CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 29 gennaio 2009
128.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (I e XI)
COMUNICATO

TESTO AGGIORNATO AL 10 FEBBRAIO 2009

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SEDE REFERENTE

Giovedì 29 gennaio 2009. - Presidenza del presidente della I Commissione Donato BRUNO. - Interviene il ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione Renato Brunetta.

La seduta comincia alle 11.40.

Delega al Governo finalizzata all'ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni.
C. 2031 Governo, approvato dal Senato.

(Seguito dell'esame e rinvio).

Le Commissioni proseguono l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 27 gennaio 2009.

Donato BRUNO, presidente, ricorda che nella giornata di ieri si sono svolte, sul provvedimento in esame, le audizioni informali dei professori Dente, Cammelli e Pizzoferrato, nonché di rappresentanti della CIDA, della CONFEDIR, della COSMED, della CGIL, della CISL, della UIL e dell'UGL. Gli auditi hanno depositato memorie e relazioni, che sono in distribuzione.
Quindi, dopo aver ricordato che gli uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni avevano deliberato di chiedere al Consiglio di presidenza della Corte dei conti, al Procuratore generale presso la Corte e all'Associazione magistrati della Corte stessa le rispettive considerazioni - o le integrazioni alle considerazioni già trasmesse - in relazione al provvedimento in esame, comunica che, in seguito a tale richiesta, il Procuratore generale presso la Corte dei conti, Furio Pasqualucci, ha inviato le proprie osservazioni, mentre il Presidente dell'Associazione magistrati della Corte stessa, Carlo Alberto Manfredi Selvaggi, ha trasmesso, con due distinte lettere, sia le considerazioni dell'Associazione sia alcune proposte emendative da sottoporre ai membri delle Commissioni. Tale materiale è in distribuzione.
Comunica inoltre che molti dei numerosi deputati che si erano inizialmente iscritti a parlare hanno ritirato l'iscrizione in modo che la discussione di carattere generale potesse procedere in modo piano e concludersi entro la giornata di oggi.

