunta dalla maggioranza e dal Governo, di avviare tale ampio processo riformatore dall'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, comporti il rischio di determinare talune distorsioni, anche al di là della volontà dello stesso Governo. Si chiede, ad esempio, se l'opinione pubblica ritenga più importante la riforma fiscale o quella amministrativa delle autonomie locali, segnalando, in tale contesto, il rischio di adottare un provvedimento dal sapore sostanzialmente esoterico, che non corrisponda alle reali esigenze del Paese.
Un ulteriore aspetto di possibile distorsione è dato dal fatto che il contesto di comunicazione politica nel quale avviene l'esame del provvedimento sembra caratterizzarsi per un'impostazione sostanzialmente antimeridionalista, laddove, invece, gli elementi informativi emersi nel corso delle audizioni, in particolare quelli forniti dai rappresentanti dell'ISAE e della Banca d'Italia, dimostrano come le differenze tra le diverse aree del Paese non corrispondono alla tradizionale distinzione tra zone del centro-nord e mezzogiorno. Ad esempio, rileva come la spesa pubblica pro capite risulti più alta al centro-nord, come i livelli più elevati dei costi per le prestazioni pubbliche si registrino nelle regioni a statuto speciale del nord, e come le sperequazioni più forti si registrino sia in regioni del nord, quali il Veneto, sia in regioni del sud, quali la Puglia.
Per quanto riguarda inoltre il livello della pressione fiscale, essa, se calcolata correttamente, in rapporto del prodotto interno dei diversi territori, mostra un livello più elevato in alcune regioni del

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sud, e, comunque, un andamento sostanzialmente uniforme in tutto il Paese. Analogamente, l'evasione fiscale non appare differenziata in maniera univoca, tra il nord, il centro e il sud.
Sottolinea, inoltre, come la percentuale di autonomia finanziaria delle regioni e degli enti locali, considerata sia dal lato della spesa, sia da quello delle entrate, risulti già oggi molto elevata, anche in confronto con i valori raggiunti in molti stati federali, a testimonianza del notevole cammino compiuto sul piano del decentramento finanziario, che è tuttavia stato realizzato in modo spesso confuso e disarticolato nel tempo.
Sulla scorta di tali considerazioni invita dunque a modificare il contesto comunicativo nel quale deve avvenire il dibattito parlamentare sul provvedimento, segnalando come tale elemento risulti altrettanto importante dei singoli temi in discussione.
Esprime quindi apprezzamento per molti dei rilievi espressi dai relatori nel corso dei loro interventi, in particolare per quanto riguarda il riferimento all'efficienza allocativa, il rifiuto del concetto di Stato minimo, l'esigenza di evitare di incorrere in una sorte di neocentralismo regionale, la necessità di rispettare il principio costituzionale della capacità contributiva, l'opportunità di collegare la riforma federalista all'elaborazione del Codice delle autonomie, nonché l'esigenza di assicurare la cooperazione interistituzionale ed il coordinamento tra lo Stato e gli enti territoriali, di cui si fanno prioritariamente carico le disposizioni di cui all'articolo 17 in materia di patto di convergenza, fortemente volute dal PD, che consentono di garantire maggiore efficienza nell'allocazione delle risorse pubbliche e di sostenere l'azione degli amministratori locali.
Passando a taluni aspetti più specifici, sottolinea l'opportunità di migliorare sotto molti aspetti il testo del disegno di legge, con riferimento ad una serie di aspetti fondamentali.
In primo luogo ritiene che l'Assemblea della Camera, prima di esaminare il disegno di legge, debba innanzitutto esprimersi sulle problematiche relative ai vincoli finanziari che rendono difficile l'attività degli enti locali, con particolare riferimento alla stratificazione della normativa relativa al Patto di stabilità interno.
Sotto un secondo aspetto ritiene necessario approfondire la tematica concernente l'attribuzione di riserve di aliquota IRPEF alle regioni, prevista dal disegno di legge. Tale impostazione nasce fondamentalmente dalla scelta dell'Esecutivo di ridurre l'ICI e di puntare ad una progressiva soppressione dell'IRAP, dalla quale discende la necessità di individuare un'ulteriore fonte di finanziamento tributaria, che consenta di evitare la riduzione dell'autonomia di entrata degli enti territoriali. Tale opzione comporta infatti alcune conseguenze problematiche, quali ad esempio il rischio di suddividere per 21 regioni la base imponibile IRPEF, determinando difficoltà pratiche facilmente immaginabili, nonché effetti negativi sul piano dell'uniformità e progressività dell'intero sistema fiscale. Al riguardo sarebbe invece più opportuno attribuire alle regioni un insieme consistente di tributi propri, ai quali aggiungere, come elemento di chiusura dell'assetto tributario, una compartecipazione all'IRPEF ad aliquota variabile, secondo il modello analizzato in un suo recente studio dal deputato Nannicini. Analoghe riflessioni erano del resto state compiute dall'Alta Commissione di studio sul federalismo fiscale, che a tale proposito aveva proposto di ricorrere ad un meccanismo di compartecipazione regionale al gettito IVA.
Un'altra questione meritevole di approfondita riflessione riguarda la strutturazione dei fondi perequativi, in particolare per quanto riguarda il finanziamento delle funzioni non fondamentali e delle funzioni diverse da quelle relative alle prestazioni essenziali. A tale riguardo ritiene necessario evitare di fomentare contrasti tra le regioni per la distribuzione di un ammontare di risorse relativamente piccolo, ipotizzando a tal fine di allungare la durata della fase transitoria, al fine di evitare conseguenze negative, soprattutto in

