CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 4 dicembre 2008
104.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (II e III)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

Giovedì 4 dicembre 2008. - Presidenza del presidente della III Commissione Stefano STEFANI. - Interviene il sottosegretario di Stato agli affari esteri Vincenzo Scotti.

La seduta comincia alle 15.15.

Ratifica II Protocollo Convenzione protezione beni culturali in caso di conflitto armato.
C. 1929 Governo, approvato dal Senato.

(Esame e rinvio).

Le Commissioni riunite iniziano l'esame del provvedimento in titolo.

Leoluca ORLANDO (IdV), relatore per la III Commissione, illustra il provvedimento in titolo per quanto attiene ai profili di competenza della Commissione affari esteri. Ricorda preliminarmente come la diffusa consapevolezza che le azioni di combattimento nel corso di conflitti armati producano spesso la distruzione di patrimoni culturali unici al mondo - il che comporta una perdita non solo per i popoli nei cui territori si svolge il conflitto, ma per tutta l'umanità - abbia fatto sì che la Comunità internazionale, non a caso a partire dal secondo dopoguerra, adottasse la Convenzione dell'Aja del 1954 specificamente dedicata alla protezione del patrimonio culturale nel caso di conflitti armati, contestualmente ad un primo Protocollo sulla protezione del patrimonio culturale in tempo di occupazione. L'insufficienza dei risultati conseguiti nell'applicazione della Convenzione dell'Aja del 1954 conduceva all'adozione, nel marzo 1999, del Secondo Protocollo alla Convenzione dell'Aja del 1954, che il disegno di legge in esame si propone di autorizzare alla ratifica, unitamente a norme di adeguamento dell'ordinamento nazionale.
Osserva che la Convenzione rappresenta il primo strumento internazionale di portata generale esclusivamente dedicato al tema della protezione del patrimonio culturale, prevedendo una gamma assai varia di interventi, tra i quali: la salvaguardia e il rispetto dei beni culturali nel caso di conflitto armato, anche qualora si tratti di conflitto non internazionale, ma meramente interno al territorio di uno Stato parte; la possibilità di assicurare una speciale protezione per un certo numero di luoghi-rifugio destinati al riparo di beni culturali mobili durante lo svolgimento di