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Giuseppe CALDERISI (PdL), premesso che non si dilungherà sulle ragioni della riforma della pubblica amministrazione, che sono note, si limita a ricordare come tale riforma sia essenziale: una pubblica amministrazione efficiente è infatti condizione indispensabile perché l'economia italiana sia competitiva sui mercati mondiali. La pubblica amministrazione italiana soffre ancora oggi di una grave inefficienza, nonostante le riforme degli anni '90, le quali non hanno dato i risultati sperati.
Prima di riflettere sulle cause dell'insuccesso delle riforme passate, intende però porre una questione politica. Ricorda che al Senato il Partito democratico ha contribuito a modificare il testo in senso migliorativo, sulla base di una posizione unitaria, ha votato a favore dei primi quattro articoli, pur mantenendo alcune riserve su determinati aspetti, e si è astenuto nella votazione finale. Si tratta di un fatto politicamente importante che segnala il riconoscimento del valore positivo del provvedimento da parte del principale gruppo di opposizione. Alla Camera, invece, il Partito democratico ha espresso posizioni fortemente critiche sul testo trasmesso dal Senato, a partire, per di più, da posizioni opposte: l'una, d'ispirazione CGIL, vorrebbe un testo meno riformista, più conservatore; l'altra lo ritiene invece timido e lo vorrebbe ancor più radicale.
Invita pertanto il Partito democratico ad un chiarimento delle proprie posizioni, aggiungendo che, se la proposta è quella di modificare il testo nel senso di renderlo ancor più incisivo e riformatore, la sua parte politica è disponibile al dialogo; se, viceversa, la volontà è quella di circoscrivere la portata della riforma e di arretrare rispetto al testo del Senato, la posizione della maggioranza è di assoluta preclusione. In questo senso devono intendersi le parole del deputato Cazzola, il quale nella precedente seduta ha parlato del testo del Senato come di una «linea del Piave».
Quanto al merito del provvedimento, osserva innanzitutto che le riforme fin qui intervenute non hanno funzionato perché hanno cercato di introdurre nella pubblica amministrazione elementi propri dell'organizzazione aziendale trascurando il fatto decisivo - ben noto agli studiosi e sottolineato sia dal ministro Brunetta che dal senatore Ichino - che la pubblica amministrazione è fuori dal mercato. Si tratta quindi di creare meccanismi di compensazione dell'assenza di mercato, i quali, partendo dal riconoscimento di questo dato di fatto, tendano a incentivare i comportamenti virtuosi e a scoraggiare quelli viziosi. Ebbene, il provvedimento in esame tende per l'appunto a questo, a compensare l'assenza di mercato nella pubblica amministrazione. Un altro dato caratteristico della pubblica amministrazione, e del quale il testo in esame tiene conto, è che la dirigenza pubblica non è autonoma: i suoi obiettivi li stabilisce la classe politica.
Premesso poi che si soffermerà, in via esemplificativa, soltanto su alcuni dei punti nei quali il testo potrebbe essere modificato nel senso di una riforma ancor più coraggiosa, segnala innanzitutto l'articolo 2, comma 2, lettera a), dove, con riferimento alla delimitazione degli ambiti della disciplina del rapporto di lavoro pubblico riservati rispettivamente alla contrattazione collettiva e alla legge, viene stabilito il principio per cui dovrà comunque essere riservata alla contrattazione collettiva «la determinazione dei diritti e delle obbligazioni direttamente pertinenti al rapporto di lavoro». Si chiede, al riguardo, cosa debba intendersi per diritti: la mobilità, per esempio, è un diritto? Lo è la progressione di carriera? A suo avviso andrebbe precisato qual è l'ambito dei diritti e quale quello delle obbligazioni.
Segnala quindi l'articolo 2, comma 2, lettera e), nel quale si fa riferimento alla giusta esigenza di individuare criteri per la fissazione di vincoli alla contrattazione collettiva al fine di assicurare il rispetto dei vincoli di bilancio, anche mediante limiti massimi di spesa ovvero limiti minimi e massimi di spesa. A suo avviso, lo stesso principio dovrebbe essere valido per la contrattazione integrativa.
Quanto alla lettera f) del medesimo comma, ritiene che essa rechi una formulazione

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debole: sarebbe meglio prevedere che la contrattazione integrativa sia subordinata, per le risorse, alla contrattazione collettiva nazionale. Sarebbe altresì bene che questa non disperdesse le risorse a pioggia ma le concentrasse sulle amministrazioni virtuose e sui dipendenti meritevoli.
Con riferimento al n. 4) della lettera h), ricorda che, in conseguenza della attuale molteplicità di comparti e aree di contrattazione, esistono oggi ben venticinque diverse normative contrattuali, con relative classificazioni del personale e sistemi di progressione economica e di carriera, il che è un serio ostacolo alla mobilità del personale.
Sarebbe poi giusto, a suo parere, che i distacchi sindacali fossero a spese non della pubblica amministrazione, come avviene oggi, ma dei sindacati, come accade nel privato. Si dovrebbe inoltre stabilire l'incompatibilità dell'iscrizione ad un sindacato con l'incarico di direzione degli uffici del personale, onde evitare commistioni di ruoli che impediscono una dialettica seria tra amministrazioni e sindacati.
Quanto all'idea di istituire, nell'ambito dell'ARAN, un organismo preposto alle questioni della valutazione, osserva che non si capisce per quale ragione tale organismo dovrebbe essere costituito all'interno dell'ARAN, la quale si occupa di altro: meglio sarebbe costituire tale organismo in posizione autonoma, anche per rimarcare l'importanza della valutazione.
In materia di valutazione, poi, ricorda che la valutazione del personale effettuata dal dirigente non ha oggi alcun rilievo nella pubblica amministrazione, il che nel privato sarebbe impensabile. Occorre invece valorizzare la funzione valutativa del dirigente ai fini dell'attuazione dei meccanismi di premialità, superando l'attuale sistema in cui, di fatto, le progressioni economiche e di carriera dipendono interamente dalla contrattazione.
Quanto alla vicedirigenza, è dell'avviso che o la si fa seriamente oppure vi si rinuncia. Occorre prevedere, ad esempio, la vicedirigenza solo per coloro che sono entrati con concorso che prevedeva la laurea e che esercitano effettivamente la funzione; diversamente, se la vicedirigenza deve essere un puro titolo di status, meglio che non esista.
In conclusione, quelli evidenziati sono solo alcuni dei punti sui quali si potrebbe intervenire al fine di rendere il testo in esame ancor più coraggiosamente riformista. Se su modifiche di questo tipo o su altre simili vi fosse l'appoggio dell'opposizione, con relativa assunzione di responsabilità, come al Senato, il Governo dovrebbe, a suo parere, riflettere sulla possibilità di rivedere il testo, fermo restando che ciò dovrebbe comunque avvenire in tempi ristretti; diversamente, è meglio che il testo rimanga quello approvato dal Senato.

