CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 13 gennaio 2009
120.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
COMUNICATO
Pag. 29

SEDE REFERENTE

Martedì 13 gennaio 2009. - Presidenza del presidente Stefano STEFANI. - Interviene il sottosegretario di Stato per gli affari esteri Vincenzo Scotti.

La seduta comincia alle 14.05.

Ratifica Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione Italia-Libia, fatto a Bengasi il 30 agosto 2008.
C. 2041 Governo.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Stefano STEFANI, presidente, avverte che, essendone stata fatta richiesta, il termine per la presentazione degli emendamenti è fissato per domani, mercoledì 14 gennaio, alle ore 16. Segnala altresì che l'esame del provvedimento potrà proseguire nella giornata di domani, nei tempi che saranno compatibili con l'eventuale posizione della questione di fiducia da parte del Governo sul decreto legge anti-crisi.

Roberto ANTONIONE (PdL), relatore, illustra il provvedimento in titolo rilevando che il Trattato, firmato a Bengasi il 30 agosto scorso, costituisce un'importante affermazione per la proiezione internazionale del nostro Paese, poiché pone fine ad un lungo contenzioso derivante dal periodo coloniale e pone le basi per un nuovo e più solido sistema di relazioni tra l'Italia e la Libia, soprattutto nel settore dell'energia e del contrasto all'immigrazione clandestina. Segnala che l'Accordo consta di tre capi, il primo dei quali (articoli da 1 a 7) delinea i princìpi generali che sono alla base dell'intesa. Viene innanzitutto ribadito l'impegno delle Parti al rispetto della legalità internazionale nel quadro della comune visione di centralità delle Nazioni Unite. Vengono poi affermati i princìpi del rispetto dell'uguaglianza sovrana degli Stati, del non ricorso alla minaccia o all'impiego della forza contro l'integrità territoriale o l'indipendenza dell'altra Parte, della non ingerenza negli affari interni della controparte, anche impegnandosi a non usare il proprio territorio in attività ostili verso l'altra parte.
È altresì ribadito l'impegno al rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, nonché quello alla soluzioni pacifica delle eventuali controversie. Italia e Libia si impegnano inoltre ad adottare iniziative

