CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 23 ottobre 2008
82.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO

TESTO AGGIORNATO AL 28 OTTOBRE 2008

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SEDE REFERENTE

Giovedì 23 ottobre 2008. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Intervengono il ministro per la semplificazione normativa Roberto Calderoli, il sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio Aldo Brancher e il sottosegretario di Stato per l'interno Michelino Davico.

La seduta comincia alle 10.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

Donato BRUNO, presidente, avverte che è stata avanzata la richiesta che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, così rimane stabilito.

Modifiche alla legge 24 gennaio 1979, n. 18, concernente l'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia.
C. 22 Zeller, C. 646 Cicu, C. 1070 Palomba, C. 1449 Gozi, C. 1491 Bocchino, C. 1507 Soro, C. 1692 Lo Monte e C. 1733 Zeller.

(Seguito dell'esame e conclusione).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato da ultimo, nella seduta del 20 ottobre 2008.

Donato BRUNO, presidente, comunica che è stata assegnata alla Commissione la proposta di legge C. 1733 del deputato Zeller, recante «Modifiche alla legge 24 gennaio 1979, n. 18, concernente l'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia». Poiché la suddetta proposta di legge verte sulla stessa materia di quelle già all'ordine del giorno, ne è stato disposto l'abbinamento, ai sensi dell'articolo 77, comma 1, del regolamento.
Avverte quindi che sono pervenuti i pareri da parte delle Commissioni competenti e che il relatore ha presentato l'emendamento 1.600 (vedi allegato 1), volto a sopprimere il comma 3 dell'articolo 1, recependo in tal senso l'osservazione contenuta nel parere della XIV Commissione.

Il ministro Roberto CALDEROLI esprime parere favorevole sull'emendamento del relatore 1.600.

La Commissione approva l'emendamento del relatore 1.600.

Donato BRUNO, presidente, propone alcune correzioni al testo del provvedimento, come risultante dall'esame degli emendamenti.
All'articolo 1, al comma 1:
1) alla lettera b), capoverso, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «Qualora l'insieme di tali candidature sia in numero dispari, il complesso dei candidati di un genere può superare di una unità quello dei candidati dell'altro genere»;
2) alla lettera i), capoverso numero 2):
a) al quinto periodo, le parole: «da ciascuna lista» sono sostituite dalle seguenti: «di ciascuna lista»;
b) al sesto periodo, le parole: «a sorteggio» sono sostituite dalle seguenti: «per sorteggio»;
c) al settimo periodo, dopo le parole: «le cifre elettorali nazionali» sono inserite le seguenti: «delle liste»;
3) alla lettera m), primo capoverso:
a) al primo periodo, dopo le parole: «un gruppo di liste» è inserita la seguente: «collegate»;
b) al sesto periodo, le parole: «a sorteggio» sono sostituite dalle seguenti: «per sorteggio»;
c) al settimo periodo, dopo le parole: «le cifre elettorali circoscrizionali» sono inserite le seguenti: «delle liste»;
alla lettera n), allegato 1, dopo le parole: «Tabella A» sono inserite le seguenti: « - Circoscrizioni elettorali».

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La Commissione approva.

Donato BRUNO, presidente, dopo avere osservato che non sono presenti i deputati dei gruppi di opposizione, avverte che porrà in votazione il mandato al relatore di riferire in senso favorevole all'Assemblea sul provvedimento in esame.

La Commissione delibera di conferire il mandato al relatore di riferire in senso favorevole all'Assemblea sul provvedimento in esame.

Donato BRUNO, presidente, si riserva di designare i componenti del Comitato dei nove sulla base delle indicazioni dei gruppi.

Sull'ordine dei lavori.

Donato BRUNO, presidente, propone una inversione dell'ordine del giorno della Commissione, nel senso di passare immediatamente all'esame degli atti del Governo e, successivamente, riprendere l'esame dei provvedimenti in sede referente, seguendo l'ordine previsto.

La Commissione consente.

Donato BRUNO, presidente, sospende la seduta, avvertendo che riprenderà al termine degli esami degli atti del Governo.

La seduta, sospesa alle 10.20, riprende alle 10.30.

Distacco del comune di Lamon dalla regione Veneto e sua aggregazione alla regione Trentino-Alto Adige.
C. 455 cost. Bressa e C. 1698 cost. Luciano Dussin.

(Esame ai sensi dell'articolo 107, comma 3, del regolamento e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Maria Piera PASTORE (LNP), relatore, ricorda che, ai sensi dell'articolo 132, secondo comma, della Costituzione, «si può, con l'approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati, espressa mediante referendum, e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Province e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione e aggregati ad un'altra».
Il testo vigente del comma è quello risultante dalla riformulazione operata dall'articolo 9, comma 1, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che ha riformato il Titolo V della Parte II della Costituzione. L'originaria formulazione della norma costituzionale prevedeva che con legge ordinaria, previo referendum, sentiti i consigli regionali, si potesse disporre per le province o i comuni che ne facessero richiesta il distacco da una regione e l'aggregazione ad un'altra.
La norma costituzionale nulla diceva né sui soggetti da coinvolgere nel processo di richiesta di referendum per il distacco, né sull'ambito territoriale interessato alla consultazione referendaria. La novella introdotta dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ha precisato che, per procedere alla modifica territoriale, è necessaria l'approvazione della maggioranza delle popolazioni della provincia (o delle province) e del comune (o dei comuni) interessati al distacco. È stato in tal modo circoscritto l'ambito territoriale al cui interno deve aver luogo la consultazione referendaria.
Nella XV legislatura la Commissione Affari costituzionali della Camera ha esaminato in sede referente un disegno di legge costituzionale di iniziativa governativa (C. 2523), inteso a riformulare il secondo comma dell'articolo 132 della Costituzione.
La nuova formulazione proposta era principalmente finalizzata a consentire una più ampia espressione delle volontà delle popolazioni interessate, prevedendo tra l'altro che alla consultazione referendaria prendessero parte non più soltanto i cittadini degli enti locali direttamente coinvolti nel distacco-aggregazione, ma i cittadini delle due regioni, ovvero delle due

