CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 17 settembre 2008
55.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

Mercoledì 17 settembre 2008. - Presidenza del presidente Stefano SAGLIA.

La seduta comincia alle 11.

Delega al Governo in materia di lavori usuranti e di riorganizzazione di enti, misure contro il lavoro sommerso e norme in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro.
C. 1441-quater
.
(Esame e rinvio).

Stefano SAGLIA, presidente, avverte che l'esame del provvedimento in esame, derivante dallo stralcio di alcuni articoli del disegno di legge C. 1441, deve essere concluso dall'Assemblea - secondo quanto convenuto nella Conferenza dei Presidenti di gruppo del 4 agosto scorso - entro il 9 ottobre prossimo.
Ricorda poi che nella riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, dell'11 settembre scorso è stata convenuta la seguente organizzazione dei lavori in Commissione: mercoledì 17 settembre, relazione introduttiva e avvio della discussione generale; giovedì 18 settembre, conclusione della discussione generale; venerdì 19 settembre, ore 12, termine per la presentazione di emendamenti; martedì 23 settembre, pronuncia sul vaglio di ammissibilità degli emendamenti e avvio dell'esame degli emendamenti; mercoledì 24 settembre e giovedì 25 settembre, esame degli emendamenti; martedì 30 settembre e mercoledì 1o ottobre, esame del provvedimento

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da parte delle Commissioni in sede consultiva, giovedì 2 ottobre, esame dei pareri e deliberazione del mandato al relatore a riferire in Assemblea.
Invita quindi il relatore a riferire sul provvedimento.

Giuliano CAZZOLA (PdL), relatore, rileva che il disegno di legge C.1441-quater all'esame della XI Commissione risulta dallo stralcio degli articoli 23, 24, 32, da 37 a 39 e da 65 a 67 del disegno di legge C. 1441, deliberato dall'Assemblea in data 5 agosto 2008. Il disegno di legge C. 1441, e conseguentemente il disegno di legge C. 1441-quater derivante dallo stralcio del primo, hanno natura di provvedimenti collegati alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2009-2013, secondo quanto previsto dal Documento di programmazione economico-finanziario 2009-2013 e dalla risoluzione con cui la Camera ha approvato il suddetto Documento.
Nell'illustrare l'articolato del provvedimento, precisa che il disegno di legge in esame reca disposizioni in materia di lavoro e di previdenza.
L'articolo 23 prevede una delega legislativa, da esercitare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, volta a concedere ai lavoratori dipendenti impegnati in lavori o attività connotati da un particolare indice di stress psico-fisico (cosiddette «attività usuranti»), che maturano i requisiti pensionistici a decorrere dal 1o gennaio 2008, la possibilità, su domanda, di accedere anticipatamente al trattamento pensionistico. Fa notare come in pratica si tratti di una riapertura dei termini per l'esercizio della delega spirata il 30 maggio scorso.
Allo scopo di riassumere i termini generali della vicenda, ricorda che la legge n. 247 del 2007, all'articolo 1, comma 3, aveva previsto una delega legislativa, da esercitare entro tre mesi dall'entrata in vigore della medesima legge, volta a concedere ai lavoratori dipendenti impegnati in lavori o attività connotati da un particolare indice di stress psico-fisico, che maturano i requisiti pensionistici a decorrere dal 1o gennaio 2008, la possibilità di accedere anticipatamente al trattamento pensionistico.
In attuazione della menzionata delega di cui alla legge n. 247 del 2007, venne predisposto e trasmesso alla Camera e al Senato, ai fini dell'espressione del parere, lo schema di decreto legislativo recante «Disposizioni in materia di accesso anticipato al pensionamento per gli addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti» (atto n. 238), volto appunto a consentire ai lavoratori subordinati addetti a lavori particolarmente faticosi e pesanti (cosiddette «attività usuranti») di accedere anticipatamente al pensionamento, con requisiti inferiori a quelli previsti per la generalità dei lavoratori dipendenti.
Su tale schema di decreto legislativo la XI Commissione (Lavoro) della Camera espresse un parere favorevole con osservazioni in data 1o aprile 2008, mentre la 11a Commissione (Lavoro, previdenza sociale) del Senato, pur avendo avviato l'esame del provvedimento, non ha espresso il parere entro la scadenza del termine.
Tuttavia il termine finale per l'esercizio della delega (30 maggio 2008) è scaduto senza che tale decreto legislativo venisse definitivamente emanato.
Ciò premesso, fa presente che i principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega prevista dall'articolo 23 del provvedimento in esame vengono indicati per relationem. Si dispone infatti che, ai fini dell'attuazione della delega, si faccia riferimento ai principi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 3, lettere a), b), c), d), e), f) e g), della legge n. 247 del 2007. L'articolo in esame richiama la disciplina della menzionata delega in materia di lavori usuranti di cui alla legge n. 247 del 2007 anche per quanto riguarda le modalità procedurali per l'emanazione dei decreti legislativi in questione (disponendo che si applicano al riguardo i commi 90 e 91 dell'articolo 1 della legge n. 247 del 2007), nonché la clausola di copertura finanziaria, disponendo che rimane valida la norma di copertura di cui al comma 92 del citato articolo 1. Pertanto alla copertura