Pag. 30

atte alla creazione di uno spazio culturale comune all'interno del quale si possa sviluppare il dialogo tra le due culture. Il Capo II contiene disposizioni (articoli da 8 a 13) volte a sanare le situazioni pregresse e i contenziosi ancora in atto. In particolare, l'articolo 8 impegna l'Italia a realizzare in Libia progetti infrastrutturali di base, che dovranno essere individuati sulla base delle proposte avanzate da quest'ultimo Paese. A tal fine viene fissato un limite massimo di spesa complessiva di 5 miliardi di dollari USA, distribuiti in venti anni. I fondi finanziari saranno gestiti dall'Italia, mentre la Libia renderà disponibili i terreni e agevolerà le imprese esecutrici dei lavori.
Segnala in particolare l'articolo 9 che istituisce una Commissione mista paritetica, costituita da componenti designati dai rispettivi Stati, con il compito di individuare le caratteristiche tecniche dei progetti infrastrutturali di base e di decidere i tempi della loro realizzazione. È prevista inoltre, dall'articolo 10, la realizzazione da parte dell'Italia di iniziative speciali tra le quali la costruzione di 200 abitazioni, l'assegnazione di 100 borse di studio universitarie e post-universitarie a studenti libici, la cura di persone colpite dallo scoppio di mine in Libia presso istituti italiani, il ripristino del pagamento delle pensioni di guerra ai titolari libici, e la restituzione di manoscritti e di reperti archeologici trasferiti in Italia in epoca coloniale. Per contro, la Libia si impegna a concedere i visti di ingresso anche ai cittadini italiani espulsi in passato dal proprio territorio, che desiderino entrare nel Paese per motivi di turismo, lavoro, o per altre finalità, nonché a costituire il Fondo Sociale per il finanziamento di alcune delle iniziative speciali (articoli da 11 a 12). Il Fondo, che - dopo lo scioglimento dell'Azienda libico-italiana - verrà costituito unicamente con i contributi già versati ad essa, sarà gestito da un Comitato misto paritetico.
In particolare, sottolinea come l'Azienda si sia configurata in questi decenni come un serio ostacolo allo sviluppo della presenza economica italiana in Libia: le nostre aziende sono state costrette a versare contributi obbligatori all'ALI pari fino al 5 per cento del valore dei contratti acquisiti, con una evidente discriminazione a danno delle stesse aziende rispetto alla concorrenza. Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, la Libia si impegna a raggiungere con uno scambio di lettere una soluzione dell'annosa questione dei crediti vantati dalle aziende italiane nei confronti di amministrazioni ed enti libici, sulla base del negoziato finora condotto nell'ambito dell'apposito Comitato misto sui crediti. Nel medesimo scambio di lettere sarà anche definita la questione dei debiti di natura fiscale e/o amministrativa di aziende italiane nei confronti di enti libici (per un ammontare peraltro assai limitato rispetto ai crediti vantati dalle stesse aziende). Segnala che, sulla base di una ricognizione effettuata nel 2003, su incarico di entrambi i Governi, dalla banca italo-araba UBAE e dall'ALI, le pretese creditorie delle aziende italiane nei confronti di amministrazioni ed enti libici ammontano complessivamente a oltre 620 milioni di euro solo in conto capitale (non tutti i crediti sono peraltro corredati da sufficiente documentazione probatoria), mentre i debiti di natura essenzialmente fiscale e doganale, che solo alcune aziende hanno nei confronti della Libia, ammonterebbero, complessivamente, a 33 milioni di euro.
L'articolo 13, infine, provvede a regolare le pendenze riguardanti crediti di aziende italiane nei confronti della Libia ed eventuali debiti di tali aziende nei confronti del fisco libico, attraverso un negoziato nell'ambito del Comitato crediti.
Passando al Capo III (articoli da 14 a 23), rileva che esso reca la disciplina del nuovo partenariato bilaterale. Per rinsaldare le relazioni bilaterali, già presenti in numerosi settori, le Parti costituiscono un Partenariato bilaterale che si esprimerà attraverso consultazioni politiche su temi bilaterali, regionali e internazionali di reciproco interesse. Il Partenariato prevede, tra l'altro, una riunione annuale del Comitato di partenariato, formato dal Presidente del Consiglio dei ministri italiano e dal Segretario del Comitato Popolare Generale,