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province, su cui avrebbe inciso la modifica territoriale, a seconda che il referendum avesse ad oggetto il passaggio di una provincia o, rispettivamente, di uno (o più) comuni da una Regione ad un'altra.
La Commissione non è peraltro giunta ad approvare un testo per l'Assemblea prima della conclusione anticipata della legislatura.
Le disposizioni attuative della norma costituzionale sono recate dal Titolo III (articoli 41 e seguenti) della legge n. 352 del 1970, recante norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo.
Nel corso della XIV legislatura la Camera dei deputati ha esaminato quattro proposte di legge volte a modificare la predetta legge per adeguarne la disciplina al nuovo testo dell'articolo 132, secondo comma, della Costituzione. Il testo unificato approvato dalla Camera il 6 marzo 2003 e trasmesso al Senato, è stato esaminato dalla 1a Commissione che, il 6 luglio 2005, lo ha licenziato, con ampie modifiche, per l'Assemblea (S. 2085-A): quest'ultima non ne ha peraltro iniziato l'esame.
Sulle disposizioni in materia, e in particolare sull'articolo 42, secondo comma della legge n. 352 del 1970, ha tuttavia inciso la sentenza della Corte costituzionale n. 334 del 2004 nel frattempo sopravvenuta. Secondo la disciplina che ne risulta, la richiesta di referendum deve essere corredata delle deliberazioni dei consigli provinciali o comunali delle province o dei comuni di cui si propone il distacco.
Il successivo articolo 44, terzo comma (antecedente alla modifica costituzionale intervenuta nel 2001), prevede tuttora che il referendum sia indetto sia nel territorio della regione dalla quale le province o i comuni intendono staccarsi, sia nel territorio della regione alla quale le province o i comuni intendono aggregarsi; nella già menzionata sentenza n. 334, tuttavia, la Corte costituzionale ha affermato il principio secondo cui l'espressione «popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati», utilizzata dall'articolo 132, secondo comma, nel testo ora vigente, ai fini della individuazione del corpo elettorale chiamato ad esprimersi con referendum sulla proposta di variazione territoriale, deve intendersi riferita soltanto ai cittadini degli enti locali direttamente coinvolti nel distacco-aggregazione.
L'Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione, accerta la legittimità della richiesta di referendum, che è indetto con decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei ministri (articoli 43, primo comma, e 44, primo comma, della legge n. 352 del 1970).
L'Ufficio centrale per il referendum procede quindi all'accertamento e alla proclamazione dei risultati. La proposta è dichiarata approvata se il numero dei voti attribuiti alla risposta affermativa al quesito del referendum non sia inferiore alla maggioranza degli elettori iscritti nelle liste elettorali dei comuni nei quali è stato indetto il referendum; altrimenti è dichiarata respinta (articolo 45, primo e secondo comma).
In caso di approvazione, il ministro dell'interno presenta al Parlamento il disegno di legge di cui all'articolo 132, secondo comma, della Costituzione entro 60 giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del risultato del referendum. La proposta respinta, invece, non può essere rinnovata prima che siano trascorsi cinque anni (articolo 45, quarto e quinto comma).
Nell'ambito del dibattito politico sul tema in esame, peraltro, sia nella XIV sia nella XV legislatura, sono emerse opinioni diverse in ordine alle modalità di applicazione della disciplina qualora il distacco o l'aggregazione di province o comuni incida sul territorio di Regioni ad autonomia differenziata, i cui statuti speciali sono adottati con legge costituzionale.
La questione dell'applicabilità tout-court dell'articolo 132, secondo comma, della Costituzione alle Regioni a statuto speciale è stata risolta in senso positivo dalla Corte costituzionale nella recente sentenza n. 66 del 2007, con la quale è

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stato definito un conflitto di attribuzione sollevato dalla Regione Valle d'Aosta a seguito dell'indizione del referendum relativo al distacco del comune di Noasca dalla Regione Piemonte e alla sua aggregazione alla Regione Valle d'Aosta.
Si è dibattuto, per altro verso, se - ferma restando la procedura di cui all'articolo 132, secondo comma, della Costituzione - sia o meno necessario il ricorso a una legge costituzionale, anziché ordinaria, quando il distacco-aggregazione incida sul territorio di una Regione a statuto speciale.
Nella XV legislatura, il Governo, in occasione della presentazione del disegno di legge conseguente al referendum avente ad oggetto il distacco del comune di Lamon dalla Regione Veneto e l'aggregazione alla Regione Trentino-Alto Adige, ha ritenuto necessaria la presentazione di un disegno di legge costituzionale, in quanto la variazione territoriale (distacco-aggregazione) che interessa il comune di Lamon «andrebbe ad incidere anche sul territorio di una Regione ad autonomia differenziata».
La posizione è stata ribadita dall'Avvocatura dello Stato, in rappresentanza della Presidenza del Consiglio dei ministri, nel già ricordato giudizio per conflitto di attribuzione sollevato dalla Regione Valle d'Aosta. Nelle motivazioni della sentenza, peraltro, la Corte non affronta espressamente questo profilo.
I progetti di legge costituzionale in esame dispongono che il Comune di Lamon sia distaccato dalla Regione Veneto, nel territorio della quale è attualmente compreso, per essere aggregato alla Regione Trentino-Alto Adige-Südtirol, e per la precisione nell'ambito della Provincia autonoma di Trento.
La sola proposta di legge C. 455, come anzidetto, fa esplicito riferimento all'articolo 132, secondo comma, della Costituzione sia nell'articolato, sia nel titolo; mentre nella proposta di legge A.C. 1698 il richiamo è presente unicamente nel titolo.
Entrambi i progetti, comunque, si limitano a sancire il passaggio del Comune di Lamon dalla Regione Veneto al Trentino-Alto Adige senza disciplinare i conseguenti adempimenti dal momento che questi - come chiarito nelle relazioni illustrative - «debbono essere adottati dalla Regione autonoma che, secondo lo Statuto, ha potestà legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali e relative circoscrizioni».
Quanto al ricorso alla legge costituzionale, le relazioni illustrative di entrambe le proposte rilevano che «è apparso imprescindibile procedere mediante lo strumento della legge costituzionale, quale fonte di diritto pariordinata a quella che definisce l'autonomia speciale del Trentino-Alto Adige», in quanto la variazione territoriale (distacco-aggregazione) che interessa il comune di Lamon «andrebbe ad incidere anche sul territorio di una regione ad autonomia differenziata». Considerazioni simili si rinvenivano - come sopra ricordato - nella relazione al disegno di legge C. 1427 della scorsa legislatura.
I provvedimenti si inseriscono nella procedura prevista dall'articolo 132, secondo comma, della Costituzione, per il distacco di comuni o province da una regione e la conseguente aggregazione ad altra regione; procedura che, per quanto concerne il comune in oggetto, è già in corso, essendosi svolto, con esito positivo, il referendum popolare previsto dalla citata disposizione costituzionale.
La richiesta di referendum è stata formulata con delibera del Comune di Lamon n. 6 dell'8 marzo 2005 ed è stata dichiarata legittima con ordinanza dell'Ufficio centrale per il referendum emessa in data 3 maggio 2005. Il referendum è stato dunque indetto con il decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 2005, e si è svolto il 30 e 31 ottobre 2005.
Come risulta dal comunicato della Presidenza del Consiglio dei ministri pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 264 del 12 novembre 2005, al referendum ha partecipato la maggioranza degli aventi diritto e il risultato è stato favorevole al distacco territoriale del comune di Lamon dalla

