CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 23 settembre 2008
59.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Martedì 23 settembre 2008. - Presidenza del presidente Gianfranco CONTE. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Daniele Molgora.

La seduta comincia alle 13.30.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica domenicana sulla promozione e protezione degli investimenti.
C. 1626 Governo.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Amato BERARDI (PdL), relatore, rileva come l'Accordo in esame sia volto a favorire la cooperazione economica con la Repubblica dominicana, promuovendo e proteggendo gli investimenti effettuati nel territorio di ciascuna Parte contraente da operatori dell'altra Parte, e si inquadra nell'ambito di analoghi accordi conclusi negli ultimi da molti Paesi dell'Unione europea con Paesi dell'area latino-americana.
Passando quindi ad analizzare il contenuto dell'Accordo, che si compone di 15 articoli, osserva come esso ricalchi sostanzialmente il modello definito in sede OCSE, generalmente seguito dall'Italia in numerosi altri Accordi volti a favorire gli investimenti italiani nel Paese partner ed a

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contribuire ad una sempre migliore cooperazione economica tra i due Paesi.
L'articolo I dell'Accordo contiene alcune definizioni di termini, quali «investimento», «investitore», «persona fisica», «persona giuridica», «redditi» e «territorio», indispensabili per precisare gli ambiti di applicazione oggettivi e soggettivi dell'Accordo.
L'articolo II precisa l'ambito di applicazione dell'Accordo, che risulta assai vasto, riguardando investimenti intrapresi anche prima della sua entrata in vigore, ad esclusione delle controversie delle controversie già anteriormente in essere.
L'articolo III prevede che ciascuna Parte incoraggi gli investitori dell'altra Parte ad effettuare gli investimenti sul proprio territorio, garantendo un trattamento giusto e equo agli investimenti. In tale ambito ciascuna Parte si impegna ad escludere che gli investimenti effettuati siano colpiti da misure ingiustificate o discriminatorie, nonché a mantenere un quadro giuridico idoneo a garantire agli investitori la continuità del trattamento giuridico. Inoltre è esclusa l'imposizione di obblighi relativi alla produzione o all'approvvigionamento.
L'articolo IV garantisce che gli investimenti effettuati e le attività ad essi connesse godano di un trattamento reciprocamente non meno favorevole di quello riservato da ciascun Paese ai propri cittadini o a investitori di Stati terzi, fatta eccezione per i vantaggi o privilegi concessi da una Parte contraente agli investitori di Stati terzi in virtù dell'appartenenza a Unioni doganali o economiche, ad un Mercato comune, ad una Zona di libero scambio, ovvero in ragione di Accordi per evitare la doppia imposizione o in materia di scambi transfrontalieri.
L'articolo V prevede un adeguato indennizzo dei danni subiti dagli investimenti a seguito di guerre o di altri conflitti armati, stati di emergenza, conflitti civili o altri eventi analoghi, in misura non meno favorevole di quello concesso agli investitori nazionali o a investitori di Paesi terzi, stabilendo che il pagamento dell'indennizzo siano liberamente trasferibili ed effettuati senza indebito ritardo.
L'articolo VI esclude che gli investimenti di ciascuna Parte contraente possano essere oggetto di misure limitative della proprietà, del possesso, del controllo o del godimento, salvo che ciò non sia previsto dalla normativa vigente. Inoltre si esclude che gli investimenti stessi possano essere oggetto di nazionalizzazioni, espropriazioni o altre misure con analogo effetto, se non per finalità pubbliche o interessi nazionali e dietro pagamento immediato ed effettivo di un'indennità. Tale equo indennizzo, comprensivo degli interessi, dovrà essere liberamente riscosso e trasferibile, sarà corrisposto in una valuta convertibile al tasso di cambio prevalente e dovrà essere saldato senza ritardo e comunque entro sei mesi. Inoltre si stabilisce il diritto dei soggetti che dichiarino di aver subito espropri di sottoporre il caso alle autorità giudiziarie ed amministrative competenti, e si prevede il diritto al riacquisto degli investimenti espropriati che non risultino utilizzati per il fine previsto dall'atto espropriativo.
L'articolo VII garantisce il diritto di libero trasferimento all'estero, al tasso di cambio applicabile alla data della richiesta, di tutti i versamenti relativi agli investimenti effettuati, a condizione che siano stati assolti i relativi obblighi tributari, secondo le procedure previste dalla legislazione della Parte contraente sul cui territorio l'investimento è realizzato. In deroga a tale principio il trasferimento dei fondi potrà essere impedito, su base equa e non discriminatoria, nei casi di fallimento, insolvenza, infrazioni penali o amministrative, incompatibilità degli obblighi dell'Accordo con la legislazione del lavoro, per finalità di tutela dei diritti dei creditori e di garanzia per l'esecuzione di sentenze definitive, ovvero nel caso di gravi problemi inerenti alla bilancia dei pagamenti, qualora la Parte contraente che dispone le restrizioni si attenga alle raccomandazioni specificamente adottate dal Fondo monetario internazionale.

