CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 5 febbraio 2009
133.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
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UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 10 alle 10.05

SEDE REFERENTE

Giovedì 5 febbraio 2009. - Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO.

La seduta comincia alle 10.05

Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali.
C. 1415 Governo, C. 406 Contento, C. 1510 Tenaglia, C. 1555 Vietti, C. 290 Jannone e C. 1977 Bernardini.

(Seguito esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 29 gennaio 2009.

Giulia BONGIORNO, presidente e relatore, comunica di aver ritirato tutti gli emendamenti da lei presentati. Avverte altresì che sono stati presentati subemendamenti (vedi allegato) agli emendamenti del Governo (vedi allegato al Bollettino delle Giunte e delle Commissioni del 29 gennaio 2009). Fa presente che il Governo ha oggi presentato il subemendamento 0.4.600.200, il cui contenuto è volto a correggere un mero errore formale (vedi allegato). Inoltre, il gruppo dell'UDC ha ritirato gli emendamenti 3.37, 3.36, 3.39, 3.38, 4.14, 4.16, 4.18, 4.19, 4.17, 4.15, 5.24, 5.19 e 13.6 presentati da deputati del gruppo. Avverte infine che l'onorevole Ida D'Ippolito Vitale ha apposto la propria firma all'articolo aggiuntivo Sisto 2.02.

Luigi VITALI (PdL), nell'illustrare i suoi subemendamenti agli emendamenti del Governo, rileva preliminarmente come sul tema delle intercettazioni tutti sostanzialmente concordino sul fatto che tale strumento di ricerca della prova sia utile soprattutto per svolgere indagini su reati particolarmente gravi e che, in ogni caso, le indagini non si possano fondare esclusivamente sulle intercettazioni, poiché sussistono delle inderogabili esigenze di tutela della privacy e, più in generale, della persona. È inoltre a tutti noto come le

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spesa per le intercettazioni sia assolutamente esorbitante, sproporzionata e inutile rispetto ai risultati conseguiti e come le intercettazioni siano state oggetto di abusi, anche in considerazione del fatto che la normativa vigente è stata superata da una interpretazione giurisprudenziale estensiva. Occorre pertanto ridefinirne la disciplina, per impedire, tra l'altro, la illecita divulgazione soprattutto delle notizie relative a soggetti non indagati.
Ciò premesso, preannuncia il suo voto favorevole sugli emendamenti e sul disegno di legge del Governo, pur esprimendo talune perplessità che, a suo parere, rendono preferibile l'originaria formulazione del testo governativo. Ritiene, in particolare, migliore la prima formulazione del Governo che, sui limiti di ammissibilità, aveva riguardo al tetto dei dieci anni, con l'individuazione degli specifici reati per i quali sarebbe stato comunque possibile disporre delle intercettazioni anche al di sotto di quella soglia edittale. Tale norma è stata poi interpretata in modo strumentale, sostenendo erroneamente che non sarebbe stato più possibile disporre le intercettazioni per i reati contro la pubblica amministrazione. In realtà questo non è del tutto esatto poiché, in base a quella originaria formulazione, ad esempio, peculato e concussione sarebbero stati intercettabili. Si è raggiunta quindi una mediazione che ha condotto alla formulazione degli emendamenti governativi oggi all'esame della Commissione i quali, peraltro, pongono due ordini di difficoltà. Secondo la nuova formulazione delle norme che prevedono i presupposti per l'intercettazione, si ritorna allo stesso limite dei cinque anni di pena previsto dalla disciplina vigente, ma è necessaria anche la sussistenza di «gravi indizi di colpevolezza». Tale ultima previsione rende sostanzialmente molto più difficile disporre le intercettazioni e, comunque, potrebbe innescare i meccanismi di interpretazione estensiva tipici della giurisprudenza del nostro Paese, con conseguente elusione dei limiti previsti dalla nuova normativa. Pur augurandosi di essere smentito dai fatti, ritiene che si tratti di una normativa peggiore del male che si intende risolvere. Una normativa in grado di accontentare solo una parte dell'opinione pubblica.
Manifesta inoltre forti perplessità sul passaggio della competenza ad autorizzare le intercettazioni dal giudice monocratico al giudice collegiale. Per quanto sia condivisibile l'intento di prevedere tutte le cautele possibili quando si tratti di adottare provvedimenti limitativi della libertà e della privacy, tuttavia, la decisione che debba essere il giudice collegiale a disporre le intercettazioni determinerà verosimilmente carichi di lavoro eccezionali per i tribunali competenti, oltre che seri problemi di incompatibilità. Inoltre, poiché l'autorizzazione alle intercettazioni potrà essere concessa quando sussistano gravi indizi di colpevolezza, anziché gravi indizi di reato, si corre il rischio di favorire il formarsi di una giurisprudenza elaborata appositamente per aggirare questo ostacolo, con la conseguenza che la colpevolezza potrebbe essere poi data per acquisita una volta autorizzata l'intercettazione. Si potrebbero quindi creare dei precedenti idonei ad influenzare le decisioni relative alle autorizzazioni per la custodia cautelare, nel senso che la valutazione del giudice collegiale che ha consentito di autorizzare l'intercettazione potrebbe poi essere utilizzata da un diverso giudice, in questo caso il giudice per le indagini preliminari, per disporre una misura cautelare.
Ricorda infine di avere presentato un subemendamento volto a superare l'anomalia in base alla quale, oggi, il pubblico ministero decide quando iscrivere nel registro degli indagati la persona sottoposta ad indagine. Ritiene in particolare che, anche per rendere certo il dies a quo e la complessiva durata delle indagini, sia necessario prevedere che la predetta iscrizione sia obbligatoria.

