CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 3 dicembre 2008
103.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Mercoledì 3 dicembre 2008. - Presidenza del presidente Stefano SAGLIA.

La seduta comincia alle 15.05.

DL 162/08 Misure urgenti in materia di adeguamento dei prezzi dei materiali da costruzione, sostegno all'autotrasporto, all'agricoltura e alla pesca, interventi per il G8 e per le regioni colpite dagli eventi sismici del 1997.
C. 1936 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alle Commissioni riunite VIII e IX).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Giuliano CAZZOLA (PdL), relatore, illustrando il provvedimento in titolo, ricorda che il decreto-legge n. 162 del 2008 reca una serie di disposizioni nei settori dei materiali da costruzione, dell'agricoltura e della pesca professionale, dei trasporti e della protezione civile; il testo del provvedimento, inizialmente composto da 4 articoli, è stato oggetto di numerose modifiche e integrazioni nel corso dell'esame al Senato, ove sono stati introdotti, in particolare, nuovi commi agli articoli 1 e 2 e otto nuovi articoli.
Dopo avere ricostruito il contenuto complessivo del testo approvato dal Senato, segnala in particolare, per quanto concerne i profili di interesse della XI Commissione, le disposizioni recate dall'articolo 2, comma 2-bis, dall'articolo 3, commi da 2 a 5, dall'articolo 3-bis, nonché, per taluni aspetti, dell'articolo 1-ter.
Osserva, quindi, che il comma 2-bis dell'articolo 2, introdotto dal Senato, autorizza il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ad assumere, in deroga alla normativa vigente - la quale prevede, con riferimento al reclutamento del personale nelle amministrazioni pubbliche, che le graduatorie dei concorsi pubblici rimangono valide per un termine di 3 anni dalla data di pubblicazione - i vincitori e gli idonei dei concorsi conclusi alla data del 31 dicembre 2006, per un numero complessivo massimo di 68 unità, limitatamente ad un importo massimo di spesa di euro 100.000 per il 2008 e di 3 milioni di euro a decorrere dal 2009. Fa presente che l'assunzione in deroga è connessa alle inderogabili esigenze conseguenti

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alle misure di sostegno patrimoniale e finanziario a favore dei settori dell'agricoltura e della pesca introdotte dal comma 1 del medesimo articolo 2, nonché al potenziamento dell'azione di tutela e valorizzazione del sistema agroalimentare italiano. Rileva, inoltre, che al relativo onere finanziario si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 5, comma 3-ter, del decreto-legge n. 202 del 2005, che reca un'autorizzazione di spesa pari a 2 milioni di euro per l'anno 2006 e a 8 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2007, nonché la copertura finanziaria, per l'attuazione della disposizione di cui al comma 3-bis del medesimo decreto-legge, che ha previsto, al fine di far fronte ai problemi emersi a seguito dell'allarme concernente una possibile epidemia di influenza aviaria, la sospensione dei termini relativi agli adempimenti e ai versamenti tributari e del pagamento di ogni contributo o premio di previdenza e assistenza sociale, a favore degli allevatori avicoli, delle imprese di macellazione e trasformazione di carne avicola, nonché mangimistiche, e degli esercenti attività di commercio all'ingrosso di carni avicole.
Sottolinea, quindi, che le disposizioni recate dai commi da 2 a 5 dell'articolo 3 consentono di definire la posizione dei soggetti che hanno beneficiato della sospensione dei termini dei versamenti tributari e previdenziali nelle regioni Marche e Umbria colpite da eventi sismici nel 1997. Al riguardo, ricorda che con l'articolo 2, comma 109, della legge n. 244 del 2007 è stata prevista la possibilità, per i soggetti che hanno usufruito delle sospensioni dei versamenti tributari e dei pagamenti dei contributi previdenziali, assistenziali e assicurativi, individuati da una serie di apposite ordinanze, di definire la propria posizione, corrispondendo l'ammontare dovuto per ciascun tributo e contributo, al netto dei versamenti già eseguiti, nella misura e con le modalità stabilite, nei limiti di 50 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008, con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, a tutt'oggi non ancora emanato. Rammenta altresì che, successivamente, l'articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 61 del 2008 ha disposto anche alcune agevolazioni nella restituzione dei versamenti fiscali e tributari sospesi nelle due regioni, consistenti nella restituzione del 40 per cento dei tributi e contributi sospesi, senza aggravi di sanzioni o interessi, mediante una rateizzazione operante in dieci anni e autorizzando, a tal fine, un'ulteriore spesa - rispetto a quella già disposta dal citato comma 109 - di 17,82 milioni di euro per il 2008, 51,73 milioni di euro per il 2009 e 39,51 milioni di euro per il 2010.
Rileva che, in base al comma 2 dell'articolo 3 in esame, i soggetti interessati dovranno corrispondere il 40 per cento dell'ammontare dovuto per ciascun tributo o contributo, al netto dei versamenti già eseguiti; gli adempimenti dovranno essere corrisposti in 120 rate mensili di pari importo, vale a dire mediante una rateizzazione operante in dieci anni, da versare entro il giorno 16 di ciascun mese e a decorrere da giugno 2009. Le agevolazioni previste dal comma 2, come modificato dal Senato, comporteranno un onere quantificato in 15 milioni per il 2008 e in 3 milioni per il 2009, a cui si provvederà mediante riduzione del Fondo per le aree sottoutilizzate per un importo di 45 milioni di euro per il 2008 e di 9 milioni per il 2009. Segnala, inoltre, che il comma 3 rimette ad un apposito provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate la determinazione delle modalità di effettuazione degli adempimenti tributari, diversi dai versamenti, non eseguiti in virtù delle sospensioni accordate; in ogni caso, gli adempimenti suddetti devono essere effettuati entro il 16 gennaio 2009. Fa presente che il comma 4, infine, stabilisce che il mancato versamento delle somme dovute per la definizione, entro le scadenze previste dal comma 2, non determini l'inefficacia della definizione stessa; in tale caso, si applicano le sanzioni e gli interessi previsti dalle vigenti disposizioni in materia di mancato o tardivo versamento delle imposte e dei contributi previdenziali, assistenziali ed assicurativi.