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finanziaria degli oneri derivanti dall'attuazione della delega in esame si provvede a valere sulle risorse stanziate nell'apposito Fondo per il finanziamento previsto nel Protocollo sul welfare del 23 luglio 2007 ed istituito dall'articolo 2, comma 508, della legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007).
Infine ricorda - in materia di lavori usuranti - che sono già all'esame della XI Commissione (Lavoro) le abbinate proposte di legge C. 1297 (Damiano ed altri) e C. 1367 (Cazzola ed altri), volte anch'esse a prevedere una disciplina in materia di pensionamento anticipato dei soggetti che svolgono lavori usuranti. Richiama l'attenzione della Commissione sul dato di fatto derivante dall'intrecciarsi di due diversi vettori legislativi: quello predisposto con l'abbinamento delle due proposte di legge e quello che sarà approvato nell'ambito del disegno di legge 1441 quater. La particolare sottolineatura del problema è rivolta a sollecitare una discussione sulla linea di condotta da seguire allo scopo di favorire il più possibile la conclusione del processo legislativo in materia.
Proseguendo nell'illustrazione dell'articolato, constata che l'articolo 24 delega il Governo ad adottare, entro dodici mesi dall'entrata in vigore del provvedimento, uno o più decreti legislativi volti a riorganizzare una serie di enti vigilati dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, nonché a ridefinire il rapporto di vigilanza del menzionato Ministero sugli stessi enti. Si tratta, in particolare: dell'Istituto superiore di sanità, dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, dell'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, degli Istituti zooprofilattici sperimentali, della Croce rossa italiana, della Lega italiana per la lotta contro i tumori, dell'Agenzia italiana del farmaco, dell'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori, dell'Istituto per gli affari sociali e di Italia Lavoro Spa.
La delega deve essere esercitata sulla base, in particolare, dei seguenti criteri e principi direttivi: semplificazione e snellimento dell'organizzazione e della struttura amministrativa dei suddetti enti, prevedendo anche la trasformazione di Italia Lavoro Spa in ente pubblico economico, con eventuale incorporazione nel medesimo dell'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori e dell'Istituto per gli affari sociali; razionalizzazione e ottimizzazione dei costi di funzionamento, attraverso la riorganizzazione dei centri di spesa e l'adeguamento dell'organizzazione e della struttura amministrativa degli enti vigilati ai principi di razionalizzazione di cui alla legge finanziaria 2007. L'articolo 24 prevede inoltre l'emanazione, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, di regolamenti adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per il riordino degli organi collegiali e degli altri organismi istituiti con legge o con regolamento nell'amministrazione centrale della salute, nel rispetto dei seguenti criteri: a) eliminazione delle duplicazioni organizzative e funzionali; b) razionalizzazione delle competenze delle strutture che svolgono funzioni omogenee; c) limitazione del numero delle strutture a quelle strettamente indispensabili all'adempimento delle funzioni riguardanti la tutela della salute; d) diminuzione del numero dei componenti degli organismi.
L'articolo 32 modifica la disciplina di cui ai commi da 3 a 5 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 12 del 2002 relativa alle sanzioni amministrative e civili previste per il caso di utilizzo di lavoro irregolare. Il comma 1 modifica, tramite novella, la disciplina di cui ai commi da 3 a 5 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 12 del 2002, relativa alle sanzioni amministrative e civili previste per il caso di impiego di personale non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria. In particolare, la lettera a) del comma in esame provvede a sostituire il comma 3 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 12 del 2002. In primo luogo al menzionato comma 3, così come sostituito dalla disposizione in esame, per individuare l'oggetto della violazione, si fa riferimento non più all'impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, bensì all'impiego di lavoratori

