CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 30 luglio 2008
45.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

Mercoledì 30 luglio 2008. - Presidenza del presidente Stefano STEFANI. - Interviene il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Vincenzo Scotti.

La seduta comincia alle 9.05.

Ratifica del Trattato di Lisbona.
C. 1519 Governo, approvato dal Senato.

(Seguito dell'esame e conclusione).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 29 luglio scorso.

Stefano STEFANI, presidente, avverte che sono pervenuti i pareri favorevoli di tutte le Commissioni competenti in sede consultiva.

Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione delibera all'unanimità di conferire il mandato al relatore di riferire in senso favorevole all'Assemblea sul provvedimento in esame. Delibera altresì di chiedere l'autorizzazione a riferire oralmente.

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Stefano STEFANI, presidente, si riserva di designare i componenti del Comitato dei nove sulla base delle indicazioni dei gruppi.

La seduta termina alle 9.10.

COMITATO PERMANENTE SUI DIRITTI UMANI

Mercoledì 30 luglio 2008. - Presidenza del presidente Furio COLOMBO.

La seduta comincia alle 9.10.

Comunicazioni del presidente sul programma dei lavori del Comitato.

Furio COLOMBO, presidente, propone che, essendone pervenuta la richiesta, la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante l'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione. Al riguardo, invita i componenti il Comitato a considerare l'opportunità che i lavori del Comitato siano anche in futuro caratterizzati da tale forma di pubblicità, da valutare tuttavia di volta in volta in ragione della delicatezza dei temi da trattare.
Nel dare il benvenuto ai colleghi presenti, rileva l'opportunità di procedere alla discussione di aspetti di metodo e di merito connessi all'attività del Comitato. Richiama il proficuo lavoro, già svolto nel corso della precedente legislatura, dal Comitato permanente, allora istituito presso la III Commissione, e segnala talune questioni di particolare rilievo. In particolare, prospetta come priorità il monitoraggio sull'attuazione della moratoria universale contro la pena di morte, alla luce dell'impegno italiano e in considerazione dell'allarme destato dalla recente condanna a morte di ventinove cittadini iraniani. Connessa a tale tema è la questione della vicenda processuale dell'ex leader iracheno Tariq Aziz, che, oltre a presentare notevoli criticità sul piano del rispetto delle più elementari garanzie, sembra destinata a concludersi entro tempi brevi con una condanna a morte: si tratta di una vicenda di indubbio rilievo sul piano dei diritti umani e che deve costituire oggetto di considerazione da parte del Comitato e non essere lasciata al mero interessamento di singole parti politiche.
Ricorda altresì la vicenda di Mikhail Khodorkovskij, imprigionato dal regime del presidente Putin e detenuto in condizioni di isolamento in Siberia. Segnala altresì l'opportunità che il Comitato si attivi per l'istituzione di un contrassegno europeo per la circolazione dei veicoli per disabili, la cui previsione consentirebbe di assicurare una piena tutela della libertà di circolazione sul territorio europeo. Propone infine che il Comitato dia seguito all'iniziativa promossa dalla Comunità di Sant'Egidio per evitare la permanenza dei bambini all'interno delle carceri.

Paolo GUZZANTI (PdL) concorda con quanto proposto dal presidente, pur non condividendo l'ordine delle priorità: ritiene infatti che la condizione in cui versa il soldato israeliano Gilad Shalit, catturato da un commando palestinese nel mese di giugno, sia prioritaria rispetto a quella di Tariq Aziz. Concorda con l'indicazione relativa a Mikhail Khodorkovskij e ricorda il caso di Mikhail Trepashkin, che ha suscitato l'attenzione dell'opinione pubblica in Francia, Regno Unito e Stati Uniti.

Margherita BONIVER (PdL) prospetta l'esigenza di evitare che i lavori del Comitato si concentrino su una pluralità di casi individuali, pur meritevoli di attenzione, a partire dal citato caso del soldato israeliano Shalit, al fine di svolgere un lavoro il più completo e coerente possibile. Occorrerebbe, a suo avviso, inquadrare i possibili casi individuali nell'ambito di tematiche di ordine generale, come ad esempio la questione delle minoranze, nel cui contesto potrebbero essere collocate sedute del Comitato dedicate alle violazioni anche nei confronti delle donne o degli omosessuali, come pure in aree quali il Tibet, il Darfur o la Birmania. Richiamando la responsabilità di ricorrere a tutti gli strumenti previsti dal regolamento per

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porre tali temi anche all'attenzione della Commissione e dell'Assemblea, rileva l'opportunità che il Comitato instauri contatti regolari con il Tribunale Penale Internazionale.

Enrico PIANETTA (PdL) condivide l'approccio pragmatico, proposto dal presidente e richiama l'attenzione dei colleghi sul tema della tratta degli esseri umani. Il Comitato dovrebbe, a suo avviso, porre in essere tutte le attività necessarie a richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica sulle diverse questioni al suo studio ed eventualmente ricorrere a strumenti quali audizioni e missioni, da svolgere nel quadro di un'indagine conoscitiva. Infine, richiama l'attenzione sulle attività del Comitato permanente sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, da lui presieduto, considerata l'affinità dei temi.

Furio COLOMBO, presidente, prospetta la possibilità di sottoporre all'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Commissione la proposta di svolgimento di un'indagine conoscitiva sui diritti umani nel mondo con particolare riferimento al tema delle minoranze.