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Illustra, poi, l'articolo 3-bis, introdotto dal Senato, che integra l'articolo 56 del decreto legislativo n. 270 del 1999, al fine di stabilire che le operazioni previste dal commissario straordinario nel programma di salvataggio delle grandi imprese in stato di insolvenza non costituiscono trasferimento di azienda, o di ramo o parti d'azienda, ai sensi dell'articolo 2112 del codice civile. Al riguardo, ricorda che il decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270 (cosiddetta «legge Prodi-bis») ha previsto l'ammissione all'amministrazione straordinaria delle imprese soggette alle disposizioni sul fallimento in presenza di due requisiti: un numero di lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, non inferiore a duecento da almeno un anno; debiti per un ammontare complessivo non inferiore ai due terzi, tanto del totale dell'attivo dello stato patrimoniale, quanto dei ricavi provenienti dalle vendite e dalle prestazioni dell'ultimo esercizio. In particolare, sottolinea che il combinato disposto dei citati articoli 27 e 56 definisce le condizioni per l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, prevedendo che le imprese dichiarate insolventi vi siano ammesse, sulla base di un programma redatto dal Commissario straordinario sotto la vigilanza del Ministero dello sviluppo economico ed in conformità agli indirizzi di politica industriale da esso adottati, qualora queste presentino «concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico», che deve potersi realizzare, in alternativa: tramite la cessione dei complessi aziendali, sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore ad un anno («programma di cessione dei complessi aziendali»); tramite la ristrutturazione economica e finanziaria dell'impresa, sulla base di un programma di risanamento di durata non superiore a due anni («programma di ristrutturazione»); per le società operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali, secondo quanto previsto dal recente decreto-legge n. 134 del 2008, anche tramite la cessione di complessi di beni e contratti sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore ad un anno («programma di cessione dei complessi di beni e contratti»).
Per quanto concerne la disciplina del rapporto di lavoro nel caso di trasferimento d'azienda, ricorda che l'articolo 2112 del codice civile - la cui applicazione viene esclusa nelle ipotesi in precedenza indicate - detta norme a tutela del lavoratore dipendente dell'azienda trasferita: la disposizione prevede, in particolare, che il rapporto di lavoro continui con il cessionario ed il lavoratore conservi tutti i diritti che ne derivano. Al contempo, è stabilito che il cedente ed il cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento; il cessionario è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza. Ricorda, infine, che, ferma restando la facoltà di esercitare il recesso ai sensi della normativa in materia di licenziamenti, il trasferimento d'azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento; dal canto suo il lavoratore, le cui condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento d'azienda, può rassegnare le proprie dimissioni per giusta causa.
Con riferimento al citato articolo 3-bis del provvedimento in esame, ritiene opportuno rilevare che si tratta di una misura rivolta a chiarire l'ambito applicativo delle tutele civilistiche nelle ipotesi di trasferimento di azienda, al fine di escludere, in via generale, che queste possano riguardare i casi in cui sia in gioco la ristrutturazione di grandi imprese in crisi, per le quali il legislatore ha ritenuto di adottare - proprio in considerazione del grande rilievo degli interessi, anche pubblici, coinvolti - una disciplina speciale volta a promuoverne, se necessario anche mediante riduzioni di personale e cessione di rami produttivi, la ristrutturazione e il riposizionamento competitivo sul mercato. Osserva, peraltro, che la disposizione in questione appare anche in sostanziale continuità

