CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 17 febbraio 2009
139.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Cultura, scienza e istruzione (VII)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Martedì 17 febbraio 2009. - Presidenza del presidente Valentina APREA.

La seduta comincia alle 11.30.

DL 207/08 Proroga termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti.
C. 2198 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alle Commissioni riunite I e V).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Valentina APREA, presidente e relatore, ricorda che il disegno di legge in esame, di conversione del decreto-legge n. 207 del 2008, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti, modificato nel corso dell'esame al Senato, si compone di 53 articoli. Illustra quindi i principali profili di competenza della Commissione cultura.
Osserva in particolare che l'articolo 1, che non è stato modificato nel corso

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dell'esame al Senato, proroga la fornitura dei servizi radiotelevisivi da parte della RAI alla Repubblica di San Marino fino alla ratifica del nuovo accordo di collaborazione in campo radiotelevisivo fra la Repubblica italiana e la stessa Repubblica di San Marino, firmato il 5 marzo 2008, e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2009. L'erogazione dei servizi in oggetto è disciplinata da una Convenzione sottoscritta dalla RAI e dal Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri, discendente - a sua volta - dall'Accordo di collaborazione in materia radiotelevisiva fra Repubblica italiana e Repubblica di San Marino, firmato il 23 ottobre 1987 e ratificato con la legge 9 aprile 1990, n. 99. L'accordo ratificato nel 1990 prevedeva una durata quindicennale, mentre la Convenzione - stipulata il 30 dicembre 1991 - è scaduta il 31 dicembre 2006; i Ministeri degli affari esteri dei due Paesi hanno ritenuto in vigore sia l'accordo che la Convenzione fino all'11 giugno 2007. Ricorda che il nuovo accordo internazionale ha durata quinquennale. Allo stato, non è ancora stato presentato al Parlamento il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica. Come si legge nella relazione illustrativa al disegno di legge presentato al Senato, la proroga disposta dalla disposizione in commento ha lo scopo di assicurare la continuità del servizio; l'esecutività dell'Accordo del marzo 2008 e la nuova convenzione attuativa con la RAI sono sospese fino alla conclusione dell'iter di ratifica dei due Paesi contraenti. Le risorse finanziarie necessarie a garantire la prestazione dei servizi da parte della RAI alla televisione sanmarinese devono essere assicurate dal Dipartimento per l'informazione e l'editoria nell'ambito del bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri. In proposito, ricorda che la spesa relativa, per la proroga disposta nel dicembre 2007, è stata quantificata in 3.099.000 euro all'anno, da garantire nell'ambito delle disponibilità sussistenti nel bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Centro di responsabilità 9 - Dipartimento per l'informazione e l'editoria.
Rileva inoltre che l'articolo 35, modificato nel corso dell'esame al Senato, contiene ai commi da 1 a 3 norme in materia di personale degli enti di ricerca. Il comma 1 stabilisce che agli enti di ricerca non si applicano fino al 30 giugno 2009, le disposizioni di cui all'articolo 7, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, nel testo modificato dall'articolo 3, comma 76, della legge n. 244 del 2007, e successivamente dall'articolo 46, comma 1, del decreto-legge n. 112 del 2008. Si tratta della disciplina generale dettata in materia di collaborazioni esterne delle pubbliche amministrazioni, dettata dall'articolo 7, comma 6, citato che prevede che, per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni interessate possano conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza dei seguenti presupposti di legittimità: corrispondenza dell'oggetto della prestazione alle competenze proprie dell'amministrazione interessata e coerente le sue esigenze di funzionalità, nonché ad obiettivi e progetti specifici e determinati; impossibilità oggettiva da parte dell'amministrazione ad utilizzare il personale alle proprie dipendenze; temporaneità della prestazione e alta qualificazione della medesima; preventiva determinazione di: durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione. Ricorda che si prescinde dal requisito della comprovata specializzazione universitaria in caso di stipulazione di contratti d'opera per attività svolti da professionisti iscritti in ordini o albi o con soggetti operanti nel campo dell'arte, dello spettacolo o dei mestieri artigianali, ferma restando la necessità di accertare la maturata esperienza nel settore. Il ricorso a contratti di collaborazione coordinata e continuativa per lo svolgimento di funzioni ordinarie o l'utilizzo dei collaboratori come lavoratori subordinati è causa di responsabilità amministrativa per il dirigente che ha stipulato i contratti. Il comma 2 del medesimo articolo 35 sopprime quindi il secondo

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periodo del comma 14 dell'articolo 66 del decreto-legge n. 112 del 2008, che prevede la facoltà per gli enti di ricerca di procedere nel triennio 2010-2012 ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, entro i limiti individuati dall'articolo 1, comma 643, della legge n. 296 del 2006: con la modifica introdotta dal decreto-legge in esame viene quindi meno il limite precedentemente posto alle assunzioni, per il quale il numero delle unità di personale da assumere in ciascuno dei predetti anni non poteva eccedere le unità cessate nell'anno precedente. Osserva che il successivo comma 3 dell'articolo in questione rinvia invece ad un decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca - da adottare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame - la definizione delle modalità applicative delle disposizioni del nuovo testo del comma 14 dell'articolo 66 del decreto-legge n. 112 del 2008, risultante dalla modifica operata dal precedente comma 2. Il successivo comma 4, anch'esso introdotto nel corso dell'esame del provvedimento al Senato, prevede che il personale ex dipendente dell'ente pubblico CONI, successivamente transitato alle dipendenze della società CONI Servizi S.p.A. per effetto del decreto-legge n. 138 del 2002, ed attualmente in servizio presso le Federazioni sportive nazionali, permane in servizio presso le stesse ai fini del loro funzionamento. Rinvia quindi alla documentazione fornita dagli uffici per una analisi della disciplina pregressa, ricordando, per completezza di informazione, che sulla vicenda la Commissione cultura ha svolto nei giorni scorsi un'audizione informale dei rappresentanti dei lavoratori proprio della CONI Servizi S.p.A..
Rileva altresì che l'articolo 36, comma 1, dispone che il termine relativo al completamento delle operazioni riguardanti il personale docente di ruolo sia prorogato, limitatamente all'anno scolastico 2009/2010, al 31 agosto 2009; il termine ordinario era al 31 luglio. La relazione al disegno di legge di conversione chiarisce che si intende così assicurare che al 1o settembre, data di inizio dell'anno scolastico, a tutte le cattedre sia assegnato personale di ruolo o personale supplente nominato per l'intero anno, così da evitare spostamenti ad anno scolastico avviato. La proroga si è resa necessaria in considerazione della necessità di completare gli adempimenti previsti dall'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008 con l'emanazione dei regolamenti di attuazione del piano programmatico ivi previsto. Ricorda che, durante l'esame al Senato, è stato inoltre introdotto il comma 1-bis con il quale si sancisce la validità dell'abilitazione all'insegnamento conseguita dai docenti ammessi con riserva ai corsi speciali per il conseguimento della medesima abilitazione indetti con decreto ministeriale n. 85 del 18 novembre 2005, i quali abbiano maturato il requisito di 360 giorni di servizio entro il termine di presentazione delle domande di partecipazione ai corsi stessi e che abbiano superato l'esame di Stato. Il citato decreto ministeriale ha infatti stabilito che le Università e le Accademie di belle arti istituissero i corsi speciali per il conseguimento dell'abilitazione all'insegnamento, riservati ai docenti che avessero prestato, dal 1 settembre 1999 al 6 giugno 2004, almeno 360 giorni di servizio con il possesso del prescritto titolo di studio per accedere ad insegnamenti corrispondenti a posti di ruolo o classi di concorso; si è inoltre ribadito che i corsi si concludevano con un esame finale avente valore di esame di Stato e che gli ammessi alla partecipazione erano iscritti con riserva nelle graduatorie permanenti, in attesa del conseguimento del titolo abilitante. Rinvia quindi alla documentazione degli uffici per la ricostruzione normativa relativa, precisando che con la disposizione inserita durante l'esame al Senato si scioglie la riserva relativa all'abilitazione all'insegnamento di quanti abbiano partecipato ai corsi speciali indetti sulla base del citato decreto n. 85, avendo maturato il requisito di 360

