CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 1° ottobre 2008
66.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE

Mercoledì 1o ottobre 2008. - Presidenza del presidente Donato BRUNO.

La seduta comincia alle 14.

Sulla programmazione dei lavori della Commissione

Donato BRUNO, presidente, comunica che, a seguito delle riunioni del 23 e 30 settembre 2008 dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, è stato predisposto, ai sensi degli articoli 23, comma 3, e 25, comma 2, del regolamento, il seguente programma dei lavori della Commissione per il periodo ottobre-dicembre 2008:

Sede referente:
C. 22 Zeller e abbinate - Modifiche alla legge 24 gennaio 1979, n. 18, concernente l'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia;
C. 137 Ascierto - Delega al Governo per il riordino delle carriere e altre disposizioni concernenti il personale delle Forze di polizia e delle Forze armate;
C. 139 Ascierto e abbinate - Istituzione del «Giorno della memoria dei militari italiani caduti per la pace»;
C. 1446 Boniver - Modifica della denominazione e delle competenze del Comitato parlamentare di cui all'articolo 18 della legge 30 settembre 1993, n. 388;
C. 17 Brugger - Differimento del termine di cui all'articolo 1, comma 2, terzo periodo, della legge 3 giugno 1999, n. 157, per la presentazione della richiesta, da parte di movimenti o partiti politici, dei rimborsi delle spese per le consultazioni elettorali svoltesi nell'anno 2008 per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
C. 457 Bressa - Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza;
C. 588 Tassone - Modifica all'articolo 52 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia

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di mozione di sfiducia nei confronti degli organi di governo del comune e della provincia;
C. 853 Pisicchio - Disciplina dell'attività dei partiti politici;
C. 907 Bernardini - Modifiche all'articolo 1 del decreto-legge 3 gennaio 2006, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 2006, n. 22, in materia di ammissione degli elettori disabili al voto domiciliare;
C. 1246 Gibelli - Disposizioni concernenti la realizzazione di nuovi edifici destinati all'esercizio dei culti ammessi;
C. 1493 Barbareschi - Istituzione della Giornata nazionale contro la pedofilia e la pedopornografia;
C. 1698 Cost. Dussin - Distacco del comune di Lamon dalla regione Veneto e sua aggregazione alla regione Trentino-Alto Adige, ai sensi dell'articolo 132, secondo comma, della Costituzione.

Indagini conoscitive:
Indagine conoscitiva sull'informatizzazione delle pubbliche amministrazioni

Atti del Governo:
Schema di regolamento di organizzazione del Ministero dello sviluppo economico (Atto n. 25);
schema di regolamento di organizzazione degli uffici di diretta collaborazione del ministro dello sviluppo economico (Atto n. 26);
schema di regolamento di organizzazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (Atto n. 27);
schema di regolamento di organizzazione degli uffici di diretta collaborazione del ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca (Atto n. 28);
schema di regolamento di organizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (Atto n. 30);
schema di regolamento di organizzazione degli uffici di diretta collaborazione del ministro delle infrastrutture e dei trasporti (Atto n. 31).

Audizioni:
Ministro per i rapporti con il parlamento, Elio Vito, sulle linee programmatiche (seguito dell'audizione);
Ministro per le pari opportunità, Maria Rosaria Carfagna, sulle linee programmatiche;
Ministro per le riforme per il federalismo, Umberto Bossi, sulle linee programmatiche;
Ministro per la semplificazione normativa, Roberto Calderoli, sulle linee programmatiche.

La presidenza si riserva comunque di inserire nel programma dei lavori ulteriori progetti di legge assegnati in sede consultiva, gli atti del Governo sui quali la Commissione sia chiamata ad esprimere un parere, eventuali disegni di legge di conversione di decreti-legge e gli atti dovuti, nonché lo svolgimento di atti di sindacato ispettivo.

La Commissione prende atto.

La seduta termina alle 14.05.

SEDE REFERENTE

Mercoledì 1o ottobre 2008. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Interviene il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Aldo Brancher.

La seduta comincia alle 14.05.