Pag. 31

che si svolgerà alternativamente nei due Paesi. Il Comitato di partenariato adotta i provvedimenti necessari all'attuazione degli impegni previsti dal Trattato (articolo 14). L'articolo 15 prevede un rafforzamento della cooperazione negli ambiti scientifici, tecnologici, nel campo della medicina e dell'università, mentre l'articolo 16 è volto ad approfondire la cooperazione culturale e i legami di amicizia tra i due Paesi. Al proposito ricorda che è in vigore dal 30 maggio 2007 un Accordo di cooperazione culturale, scientifica e tecnologica firmato da Italia e Libia il 5 giugno 2003.
L'articolo 17 prevede la collaborazione economica e industriale, attraverso la realizzazione di progetti di trasferimento di tecnologie, particolarmente nei settori delle opere infrastrutturali, dell'aviazione civile, delle costruzioni navali, del turismo, dell'ambiente, dell'agricoltura e della zootecnia, delle biotecnologie, della pesca e dell'acquacoltura. L'articolo 18 promuove la cooperazione in materia energetica, riconoscendo ad essa valore strategico ed attribuendo particolare importanza alle energie rinnovabili. È di rilievo l'articolo 19, volto a rafforzare la collaborazione nella lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata, al traffico di stupefacenti e all'immigrazione clandestina, come già stabilito dall'accordo del 2000, in vigore dal 22 dicembre 2002.
Sottolinea che per contrastare l'immigrazione clandestina, è previsto un sistema di controllo delle frontiere terrestri libiche, che verrà effettuato dalla parte italiana. Il costo dell'operazione sarà per metà a carico dell'Italia e per l'altra metà verrà chiesto il contributo dell'Unione europea, sulla base di precedenti intese tra quest'ultima e la Libia. L'Accordo prevede altresì una collaborazione nel campo della difesa (articolo 20) rinviando a successive intese la disciplina dello scambio di esperti e tecnici e quella relativa alla conduzione di manovre congiunte. La collaborazione in questo settore riguarda anche le industrie militari e il sostegno dell'Italia alle vittime dello scoppio di mine e ai territori libici danneggiati.
Con l'articolo 21 le Parti si impegnano a collaborare nel settore della non proliferazione delle armi di distruzione di massa e del disarmo, particolarmente al fine di ripulire l'area mediterranea dalla presenza di tali armamenti. Il partenariato, infine, è esteso allo sviluppo dei rapporti tra i parlamenti e gli enti locali delle due parti, con l'intendimento di approfondire la reciproca conoscenza (articolo 22). L'articolo 23 reca le disposizioni finali relative all'entrata in vigore del Trattato e le modalità per le sue eventuali modifiche.
Per quanto attiene al disegno di legge di ratifica, segnala che accanto alle consuete disposizioni recanti l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione del Trattato, esso reca, all'articolo 3, alcune disposizioni a carattere generale dirette ad introdurre, fino al 2028, un'addizionale all'imposta sul reddito delle società, residenti in Italia, operanti nel settore della ricerca e della coltivazione di idrocarburi. Ai sensi del comma 1, sono soggetti passivi le società ed enti commerciali residenti in Italia in possesso dei seguenti requisiti: il valore delle partecipazioni di controllo e di collegamento e delle immobilizzazioni materiali e immateriali nette utilizzate per le predette attività sia superiore al 33 per cento della corrispondente voce di bilancio (in proposito, andrebbe precisato se il parametro del 33 per cento sia da determinare con riferimento a ciascuna singola voce ovvero sia da determinare sul valore complessivo dei valori indicati dalla norma); emittenti azioni o titoli equivalenti ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato; una capitalizzazione superiore a 20 miliardi di euro. A tal fine rileva la media delle capitalizzazioni rilevate sui mercati regolamentati nell'ultimo mese di esercizio e relative ai maggiori volumi negoziati.
Ritiene inoltre che, al fine di evitare dubbi interpretativi, sarebbe opportuno un chiarimento diretto a confermare che, ai fini della soggettività passiva, le società debbano possedere tutti i requisiti sopra indicati. L'aliquota ordinaria dell'imposta, ai sensi del comma 2, è pari al 4 per cento