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giorni di servizio entro il 22 dicembre 2005 e non già entro il 6 giugno 2004.
Osserva quindi che l'articolo 37, comma 1, posticipa invece all'anno scolastico e formativo 2010/2011 l'attuazione della riforma del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, originariamente fissato all'anno scolastico 2007-2008 e, quindi, posticipato prima all'anno scolastico 2008-2009 e, poi, all'anno scolastico 2009-2010. Rinviando per la ricostruzione normativa alla documentazione predisposta dagli uffici, precisa che la relazione illustrativa al disegno di legge di conversione evidenzia che, poiché i regolamenti attuativi di tale previsione, di prossima presentazione al Consiglio di Stato, prevedono l'entrata in vigore dei nuovi ordinamenti dei percorsi dell'istruzione secondaria superiore a decorrere dall'anno scolastico 2010-2011, si è reso necessario prorogare di un anno - quindi all'anno scolastico e formativo 2010-2011 - il termine previsto dall'articolo 27, comma 4, del decreto legislativo n. 226 del 2005, e successive modificazioni, al fine di evitare incertezze interpretative sulle norme ordinamentali da applicare per l'anno scolastico 2009-2010. Di conseguenza, il comma 2 dell'articolo in questione abroga l'articolo 8, comma 1, della legge n. 228 del 2006, e sopprime il secondo periodo del comma 1-quater dell'articolo 13 del decreto-legge n. 7 del 2007, che avevano disposto le precedenti proroghe. Aggiunge peraltro che, durante l'esame al Senato, sono stati introdotti i nuovi commi 2-bis, 2-ter e 2-quater. I commi 2-bis e 2-ter riguardano in particolare la valutazione del curriculum scolastico, ai fini dell'accesso ad alcuni corsi universitari a numero programmato, e dispongono una proroga e alcune modifiche delle relative disposizioni, posticipando dall'anno accademico 2009-2010 all'anno accademico 2010-2011 l'applicazione degli articoli 4 e 5 del decreto legislativo 21 del 2008, che hanno introdotto, appunto, la valutazione della qualità dei risultati scolastici ai fini dell'accesso ai corsi di laurea universitari a numero programmato, quali i corsi di laurea disciplinati da norme comunitarie, quelli in scienze della formazione primaria, nonché dei corsi di nuova istituzione per i quali gli atenei ritengono di prevedere un accesso programmato. Al riguardo rinvia alla ricostruzione normativa relativa disposta dalla documentazione degli uffici. Osserva che il successivo comma 2-ter, modificando invece l'articolo 4, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo n. 21 del 2008, riduce da 105 a 100 il punteggio massimo degli esami di ammissione; aumenta da 80 a 90 i punti da assegnare sulla base del risultato del test di ingresso; riduce da 25 a 10 i punti da assegnare ai risultati conseguiti nell'ultimo triennio e nell'esame di Stato. Ai fini dell'assegnazione di questi ultimi, si elimina così la lode ottenuta nella valutazione finale dell'esame di Stato dal panel di elementi da considerare.
Rileva che viene, inoltre, apportata una modifica anche al comma 4 dell'articolo citato che per i corsi di laurea disciplinati da norme comunitarie e per i corsi di laurea in scienze della formazione primaria demanda ad un decreto dell'attuale Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca la definizione dei punteggi da attribuire sulla base degli elementi di valutazione del percorso scolastico sopra indicati; mentre per i corsi di laurea di nuova istituzione per i quali gli atenei ritengono di prevedere un accesso programmato affida questo compito agli atenei stessi nei relativi bandi. Con la modifica inserita nel corsi dell'esame al Senato il comma 2-ter in commento, aggiunge ulteriori periodi al comma 4 da ultimo indicato, prevedendo, innanzitutto, che con lo stesso decreto possono essere stabilite anche ulteriori modalità per l'attribuzione dei punteggi relativi al percorso scolastico nei casi in cui gli elementi previsti al comma 3 non possono essere utilizzati in tutto o in parte. Si prevede, infine, che il Ministro e i singoli atenei, per quanto di competenza, provvedono alla adeguata valorizzazione della lode ottenuta nell'esame di Stato. Si modifica quindi l'articolo 5, comma 1, del citato decreto n. 21, sopprimendo l'inciso «scolastica statale o paritaria» relativo all'istituzione

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frequentata dallo studente. Rileva inoltre che l'articolo 39, in materia di beni e attività culturali, proroga invece al 31 dicembre 2009 il termine per l'adozione del decreto del Ministro per i beni e le attività culturali per la determinazione del compenso da attribuire ad autori e produttori di fonogrammi, nonché ai produttori originari di opere audiovisive; artisti interpreti ed esecutori e ai produttori di videogrammi, e ai loro aventi causa, per la riproduzione privata ad uso personale di fonogrammi e di videogrammi su qualsiasi supporto, cosiddetta copia privata. A tal fine si modifica l'articolo 71-septies della legge sul diritto d'autore, che disciplina la materia. La necessità della proroga deriva, come si evince dalla relazione illustrativa al disegno di legge di conversione presentato al Senato, dalla necessità di attendere l'esito dei lavori dell'apposita Commissione per l'esame delle problematiche relative alla riproduzione privata ad uso personale di fonogrammi e videogrammi. Anche in questo caso, rinvia alla documentazione degli uffici per la ricostruzione della normativa relativa.
Evidenzia inoltre che l'articolo 40, comma 1, proroga quindi al 31 dicembre 2010 il mandato del Presidente della fondazione «La Quadriennale di Roma», nonché quello del Presidente della fondazione «La Triennale di Milano». La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione presentato al Senato evidenzia che la proroga è volta a garantire la continuità di funzionamento delle due fondazioni e lo svolgimento delle attività culturali esercitate. Ricorda per completezza che l'articolo 5 del decreto-legge n. 248 del 2007 aveva prorogato i termini di durata degli organi della Fondazione La Triennale al 31 dicembre 2008. Il successivo comma 2 prevede che i termini di durata dei commissari straordinari delle fondazioni lirico-sinfoniche siano comunque prorogabili fino al 31 dicembre 2010. La relazione illustrativa evidenzia che la proroga si rende necessaria per far fronte alla grave situazione organizzativa e finanziaria che, in termini diversi, interessa ognuna delle fondazioni attualmente commissariate; situazione che necessita, per la soluzione, di un ulteriore periodo di amministrazione straordinaria, che potrà essere temporalmente differenziato per ciascuna fondazione. Va ricordato che con la legge finanziaria per il 2008, l'articolo 5 del già citato decreto-legge n. 248 ha prorogato al 31 dicembre 2008 i termini di durata dei commissari straordinari delle fondazioni lirico sinfoniche. Ricorda altresì che l'articolo 41, commi 6-quater e 6-quinquies, introdotti nel corso dell'esame al Senato, reca disposizioni volte a favorire l'integrale utilizzo delle risorse comunitarie relative ai Programmi Operativi per la Scuola 2007-2013 rientranti nell'obiettivo Convergenza. Si tratta dei programmi operativi rientranti nell'obiettivo Convergenza - che include solo alcune regioni del Mezzogiorno, quali Calabria, Puglia, Sardegna, Sicilia e, in fase transitoria di uscita, anche la Basilicata - che si prevede siano finanziati, per la parte comunitaria, dal FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) e dal FSE (Fondo Sociale Europeo); programmi che possono essere presentati sia a livello regionale (POR), sia a livello nazionale (PON). Per il periodo 2007-2013, la Commissione europea ha approvato i Programmi Operativi Nazionali, tra i quali quello «Competenze per lo sviluppo» (Decisione del 7.11.2007 n. C (2007) 5483), finanziato con il Fondo Sociale Europeo, è specificamente rivolto all'implementazione delle riforme dei sistemi di istruzione e di formazione, specialmente nell'ottica di accrescerne la capacità di risposta ai bisogni di una società basata sulla conoscenza, migliorando l'impatto dell'istruzione e formazione iniziale sul mercato del lavoro, e aggiornando continuamente le competenze del personale scolastico e di quello docente in particolare. È, altresì, rivolto a favorire una maggiore partecipazione all'istruzione e alla formazione lungo tutto l'arco della vita, anche attraverso una significativa riduzione dell'abbandono scolastico precoce e un maggiore accesso all'istruzione iniziale, professionale e secondaria; allo sviluppo del potenziale umano nella ricerca e nell'innovazione,