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danno di talune regioni del sud, facendo proprie le proposte avanzate in merito dalla SVIMEZ e dall'ASTRID.
Considera altresì necessario evitare che il provvedimento finisca per aprire le porte ad una concezione minimalista dello Stato, chiarendo a tal fine, anche attraverso una migliore formulazione dell'articolo 2, comma 1, lettera f), il meccanismo di costruzione dei fabbisogni standard, che costituiscono la risultante del prodotto tra costi standard ed obiettivi di servizio. Ritiene, infatti, che l'elemento decisivo del processo non sia quello di stabilire in sé i livelli essenziali delle prestazioni, ma identificare obiettivi di servizio che siano sostenibili sul lungo periodo e coerenti con i vincoli di finanza pubblica. La fissazione di tali obiettivi costituirà inoltre un elemento di riferimento per gli enti chiamati ad erogare tali servizi, i quali saranno vincolati ad utilizzare a tal fine le risorse loro attribuite, grazie ad un meccanismo di responsabilizzazione degli stessi enti che deve realizzarsi anche mediante la previsione di sanzioni e controlli opportuni.
Riprendendo quindi uno spunto contenuto nell'intervento del deputato Tabacci, ritiene ineludibile definire meglio il processo di emanazione degli schemi di decreto legislativo, introducendo in particolare una clausola concernente la copertura finanziaria degli stessi decreti, nonché circa il monitoraggio dei relativi effetti finanziari.
In tale contesto è inoltre indispensabile definire meglio le funzioni fondamentali, al fine di assicurare che il finanziamento erogato nei confronti delle regioni sia corrispondente al fabbisogno standard relativo alle funzioni stesse. A tale riguardo particolare attenzione dovrà essere riservata al trasporto pubblico locale, nonché alle funzioni relative alla conservazione e fruizione dei beni culturali. Ricorda, infatti, che più del 50 per cento dei beni culturali del Paese appartiene ai comuni, e che una non adeguata calibratura dei finanziamenti corrispondenti comporterebbe il rischio, per tali enti, di non poter adempiere nemmeno ai compiti di manutenzione di tale patrimonio.
Sottolinea quindi come il gruppo del PD farà proprie le proposte avanzate dalla Corte dei conti, dalla SVIMEZ e dalla Ragioneria generale dello Stato, relativamente al meccanismo di erogazione dei finanziamenti aggiuntivi previsti ai sensi dell'articolo 119, quinto comma, della Costituzione, al fine di assicurare la programmazione pluriennale degli interventi ed il loro collegamento con il deficit infrastrutturale delle diverse aree del Paese.
Con riferimento quindi ai rapporti finanziari con le regioni speciali, considera positivamente la previsione, proposta dal gruppo del PD ed introdotta nel testo dell'articolo 25, che richiede a tali soggetti di concorrere al conseguimento degli obiettivi del Patto di convergenza e degli obblighi posti dall'ordinamento comunitario. Ritiene, peraltro, che tale formulazione potrebbe essere ulteriormente migliorata, evitando l'insorgere di contenzioso, ma inducendo al tempo stesso le regioni a statuto speciale e le province autonome ad utilizzare anch'esse il criterio dei fabbisogni standard, alla luce del nuovo contesto nazionale e degli scenari europei legati all'introduzione dell'euro.
Con riferimento alle problematiche concernenti la quantificazione degli effetti finanziari del provvedimento, riconosce l'effettiva difficoltà a disporre di elementi quantitativi precisi, rilevando tuttavia come nessuno dei soggetti ascoltati dalle Commissioni riunite nel corso delle audizioni abbia sostenuto l'impossibilità di giungere a tale quantificazione. Ritiene quindi indispensabile proseguire ulteriormente l'analisi in quest'ambito, ad esempio giungendo ad una valutazione dei costi per categorie merceologiche, nonché coordinando gli elementi informativi disponibili nelle banche dati esistenti, al fine di poter disporre di dati numerici antecedentemente all'emanazione del primo degli schemi di decreto legislativo predisposto ai sensi della delega.
Un ulteriore sforzo dovrà inoltre essere compiuto per approfondire alcuni aspetti

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che non attengono al finanziamento corrente delle regioni e degli enti locali, ma che riguardano tematiche quali gli investimenti, gli oneri per i mutui e gli interessi, la gestione del debito e del patrimonio, nonché il ricorso ai mercati finanziari per la gestione delle passività.
In tale contesto appare altresì opportuno specificare meglio i principi e criteri direttivi concernenti l'armonizzazione dei bilanci degli enti territoriali, nonché coordinare più efficacemente le previsioni di cui all'articolo 23, relative all'ordinamento di Roma capitale, con quelle dell'articolo 22, attinenti all'istituzione delle città metropolitane.
Considera quindi pienamente condivisibile la proposta, avanzata dal deputato Tabacci, di definire in termini precisi la scansione cronologica nella quale dovranno essere predisposti i decreti legislativi emanati ai sensi della delega, stabilendo a tal fine le relative priorità.
Auspica infine che la maggioranza ed il Governo dimostrino, nel corso del dibattito, la necessaria apertura, nonché la capacità di dare al lavoro parlamentare un orientamento costruttivo, evitando che il disegno di legge venga letto solo come uno strumento per colpire talune categorie o aree del Paese.

Gianfranco CONTE, presidente, avverte che i deputati iscritti a parlare nella seduta odierna non presenti oggi interverranno, ove possibile, dopo gli altri colleghi già iscritti per i prossimi giorni.
Rinvia quindi il seguito dell'esame alla seduta di domani.

La seduta termina alle 18.40.