CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 17 settembre 2008
55.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Mercoledì 17 settembre 2008. - Presidenza del vicepresidente Oriano GIOVANELLI.

La seduta comincia alle 10.05.

Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2008.
Emendamenti C. 1417 Governo.

(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione - Parere).

Oriano GIOVANELLI, presidente, sostituendo il relatore, deputato Dal Lago, impossibilitato a prendere parte alla seduta, rileva che gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1 non presentano profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione e propone pertanto di esprimere su di essi il parere di nulla osta.

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del presidente.

La seduta termina alle 10.10.

SEDE REFERENTE

Mercoledì 17 settembre 2008. - Presidenza del presidente Donato BRUNO indi del vicepresidente Roberto ZACCARIA. - Intervengono il ministro per la semplificazione normativa Roberto Calderoli, il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Aldo Brancher e il sottosegretario di Stato per l'interno Michelino Davico.

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La seduta comincia alle 10.30.

Istituzione del «Giorno della memoria dei militari italiani caduti per la pace».
C. 139 Ascierto e C. 549 Bertolini.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 16 settembre 2008.

Donato BRUNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Modifica della denominazione e delle competenze del Comitato parlamentare di cui all'articolo 18 della legge 30 settembre 1993, n. 388.
C. 1446 Boniver.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 16 settembre 2008.

Donato BRUNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Modifiche alla legge 24 gennaio 1979, n. 18 concernente l'elezione dei membri del parlamento europeo spettanti all'Italia.
C. 22 Zeller, C. 646 Cicu, C. 1070 Palomba, C. 1449 Gozi, C. 1491 Bocchino e C. 1507 Soro.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, nella seduta del 16 settembre 2008.

Rocco BUTTIGLIONE (UdC) sottolinea preliminarmente come l'esame di una legge elettorale, in quanto volta a ripercuotersi sul rapporto intercorrente tra il corpo elettorale ed i suoi rappresentanti, costituisce un momento di straordinaria delicatezza ed importanza.
Per quanto concerne il dibattito sul provvedimento in esame, osserva che la relazione introduttiva svolta nella giornata di ieri sembrerebbe evidenziare che il cambiamento del nostro sistema politico, concretizzatosi in una drastica riduzione dei partiti rappresentati in Parlamento, sia dovuto alla nuova legge elettorale nazionale. In proposito osserva che, in realtà, non esiste una stretta relazione tra la legge elettorale ed il sistema politico: la riduzione dei partiti politici rappresentati attualmente in Parlamento è dovuta, invece, sia all'utilizzo che le forze politiche hanno fatto della legge elettorale, sia al comportamento del corpo elettorale al momento dell'espressione del voto. La legge elettorale, infatti, deve concedere delle opportunità all'elettore, evitando di produrre effetti diretti, che sarebbero per loro stesi inopportuni e pericolosi. Cita al riguardo il sistema politico inglese, dove le forze politiche laburiste e conservatrici garantiscono la sopravvivenza di un marcato bipartitismo, evitando ciascuna di esse di allearsi con le forze liberali.
Il sistema elettorale per le elezioni dei rappresentanti italiani al Parlamento europeo, così come sembra delinearsi nella relazione introduttiva svolta dal deputato Calderisi, non è condivisibile in virtù del suo carattere che potrebbe essere definito «semifascista», essendo volto a favorire un tendenziale bipartitismo, nel quale i partiti non hanno neppure l'obbligo di certificare la propria democrazia interna all'atto della composizione delle liste elettorali. Il rischio sarebbe cioè quello di dare vita ad un Parlamento composto da persone designate da due leaders di partito. Si tratta di un sistema che non può essere condiviso se non garantendo trasparenti forme di democrazia interna ai