Pag. 32

e l'imponibile è determinato in misura corrispondente all'utile prima delle imposte risultante dal conto economico. L'imposta, tuttavia, non è dovuta dai soggetti per i quali l'incidenza fiscale risulti inferiore al 19 per cento. L'imposta, inoltre, non è dovuta, in ogni caso, nelle ipotesi di esercizi in perdita.
Come precisato nel successivo comma 3, l'incidenza fiscale è determinata dal rapporto tra: l'onere netto per l'IRES corrente, differita e anticipata per le eventuali imposte sostitutive ivi compresa l'addizionale IRES introdotta dall'articolo 81, comma 16, del decreto legge n. 112/2008. I commi da 16 a 18 del citato articolo 81 hanno introdotto, a carico di alcuni soggetti che operano nel settore petrolifero, ivi compreso il settore dell'energia elettrica, un'addizionale all'imposta sul reddito delle società (IRES) fissata in misura pari al 5,5 per cento (cosiddetto Robin Hood tax). Non si include, invece, l'addizionale introdotta dalla norma in esame. Ulteriori precisazioni in merito all'onere netto per l'IRES sono contenute nel successivo comma 4. L'incidenza fiscale è altresì determinata dall'utile prima delle imposte. A tal proposito segnala che andrebbe chiarito, in primo luogo, se ai fini della determinazione dell'incidenza fiscale la norma intenda fare riferimento all'utile prima delle imposte determinato ai sensi del Codice civile ovvero all'utile determinato applicando le disposizioni fiscali.
Ciò anche in considerazione del fatto che il medesimo comma 1 esclude dall'imposizione i periodi d'imposta nei quali la società realizza una perdita d'esercizio; in tale ipotesi, l'incidenza fiscale risulterebbe comunque inferiore al 19 per cento e pertanto sarebbe già esclusa in base al criterio generale previsto. L'esplicita ulteriore esclusione troverebbe invece applicazione nelle ipotesi in cui la norma intende riferirsi alla perdita determinata ai fini fiscali pur in presenza di un risultato economico positivo determinato in base ai criteri civilistici.
Ai fini della determinazione dell'imposta dovuta, il comma 2 reca specifiche disposizioni dirette ad individuare un importo massimo del tributo dovuto. In particolare, l'importo liquidato non può essere superiore al minore tra i due valori di seguito determinati: l'importo determinato applicando all'utile prima delle imposte la differenza tra il 19 per cento e l'aliquota di incidenza fiscale risultante dal conto economico; l'importo determinato applicando al patrimonio netto, come definito dal comma 5 cui si rinvia, le seguenti percentuali: 8,3 per mille, fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2011; 5,8 per mille fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2015; 5,15 per mille, fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2019; 4,65 per mille fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2023; 4,2 per mille fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2028. Il comma 5 reca disposizioni in merito alla determinazione del patrimonio netto di cui alla lettera b) del comma 2. In particolare, viene precisato che il patrimonio netto è quello risultante dal bilancio di esercizio diminuito dell'utile di esercizio e aumentato degli acconti sul dividendo eventualmente deliberati. Inoltre, nel caso in cui il periodo d'imposta sia diverso da dodici mesi, il limite di cui al citato comma 2, lettera b) è ragguagliato alla durata di esso. Il comma 6, infine, stabilisce che l'addizionale IRES trova applicazione a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2008 e fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2028.
I soggetti interessati sono tenuti al versamento dell'acconto di imposta a decorrere dal primo esercizio di applicazione. A tal fine, il calcolo dell'importo da versare può essere determinato in base al criterio storico, facendo quindi riferimento a quella che sarebbe stata l'addizionale dovuta per l'esercizio precedente, ovvero facendo riferimento all'esercizio relativamente al quale l'acconto è versato, determinando l'imposta dovuta.
Attesa la portata generale delle disposizioni introdotte dall'articolo 3, ritiene che sarebbe stato più opportuno riformularle come novelle alle pertinenti disposizioni vigenti in materia fiscale. L'articolo 4, comma 1, quantifica l'onere finanziario

Pag. 33

in 214.200.200 euro per il 2009, 254.216.200 euro per il 2010, 250.716.200 euro per il 2011 e in 181.336.200 a decorrere dal 2012 disponendone la copertura mediante l'utilizzo delle maggiori entrate derivanti dall'attuazione dell'articolo 3. Il comma 2 dispone il monitoraggio degli oneri derivanti dall'attuazione della legge in esame a carico del Ministro dell'economia e delle finanze, anche ai fini dell'adozione dei provvedimenti correttivi previsti all'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468. La relazione tecnica che accompagna il provvedimento riconduce in maniera dettagliata gli oneri quantificati a specifici articoli del Trattato e segnatamente: all'articolo 8 per la realizzazione dei progetti infrastrutturali di base (180 milioni di euro l'anno); articolo 10 per la costruzione di 100 unità abitative (8 milioni di euro da erogarsi in tre anni); borse di studio per 100 studenti (1,320 milioni di euro l'anno), il programma di cure (circa 16 milioni di euro suddivisi in due anni) e il ripristino delle pensioni di guerra per 45 aventi diritto (16.200 euro l'anno); articolo 19, comma 2, per il sistema di controllo volto al contrasto dell'immigrazione clandestina (152,4 milioni di euro da ripartirsi in tre anni).
Ritiene che il Trattato di Bengasi potrà rappresentare effettivamente un successo della politica estera italiana se con esso sapremo avviare un piano integrato di intervento politico, sociale ed economico in tutta l'area che ruota attorno alla Libia. Non solo quindi un programma di aiuti umanitari, ma un vero e proprio piano di sviluppo economico di quei paesi, che avrebbe peraltro notevoli ritorni positivi per il nostro paese. L'accordo con la Libia può quindi essere un buon inizio, se applicato seriamente e senza retropensieri.
Nell'esprimere conclusivamente una valutazione profondamente positiva dell'accordo di Bendasi, che chiude un quarantennio di contrasti ed incomprensioni con la Libia, auspica l'adozione di un provvedimento che riconosca in maniera coerente ed univoca i diritti morali e patrimoniali degli italiani rimpatri.