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Regione Veneto ed alla sua aggregazione alla Regione autonoma Trentino-Alto Adige.
Successivamente alla proclamazione dei risultati del referendum è iniziato (ma non concluso) l'esame parlamentare di una proposta di legge ordinaria di iniziativa parlamentare (XIV legislatura, C. 6274) per dare attuazione al distacco del Comune così come prescritto dalla Costituzione (si veda oltre il paragrafo relativo ai lavori nelle precedenti legislature).
Nella XV legislatura sono stati ripresentati altri due progetti di contenuto analogo di cui uno (A.C. 1427) di iniziativa del Governo. Non appena iniziato l'esame, la Camera dei deputati ha trasmesso i due testi ai Consigli regionali del Veneto e del Trentino-Alto Adige ai fini dell'acquisizione del parere previsto dall'articolo 132 della Costituzione
Il Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige ha reso il proprio parere in senso contrario all'aggregazione (seduta del 16 gennaio 2007) sostenendo che non è applicabile alla Regione Trentino-Alto Adige e alle Province autonome di Trento e di Bolzano l'articolo 132 della Costituzione, e che la modifica del territorio degli enti medesimi possa avvenire solo con espressa modifica dello Statuto di autonomia e previa intesa con i Consigli regionale e provinciali.
Il Consiglio regionale del Veneto non ha reso invece il parere. Il 14 novembre 2006 la 1a Commissione consiliare si è espressa a maggioranza a favore della proposta di delibera del distacco del comune di Lamon è trasmesso la proposta al plenum. Il Consiglio nella seduta del 14 dicembre 2006 ha rinviato la questione alla Commissione per un supplemento di istruttoria.
In seguito, la I Commissione della Camera ha approvato il disegno di legge e lo ha trasmetto all'Assemblea che però non ne ha iniziato l'esame.
Considerato quindi che le due proposte di legge costituzionale riproducono il testo del disegno di legge C. 1427, presentato dal Governo nella precedente legislatura, sul quale, il 26 luglio 2007, la I Commissione aveva deliberato di riferire all'Assemblea in senso favorevole, ricorrono i presupposti previsti dall'articolo 107, comma 3, del regolamento, perché si possa applicare alle due proposte di legge la procedura di «ripescaggio» ivi prevista.
Poiché peraltro la proposta di legge Dussin riproduce perfettamente il testo approvato nella passata legislatura, mentre la proposta di legge Bressa vi introduce una modifica di carattere esclusivamente formale, vale a dire il richiamo all'articolo 132, secondo comma, della Costituzione, ove la Commissione fosse orientata ad applicare la procedura di ripescaggio, si potrebbe adottare come testo base la proposta di legge Dussin e procedere con la procedura di ripescaggio rispetto a questa proposta.

Donato BRUNO, presidente, ricorda che, qualora la Commissione approvasse la proposta del relatore di adottare la procedura di esame prevista dall'articolo 107, comma 3, del Regolamento, non sarebbe possibile procedere nello svolgimento di ulteriori attività istruttorie. L'applicazione della predetta procedura presuppone infatti la volontà di assumere le risultanze dell'attività istruttoria svolta dalla Commissione nella precedente legislatura.
Pertanto, in caso di approvazione della proposta del relatore, la Commissione non passerà all'esame degli articoli e procederà invece direttamente alla deliberazione, previe eventuali dichiarazioni di voto, sul conferimento del mandato al relatore a riferire all'Assemblea.
Tuttavia, in considerazione del fatto che non risultano presenti i presentatori delle iniziative legislative in oggetto e che il rappresentante del Governo ha fatto presente l'esigenza di svolgere approfondimenti sul tema in esame, ritiene che il seguito dell'esame possa essere comunque rinviato ad altra seduta.

Roberto ZACCARIA (PD) osserva che l'articolo 107 del Regolamento, pur distinguendo tra progetti di legge che riproducono l'identico testo di un progetto approvato dalla Camera e progetti di legge

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approvati dalla Commissione in sede referente nella precedente legislatura, consente comunque lo svolgimento di un «sommario esame preliminare». Questo passaggio è, a proprio avviso, volto a verificare la sussistenza delle condizioni per l'applicazione della stessa procedura di «ripescaggio», di cui all'articolo 107 del Regolamento.
Per quanto concerne il provvedimento in esame, ricorda che nella passata legislatura questo era stato esaminato contestualmente al disegno di legge recante la modifica del secondo comma dell'articolo 132 della Costituzione, al quale era sostanzialmente collegato. Il caso del comune di Lamon, infatti, aveva prodotto conseguenze significative: dopo l'inizio del suo esame erano state avviate numerose procedure di distacco da parte di altri comuni, che il Parlamento avrebbe dovuto esaminare all'interno di altrettante iniziative legislative. In questo quadro il Governo aveva presentato un apposito disegno di legge volto a razionalizzare l'ambito normativo di riferimento, contenuto nel secondo comma dell'articolo 132 della Costituzione, al fine di dare una uniforme soluzione alle numerose istanze di distacco il cui iter era stato avviato.

Donato BRUNO, presidente, fa presente che la Commissione, nell'ambito della procedura contenuta nell'articolo 107 del Regolamento, è chiamata ad esprimere un unico voto sul provvedimento in oggetto, che vale come conferimento del mandato al relatore a riferire in Assemblea: precedentemente all'espressione di questo voto è comunque possibile lo svolgimento di un dibattito. Ricorda inoltre che è stato assegnato a questa Commissione la proposta di legge C. 1221, presentata dal deputato Lanzillotta, volta a modificare il secondo comma dell'articolo 132 della Costituzione: si tratta di un provvedimento che si riserva di sottoporre all'ufficio di presidenza della Commissione, integrato dai rappresentanti di gruppo, ai fini della sua calendarizzazione in Commissione.

Oriano GIOVANELLI (PD) fa presente che, nella passata legislatura, questa Commissione aveva iniziato l'esame del provvedimento sull'aggregazione del comune di Lamon alla regione Trentino-Alto Adige. A seguito dell'elevato numero di provvedimenti di analoga natura che erano stati presentati, aveva quindi avviato l'esame del provvedimento recante la modifica dell'articolo 132, secondo comma, della Costituzione, che il Governo aveva presentato al fine di modificare la procedura in materia di aggregazione di province e comuni presso regioni diverse da quella di origine.
Proprio al fine di individuare soluzioni che possano avere carattere definitivo, ritiene opportuno anteporre al provvedimento in oggetto l'esame della proposta di legge di modifica del secondo comma dell'articolo 132 della Costituzione.

Raffaele VOLPI (LNP), dopo aver ringraziato il deputato Giovanelli per aver chiarito il pensiero del suo gruppo, condivide l'opportunità di rinviare il seguito dell'esame alla prossima settimana, quando la Commissione avrà ascoltato le osservazioni del rappresentante del Governo.