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senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto lavorativo (da parte del datore di lavoro privato). Inoltre si escludono dai soggetti passibili delle sanzioni i datori di lavoro domestico. Inoltre, viene introdotta una sanzione amministrativa meno onerosa per coloro che, dopo aver utilizzato lavoro irregolare, abbiano successivamente regolarizzato il lavoratore in tal modo impiegato. Difatti, si prevede la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 8.000 euro per ciascun lavoratore, maggiorata di 30 euro per ciascuna giornata di lavoro irregolare, nel caso in cui il lavoratore risulti regolarmente impiegato per un periodo lavorativo successivo. Un'altra modifica riguarda l'entità della sanzioni civili applicate, prevedendosi che l'importo delle sanzioni civili connesse all'omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore impiegato irregolarmente è aumentato del 50 per cento. Il vigente comma 3 prevede che tale importo non può essere inferiore a 3.000 euro, a prescindere dalla durata della prestazione lavorativa accertata.
La lettera b) del comma in esame, invece, sostituendo il comma 4 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 12 del 2002, introduce una norma volta ad escludere dall'applicazione delle sanzioni amministrative e civili relative all'impiego di lavoro sommerso coloro che non abbiano dolosamente occultato il rapporto di lavoro. In particolare si prevede che le menzionate sanzioni non si applichino nel caso in cui, dalle registrazioni effettuate sul libro unico del lavoro nel mese precedente all'ispezione oppure da altri adempimenti obbligatori in precedenza assolti, si rilevi comunque l'intenzione di non occultare il rapporto lavorativo, anche se al medesimo è stata attribuita una diversa qualificazione.
La lettera c) del comma in esame, novellando il comma 5 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 12 del 2002, è volta a modificare le norme relative alla competenza all'irrogazione delle sanzioni amministrative relative all'impiego di lavoro irregolare. La formulazione del menzionato comma 5 introdotta dalla disposizione in esame attribuisce la competenza all'irrogazione delle sanzioni amministrative relative all'impiego di lavoro irregolare agli organi ispettivi che effettuano controlli in materia di lavoro, fisco e previdenza. Viene altresì precisato che l'autorità competente a ricevere il rapporto ai sensi dell'articolo 17 della legge n. 689 del 1981 è la direzione provinciale del lavoro competente per territorio.
Infine, il comma 2 dell'articolo 32 è volto a novellare il comma 7-bis dell'articolo 36-bis del decreto-legge n. 223 del 2006, introdotto dall'articolo 1, comma 54, della legge n. 247 del 2007, recante attuazione del Protocollo sul Welfare del 23 luglio 2007. In particolare, a seguito della modifica in esame, si dispone che rimane di competenza dell'Agenzia delle entrate l'adozione dei suddetti provvedimenti sanzionatori amministrativi relativi alle violazioni «commesse» (anziché «constatate») prima dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 223 del 2006. Pertanto, la disposizione in esame è volta ad ampliare, sul piano temporale, la residua competenza «ad esaurimento» dell'Agenzia delle entrate all'adozione dei summenzionati provvedimenti sanzionatori amministrativi, estendendo tale competenza a tutte le violazioni commesse in data antecedente a quella di entrata in vigore del decreto-legge n. 223 del 2006, a prescindere dal momento in cui avviene la constatazione di tali sanzioni da parte degli organi ispettivi. Invece, ai sensi della normativa vigente, è necessario, a tali fini, che la violazione sia stata non solo commessa ma anche constatata prima della data di entrata in vigore del decreto-legge n. 223 del 2006.
L'articolo 37 reca alcune modifiche all'articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001, in materia di reclutamento del personale delle pubbliche amministrazioni. In particolare: 1) si sostituisce il comma 1 del citato articolo 35, al fine di evidenziare il principio della prevalenza, nel coprire il proprio fabbisogno di personale, del reclutamento dall'esterno tramite concorsi pubblici, previo ricorso alla mobilità (comma 1); 2) si modifica il comma 4 del medesimo articolo 35, al fine di precisare che, in maniera

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funzionale rispetto alle determinazioni sull'avvio di procedure di reclutamento, le dotazioni organiche devono essere articolate per area o categoria, profilo professionale e posizione economica (comma 2); 3) modificando il comma 5 del più volte richiamato articolo 35, si dispone l'obbligo, per le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici, di individuare i posti da ricoprire, in sede di programmazione triennale del fabbisogno di personale, con riferimento alle sedi di servizio ovvero all'ambito regionale (comma 3); 4) novellando il successivo comma 5-bis, si stabilisce l'obbligo, per i vincitori delle procedure di progressione verticale di permanenza nella sede di destinazione per un periodo di almeno cinque anni, e si considera titolo di preferenza nelle stesse procedure la permanenza in sedi carenti di organico (comma 4).
L'articolo 38 reca disposizioni in materia di mobilità del personale delle amministrazioni pubbliche. In particolare il comma 1 dispone che, se a seguito di conferimento di funzioni statali alle regioni ed agli enti locali ovvero di trasferimento di attività svolte da pubbliche amministrazioni ad altri soggetti pubblici ovvero di esternalizzazione di attività e servizi il personale adibito a tali funzioni risulta in eccedenza, a tale personale si applicano le disposizioni in materia di mobilità collettiva e di collocamento in disponibilità di cui all'articolo 33 del decreto legislativo n. 165 del 2001.
Ai sensi del comma 2, inoltre, il personale che rifiuta, per due volte in 5 anni, il trasferimento - la cui parola andrebbe aggiunta alla parola «rifiuto» - per giustificate ed obiettive esigenze di organizzazione dell'amministrazione, si considera in posizione di esubero e viene conseguentemente collocato in disponibilità secondo quanto previsto dall'articolo 33 del decreto legislativo n. 165 del 2001.
Infine, il comma 3 è volto a novellare l'articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001, recante disposizioni in materia di mobilità volontaria di personale tra pubbliche amministrazioni, aggiungendo al menzionato articolo il comma 2-sexies, a norma del quale le pubbliche amministrazioni, per motivate esigenze organizzative, possono utilizzare in assegnazione temporanea, secondo le modalità previste dai rispettivi ordinamenti, personale di altre amministrazioni per un periodo non superiore a 3 anni, fermo restando quanto già previsto da norme speciali in materia.
L'articolo 39 reca disposizioni in materia di aspettativa. In particolare, il comma 1 prevede la possibilità, per i dipendenti pubblici, di essere collocati in aspettativa non retribuita e senza decorrenza dell'anzianità di servizio, per un periodo massimo di dodici mesi, anche per avviare attività professionali e imprenditoriali. L'amministrazione di appartenenza decide la concessione dell'aspettativa tenendo conto delle esigenze organizzative, dopo aver esaminato la documentazione prodotta dall'interessato. Il successivo comma 2 prevede che nel periodo di aspettativa non trovino applicazione le disposizioni in tema di incompatibilità per i dipendenti pubblici, di cui all'articolo 53 del decreto legislativo n. 165 del 2001. Il comma 3, infine, fa salva la disciplina specifica di cui all'articolo 23-bis del richiamato decreto legislativo n. 165 del 2001, in materia di collocamento in aspettativa senza assegni del personale con qualifica dirigenziale, degli appartenenti alla carriera diplomatica e prefettizia, dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili e degli avvocati e procuratori dello Stato, per lo svolgimento di attività presso soggetti diversi dall'amministrazione di appartenenza.
L'articolo 65 reca disposizioni relative al controllo giudiziale sul rispetto delle «clausole generali» contenute nelle leggi, nonché sulla certificazione dei contratti di lavoro. In particolare il comma 1 è volto a delimitare il potere di controllo giudiziale sulla ricorrenza dei presupposti previsti dalle «clausole generali» contenute nelle disposizioni di legge relative ai rapporti di lavoro subordinato privato e agli altri rapporti di lavoro (sostanzialmente di carattere «parasubordinato») di cui all'articolo 409 del codice di procedura civile, nonché ai rapporti di lavoro alle dipendenze