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L'articolo VIII prevede la surroga di diritto nella titolarità dei crediti spettanti all'assicurato a titolo di risarcimento, nel caso in cui una delle Parti abbia erogato dei pagamenti a detto soggetto, in forza di una garanzia assicurativa dalla stessa prestata contro i rischi relativi agli investimenti effettuati dai propri investitori nel territorio dell'altra Parte. La norma ha lo scopo di tutelare i diritti di surroga di soggetti, quali la Società assicurativa commercio estero S.p.A. (SACE), società a totale capitale pubblico, chiamati a garantire gli investimenti all'estero.
L'articolo IX riguarda i trasferimenti finanziari, i quali dovranno avvenire in valuta convertibile, e al tasso di cambio prevalente applicabile alla data della domanda di trasferimento; in particolare si prevede che i trasferimenti previsti dagli articoli V e VI siano effettuati senza ritardo, e comunque entro 6 mesi, mentre i trasferimenti previsti dagli articoli VII e VIII devono essere effettuati entro 3 mesi.
L'articolo X definisce le modalità di composizione delle controversie tra le Parti contraenti circa l'interpretazione ed applicazione dell'Accordo, prevedendo in primo luogo il ricorso a forme di risoluzione tramite consultazione e negoziato. Nel caso in cui la controversia non sia risolta con tali modalità entro sei mesi, il comma 2 prevede il ricorso ad un Tribunale arbitrale ad hoc, composto da tre membri, di cui due nominati rispettivamente dalle parti di contraenti, che a loro volta nomineranno un Presidente appartenente ad uno Stato terzo. Le decisioni del Tribunale arbitrale saranno vincolanti per le Parti e non appellabili.
L'articolo XI stabilisce le modalità di composizione delle controversie tra un investitore di una Parte contraente e l'altra Parte, le quali devono essere risolte tramite consultazione e negoziato. Ove tale composizione non avvenga entro sei mesi dalla richiesta, l'investitore potrà fare ricorso, a sua scelta: ad un Tribunale della Parte contraente avente giurisdizione territoriale, ad un Tribunale arbitrale ad hoc, composto da tre componenti, le cui decisioni saranno eseguite in conformità alle rispettive legislazioni nazionali delle Parti, ovvero al Centro internazionale per la Soluzione delle Controversie in materia d'Investimenti.
L'articolo XII stabilisce che l'applicazione dell'Accordo non è condizionata dall'esistenza di relazioni diplomatiche o consolari tra le Parti contraenti.
L'articolo XIII, commi 1 e 2, permette alle Parti contraenti e ai loro investitori di avvalersi di disposizioni più favorevoli di quelle dell'Accordo in esame, qualora siano previste da altro Accordo al quale le Parti hanno aderito, dal diritto internazionale generale, oppure dalla legislazione di una delle Parti contraenti. I commi 3 e 4 precisano che le eventuali modifiche sostanziali alla legislazione di un Parte contraente non si applichino retroattivamente agli investimenti, e che le disposizioni dell'Accordo non limiteranno l'applicazione di disposizioni nazionali volte a prevenire l'evasione fiscale e l'elusione.
L'articolo XIV regola l'entrata in vigore dell'Accordo, mentre l'articolo XV ne disciplina la tutela dei diritti dei creditori, che è prevista in 10 anni, rinnovabili per altri 10 anni, salvo denunzia effettuata da una delle Parti almeno un anno prima della data di scadenza.
Considerata l'opportunità di estendere a nuovi Stati gli accordi bilaterali volti a favorire gli investimenti esteri, e non essendovi profili problematici di competenza della Commissione, propone di esprimere parere favorevole sul disegno di legge in esame.

La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria.
C. 1441-bis Governo.

(Parere alle Commissioni riunite I e V).
(Esame e conclusione - Parere favorevole con osservazione).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