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partiti ed assicurando all'elettore la possibilità di esprimere il voto di preferenza all'interno delle liste.
Il voto di preferenza costituisce una pregiudiziale assoluta per il proprio gruppo, su cui non ritiene possibile giungere a compromessi, a differenza di altre questioni controverse, come ad esempio quella relativa alla soglia di sbarramento, sulle quali è possibile invece discutere apertamente. Quella del voto di preferenza rappresenta un'opzione che in passato ha consentito di bilanciare le prepotenze dei partiti e che, in un sistema a forte tendenza bipartitica, come quello che potrebbe derivare dall'approvazione del provvedimento in esame, appare imprescindibile per garantire lo stesso corpo elettorale dall'ingerenza dei partiti oltre che per evitare forme di dittatura interna ai partiti stessi, legittimando la posizione degli eletti al loro interno, e per assicurare il pieno rispetto del principio della sovranità popolare, evitando di contraddire lo spirito e la lettera della Costituzione.
Si sofferma quindi sul rapporto tra decisione e rappresentanza, che non devono elidersi tra loro, ma, al contrario, essere opportunamente bilanciati nell'interesse del complessivo sistema politico. Il vecchio sistema politico, mediante una formula elettorale di tipo proporzionale puro, tendeva a garantire la più ampia rappresentanza possibile a scapito della capacità decisionale: non appare tuttavia comprensibile il motivo per cui si debba ora capovolgere questo principio, assicurando l'efficace decisione a scapito della rappresentanza, che viene gravemente pregiudicata. La decisione, invece, si ottiene nel rispetto della rappresentanza, che deve essere salvaguardata sia assicurando al corpo elettorale la possibilità di eleggere una pluralità di forze politiche, sia mediante la possibilità di esprimere il voto di preferenza.

Salvatore VASSALLO (PD), dall'analisi delle proposte di legge presentate, ritiene che le principali questioni in discussione riguardino la dimensione delle circoscrizioni elettorali, l'entità della soglia di sbarramento, la preferenza e le incompatibilità.
Per quanto riguarda la dimensione delle circoscrizioni, si limita a prendere atto di una convergenza dei gruppi nel senso di un loro ridimensionamento, a favore della rappresentanza di tutte le regioni, fermi restando l'uniformità di dimensioni delle circoscrizioni stesse e il carattere proporzionale del sistema. Gli altri tre punti sono invece controversi.
Quanto alla soglia di sbarramento, ritiene che la questione da risolvere sia se, e in che misura, la riforma della legge elettorale europea debba contribuire a consolidare il processo di trasformazione del sistema politico italiano nel senso della riduzione della frammentazione della rappresentanza. Premesso di essere favorevole alla riduzione della frammentazione e all'utilizzo della riforma elettorale in tal senso, ritiene che si debbano però riconoscere anche i limiti e le perversioni della legge che ha portato alla semplificazione del sistema politico italiano: una legge che prevede soglie di sbarramento ingiustificatamente diverse per i partiti facenti parte di una coalizione e per quelli non coalizzati, piuttosto basse per i primi, assai alte per i secondi. Occorre quindi riflettere sull'entità della soglia di sbarramento, anche al fine di assicurare una congruenza tra le soglie per il Parlamento italiano, il quale esprime un Governo, e quelle per il Parlamento europeo, che non esprime alcun Governo. È vero che la soglia di sbarramento, negli altri Paesi europei che la prevedono, è fissata quasi sempre al 5 per cento, ma non si può non tener conto delle ripercussioni che una soglia troppo alta avrebbe sul sistema politico interno italiano, in termini di esclusione dalla rappresentanza di forze politiche significative. Per questo il Partito democratico ritiene che la soglia dovrebbe essere fissata al 3 per cento.
Quanto alle preferenze, invita a tener conto della memoria, del vissuto, dell'esperienza degli italiani, i quali, sotto questo profilo, hanno una storia peculiare.