Pierguido VANALLI (LNP) esprime un giudizio favorevole sul provvedimento nel suo complesso. La pubblica amministrazione è oggi considerata, forse non a torto, inefficiente e costosa, e la sua riforma è quindi necessaria. Certo, si tratterà di vedere in che modo i principi e criteri direttivi della delega saranno esercitati in concreto. In ogni caso, è indispensabile restituire alla pubblica amministrazione l'autorevolezza perduta, perché oggi i cittadini guardano ad essa con diffidenza e scetticismo e non sentono di essere ben serviti e curati nei propri interessi. Va peraltro detto che occorre distinguere, nella pubblica amministrazione, tra comparto e comparto, tra i diversi livelli di governo e tra le diverse aree del Paese. È senz'altro necessario un intervento drastico e coraggioso, ma sarebbe bene che fosse anche mirato alle sacche di inefficienza. Occorrerà, inoltre, che i decreti attuativi intervengano per snellire le procedure, la cui complessità e farraginosità è causa di inefficienze anche da parte di quelle amministrazioni i cui dipendenti lavorano con zelo e scrupolo. È essenziale, in ogni caso, che il controllo sulla pubblica amministrazione sia mantenuto dalla classe politica, dal momento che solo questa risponde ai cittadini. Servono poi norme chiare, leggibili, univoche: il cittadino

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deve poter comprendere la norma senza l'ausilio di esperti. Quanto alle sanzioni disciplinari, servono procedure che rendano effettivamente possibile l'azione disciplinare, che di fatto oggi non esiste se non nei casi talmente gravi che si instaura anche l'azione penale. In conclusione, una riforma è senz'altro necessaria, l'orientamento della delega è condivisibile, ma per un giudizio effettivo occorrerà attendere i decreti attuativi. È comunque convinto che il Governo ed il ministro Brunetta porteranno a termine il compito nel modo migliore.

Giuseppe CALDERISI (PdL), ad integrazione dell'intervento già svolto, ricorda brevemente un altro problema che andrebbe risolto: le riforme del 1993 hanno previsto che la legge in materia di pubblico impiego possa essere derogata in alcuni ambiti dalla contrattazione. Doveva essere una norma a carattere temporaneo, ma di fatto è rimasta nell'ordinamento. È potuto quindi accadere che riforme importanti decise in passato dal legislatore in alcuni settori dell'amministrazione, e pensa in particolare all'istruzione, siano state di fatto vanificate dalla contrattazione. È oggi necessario sancire il principio che la legge prevale sulla contrattazione collettiva salvo il caso in cui non permetta espressamente alla contrattazione collettiva di derogarle, e non che possa derogare sempre alla legge salvo che questa lo escluda espressamente.