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Modifiche alla legge 24 gennaio 1979, n. 18 concernente l'elezione dei membri del parlamento europeo spettanti all'Italia.
C. 22 Zeller, C. 646 Cicu, C. 1070 Palomba, C. 1449 Gozi, C. 1491 Bocchino, C. 1507 Soro e C. 1692 Lo Monte.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 30 settembre 2008.

Donato BRUNO, presidente, comunica che è stata assegnata alla Commissione la proposta di legge C. 1692 del deputato Lo Monte, recante «Modifiche alla legge 24 gennaio 1979, n. 18, concernente l'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia». Poiché la suddetta proposta di legge verte sulla stessa materia di quelle già all'ordine del giorno, ne è stato disposto l'abbinamento, ai sensi dell'articolo 77, comma 1, del regolamento.

Giuseppe CALDERISI (PdL), relatore, integrando la relazione da lui precedentemente svolta, rileva che anche la proposta di legge da ultimo abbinata è intesa ad aumentare il numero delle circoscrizioni elettorali, con l'intento di rappresentare direttamente e meglio tutte le regioni, introdurre una soglia di accesso che non privi di rappresentanza le formazioni politiche territorialmente localizzate e disciplinare l'espressione del voto di preferenza. Per la ridefinizione delle circoscrizioni elettorali la proposta opta per l'identificazione delle stesse con il numero ed il territorio delle regioni e per l'ulteriore divisione della regione Trentino-Alto Adige in due circoscrizioni coincidenti con il territorio delle province autonome di Trento e Bolzano. È assegnato almeno un seggio a ciascuna circoscrizione - dunque a quelle che hanno una popolazione inferiore al quoziente nazionale che è di circa 800.000 abitanti - mentre i restanti sono ripartiti proporzionalmente fra le altre. Al riguardo, ricorda che nella relazione da lui svolta ha messo in luce, accanto alle buone ragioni di questa moltiplicazione delle circoscrizioni, anche gli inconvenienti tecnici, istituzionali e politici che sorgono se il numero delle circoscrizioni non è attentamente valutato nel complesso del sistema che si andrà a disegnare.
Tornando alla proposta di legge, rileva che una novità di essa rispetto alle altre è costituita dall'aggiunta di una soglia di sbarramento circoscrizionale. La proposta prevede infatti che alla ripartizione dei seggi partecipino le liste che abbiano ottenuto almeno il 4 per cento dei voti validi alle liste espressi nel collegio unico nazionale e le liste che abbiano ottenuto almeno l'8 per cento dei voti validi alle liste espressi «in una singola circoscrizione elettorale». Sulla prima soglia - quella nazionale - il dibattito è in corso nella Commissione e si vedrà quale proposta emergerà al termine della discussione generale. Della seconda soglia - quella circoscrizionale - si dovrà intendere con precisione il funzionamento e gli effetti. L'intento è chiaro: consentire l'accesso alla ripartizione dei seggi a forze politiche territorialmente localizzate che non potrebbero raggiungere quel milione e trecentomila voti circa necessari a superare la soglia del 4 per cento quando i voti validi sul piano nazionale tornassero ad essere 32.000.000, come nelle elezioni del 2004.
Ricorda che la soglia circoscrizionale che convive con quella nazionale nel sistema di elezione della Camera dei deputati definito dalla legge n. 270 del 2005 è assistita da tre limitazioni: si applica soltanto a liste «rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute»; si applica soltanto nelle regioni il cui statuto speciale prevede una particolare tutela di tali minoranze linguistiche; si applica soltanto se si tratta di liste singole, quindi non collegate, il che, in questo contesto, significa che si applica a liste presentate in una sola circoscrizione, le quali non possono dunque sfruttare i voti che otterrebbero in altre circoscrizioni; è posta infine al 20 per cento dei voti validamente espressi nella circoscrizione. Nel testo in esame, invece, la soglia è applicabile a qualsiasi lista, in qualsiasi circoscrizione e, non essendovi