Alfonso PAPA (PdL) manifesta la sua forte delusione per i temi, i contenuti e le modalità del dibattito sinora svoltosi in materia di intercettazioni, pur chiarendo che la sua posizione sarà comunque conforme a quella del gruppo al momento

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della votazione sul disegno di legge in esame. Il Ministro della giustizia ha più volte evidenziato le preoccupanti statistiche che riguardano le intercettazioni nel nostro Paese, sia sotto il profilo della spesa, sia sotto quello del numero esorbitante di intercettazioni disposte. A fronte dell'enucleazione di questo, che è uno dei più gravi problemi che riguardano l'utilizzo delle intercettazioni, ritiene singolare che il dibattito parlamentare si sia ridotto ad una superficiale elencazione di reati da includere o escludere dalla lista dei reati intercettabili, senza peraltro alcun riferimento alle esperienze di altri Paesi.
Sottolinea quindi come il dato più allarmante sia rappresentato dalla evidente incapacità del sistema di superare talune evidenti patologie. Le intercettazioni, da mezzo di ricerca della prova, si siano trasformate in mezzo di ricerca del reato, in un contesto dove sembra non esistere una reale possibilità di contenere o vanificare i numerosi fenomeni patologici venuti alla ribalta in relazione ad eclatanti fatti di cronaca. Ricorda altresì che i costi delle intercettazioni ammontano a quasi il 50 per cento delle spese complessive relative alla giustizia e che un eventuale limite di budget, per essere realmente efficace, non può non associarsi ad interventi che incidano sul principio dell'obbligatorietà dell'azione penale.
Se quella appena descritta è la reale cornice all'interno della quale occorrerebbe intervenire per riportare alla normalità l'utilizzo delle intercettazioni, appare evidente come sia sostanzialmente inutile intervenire su un aumento o una riduzione dei limiti e dei presupposti delle intercettazioni, con conseguente inutilità anche di tutto il dibattito che ne deriva.
Sottolinea quindi come molti esponenti anche della maggioranza auspichino un ripensamento del Governo ed evidenzia come le osservazioni dell'onorevole Vitali siano del tutto condivisibili, soprattutto quelle che concernono l'obbligo di iscrizione nel registro degli indagati e l'individuazione del giudice collegiale quale giudice competente ad autorizzare le intercettazioni. Rileva, d'altra parte, come dall'opposizione, che spesso è parsa arroccata su posizioni corporative e di scarsa disponibilità al dialogo, non sia giunto un significativo contributo al dibattito sul tema delle intercettazioni.
Ritiene, conclusivamente, che la disciplina in esame difficilmente potrà risolvere le patologie e le deviazioni che affliggono l'utilizzo delle intercettazioni nel nostro Paese: tale disciplina può essere considerata come un minimo, stentato inizio. Pur ribadendo la sua adesione alla posizione del gruppo, all'interno del quale peraltro non è stato possibile partecipare ad alcun dibattito e confronto sul tema in questione, auspica tuttavia che si possa, nel prosieguo dell'esame parlamentare, intervenire sui problemi concreti e sui punti nodali, prendendo atto della attuale incapacità del sistema di attribuire cogenza ad adeguate forme di controllo.