Il sottosegretario Enzo SCOTTI, condividendo quanto segnalato dal relatore, osserva che il Trattato rappresenta un'opportunità nuova di cooperazione bilaterale grazie all'istituzione di una sede di dialogo costante ai più alti livelli istituzionali e di altri importanti strumenti di lavoro. Il Trattato reca come dato importante quello di un impegno congiunto alla lotta contro il crimine organizzato, la tratta e l'immigrazione clandestina con la realizzazione da parte italiana e in collaborazione con l'Unione europea di sistemi di monitoraggio delle frontiere interne. Segnala al riguardo che è già al lavoro una commissione cui partecipano tecnici dell'Amministrazione italiana per lo svolgimento di controlli sul campo. Vi sono altresì intese per il controllo dei flussi di clandestini presso la frontiera nord del Paese, su cui vi sono fondati motivi di preoccupazione che inducono l'Italia a rivolgere alla Libia, oltre che a Malta, un invito per un controllo più accurato del proprio territorio. In questo senso una celere ratifica del Trattato comporterebbe per la Libia la necessità di affrontare con responsabilità il tema e senza possibilità di ricorso a nessuna sorta di alibi. Infine, sottolinea l'importanza del versante di cooperazione economica, tecnologica, culturale e scientifica, confermata dall'istituzione di un'apposita commissione mista paritetica incaricata dell'attuazione degli impegni. In conclusione, richiama le recenti dichiarazioni del Ministro degli affari esteri, volte ad evidenziare il valore politico e strategico dell'accordo raggiunto con la Libia.

Alessandro MARAN (PD), pur condividendo le finalità generali del provvedimento, con particolare attenzione alla soluzione del contenzioso per il passato coloniale, rileva che il Trattato contiene innegabili criticità che gli organi di informazione hanno contribuito a fare emergere. Segnala innanzitutto la generica indicazione di infrastrutture non meglio specificate, per la cui realizzazione il nostro Paese si impegna per cinque miliardi di dollari. Rileva quindi, come nodo essenziale,

Pag. 34

l'incompatibilità tra le norme recate all'articolo 4, comma 2, del provvedimento e il dettato dell'articolo 5 del Trattato NATO, cui l'Italia aderisce. A tal proposito ricorda che l'attuale Governo sul punto ha erroneamente spiegato che un trattato bilaterale non può rendere inapplicabile un trattato multilaterale, mentre un trattato internazionale di qualunque natura può essere contraddetto soltanto da un trattato successivo nel tempo, indipendentemente dalla natura delle due fonti giuridiche. Ne consegue che l'Italia con la ratifica dell'accordo in titolo violerebbe con certezza uno dei due strumenti internazionali. Nel ricordare il ruolo svolto dal Governo italiano in occasione dei bombardamenti alla Libia nel 1986, sottolinea che un conto sono gli aspetti politici connessi alla concessione dell'uso del territorio per operazioni della NATO in attuazione dell'articolo 5, altro è impegnarsi a priori a non utilizzare il territorio italiano per eventuali iniziative nei confronti della Libia nell'ambito di quella stessa norma. A suo avviso, l'Accordo in titolo comporta una rinuncia a quel minimo di discrezionalità politica che il Trattato NATO concede, né può essere ritenuto sufficiente il richiamo al rispetto dei principi della legalità internazionale, pur inserito all'articolo 4, comma 2.
In generale, osserva che l'attuale Governo italiano ha condotto la trattativa con la Libia all'insegna della slogan «meno clandestini, più energia» ma, sul versante della lotta all'immigrazione clandestina, sottolinea che a fronte dell'impegno dell'Italia e dell'Unione europea per la realizzazione del sistema di controllo, non vi è alcuna contropartita da parte della Libia in termini di clausole per la salvaguardia dei diritti umani dei migranti. Rileva altresì la gravità di avere affidato alla Libia l'intera gestione delle politiche migratorie per l'area, considerato che tale Paese è retto da circa quarant'anni da un regime dittatoriale che sul piano dei diritti umani non ha assunto alcun impegno davanti alla comunità internazionale. A conferma di ciò vi sono le prese di posizione di Amnesty International che attestano come il regime di Gheddafi abbia gestito i rimpatri senza operare alcuna distinzione, ad esempio, tra lavoratori migranti e richiedenti asilo. Richiamando il dettato degli articoli 2 e 4 sull'uguaglianza sovrana e sul principio di non ingerenza negli affari interni, ritiene che il nostro Paese si sarebbe dovuto impegnare in modo specifico per ottenere maggiori garanzie da parte della Libia sul terreno della tutela dei diritti e delle libertà fondamentali. Concludendo sul tema della copertura finanziaria, osserva che l'ENI figura quale principale destinatario della norma recata all'articolo 3 e restano pertanto da capire gli eventuali risvolti negativi per i consumatori in termini di incremento della bolletta energetica.