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specialmente attraverso la formazione post-laurea, alla formazione dei ricercatori e alla messa in rete delle università, dei centri di ricerca e delle imprese. Con il PON «Ambienti per l'apprendimento» si intende, invece, influire sulla qualità delle infrastrutture scolastiche, sul loro adeguamento ai fini didattici, sul risparmio energetico, sulla sicurezza e la qualità delle attrezzature per rendere la scuola accessibile, attraente e funzionale all'apprendimento. Precisa che, mentre con riferimento ai POR le eventuali risorse, direttamente o indirettamente destinate, in particolare, alla scuola, dipendono dalle singole programmazioni a livello regionale, per quanto riguarda i PON è possibile individuare le risorse comunitarie stanziate per tale settore nell'arco del settennio relativamente alla priorità di intervento comunitario denominata «Istruzione». Per il periodo 2007-2013 le risorse stanziate a livello comunitario con riferimento a tale priorità ammontano a 248 milioni di euro finanziati dal FESR e 743 milioni di euro finanziati dal FSE. Considerando anche la quota di risorse nazionali stanziate per il cofinanziamento degli interventi comunitari, le risorse destinate alla priorità «Istruzione» nell'area obiettivo Convergenza ammontano complessivamente a 2.332,6 milioni di euro nel settennio 2007-2013. Il comma 6-quater sempre dell'articolo 41, in esame, autorizza quindi l'anticipazione delle quote dei contributi comunitari e statali previste per il biennio 2007-2008 a carico del Fondo di rotazione di cui alla legge n. 183 del 1987, nel limite delle risorse disponibili e su richiesta del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Si dispone che per le annualità successive al biennio 2007-2008, il predetto Fondo provvede alle anticipazione sulla base dello stato di avanzamento dei programmi. Il comma 15 dell'articolo 41 assegna invece all'Ente Italiano Montagna (EIM) un contributo di euro 2.800.000 per l'anno finanziario 2009, a copertura del quale onere è prevista una corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa al sopra citato Fondo ordinario per il funzionamento degli enti di ricerca, come determinata dalla tabella C della legge n. 203 del 2008, legge finanziaria 2009, per un importo, complessivamente, pari a 1.744,5 milioni di euro. Per completezza, ricorda che il comma 16-quinquiesdecies dell'articolo 41 in esame autorizza il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento del tesoro ad erogare, per l'esercizio 2009, a titolo di apporto al capitale sociale di EXPO 2015 S.p.A. - prevista per la realizzazione degli interventi necessari allo svolgimento dell'Expo Milano 2015 - fino a un massimo di 4 milioni di euro, a valere sulle risorse stanziate per il 2009 dall'articolo 14, comma 1, del decreto legge n. 112 del 2008. Il comma in questione precisa che tale apporto di capitale è necessario per permettere lo svolgimento di tutte le attività relative alla realizzazione dell'Expo, indicate dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 ottobre 2008 con particolare riferimento a quelle per preparazione e costruzione del sito; opere infrastrutturali di connessione del sito stesso; opere riguardanti la ricettività; opere di natura tecnologica (denominate «opere essenziali») e le attività di organizzazione e di gestione dell'evento, indicate dal Bureau International des Expositions (BIE).
Ricorda che l'articolo 41-bis, comma 1, anch'esso introdotto durante l'esame del provvedimento al Senato, apporta alcune modifiche a diversi aspetti della disciplina vigente in materia di editoria. Il comma 1 novella interamente l'articolo 20, comma 3-ter, del decreto-legge n. 223 del 2006, relativo ai contributi per quotidiani e periodici organi di partiti o movimenti politici. Si ricorda che secondo la disciplina vigente a decorrere dal 2001, beneficiano dei contributi statali di cui all'articolo 3, comma 10, della legge n. 250 del 1990, le imprese editrici di quotidiani e periodici che, oltre che attraverso esplicita menzione riportata in testata, risultino essere organi o giornali di forze politiche che abbiano il proprio gruppo parlamentare in una delle Camere o rappresentanze nel Parlamento europeo o siano espressione di minoranze linguistiche riconosciute,

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avendo almeno un rappresentante in un ramo del Parlamento italiano nell'anno di riferimento dei contributi. Il citato articolo 20, comma 3-ter, disponeva che, ai fini dell'accesso ai contributi, il requisito della rappresentanza parlamentare non è richiesto per le imprese editrici di quotidiani o periodici che risultano essere giornali o organi di partiti o movimenti politici che alla data del 31 dicembre 2005 abbiano già maturato il diritto ai contributi in questione. Osserva che, con la novella in commento, si stabilisce invece che, per accedere ai contributi citati, il requisito della rappresentanza parlamentare non è necessario, oltre che per le imprese, anche per le testate di quotidiani e periodici che presentino i requisiti suindicati. Una seconda modifica, inoltre, di carattere formale, sostituisce quindi un riferimento normativo a cui la disposizione novellata fa rinvio: il requisito della rappresentanza parlamentare di cui si tratta è richiesto, infatti, non dall'articolo 3, comma 10, legge n. 250 del 1990 - come indicato nella formulazione vigente della disposizione -, bensì dall'articolo 153, comma 2, legge n. 388 del 2000. Il comma 2 del medesimo articolo 41-bis reca invece modifiche all'articolo 1 della legge n. 416 del 1981, in materia di titolarità delle imprese editrici. In primo luogo, viene rivista la disciplina relativa alla titolarità delle azioni comportanti diritto di voto e delle quote, in caso di imprese editrici costituite in forma societaria, disciplinata dall'articolo 1, quarto comma, della legge citata, che le azioni aventi diritto di voto o le quote sociali possono essere intestate a società per azioni, in accomandita per azioni o a responsabilità limitata, purché la partecipazione di controllo di dette società sia intestata a persone fisiche o a società direttamente controllate da persone fisiche; il venire meno di dette condizioni comporta la cancellazione d'ufficio dell'impresa dal registro degli operatori di comunicazione. Osserva che la modifica inserita al Senato introduce quindi il riferimento alle quote, tout-court, eliminando l'aggettivo sociali dal testo originario; introduce poi la possibilità che le azioni aventi diritto di voto, o le quote possano essere intestate a società per azioni, in accomandita per azioni o a responsabilità limitata, non solo nel caso in cui la partecipazione di controllo di dette società sia intestata a persone fisiche o a società direttamente controllate da persone fisiche - come attualmente previsto - ma anche nel caso cui in la partecipazione di controllo sia intestata a società solo indirettamente controllate da persone fisiche. Il comma 2 dell'articolo 41-bis riformula il comma sesto dell'articolo 1 della legge n. 416 del 1981, prevedendo l'eliminazione del divieto di intestazione a società fiduciarie di quote di maggioranza o di controllo delle imprese editrici.
A questo proposito, ricorda che nel testo vigente, il citato comma sesto vieta l'intestazione a società fiduciarie della maggioranza delle azioni o delle quote delle società editrici di giornali quotidiani costituite in forma di società per azioni o in accomandita per azioni o a responsabilità limitata o di un numero di azioni o di quote che, comunque, consenta il controllo delle società editrici stesse ai sensi del citato articolo 2359 del codice civile; analogo divieto vale, sempre in base al testo vigente, per le azioni o le quote delle società che direttamente o indirettamente controllino le società editrici di giornali quotidiani. La modifica introdotta al Senato prevede quindi che il requisito previsto dal comma quarto del controllo diretto o indiretto in capo a persone fisiche si intende in questo caso riferito ai fiducianti, in quanto soggetti effettivamente titolari delle azioni o quote medesime. In tal caso la società fiduciaria è tenuta a comunicare i nominativi dei fiducianti all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ai fini della tenuta della Registro degli operatori di comunicazione. Il comma 3 dell'articolo in commento modifica altresì l'articolo 44 del decreto-legge n. 112 del 2008 - che prevede il riordino con regolamento di delegificazione della disciplina di erogazione dei contributi all'editoria - aggiungendovi due ulteriori