Manlio CONTENTO (PdL) evidenzia innanzitutto la singolarità del punto di vista da cui muove la riforma sulle intercettazioni, dal momento che il Governo ed il Parlamento sembrano costretti a ridurre i reati e le modalità relative allo svolgimento del mezzo di ricerca della prova allo scopo di scongiurare la illecita pubblicazione dei contenuti delle intercettazioni medesime. Ribadisce, però, la necessità di perseguire una riforma che limiti l'eccessivo ricorso alle intercettazioni, nonché la illecita pubblicazione dei contenuti, e ciò in perfetta sintonia con le intenzioni del Governo e della maggioranza. Prendendo spunto dai colleghi precedentemente intervenuti, dichiara che intende segnalare alla Commissione, al Governo ed alla maggioranza in particolare alcune incongruenze che risultano dalla predisposizione del testo risultante dagli emendamenti presentati dall'esecutivo.
Sottolinea la necessità di una profonda riflessione, per evitare che un frettoloso conseguimento degli obiettivi della riforma vanifichi la lotta alla criminalità, che è un punto di riferimento della maggioranza che sostiene il Governo. Si riferisce quindi ai numerosi trattati internazionali che in più occasioni hanno dimostrato l'efficacia

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dell'utilizzo di strumenti tecnologici per la lotta contro le forme più gravi di criminalità ed il rischio di conseguenze negative anche nel rapporto di cooperazione con gli altri Paesi partecipi dei medesimi accordi. Sotto il profilo tecnico evidenzia come la prima questione sia da riferire alle riprese visive. Stando al testo attuale non vi sarebbe alcuna differenziazione tra la disciplina delle riprese visive con captazione delle conversazioni e quella delle riprese non captative. Manifesta perplessità in merito a questa mancata distinzione, dal momento che se anche per le semplici riprese visive fossero necessari i gravi indizi di colpevolezza, ciò escluderebbe il ricorso a detto strumento anche in moltissimi casi in cui oggi vi si fa ricorso, con grande utilità per lo svolgimento delle indagini. Evidenzia, inoltre, come mentre per le intercettazioni vi sia un preciso riferimento costituzionale nell'articolo 15 della Costituzione, altrettanto non si possa dire in relazione alle riprese visive e, in particolare, a quelle concernenti i luoghi pubblici o aperti al pubblico. Fa riferimento sia al caso in cui si svolgano manifestazioni pubbliche che rischiano di mettere a repentaglio la pubblica incolumità (cita, a titolo esemplificativo, i noti fatti svoltisi a Genova in occasione della riunione del G8) sia ai reati contro la pubblica amministrazione, dove il filmato effettuato dalle forze di Polizia ha consentito di provare direttamente l'atto illecito compiuto.
Per quanto concerne, poi, la lotta al terrorismo, ricorda come in diverse indagini svolte in altri Paesi e di livello internazionale sia rilevantissima la documentazione visiva degli incontri tra persone sospettate, poiché attraverso di essa si può raggiungere l'identificazione dei partecipanti e quindi dare impulso ulteriore alle indagini in corso. Ribadisce, ancora, che alla luce di queste considerazioni è bene che la Commissione eviti che una giusta limitazione alla fuga di notizie possa tradursi in una irragionevole limitazione delle indagini.
Dove però, a suo dire, la questione appare davvero delicata è con riferimento alle indagini concernenti i reati di mafia e di terrorismo. In tal caso, correttamente, il Governo ha distinto tra i gravi indizi di colpevolezza e i sufficienti indizi di reato, richiedendo l'esistenza solo di questi ultimi proprio in relazione alle intercettazioni riferite alla criminalità organizzata. Rileva quindi l'esigenza di coordinare tale prospettiva con il nuovo articolo 266, ultimo comma, del codice di procedura penale, relativo alle cosiddette intercettazioni ambientali. Tale differenziazione, che si augura sia il frutto proprio di un mancato coordinamento, rischierebbe infatti di escludere un mezzo di ricerca della prova determinante per la lotta a queste gravi fattispecie di reato. Invita quindi il Governo e la maggioranza ad una profonda riflessione, dal momento che tali mezzi investigativi sono risultati importanti anche nella lotta al terrorismo riferibile al fondamentalismo islamico, ad esempio attraverso intercettazioni svolte tra persone all'interno di appartamenti o comunque in luoghi non aperti al pubblico. Ritiene sostanzialmente irragionevole rinunciare, nella lotta alla criminalità, a questi strumenti estremamente utili e che potrebbero suggerire anche qualche dubbio di costituzionalità in relazione ad un trattamento differenziato, nonostante l'analogia di fondo delle situazioni di fatto con riferimento alla captazione dei colloqui tra presenti.
Ribadisce, infine, che proprio perché il Governo e la maggioranza di centro-destra hanno sempre indicato tra gli obiettivi di sicurezza la lotta senza quartiere alla criminalità organizzata e al terrorismo, il rilievo dovrebbe essere accolto all'interno della stessa maggioranza proprio per ragioni di coerenza politica.