Donato BRUNO, presidente, rileva come sussistano margini per esaminare al contempo il provvedimento in oggetto e quello recante la modifica del secondo comma dell'articolo 132 della Costituzione. Si tratta di due provvedimenti di natura costituzionale, che richiedono un iter lungo e articolato, con quattro complessive deliberazioni da parte della Camera e del Senato. Quindi, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Istituzione della Giornata nazionale contro la pedofilia e la pedopornografia.
C. 1493 Barbareschi.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

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Maria Elena STASI (PdL) relatore, illustra il contenuto del provvedimento in oggetto che, all'articolo 1, istituisce la Giornata nazionale contro la pedofilia e la pedopornografia, quale momento di riflessione per la lotta contro gli abusi sui minori. La data prescelta per la celebrazione è quella del 21 marzo, primo giorno di primavera.
La proposta prevede l'istituzione della Giornata quale solennità civile che non determina riduzione dell'orario di lavoro negli uffici pubblici ai sensi dell'articolo 3 della legge 27 maggio 1949, n. 260, né, qualora cada nei giorni feriali, costituisce giorno di vacanza, né comporta riduzione di orario per le scuole di ogni ordine e grado.
L'articolo 2 della proposta di legge prevede che, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, siano organizzate iniziative in grado di sensibilizzare l'opinione pubblica in materia.
A tal fine, gli enti territoriali - regioni, province e comuni - promuovono, nell'ambito della propria autonomia, anche in collaborazione con le associazioni e con gli organismi attivi nel settore, iniziative di sensibilizzazione, in particolare nelle scuole.
L'articolo 3 dispone che la legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

Luca Giorgio BARBARESCHI (PdL), dopo aver ringraziato la presidenza della Commissione per aver messo tempestivamente all'ordine del giorno il provvedimento in oggetto, auspica che su di esso possa formarsi un'intesa politica diffusa, al pari di quanto è accaduto presso la Commissione Giustizia, che sta esaminando il provvedimento in materia di pedofilia.
Al riguardo fa presente che la consistenza del giro di interessi collegato alla diffusione nella rete internet di immagini pedopornografiche ha superato quella del traffico degli stupefacenti, assumendo dimensioni eccezionali. Analogamente, i dati relativi alla commissione dei reati in oggetto all'interno delle famiglie sono particolarmente allarmanti: si tratta di un fenomeno di assoluta gravità che va combattuto attraverso apposite iniziative legislative che per un verso tutelino le vittime del fenomeno e, per un altro verso, impongano momenti di riflessione e di sensibilizzazione dell'opinione pubblica cercando di abbattere il muro di silenzio che troppo spesso si forma intorno a situazioni di questa natura.

Roberto ZACCARIA (PD) condivide preliminarmente le considerazioni svolte in ordine alla gravità del problema in discussione e l'opportunità che la II Commissione esamini tempestivamente il provvedimento in materia di pedofilia.
Con riferimento alla proposta di legge in esame, tuttavia, invita la Commissione a riflettere in ordine alla specifica finalità cui essa è volta, vale a dire l'istituzione di una apposita giornata nazionale contro la pedofilia e la pedopornografia. In proposito ricorda che già nella passata legislatura la I Commissione aveva dibattuto in ordine al proliferare di proposte di istituzione di giornate celebrative, che rischiano di perdere di valore a causa del loro inflazionarsi. Ritiene pertanto che sarebbe opportuno soffermarsi preliminarmente sul numero e sulla natura delle giornate celebrative già istituite con legge e, quindi, definire una strategìa complessiva volta ad individuare le questioni maggiormente meritevoli di attenzione, razionalizzando il quadro di insieme.

Gaetano PECORELLA (PdL) ritiene che se pure si voglia svolgere una riflessione generale sulle giornate celebrative in vigore, l'esame e l'approvazione del provvedimento in oggetto assumono importanza prioritaria, soprattutto in considerazione della gravissima portata di questo fenomeno e delle sofferenze che esso produce in primo luogo per i minori che ne sono vittime. Fa inoltre presente che l'istituzione di una giornata contro la pedofilia e la pedopornografia assumerebbe una ulteriore valenza, che è quella di stimolare le persone alla riflessione su questo fenomeno, incrementando così la lotta nei suoi confronti.

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Linda LANZILLOTTA (PD), pur condividendo l'osservazione del deputato Zaccaria in ordine all'opportunità di svolgere una ricognizione complessiva delle giornate celebrative in vigore, rileva che quella di cui è in discussione l'istituzione è volta a perseguire un fine peculiare. Essa infatti non si qualifica come giornata di memoria, avendo invece la funzione di diffondere la conoscenza di questo fenomeno, stimolando al riguardo le opportune riflessioni.
Ritiene pertanto che sarebbe inopportuno non cogliere l'iniziativa del deputato Barbareschi: ciò significherebbe altrimenti che il Parlamento non intende assumere un atteggiamento unanime a condanna di questo fenomeno, che è tra i più odiosi in assoluto.

Raffaele VOLPI (LNP) si dichiara favorevole ad approvare il provvedimento in esame, ritenendo opportuno istituire un'apposita giornata che abbia il fine di sensibilizzare ed educare le persone sul tema della lotta alla pedofilia ed alla pedopornografia, un fenomeno che sta assumendo dimensioni di assoluto rilievo. Assume infatti una importanza secondaria, rispetto all'opportunità di approvare il provvedimento in esame, ogni considerazione su numero e sulla natura delle giornate celebrative in vigore.

Jole SANTELLI (PdL) dichiara di condividere la riflessione svolta dal deputato Lanzilotta in ordine alla peculiarità del provvedimento in esame, volto a sensibilizzare l'opinione pubblica sul fenomeno della pedofilia e della pedopornografia. L'istituzione di una giornata di riflessione, fungendo da cassa di risonanza di questa realtà, aiuterebbe ad abbattere il muro di silenzio che spesso si forma intorno ad essa, a causa soprattutto dell'ignoranza e della povertà di certi ambienti sociali. Quello in esame è dunque un provvedimento condivisibile, che non deve restare confinato a livello retorico, ma svolgere una funzione pedagogica.

Sesa AMICI (PD) osserva che la materia della lotta alla pedofilia ed alla pedopornografia si svolge su due direttrici. Da un lato vi è la disciplina penalistica, che è all'esame della II Commissione, e dall'altro vi è la disciplina contenuta nel provvedimento in oggetto, di cui apprezza lo spirito e la finalità. Ritiene infatti che per combattere questo fenomeno sia importante non solo divulgare il maggior numero di elementi di conoscenza, ma anche svolgere un'azione di sensibilizzazione e di educazione ai diversi livelli sociali.
Osserva però che si deve anche evitare il pericolo prefigurato dal deputato Zaccaria, vale a dire quello di conferire una valenza di mera ritualità un fenomeno che merita ben altra attenzione. Si tratta cioè di fare in modo che l'attenzione su queste tematiche diventi permanente, al di là della singola giornata ad esse riservata: a questo obiettivo si potrebbe giungere anche approvando un'apposita risoluzione in Commissione.
Conclude evidenziando come anche nei fenomeni in esame si riscontri un elemento di genere, in quanto sono spesso le bambine ad essere le vittime più colpite.