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un conflitto, nonché per alcuni centri monumentali e altri beni culturali immobili di grande rilevanza, mediante la loro iscrizione nel «Registro dei beni culturali sottoposti a speciale protezione»; la possibilità di impiegare il segno distintivo della Convenzione per alcuni edifici e monumenti importanti; la creazione di speciali unità in seno alle forze armate, responsabili della protezione del patrimonio culturale; l'approvazione di misure volte a rendere reato le violazioni della Convenzione; la divulgazione e la promozione su vasta scala della Convenzione e del suo spirito nei confronti del grande pubblico, in particolare di gruppi significativi quali quelli formati dai professionisti del patrimonio culturale, dai militari o dagli appartenenti ai servizi giudiziari.
Rileva quindi che il Protocollo in esame introduce un ulteriore regime di protezione dei beni culturali nel corso di conflitti armati, aggiuntivo alla protezione generale ed alla protezione speciale già contemplate dalla Convenzione, ossia il regime della protezione rafforzata: esso riguarda beni del più alto valore universale sottratti al regime di protezione speciale di cui alla Convenzione del 1954 per il fatto di trovarsi in città storiche o vicino ad installazioni militarmente sensibili come autostrade, stazioni, eccetera. I beni culturali soggetti a protezione rafforzata vanno iscritti in un elenco ad hoc che il Comitato intergovernativo - istituito anch'esso dal Protocollo aggiuntivo - sottopone ad accurato monitoraggio. Inoltre, il Protocollo in esame delimita la nozione di necessità militare imperativa e la nozione di obiettivo militare: ciò allo scopo di limitare al massimo le giustificazioni per attacchi contro i beni culturali soggetti a protezione rafforzata. I comandi militari vengono resi responsabili in ogni caso delle decisioni adottate, e viene introdotta la responsabilità individuale in caso di danneggiamento o distruzione ingiustificati dei beni culturali, prevedendo apposite sanzioni. Il Protocollo, infine, istituisce un fondo a contribuzione volontaria per le necessità finanziarie connesse all'attuazione delle disposizioni che esso stesso detta.
Precisa che il Protocollo si compone di 47 articoli, suddivisi in nove capitoli. Gli articoli da 1 a 4 contengono definizioni e norme di raccordo tra il Protocollo e la Convenzione del 1954, tra le quali rileva in particolare, per quanto attiene ai profili di competenza della Commissione Affari esteri, l'applicabilità del Protocollo anche nel caso di conflitto armato non internazionale. Laddove un bene culturale sia sottoposto al regime della protezione speciale ai sensi della Convenzione del 1954 e a quello della protezione rafforzata in base al Protocollo in esame, prevarranno le disposizioni di quest'ultimo. Gli articoli da 5 a 9 riguardano norme generali sulla tutela dei beni culturali, a partire dalla misure preventive che ciascuna Parte del Protocollo predispone sul territorio nazionale in tempo di pace, onde poter in caso di conflitto armato proteggere adeguatamente il patrimonio culturale. Gli articoli da 10 a 14 individuano il principio della protezione rafforzata, stabilendo le tre condizioni da rispettare per la sua applicabilità, ovvero il carattere di massimo rilievo universale del bene culturale in questione, un livello di protezione normativa nazionale già elevato, la rinuncia alla sua utilizzazione a fini militari, con esplicita dichiarazione dello Stato parte interessato. Gli articoli da 15 a 21 individuano le responsabilità penali e le procedure relative, su cui riferirà il relatore per la II Commissione. L'articolo 22 estende la protezione dei beni culturali prevista nel Protocollo in esame ai conflitti armati non internazionali, ponendo peraltro una serie di limitazioni a tale estensione: infatti il Protocollo non sarà applicato in caso di semplici sommosse o tensioni, né potrà influire sulla sovranità di uno Stato e la sua responsabilità nel mantenimento dell'ordine pubblico e dell'unità nazionale. Inoltre, non verrà pregiudicata giurisdizione primaria della Parte interessata anche verso i reati previsti dal Protocollo, né tantomeno potrà essere invocato il Protocollo per l'intervento diretto o indiretto