Giulia BONGIORNO, presidente e relatore, dichiara, con particolare riferimento alle intercettazioni ambientali, di condividere le preoccupazioni manifestate dall'onorevole Contento in merito al rischio di una riduzione degli strumenti di indagine per i reati di mafia e terrorismo, rispetto a quelli previsti dalla normativa vigente. A tale proposito osserva che dall'impianto

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del disegno di legge del Governo risulta invece chiara l'intenzione, attraverso un sistema di cosiddetto «doppio binario», di garantire strumenti adeguati alla lotta alla criminalità organizzata ed al terrorismo.

Lanfranco TENAGLIA (PD) ricorda come fosse stato opportunamente previsto che nella seduta odierna si passasse alla fase dell'esame e della votazione dei singoli emendamenti, nel corso della quale il gruppo del Partito democratico avrebbe potuto manifestare ed argomentare la sua totale contrarietà nei confronti del provvedimento in esame e degli emendamenti del Governo. Rileva, inoltre, che i precedenti interventi di autorevoli esponenti della maggioranza hanno evidenziato dissensi radicali ed insanabili nei confronti del testo del Governo, dimostrando come su tale provvedimento la maggioranza in realtà non sia compatta e come l'accordo tanto pubblicizzato sulla stampa in realtà non esista.
Stigmatizza quindi l'assenza del Governo dalla presente seduta, rilevando come invece, in una simile situazione, sia assolutamente necessaria la presenza del Governo, che dovrebbe chiarire la sua posizione in merito alle profonde ragioni di dissenso oggi emerse nel corso del dibattito. Chiede quindi che la seduta sia sospesa finché alla stessa non partecipi un rappresentante del Governo, preannunciando, in difetto, l'abbandono dei lavori della Commissione da parte del gruppo del Partito democratico.

Giulia BONGIORNO, presidente e relatore, comunica che il rappresentante del Governo che avrebbe dovuto seguire oggi i lavori della Commissione è impossibilitato a partecipare alla seduta, poiché attualmente impegnato al Senato, dove è in corso di esame in Assemblea il disegno di legge sulla sicurezza per il suo voto finale. Ciò formalmente non impedisce alla Commissione di proseguire nei lavori.