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con la normativa nazionale - recata, sul punto, dall'articolo 47, comma 5, della legge n. 428 del 1990 - la quale stabilisce quanto segue: «Qualora il trasferimento riguardi aziende o unità produttive delle quali il CIPI abbia accertato lo stato di crisi aziendale a norma dell'articolo 2, quinto comma, lettera c), della legge 12 agosto 1977, n. 675, o imprese nei confronti delle quali vi sia stata dichiarazione di fallimento, omologazione di concordato preventivo consistente nella cessione dei beni, emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa ovvero di sottoposizione all'amministrazione straordinaria, nel caso in cui la continuazione dell'attività non sia stata disposta o sia cessata e nel corso della consultazione di cui ai precedenti commi sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento anche parziale dell'occupazione, ai lavoratori il cui rapporto di lavoro continua con l'acquirente non trova applicazione l'articolo 2112 del codice civile, salvo che dall'accordo risultino condizioni di miglior favore. Il predetto accordo può altresì prevedere che il trasferimento non riguardi il personale eccedentario e che quest'ultimo continui a rimanere, in tutto o in parte alle dipendenze dell'alienante».
Rileva, inoltre, che l'articolo 3-bis è anche conforme alla normativa comunitaria, posto che l'articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva comunitaria 2001/23/CE riconosce agli Stati membri, anche nel caso in cui la procedura di trasferimento non sia aperta in vista della liquidazione dei beni dell'azienda in crisi, la possibilità di modificare le condizioni occupazionali dei lavoratori al fine di garantire la sopravvivenza, anche parziale, dell'impresa. Segnala, altresì, che la Corte di Giustizia delle Comunità europee ha rilevato che l'articolo 47 non è conforme al diritto comunitario (Direttiva 187/1977/CEE), in particolar modo nella parte in cui sospende le garanzie dell'articolo 2112 del codice civile, non solo nel caso di aziende sottoposte alle procedure concorsuali e di amministrazione straordinaria in caso in cui non sia prevista la continuità di un'attività, ma anche in caso di aziende dichiarate in stato di crisi che in futuro potrebbero proseguire la loro attività produttiva: il provvedimento del CIPI, volto ad accertare lo stato di crisi aziendale, è infatti subordinato alla presentazione di un piano di risanamento che preveda un piano per la risoluzione dei problemi legati all'occupazione.
Sottolinea, dunque, che la Corte di Giustizia ha chiarito che non rientrano nel campo di applicazione della direttiva comunitaria solo quei trasferimenti effettuati nell'ambito di procedimenti amministrativi o giudiziari finalizzati alla liquidazione dei beni del cedente e non anche quei procedimenti che consentono la prosecuzione dell'attività imprenditoriale. A suo giudizio, con l'articolo 3-bis si effettua quindi un adeguamento a regole di carattere generale. Per quanto attiene, specificamente, all'impatto della norma in esame sulla «vicenda Alitalia», osserva che essa appare coerente con la scelta di discontinuità che si è realizzata - conformemente ai dettami della Commissione europea - nei rapporti tra Alitalia e CAI, posto che la società CAI costituisce un soggetto nuovo rispetto ai precedenti e, in tale veste, procederà a nuove assunzioni di parte del personale in precedenza dipendente di Alitalia. Al riguardo, peraltro, segnala che - nella disposizione di cui all'articolo 3-bis - non viene affrontato il caso della liquidazione dei beni dell'azienda in crisi, di cui all'articolo 47 della legge n. 428 del 1990; raccomanda, pertanto, alle Commissioni di merito di prestare attenzione al problema segnalato.
Giudica opportuno soffermarsi, infine, per i possibili riflessi sulla disciplina dei rapporti di lavoro con le pubbliche amministrazioni, sulle norme recate dall'articolo 1-ter, che differiscono al 31 dicembre 2009 l'applicabilità delle norme che vietano alle pubbliche amministrazioni di inserire clausole compromissorie nei contratti aventi ad oggetto lavori, forniture e servizi. Al riguardo, ricorda che l'articolo 3, commi da 19 a 22, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008) ha introdotto il divieto per le pubbliche amministrazioni