Salvatore VASSALLO (PD), nell'esprimere, in premessa, considerazioni di natura generale sull'impianto complessivo del provvedimento, auspica che dall'esame della Camera dei deputati possa emergere un giudizio di sostanziale favore rispetto ai primi quattro articoli del disegno di legge delega, ricalcando in tal modo l'andamento della discussione svoltasi al Senato in un clima di leale collaborazione tra gli schieramenti politici.
Ritiene tuttavia che il testo presenti ancora alcuni elementi di criticità - già sottolineati da alcuni esperti della materia auditi in via informale nella giornata di ieri - che devono essere messi in evidenza al fine di un loro efficace superamento. Dopo aver evidenziato l'esigenza di definire con maggiore puntualità gli ambiti della disciplina del rapporto di lavoro pubblico riservati alla contrattazione collettiva e alla legge, si sofferma diffusamente sugli articoli 9 e 3 del provvedimento, esprimendo profonde perplessità sulle disposizioni concernenti la Corte dei conti e sui principi in materia di valutazione delle strutture e del personale.
Quanto al primo punto, sottolinea come l'articolo 9 rechi norme incidenti sull'organizzazione interna della Corte dei conti e sul suo rapporto con il Parlamento ed il Governo che presentano un contenuto di dubbia legittimità costituzionale. Nel precisare preliminarmente che questioni di tale portata andrebbero affrontate con un provvedimento ad hoc, ritiene grave che si attribuisca alla Corte dei conti la possibilità di effettuare controlli - dietro richiesta del Consiglio dei ministri - su gestioni politiche in corso di svolgimento, anche alla luce del fatto che, secondo quanto previsto nella normativa in esame, il Governo avrebbe il potere di discostarsi dai rilievi formulati dalla stessa Corte: si verrebbe così a configurare una indebita commistione di ruoli tra controllato e controllante, che potrebbe dar luogo ad un'alterazione dei principi democratici.
Ritiene inoltre di rilevare uno svuotamento del ruolo del Consiglio di presidenza, suscettibile di alterare il principio di indipendenza della Corte dei conti, là dove nell'articolato si prevede un eccessivo accentramento di funzioni in capo al suo presidente, ossia ad un soggetto di fatto di nomina governativa. Preannuncia pertanto, su tale aspetto, che ritiene in contrasto con i principi costituzionali, la presentazione di emendamenti soppressivi o comunque modificativi.
Quanto alle questioni poste dall'articolo 3 del provvedimento in ordine ai sistemi di valutazione, ritiene che le disposizioni ivi recate siano di difficile applicazione pratica, considerato il basso livello di competenze in materia attualmente diffuso nell'ambito della pubblica amministrazione,

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rispetto al quale sarebbe opportuno che il Governo si attivasse per promuovere lo svolgimento delle necessarie attività di formazione.
Nel sottolineare l'esigenza di meglio specificare le modalità con cui valutare le performance dei singoli dipendenti pubblici, verificando nel caso anche l'ipotesi di eliminare dal testo tale problematico aspetto, esprime perplessità sul ruolo dell'organismo centrale previsto al comma 2, lettera f), dell'articolo 3, nutrendo seri dubbi sulla sua capacità di rimanere indipendente - nello svolgimento del suo compito di coordinare, indirizzare e sovrintendere all'esercizio delle funzioni di valutazione - rispetto ai soggetti che dirigono le singole amministrazioni e che esercitano le relative attività di verifica del rendimento dei dipendenti nell'ambito dei rispettivi comparti. In proposito, riterrebbe opportuno definire in modo più puntuale il collegamento tra tale organismo e gli altri soggetti incaricati di svolgere tali funzioni di valutazione, considerando altresì l'ipotesi di configurare un organo diverso - un'agenzia, per esempio - dotato di maggiore autonomia.
Si interroga infine sulle possibili interferenze tra l'attività di tale organismo centrale ed il CNEL, incaricato, secondo l'attuale formulazione dell'articolo 8, di redigere una relazione annuale al Parlamento e al Governo sui livelli e la qualità dei servizi erogati dalle pubbliche amministrazioni.