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Antonino Salvatore GERMANÀ (PdL), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata ad esprimere il parere alle Commissioni riunite I Affari costituzionali e V Bilancio, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, sul disegno di legge C. 1441-bis, recante disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria.
Il provvedimento, che risulta dallo stralcio di alcuni articoli dell'originario testo del disegno di legge C. 1441, risulta collegato alla manovra di finanza pubblica e si compone di 48 articoli. Peraltro rileva come molte disposizioni contenute nel disegno di legge risultino letteralmente o sostanzialmente identiche a previsioni già contenute nel decreto-legge n. 112 del 2008.
Per quanto riguarda le disposizioni attinenti agli ambiti di competenza della Commissione Finanze, segnala in primo luogo l'articolo 4, il quale regola la costituzione della società per azioni Banca del Mezzogiorno, prevedendo in particolare che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro 4 mesi dalla data di entrata in vigore della legge stessa, viene nominato il Comitato promotore. Il decreto dovrà fissare, altresì, i criteri per la redazione dello Statuto, le modalità di composizione dell'azionariato, per l'acquisizione di rami di azienda già appartenuti ai banchi meridionali e insulari, le modalità di accesso a fondi e finanziamenti internazionali. Viene autorizzata la spesa di 5 milioni per il 2008, quale apporto dello Stato al capitale sociale. Tale importo dovrà essere restituito allo Stato entro 5 anni dall'inizio dell'operatività della Banca, a seguito della cessione alla Banca delle azioni ad esso intestate, salvo una.
In merito rileva come tali disposizioni risultino pressoché identiche a quelle dell'articolo 6-ter del decreto-legge n. 112.
Segnala altresì l'articolo 14, recante norme volte alla realizzazione delle infrastrutture necessarie all'adeguamento delle reti di comunicazioni elettronica nelle aree sottoutilizzate. A tal fine, il comma 1 stabilisce che il Governo - nel rispetto delle competenze regionali - definisca un programma nel quale siano indicati gli interventi necessari, ed assegna una dotazione di 800 milioni per il periodo 2007-2013, a valere sulle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate.
Il comma 2 reca una delega al Governo per adottare, entro dodici mesi dalla entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi di riassetto legislativo, volti a ridefinire il quadro normativo relativo alla realizzazione delle infrastrutture di comunicazione elettronica a banda larga, secondo le modalità e i principi direttivi di cui all'articolo 20 della legge n. 59 del 1997, in materia di semplificazione e riassetto normativo.
Il medesimo comma 2 indica gli ulteriori principi e criteri direttivi cui il Governo deve conformarsi nell'attuazione della delega, tra i quali appare rilevante per gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, la lettera e), la quale prevede l'introduzione di un regime agevolato per l'utilizzo del suolo pubblico, prevedendo la gratuità, per un congruo periodo di tempo, dell'utilizzo del suolo pubblico per la posa di cavi e di infrastrutture a banda larga, nonché il riconoscimento di incentivi fiscali per la realizzazione di infrastrutture avanzate di comunicazione nelle nuove costruzioni e urbanizzazioni nonché nei casi di innovazioni finalizzate alla cablatura in fibra ottica dei condomìni e degli insediamenti residenziali.
Disposizioni correttive dei decreti legislativi in questione potranno essere emanate, secondo il comma 4, entro due anni dalla entrata in vigore dei decreti stessi, nel rispetto dei medesimi criteri direttivi e modalità procedurali.
Il comma 5 fa salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, quali previste dagli statuti e dalle norme di attuazione.
Al riguardo evidenzia come disposizioni sulla medesima materia siano contenute nell'articolo 2 del decreto-legge n. 112 del 2008.