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commi. Per completezza ricorda che il regolamento di delegificazione, emanato previo parere del Ministro per la semplificazione normativa, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, deve essere adottato nel rispetto dei seguenti principi direttivi: semplificazione della documentazione necessaria per accedere ai contributi e dei criteri di calcolo dei contributi stessi; semplificazione delle fasi del procedimento di erogazione, garantendo, in particolare, anche mediante l'ausilio delle procedure informatizzate, che il contributo sia effettivamente erogato entro e non oltre l'anno successivo a quello di riferimento; diritto delle imprese radiofoniche private che abbiano svolto attività di interesse generale ai sensi della legge n. 250 del 1990 a percepire l'intero contributo, anche nell'ipotesi di riparto percentuale tra gli aventi diritto. Infine, l'articolo 44 del decreto-legge n. 112 stabilisce che il riordino non deve comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e che le somme stanziate nel bilancio dello Stato per il settore dell'editoria costituiscono limite massimo di spesa per il settore. In base alla prima novella, che aggiunge all'articolo 44 il comma 1-bis, nell'ambito delle disponibilità stanziate nel bilancio dello Stato per l'editoria, le erogazioni sono destinate prioritariamente ai contributi diretti e, in via sussidiaria, alle altre tipologie di agevolazioni del settore.
Aggiunge che l'intervento pubblico si esplica in misure di sostegno economico, di tipo diretto o indiretto, agli editori; in particolare, gli aiuti economici diretti consistono nell'erogazione di un contributo calcolato in percentuale dei costi risultanti a bilancio delle imprese editrici che presentino i requisiti previsti dalla legge; mentre gli aiuti economici indiretti sono costituti da riduzioni tariffarie, agevolazioni fiscali e credito agevolato. Con la seconda novella, che aggiunge il nuovo comma 1-ter, si dispone invece che lo schema di regolamento di delegificazione per il riordino della disciplina di erogazione dei contributi all'editoria, previsto dall'articolo 44, deve essere sottoposto al parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili di carattere finanziario. Al riguardo, evidenzia che la previsione dell'espressione di un parere parlamentare vincolante, è prevista dall'articolo 33, comma 3, del disegno di legge atto parlamentare Senato n. 1195, recante disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia, già approvato in prima lettura dalla Camera. Il comma 4 dell'articolo 41-bis prevede quindi che all'attuazione dei commi da 1 a 3 si provveda senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica; i successivi commi da 5 a 7 recano invece disposizioni in materia di prepensionamento del personale iscritto all'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (I.N.P.G.I.). In particolare, il comma 5 novella l'articolo 37, comma 1, della legge 5 agosto 1981, n. 416, in materia di esodo e prepensionamento dei dipendenti delle imprese editrici che prevedeva che i dipendenti delle imprese editrici di giornali quotidiani, di periodici e di agenzie di stampa a diffusione nazionale - fatta eccezione per i giornalisti delle imprese editrici di giornali periodici - ammessi al trattamento di cassa integrazione, potevano optare, entro sessanta giorni dalla maturazione dei requisiti contributivi esplicitamente individuati, per il trattamento di pensione. Con la novella in commento, anche i giornalisti dei periodici vengono ammessi alla possibilità di optare per il pensionamento anticipato. In particolare, con la modifica che il successivo comma 6 apporta all'articolo 37, comma 1, lettera b, della richiamata legge n. 416 del 1981, deriva che l'opzione del pensionamento anticipato è valida per i giornalisti professionisti iscritti all'INPGI, dipendenti non solo dalle imprese editrici di giornali quotidiani e di agenzie di stampa a diffusione nazionale, ma anche dalle imprese editrici di giornali periodici. Il successivo comma 7 dell'articolo 41-bis reca invece un ulteriore intervento volto al sostegno degli oneri derivanti dalle prestazioni di vecchiaia anticipate per i giornalisti dipendenti da aziende in ristrutturazione o riorganizzazione per

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crisi aziendale, di cui all'articolo 37 della legge n. 416 del 1981, in aggiunta a quanto previsto dall'articolo 19, commi 18-ter e 18-quater, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2. Osserva, in particolare, che l'intervento reca una riduzione lineare degli stanziamenti di parte corrente relativi alle autorizzazioni di spesa, previste in tabella C, della legge 22 dicembre 2008, n. 203, legge finanziaria per il 2009, per un importo pari a 10 milioni di euro a decorrere dal 2009. Si pone così in buona sostanza l'onere annuale per i pensionamenti anticipati erogati dall'I.N.P.G.I., di cui al richiamato articolo 37, comma 1, lettera b), della legge 416 citata, a carico del bilancio dello Stato, con una fiscalizzazione dell'onere annuale sostenuto dall'I.N.P.G.I. per i trattamenti di pensione anticipata, pari a 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2009 per il periodo intercorrente tra l'ingresso al trattamento anticipato ed il conseguimento dell'età prevista per il trattamento di vecchiaia.
Alla luce delle osservazioni emerse, propone di esprimere parere favorevole.
Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame alla seduta già convocata per la giornata odierna.

Ratifica II Protocollo Convenzione protezione beni culturali in caso di conflitto armato.
C. 1929 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alle Commissioni riunite II e III).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Fiorella CECCACCI RUBINO (PdL), relatore, ricorda che il provvedimento in esame riguarda la Ratifica ed esecuzione del II Protocollo relativo alla Convenzione dell'Aja del 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno, già approvato dal Senato. Il II protocollo citato si è reso necessario in seguito alla constatazione dall'insufficienza dei risultati conseguiti nell'applicazione della Convenzione dell'Aja, con annesso Regolamento di esecuzione e I Protocollo di pari data, e quindi, anche per merito del forte impulso dato dall'Italia, nel marzo 1999 si è arrivati al Secondo Protocollo che il disegno di legge in esame si propone di autorizzare alla ratifica, unitamente a norme di adeguamento dell'ordinamento nazionale. Prima di procedere all'illustrazione del disegno di legge premette quindi alcune considerazioni storiche opportune, in considerazione dell'importanza dell'argomento trattato. In questo senso, rileva che, all'indomani della seconda guerra mondiale la comunità internazionale, resasi conto della micidiale capacità distruttiva delle nuove tecnologie militari, ha posto le basi per un diritto internazionale che riguardasse anche la tutela del patrimonio culturale dei singoli Stati coinvolti in conflitti armati. Da sempre, le guerre e più in generale tutte le situazioni che comportano scontro violento tra due o più Stati rappresentano anche una seria minaccia per l'integrità del patrimonio culturale situato nei territori interessati. Colpire il patrimonio culturale di un popolo significa ferirne non solo la storia, ma anche l'identità contemporanea, dato il radicamento che hanno le testimonianze del passato nell'identità delle generazioni presenti. Con la distruzione o l'appropriazione dei beni culturali, il Paese vincitore ha sempre inteso dare alla vittoria il segno tangibile di aver soggiogato il popolo sconfitto, privandolo anche dei suoi valori più alti e sacri, ledendosi, cioè, profondamente il diritto di ogni popolo alla memoria storica. Osserva inoltre che il sistema di protezione che il diritto internazionale prevede a favore dei beni culturali in caso di conflitto armato è costituito dalla Convenzione dell'Aja del 14 maggio 1954 che ha rappresentato una tappa fondamentale nel processo volto a disciplinare la materia dei beni culturali nell'ambito del diritto internazionale bellico, caratterizzandosi per un approccio particolarmente «moderno», che si coglie già nel preambolo, dove si afferma che «i danni arrecati ai beni culturali, a qualsiasi

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popolo appartengano, costituiscono danno al patrimonio dell'umanità intera, poiché ogni popolo contribuisce alla cultura mondiale». Si tratta di una affermazione rilevante sul piano dei principi, perché viene superata in maniera esplicita la tradizionale visione statalistica della protezione dei beni culturali e si introduce la nozione di patrimonio comune dell'umanità, unitario e inscindibile, il cui depauperamento costituisce un danno non solo per il singolo Stato territoriale, ma anche per l'umanità nella sua interezza. Ritiene che da questo enunciato derivino, da un lato, la necessaria interferenza della normativa internazionale negli ordinamenti statuali e, dall'altro, l'istituzionalizzazione di un dovere di cooperazione e solidarietà tra Stati.
Ricorda altresì che la convenzione dell'Aja del 1954 ha sofferto fino ad oggi di scarsa efficacia e concretezza: le cruente esperienze di conflitto armato in Libano, Cambogia, Vietnam, I Iraq, ex-Yugoslavia e, più recentemente, Afghanistan e II Iraq hanno evidenziato sia le inadeguatezze e i limiti intrinseci di molte delle prescrizioni previste sia la clamorosa disapplicazione da parte di molti Stati contraenti. Ritiene sufficiente considerare, riguardo alle inadeguatezze, al campo di applicazione della convenzione che si riferisce ai conflitti internazionali mentre per quelli interni è prevista la sola applicazione delle disposizioni che impongono l'obbligo di rispetto dei beni culturali. Rinvia, inoltre, al sistema di protezione dei beni culturali delineato dalla convenzione, che opera una distinzione tra beni oggetto di «protezione speciale» e beni oggetto di «protezione generale», ma a tale differenziazione non corrisponde, come sarebbe lecito attendersi, una tutela maggiore dei primi rispetto ai secondi; infatti, in entrambi i casi, è previsto l'obbligo di non utilizzare i beni per scopi militari e di non farne oggetto di atti di ostilità, salva la causa di giustificazione della necessità militare. L'unica differenza quindi tra le due forme di protezione è che quella «speciale» è concessa a livello internazionale ed è in vigore sin dalla data dell'iscrizione dei beni nell'apposito registro; diversità che non giustifica le procedure, invero alquanto complesse e sostanzialmente inefficaci, di concessione della protezione speciale. Sottolinea quindi che, data l'insufficienza dei risultati conseguiti nell'applicazione della Convenzione dell'Aja del 1954, nel marzo 1999 si è pervenuti al Secondo Protocollo della Convenzione che estende: la sua efficacia anche ai casi di conflitto armato non internazionale; la protezione del bene culturale ad un livello di «protezione rafforzata»; il principio della responsabilità individuale e le fattispecie di reato punibili penalmente.
Ricorda che il Protocollo è composto di ben 47 articoli, suddivisi in nove capitoli. Gli articoli da 1 a 4 contengono definizioni e norme di raccordo tra il Protocollo e la Convenzione del 1954, tra le quali si rileva in particolare l'applicabilità del Protocollo anche nel caso di conflitto armato non internazionale. Laddove un bene culturale sia sottoposto al regime della «protezione speciale», ai sensi della Convenzione del 1954, e a quello della «protezione rafforzata», ai sensi del Protocollo in esame, prevarranno le disposizioni di quest'ultimo. I successivi articoli da 5 a 9 riguardano norme generali sulla tutela dei beni culturali, a partire dalla misure preventive che ciascun Stato aderente al Protocollo predispone sul territorio nazionale in tempo di pace, onde poter in caso di conflitto armato proteggere adeguatamente il patrimonio culturale. Viene poi introdotto il principio della possibile deroga alle clausole di protezione del patrimonio culturale contenute nella Convenzione solo in base a una necessità militare imperativa: in tal modo, un attacco militare contro un bene culturale sarà possibile soltanto qualora esso sia usato alla stregua di obiettivo militare e non vi siano soluzioni militari alternative. Salvo circostanze straordinarie, poi, la necessità militare imperativa può essere rivendicata soltanto da un ufficiale superiore. Rileva che nel caso di occupazione militare di uno Stato, si prevede che lo Stato occupante si impegna a non porre in essere attività come l'illecita esportazione di beni