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degli affari interni del paese in cui si verifica il conflitto. Gli articoli da 23 a 29 individuano gli organi preposti all'applicazione del Protocollo e le relative funzioni.
In proposito, ritiene importante richiamare l'attenzione dei colleghi, come del resto si è fatto nel corso dell'iter di approvazione presso l'altro ramo del Parlamento, sul contenuto dell'articolo 29 della Convenzione, che istituisce il Fondo per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, le cui risorse sono costituite anche da contributi volontari degli Stati contraenti: a questo proposito è opportuno che il Governo si impegni dare piena attuazione a tale disposizione attraverso la previsione di specifiche risorse finanziarie. Preannuncia al riguardo la presentazione di un ordine del giorno.
Nel segnalare che i rimanenti articoli del Protocollo riguardano la diffusione delle informazioni in merito allo stesso, nonché le forme di cooperazione internazionale in caso di gravi violazioni del Protocollo, e di assistenza internazionale per una migliore attuazione del medesimo, sottolinea l'esigenza che il Governo sia anche sotto questo profilo richiamato ad una piena attuazione della Convenzione, eventualmente nella stessa forma dell'ordine del giorno. La materia, infatti, non risulta presa in considerazione da nessuna delle norme di adeguamento dell'ordinamento interno.
Passando all'illustrazione del disegno di legge di autorizzazione alla ratifica, avverte che esso si discosta notevolmente, nel caso in esame, dalla consueta prassi relativa ai trattati internazionali: esso consta infatti di ben 17 articoli, soltanto tre dei quali - articoli 1, 2 e 17 - riportano le clausole di rito inerenti rispettivamente alla ratifica ed esecuzione del Protocollo in esame, nonché alla previsione dell'entrata in vigore della legge il giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale. I rimanenti 14 articoli sono invece dedicati a norme per l'adattamento dell'ordinamento nazionale al combinato disposto della Convenzione del 1954 e del Protocollo addizionale all'esame del Parlamento. In particolare, l'articolo 4 individua le norme da applicare allo scopo della predisposizione delle misure preventive di tutela dei beni culturali quali previste dall'articolo 5 del Protocollo in esame. Viene pertanto stabilita l'applicazione delle norme vigenti in materia di obbligo di catalogazione dei beni culturali; delle disposizioni legislative e regolamentari inerenti alla sicurezza e alla prevenzione antincendio; delle disposizioni organizzative di natura regolamentare del Ministero per i beni e le attività culturali, nelle quali vengono individuate le strutture competenti per la protezione del patrimonio culturale nazionale, cui dovranno far capo anche le attività di salvaguardia dei beni culturali in caso di conflitto armato; più in generale, di tutte le norme legislative, regolamentari ed amministrative volte all'individuazione degli enti e strutture competenti in materia di sicurezza e tutela del patrimonio culturale. In base all'articolo 5, lo stesso dicastero individua i beni pubblici o privati cui riconoscere i requisiti dettati dall'articolo 10 del Protocollo, i quali andranno inseriti nell'elenco indicato al successivo articolo 11, paragrafo 1. In tal modo i beni culturali verranno a godere di una tutela rafforzata sulla base della loro estrema importanza per l'intera umanità. Il Ministero per i beni e le attività culturali si consulta con il Ministero della Difesa onde escludere, nell'attribuzione a un bene culturale della protezione rafforzata, che esso sia usato per scopi militari o come scudo a postazioni militari, e accertare che vi sia stata altresì la prevista dichiarazione che il bene culturale in oggetto non verrà mai utilizzato a tale scopo.
Rinviando alla successiva relazione l'illustrazione degli articoli rientranti più specificamente nella competenza della Commissione Giustizia, osserva che l'articolo 16 riguarda la copertura finanziaria del provvedimento, per la quale si autorizza la spesa di 8.980 euro per il 2008, nonché a decorrere dal 2010, mentre l'onere a carico del 2009 è previsto in 4.890 euro. La copertura è rinvenuta a carico dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente, iscritto, ai fini del

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bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, con parziale utilizzazione dell'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri. In conclusione, sottolinea l'importanza e l'urgenza della ratifica del protocollo in esame da parte dell'Italia, in considerazione della sua particolare tradizione nel campo della tutela dei beni culturali e dell'impegno profuso in questo campo da militari e civili italiani in molte missioni internazionali.