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delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 63, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001. A titolo esemplificativo, il comma in esame indica alcune ipotesi di «clausole generali», quali le norme in materia di instaurazione del rapporto di lavoro e recesso dal medesimo rapporto, esercizio dei poteri del datore di lavoro, trasferimento di azienda.
Precisa che dalla relazione illustrativa al disegno di legge C. 1441, si desume che per «clausole generali» si intendono quelle disposizioni legislative che, al fine di definire l'ambito di legittimità del ricorso a particolari tipologie di lavoro o a decisioni delle parti, non fanno riferimento a specifiche causali tipizzate, bensì stabiliscono requisiti di carattere generale e quindi flessibili, seppur effettivi e verificabili. Segnala a tale proposito l'opportunità di specificare meglio, nel testo del comma 1 in esame, al fine di evitare dubbi interpretativi, cosa si intende per «clausole generali».
Con riferimento alle predette «clausole generali», nelle menzionate materie, pertanto, il comma in esame dispone che il controllo giudiziale deve limitarsi esclusivamente all'accertamento del presupposto di legittimità e non può estendersi al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che spettano al datore di lavoro o al committente.
I commi 2 e 3, invece, al fine di promuovere e incentivare l'istituto della certificazione dei contratti di lavoro, recano disposizioni volte a rafforzare il valore vincolante (anche nei confronti del giudice) dell'accertamento effettuato in tale sede. In particolare, il comma 2 interviene sulla possibilità per il giudice di discostarsi da quanto previsto in sede di certificazione del contratto di lavoro. Con la disposizione in esame si prevede che il giudice, nella qualificazione del contratto di lavoro e nell'interpretazione delle clausole in esso contenute, non può discostarsi dalle valutazioni delle parti espresse nell'ambito della certificazione dei contratti di lavoro, salvo nei casi di erronea qualificazione del contratto, di vizi del consenso o di difformità tra la previsione negoziale certificata e la sua attuazione. Invece, il comma 3 reca disposizioni relative agli elementi presenti nei contratti collettivi e individuali di lavoro di cui il giudice deve tener conto nei contenzioni relativi ai licenziamenti individuali. In particolare, si dispone che il giudice, nel valutare le motivazioni poste alla base del licenziamento, deve far riferimento alle tipizzazioni di giusta causa e di giustificato motivo presenti nei contratti collettivi di lavoro ovvero nei contratti individuali di lavoro se stipulati con l'assistenza delle summenzionate commissioni di certificazione. Analogamente, il giudice deve tener conto degli elementi e dei parametri appositamente individuati dai suddetti contratti, nello stabilire «le conseguenze da riconnettere al licenziamento». A tal fine, inoltre, il giudice deve comunque tener conto di una serie di elementi di fatto: dimensioni e condizioni dell'attività del datore di lavoro; situazione del mercato del lavoro locale; anzianità e condizioni del lavoratore; comportamento delle parti contrattuali anche nel periodo precedente al licenziamento.
A tale proposito ritiene che sarebbe opportuno chiarire nel testo che «le conseguenze da riconnettere al licenziamento», per definire le quali il giudice deve tener conto di determinati elementi e parametri indicati dalla norma, sono quelle previste dall'articolo 8 della legge n. 604 del 1966, che, per i casi di licenziamento illegittimo non rientranti nell'ambito di applicazione della «tutela reale» di cui all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (legge n. 300 del 1970), pone a carico del datore di lavoro l'obbligo di riassumere il lavoratore oppure di risarcirlo con un'indennità da stabilirsi, tra un minimo e un massimo indicato dalla legge, sulla base di determinati parametri simili ma non del tutto coincidenti con quelli indicati dalla norma in esame.
Il comma 4 dell'articolo 65 provvede a riformulare l'articolo 75 del decreto legislativo n. 276 del 2003, che individua la finalità della procedura di certificazione. A parte differenze di carattere prettamente