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Parimenti rilevante per la competenza della Commissione Finanze appare l'articolo 20, recante disposizioni in materia di infrastrutture militari.
In particolare, il comma 1 modifica in primo luogo il comma 13-ter dell'articolo 27 del decreto-legge n. 269 del 2003, fissando al 31 dicembre del 2008, anziché al 31 ottobre, come attualmente previsto, il termine entro il quale il Ministero della difesa è tenuto ad individuare gli immobili non più utilizzati dall'Amministrazione della difesa per finalità istituzionali da consegnare all'Agenzia del demanio allo scopo di favorirne la riallocazione in aree maggiormente funzionali.
In secondo luogo, ai sensi del medesimo comma 1, la consegna all'Agenzia del demanio degli immobili dismessi è subordinata all'avvenuto completamento delle procedure di riallocazione del patrimonio infrastrutturale in uso ed è quindi soppresso l'attuale termine del 31 dicembre 2008 per la conclusione delle citate operazioni di consegna.
Il comma 1 prevede inoltre la soppressione del riferimento al valore complessivo di 2.000 milioni di euro da conseguire in conseguenza delle dismissione da realizzare nell'anno 2008 e la previsione che tale riallocazione possa avvenire anche attraverso il ricorso ad accordi o a procedure negoziate con società a partecipazione pubblica e con soggetti privati.
Inoltre il comma 1 dispone l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero della difesa, di un fondo in conto capitale e di un fondo di parte corrente destinati al finanziamento della richiamata riallocazione, nonché delle esigenze di funzionamento, ammodernamento e manutenzione dei mezzi delle Forze armate, inclusa l'Arma dei Carabinieri. I fondi sono determinati dalla legge finanziaria: al fondo in conto capitale concorrono anche i proventi derivanti dalle dismissione degli immobili del Ministero della difesa; al fondo di parte corrente affluiscono anche i proventi derivanti dalle alienazioni dei materiali fuori uso della Difesa.
Il comma 2 novella il comma 15-ter del decreto-legge n. 351 del 2001, in base al quale, nell'ambito dei processi di razionalizzazione dell'uso degli immobili pubblici ed al fine di adeguare l'assetto infrastrutturale delle Forze armate alle esigenze derivanti dall'adozione dello strumento professionale, il Ministero della difesa può individuare beni immobili di proprietà dello Stato mantenuti in uso al medesimo Dicastero per finalità istituzionali, suscettibili di permuta con gli enti territoriali. Le attività e le procedure di permuta sono effettuate dall'Agenzia del demanio, d'intesa con il Ministero della difesa. La novella è volta in primo luogo a prevedere che la citata permuta possa avvenire anche con società a partecipazione pubblica e con soggetti privati.
In secondo luogo, all'attuale previsione secondo la quale le attività e le procedure di permuta sono effettuate dall'Agenzia del demanio, d'intesa con il Ministero della difesa, la disposizione sostituisce la diversa regola secondo la quale le citate procedure sono effettuate dal Ministero della difesa d'intesa con l'Agenzia del demanio.
Il comma 3 attribuisce al Ministero della difesa il compito di individuare, con apposito decreto, ulteriori immobili da alienare, non ricompresi negli elenchi di cui all'articolo 27, comma 13-ter del citato decreto legge n. 269 del 2003. A tal fine, il medesimo comma 3 stabilisce che: le vendite, le permute e le valorizzazioni e la gestione dei citati beni sono effettuate direttamente dal Ministero della difesa; il valore dei beni da porre a base d'asta è stabilito dal Ministero della difesa, previo parere di congruità espresso da una apposita Commissione; con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e con il Ministro della difesa, i proventi derivanti dalle attività di alienazione, permuta valorizzazione e gestione dei citati immobili possono essere destinati alle esigenze funzionali del Ministero della difesa, dedotta la quota che può essere destinata agli enti territoriali interessati; le alienazioni e le permute dei beni in questione possono essere realizzate tramite il ricorso alla

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trattativa privata nel caso in cui il valore dei citati beni sia inferiore a quattrocentomila euro.
Il comma 4 stabilisce che i proventi derivanti dalle alienazioni di cui all'articolo 49, comma 2, della legge n. 388 del 2000, sono integralmente riassegnati al citato fondo di parte corrente istituito nello stato di previsione del Ministero della difesa.
Al riguardo segnala come l'articolo riproduca integralmente il contenuto dell'articolo 14-bis del decreto-legge n. 112 del 2008.
Evidenzia quindi, in quanto anch'esso rilevante per le competenze della Commissione, l'articolo 43, il quale interviene nell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche, recando disposizioni volte all'esternalizzazione di funzioni ed alla piena utilizzazione degli edifici pubblici, in modo da consentirne la fruizione anche ai cittadini.
In particolare, il comma 1 prevede che le amministrazioni pubbliche possono decidere di affidare, in via temporanea e tenuto conto della missione principale loro affidata, alcune funzioni da esse esercitate ad altri soggetti, pubblici o privati. La scelta deve cadere sulle funzioni che possono essere esercitate più efficacemente o più economicamente da altri. Se la scelta di affidare a terzi alcune funzioni proprie spetta unicamente alle singole amministrazioni, il procedimento è stabilito a livello centrale.
Ai sensi del comma 2 le amministrazioni interessate presentano una proposta di affidamento - che presuppone un risparmio di spesa - ad un comitato interministeriale presieduto dal Presidente del Consiglio o dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, il quale, in base al comma 3, individua lo strumento giuridico più adatto per l'esercizio della funzione, sul cui trasferimento decide in ultima istanza il Consiglio dei ministri.
Per quanto riguarda gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, segnala il comma 4, il quale chiama le amministrazioni pubbliche a favorire ogni iniziativa volta alla piena utilizzazione e fruizione dei propri edifici da parte dei cittadini, provvedendo con le risorse disponibili in bilancio ed in armonia con le proprie finalità istituzionali.
Il comma 5 prevede che in sede di contrattazione collettiva dovranno essere definiti incentivi economici da attribuire al personale impiegato nelle attività di cui sopra.
Richiama altresì all'attenzione della Commissione sull'articolo 63, contenente disposizioni volte a realizzare il contenimento delle spese di giustizia e la razionalizzazione delle procedure di riscossione delle medesime.
Tra i diversi interventi, quelli maggiormente significativi consistono nelle modifiche apportate al testo unico delle disposizioni in materia di spese di giustizia (decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002). Esse riguardano, tra l'altro, la registrazione degli atti giudiziari nel processo penale, il recupero delle spese nei confronti dell'imputato ammesso al gratuito patrocinio, le norme in materia di devoluzione allo Stato dei beni sequestrati.
Ulteriori significative modifiche al citato testo unico attengono al cuore della disciplina del sistema di recupero delle spese di giustizia, con riferimento alla semplificazione della procedura di quantificazione del credito.
Alcune novità riguardano anche le modalità di riscossione di specifiche spese: al fine di evitare che residuino spese per le quali si debba procedere nei confronti di più debitori solidali, è infatti stabilito il ricorso alla riscossione pro quota, sia per quanto riguarda le spese per prestazioni a fini di giustizia effettuate a fronte di richieste di intercettazioni e di informazioni da parte delle competenti autorità giudiziarie, sia per le spese escluse dalla forfetizzazione ovvero spese di pubblicazione e spese per la demolizione di opere abusive e riduzione in pristino dei luoghi e le spese di natura tributaria.