Roberto ZACCARIA (PD) sottolinea l'esistenza di altri gravi problemi, quali le morti sul lavoro, sulla cui importanza è recentemente intervenuto anche il Capo dello Stato, e la violenza sulle donne, che a proprio avviso assumono una rilevanza tale da potere essere oggetto di altrettante giornate celebrative. Pur sottolineando la gravità dei fenomeni della pedofilia e della pedopornografia, esprime dubbi sul metodo che la Commissione sta seguendo per disciplinare l'istituzione delle giornate celebrative, ribadendo in proposito l'opportunità di svolgere una preliminare valutazione di ordine generale: il Parlamento, infatti, non dovrebbe decidere sulla scorta di una onda emotiva, ma con fredda razionalità sulla base di validi elementi di conoscenza.

Isabella BERTOLINI (PdL) esprime stupore per l'intervento del deputato Zaccaria, ritenendo opportuno procedere da subito all'istituzione della giornata nazionale contro la pedofilia e la pedopornografia,

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condividendo altresì l'intervento del deputato Amici, volto ad integrare la proposta in esame, eventualmente mediante l'approvazione di una risoluzione.
Fa quindi presente che i temi delle morti sul lavoro e delle violenza sulle donne, dei quali sottolinea la rilevanza, sono oggetto di attenzione nell'ambito della festa del lavoro, che si celebra il 1o maggio, e della festa della donna, che si svolge l'8 marzo.

Maria Elena STASI (PdL), relatore, ritiene che l'istituzione della giornata nazionale contro la pedofilia e la pedopornografia possa svolgere la funzione di diffondere utili elementi di conoscenza di questo fenomeno, svolgendo un ruolo pedagogico. Al riguardo, osserva che le istituzioni coinvolte dovranno lavorare costantemente a contatto con i giovani, che potranno collaborare nella lotta al fenomeno.

Luca Giorgio BARBARESCHI (PdL) ringrazia tutti coloro che sono intervenuti, a cominciare dal deputato Zaccaria, che ha suscitato il dibattito svoltosi. Una ricognizione delle diverse celebrazioni in vigore potrà essere utile, ma il tema in discussione merita una considerazione a parte.
Fa presente che sta organizzando un'intensa attività, modulata su vari livelli, nella lotta alla pedofilia e alla pedopornografia anche in collaborazione con i ministeri interessati. La lotta a questo fenomeno parte dal controllo sul sistema delle telecomunicazioni, monitorando i contenuti delle programmazioni televisive nonché, più specificamente, sul sistema della telefonia. Si tratta di un fenomeno che deve essere combattuto attraverso un'azione che muova dall'interno del tessuto sociale, e che si sviluppi nei vari livelli in cui esso si manifesta. Si riferisce, ad esempio, alle giornate che vengono dedicate all'«orgoglio pedofilo», che le istituzioni non riescono ad impedire, così come alla formazione di un partito politico che, in Olanda, pone tra i propri obiettivi quello della tutela dei diritti dei pedofili.

Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 11.20.

ATTI DEL GOVERNO

Giovedì 23 ottobre 2008. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Bartolomeo Giachino.

La seduta comincia alle 10.20.

Schema di regolamento di organizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Atto n. 30.

(Seguito dell'esame e conclusione - Parere favorevole con condizione e osservazioni).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato da ultimo, nella seduta del 21 ottobre 2008.

Donato BRUNO, presidente, avverte che sono pervenuti i rilievi delle Commissioni Bilancio e Trasporti sullo schema di regolamento in esame.

Raffaele VOLPI (LNP) presenta una proposta di parere favorevole con una condizione e osservazioni (vedi allegato 2).

Sesa AMICI (PD) rileva che nella proposta di parere del relatore si fa riferimento al problema dei rapporti tra il Ministero e l'ENAC, da una parte, e tra il Ministero e il Comando generale delle Capitanerie di porto, dall'altra parte, ma non si fa invece riferimento ad altre questioni parimenti importanti. Ricorda, in particolare, che le competenze in materia di interoperabilità ferroviaria sono di fatto affidate ed esercitate dal settore dei Trasporti, mentre al settore delle Infrastrutture è affidata la competenza in materia di norme tecniche relative alle opere civili. Sarebbe pertanto opportuno garantire

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l'esercizio unitario delle competenze in materia di interoperabilità e l'interfaccia delle strutture ministeriali con quelle nazionali e comunitarie presso il Dipartimento per i trasporti.
In conclusione, dichiara l'astensione del proprio gruppo dalla votazione sulla proposta di parere del relatore.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere del relatore.

Schema di regolamento di organizzazione degli uffici di diretta collaborazione del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
Atto n. 31.

(Seguito dell'esame e conclusione - Parere favorevole con condizione e osservazioni).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato da ultimo, nella seduta del 21 ottobre 2008.

Donato BRUNO, presidente, avverte che sono pervenuti i rilievi delle Commissioni Bilancio e Trasporti sullo schema di regolamento in esame.

Raffaele VOLPI (LNP) presenta una proposta di parere favorevole con una condizione e osservazioni (vedi allegato 3).

Sesa AMICI (PD) dichiara il voto favorevole del proprio gruppo sulla proposta di parere del relatore.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 10.30.

ATTI COMUNITARI

Giovedì 23 ottobre 2008. - Presidenza del presidente Donato BRUNO.

La seduta comincia alle 11.20.

Proposta di direttiva del Consiglio recante applicazione del principio di parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione o le convinzioni personali, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale.
COM(2008)426 def.

(Esame, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Isabella BERTOLINI (PdL), relatore, ricorda che la proposta mira ad attuare il principio di parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione o le convinzioni, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale al di fuori del mercato del lavoro, e istituisce un quadro normativo per il divieto della discriminazione fondata su questi motivi e stabilisce un livello minimo uniforme di tutela all'interno dell'Unione europea per le persone vittime di discriminazione. La proposta va quindi a completare l'attuale quadro normativo CE, applicabile alla sfera lavorativa e alla formazione professionale, che vieta la discriminazione per motivi di religione o convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale.
Nel suo programma di lavoro legislativo, adottato il 23 ottobre 2007, la Commissione ha annunciato che avrebbe proposto nuove iniziative per completare il quadro normativo comunitario contro la discriminazione. La proposta in esame è presentata come parte della comunicazione «Agenda sociale rinnovata: opportunità, accesso e solidarietà nell'Europa del XXI secolo» e accompagna la comunicazione «Non discriminazione e pari opportunità: un impegno rinnovato».
La Commissione europea sta anche elaborando una proposta di decisione del Consiglio sulla ratifica della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, che gli Stati membri e la Comunità europea hanno firmato il 30 marzo 2007 e che auspica l'adozione di norme comuni per rendere oggettivi nella legislazione nazionale i diritti riconosciuti nella Convenzione.