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In Europa, la preferenza è istituto poco utilizzato, anche perché comporta competizione tra i candidati dello stesso partito, che, oltre ad essere poco elegante, implica costi aggiuntivi. In Italia, invece, la preferenza ha una tradizione radicata. La sua abolizione ha portato il passaggio da un sistema iperpersonalistico ad uno ipercentralistico, nel quale il partito, o il suo leader, prevale sui singoli politici. Questo sistema ha però un difetto: distrugge il rapporto tra il singolo parlamentare e la base territoriale. Al fine di qualificare la rappresentanza è dunque essenziale la preferenza. Diversamente, occorre quanto meno prevedere forme obbligatorie di consultazione della base elettorale per la selezione dei candidati. Il relatore ha citato il caso della Regione Toscana, che ha abolito la preferenza: è vero, ma ha anche disciplinato e favorito il ricorso alle consultazioni primarie ai fini della formazione delle liste.
Quanto, infine, alle incompatibilità, occorre, a suo avviso, sempre in vista della qualificazione della rappresentanza europea, trasformarle in incandidabilità onde evitare che le elezioni europee siano una competizione tra i leader nazionali e diventino un referendum sulla popolarità del Governo. La previsione di incandidabilità per coloro che rivestono cariche politiche impedirebbe il fenomeno delle candidature di facciata di soggetti che poi non andranno in Parlamento e che lasceranno il posto ai subentranti; un fenomeno accentuato, a discapito della trasparenza, dalla possibilità di candidature multiple.

Mauro LIBÈ (UdC) non reputa convincente la tesi sostenuta dal relatore nella seduta di ieri, secondo cui la semplificazione del sistema politico italiano sarebbe riconducibile alla legge elettorale, ritenendo invece che siano stati gli italiani, e non la legge elettorale, a semplificare il sistema, con le loro scelte di voto. La sua parte politica è favorevole alla semplificazione del sistema, e non intende quindi porre pregiudiziali sull'esistenza di una soglia di sbarramento, di cui riconosce l'utilità; ritiene però che non possa pensarsi di spingere la semplificazione oltre un limite di ragionevolezza e di equilibrio, tentando di imporre al Paese un bipartitismo che non corrisponde alla sua attuale strutturazione politica. Per contro, la sua parte politica è del tutto contraria all'abolizione della preferenza, ritenendo giusto che i cittadini possano scegliere il più possibile i propri rappresentanti e considerando il sistema «a liste bloccate» attualmente vigente per le elezioni politiche nazionali una indiscutibile limitazione della democrazia. Il relatore sostiene che l'istituto della preferenza crea distorsioni nel sistema, suscitando inopportune competizioni tra candidati della medesima lista e producendo costi aggiuntivi: in ogni caso, tali distorsioni non possono essere rimosse a scapito della democrazia, senza contare che l'abolizione delle preferenze porta con sé altre, non meno problematiche distorsioni. È d'altra parte insostenibile che soltanto i partiti, o addirittura solo i loro leader, siano in condizione di selezionare le personalità più adatte e preparate in vista della rappresentanza, a meno che si voglia affermare che i cittadini comuni non siano in grado di scegliere il meglio per sé e debbano essere posti sotto tutela.

Sandro GOZI (PD) prende atto con soddisfazione del fatto che, a differenza della passata legislatura, nella quale la principale preoccupazione dei gruppi, in relazione alla riforma della legge elettorale europea, era di risolvere il problema della inadeguata rappresentanza della Sardegna, nella corrente legislatura tutte le forze politiche concordano sulla necessità di rivedere profondamente la legge. A suo avviso, però, la riforma della legge elettorale europea non va perseguita unicamente in vista delle implicazioni sul sistema politico nazionale, bensì innanzitutto al fine di adeguare la rappresentanza italiana all'evoluzione del Parlamento europeo. Ricorda infatti che, dalla prima elezione del Parlamento europeo