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di inserire clausole compromissorie nei contratti aventi ad oggetto lavori, forniture e servizi; le conseguenze della violazione del divieto sono individuate nella nullità delle clausole compromissorie ovvero dei compromessi comunque sottoscritti e nella configurabilità dell'illecito disciplinare e nella responsabilità erariale per i responsabili dei relativi procedimenti. Al riguardo, ritiene utile ricordare che sulle criticità connesse al ricorso eccessivo delle pubbliche amministrazioni alle procedure di arbitrato si è ripetutamente soffermata l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. Rammenta, in proposito, che sull'entrata in vigore di tali disposizioni è intervenuto dapprima l'articolo 15 del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, che ne ha previsto il differimento al 1o luglio 2008, al fine, esplicitamente richiamato, di consentire la devoluzione delle relative competenze alle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale e intellettuale (istituite dal 2003 presso i tribunali e le Corti d'appello), le cui competenze avrebbero dovuto conseguentemente essere estese, con apposito provvedimento normativo (fin qui non adottato), alla materia dei contratti pubblici; da ultimo, segnala che l'articolo 4-bis, comma 12, del decreto-legge n. 97 del 2008, ha ulteriormente differito l'entrata in vigore del divieto al 31 dicembre 2008.

Giulio SANTAGATA (PD) fa notare, in ordine alla disposizione di cui all'articolo 3-bis del provvedimento in esame, che la Corte di giustizia delle Comunità europee ha già rilevato la non conformità al diritto comunitario dell'articolo 47 della legge n. 428 del 1990 - disposizione citata dal relatore a sostegno della legittimità della disposizione - nella parte in cui sospende le garanzie a favore dei lavoratori previste dall'articolo 2112 del codice civile, anche laddove sia prevista una prosecuzione dell'attività d'impresa e, dunque, non vi sia alcuna cessazione del futuro aziendale. Mette in evidenza che con tale articolo 3- bis si conferisce alla CAI l'assoluta libertà di procedere a nuove assunzioni e di sciogliere i precedenti rapporti di lavoro, a prescindere da eventuali accordi sindacali, nonostante si sia messa in atto una procedura tesa al salvataggio dell'attività di Alitalia e, quindi, alla sua prosecuzione. Esprime, pertanto, la contrarietà del suo gruppo ad una norma che sembra rispondere ad una logica di netta separazione tra azienda e capitale umano, precisando che tale disciplina, introdotta per regolamentare un caso specifico, rischia di produrre effetti più ampi e generalizzati, che potrebbero dispiegarsi indiscriminatamente a tutte le aziende in crisi.
Preannuncia, dunque, la presentazione di emendamenti nell'ambito della Commissione di merito, tesi alla soppressione di dell'articolo 3-bis o, in subordine, volti a delimitarne l'ambito di applicazione al caso specifico di Alitalia.

Giuseppe BERRETTA (PD), nel condividere le considerazioni testé espresse dal deputato Santagata, fa notare che la procedura prevista dalla legislazione vigente in caso di trasferimento d'azienda mira a tutelare precisi interessi di natura individuale e collettiva, salvaguardando, da un lato, la continuità del posto di lavoro dei singoli dipendenti e, dall'altro, la possibilità che le associazioni sindacali svolgano collettivamente il loro ruolo di rappresentanza. Ritiene pertanto che l'articolo 3-bis metta in pericolo il soddisfacimento di entrambi gli interessi e si ponga in contrasto con la normativa comunitaria, che, nel disciplinare in modo dettagliato la materia del trasferimento d'azienda, la sottrae alla disponibilità del legislatore nazionale. Ritiene, infine, che in questo momento di congiuntura economica sfavorevole l'Unione europea e il quadro normativo comunitario debbano rappresentare per l'Italia più una solida base su cui fondare il proprio rilancio, piuttosto che un ostacolo da aggirare.

Ivano MIGLIOLI (PD) evidenzia come il Senato abbia introdotto nel provvedimento numerose norme che ne hanno accentuato i profili di eterogeneità, peraltro già presenti sin dalla fase della originaria emanazione.