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In particolare, la proposta si basa sulle direttive comunitarie n. 43 e n. 78 del 2000 e n. 113 del 2004, che vietano la discriminazione fondata sui criteri sopraindicati, su sesso, razza o origine etnica, età, disabilità, orientamento sessuale, religione o convinzioni personali. La discriminazione razziale o etnica è vietata nel mondo del lavoro e della formazione professionale, nonché in ambiti non lavorativi quali la protezione sociale, l'assistenza sanitaria, l'istruzione e l'accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico, inclusi gli alloggi. La discriminazione tra uomo e donna è vietata negli stessi settori, ad eccezione dell'istruzione, dei media e della pubblicità, mentre il divieto di discriminazione per motivi di età, religione o convinzioni personali, orientamento sessuale e disabilità è applicabile solo nella sfera lavorativa e della formazione professionale.
Le direttive CE n. 43 e n. 78 del 2000 dovevano essere recepite nelle singole legislazioni nazionali entro il 2003, ad eccezione delle disposizioni riguardanti la discriminazione basata sull'età e sulla disabilità, per cui era stato concesso un ulteriore periodo di tre anni. In effetti, tutti gli Stati membri, tranne uno, le hanno recepite. La direttiva n. 113 del 2004 doveva essere recepita invece entro il 2007. I concetti e le norme previsti dalla proposta di direttiva in esame sostanzialmente si fondano su quelli delle direttive esistenti, basate sull'articolo 13 del trattato CE. Inoltre la proposta in esame si fonda sulla strategia sviluppata dopo il trattato di Amsterdam per combattere la discriminazione ed è coerente con gli obiettivi dell'Unione europea, in particolare con la strategia di Lisbona per la crescita e gli obiettivi del processo di protezione sociale e di inclusione sociale della UE. Essa potrà contribuire a tutelare i diritti fondamentali dei cittadini, in linea con la Carta UE dei diritti fondamentali.
Nella preparazione della proposta la Commissione si è adoperata per coinvolgere tutte le parti che avessero un interesse in merito, vigilando affinché chiunque potesse presentare osservazioni. L'anno europeo per le pari opportunità (2007) ha fornito un'occasione unica per evidenziare le questioni e incoraggiare la partecipazione al dibattito. Infatti la consultazione pubblica on-line e quella delle Organizzazioni non governative europee attive nella promozione della non discriminazione ha evidenziato un'esigenza di ulteriore legislazione a livello UE per aumentare la tutela contro la discriminazione, sebbene alcuni si siano mostrati a favore di direttive specifiche riguardanti le disabilità e il sesso. Inoltre, dalla consultazione del gruppo pilota di imprese europee risulta che le imprese considerano utile un livello uniforme di tutela contro le discriminazioni in tutta l'UE.
Le risposte alla consultazione hanno evidenziato preoccupazioni in merito a come una nuova direttiva affronterebbe una serie di ambiti sensibili e inoltre hanno rivelato malintesi in merito ai limiti delle competenze comunitarie.
La direttiva in esame quindi tiene conto di queste preoccupazioni ed esplicita i limiti delle competenze comunitarie. Entro tali limiti la Comunità ha il potere di agire (articolo 13 del trattato CE) e ritiene che l'azione a livello UE sia il modo migliore di procedere.
Le risposte poi hanno anche sottolineato la natura specifica della discriminazione connessa alla disabilità e le misure necessarie per porvi rimedio. Tali elementi sono trattati in un articolo specifico.
Sono poi state espresse preoccupazioni sui costi che una nuova direttiva avrebbe comportato per le imprese, anche se va sottolineato che la proposta in esame si basa sostanzialmente su concetti utilizzati in direttive già esistenti e che gli operatori economici conoscono.
Per quanto riguarda le misure relative alla discriminazione per motivi di disabilità il concetto di soluzione ragionevole è noto alle imprese, poiché è stato stabilito dalla direttiva n. 78 del 2000. La proposta avanzata dalla Commissione specifica i fattori di cui tenere conto nella valutazione di quello che è da ritenersi ragionevole.

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È stato evidenziato che, a differenza delle altre due direttive, la direttiva n. 78 del 2000 non impone agli Stati membri di istituire organismi di parità. Si è richiamata l'attenzione anche sulla necessità di affrontare il problema della multi-discriminazione, ad esempio identificandola come una forma di discriminazione e mettendo a disposizione rimedi efficaci. Tali questioni vanno oltre il campo di applicazione della presente direttiva, ma nulla impedisce agli Stati membri di prendere provvedimenti a tale riguardo.
In ultimo è stato evidenziato che la tutela dalla discriminazione sessuale a norma della direttiva n. 113 del 2004 non è ampia come quella di cui alla direttiva n. 43 del 2000 e che la nuova legislazione deve porre rimedio a tale differenza. Tuttavia la Commissione non ha dato seguito a questo suggerimento ora, poiché il termine di recepimento della direttiva n. 113 del 2004 è appena scaduto. Nel 2010 la Commissione presenterà una relazione sull'attuazione della direttiva e potrà, all'occorrenza eventualmente proporre modifiche.
Quanto alla valutazione dell'impatto, gli obiettivi principali alla base della proposta di direttiva all'esame sono: aumentare la protezione degli individui contro la discriminazione; garantire la certezza giuridica per gli operatori economici e per le potenziali vittime in tutti gli Stati membri; migliorare l'inclusione sociale e promuovere la piena partecipazione di tutti i gruppi alla vita sociale e all'economia.
Delle varie misure che potrebbero contribuire alla realizzazione degli obiettivi la più appropriata è stata ritenuta essere una direttiva contro la multi-discriminazione, giuridicamente vincolante a livello comunitario, ma rispettosa dei principi di sussidiarietà e proporzionalità, che lascia agli Stati membri la possibilità di andare oltre gli standard minimi e consente loro di scegliere i mezzi di applicazione e le sanzioni più appropriati.
Il principio di sussidiarietà è applicabile poiché la proposta non rientra tra le competenze esclusive della Comunità. Gli obiettivi della proposta non possono essere raggiunti dai soli Stati membri perché solo una misura comunitaria può garantire uno standard minimo di protezione contro la discriminazione per motivi di religione, convinzioni personali, disabilità, età od orientamento sessuale in tutti gli Stati membri.
Un atto giuridico comunitario fornisce la certezza giuridica dei diritti e degli obblighi degli operatori economici e dei cittadini, anche per quelli che si spostano tra Stati membri.
Nel rispetto poi del principio di proporzionalità, la direttiva non va al di là di quanto necessario per realizzare gli obiettivi stabiliti.
Inoltre le tradizioni e gli approcci nazionali in settori quali sanità, protezione sociale e istruzione tendono a differenziare maggiormente le legislazioni dei vari Stati, rispetto ai settori connessi all'occupazione. Questi settori sono caratterizzati da scelte legittime della società in settori che sono di competenza nazionale. La diversità delle società europee rappresenta uno dei punti forti dell'Europa e deve essere rispettata in linea con il principio di sussidiarietà. Questioni come l'organizzazione e il contenuto dell'istruzione, il riconoscimento della famiglia o del matrimonio, l'adozione, i diritti alla riproduzione e altre questioni simili vanno decise a livello nazionale.
La direttiva quindi non richiede agli Stati membri di modificare le attuali leggi e prassi in relazione a tali questioni, né ha un impatto sulle norme nazionali che disciplinano le attività delle chiese e di altre organizzazioni religiose o il loro rapporto con lo Stato. Rimane quindi agli Stati membri la facoltà di decidere se consentire l'ammissione selettiva alle scuole, se vietare o consentire di esibire o indossare simboli religiosi nelle scuole, se riconoscere i matrimoni tra persone dello stesso sesso e la natura di qualsiasi rapporto tra una religione autorizzata e lo Stato.
La proposta di direttiva si articola in tre Capi. L'obiettivo principale della direttiva è indicato all'articolo 1, ed è quello di combattere la discriminazione per motivi di religione o convinzioni personali, disabilità,