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Viene inoltre completamente ridefinita la disciplina in materia di riscossione a mezzo ruolo delle spese di giustizia.
In particolare, la lettera g) del comma 5 introduce nel testo unico in materia di spese di giustizia gli articoli da 227-quater a 227-novies, i quali ridefiniscono la disciplina in materia di riscossione a mezzo ruolo, con riferimento particolare: alla formazione dei ruoli informatizzati (articolo 227-quater); ad una generalizzata riduzione dei termini per la riscossione (articolo 227-quinquies); a specifiche disposizioni riguardanti i casi in cui, nell'ambito del processo penale, sia stato disposto il sequestro conservativo di somme di denaro nonché di crediti, beni mobili e immobili (articoli 227-sexies e 227-septies), nonché i casi di restituzione di cose sequestrate dopo il passaggio in giudicato del provvedimento di condanna (articolo 227-octies).
Per quanto riguarda più specificamente gli aspetti rilevanti per la competenza della Commissione Finanze, il comma 6 apporta altresì alcune modifiche all'articolo 1, comma 367, della legge n. 244 del 2007 (finanziaria per il 2008), in materia di riscossione dei crediti erariali relativi al processo penale affidati ad Equitalia, il quale ha previsto che entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge (e dunque entro il 30 aprile 2008) il Ministero della giustizia provvedesse alla stipula di una o più convenzioni con una società interamente posseduta da Equitalia spa per la gestione e la riscossione del crediti derivanti da spese di giustizia.
Le lettere a) e b) del comma 6 apportano modifiche alla disciplina della riscossione affidata ad Equitalia, conseguenti all'introduzione della nuova disciplina della quantificazione del credito dell'erario per spese di giustizia, con l'abolizione dell'invito al pagamento nella procedura di riscossione dell'adempimento spontaneo.
La lettera c) sostituisce la lettera c) del comma 367 appena citato, prevedendo la facoltà per gli agenti della riscossione di rateizzare il pagamento del credito ed escludendo espressamente la rateizzazione delle pene pecuniarie.
La lettera d) inserisce un nuovo comma 367-bis dopo il comma 367, prevedendo le modalità di notifica della comunicazione con l'intimazione a pagare l'importo dovuto nel termine di un mese e della contestuale cartella di pagamento, di cui all'articolo 227-ter del testo unico sulle spese di giustizia.
Ancora con riferimento agli aspetti di competenza della Commissione Finanze, segnala l'articolo 73, il quale reca, al comma 1, uno stanziamento di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 e di 1,2 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010 per lo studio delle problematiche connesse all'effettiva attuazione della riforma federalista, al fine di garantire un contesto di stabilità e di piena compatibilità finanziaria con gli impegni europei e internazionali assunti.
Alla relativa copertura finanziaria si provvede quanto a 3 milioni di euro per gli anni 2008 e 2009, a valere sul fondo speciale di parte corrente allo scopo utilizzando parzialmente l'accantonamento relativo al Ministero della salute, e quanto a 1,2 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010, a valere sulle risorse derivanti dalla soppressione della Commissione tecnica per la finanza pubblica dall'attuazione, disposta dall'articolo 45, comma 3, del decreto-legge n. 112 del 2008.
Formula quindi una proposta di parere favorevole con osservazione (vedi allegato).

Gianfranco CONTE, presidente, condivide le considerazioni svolte dal relatore, nonché il contenuto della proposta di parere, evidenziando inoltre, con riferimento all'articolo 63, l'esigenza di affrontare ulteriormente il tema della riscossione delle spese di giustizia, rispetto al quale si registrano notevoli difficoltà nel disporre di dati affidabili e completi.