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limitazione alcuna alla determinazione della cifra elettorale nazionale, concorre con i voti ottenuti in tutte le circoscrizioni se solo supera l'otto per cento dei voti in una delle ventuno che questa proposta prevede.
Quindi, facendo riferimento ai voti validi espressi nella elezione 2004, per raggiungere la soglia dell'8 per cento alla lista sarebbe sufficiente ottenere circa 430.000 voti in Lombardia, circa 245.000 voti nel Lazio, o 230.000 in Campania, ma ne basterebbero circa 181.000 in Sicilia, 60.000 in Abruzzo, 15.000 in Molise e solo 4.500 in Valle d'Aosta. Raggiunta una di queste soglie, la lista concorrerebbe alla ripartizione nazionale - quozienti interi e maggiori resti - con una cifra elettorale costituita dalla somma dei voti validi raccolti in tutte le altre circoscrizioni e, quindi, la soglia effettiva si riporterebbe ai circa 230.000 voti validi che nella scorsa elezione hanno costituito l'ultimo resto utile ad ottenere un seggio. In queste condizioni, la soglia nazionale del 4 per cento sarebbe del tutto inutile.
Quanto al voto di preferenza, la proposta intende consentirne uno nelle circoscrizioni di ampiezza sino a tre seggi e due nelle circoscrizioni di ampiezza maggiore: anche su questo il dibattito è in corso ed è aperto. Segnala però che le due norme finali del nuovo articolo 14 nel testo introdotto dalla proposta di legge in esame si prestano ad un uso illegittimo: sono infatti considerate nulle le preferenze espresse in numero superiore a quello consentito e sono considerate nulle le preferenze espresse per candidati non presenti nella lista votata, ma, anche in questi casi, restano validi il voto e la preferenza validamente espressa. Ne consegue che sono possibili innumerevoli combinazioni di nomi attraverso le quali rendere riconoscibile la propria scheda.

Mario TASSONE (UdC), dopo aver svolto alcune considerazioni preliminari sulle prime elezioni a suffragio diretto del Parlamento europeo, svoltesi nel 1979 all'insegna dell'auspicio di un'Europa unificata al di là delle storiche divisioni tra le nazioni - auspicio oggi venuto meno a seguito dell'allargamento eccessivo dell'Unione europea, che ha ostacolato la formazione di un'identità comune - osserva che il provvedimento in esame ha, in ogni caso, soprattutto una rilevanza interna. L'introduzione di una soglia di sbarramento al 5 per cento e l'abolizione della preferenza nel sistema elettorale europeo costituiscono infatti il tentativo di consolidare l'assetto politico-istituzionale cui è pervenuta l'Italia dopo le trasformazioni avviatesi con le elezioni politiche del 1994: un assetto diverso da quello disegnato dalla Costituzione, che si può definire presidenzialismo di fatto. A questo tentativo, la sua parte politica si oppone recisamente.
Al relatore, poi, che ha parlato della frammentazione della rappresentanza italiana come di un problema da risolvere, ricorda che l'esistenza di più forze politiche deve essere considerata semmai un pregio e che il pluralismo è un elemento costitutivo della democrazia. Piuttosto, deve ritenersi lesivo dei principi dell'ordinamento democratico sottrarre ai cittadini il potere di scegliere i propri rappresentanti attribuendolo ai partiti: quand'anche, infatti, questo servisse a selezionare i più preparati tecnicamente, come sostiene il relatore, non è di un Parlamento di burocrati che ha bisogno il Paese.
Ricordato che è dal 1994 che, di fatto, gli elettori italiano sono privati del potere di esprimere le proprie preferenze, si dice convinto che sia necessario tornare indietro per superare l'attuale assetto politico duopolisitico, che sta soffocando il Paese. Parimenti, devono essere rivisti i sistemi elettorali regionali e locali, che soffrono di alcune storture: per esempio il fatto che le dimissioni del presidente di giunta eletto direttamente comporta lo scioglimento dei consigli, il che attribuisce un peso eccessivo ad una singola persona. Esprime pertanto l'auspicio che la maggioranza intenda rivedere le proprie posizioni sul provvedimento in esame.