Matteo MECACCI (PD) rileva che il Trattato in titolo costituisce la più grave iniziativa assunta dall'attuale Governo in politica estera, segnando un salto di qualità rispetto al passato. Sottolinea che il nostro Paese è il primo membro della NATO a siglare un accordo bilaterale con la Libia, paese che fino a pochi anni fa era sotto embargo per l'attività di sostegno al terrorismo internazionale. L'Italia si assume, a suo giudizio, il rischio politico di «sdoganare» la Libia ponendosi su un piano di parità. Segnala inoltre che l'Italia è il primo Paese che si fa carico di un oneroso impegno per il risarcimento del passato coloniale rispetto a responsabilità di regimi che oggi non esistono più. Nel far presente che altri Paesi europei non hanno espresso apprezzamento per questo atto italiano, stigmatizza la ridondanza delle norme, contenute nell'accordo, sul tema dell'uguaglianza sovrana a fronte dei rigidi limiti posti alla tutela dei diritti umani, menzionata in termini assai generici e senza precisazione degli strumenti di implementazione. Richiamando precedenti atti di sindacato ispettivo di sua iniziativa, sottolinea che l'Accordo in titolo si pone in contraddizione con il Trattato NATO, il che permette alla Libia di affermarsi come primo Paese arabo che non potrà essere attaccato dall'Alleanza Atlantica ove ne ricorrano gli estremi. A suo avviso, l'Italia

Pag. 35

si assume una responsabilità eccessiva che interrompe tra l'altro una tradizione di impegno ininterrotto dalla sigla del Trattato NATO. Quanto alla quantificazione del risarcimento, osserva che 250 milioni di dollari all'anno costituiscono una parte rilevante di tutta la cooperazione internazionale, anche a fronte delle drastiche diminuzioni apportate anche dall'ultimo decreto-legge di proroga delle missioni internazionali, un versamento così considerevole al regime di Gheddafi appare piuttosto il frutto di un ricatto politico, da cui non potranno che derivare altri cedimenti da parte italiana. Appare inoltre incoerente da un lato l'impegno assunto con lo strumento normativo per il risarcimento e dall'altro la generica istituzione di una commissione per la soluzione dei crediti, pari a ben 600 milioni di euro, vantati dalle imprese italiane. Sottolinea pertanto che il provvedimento costituisce un grave errore per l'Italia, che si assume notevoli rischi sul piano del diritto internazionale umanitario, considerato che la Libia non ha siglato le maggiori convenzioni internazionali in tema di tutela dei migranti o dei richiedenti asilo.
Per tali ragioni, auspica un dibattito approfondito, non finalizzato ad una rapida ratifica priva di considerazione degli interessi dei cittadini contribuenti.

Furio COLOMBO (PD) chiede chiarimenti sul prosieguo dell'esame del provvedimento, anche in considerazione dell'appello lanciato dal governo libico per l'invio di volontari nella Striscia di Gaza.