La Commissione approva la proposta di parere formulata dal relatore.

La seduta termina alle 13.45.

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RISOLUZIONI

Martedì 23 settembre 2008. - Presidenza del presidente Gianfranco CONTE. - Interviene il sottosegretario dell'economia e delle finanze Daniele Molgora.

La seduta comincia alle 13.45.

7-00016 Strizzolo: Modalità di attestazione dei requisiti per l'accesso alla ripartizione della quota del 5 per mille.
(Rinvio del seguito della discussione).

Gianfranco CONTE, presidente, in considerazione del presentatore a partecipare alla seduta odierna, ritiene opportuno rinviare ad altra seduta il seguito della discussione.

7-00040 Fluvi: Requisiti per lo svolgimento dell'attività di consulenza finanziaria.
(Discussione e rinvio).

La Commissione inizia la discussione della risoluzione in oggetto.

Alberto FLUVI (PD) illustra la propria risoluzione, la quale, alla luce delle modifiche apportate in materia al Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) a seguito dell'attuazione della direttiva 2004/39/CE (cosiddetta direttiva Mifid), affronta il tema dei requisiti richiesti per lo svolgimento dell'attività di consulenza finanziaria.
Segnala infatti come, in seguito all'inserimento fra i «servizi e attività di investimento» del nuovo servizio di «consulenza in materia di investimenti», si è sostanzialmente imposto alle circa 200 strutture aziendali dedicate alla consulenza recentemente sorte in Italia, in gran parte costituite in forma di società per azioni, di trasformarsi, entro il termine massimo del 31 dicembre 2008, in SIM, le quali devono avere la forma giuridica di società per azioni e disporre di un capitale minimo che, qualora prestino esclusivamente il servizio di consulenza in materia di investimenti, non può comunque essere inferiore a 120.000 euro.
Rileva quindi come tali obblighi, oltre a risultare ingiustificati sul piano sostanziale, non trovino riscontri nella predetta direttiva 2004/39/CE (direttiva Mifid), che, all'articolo 4, paragrafo 1, non impone alcuna forma giuridica specifica per le imprese di investimento, e che, all'articolo 67, paragrafo 3, stabilisce in 50.000 euro il capitale iniziale delle stesse, quando dedicate, in via esclusiva, alla consulenza ed alla raccolta ordini. Inoltre tali vincoli comporteranno conseguenze particolarmente gravose per le società di consulenza costituite in forma di SRL, e costringeranno in molti casi anche le altre ad un adeguamento del capitale sociale, determinando una disparità di trattamento in danno delle imprese nazionali di consulenza rispetto alle imprese di altri Stati membri operanti nel medesimo settore, tale da rendere sostanzialmente impossibile la prosecuzione dell'attività.
In tale contesto l'atto di indirizzo intende impegnare il Governo ad assumere le iniziative necessarie, anche di carattere normativo, per consentire lo svolgimento dell'attività di consulenza finanziaria anche alle società a responsabilità limitata nazionali appositamente costituite, purché rispettino i requisiti patrimoniali minimi previsti dall'articolo 67, paragrafo 3, della direttiva 2004/39/CE.

Gianfranco CONTE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia ad altra seduta il seguito della discussione, anche al fine di consentire al Governo di approfondirne il contenuto.

La seduta termina alle 13.55.

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COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE

Martedì 23 settembre 2008. - Presidenza del presidente Gianfranco CONTE.

La seduta comincia alle 13.55.

Sull'incontro interparlamentare dei Presidenti delle Commissioni finanze degli Stati membri dell'Unione europea svoltosi a Parigi il 14 ed il 15 settembre 2008.