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culturali o l'avvio di propria iniziativa di scavi e ricerche archeologiche che possono essere effettuati solo come misura di salvaguardia del patrimonio culturale e in collaborazione con le autorità nazionali competenti. Aggiunge quindi che gli articoli da 10 a 14 individuano, appunto, il principio della «protezione rafforzata», stabilendo le tre condizioni da rispettare per la sua applicabilità, ovvero il carattere di massimo rilievo universale del bene culturale in questione; un livello di protezione normativa nazionale già elevato; la rinuncia alla sua utilizzazione a fini militari, con esplicita dichiarazione dello Stato parte interessato. Sottolinea che la decisione di comprendere un bene culturale nell'elenco di quelli soggetti a «protezione rafforzata», su richiesta dello Stato parte interessato, è adottata con una maggioranza di almeno quattro quinti dei votanti del Comitato intergovernativo istituito ad hoc all'articolo 24 del Protocollo stesso. È prevista anche la possibilità di offrire «protezione rafforzata» a un bene non precedentemente tutelato in maniera adeguata dalla legislazione nazionale, nonché la concessione di una «protezione rafforzata» provvisoria, se la richiesta viene presentata da uno Stato interessato dopo lo scoppio di un conflitto; l'inclusione nell'elenco indicato assicura al bene culturale sottoposto a «protezione rafforzata» l'immunità, durante un conflitto, dalla considerazione alla stregua di obiettivo militare.
Sottolinea quindi che gli articoli da 15 a 21 individuano le responsabilità penali e le procedure giurisdizionali connesse a violazioni delle norme del Protocollo in esame, introducendosi il principio della responsabilità individuale; ogni Stato aderente dovrà quindi adottare misure interne volte a conferire alle violazioni delle disposizioni del Protocollo carattere penale. L'articolo 22 estende invece la protezione dei beni culturali prevista ai conflitti armati non internazionali, ponendo peraltro una serie di limitazioni a tale estensione. Il Protocollo, infatti, non sarà applicato in caso di semplici sommosse o tensioni, né potrà influire sulla sovranità di uno Stato e la sua responsabilità nel mantenimento dell'ordine pubblico e dell'unità nazionale. Precisa quindi che i successivi articoli da 23 a 29 individuano gli organi preposti all'applicazione del Protocollo e le relative funzioni. Si tratta della riunione delle Parti, Stati firmatari, che sarà convocata contemporaneamente alla Conferenza generale dell'UNESCO, e che sarà competente a discutere qualsiasi problema sull'applicazione del Protocollo e formulare raccomandazioni, nonché per eleggere i membri del Comitato intergovernativo ad hoc che si riunirà annualmente in sessione ordinaria, con la possibilità di convocazioni straordinarie; sarà costituito da dodici Parti, Stati firmatari, scelte in modo da assicurare un'equa rappresentanza delle aree geografiche e culturali mondiali. Si prevede che i membri del Comitato siano eletti per una durata di quattro anni, con una sola possibilità di rinnovo. Osserva che il Comitato, che delibera a maggioranza dei due terzi dei presenti e votanti, oltre alle competenze già delineate, relative all'elenco dei beni culturali sottoposti a «protezione rafforzata», è competente anche per quanto riguarda la redazione delle linee-guida per l'attuazione del Protocollo e per le modalità di utilizzo del Fondo per la Protezione dei Beni Culturali in caso di conflitto armato, appositamente istituito all'articolo 29 e che sarà finalizzato all'assistenza finanziaria degli Stati parte soprattutto nelle attività inerenti alle misure preventive di salvaguardia previste nel Protocollo. I compiti di segretariato inerenti all'attuazione del Protocollo saranno garantiti dal Segretariato dell'UNESCO. Precisa quindi che i rimanenti articoli del Protocollo riguardano la diffusione delle informazioni in merito allo stesso, nonché le forme di cooperazione internazionale in caso di gravi violazioni del Protocollo e di assistenza internazionale per una sua migliore attuazione; assistenza che può essere estesa anche a una parte di un eventuale conflitto che non abbia ratificato il Protocollo ma che ne applichi le previsioni. È inoltre prevista una procedura di conciliazione tra le parti in conflitto, nonché

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l'obbligo per le Parti di presentare al Comitato intergovernativo ad hoc, con cadenza quadriennale, un rapporto sull'adempimento degli obblighi del Protocollo. Tra le clausole finali del Protocollo di menziona anche l'articolo 44 che riguarda l'entrata in vigore accelerata in situazioni di conflitto armato. Aggiunge che anche per quanto riguarda la denuncia del Protocollo, l'articolo 45, fatta salva tale facoltà, prevede che se al momento dell'efficacia della denuncia la Parte interessata fosse coinvolta in un conflitto armato, la sua partecipazione al Protocollo si protrarrà sino alla fine delle ostilità o fino a che l'operazione di rimpatrio dei beni culturali sia completata, in ogni caso attenendosi tra le due possibilità a quella di più lunga durata.
Ricorda quindi che il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica ed esecuzione del II Protocollo relativo alla Convenzione dell'Aja del 1954, consta di 17 articoli, tre dei quali - articoli 1, 2 e 17 - riportano le clausole di rito inerenti la ratifica ed esecuzione del Protocollo in esame, nonché la previsione dell'entrata in vigore della legge il giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale; gli altri articoli sono invece dedicati a norme per l'adattamento dell'ordinamento nazionale. L'articolo 3 detta alcune definizioni mentre l'articolo 4, che più attiene al profilo di competenza della Commissione cultura, individua le norme da applicare al fine della predisposizione delle misure preventive di tutela dei beni culturali. È pertanto stabilita l'applicazione delle: norme vigenti in materia di obbligo di catalogazione dei beni culturali; disposizioni legislative e regolamentari inerenti alla sicurezza e alla prevenzione antincendio; disposizioni organizzative di natura regolamentare del Ministero per i beni e le attività culturali, nelle quali vengono individuate le strutture competenti per la protezione del patrimonio culturale nazionale, cui dovranno far capo anche le attività di salvaguardia dei beni culturali in caso di conflitto armato; norme legislative, regolamentari ed amministrative volte all'individuazione degli enti e strutture competenti in materia di sicurezza e tutela del patrimonio culturale. Evidenzia che all'articolo 5, inoltre, il Ministero per i beni e le attività culturali individua i beni pubblici o privati cui riconoscere i requisiti della «protezione rafforzata» come da articolo 10 del Protocollo, i quali andranno inseriti nell'elenco indicato al successivo articolo 11, paragrafo 1 del Protocollo. Precisa che in tal modo i beni culturali verranno a godere di una tutela rafforzata sulla base della loro estrema importanza per l'intera umanità. Il Ministero per i beni e le attività culturali si dovrà inoltre consultare con il Ministero della Difesa onde escludere, nell'attribuzione a un bene culturale della protezione rafforzata, che esso sia usato per scopi militari o come scudo a postazioni militari e accertare che vi sia stata altresì la prevista dichiarazione che il bene culturale in oggetto non verrà mai utilizzato a tale scopo. Aggiunge che gli articoli da 6 a 14 del disegno di legge introducono una disciplina penale speciale in relazione alle diverse fattispecie di reati militari in danno di beni culturali previste dal Protocollo oggetto di ratifica. Osserva che nell'ordinamento italiano, non esiste una normativa specifica relativa alla protezione dei beni culturali in caso di conflitti armati. Dall'analisi tecnica normativa, infatti, emerge l'assenza nell'ordinamento italiano di una normativa specifica concernente la protezione dei beni culturali in caso di conflitti armati. È invece vigente un'ampia gamma di disposizioni a tutela dei beni culturali, ma che fa riferimento a fatti e attività in territorio nazionale. Aggiunge che il disegno di legge di ratifica introduce, inoltre, sei nuove fattispecie penali in danno di beni culturali, applicabili nel corso di conflitti armati e di missioni internazionali, quali: attacco ad un bene culturale protetto, ai sensi dell'articolo 7; illecito utilizzo di un bene culturale protetto o della zona ad esso circostante a sostegno di un'azione militare, in base al disposto dell'articolo 8; devastazione e il saccheggio di beni culturali protetti, ai sensi dell'articolo 9; impossessamento, appropriazione indebita,