Antonino LO PRESTI (PdL), relatore per la II Commissione, illustra le disposizioni del provvedimento che rientrano negli ambiti di competenza della Commissione Giustizia. Gli articoli da 6 a 14 del disegno di legge introducono una disciplina penale speciale in relazione alle diverse fattispecie di reati militari in danno di beni culturali previste dal Protocollo oggetto di ratifica. Ricorda quindi che, nell'ordinamento italiano non esiste una normativa specifica relativa alla protezione dei beni culturali in caso di conflitti armati. Il disegno di legge di ratifica introduce, pertanto, sei nuove fattispecie penali in danno di beni culturali, applicabili nel corso di conflitti armati e di missioni internazionali. In particolare, gli articoli da 7 a 10 rispondono alla necessità di dare attuazione alle previsioni dell'articolo 15 del Protocollo. L'articolo 6 individua, anzitutto, nei conflitti armati e nelle missioni internazionali l'ambito temporale di applicazione di detta disciplina penale, precisandone l'estensione in relazione sia all'autore che al luogo del commesso reato. Ferma restando la punibilità ai sensi della legge in esame di chiunque, cittadino o straniero, commetta l'illecito in Italia, l'articolo 6 sancisce l'applicabilità della nuova disciplina nel caso di reato commesso all'estero: da cittadino italiano, indistintamente per ogni tipo di illecito in danno di bene culturale (articoli da 7 a 12); da cittadino straniero, perseguibile solo nel caso l'autore dell'illecito si trovi sul territorio italiano, solo in relazione ad alcune fattispecie penali più gravi (attacco, distruzione e illecito utilizzo di bene culturale sottoposto a protezione rafforzata; devastazione e saccheggio di beni culturali protetti).
In accordo con le previsioni del capitolo 4 del Protocollo, gli articoli da 7 a 12 individuano le fattispecie di reato in danno dei beni culturali protetti, stabilendo le relative sanzioni. L'articolo 7 del disegno di legge punisce con la reclusione da 4 a 12 anni l'attacco ad un bene culturale protetto, mentre è prevista la reclusione da 5 a 15 anni se il bene culturale è sottoposto a protezione rafforzata. Quando all'attacco consegue la distruzione del bene culturale scatta un'aggravante (comune), con conseguente aumento fino a un terzo della pena. L'articolo 8 punisce con la reclusione da 1 a 5 anni l'illecito utilizzo di un bene culturale protetto (o della zona ad esso circostante) a sostegno di un'azione militare. Ricorre un'aggravante speciale (reclusione da 2 a 7 anni) se il bene culturale utilizzato è sottoposto a protezione rafforzata mentre è applicata anche qui un'aggravante comune se al reato consegue la distruzione del bene.
La sussistenza di una «necessità militare imperativa» è causa di esclusione della punibilità dei reati di attacco e distruzione di beni culturali: tale scriminante sussiste quando il bene culturale è usato alla stregua di obiettivo militare o quando l'attacco rivolto contro il bene culturale è l'unica soluzione possibile per ottenere il vantaggio militare atteso (articolo 13 del disegno di legge e articolo 6 del Protocollo). L'articolo 9 del disegno di legge punisce con la reclusione da 8 a 15 anni la devastazione e il saccheggio di beni culturali protetti dalla Convenzione o dal Protocollo (articolo 15, comma 1, lettera c) e lettera e) del Protocollo) (che prevede atti di «distruzione estesa» di beni culturali); quella di saccheggio è esplicitamente prevista dalla successiva lettera e) della stessa norma. L'articolo 10 punisce con la reclusione da 2 a 8 anni l'impossessamento, l'appropriazione indebita, il danneggiamento e la distruzione di un bene

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culturale protetto (articolo 15, comma 1, lettera e) del Protocollo). La pena è aggravata (reclusione da 3 a 10 anni) se si tratta di un bene culturale soggetto a protezione rafforzata.
L'articolo 11 punisce con la reclusione da 1 a 5 anni l'esportazione, la rimozione o il trasferimento illecito della proprietà di beni culturali protetti quando ciò avvenga nel corso di un conflitto armato o di missioni internazionali; se dal reato discende la distruzione del bene la pena è aumentata (fino ad un terzo ex articolo 61 del codice penale). La norma risponde alle previsioni dell'articolo 21, lettera b), del Protocollo, relativo alla sanzionabilità di qualsiasi illecita esportazione, rimozione o trasferimento di un bene culturale da un territorio militarmente occupato, in coerenza con le previsioni dell'articolo 9 del Protocollo stesso (Protezione giuridica dei beni culturali nel territorio occupato). L'articolo 12 del provvedimento in esame punisce con la reclusione da 1 a 3 anni l'alterazione o modificazione arbitraria dell'uso dei beni culturali protetti nel corso di un conflitto armato o di missioni internazionali. Anche in tal caso, dalla distruzione del bene conseguente al reato discende un aumento di pena fino ad un terzo.
L'articolo 14, in ragione dell'ambito applicativo della legge definito dall'articolo 6 nonché dell'affinità dei reati sopraindicati con quelli previsti dal codice penale militare di guerra, definisce come reati militari gli illeciti di cui agli articoli da 7 a 12. Viene precisata, in relazione ad essi, l'applicazione dell'articolo 27 del codice penale militare di pace ovvero la sostituzione della reclusione militare alla reclusione ordinaria per eguale durata, quando la condanna non importa la degradazione. I successivi commi dell'articolo 14 sono relativi al riparto di giurisdizione tra giudici ordinari e giudici militari. Per i reati militari previsti dal provvedimento in esame e commessi all'estero, la competenza appartiene: al tribunale militare di Roma, se la giurisdizione è attribuita all'autorità giudiziaria militare (conformemente alle previsioni dell'articolo 9 della legge 7 maggio 1981, n. 180, «Modifiche all'ordinamento giudiziario militare di pace», cui i provvedimenti sulle missioni militari si sono adeguati); al tribunale di Roma nei casi in cui la giurisdizione è devoluta al giudice ordinario (conformemente a quanto previsto dalle analoghe disposizioni contenute nei decreti-legge sulle missioni militari all'estero).
L'articolo 15, infine, introduce una norma di coordinamento che prevede l'applicabilità della legge in esame in deroga alla prevista applicazione del codice penale militare di guerra; l'applicabilità di detto codice è salvaguardata soltanto quando esso preveda, a parità di illecito, sanzioni di maggior gravità.