Gianfranco CONTE, presidente, informa la Commissione in merito all'andamento dell'incontro interparlamentare dei Presidenti delle Commissioni finanze degli Stati membri dell'Unione europea, sui temi della concorrenza fiscale, organizzato dall'Assemblea Nazionale e dal Senato della Repubblica francesi, svoltosi a Parigi il 14 ed il 15 settembre 2008, al quale ha partecipato assieme al Presidente della Commissione Finanze e Tesoro del Senato, Mario Baldassarri.
All'incontro, cui ha presenziato il Presidente dell'Assemblea Nazionale francese Bernard Accoyer, hanno partecipato il Presidente della Commissione Finanze dell'Assemblea Nazionale Didier Migaud, il Presidente della Commissione Finanze del Senato francese Jean Arthuis, la Presidente della Commissione Affari economici del Parlamento europeo, Pervenche Berès, il Direttore della Direzione generale di sanità e dogane della Commissione europea Robert Verrue, nonché rappresentanti delle Commissioni Finanze dei Parlamenti di numerosi Stati membri.
Nel corso del suo intervento, che ha riguardato i temi della concorrenza fiscale, ha avuto modo di evidenziare come la concorrenza fiscale sia uno degli elementi essenziali di un dilemma irrisolto del processo di integrazione europea, in considerazione del fatto che, a fronte della moneta unica e di una politica monetaria unica, nonché di vincoli rigorosi di bilancio, l'Unione europea manca di un reale coordinamento positivo delle politiche economiche e fiscali.
Questo squilibrio è indubbiamente uno degli elementi di maggiore criticità che rendono difficoltoso il rilancio della crescita, dell'occupazione e della competitività nell'Unione europea, in coerenza con gli obiettivi definiti dalla Strategia di Lisbona.
In tale contesto egli ha sostenuto la necessità di giungere ad un maggiore coordinamento tra i sistemi nazionali, al fine di eliminare distorsioni nel funzionamento del mercato interno e a sostenere la competitività del sistema produttivo europeo nel suo complesso.
Infatti, pur ritenendo che la concorrenza tra i 27 differenti sistemi fiscali nazionali non sia di per sé un disvalore, in quanto può favorire un abbassamento dell'imposizione negli Stati membri ed esercitare una pressione al ribasso sulla spesa pubblica, ha sottolineato come la concorrenza fiscale possa avere effetti positivi, a condizione che siano stabilite alcune condizioni di partenza eque e trasparenti per tutti gli ordinamenti. In un sistema integrato quale quello europeo, la concorrenza fiscale, infatti, non può essere sfrenata e senza regole, se non si vuole che essa si traduca in fenomeni di «dumping fiscale», che finirebbero per ostacolare il mercato unico, minando la crescita e l'occupazione nell'UE a livello complessivo.
A tale fine ha dunque rilevato l'esigenza ineludibile di un coordinamento minimo dei sistemi fiscali nazionali che, in coerenza con il principio di sussidiarietà, porti alla definizione di regole minime comuni in tutti i settori in cui la concorrenza fiscale può degenerare in comportamenti dannosi sia sotto il profilo della logica economica sia sotto quello degli equilibri di bilancio. Tale coordinamento dovrebbe innanzitutto riguardare l'IVA, la tassazione delle imprese e del risparmio, il trattamento fiscale delle persone fisiche e giuridiche non residenti, le imposte energetiche ed ecologiche.
In tale quadro ha segnalato l'esigenza di procedere prioritariamente ad alcuni interventi:
a) riformare il sistema delle aliquote ridotte e dei regimi speciali o derogatori

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IVA, al fine di giungere alla definizione di un unico allegato, di carattere tassativo, che contenga regole uniformi per tutti, in quanto la coesistenza, accanto all'attuale allegato H, di disposizioni che consentono a ciascuno Stato membro di applicare a specifici beni o servizi aliquote ridotte o super ridotte, costituisce un forte elemento di distorsione, che falsa la concorrenza nel mercato interno e rende poco trasparente il sistema impositivo. Al riguardo ha ricordato come la Commissione europea avesse presentato qualche anno fa una proposta ambiziosa in tal senso, che non è stata approvata per i contrasti fortissimi tra gli Stati membri, sottolineando la necessità di compiere uno sforzo per riavviare una discussione approfondita in merito, sulla falsariga di quanto previsto nel programma del Consiglio per i prossimi 18 mesi, presentato nello scorso giungo dalle presidenze francese, ceca e svedese;
b) valutare l'ipotesi di introdurre soglie minime di imposizione sul reddito di impresa, senza mettere in discussione la piena discrezionalità degli Stati membri in materia, né impedire il mantenimento di sistemi di flat tax, al fine di impedire una rincorsa al ribasso della tassazione su talune tipologie di redditi, che finirebbe inevitabilmente con il concentrare il carico fiscale su fattori meno mobili della produzione - come il lavoro dipendente - con effetti negativi sull'occupazione;
c) applicare in modo più coerente ed equo le regole relative agli aiuti di Stato in materia fiscale, soprattutto in merito all'applicazione di aliquote ridotte a regioni svantaggiate, in considerazione del fatto che i criteri applicati in passato non sembrano infatti aver risposto sempre a criteri di ragionevolezza e omogeneità, creando distorsioni e disparità nel trattamento di diversi Paesi.