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età od orientamento sessuale, al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio di parità di trattamento anche in campi diversi dall'occupazione.
Il concetto di discriminazione è definito all'articolo 2 della proposta, che opera una distinzione tra discriminazione diretta e indiretta, sulla base delle precedenti direttive adottate: si ha discriminazione diretta quando si riserva un trattamento diverso ad una persona, unicamente in base ad uno qualsiasi dei motivi di cui all'articolo 1; si ha discriminazione indiretta (concetto più complesso) quando una disposizione o una prassi, apparentemente neutra, possono avere un impatto negativo su persone di una determinata religione o convinzione, età, orientamento sessuale o con una disabilità, a meno che tale disposizione o prassi sia oggettivamente giustificata da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari.
Sono poi considerati atti discriminatori le molestie. Il comportamento indesiderato può prendere forme diverse, da osservazioni verbali o scritte, gesti o comportamenti, ma deve essere abbastanza serio per creare un ambiente intimidatorio, umiliante ed offensivo (stessa definizione contenuta nelle altre direttive).
Anche il rifiuto di fornire una soluzione ragionevole è considerato una forma di discriminazione, secondo quanto già previsto dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone disabili e dalla direttiva 2000/78/CE.
L'articolo precisa che gli Stati membri possono prevedere che le disparità di trattamento in ragione dell'età non costituiscano discriminazione se giustificate da un fine legittimo e i mezzi per raggiungere tale fine sono appropriati e necessari.
In particolare, la proposta di direttiva non preclude la possibilità di fissare una età specifica per l'accesso alle prestazioni sociali, all'istruzione o a taluni beni o servizi e prevede inoltre che, nell'ambito dell'offerta dei servizi finanziari, gli Stati membri possono consentire differenze proporzionate di trattamento qualora, per il prodotto in questione, i fattori età e disabilità siano determinanti nella valutazione dei rischi, in base a dati attuariali o statistici pertinenti e accurati.
La direttiva infine non ha ripercussioni sulle misure nazionali relative alla sicurezza pubblica, alla tutela dell'ordine pubblico, alla prevenzione dei reati e alla tutela della salute e dei diritti e delle libertà altrui.
Per quanto riguarda il campo di applicazione, a cui è dedicato l'articolo 3, la direttiva stabilisce che la discriminazione per motivi di religione o convinzioni personali, disabilità, età od orientamento sessuale, è vietata a livello pubblico e privato, nei seguenti settori: protezione sociale, comprese la sicurezza sociale e l'assistenza sanitaria; prestazioni sociali; istruzione; accesso a beni e servizi disponibili al pubblico e alla loro fornitura, inclusi gli alloggi.
La proposta specifica che ciò non pregiudica la responsabilità degli Stati membri per i contenuti dell'insegnamento, le attività e l'organizzazione dei propri sistemi di istruzione, inclusa la messa a disposizione dell'insegnamento speciale. Gli Stati membri possono prevedere differenze di trattamento nell'accesso ad istituti scolastici basate su una religione o convinzione. Né pregiudica la legislazione nazionale che garantisce la laicità dello Stato, delle istituzioni o degli organismi statali, dell'istruzione o riguardanti lo status e le attività delle organizzazioni fondate su una religione o convenzione; non pregiudica la legislazione nazionale a favore della parità dei sessi.
Il testo esplicita che le questioni inerenti allo stato coniugale o di famiglia, inclusa l'adozione, non rientrano nel campo d'applicazione della direttiva. Ciò include i diritti alla riproduzione. Gli Stati membri rimangono liberi di decidere se riconoscere o istituire le unioni civili legalmente registrate. Se il diritto nazionale riconosce la comparabilità delle unioni civili al matrimonio, è applicabile il principio di parità di trattamento.
L'articolo 4 della proposta di direttiva è dedicato alla parità di trattamento delle

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persone con disabilità. E prevede che siano adottate preventivamente, anche mediante modifiche o adeguamenti appropriati, le misure necessarie per consentire alle persone con disabilità l'accesso effettivo e non discriminatorio alla protezione sociale, alle prestazioni sociali, all'assistenza sanitaria, all'istruzione e ai beni e servizi disponibili al pubblico, inclusi gli alloggi e i trasporti. Tale obbligo non è applicabile se costituisce un onere sproporzionato o richiede modifiche sostanziali del prodotto o servizio; l'articolo 4 prevede poi che, fatto salvo l'obbligo di garantire l'accesso effettivo e non discriminatorio, siano messe a disposizione, all'occorrenza, anche in casi particolari, soluzioni ragionevoli a condizione che esse non costituiscano un onere sproporzionato.
Il concetto di soluzione ragionevole esiste già nel mondo del lavoro a norma della direttiva n. 78 del 2000. Una soluzione appropriata per una grande impresa o per un ente pubblico potrebbe non esserlo per una piccola o media impresa. La prescrizione della soluzione ragionevole non implica solo il fatto di effettuare modifiche fisiche, ma anche modalità alternative di fornitura di un servizio.
L'articolo 5, relativo all'azione positiva, prevede che il principio di parità di trattamento non impedisca a uno Stato membro di mantenere o adottare misure specifiche per prevenire e correggere situazioni di disuguaglianza, poiché in molti casi l'uguaglianza formale non comporta nella prassi la parità.
L'articolo 6 consente agli Stati membri di istituire un livello più elevato di tutela rispetto a quello garantito dalla direttiva e conferma che il livello di tutela contro la discriminazione già applicato dagli Stati non deve essere abbassato con l'applicazione della direttiva.
L'articolo 7 prevede la tutela di diritti stabilendo che gli individui devono poter far valere il proprio diritto alla non discriminazione e che le persone che si ritengono vittime di discriminazione possono ricorrere a procedimenti amministrativi o giudiziari, anche dopo la fine del rapporto in cui la presunta discriminazione sarebbe intervenuta.
Il diritto ad una efficace tutela giuridica è rafforzato consentendo alle organizzazioni e ad altre persone giuridiche che abbiano un interesse legittimo a garantire il rispetto delle disposizioni antidiscriminatorie contenute nella proposta, il diritto di ricorrere per conto o a sostegno della persona che si ritiene lesa e con il suo consenso.
L'articolo 8 è relativo all'onere della prova. La proposta impone agli Stati membri, secondo i loro sistemi giudiziari, di adottare i provvedimenti necessari affinché spetti alla parte convenuta provare l'insussistenza della violazione del principio di parità di trattamento. È in sostanza invertito l'onere della prova. Si tratta di aspetti problematici che meritano un approfondimento.
L'articolo 9 prevede la protezione contro le ritorsioni delle vittime della discriminazione.
L'articolo 10 prevede di informare i cittadini dei loro diritti.
L'articolo 11 mira a promuovere il dialogo tra le competenti autorità pubbliche e organismi quali le organizzazioni non governative che hanno un interesse legittimo a contribuire alla lotta alla discriminazione per motivi religiosi o convinzioni personali, disabilità, età od orientamento sessuale.
L'articolo 12, prevede l'istituzione di organismi di parità a livello nazionale per promuovere la parità di trattamento di tutte le persone senza discriminazioni. Tali organismi possono far parte di organi incaricati di difendere, a livello nazionale, i diritti umani o di tutelare i diritti degli individui, inclusi i diritti tutelati dagli atti comunitari (tra cui le direttive 2000/43/CE e 2004/113/CE).
L'articolo 13 impone agli Stati membri di abrogare eventuali disposizioni legislative, regolamentari o amministrative discriminatorie.