Salvatore PICCOLO (PD) rileva che la discussione sulla riforma della legge elettorale

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europea risente di un limite di fondo. Essa è infatti condotta al di fuori di ogni logica di sistema, nel senso che manca la necessaria visione d'insieme dei diversi sistemi elettorali vigenti in Italia: per il Parlamento europeo, per il Parlamento nazionale, per i consigli regionali e per quelli locali. Ciascun sistema è di fatto ispirato ad una logica diversa, con la conseguenza che, quando più elezioni si sovrappongono in una stessa giornata di consultazione elettorale, è probabile che molti elettori si confondano e non esprimano il voto che in effetti avrebbero voluto. È questa incoerenza di fondo dei sistemi elettorali ad avere generato la frammentazione della rappresentanza: un fenomeno - in questo concorda con il relatore - senza dubbio deteriore, atteso che altro è il pluralismo, altro la frammentazione. Questa ha certamente limitato la tenuta e l'affidabilità delle maggioranze, troppo spesso imperniate su alleanze instabili di più liste, comprese, talora, liste civiche di modestissima rappresentanza. È però anche vero che il problema della frammentazione non si risolve con un intervento sul sistema elettorale europeo, occorre piuttosto una riforma di sistema complessiva, che finora è mancata anche perché le riforme elettorali sono state fatte sempre nell'imminenza di una campagna elettorale e secondo la convenienza di chi le faceva. Così anche oggi, quando la convenienza è di tagliare le gambe ai partiti ostili e di promuovere un plebiscito sul Presidente del Consiglio.
Dopo aver premesso di essere assolutamente favorevole alla riduzione della frammentazione e quindi all'introduzione di una soglia di sbarramento, si dice però convinto che questa non debba essere troppo alta. Sulla misura della soglia occorre, a suo avviso, ragionare alla luce del contesto storico, il quale dice che l'Italia non è abituata al bipartitismo. Poiché però l'introduzione di una soglia di sbarramento alta, in combinato con l'abolizione delle preferenze, tende all'annientamento dei partiti minori, sulle proposte della maggioranza non si può essere d'accordo. L'obiettivo da perseguire deve essere infatti quello del bipolarismo, ma nell'ambito di una rappresentanza pluralistica, ancorché non frammentata.
Quanto all'abolizione delle preferenze, invita a riflettere sull'assurdità di un Parlamento composto di membri nominati, anziché eletti dal popolo, i quali, pertanto, risponderebbero a chi li ha nominati, e non al popolo: si tratta di un sistema inaccettabile, basato sulla concentrazione estrema dei poteri e delle decisioni, rimessi per intero ad una sola persona, il leader inteso come «comandante in capo».
Non ritiene inoltre convincente la tesi del relatore secondo cui le preferenze indebolirebbero i partiti, laddove oggi occorrerebbe «consentire loro di selezionare la classe dirigente attraverso processi che assicurino la trasparenza dei meccanismi decisionali e che pongano gli elettori nelle condizione di premiare o sanzionare le loro scelte». La soppressione delle preferenze, infatti, non può essere considerata un mezzo per assicurare la trasparenza dei meccanismi della democrazia. Trova altresì discutibile la tesi secondo cui la forma-partito da perseguire oggi è quella del «partito unitario che si raccoglie intorno ad un leader che ne costituisce la sintesi e l'immagine unitaria», in alternativa al «partito dei notabili e delle correnti organizzate che mina l'unità di indirizzo del partito politico». Ritiene che questa tesi rispecchi soprattutto l'orientamento del Presidente del Consiglio, il quale l'ha imposta, in un modo o nell'altro, non solo al suo partito, ma anche agli altri della maggioranza.
Conclude, quindi, invitando la maggioranza ad una maggiore apertura, in vista di una discussione serena e costruttiva che eviti ulteriori ferite alla democrazia; diversamente, preannuncia la ferma e irriducibile opposizione della sua parte politica.