Anna Maria BERNINI BOVICELLI (PdL) ritiene di condividere lo spirito di ammodernamento contenuto nelle disposizioni del provvedimento in esame, che, proseguendo un percorso legislativo di innovazione iniziato negli anni '90, mira ad una riforma complessiva della pubblica amministrazione finalizzata a rendere più efficiente e trasparente la sua azione, a vantaggio dell'utenza pubblica. Ritiene sia condivisibile l'auspicio espresso dal relatore di confermare, per quanto possibile, il valido lavoro svolto al Senato su tale disegno di legge, che seppur ancora migliorabile, presenta, già nella sua attuale formulazione, contenuti di grande novità. Nel riconoscere che la sostanziale convergenza tra lavoro pubblico e privato, avvenuta nel corso degli anni '90, ha prodotto effetti distorsivi, conseguenti all'introduzione di istituti prettamente privatistici in un contesto pubblico connotato da caratteristiche e meccanismi differenti, si sofferma sul comma 2, dell'articolo 6, nel quale, alla lettera o), si prevede l'abolizione dei collegi arbitrali di disciplina, vietando espressamente di istituirli in sede di contrattazione collettiva. Ritiene che tale decisione vada in una direzione contraria alla tendenza in atto da tempo sia nel campo del processo del lavoro che in quello del processo civile, dove il legislatore ha inteso introdurre modelli extragiudiziali di composizione delle controversie, quali l'arbitrato e la conciliazione - nell'ambito dei quali è data ampia rappresentanza al lavoratore e al datore di lavoro ed è garantita la presenza di un soggetto terzo - con finalità di deflazione del contenzioso. Nonostante riconosca la natura eccessivamente strutturata e formale assunta nel nostro ordinamento da tali modalità extragiudiziali di risoluzione delle controversie, ritiene di non condividere in pieno la scelta di una loro totale esclusione dalla contrattazione collettiva, pur comprendendo le ragioni che sono alla base di una simile scelta, da individuarsi principalmente nei costi economici e burocratici di tali organismi. Sottolineata l'opportunità di superare le obiezioni concernenti la composizione di tali comitati, ipotizzando la costituzione di collegi monocratici, assecondando in tal modo una tendenza in atto da tempo nel nostro sistema giuridico, invita a riflettere sull'opportunità di implementare - più che ridimensionare - tali modelli extragiudiziali, che risultano essere graditi anche agli stessi lavoratori, vista la possibilità loro riconosciuta di ottenere una sospensione dell'applicazione della sanzione irrogata.

Teresio DELFINO (UdC), nell'esprimere l'auspicio che l'esame del provvedimento alla Camera dei deputati non si riduca ad