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formale, la formulazione prevista dalla disposizione in esame sembrerebbe voler ampliare, anche sul piano definitorio, l'ambito di intervento della certificazione, dal momento che, mentre il testo vigente fa riferimento al «contenzioso in materia di qualificazione dei contratti di lavoro», la disposizione in esame in maniera più generale si riferisce al «contenzioso in materia di lavoro».
Infine il comma 5 stabilisce che dall'attuazione dell'articolo in esame non devono derivare nuovi oneri per la finanza pubblica.
L'articolo 66 interviene sulla disciplina del processo del lavoro contenuta nel codice di procedura civile disponendo, in particolare, in materia di conciliazione ed arbitrato. La novella, che interessa gli articoli 410, 411, 412, 412-ter e 412-quater del codice di rito, mira ad introdurre, nei contenziosi di lavoro, una nuova disciplina della procedura del tentativo di conciliazione, da tenere presso le apposite commissioni istituite presso le direzioni provinciali del lavoro. Gli articoli 410 e 411 dettano specifiche disposizioni sul procedimento e sul processo verbale di conciliazione, mentre l'articolo 412 prevede la possibile risoluzione arbitrale della controversia (devoluta alla citata commissione dalle stesse parti in qualunque momento del tentativo di conciliazione in corso) e gli effetti esecutivi del lodo raggiunto. Gli articoli 412-ter e 412-quater, prevedono, rispettivamente, che i tentativi di conciliazione possono essere svolti anche nelle forme previste dalla contrattazione collettiva (412-ter) nonché la possibile proposizione delle liti in oggetto davanti ad appositi collegi di conciliazione e arbitrato irrituale, in relazione ai cui giudizi sono dettati specifici passaggi procedimentali (articolo 412-quater).
Il comma 6 dell'articolo 66 prevede che, in deroga al nuovo articolo 412-quater, i contratti collettivi nazionali possano prevedere clausole compromissorie relative alla devoluzione al collegio arbitrale anche sulla base di «forme di adesione tacita» alla procedura arbitrale. Il commi 7, 8 e 9 estendono ulteriormente la possibilità di arbitrato, rituale e irrituale. L'arbitrato sarà, infatti, possibile anche quando il contratto di lavoro e la clausola compromissoria siano «certificati» in conformità delle previsioni del decreto legislativo n. 276 del 2003 ovvero siano validati dalle apposite commissioni di certificazione di cui all'articolo 76 del citato decreto legislativo. Gli stessi organi di certificazione possono istituire camere arbitrali «irrituali», presso le quali può anche essere esperito, preliminarmente, il tentativo di conciliazione. Il comma 10 estende a tutte le commissioni di certificazione la competenza a certificare - a conferma della volontà abdicativa o transattiva delle parti stesse - tutte le rinunce e transazioni relative a diritti del lavoratore derivanti da disposizioni inderogabili di legge e da contratti e accordi collettivi (di cui all'articolo 2113 del codice civile). Il comma 11 abroga il comma 2 dell'articolo 83 del decreto legislativo n. 276 del 2003, che prevede che la certificazione del contenuto del regolamento interno delle cooperative (riguardante la tipologia dei rapporti di lavoro attuati o da attuare con i soci lavoratori), depositato presso la competente direzione provinciale del lavoro, debba essere espletata da specifiche commissioni istituite nelle sole sedi di certificazione presso le stesse direzioni provinciali. Il comma 12 novella il quarto comma dell'articolo 2113 del codice civile prevedendo l'inapplicabilità della disciplina ivi contenuta in materia di rinunzie e transazioni anche alle conciliazioni intervenute presso le commissioni di conciliazione. Il comma 13 in coerenza con le novelle introdotte, abroga l'articolo 412-bis del codice di procedura civile, relativo al tentativo di conciliazione nel processo del lavoro come condizione di procedibilità della domanda. Per coordinamento, è abrogato anche il secondo comma dell'articolo 410-bis che fa riferimento all'articolo 412-bis.
L'articolo 67 è volto a modificare le disposizioni relative alle modalità e ai termini per l'impugnazione dei licenziamenti individuali. In particolare il comma 1, sostituendo l'articolo 6, primo comma,