Maurizio BIANCONI (PdL) giudica inopportuni e sproporzionati i toni «apocalittici» usati nel dibattito dai gruppi di opposizione. A suo avviso, le questioni vanno riportate alle loro reali dimensioni: si sta

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parlando non di norme sostanziali, ma di mere norme strumentali alla democrazia. Ricorda che la preferenza non è un elemento intrinsecamente costitutivo della democrazia: solo una piccola parte, infatti, dei circa sessanta ordinamenti democratici esistenti al mondo ha sistemi elettorali che prevedano la preferenza. Tali sistemi, inoltre, mentre condividono, per definizione, i principi propri della democrazia, si distinguono poi per l'enorme varietà dei sistemi elettorali che impiegano, il che prova abbondantemente che anche il sistema elettorale, o meglio uno specifico sistema elettorale, è elemento costitutivo della democrazia. Sia il tipo di sistema elettorale sia la presenza o l'assenza dell'istituto della preferenza sono piuttosto il portato della storia di ciascun Paese, stante che ciascun Paese trova, in materia elettorale, il proprio bilanciamento secondo le contingenze storiche sue proprie.
Quanto allora alla tesi secondo cui la tradizione italiana sarebbe nel senso di un forte radicamento della preferenza, osserva che essa è infondata. Se si considera, infatti, la storia italiana dall'unità ad oggi si constata che la preferenza è istituto relativamente recente e per di più limitato ad alcuni sistemi elettorali: per l'elezione del Senato, ad esempio, non è mai stata prevista. Né si può, a suo avviso, obiettare che la preferenza non esiste dove il sistema elettorale è uninominale. Sotto il profilo che qui interessa, infatti, il sistema uninominale equivale a quello proporzionale senza preferenze: nell'uno e nell'altro il cittadino non può scegliere il candidato che preferisce nell'ambito del partito in cui si riconosce ma deve necessariamente scegliere, a meno di votare per un altro partito, il candidato o i candidati che il partito ha designato per la sua circoscrizione o il suo collegio. In altre parole, in Italia i rappresentanti sono stati quasi sempre, e legittimamente, designati dai partiti. Il problema, quindi, è interno ai partiti. È stato detto che le elezioni primarie potrebbero essere un rimedio alla mancanza di democrazia interna ai partiti: personalmente non è affatto contrario alle primarie, anche per ragioni legate alla sua vicenda politica, ma constata che esse sono state spesso usate come un mero mezzo di campagna elettorale e che i suoi risultati non sono stati sempre rispettati dai partiti. Per garantire, quindi, una scelta di candidati davvero rispondente alle preferenze dell'elettorato, occorre o che all'interno dei partiti le classi dirigenti impongano un orientamento in questo senso oppure che si approvi una legge per attuare il principio di cui all'articolo 49 della Costituzione. In ogni caso, se i partiti non sanno assicurare la propria democrazia interna non possono sperare che il sistema diventi democratico attraverso il palliativo della preferenza.
Ricorda, poi, che il referendum nel 1991 fu inteso di fatto come una consultazione contro la preferenza e che votò a favore una percentuale altissima di italiani. Era allora diffusa, infatti, l'idea che la preferenza fosse fattore di corruzione: non lo era, perché la corruzione sta nei candidati e non nelle norme; ma neppure era un elemento essenziale per la democraticità del sistema elettorale. Oggi la preferenza è tornata in auge perché è vista dall'opinione pubblica come il mezzo per limitare il potere delle cosiddette «oligarchie di partito».
Aggiunge che, in ogni caso, la preferenza non ha senso nel sistema elettorale europeo, nel quale le circoscrizioni sono troppo ampie perché i candidati abbiano qualche speranza di poter svolgere una campagna elettorale per farsi conoscere e preferire, e questo anche nelle più generose ipotesi di aumento delle circoscrizioni avanzate nelle proposte di legge in esame.
Conclude facendo presente che non è vero che Alleanza nazionale sia compattamente a favore della preferenza: c'è nel movimento una larga parte che è invece contraria, in questo momento, alla preferenza e che auspica una riforma interna dei partiti.

Donato BRUNO, presidente, in considerazione del fatto che alle 15.45 è convocato il Comitato dei nove per l'esame di

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emendamenti al disegno di legge C. 1441-bis-A e che deve altresì tenersi la riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Commissione, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.40.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Mercoledì 1o ottobre 2008.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.40 alle 15.45.