Stefano STEFANI, presidente, ribadisce che la Commissione continuerà l'esame del disegno di legge nella giornata di domani, compatibilmente con i tempi di lavoro dell'Assemblea.

Franco NARDUCCI (PD), richiamando le considerazioni svolte dai colleghi Maran e Mecacci, osserva che il provvedimento persegue il meritevole obiettivo di porre fine ad ogni disputa tra l'Italia e la Libia, ma presenta criticità evidenti che impongono di pervenire ad una situazione di maggiore tutela degli interessi del nostro Paese. Nel ricordare il richiamo all'azione del Governo italiano nel corso degli anni Ottanta, come pure agli importanti impegni finanziari assunti dalla Libia nel nostro Paese, con particolare riferimento alla FIAT, sottolinea che l'Italia con il Trattato in titolo si espone soprattutto sul versante della difesa, anche a causa della contraddizione tra le posizioni assunte in questi giorni dal Governo italiano a sostegno delle ragioni di Israele e le dichiarazioni di solidarietà da parte del leader Gheddafi ai fratelli musulmani. Pur riconoscendo che l'esperienza ha insegnato a non interpretare in modo univoco le prese di posizione del premier libico, segnala la necessità di dare valore a questi aspetti per rispetto ai partner della NATO e per i possibili sviluppi sul piano della cooperazione. Se è vero, come appare, che l'incremento di sbarchi di immigrati clandestini sulle coste siciliane è da imputare alla pressione di Gheddafi per la ratifica del Trattato, è da rilevare che tale accordo non procede nella direzione di una maggiore tutela della sicurezza per il nostro Paese mentre occorrerebbe un impegno rafforzato sul versante della cooperazione scientifica e culturale.

Enrico PIANETTA (PdL) esprime, a nome del suo gruppo, il compiacimento per la puntuale relazione del collega Antonione su un tema così complesso. Ricorda le recenti fasi positive sul terreno delle relazioni italo-libiche a partire dagli accordi di Roma del dicembre 2000 e dalle intese del 2003, finalizzate alla lotta al terrorismo, al crimine organizzato, alla tratta di esseri umani e all'immigrazione clandestina. Con il venir meno delle sanzioni nei confronti della Libia, la stessa Unione europea ha riconosciuto l'importanza dei rapporti di cooperazione tra questo Paese e l'Italia nel contesto del dialogo euro-africano, del rapporto con l'Islam e dell'impegno contro il terrorismo di matrice fondamentalista. Da parte italiana è da apprezzare la determinazione politica alla soluzione del contenzioso storico e non possono essere taciute le preoccupazioni

Pag. 36

per la questione dei diritti umani. Nel richiamare i contatti amichevoli intercorsi anche tra il precedente Governo italiano e Tripoli in occasione degli incidenti presso il consolato italiano di Bengasi, ritiene che si siano compiuti dei passi avanti e che sia adesso necessario il contributo da parte di tutte le forze politiche in ragione del rilievo strategico dell'Accordo. Per quanto concerne la contraddizione tra il Trattato NATO e l'articolo 4, comma 2, dell'Accordo in titolo, occorre che il Governo confermi che il riferimento alla legittimità internazionale, recato da tale norma, garantisce il pieno rispetto degli obblighi assunti dall'Italia. Sottolinea, quindi, che il Trattato con la Libia offre nuove opportunità di collaborazione nel Mediterraneo anche ai fini della crisi in Medio Oriente. Richiamando i contenuti di una mozione, approvata al Senato nel 2007, volta a rafforzare il rapporto di amicizia tra i due Paesi, nell'ambito di relazioni internazionali con i Paesi del bacino del Mediterraneo e del Medio Oriente e a concludere in modo definitivo la pagina del nostro passato coloniale con opere e azioni che rappresentino in modo significativo la volontà comune di porre fine a un capitolo della storia italiana e libica, sottolinea che il Trattato si colloca a conclusione di un complesso iter che ha impegnato il nostro Paese.

Stefano STEFANI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, avverte che la Commissione proseguirà i propri lavori nella giornata di domani con l'esame delle proposte emendative che potranno essere presentate entro le ore 16. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.05.