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della legge n. 604 del 1966, allunga da 60 giorni a 120 giorni dal ricevimento della sua comunicazione (ovvero della comunicazione dei motivi se non contestuale) il termine, previsto a pena di decadenza, per l'impugnazione del licenziamento. Tuttavia, allo stesso tempo, si dispone che tale impugnazione possa essere effettuata esclusivamente con ricorso al giudice del lavoro depositato nella relativa cancelleria, facendo quindi venir meno la possibilità, prevista dalla normativa vigente, di impugnare il licenziamento con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, idoneo a far conoscere la volontà del lavoratore. La formulazione della disposizione in esame sembrerebbe voler prevedere che il termine per l'impugnazione si intende rispettato se il ricorso viene depositato entro tale termine presso la cancelleria, non occorrendo altresì la notifica al datore di lavoro. Invece la dottrina e la giurisprudenza prevalenti interpretano la normativa vigente nel senso della necessità della notifica entro il termine, considerando l'impugnazione un atto recettizio. Il comma 2 precisa che il termine previsto a pena di decadenza dal precedente comma per l'impugnazione del licenziamento, si applica anche ai casi di nullità del licenziamento, nonché alle ipotesi di licenziamento inefficace. In base all'interpretazione prevalente della normativa vigente, il termine di decadenza in questione si applica, oltre che al licenziamento ingiustificato (in assenza della giusta causa o del giustificato motivo), anche al licenziamento nullo in quanto discriminatorio ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 604 del 1966 ed al licenziamento disciplinare illegittimo per violazione del procedimento di cui all'articolo 7 della legge n. 300 del 1970 (Statuto dei lavoratori). Al contrario, secondo tale prevalente orientamento interpretativo, lo stesso termine di decadenza non è applicabile al licenziamento inefficace per mancanza della forma scritta o per omessa tempestiva comunicazione dei motivi richiesti dal lavoratore (non potendosi far carico al lavoratore di rispettare il termine per l'impugnazione se il datore di lavoro non abbia preventivamente assolto ai propri oneri di comunicazione), né al licenziamento nullo disposto nel periodo di interdizione per matrimonio o maternità ed al licenziamento nullo per motivo illecito o frode alla legge (dal momento che la disposizione relativa al termine di decadenza è contenuta nella legge n. 604 del 1966 che non si applica alle predette fattispecie). Pertanto, il provvedimento in esame sembrerebbe voler estendere l'ambito di applicabilità del termine di decadenza per l'impugnazione di cui all'articolo 6, primo comma, della legge n. 604 del 1966 ad ulteriori casi di licenziamento illegittimo, comprendendovi anche tutti i casi di nullità (quindi anche quelli che ai sensi dell'interpretazione prevalente della normativa vigente rimangono esclusi) nonché i casi di inefficacia per vizio di forma o per omessa tempestiva comunicazione dei motivi richiesti. Il comma 3 estende ulteriormente l'ambito di applicazione del termine di decadenza per l'impugnazione di cui al menzionato articolo 6, primo comma, della legge n. 604 del 1966. In primo luogo, viene precisato che tale termine si applica anche ai licenziamenti che presuppongano la risoluzione di questioni attinenti alla qualificazione del rapporto lavorativo ovvero alla legittimità del termine apposto al contratto. Inoltre, si prevede l'applicazione del termine anche al di fuori dei casi di licenziamento e, in particolare, alle seguenti fattispecie: recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto; trasferimento del lavoratore subordinato da un'unità produttiva ad un'altra.

Giuseppe BERRETTA (PD) esprime perplessità sull'impianto complessivo del provvedimento all'esame della Commissione, ravvisando in esso un intento del legislatore teso a sovvertire le tutele e le garanzie, anche di rilievo costituzionale, che assistono il lavoratore nel suo rapporto, di per sé non paritario, con il datore di lavoro. Fa notare infatti che dal tenore di diverse disposizioni del provvedimento, che in alcuni casi risultano a suo avviso volutamente ambigue e di dubbia

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interpretazione, si può facilmente desumere la volontà di operare una vera e propria deregolamentazione del mercato del lavoro, che sembra attuarsi anche attraverso la delimitazione del campo di attività dei giudici volta, a suo avviso, a mettere al riparo i datori di lavoro dalle rivendicazioni legittime dei propri dipendenti. Ritiene pertanto che l'attuazione della riforma Biagi risulta ad oggi incompleta, non essendo seguita, all'entrata in vigore di norme volte ad introdurre maggiore flessibilità nel mondo del lavoro, la predisposizione di misure, come quelle sugli ammortizzatori sociali, volte a tutelare i lavoratori nel mercato del lavoro.
Entrando nel merito delle disposizioni del disegno di legge in esame, pur prendendo atto positivamente della riapertura dei termini per l'esercizio della delega in materia di lavori usuranti contenuta di fatto nell'articolo 23 del provvedimento in discussione, esprime preoccupazione in ordine ai tempi necessari per l'approvazione della presente proposta normativa e per l'adozione dei conseguenti decreti legislativi da parte del Governo. Ritiene infatti che esista il rischio concreto di far ritardare notevolmente l'entrata in vigore di norme che conferiscono invece a determinate categorie di lavoratori la possibilità di accedere ad un trattamento pensionistico anticipatamente.
Con riferimento all'articolo 24, pur condividendo la ratio della norma, tesa ad operare una razionalizzazione dell'organizzazione di una serie di enti sottoposti alla vigilanza del Ministero del lavoro, anche al fine di realizzare una ottimizzazione dei costi di funzionamento, esprime perplessità circa il coinvolgimento in tale operazione dell'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, la cui riorganizzazione ritiene sia opportuno far rientrare nell'ambito di quella più complessiva degli enti previdenziali. Ritiene inoltre che le misure contenute in tale articolo mal si conciliano con la sfera di autonomia che dovrebbe essere invece garantita ad un Istituto come quello per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori. Aggiunge che andrebbe poi attentamente valutata l'ipotesi di incorporare l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro all'interno dell'INAIL.
Quanto all'articolo 32, relativo alle misure contro il lavoro sommerso, osserva che la riduzione delle sanzioni amministrative e civili in esso contenuto favorisca, più che combattere, l'affermazione di diverse forme di elusione delle normative tese a contrastare il fenomeno del lavoro sommerso. In particolare, esprime perplessità in ordine al comma 1, lettera b), del succitato articolo 32, che esclude l'applicazione delle sanzioni nei confronti dei datori di lavoro nei casi in cui si evidenzi comunque la volontà di non occultare il rapporto di lavoro. Osserva come una simile disposizione possa contribuire sensibilmente ad incrementare il livello di precarietà dei lavoratori con riferimento all'utilizzo di tipologie contrattuali flessibili. Ritiene invece che, laddove venga dimostrata l'esistenza di un rapporto di lavoro formalmente atipico, come per esempio quello a progetto, che si è svolto di fatto però con le modalità proprie del lavoro subordinato, vada considerata implicita la volontà del datore di lavoro di eludere le garanzie previste dalla legislazione vigente in favore dei lavoratori dipendenti.
Dopo aver dichiarato di ritenere in parte condivisibili le disposizioni dell'articolo 37, in materia di territorializzazione delle procedure concorsuali, sulle quali comunque si riserva ulteriori approfondimenti, si sofferma su alcuni aspetti dell'articolo 39 in materia di aspettativa dei dipendenti pubblici, esprimendo preoccupazione in ordine al rischio che gli impiegati esercitino la loro nuova attività imprenditoriale o professionale pur conservando il proprio impiego pubblico.
Esprime poi perplessità in ordine all'articolo 65, comma 1, del disegno di legge in esame, nella parte in cui delimita il potere di controllo giudiziale sulla ricorrenza dei presupposti previsti dalle clausole generali contenute nelle disposizioni di legge relative ai rapporti di lavoro subordinato privato e agli altri rapporti di