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un mero atto formale, ma si sviluppi attraverso un leale confronto tra maggioranza ed opposizione che sia in grado arricchirlo di contenuti, riservatosi inoltre di valutare successivamente l'effettiva corrispondenza tra i decreti attuativi e i principi espressi nella legge di delegazione, dichiara di condividere l'intento riformatore perseguito dall'Esecutivo volto all'ammodernamento della pubblica amministrazione, pur ritenendo di non poter sottacere talune incongruità presenti nel testo, che potrebbero, a suo avviso, fornire un'immagine distorta del pubblico impiego. Dopo aver rinviato all'esame degli emendamenti per una definizione più puntuale delle questioni in campo, si sofferma sulla necessità di meglio specificare l'ambito di applicazione delle disposizioni recate dall'articolo 9, che incidono sull'organizzazione della Corte dei conti, esprimendo altresì perplessità sull'articolo 2, in materia di contrattazione collettiva ed integrativa, laddove ritiene di individuare l'opportunità di una migliore specificazione degli ambiti di competenza riservati alla legge e alla contrattazione, che tenga conto con maggiore flessibilità delle caratteristiche peculiari dei vari comparti della pubblica amministrazione. Ritiene che una eccessiva dilatazione della sfera di competenza del legislatore possa porre i presupposti di un trattamento discriminante nei confronti dei dipendenti pubblici, che già potrebbero essere penalizzati dall'esecuzione dell'accordo quadro raggiunto tra le parti sociali sulla riforma del modello contrattuale, giudicato infatti suscettibile di determinare disuguaglianze tra il settore privato e quello pubblico.
Pur ritenendo condivisibile la finalità perseguita dal provvedimento di rafforzare il ruolo del datore di lavoro pubblico, riconoscendone l'autonomia e, allo stesso tempo, responsabilizzandolo, in una linea di continuità con il percorso normativo intrapreso negli ultimi anni per distinguere il piano dell'indirizzo politico da quello della gestione amministrativa - cita, in proposito, i cosiddetti «decreti Bassanini» - sottolinea l'esigenza di definire con maggiore puntualità, soprattutto con riferimento agli enti locali, gli ambiti nei quali il dirigente possa essere richiamato alla coerente attuazione dell'indirizzo politico, che deve avvenire comunque sempre nel rispetto della sua sfera di autonomia.
Esprime perplessità sull'articolo 7 del provvedimento, che reca una norma interpretativa secondo la quale la vicedirigenza può essere istituita e disciplinata esclusivamente ad opera e nell'ambito della contrattazione collettiva nazionale del comprato di riferimento, che ha facoltà di introdurre una specifica previsione al riguardo. Nel ritenere che tale disposizione sia in controtendenza rispetto al grado di autonomia riconosciuto a livello contrattuale, per esempio, ai quadri intermedi, preannuncia sul tema la presentazione di emendamenti.
Dopo aver dichiarato di non essere pregiudizialmente contrario all'avvio di una riflessione sul numero di dirigenti pubblici ritenuti in esubero rispetto alle reali esigenze della pubblica amministrazione, valutate altresì positivamente le disposizioni del provvedimento che tendono ad una erogazione mirata del trattamento economico accessorio ai dirigenti pubblici, che sia cioè legata al raggiungimento di obiettivi prefissati, ed evidenziata la necessità di prevedere premi incentivanti a tutto il personale, sottolinea l'esigenza di valorizzare l'autonomia decisionale del datore di lavoro pubblico in materia di organizzazione del personale e valutazione del rendimento dei dipendenti, compatibilmente con le risorse finanziarie a disposizione.

Beatrice LORENZIN (PdL) esprime il proprio apprezzamento al ministro per il lavoro da lui svolto, che corona una lunga fase di riforme della pubblica amministrazione, avviata negli anni '90, e scioglie in modo deciso e coraggioso alcuni nodi che erano rimasti irrisolti e che hanno prodotto danni per i cittadini. Il problema principale, in materia di organizzazione della pubblica amministrazione, è quello della mancanza di mercato. Anche là dove il mercato è stato introdotto, per esempio

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attraverso le esternalizzazioni di parte del lavoro, i risultati non sono stati soddisfacenti, né dal punto di vista delle prestazioni, né da quello del risparmio di spesa. Quel che è finora mancato, a suo parere, è la precisa imputazione delle responsabilità con conseguente applicazione di sanzioni. È mancato inoltre il controllo di gestione, che è il cardine del sistema di mercato. In quest'ottica può ritenersi che l'intervento previsto dal provvedimento in esame, unitamente all'introduzione dello spoil system e del controllo di gestione - quest'ultimo previsto dal decreto-legge n. 112 del 2008 - ponga le premesse per una effettiva riforma della pubblica amministrazione, per effetto della quale sia possibile verificare le prestazioni, valutare il personale e premiarlo o sanzionarlo di conseguenza. La valutazione del personale, soprattutto, è importante, e attribuire funzioni in questo campo all'ARAN è un modo per rivitalizzare l'Agenzia, che è un organo oggi sclerotizzato. Lo spoil system è un cardine della riforma perché, com'è noto, le riforme Bassanini hanno reso impossibile per i politici incidere effettivamente sulla dirigenza. È invece necessario e indispensabile che la politica possa stabilire la linea d'azione e rimuovere i dirigenti che se ne discostino. Era necessario però anche valorizzare la dirigenza, e il provvedimento in esame tende appunto a questo, attraverso il sistema della premialità e del merito. Quanto alla valutazione individuale, non si tratta, a suo parere, di un'utopia, ma di un obiettivo non solo raggiungibile, ma importante.
Alla deputata Lanzillotta, che ha evidenziato il rischio di un conflitto di competenza con le regioni, ricorda che la Conferenza Stato-regioni ha lungamente dibattuto sul provvedimento esprimendo infine un parere favorevole. A suo avviso, il confronto in sede di Conferenza Stato-regioni è essenziale perché, se si procede di comune accordo con le regioni, le difficoltà attuative della riforma potranno essere agevolmente superate.
Rileva, infine, che l'articolo 2, comma 2, lettera h), n. 5), che prevede la modificazione, in coerenza con il settore privato, della durata dei contratti al fine di ridurre i tempi e i ritardi dei rinnovi e di far coincidere il periodo di regolamentazione giuridica con quello di regolamentazione economica, rappresenta una risposta politica alla questione della discrepanza nei trattamenti contrattuali e alla degenerazione del ricorso al lavoro precario nella pubblica amministrazione.