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danneggiamento e distruzione di un bene culturale protetto, secondo quanto stabilito dall'articolo 10; esportazione, rimozione o trasferimento illecito della proprietà di beni culturali protetti, ai sensi dell'articolo 11; nonché alterazione o modificazione arbitraria dell'uso dei beni culturali protetti, in base all'articolo 12.
Precisa ancora che l'articolo 15 prevede una norma di coordinamento che prevede l'applicabilità della legge in esame in deroga alla prevista applicazione del codice penale militare di guerra e, quindi, l'applicabilità di detto codice è salvaguardata soltanto quando esso preveda, a parità di illecito, sanzioni di maggior gravità. Il successivo articolo 16 riguarda la copertura finanziaria del provvedimento, per la quale si autorizza la spesa di 8.980 euro per il 2008, nonché a decorrere dal 2010, mentre l'onere a carico del 2009 è previsto in 4.890 euro. La copertura è rinvenuta a carico dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente, iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, con parziale utilizzazione dell'accantonamento relativo al Ministero degli Affari Esteri. Sottolinea che gli oneri relativi alla copertura finanziaria derivano dalle spese di missione e di viaggio degli esperti del Ministero degli affari Esteri, Ministero per i beni e le attività culturali e Ministero della difesa per la ratifica del protocollo in esame e quindi, come è anche facilmente comprensibile dalle esigue cifre riportate, non riguardano il finanziamento del Fondo per la protezione dei beni culturali previsto all'articolo 29 del protocollo. Ricorda che, in merito al finanziamento del Fondo, è intervenuto al Senato, per alcuni chiarimenti, anche il sottosegretario agli affari esteri Stefania Craxi, la quale ha specificato che il disegno di legge in esame non prevede di stanziare risorse da destinare al citato Fondo, anche se questo non ha escluso che in futuro, quando saranno chiarite le modalità di utilizzo del Fondo stesso, sia possibile destinare contributi da stanziarsi mediante provvedimenti ad hoc oppure contributi una tantum della cooperazione allo sviluppo. Le modalità di utilizzo del Fondo saranno, infatti, stabilite dal Comitato intergovernativo ad hoc istituito dall'articolo 24 del protocollo; in quella sede è stato altresì ricordato che l'articolo 29 del Protocollo specifica che il Fondo in oggetto è volontario e non obbligatorio e il suo utilizzo è esclusivamente finalizzato a permettere assistenza finanziaria e non, sia nella fase di predisposizione delle misure prescritte in tempo di pace, sia per fronteggiare situazioni di emergenza per la protezione dei beni culturali durante o dopo la fine del conflitto armato. In conclusione, sottolinea l'urgenza di autorizzare la ratifica del protocollo in esame da parte dell'Italia, in considerazione anche del suo forte impegno nel campo della tutela dei beni culturali durante le missioni internazionali. Alla luce delle osservazioni emerse, propone quindi di esprimere parere favorevole.

Emerenzio BARBIERI (PdL), segnala che il provvedimento in esame e il successivo all'ordine del giorno, ratificano decisioni assunte da Governi di centrosinistra. Ritiene quindi che non dovrebbero sussistere particolari problemi, per quella parte politica, ad approvare la proposta di parere favorevole del relatore, che condivide.

Valentina APREA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Ratifica della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità e istituzione dell'Osservatorio nazionale.
C. 2121 Governo, approvato dal Senato e abbinata.

(Parere alle Commissioni riunite III e XII).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

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Erica RIVOLTA (LNP), relatore, ricorda che la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, unitamente al suo Protocollo Opzionale è stata adottata il 13 dicembre 2006 durante la 61a sessione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ed è stata aperta per la firma il 30 marzo 2007. Si tratta del primo trattato di ampi contenuti sui diritti umani del 21o secolo, la prima Convenzione sui diritti umani ad essere aperta alla firma di organizzazioni regionali, nonché il primo strumento giuridicamente vincolante riguardo i diritti dei disabili. Fino a quel momento, infatti, alcuni Paesi si erano dotati di strumenti multilaterali per proteggere i diritti dei disabili, ma nessuno con il rango di Convenzione internazionale. Al proposito ricorda che la Dichiarazione sui diritti delle persone disabili, del 1975; il Programma d'Azione mondiale concernente le persone Disabili, del 1981; i Principi per la Tutela delle Persone con malattie mentali e il miglioramento dei Servizi di Salute mentale, del 1991; le Regole sulla equità delle opportunità per persone con disabilità, del 1993, sono stati adottati nell'ambito dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Rileva quindi che la Convenzione è stata negoziata nel corso dell'ottava sessione di una Commissione ad hoc dell'Assemblea generale che ha lavorato sulla questione dal 2002 al 2006 e segna un punto di svolta nell'approccio verso le persone con disabilità. La Convenzione sposta infatti l'ottica tradizionale secondo la quale i disabili erano «oggetti» bisognosi di carità, cure mediche e protezione sociale verso un nuovo modo di considerarli, che li vede «soggetti», capaci di rivendicare i propri diritti e prendere decisioni per la propria vita basate sul consenso libero e informato, e di essere membri attivi della società. La Convenzione è uno strumento per la tutela dei diritti umani che si pone esplicitamente nella dimensione dello sviluppo umano; fornisce un'ampia categorizzazione di persone diversamente abili e riafferma che tutte le persone, quale che sia la loro disabilità, debbono poter godere dei diritti umani e delle libertà fondamentali; chiarisce che tutte le categorie di diritti si applicano alle persone con disabilità e identifica le aree nelle quali può essere necessario intervenire per rendere possibile ed effettiva la fruizione di tali diritti; identifica inoltre le aree nelle quali i diritti sono stati violati e quelle nelle quali la protezione di essi va rafforzata. Sottolinea che scopo della Convenzione non è dunque quello di affermare nuovi diritti umani, ma di stabilire con molta fermezza gli obblighi a carico delle Parti volti a promuovere, tutelare e assicurare i diritti delle persone con disabilità. Al riguardo, la Convenzione, oltre a vietare qualsiasi discriminazione nei confronti delle persone disabili, enumera le molte misure che gli Stati devono adottare per creare un ambiente all'interno del quale esse possano godere di un'effettiva eguaglianza sociale. Sia la Convenzione che il Protocollo opzionale sono entrati in vigore il 3 maggio 2008.
Ricorda quindi che la Convenzione si compone di un Preambolo e di cinquanta articoli. Sottolinea che il punto e) del Preambolo riconosce che la disabilità è un concetto in evoluzione e che essa è il risultato dell'interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali ed ambientali, che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri; conseguentemente, la nozione di «disabilità» non viene fissata una volta per tutte, ma può cambiare a seconda degli ambienti che caratterizzano le diverse società. Aggiunge che l'articolo 1 chiarisce che lo scopo della Convenzione è quello di promuovere, proteggere e garantire il pieno godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità, fornendo anche la definizione di tale categoria: ai fini della Convenzione, sono persone con disabilità coloro che presentano «menomazioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali durature che interagendo con varie barriere possono ostacolare la piena ed effettiva partecipazione nella società». Gli articoli dal 2 al 4 stabiliscono le principali definizioni, i principi generali e gli obblighi che si