Michele Giuseppe VIETTI (UdC) ritiene sostanzialmente condivisibile l'osservazione dell'onorevole Tenaglia e rileva che, a prescindere da questioni formali, dopo gli interventi di alcuni esponenti di maggioranza in forte dissenso rispetto alla linea del Governo, la presenza in seduta di quest'ultimo appaia indispensabile per chiarire come valutare le predette posizioni. Si associa quindi alla richiesta di sospensione della seduta finché alla stessa non sia presente il Governo, preannunciando, in difetto, l'abbandono dei lavori della Commissione anche del gruppo dell'UdC.

Alfonso PAPA (PdL) ribadisce di avere chiaramente preannunciato la sua adesione alla posizione del gruppo del Popolo delle Libertà sul testo in esame. Fa presente di aver inteso arricchire il dibattito, nel contesto di quella che dovrebbe essere la fisiologica dialettica parlamentare, senza che sia mai stato posto in dubbio il suo voto favorevole sul provvedimento e sugli emendamenti del Governo.

Luigi VITALI (PdL) nel ribadire quanto affermato nel suo precedente intervento chiarisce, ove mai ve ne sia bisogno, che il suo voto sul provvedimento in esame sarà favorevole. Nel replicare all'onorevole Tenaglia, fa presente che la maggioranza è compatta e pronta, se ciò vuole l'opposizione, ad approvare nella giornata odierna l'intero disegno di legge. Rivolge quindi all'onorevole Tenaglia l'invito a lavorare proficuamente per la redazione del miglior testo possibile, piuttosto che contribuire alla estremizzazione del confronto fra maggioranza e opposizione.

Antonino LO PRESTI (PdL) invita a non confondere il fisiologico confronto e la dialettica parlamentare, funzionali al miglioramento del testo, con la compattezza della maggioranza. Ritiene doveroso dare spazio alla discussione in questa fase dell'esame del provvedimento in attesa di conoscere la posizione del Governo sui rilievi emersi nel corso della discussione medesima. Sarà comunque il Governo a dire l'ultima parola, con il pieno appoggio della maggioranza. Ritiene conclusivamente

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che i lavori della Commissione non debbano essere sospesi, poiché in questa fase non è indispensabile la presenza del Governo.

Antonio DI PIETRO (IdV) condivide le osservazioni dell'onorevole Tenaglia e si associa alla richiesta di sospensione della seduta in mancanza di un rappresentante del Governo.

Anna ROSSOMANDO (PD) insiste perché la seduta sia sospesa, dal momento che i rilievi emersi dal dibattito rendono necessario un confronto immediato e diretto alla presenza del Governo. Esprime quindi apprezzamento per gli interventi dei colleghi della maggioranza, che hanno significativamente arricchito il dibattito sul tema delle intercettazioni, consentendo alla Commissione di dimostrare la propria autonomia e di svolgere nel modo migliore la sua funzione.

Donatella FERRANTI (PD) insiste sulla necessità che la seduta sia sospesa per l'assenza del Governo, rilevando come non sia la prima volta che il sottosegretario Caliendo appaia prediligere i lavori del Senato. Sottolinea infatti come in questa seduta la presenza del Governo sia assolutamente essenziale, poiché il Governo dovrà tenere adeguatamente conto degli esiti del dibattito al fine dell'espressione dei pareri. Evidenzia come l'opposizione si sia sempre comportata in modo leale e senza pregiudizi, anche se rileva una certa contraddittorietà nel comportamento di una parte della maggioranza che, da un lato solleva rilievi fortemente critici nei confronti del testo governativo e, dall'altro, preannuncia il voto favorevole sul disegno di legge. Ritiene che se un dibattito costruttivo vi deve essere, da ambo le parti occorre discutere senza pregiudizi. Solo così si potrà arrivare ad un testo efficace di riforma. Auspica quindi che il Presidente informi il Ministro sulla particolare delicatezza delle sedute che si stanno svolgendo in questi giorni presso la Commissione Giustizia e, quindi, sulla assoluta necessità di una attiva presenza del Governo.

Luca Rodolfo PAOLINI (LNP) intervenendo a titolo personale, ritiene necessario l'intervento del Governo, poiché è evidente che vari aspetti della disciplina in esame debbano essere chiariti alla sua presenza.