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lavoro di cui all'articolo 409 del codice di procedura civile, nonché ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 63, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001. Ritiene inoltre inutile la precisazione contenuta in tale norma, sulla base della quale il controllo giudiziale dovrebbe limitarsi esclusivamente all'accertamento del presupposto di legittimità senza estendersi al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che spettano al datore di lavoro, dal momento che, a suo avviso, ciò già avviene in virtù della normativa vigente. Con riferimento al comma 2 del medesimo articolo 65, secondo il quale il giudice, nella qualificazione del contratto di lavoro e nell'interpretazione delle relative clausole, non può discostarsi dalle valutazioni espresse dalle parti in sede di certificazione dei contratti di lavoro, evidenzia la volontà del legislatore di ridurre l'attività di verifica del giudice ad un semplice e superficiale accertamento circa la effettiva corrispondenza delle dichiarazioni delle parti in causa al concreto svolgimento del rapporto di lavoro. Anche relativamente al comma 3 dello stesso articolo, in base al quale il giudice, nel valutare le motivazioni poste a base del licenziamento, deve far riferimento alle tipizzazioni di giusta causa e di giustificato motivo presenti nei contratti collettivi di lavoro stipulati da sindacati comparativamente più rappresentativi ovvero nei contratti individuali di lavoro ove stipulati con l'assistenza e la consulenza delle commissioni di certificazione, ritiene di individuare il tentativo di circoscrivere il raggio di azione del magistrato e di ridurre il sistema di tutele previsto in favore dei lavoratori. Sempre in relazione a quest'ultima disposizione, osserva come la previsione di alcuni precisi elementi di fatto a cui il giudice dovrebbe attenersi nel definire le conseguenze da riconnettere al licenziamento risulti ultronea, dal momento che la materia del licenziamento illegittimo è già disciplinata dall'articolo 18 della legge n. 300 del 1970, nonché dall'articolo 8 della legge n. 604 del 1966 per i casi non rientranti nell'ambito di applicazione della tutela reale offerta dalla suddetta norma dello Statuto dei lavoratori. Dopo aver espresso perplessità sul comma 4 dell'articolo 65, che estende, anche sul piano definitorio, l'ambito di intervento della certificazione dei contratti di lavoro, si sofferma sull'articolo 66, comma 1, del provvedimento in esame, volto a modificare l'articolo 410 del codice di procedura civile nel senso di rendere eventuale e facoltativo il tentativo di conciliazione oggi invece previsto dalla normativa vigente come condizione di procedibilità della domanda volta ad instaurare il processo dinanzi al giudice. Fa notare che tale disposizione tende a scoraggiare il ricorso ad un importante strumento che era stato introdotto in passato proprio al fine di ridurre il contenzioso in sede giudiziale e, sempre con riferimento alla necessità di contenere i processi in materia di lavoro, sottolinea il ruolo di grande rilevanza che potrebbe essere svolto a tal fine dalle commissioni di certificazione. Esprime inoltre perplessità sulle disposizioni del medesimo articolo 66 che tendono ad ampliare la possibilità di ricorrere a forme di giustizia privata, quali l'arbitrato, a suo avviso caratterizzate da costi elevati e non in grado di offrire sufficienti garanzie per i lavoratori. A tale riguardo, ritiene particolarmente lesiva delle prerogative dei lavoratori la norma contenuta nel comma 6 dell'articolo 66, secondo la quale i contratti collettivi possono prevedere clausole compromissorie relative alla devoluzione al collegio arbitrale anche sulla base di forme di adesione tacita alla procedura arbitrale.
Osserva come le disposizioni dell'articolo 67 in materia di decadenze limitino considerevolmente la possibilità del lavoratore di opporsi all'atto di licenziamento, dal momento che si fa venir meno la possibilità di ricorrere a qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, idoneo a far conoscere la volontà del lavoratore, nonostante si allunghi il termine, previsto a pena di decadenza, per l'impugnazione del licenziamento. Sempre con riferimento al termine di decadenza,

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considera poi inaccettabile l'estensione del suo ambito di applicazione anche ai contratti di lavoro atipici nonché ad alcune fattispecie al di fuori dei casi di licenziamento.
Nel concludere, ritiene che il provvedimento all'esame della Commissione contenga disposizioni gravemente lesive dei diritti dei lavoratori, che testimoniano che è in atto un forte attacco al sistema di tutele giurisdizionali previste dal nostro ordinamento giuridico a favore della parte più debole del rapporto di lavoro.