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assumono le Parti contraenti. Tra i princìpi della Convenzione, vengono annoverati la dignità, l'autonomia e l'indipendenza delle persone; la non discriminazione; la partecipazione alla vita della società; il rispetto per le differenze; la pari opportunità rispetto ai non disabili; la parità di genere; il rispetto dello sviluppo dei bambini disabili. Aggiunge che l'articolo 4 enumera gli obblighi generali cui sono sottoposte le Parti, primo fra tutti quello di garantire la piena realizzazione di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali per tutte le persone disabili, senza alcuna discriminazione attribuibile alla presenza della disabilità stessa. Precisa che l'obbligo comporta, ad esempio, l'adozione di misure, anche legislative, atte a rendere applicabili i diritti contenuti nella Convenzione, ad abrogare leggi o consuetudini ad essa contrarie, a promuovere la ricerca e lo sviluppo di strumenti e apparecchiature che possano aiutare le persone disabili, a fornire ad esse tutte le informazioni utili circa l'uso di nuove tecnologie al servizio della disabilità. Sono fatte salve le norme più favorevoli per la realizzazione dei diritti delle persone portatrici di handicap eventualmente contenute nella normativa nazionale degli Stati parte. Rileva quindi che gli articoli dal 5 all'8 approfondiscono il concetto di non discriminazione nei suoi vari aspetti, con particolare riguardo alle donne e ai bambini, considerati soggetti ancora più deboli. Le Parti riconoscono inoltre che ogni persona è uguale davanti alla legge, vietano qualunque discriminazione basata sulla disabilità e garantiscono a tutti uguale tutela legale; di particolare rilievo anche l'articolo 8 che impegna le Parti ad adottare misure immediate, campagne pubblicitarie, promozione di programmi scolastici, eccetera, per sensibilizzare la società ed abbattere gli stereotipi di cui spesso le persone disabili sono vittime.
Sottolinea quindi che gli articoli da 9 a 19 ribadiscono in maniera più dettagliata l'uguaglianza rispetto ai vari diritti. Fra di essi quello dell'accessibilità all'ambiente, trasporti, informazione e comunicazione - compresi i sistemi e le tecnologie di informazione e comunicazione - e altre attrezzature e servizi aperti al pubblico, sia nelle aree urbane che nelle aree rurali, che deve essere garantito dagli Stati attraverso l'adozione di tutte le misure necessarie, di cui all'articolo 9. Viene poi riaffermato il diritto alla vita e quello alla protezione nelle situazioni di rischio ed emergenze umanitarie. In tema di riconoscimento della personalità giuridica, l'articolo 12 afferma che le misure relative all'esercizio della capacità giuridica devono rispettare i diritti, la volontà e le preferenze della persona, essere proporzionate e adatte alle condizioni della persona, e che debbono essere applicate per il più breve tempo possibile. Ricorda che gli Stati dovranno assicurare altresì alle persone con disabilità l'effettivo accesso alla giustizia e la tutela dei diritti di libertà e di sicurezza anche attraverso la previsione di adattamenti connessi alla specifica condizione di disabilità, ai sensi degli articoli 13 e 14. Aggiunge che gli articoli 15, 16 e 17 ribadiscono il diritto a non essere sottoposti a tortura, a pene o a trattamenti crudeli o inumani, a sfruttamento, a violenza e a maltrattamenti e il diritto all'integrità personale; mentre i successivi articoli 18, 19 e 20 sanciscono il diritto delle persone diversamente abili alla libertà di cittadinanza e di residenza, anche attraverso adeguate misure che assicurino la massima indipendenza o mobilità. Aggiunge che la libertà di opinione e di accesso alle informazioni è garantita dall'articolo 21 mentre gli articoli 22 e 23 garantiscono il diritto alla privacy e a non subire restrizioni nella propria vita affettiva e sessuale, nonché a creare una propria famiglia assumendo liberamente le proprie responsabilità in merito alla generazione e all'educazione dei figli. In tema di istruzione, l'articolo 24 prevede invece l'integrazione scolastica a tutti i livelli anche attraverso efficaci misure di supporto calibrato sulle esigenze individuali che possano garantire il progresso scolastico e la socializzazione; le Parti assicureranno che le persone con disabilità possano avere accesso all'istruzione post-secondaria, alla formazione professionale

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e ai sistemi di apprendimento lungo tutto l'arco della vita. È riconosciuto dall'articolo 25 il diritto di godere della migliore condizione di salute possibile, senza discriminazioni basate sulla disabilità, anche attraverso interventi e servizi volti a ridurre al minimo e a prevenire ulteriori disabilità; l'articolo 27 prevede invece il diritto al lavoro, su basi di parità con gli altri, ad esempio attraverso la costruzione di un mercato del lavoro che abbia le caratteristiche necessarie a garantire l'inclusione e l'accessibilità delle persone con disabilità. Ricorda quindi che le Parti riconoscono altresì il diritto ad un adeguato standard di vita e di protezione sociale che comprende la possibilità di fruire di alloggi adeguati, di servizi e di assistenza ritagliati sulle necessità dei disabili, nonché l'assistenza economica per le spese derivanti dalla presenza della disabilità in caso di indigenza , di cui all'articolo 28. Ai sensi dell'articolo 29, le Parti devono inoltre assicurare l'uguaglianza nella partecipazione alla vita politica e pubblica, compreso dunque l'esercizio del diritto di voto, la possibilità di candidarsi alle elezioni e di svolgere funzioni pubbliche a qualunque livello di responsabilità. Ricorda ancora che l'articolo 30 promuove la partecipazione alla vita culturale, ricreativa ed alle attività sportive, assicurando la diffusione di programmi televisivi, film, materiale culturale in forme adatte, rendendo accessibili teatri, musei, cinema e librerie e garantendo alle persone disabili l'opportunità di sviluppare e utilizzare il proprio potenziale creativo.
Osserva quindi che gli altri articoli richiamano strumenti e procedure attraverso cui dare attuazione alla Convenzione. In particolare l'articolo 31 prevede che gli Stati curino la raccolta di informazioni, compresi dati statistici, utili alla formulazione e all'attuazione di politiche per le persone con disabilità; l'articolo 32, stabilisce che le Parti forniscono assistenza ai Paesi in via di sviluppo nei loro sforzi di attuare la Convenzione, sia nei rapporti reciproci, sia attraverso la cooperazione e anche nell'ambito di partenariati con le organizzazioni internazionali. Per assicurare l'attuazione e il monitoraggio della Convenzione, le Parti designeranno uno o più punti di contatto e creeranno un meccanismo nazionale di coordinamento incaricato di facilitare le azioni legate all'applicazione della Convenzione stessa, in base all'articolo 33. Aggiunge che gli articoli da 34 a 39 riguardano l'istituzione e le funzioni del Comitato sui diritti delle persone con disabilità formato da non più di 18 esperti di alta moralità designati dagli Stati ed eletti sulla base dei principi di equa ripartizione geografica, della rappresentanza delle diverse forme di civiltà e dei principali sistemi giuridici, della rappresentanza bilanciata di genere e della partecipazione di esperti con disabilità. Entro due anni dalla data della sua entrata in vigore, ciascuna Parte presenterà al Comitato un dettagliato rapporto sulle misure adottate per dare attuazione alla Commissione; il Comitato esaminerà i rapporti, formulando eventuali suggerimenti e raccomandazioni di carattere generale, che saranno restituiti allo Stato interessato. Sottolinea ancora che l'articolo 40 prevede la riunione periodica della Conferenza degli Stati Parte che esamina le questioni relative all'applicazione della Convenzione, prevedendo che la prima riunione della Conferenza sia convocata dal Segretario generale dell'ONU entro sei mesi dall'entrata in vigore della Convenzione. Gli articoli da 41 a 50 contengono invece le clausole finali riguardanti la ratifica, l'entrata in vigore, le procedure per emendare il testo della Convenzione e per la denuncia. Sottolinea ancora che in base all'articolo 42 alla Convenzione possono aderire anche le Organizzazioni di integrazione regionale che, come specificato nell'articolo 44, sono le organizzazioni costituite da Stati sovrani appartenenti ad una medesima area regionale, a cui gli Stati membri hanno trasferito competenze sulle questioni regolate dalla Convenzione. Precisa quindi che il Protocollo Opzionale alla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità è composto di 18 articoli e riguarda le procedure per il ricorso in caso di violazione dei