Enrico COSTA (PdL) ritiene che non debbano essere sovrapposte le argomentazioni che attengono a due aspetti completamente diversi: da un lato, il dibattito sul merito del provvedimento e, dall'altro, la compattezza della maggioranza. Non vede ostacoli alla prosecuzione degli interventi sul complesso degli emendamenti ed auspica che l'opposizione non voglia sottrarsi a questo dibattito. In un secondo momento il Governo potrà intervenire per esprimere le sue valutazioni sui rilievi emersi nel corso della discussione e per rendere i pareri sulle proposte emendative.

Giulia BONGIORNO, presidente e relatore, ribadisce che, anche in assenza del Governo, la Commissione può proseguire i suoi lavori, purché non si passi alla fase di espressione dei pareri. Tuttavia, comprende che le richieste dei gruppi di opposizione hanno una valenza politica, che non intende discutere, quale Presidente della Commissione. Per tale ragione, ritiene che la Commissione possa oggi proseguire i propri lavori per consentire ai deputati, che vi abbiano interesse, di intervenire sia pure in assenza del Governo. Per quanto attiene invece ai deputati che ritengono di abbandonare la seduta per ragioni politiche, assicura che a costoro sarà data la possibilità di intervenire nella prossima seduta per illustrare le proposte emendative alla presenza del rappresentante del Governo. Solo quando si concluderà tale fase si passerà a quella della espressione dei pareri sugli emendamenti, nonché a quella successiva della loro votazione.

Lanfranco TENAGLIA (PD) non condivide la decisione del Presidente Bongiorno, ritenendo che la presenza del Governo sia

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necessaria per chiarire la posizione della maggioranza, che oggi è apparsa fortemente divisa.

Michele Giuseppe VIETTI (UdC) ritiene che la decisione del Presidente sia irrituale e che, in seguito all'abbandono dei lavori da parte dei deputati dell'opposizione, nonché in assenza del Governo, la Commissione si troverebbe a non operare nel pieno dei suoi poteri.

Giulia BONGIORNO, presidente e relatore, ribadisce che la Commissione agisce nel pieno dei suoi poteri anche in assenza del Governo e nonostante la scelta politica dei gruppi di opposizione di abbandonare la seduta.

(I deputati dei gruppi PD, IdV e UdC abbandonano la seduta)

Deborah BERGAMINI (PdL) esprime rammarico per l'abbandono dei lavori della Commissione da parte di quasi tutti i deputati dell'opposizione, anche perché sarebbe utile che anche costoro ascoltassero il suo intervento, volto a descrivere la terribile esperienza di chi come lei ha subito in prima persona l'ingiustizia di essere arbitrariamente sottoposta ad intercettazioni, nell'ambito di una inchiesta alla quale era ed è completamente estranea. Sottolinea di non essere ancora oggi in grado di sapere per quale motivo le sue conversazioni siano state intercettate e che, ciò nonostante, gli stralci di tali conversazioni, irrilevanti ai fini del processo, ma riguardanti la sua vita privata, sono giunti alle redazioni di tutti i quotidiani e sono state strumentalmente pubblicate dal quotidiano «La Repubblica». Dopo aver descritto quale grave violazione della privacy e quale danno all'immagine ciò abbia comportato, oltre alla perdita del posto di lavoro, esprime l'auspicio che la disciplina in esame abbia l'obiettivo di evitare che casi del genere si ripetano. Ritiene, conclusivamente, che di fronte a violazioni dei diritti fondamentali di tale gravità occorra rispondere non con pacatezza, ma con estrema decisione.

Francesco Paolo SISTO (PdL) ritiene opportuno che ciascuno, sia nella maggioranza che nell'opposizione, apporti il proprio contributo ad un dialogo costruttivo, soprattutto in considerazione del fatto che tutti concordano sull'esigenza di tutelare maggiormente il cittadino dall'abuso o, comunque, dall'uso strumentale delle intercettazioni. Particolarmente odioso e, quindi, da sradicare appare il fenomeno delle «sanzioni mediatiche»: sanzioni anticipate, eccentriche rispetto al principio di legalità e indipendenti da un giudizio di responsabilità. Fa quindi presente che i suoi emendamenti si collocano in tale contesto e sono pertanto volti a contrastare i cosiddetti «processi mediatici», tramite il divieto di esposizione dei nomi dei magistrati. Occorre, segnatamente, tutelare il «diritto dei non colpevoli» a non vedersi intercettati ed esposti alla gogna mediatica.