Il sottosegretario Enzo SCOTTI, nel considerare esaustive le relazioni svolte, sottolinea il fatto che una sollecita ratifica del protocollo in esame consentirebbe all'Italia la partecipazione nel corso del 2009 alla IV Riunione del Comitato intergovernativo ed alla III Assemblea degli Stati Parte. Quanto all'osservazione del relatore per la III Commissione circa il fondo di cui all'articolo 29 della Convenzione, assicura che il Governo assumerà tutti i necessari impegni nelle sedi collegiali previste.

Leoluca ORLANDO (IdV), relatore per la III Commissione, nell'associarsi alle considerazioni svolte dal collega relatore per la II Commissione, riprende la definizione dell'ambito di applicazione dell'articolo 6, chiedendosi se sia giustificata la differenziazione ivi prevista alla lettera b) del comma 2, che risulta avere natura meramente soggettiva. Nel precisare che la norma in questione applica comunque il requisito minimo previsto, ritiene però che si introduca invece una contraddizione nell'ordinamento nazionale.

Antonino LO PRESTI (PdL), relatore per la II Commissione, ritiene che i rilievi dell'onorevole Leoluca Orlando circa la presenza di una contraddizione nella formulazione del testo meritino senz'altro di essere approfonditi.

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Fabio EVANGELISTI (IdV) considera comunque un passo avanti la ratifica in corso, facendo riferimento allo sgomento suscitato dalla distruzione avvenuta in Afghanistan delle statue buddiste e ricordando la sua personale visita al museo di Bagdad poco prima che fosse oggetto di un devastante saccheggio. Coglie l'occasione per richiamare l'attenzione sui meriti culturali della missione italiana in Iraq. Pone però l'esigenza che sempre più nei conflitti sia oggetto di tutela non solo il bene culturale, ma anche il bene più inestimabile che ci sia, e cioè la vita umana.

Giulia BONGIORNO, presidente della II Commissione, rileva che, pur essendo la vita umana il bene supremo che il diritto deve tutelare, tuttavia l'oggetto del provvedimento in esame è completamente diverso.

Antonino LO PRESTI (PdL), relatore per la II Commissione, condivide l'osservazione del presidente Bongiorno.

Leoluca ORLANDO (IdV), relatore per la III Commissione, ritiene che tutti i colleghi non possano non condividere il senso dell'ultima considerazione dell'onorevole Evangelisti che offre un'ulteriore occasione di riflessione sui limiti della legge.

Stefano STEFANI, presidente, d'intesa con la presidente della II Commissione, fissa a martedì 9 dicembre, alle ore 16, il termine per la presentazione degli emendamenti. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.45.