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L'articolo 14 prevede che gli Stati membri stabiliscono le norme relative alle sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni nazionali di attuazione della presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per la loro applicazione. Le sanzioni possono prevedere un risarcimento dei danni, non possono essere limitate dalla previa fissazione di una soglia massima e devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.

Donato BRUNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 11.40.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Giovedì 23 ottobre 2008.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 11.40 alle 11.45.

INTERROGAZIONI

Giovedì 23 ottobre 2008. - Presidenza del presidente Donato BRUNO, indi del vicepresidente Jole SANTELLI. - Intervengono i sottosegretari di Stato per l'interno Alfredo Mantovano e Nitto Francesco Palma.

La seduta comincia alle 11.45.

5-00346 Bordo: Sul Centro di accoglienza e sul Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Borgo Mezzanone (Foggia).

Il sottosegretario Alfredo MANTOVANO risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 4).

Michele BORDO (PD), replicando, si dichiara insoddisfatto della risposta. Il Governo non mostra infatti di voler intervenire né per ridurre il numero di immigrati presenti nei due centri di accoglienza di Borgo Mezzanone, i quali sono molti più di quanti ne potrebbero essere ospitati in base alla capienza delle strutture, né per stabilire un presidio di polizia fisso in loco, in sostituzione dell'attuale servizio di presidio del territorio predisposto dalla questura, che ha carattere provvisorio. È vero che è stata realizzata una tendopoli che ha ampliato la capacità ad oltre 1.200 unità, ma le condizioni di vita all'interno dei centri di accoglienza restano comunque molto degradate, il che facilita gli scontri tra i diversi gruppi di immigrati. Al riguardo, segnala al rappresentante del Governo l'opportunità di procedere al trasferimento in altra sede dei soggetti appartenenti ai gruppi etnici meno propensi all'integrazione e alla convivenza pacifica con gli altri, come è già stato fatto per i somali. In conclusione, formula l'auspicio quanto meno di un intervento per assicurare sul territorio un presidio stabile di forze dell'ordine, non ritenendo sufficiente la motivazione, a suo avviso burocratica, fornita dal Governo contro la possibilità di tale intervento.

5-00267 Bertolini: Sulla costituzione di un Centro islamico nel comune di Cesena.
5-00440 Bertolini: Sulla comunità islamica di Sassuolo (Modena).

Donato BRUNO, presidente, avverte che le interrogazioni Bertolini 5-00267 e 5-00440, vertendo su materia analoga, saranno svolte congiuntamente.

Il sottosegretario Alfredo MANTOVANO risponde alle interrogazioni in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 5).

Isabella BERTOLINI (PdL), replicando, esprime apprezzamento per gli sforzi compiuti dal Governo, che non ritiene però sufficienti. Gli episodi da cui traggono spunto le due interrogazioni in titolo sono infatti solo alcuni tra i tanti che si verificano

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in ogni parte d'Italia e che suscitano la preoccupazione della cittadinanza e l'impressione di una certa inerzia e acquiescenza delle istituzioni rispetto al dilagare di comportamenti minacciosi e prepotenti da parte delle comunità musulmane presenti in Italia: fa presente che l'amministrazione comunale di Cesena è intervenuta solo dopo che il problema ricordato nell'interrogazione n. 5-00267 era stato posto con grande forza a livello politico.
Ricorda che le comunità musulmane in Italia, presenti su ogni parte del territorio, si stanno progressivamente organizzando e procedono all'acquisto o alla fabbricazione di edifici di preghiera o di incontro con fondi dei quali non è chiara, nel complesso, la provenienza, senza contare che i veri capi o guide spirituali che stanno dietro alle iniziative delle comunità islamiche restano spesso nell'ombra, nascosti dietro meri prestanome, com'è accaduto a Sassuolo.
Fa presente che i centri culturali, che vengono costituiti ormai ovunque, sono di fatto centri di potere politico, economico e mediatico, presso i quali si fa opera di proselitismo potenzialmente pericolosa per la comunità italiana e talora si prestano servizi, come le vaccinazioni per l'infanzia, che non dovrebbero poter essere consentiti al di fuori delle strutture sanitarie.
Conclude preannunciando la presentazione di una mozione intesa a impegnare il Governo ad adottare provvedimenti per una moratoria del fenomeno della costituzione dei centri culturali islamici, che sta suscitando nel Paese disagio sociale e xenofobia.

5-00474 Belcastro: Sulla mancata assunzione dei vigili del fuoco risultati idonei a un concorso bandito nel mese di marzo 1998.

Donato BRUNO, presidente, avverte che il deputato Iannaccone ha sottoscritto e svolgerà l'interrogazione in titolo.

Il sottosegretario Nitto Francesco PALMA risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 6).

Arturo IANNACCONE (Misto-MpA), replicando, ricorda che il Corpo nazionale dei vigili del fuoco svolge funzioni essenziali non solo di contrasto agli incendi, ma anche di protezione civile e di salvataggio delle persone in pericolo. Per quanto riguarda il problema oggetto dell'interrogazione, ricorda che la graduatoria relativa al concorso del 1998 per 184 posti è stata più volte prorogata e ha condotto all'assunzione di un numero di idonei assai superiore a quello dei posti inizialmente messi a concorso. Rimangono quindi ancora non assunti un numero limitato di idonei, i quali hanno maturato una comprensibile aspettativa di essere a loro volta assorbiti. Invita pertanto il Governo a verificare la possibilità di tenere conto, in sede di definizione del nuovo bando di concorso cui ha fatto cenno il sottosegretario Palma, della posizione dei pochi idonei non ancora assunti.

Donato BRUNO, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno.

La seduta termina alle 12.25.