Giovanni PALADINI (IdV), dopo aver dichiarato di condividere le considerazioni espresse dal collega Berretta sul provvedimento in esame, entrando nel merito delle singole disposizioni, osserva come l'articolo 23 del presente disegno di legge nei fatti non preveda altro che una riapertura dei termini per l'esercizio della delega già approvata nella precedente legislatura e spirata il 30 maggio 2008. Relativamente all'articolo 32 in materia di contrasto al lavoro sommerso, esprime perplessità in ordine alla previsione di sanzioni civili e amministrative più lievi, sottolineando inoltre la propria contrarietà al comma 1, lettera b), del medesimo articolo, che esclude l'applicazione delle sanzioni nei confronti dei datori di lavoro laddove si evidenzi comunque la loro volontà di non occultare il rapporto di lavoro. Con riferimento all'articolo 37, comma 1, rileva che la previsione del rispetto da parte delle pubbliche amministrazioni, chiamate a coprire i propri fabbisogni di organico, del principio del prevalente accesso dall'esterno tramite concorso pubblico incide profondamente e negativamente sul sistema dei concorsi interni. Esprime poi perplessità sul comma 1 dell'articolo 38, in materia di mobilità del personale delle pubbliche amministrazioni, sulla base del quale, a seguito di conferimento di funzioni statali alle regioni e agli enti locali ovvero di trasferimento di attività svolte da pubbliche amministrazioni ad altri soggetti pubblici ovvero di esternalizzazione di attività e servizi, al personale adibito a tali funzioni risultante in eccedenza si applicano le disposizioni in materia di mobilità collettiva e di collocamento in disponibilità di cui all'articolo 33 del decreto legislativo n. 165 del 2001.
Dopo aver espresso preoccupazione in ordine al contenuto dell'articolo 39 in materia di aspettativa dei dipendenti pubblici, ritiene fortemente lesive della sfera di autonomia del giudice le disposizioni contenute nell'articolo 65, soprattutto nella parte in cui si fa riferimento all'attività di valutazione delle motivazioni poste a base del licenziamento e nella parte che fa riferimento alle conseguenze da riconnettere al licenziamento, che ritiene mal si coordini con l'articolo 8 della legge n. 604 del 1966. Chiede poi che il Governo venga a fornire chiarimenti in Commissione in merito al contenuto dell'articolo 66 che fa venir meno l'obbligatorietà del tentativo di conciliazione e impone di fatto al lavoratore, che intenda opporsi all'atto di licenziamento, di ricorrere ad onerose forme di giustizia privata.
Esprime infine perplessità sul comma 2 dell'articolo 67 laddove si estende il campo di applicazione del termine, previsto a pena di decadenza, per l'impugnazione del licenziamento, a tutti i casi di nullità nonché ad alcune fattispecie al di fuori dei casi di licenziamento, quali il recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, e il trasferimento del lavoratore subordinato da un'unità produttiva ad un'altra.

Stefano SAGLIA, presidente, nessuno altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Sull'ordine dei lavori.

Stefano SAGLIA, presidente, propone di invertire l'ordine del giorno nel senso di procedere all'esame in Comitato ristretto delle proposte di legge C. 82 e abbinate recanti norme in favore di lavoratori con familiari disabili, al termine delle previste audizioni nell'ambito dell'indagine conoscitiva

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sull'assetto delle relazioni industriali e sulle prospettive di riforma della contrattazione collettiva.

La Commissione consente.

La seduta termina alle 12.15.

INDAGINE CONOSCITIVA

Mercoledì 17 settembre 2008. - Presidenza del presidente Stefano SAGLIA.

La seduta comincia alle 14.15.

Indagine conoscitiva sull'assetto delle relazioni industriali e sulle prospettive di riforma della contrattazione collettiva.
Audizione di rappresentanti di Confartigianato, Casartigiani e Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa (CNA).
(Svolgimento e conclusione).

Stefano SAGLIA, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso il resoconto stenografico della seduta, anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei Deputati.
Introduce quindi l'audizione.

Cesare FUMAGALLI, rappresentante di Confartigianato, e Enrico AMADEI, rappresentante della Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa (CNA), svolgono una relazione sul tema oggetto dell'indagine.

Intervengono, per formulare quesiti e osservazioni, il presidente Stefano SAGLIA, i deputati Cesare DAMIANO (PD), Giuliano CAZZOLA (PdL), Nedo Lorenzo POLI (UdC) e Giuseppe BERRETTA (PD).

Cesare FUMAGALLI, rappresentante di Confartigianato, e Enrico AMADEI, rappresentante della Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa (CNA), forniscono ulteriori chiarimenti.

Stefano SAGLIA, presidente, ringrazia i rappresentanti di Confartigianato, Casartigiani e Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa (CNA) per il loro intervento e dichiara conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15.

N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15 alle 15.10.

COMITATO RISTRETTO

Norme in favore di lavoratori con familiari gravamente disabili.
C. 82 Stucchi, C. 322 Barbieri, C. 331 Schirru, C. 380 Volontè, C. 527 Osvaldo Napoli, C. 870 Ciocchetti, C. 916 Marinello, C. 1279 Grimoldi.

Il Comitato ristretto si è riunito dalle 15.10 alle 16.