Sesa AMICI (PD) dà atto che il dibattito è stato ampio ed ha permesso di chiarire le posizioni di ciascuno. Al deputato Calderisi, che ha chiesto se sussistono le condizioni perché il Partito democratico si comporti alla Camera come al Senato, risponde che non spetta a lei decidere su questo punto. Constata però che si è instaurato un confronto effettivo sul merito delle questioni per capire che cosa serve davvero oggi per una pubblica amministrazione efficiente in funzione dello sviluppo e della competitività del Paese. Occorre quindi che il Governo chiarisca se sia disponibile a modifiche al provvedimento, necessarie anche per correggere gli errori contenuti nel testo del Senato, e pensa innanzitutto al riferimento ai «primari ospedalieri».
Ciò premesso, ricorda che si è passati nei decenni da una concezione della pubblica amministrazione come mera burocrazia applicatrice delle norme ad una concezione della pubblica amministrazione come responsabile dell'attuazione della decisione politica. Il profilo riformista va però declinato rispetto agli obiettivi che si vuole perseguire. Va chiarito che il dirigente non può essere considerato parte datoriale. Deve avere altri compiti e funzioni. Certo occorre valutare il merito, ma le audizioni informali di ieri hanno aiutato a capire che la valutazione non può essere effettuata dal dirigente, perché questo equivarrebbe a toglierle oggettività e a rimetterla alla discrezionalità di un soggetto particolare. Occorre un sistema di valutazione basato su parametri oggettivi.
Quanto al testo trasmesso dal Senato, il suo gruppo non intende riaprire una discussione astratta sui principi generali, ma constata anche che la delega ha un

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carattere in larga misura generico. Occorrerà vedere in che modo il Governo intenda dare attuazione agli indirizzi in essa contenuti. Fin d'ora però può dire che la riforma dovrà evitare di guardare ancora una volta alla pubblica amministrazione come ad una «sacca di consenso» elettorale. Per questo l'articolo 7, in materia di vicedirigenza, dovrebbe a suo parere essere soppresso. Occorre inoltre evitare che la legge torni a essere vincolo rigido per la contrattazione collettiva, perché questo sarebbe un passo indietro.
Rileva, infine, che l'articolo 9, relativo alla Corte dei conti, è del tutto estraneo al contenuto del provvedimento e invita il Governo e la maggioranza ad espungerlo dal testo, non essendo ammissibile procedere alla riforma di un organo di autogoverno mediante una legge delega: si tratta infatti di un punto di rilevanza costituzionale che dovrebbe essere oggetto di una riflessione approfondita e separata.

David FAVIA (IdV) osserva che il provvedimento in esame, pur contenendo punti in parte condivisibili, presenta profili di grave problematicità all'articolo 9, che reca norme sulla Corte dei conti. Si tratta di un articolo che dichiara di non condividere, e che oltretutto è sostanzialmente estraneo al contenuto del disegno di legge in esame, sul quale si è espresso in modo critico anche il Procuratore generale presso la stessa Corte dei conti. Dichiarando di condividere al riguardo le osservazioni svolte dal deputato Amici, invita le Commissioni a riflettere sull'opportunità di modificarne radicalmente il contenuto.