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ad oggi, sono intervenuti ben cinque trattati - l'Atto unico europeo, i trattati di Maastricht, di Amsterdam, di Nizza e di Lisbona - i quali hanno progressivamente accresciuto il potere legislativo del Parlamento europeo, modificando sostanzialmente il sistema istituzionale europeo. Il Parlamento europeo tende sempre più ad assumere un ruolo centrale nel processo legislativo europeo, il quale, a sua volta, tende, pur tra battute di arresto, a riguardare materie sempre più ampie. Per questo è essenziale porsi il problema delle modalità di selezione della rappresentanza politica in seno al Parlamento europeo. Nel dibattito parlamentare in occasione dell'autorizzazione alla ratifica del trattato di Lisbona, c'è stato generale consenso tra le forze politiche sull'esigenza di avvicinare le istituzioni europee ai cittadini italiani, che le sentono troppo lontane. A questo fine è fondamentale rivedere il rapporto tra la rappresentanza italiana al Parlamento europeo e l'elettorato. C'è inoltre da considerare che l'attuale sistema non assicura la competitività della delegazione italiana nel Parlamento europeo, e questo per due motivi: a causa della sua frammentazione politica e a causa della sua incostanza, legata ad un utilizzo improprio delle candidature multiple e ai continui subentri nella carica. Frammentazione politica e subentri danneggiano i parlamentari italiani in Europa perché diventano un ostacolo alla elezione ad incarichi di rilievo (nessun italiano è mai stato presidente del Parlamento europeo) o alla nomina a relatore su provvedimenti importanti.
Quanto alla preferenza, rileva che, in vista del ravvicinamento tra cittadini ed eletti, non è sufficiente un ridimensionamento delle circoscrizioni elettorali che le mantenga comunque come circoscrizioni sovra-regionali: liste più corte, ma comunque bloccate, non risolvono il problema. A meno, quindi, di immaginare circoscrizioni piccole, con liste davvero corte, l'unico strumento per assicurare il controllo dei cittadini sugli eletti è la preferenza.
Per quanto riguarda i chiarimenti richiesti dal relatore nella seduta di ieri rispetto al progetto di legge di cui è presentatore (C. 1449), chiarisce che la soglia di sbarramento ivi proposta è da applicarsi al riparto nazionale, a cui partecipano solo le liste che abbiano superato il 3 per cento dei voti validamente espressi a livello nazionale; quanto al correttivo di ponderazione, l'8 per cento è da calcolare in riferimento ai voti validamente espressi, nella circoscrizione, per la lista nella quale si è candidati.
Quanto poi al pericolo paventato dal relatore di un'Europa delle piccole comunità, frammentata e dispersa, ritiene che si tratti di un pericolo astratto, dal momento che la campagna elettorale è comunque nazionale e si svolge su programmi di respiro ampio.

Lino DUILIO (PD), nel ringraziare il relatore per l'ampia relazione svolta, dichiara tuttavia il proprio radicale dissenso rispetto ad alcune delle tesi da lui sostenute, auspicando che egli intenda comunque elaborare un testo nel quale i gruppi possano riconoscersi ampiamente, in vista di una buona legge elettorale, che tolga alle consultazioni elettorali europee l'attuale carattere di rito vuoto e ipocrita, mero sondaggio sul consenso del Governo in carica, e che riconosca dignità alla rappresentanza italiana al Parlamento europeo, oggi spesso considerato un cimitero degli elefanti o un parcheggio temporaneo in attesa di incarichi migliori, in base all'odiosa prassi di dimettersi alla migliore occasione. A suo avviso, una legge elettorale dovrebbe ispirarsi al principio della centralità del cittadino, ossia tenere conto del fatto che in democrazia la sovranità appartiene al popolo e che i partiti sono pertanto un mezzo e non un fine. Il relatore si ispira, invece, ad una visione caratterizzata dalla centralità del partito, se non addirittura del suo leader, al punto da individuare nella preferenza, che è espressione della volontà del cittadino, un ostacolo alla realizzazione del partito personalistico, incentrato sul suo leader unico: come se

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il partito fosse appunto il fine e non il mezzo.
Quanto al numero delle circoscrizioni, ritiene evidente che vada aumentato al fine di avvicinare cittadini ed eletti e di rendere possibile un rapporto effettivo tra classe politica e società, anche se a questo scopo l'intervento sulle circoscrizioni certamente non basta.
Si dice quindi d'accordo sulla trasformazione delle incompatibilità in incandidabilità, al fine di evitare candidature di richiamo da parte di soggetti che non intendono svolgere il ruolo per cui si candidano e che si dimetteranno subito: si tratta di prassi gravemente offensive della dignità dell'elettore.
Infine, ritiene indispensabile riflettere anche sui tempi di presentazione delle candidature, in modo da renderli congrui con l'esigenza che il candidato si faccia conoscere dagli elettori della circoscrizione in cui si presenta.
Per quanto riguarda le preferenze, si dichiara favorevole anche al sistema delle preferenze multiple e ritiene che quanto sostenuto dal relatore circa gli effetti negativi della preferenza sia frutto di una concezione ideologica: è irragionevole sostenere, come fa il relatore, che la preferenza, in quanto impone un rapporto col territorio, sia incompatibile con le esigenze di presenza a Strasburgo connesse al ruolo di parlamentare europeo o che indebolisca la rappresentanza nazionale. Sarebbe come dire che per i rappresentanti del popolo il rapporto con i rappresentati è un ostacolo allo svolgimento del mandato. Né si può sostenere, a suo avviso, che la selezione dei candidati debba essere fatta dai partiti perché l'elettore non è in grado di scegliere personalità dotate delle competenze necessarie in Europa: tra l'altro, la rappresentanza politica non si fonda su valutazioni tecniche e può ben investire soggetti che non abbiano, o non pienamente, la preparazione tecnica necessaria. In altre parole, la competenza non deve essere costruita a scapito della rappresentanza.
In conclusione, ciò che va perseguito, a suo avviso, è la centralità del cittadino nella scelta della classe politica, anche a livello europeo.