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Sottolinea, inoltre, il frequente ricorso del Governo allo strumento del decreto-legge, attraverso cui ritiene vengano introdotte disposizioni - soprattutto di natura finanziaria - sovente prive dei requisiti della necessità e dell'urgenza, che vanno spesso ad incidere su materie tra loro collegate, modificate anche recentemente. Stigmatizza pertanto questo modo di legiferare del Governo, che, adottando in un breve lasso di tempo provvedimenti urgenti fortemente connessi tra di loro, assunti nella gran parte dei casi per porre rimedio a disposizioni inadeguate predisposte in precedenza (come avvenuto per il caso della crisi dell'Alitalia), dimostra di non voler operare nella direzione di una semplificazione legislativa.
Nel merito del provvedimento in esame, rileva poi che l'articolo 3-bis si pone in netto contrasto con la normativa comunitaria, dal momento che opera una drastica scissione tra capitale umano e beni aziendali, ledendo gravemente i diritti dei lavoratori e i principi della sana e leale concorrenza tra imprese. Conferma, pertanto, la presentazione di emendamenti del suo gruppo volti in via principale a sopprimere l'articolo citato e, in subordine, a specificare che la deroga prevista in materia di trasferimento di azienda si applichi limitatamente al caso specifico di Alitalia.

Maria Grazia GATTI (PD) sottolinea il carattere disomogeneo del provvedimento in esame, precisando che al Senato sono state introdotte disposizioni incidenti su un numero rilevante di materie tra loro profondamente diverse, che hanno dato luogo ad una sorta di «decreto omnibus». Nello stigmatizzare l'abuso da parte dell'Esecutivo, in questo primo scorcio di legislatura, di tale metodo legislativo, fa notare che anche il decreto-legge predisposto per fronteggiare la grave crisi economica globale, appena trasmesso alla Camera, presenta le medesime caratteristiche di eterogeneità, non affrontando in modo efficace e strutturale le problematiche connesse ad una instabilità finanziaria ed economica in costante evoluzione.
Passando al merito del provvedimento in esame, esprime profonde perplessità sull'articolo 3-bis, che ritiene rechi un grave vulnus all'ordinamento giuridico. Infatti, nonostante tale disposizione sia stata introdotta per risolvere le questioni specifiche connesse alla trattativa Alitalia-CAI, ne paventa il rischio di applicazione più estesa e generalizzata, così come è avvenuto per l'articolo 21-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito nella legge n. 133 del 2008, in base al quale, in presenza di violazioni di norme vigenti in materia di stipulazione o proroga del contratto, si è previsto a favore del lavoratore il versamento di un'indennità in luogo della possibilità di reintegro. Ricorda, infatti, che la norma appena citata ha prodotto un effetto ben più ampio di quello inizialmente dichiarato dagli esponenti del Governo - che avrebbe dovuto essere circoscritto ai dipendenti di Poste italiane Spa - pregiudicando i diritti di tanti lavoratori precari che, in attesa del giudizio di secondo grado, oltre ad essere stati licenziati, sono stati chiamati dalle aziende addirittura a restituire l'indennità che gli era stata riconosciuta nel giudizio di primo grado. Nel tornare su tale argomento, sollevato di recente in Commissione XI nell'ambito dello svolgimento di una interrogazione a risposta immediata, sottolinea che un eventuale pronunciamento della Corte costituzionale favorevole ai lavoratori non produrrebbe l'effetto positivo sperato, dal momento che molti lavoratori non sarebbero in grado di sostenere i costi processuali necessari per veder tutelati i propri diritti. Per tali ragioni, torna ad esprime una forte contrarietà sull'articolo 3-bis del provvedimento in esame, prospettandone la soppressione o, in subordine, la limitazione dei relativi effetti alla sola «vicenda Alitalia».

Giuseppe BERRETTA (PD), intervenendo per una precisazione, intende dare atto al relatore di aver ricostruito ampiamente i termini della questione relativa al trasferimento d'azienda e di aver correttamente prospettato l'esigenza di tutelare i

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relativi interessi in gioco, auspicando tuttavia che si dia seguito a tale orientamento e si inseriscano nella proposta di parere le opportune osservazioni alla Commissione di merito.

Stefano SAGLIA, presidente, rileva che le osservazioni formulate dai deputati intervenuti nell'odierno dibattito hanno posto con chiarezza l'esigenza di delimitare il campo di applicazione dell'articolo 3-bis del provvedimento in questione. Rinvia, in proposito, alla presentazione della proposta di parere del relatore per l'approfondimento di tale questione.

Giuliano CAZZOLA (PdL), relatore, si riserva di presentare, per la seduta di domani, una proposta di parere che tenga conto dell'esito del dibattito svoltosi nell'ambito della Commissione.

Stefano SAGLIA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.35.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Mercoledì 3 dicembre 2008.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.35 alle 15.45.