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diritti stabiliti dalla Convenzione stessa. Il Protocollo opzionale riconosce la competenza del Comitato per i diritti delle persone con disabilità a ricevere ed esaminare comunicazioni da o in rappresentanza di individui o gruppi di individui che ritengano di essere vittime di violazioni delle disposizioni della Convenzione da parte dello Stato.
Ricorda infine che il disegno di legge di ratifica C. 2121 del Governo, adottato come testo base dalle Commissioni competenti in sede referente e già approvato dal Senato, consta di 4 articoli. L'articolo 1 contiene l'autorizzazione alla ratifica della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo opzionale, mentre l'articolo 2 contiene l'ordine di esecuzione; il successivo articolo 3 prevede al comma 1 l'istituzione dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, in attuazione dei principi sanciti dalla Convenzione sui diritti delle persone con disabilità e dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104, al fine di favorire la piena integrazione delle persone con disabilità. L'Osservatorio, secondo quanto stabilito dal comma 2, è presieduto dal Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali ed è composto al massimo da quaranta membri, nel rispetto del principio di pari opportunità tra donne e uomini. Il comma 3 del medesimo articolo prevede invece che, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, sia emanato un regolamento del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, riguardante la composizione, l'organizzazione e il funzionamento dell'Osservatorio. In particolare, in tale Osservatorio devono essere rappresentate le amministrazioni centrali che si occupano di politiche per la disabilità, le regioni, le province autonome, le autonomie locali, gli Istituti di previdenza, l'Istituto nazionale di statistica, le organizzazioni dei lavoratori, dei pensionati e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative, le associazioni nazionali dei portatori di handicap e le organizzazioni del terzo settore operanti nel campo della disabilità. Si prevede da ultimo che il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali integri la composizione dell'Osservatorio - che ai sensi del comma 4 resa in carica tre anni - con la nomina al massimo di cinque esperti di comprovata esperienza nel campo della disabilità. Si stabilisce inoltre che tre mesi prima della scadenza del mandato, l'Osservatorio presenti una relazione sull'attività svolta al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, che, a sua volta, la invia alla Presidenza del Consiglio dei ministri, ai fini della valutazione congiunta della perdurante utilità dell'organismo e dell'eventuale proroga della durata. Sottolinea quindi che si prevede che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, la durata in carica dell'Osservatorio può essere prorogata per un ulteriore periodo, comunque non superiore a tre anni. Tale procedura è valida anche per le successive proroghe. Il comma 5 demanda invece all'Osservatorio i compiti di promuovere l'attuazione della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità ed elaborare il rapporto dettagliato, ai sensi dell'articolo 35 della Convenzione medesima, sulle misure prese per renderne efficaci gli obblighi nonché sui progressi conseguiti, in raccordo con il Comitato interministeriale dei diritti umani; predisporre un programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità, in attuazione della legislazione nazionale e internazionale; promuovere la raccolta di dati statistici che illustrino la condizione delle persone con disabilità; predisporre la relazione sulla stato di attuazione delle politiche sulla disabilità, prevista dall'articolo 41, comma 8, della citata legge n. 104 del 1992; promuovere la realizzazione di studi e ricerche che possano contribuire ad individuare aree prioritarie verso cui indirizzare azioni e interventi per la promozione dei diritti delle persone con disabilità. Il comma 6

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autorizza, per il funzionamento dell'Organo, uno stanziamento annuo di 500.000 euro per gli anni dal 2009 al 2014.
Ricorda quindi che alla copertura dell'onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa al Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n. 328, legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali. Il comma 7 dell'articolo in commento precisa che il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio; il successivo comma 8 dispone invece la modifica del comma 8 dell'articolo 41 della legge n. 104 del 1992, ai sensi del quale il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, entro il 15 aprile di ogni anno, presenta una relazione al Parlamento sui dati relativi allo stato di attuazione delle politiche per l'handicap in Italia nonché sugli indirizzi che intende seguire. La modifica proposta è diretta a prevedere che la presentazione della suddetta relazione avvenga non più annualmente, ma ogni due anni. Ricorda che l'articolo 4 prevede infine l'entrata in vigore del provvedimento per il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Osserva quindi che il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica presentato al Senato era accompagnato da una relazione tecnica, da un'analisi tecnico-normativa (ATN) e da un'analisi sull'impatto della regolamentazione (AIR). La relazione tecnica riconduce l'onere dell'attuazione del provvedimento, 500mila euro annui a decorrere dal 2009, al funzionamento dell'Osservatorio. Più precisamente, la relazione ipotizza l'impiego di 105mila euro annui per spese di missione nazionali dovute alla partecipazione alle riunioni dell'Osservatorio; di 95mila euro annui per ausili per persone sorde e cieche che partecipino alle riunioni dell'Osservatorio; 300mila euro annui per effettuare studi, ricerche ed indagini statistiche sulla disabilità. L'ATN fornisce un'ampia e dettagliata analisi del quadro normativo nel quale il provvedimento s'inserisce senza problemi di incompatibilità alcuna.
Si riserva in conclusione di presentare una proposta di parere nel seguito dell'esame.

Valentina APREA, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 11.55.

ATTI DEL GOVERNO

Martedì 17 febbraio 2009. - Presidenza del presidente Valentina APREA.

La seduta comincia alle 11.55.

Proposta di nomina del professor Giuliano Amato a Presidente dell'Istituto Enciclopedia italiana.
Nomina n. 32.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame della proposta di nomina all'ordine del giorno.

Emerenzio BARBIERI (PdL), relatore, ricorda che le qualità e il curriculum del professor Amato sono note a tutti, senza che sia bisogno che le ricordi. Preannuncia peraltro che, anche alla luce delle polemiche registratesi negli ultimi giorni nel corso dell'esame della proposta di nomina in esame presso l'omologa Commissione del Senato, si riserva di presentare una proposta di parere sulla nomina in oggetto dopo aver ascoltato attentamente le posizioni degli altri colleghi.

Valentina APREA, presidente, preannuncia il proprio voto convintamente favorevole sulla proposta di nomina in esame, ritenendo che bene ha fatto il Governo a proporre il professor Amato quale presidente dell'Istituto enciclopedia italiana.

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Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 12.

AUDIZIONI INFORMALI

Martedì 17 febbraio 2009.

Audizione informale di rappresentanti di associazioni di docenti e di esperti del settore, nell'ambito dell'esame delle proposte di legge C. 953 Aprea, adottata come testo base, e abbinate, recanti: «Norme per l'autogoverno delle istituzioni scolastiche e la libertà di scelta educativa delle famiglie, nonché per la riforma dello stato giuridico dei docenti».

L'audizione informale è stata svolta dalle 12 alle 13.40 e dalle 13.50 alle 14.30

SEDE CONSULTIVA

Martedì 17 febbraio 2009. - Presidenza del presidente Valentina APREA.

La seduta comincia alle 13.40.

DL 207/08 Proroga termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti.
C. 2198 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alle Commissioni riunite I e V).
(Seguito dell'esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in esame, rinviato nella seduta antimeridiana della Commissione.

Manuela GHIZZONI (PD), preannuncia, anche a nome dei deputati del proprio gruppo, che non parteciperà all'esame e alla votazione della proposta di parere presentata dal relatore sull'importante provvedimento in calendario. Rileva che si registra ancora una volta una indebita accelerazione del Governo su un progetto di legge così complesso che meritava ben altri tempi di esame. Ricorda d'altra parte che nelle Commissioni di merito i relatori hanno espresso parere contrario su tutti gli emendamenti presentati da deputati del suo gruppo, dimostrando una netta chiusura a qualsiasi tipo di dialogo che giustifica ancora di più la decisione di non partecipare al voto.

Pierfelice ZAZZERA (IdV), preannuncia che anche il proprio gruppo non parteciperà ai lavori della Commissione sul provvedimento in esame, ritenendo necessario che il Parlamento sia rispettato e non sia trattato invece come lo zerbino del Governo. Anche i componenti della maggioranza dovrebbero pretendere tale rispetto, rilevando che procedere all'esame di importanti provvedimenti in tempi molto ristretti è in contrasto con un'impostazione che tende a valorizzare le funzioni della Commissione e di questo ramo del Parlamento.

Valentina APREA, presidente, invita il collega Zazzera a non utilizzare espressioni improprie. Sottolinea che eventuali obiezioni siano da rappresentare ai rispettivi rappresentanti di gruppo che partecipano alle decisioni assunte nella Conferenza dei presidenti dei gruppi.

Emerenzio BARBIERI (PdL), intende solo ricordare al collega Zazzera che se ci fosse stata la dovuta presenza dei suoi colleghi della minoranza allo svolgimento della relazione del presidente Aprea ci si sarebbe accorti di molti elementi di merito del provvedimento, sui quali essere d'accordo. Assumere posizioni pregiudizievolmente contrarie, è invece assolutamente sbagliato, come pure non partecipare ai lavori della Commissione piuttosto di discutere sostanzialmente dei provvedimenti. Preannuncia, quindi, anche a nome dei deputati del gruppo cui appartiene, il voto favorevole sulla proposta di parere del relatore.

Luisa CAPITANIO SANTOLINI (UdC), ricorda che «per principio» il gruppo cui

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appartiene tende ad assicurare la propria presenza ai lavori parlamentari, poiché si ritiene doveroso discutere i provvedimenti nel merito anche quando si è fermamente contrari. Ritiene comunque un fatto grave che l'Assemblea proceda senza assicurare alle Commissioni di merito tempi adeguati di esame, dato che si tratta di un provvedimento importante che non può essere trattato così velocemente. Preannuncia quindi, anche a nome dei deputati del proprio gruppo, il voto contrario sulla proposta di parere presentata.

Paola GOISIS (LNP), sottolinea che il proprio gruppo considera positivamente il provvedimento in esame, anche perché il Governo ha assicurato che le criticità emerse verranno comunque successivamente risolte. Preannuncia quindi, anche a nome dei deputati del proprio gruppo, il voto favorevole sulla proposta di parere presentata.

Benedetto Fabio GRANATA (PdL), si associa alle considerazioni svolte dal collega Barbieri, preannunciando il voto favorevole sulla proposta di parere presentata.

La Commissione approva quindi la proposta di parere favorevole del relatore.

La seduta termina alle 13.50.