Luca VOLONTÈ (UdC), premesso di essere in disaccordo con il relatore su molti punti essenziali, ritiene che sia in corso un tentativo di fare della riforma della legge elettorale europea un mezzo per consolidare il sistema politico italiano uscito dalle elezioni del 2008, se non per peggiorarlo. A suo avviso, si tratta di un tentativo inaccettabile e insensato, dal momento che non si può pensare di semplificare ulteriormente lo scenario politico forzando i partiti a coalizzarsi per le elezioni europee. Le regole elettorali non possono essere lo strumento per porre rimedio ad un problema che è politico.
Parimenti, è a suo avviso sbagliato abolire la preferenza. La prossima legislatura europea potrebbe essere la più determinante della storia comunitaria dopo la prima - si tratterà infatti di decidere la posizione dell'Europa nello scacchiere internazionale - ed è quindi essenziale coinvolgere i cittadini ed impegnarsi per far maturare in loro un maggiore senso di appartenenza alle istituzioni europee. Ma questo non può farsi se si aboliscono le preferenze in un sistema, come quello italiano, che non prevede un obbligo di consultazioni primarie né garanzie della democrazia interna dei partiti e che ammette l'esistenza di partiti fondati esclusivamente sul leader. Non si può quindi essere favorevoli ad una legge che porti alla formazione di Parlamenti composti di membri designati dal partito o addirittura solo dal suo leader, per ragioni di benevolenza spesso poco trasparenti o comunque lontane dalle ragioni dell'interesse pubblico. L'abolizione della preferenza è del resto fortemente contestata anche nel sistema elettorale nazionale: impedisce infatti il ricambio della classe politica e la selezione di una classe politica effettivamente rappresentativa ed attenta agli interessi pubblici.

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Invita pertanto il relatore e la maggioranza ad una maggiore trasparenza: dicano chiaramente se intendono mettere anche la rappresentanza europea nelle mani di due sole persone, i due leader delle principali forze politiche del Paese. Il relatore dica chiaramente quale soglia di sbarramento intende introdurre e non si nasconda dietro la pretesa di risolvere problemi che non esistono, come quello della frammentazione della rappresentanza europea: un problema che non esiste, atteso che la maggior parte dei deputati italiani al Parlamento europeo di fatto non vanno mai in Parlamento e che, in ogni caso, sono organizzati nei gruppi parlamentari europei, che non sono numerosi.
In conclusione, nel ribadire che il suo gruppo non pone una questione di principio in relazione alla soglia di sbarramento, ma si batterà in ogni modo per il mantenimento della preferenza, chiede di conoscere se le posizioni espresse dal relatore siano condivise da tutta la maggioranza.

Roberto ZACCARIA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 12.25.

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Mercoledì 17 settembre 2008. - Presidenza del vicepresidente Oriano GIOVANELLI.

La seduta comincia alle 16.10.

Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2008.
Emendamenti C. 1417 Governo.

(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione - Parere).

Manuela DAL LAGO (LNP), relatore, rilevato che l'articolo aggiuntivo 7.0100 della Commissione non presenta profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione, propone di esprimere su di esso il parere di nulla osta.

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 16.15.