Il ministro Renato BRUNETTA, intervenendo in sede di replica, fa preliminarmente presente di avere esaminato tutto il materiale relativo all'esame del provvedimento in oggetto, compreso i contributi trasmessi dai soggetti auditi nella seduta svoltasi ieri, scusandosi per non avervi potuto prendere parte.
Rileva come tutto il dibattito si sia svolto in un contesto di serietà e pacatezza, diversamente dalla dialettica vivace ancorché costruttiva che ha caratterizzato l'esame che ha avuto luogo presso il Senato.
Il provvedimento in esame è stato presentato al Parlamento nello scorso mese di luglio 2008 e, nel frattempo, è maturata una nuova coscienza civile all'interno del Paese che ha permesso di anticipare l'applicazione delle norme che sono all'esame delle Commissioni. Infatti, la grave crisi economica che sta colpendo anche il nostro Paese ha di fatto conferito precise responsabilità in capo a coloro che lavorano nella pubblica amministrazione che, liberi da preoccupazioni collegate alla sopravvivenza del loro rapporto di lavoro, stanno assumendo una funzione di sviluppo e traino del Paese.
D'altra parte i risultati raggiunti negli ultimi sei mesi sono di pubblico dominio. Cita al riguardo i dati relativi al tasso di assenza per malattia dei dipendenti pubblici, diminuito nell'ordine del 40 per cento circa.
A contribuire alla maturazione di questa nuova coscienza civile sta soprattutto l'operazione di trasparenza dell'azione amministrativa, già iniziata nel corso della passata legislatura dal Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione pro tempore Nicolais, interrottasi per la conclusione anticipata della legislatura stessa. Si riferisce alla pubblicazione delle spese per le consulenze così come ai dati relativi ai distacchi sindacali.
Il Paese, cioè, sembra più avanti del Parlamento, avendo già metabolizzato molti dei principi contenuti nel disegno di legge in esame: per questa ragione è importante concluderne l'esame bene e rapidamente, senza perdere lo spirito di condivisione che ha informato tutto il dibattito fin qui svoltosi, in modo da non deludere le aspettative che sono maturate nel Paese.
Ricorda che il 22 gennaio scorso è stato concluso un accordo sul nuovo modello contrattuale: la parte relativa al pubblico impiego può considerarsi direttamente ispirato al provvedimento in esame, del quale recepisce i punti più qualificanti.

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Si sofferma quindi sulle modalità attraverso le quali saranno predisposti i decreti legislativi. Al riguardo fa presente che verrà assicurata la massima partecipazione attraverso la consultazione del più alto numero possibile di soggetti interessati, quali ad esempio sindacati, dirigenti, dipartimenti universitari, dei quali saranno pubblicati i contributi forniti. Il momento della consultazione diventerà quindi un passaggio informale all'interno del procedimento legislativo. Al Parlamento poi sarà assicurato un ruolo preminente, come del resto previsto dalla legge.
Conclude ringraziando le Commissioni per il lavoro svolto, auspicando che i decreti legislativi possano entrare in vigore già a partire dalla prossima estate.

Donato BRUNO, presidente, ricorda che, su richiesta di numerosi gruppi, il termine per la presentazione degli emendamenti, inizialmente previsto alle ore 12 di lunedì 2 febbraio 2009 è posticipato alle ore 16 dello stesso giorno. Ricorda inoltre che la votazione degli emendamenti avrà luogo nella giornata di martedì 3 febbraio 2009, a partire dalle ore 10.30, al fine di consentire alle Commissioni competenti in sede consultiva di esprimere il prescritto parere nella successiva giornata di mercoledì 4 febbraio ed a queste Commissioni di deliberare il conferimento del mandato al relatore giovedì 5 febbraio. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 13.30.