Nell'ampio ventaglio di posizioni che sono emerse nel corso del dibattito, rileva come l'elemento più significativo sia rappresentato dal fatto che non esiste, al momento, una concordanza di vedute tra i diversi Stati membri, né in merito all'opportunità di giungere ad una maggiore armonizzazione dei regimi tributari a livello comunitario, né circa le modalità attraverso le quali giungere a tale obiettivo.
In particolare è sembrato che, mentre i rappresentanti parlamentari dei Paesi più grandi, e di più antica appartenenza all'Unione europea, unitamente alla Presidente della Commissione Affari economici del Parlamento europeo, convenissero sostanzialmente sui rischi insiti da una concorrenza fiscale priva di qualunque limite, pur esprimendo realisticamente perplessità sulla possibilità, e sulla stessa opportunità, di un'armonizzazione molto spinta, al contrario, i rappresentanti dei Paesi più piccoli, e di quelli recentemente entrati nell'Unione europea, sembravano protendere verso una valutazione più favorevole della stessa concorrenza, considerata come un'opportunità irrinunciabile di politica economica per le economie più in ritardo o poste in una condizione di relativa marginalità, ed uno strumento utile all'intera economia dell'Unione per far fronte alle sfide poste dalla globalizzazione economica.
In tale contesto il Direttore generale della fiscalità della Commissione europea Verrue ha segnalato come l'esigenza di una maggiore armonizzazione dei sistemi fiscali degli Stati membri dell'Unione europea sia stata innanzitutto segnalata alla Commissione europea dai rappresentanti del mondo delle imprese, in particolare di quelle transnazionali e multinazionali, al fine di ridurre i costi, anche amministrativi, derivanti dalla necessità di confrontarsi con una pluralità di sistemi tributari nazionali tra loro differenti. Sulla scorta di tali sollecitazioni la Commissione europea ha adottato, nella seconda metà degli anni '90, un insieme di misure incidenti sui temi della concorrenza fiscale dannosa, correntemente indicato come «Pacchetto Monti», costituito dalla Direttiva 2003/48/CE sulla tassazione del risparmio, dalla Direttiva 2003/349/CE, volta a eliminare le ritenute alla fonte sui pagamenti transfrontalieri di interessi e diritti tra società, e dal Codice di condotta nel campo della fiscalità d'impresa, i quali costituiscono

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tuttora il fulcro delle iniziative della Commissione in materia. Allo stato la Commissione non intende avanzare ulteriori proposte in merito, essendo pienamente consapevole del fatto che non sussistono le condizioni politiche per compiere ulteriori passi avanti in tale settore.
Peraltro, ogni eventuale proposta della Commissione sul piano dell'armonizzazione dell'imposizione sul reddito delle società riguarderebbe esclusivamente l'armonizzazione delle basi imponibili, essendo ogni scelta relativa alla fissazione eventuale di aliquote minime rimessa alle determinazioni politiche degli Stati membri. In ogni caso, è stato rilevato come un'eventuale armonizzazione della base imponibile avrebbe, in una certa misura, l'effetto di incrementare la competizione tra i sistemi fiscali nazionali, in quanto le imprese multinazionali avrebbero in tal caso la possibilità di comparare più chiaramente la relativa convenienza dei diversi ordinamenti, orientandosi probabilmente verso quegli Stati nei quali si registrino aliquote più basse.
Con specifico riferimento al settore dell'IVA, il Direttore Verrue ha segnalato come sebbene il regime di tale imposta risulti sostanzialmente armonizzato a livello europeo, si registri il dato, molto preoccupante, costituito dall'enorme ammontare delle frodi perpetrate in tale ambito, che testimonia evidentemente dell'esigenza di rivedere anche taluni meccanismi di questa imposta.
Evidenzia quindi come il dibattito abbia avuto il pregio di evidenziare appieno l'estrema complessità di tale problematica, sia sotto il versante politico, sia sotto un profilo squisitamente economico, tenuto anche conto della circostanza che, oltre ai regimi nazionali, in alcuni ordinamenti si registra un'ulteriore variabile, costituita dalle differenze di imposizione tra i livelli di governo regionale o locale. In particolare, da più parti si è evidenziato come occorra avere una visione corretta dell'effettivo impatto che i sistemi fiscali possono avere sui meccanismi competitivi, ed è stato segnalato come il livello dell'imposizione fiscale media costituisca solo il settimo degli elementi presi in considerazione dalle imprese per compiere le scelte relative ai propri investimenti produttivi, mentre risultano assai più importanti gli aspetti concernenti il contesto giuridico, infrastrutturale e sociale.
In tale quadro rileva come l'elemento che ha accomunato le considerazioni di tutti gli esponenti intervenuti all'incontro sia costituita dall'esigenza di procedere in questo campo secondo un approccio realistico, che prenda atto delle diversità di posizioni esistenti attualmente, nonché del fatto che, comunque, quella tributaria costituisce una delle materie sulle quali le decisioni comunitarie devono essere assunte all'unanimità, non essendo al momento ipotizzabile sottrarre tale rilevante aspetto delle scelte di politica economica alla sovranità dei singoli Stati membri.

La seduta termina alle 14.05.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Martedì 23 settembre 2008.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 14.05 alle 14.15.