Pierluigi MANTINI (PD) rileva come l'odierno dibattito sia molto rilevante, poiché esalta l'autonomia dei singoli parlamentari, della Commissione Giustizia e del Parlamento nel suo complesso, anche per la serietà delle argomentazioni prospettate. Ritiene che la presenza del Governo sia assolutamente necessaria, trattandosi di un provvedimento la cui istruttoria è in fase molto avanzata e, quindi, prossima alla fase di votazione degli emendamenti. Da un lato, auspica che la richiesta di sospensione dei lavori non sia intesa in senso polemico ma, dall'altro, osserva che richiamare la maggioranza alla compattezza non è il modo più serio per approfondire il dibattito. È evidente che ciascun membro della Commissione abbia il dovere di dare il proprio apporto per migliorare il testo.
Esprime condivisione per le osservazioni ed i subemendamenti dell'onorevole Contento relativi alle intercettazioni ambientali ed alla impropria equiparazione fra riprese visive captative e non captative. Esprime altresì condivisione per le perplessità espresse dall'onorevole Vitali in merito alla scelta del giudice collegiale, quale giudice competente per autorizzare

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le intercettazioni, nonché in ordine all'individuazione dei «gravi indizi di colpevolezza» quale presupposto per disporre le intercettazioni. Ritiene, infatti, che tali scelte possano comportare dei riflessi più generali sul sistema penale, determinando una sorta di travisamento dell'istituto delle intercettazioni.
Sottolinea come il Partito democratico si sia opposto a tali aspetti della disciplina e ad ulteriori aspetti, quale quello della estrema brevità dei termini delle operazioni di intercettazione e della eccessiva estensione della segregazione degli atti di indagine, ricordando che gli emendamenti presentati dal suo gruppo sostanzialmente si ispirano al testo sulle intercettazioni approvato dalla Camera nella precedente legislatura. Evidenzia, infine, come la disciplina in esame non risolva il problema della stampa e, in particolare, la patologica equiparazione nell'opinione pubblica tra avviso di garanzia e sentenza definitiva.

Rita BERNARDINI (PD) ritiene che la richiesta di sospensione avanzata dai gruppi di opposizione avrebbe dovuto essere posta in votazione. Sottolinea infatti che non è sufficiente che il Governo legga i resoconti sommari di questa seduta, occorrendo invece la sua presenza. Ricorda quindi di avere più volte evidenziato la necessità che, anche delle sedute in sede referente delle Commissioni, sia redatto un resoconto stenografico, da pubblicare anche sul sito Internet della Camera. L'utilità di una simile forma di una pubblicità dei lavori delle Commissioni emerge chiaramente dagli accadimenti odierni.

Giulia BONGIORNO, presidente, nel replicare all'onorevole Bernardini, rileva che l'organizzazione del lavori della Commissione spetta all'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nonché al Presidente, ove non si raggiunga il quorum prescritto dal Regolamento. Nel caso in esame, evidenzia di avere assunto le proprie decisioni dopo avere sentito i rappresentanti dei gruppi in Commissione, in conformità della ratio delle disposizioni regolamentari in materia di organizzazione dei lavori della Commissione.
Quanto alla questione della resocontazione stenografica dei lavori della Commissione, ricorda come questa, proprio su richiesta dall'onorevole Bernardini, sia stata in passato da lei prospettata, insieme al Presidente della Commissione Affari costituzionali, onorevole Donato Bruno, al Presidente della Camera. In quell'occasione, questi ha rappresentato come la questione delle forme di pubblicità delle sedute in sede referente abbia una rilevanza regolamentare e come, per prevedere la resocontazione stenografica delle relative sedute, occorra una modifica regolamentare.
Nessun altro chiedendo di intervenire rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 11.45