Matteo MECACCI (PD) concorda con quanto osservato dalla collega Boniver e ritiene che il caso di Tariq Aziz sia da inquadrare nella più ampia tematica relativa alla moratoria sulla pena di morte. Al riguardo, segnala che si assiste a livello internazionale ad una recrudescenza delle pene capitali nei Paesi non abolizionisti e che ciò deve essere guardato anche come reazione alla risoluzione approvata alle Nazioni Unite; per tale ragione occorre agire anche nei confronti dei singoli Paesi per ottenere la piena applicazione della moratoria. Sottolinea, peraltro, che la questione di Aziz non è mai stata affrontata nel corso degli incontri che il premier iracheno Al Maliki ha avuto in occasione della sua recente visita in Italia.

Fiamma NIRENSTEIN (PdL) sottolinea che nel corso degli ultimi decenni la nozione di diritti umani ha subito uno stravolgimento e che i dati delle Nazioni Unite rivelano interventi assai contenuti su questo versante, come conseguenza di una complessa stratificazione di sensi di colpa e retaggi da Guerra Fredda, che scoraggia dal porre la questione nei confronti di significativi soggetti della comunità internazionale, a partire da un numero assai consistente di Stati appartenenti all'area islamica. Vi è infatti grave sproporzione tra il gran numero di risoluzioni delle Nazioni Unite rivolte allo Stato di Israele sul tema dei diritti e quelle riguardanti Paesi come la Siria, l'Egitto o l'Arabia Saudita quanto, ad esempio, alla condizione delle carceri. In risposta al collega Mecacci, sottolinea che Paesi autoritari, come l'Iran o la Cina, comminano la pena capitale non in reazione ad una risoluzione delle Nazioni Unite ma come conseguenza della propria natura di regime totalitari. Osserva inoltre che la possibile condanna a morte di Tariq Aziz non può ricevere maggiori attenzioni rispetto a quella nei confronti dei ventinove cittadini iraniani, da cui si differenzia solo in quanto chiama in causa l'intera querelle sull'intervento militare in Iraq. A suo avviso, un'attenzione specifica del Comitato nei confronti del caso Aziz significherebbe una presa in carico di tutti i valori politici che essa reca con sé. Concorda con la questione delle minoranze, richiamata dalla collega Boniver, e sottolinea l'importanza di non trascurare, quale violazione dei diritti umani, la diffamazione sistematica degli individui come pure il terrorismo, che si caratterizza quale violazione di tutti i diritti umani.

Marco FEDI (PD) condivide l'esigenza di evitare che il Comitato duplichi il lavoro, svolto dalla Commissione, quanto all'esame delle questioni di politica estera e la proposta di dedicare un approfondimento alla condizione delle minoranze. Ritiene tuttavia che tale indirizzo non sia in contraddizione con la trattazione di situazioni individuali e che la vicenda di Tariq Aziz sia da considerare dal punto di vista dei diritti umani e non dei temi di politica internazionale.

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Fabio PORTA (PD) concorda con la priorità, segnalata dal presidente, sulla moratoria della pena di morte e segnala il tema della condizione dei connazionali detenuti all'estero, questione posta con frequenza all'attenzione dei parlamentari eletti all'estero. Si tratta di un tema connesso ai mancati accordi di estradizione o di cooperazione giudiziaria e al trattamento carcerario. Concorda altresì con la proposta di un approccio per temi e, anche alla luce della liberazione di Ingrid Betancourt, richiama l'esigenza di non dimenticare i tanti cittadini, italiani e non, che sono sequestrati in varie aree del mondo, come in America Latina o in Somalia.

Furio COLOMBO, presidente, ritiene che il Comitato potrà valutare nel corso del proprio lavoro i migliori strumenti cui ricorrere per valorizzare il più possibile il proprio operato e svolgere al meglio la propria funzione. Nel ribadire l'intenzione di porre all'attenzione dell'ufficio di presidenza della Commissione, integrato dai rappresentanti dei gruppi, la proposta di un'indagine conoscitiva sui diritti umani nel mondo con particolare riguardo alla protezione delle minoranze, segnala l'opportunità che il Comitato proceda all'esame della Relazione sull'attività svolta dal Comitato interministeriale dei per l'anno 2007, trasmessa al Parlamento, nonché promuova l'esame delle relazione annuale del Parlamento europeo sui diritti umani. Ritiene infine che il Comitato dovrebbe assumere iniziative in occasione delle imminenti celebrazioni del 60o Anniversario della Dichiarazione dei diritti dell'uomo. Condivide, inoltre, le questioni poste dai colleghi, con particolare riferimento al tema del terrorismo, e ritiene che il dibattito abbia segnalato come questioni prioritarie il tema della moratoria universale e della vicenda di Tarik Aziz, la condizione del soldato israeliano Gilad Shalit e il tema dei detenuti italiani all'estero.

Paolo GUZZANTI (PdL) segnala altresì la questione delle migliaia di esecuzioni che ogni anno hanno luogo in Cina.

Matteo MECACCI (PD) ritiene opportuno che non vi siano malintesi tra i componenti il Comitato sulle tematiche da considerare, che saranno comunque trattate nei limiti delle competenze del Comitato stesso.

Furio COLOMBO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, dichiara conclusa la seduta.

La seduta termina alle 10.

AUDIZIONI INFORMALI

Mercoledì 30 luglio 2008.

Audizione del Professor Giuliano Amato sugli sviluppi istituzionali dell'Unione europea in relazione al loro rapporto con gli ordinamenti nazionali, alla luce del referendum irlandese sul Trattato di Lisbona.

L'audizione informale è stata svolta dalle 14.05 alle 15.35.

SEDE REFERENTE

Mercoledì 30 luglio 2008. - Presidenza del Presidente Stefano STEFANI, indi del vicepresidente Fiamma NIRENSTEIN. - Interviene il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Vincenzo Scotti.

La seduta comincia alle 15.35.

Ratifica Accordo Italia-Francia relativo all'attuazione di una gestione unificata del Tunnel di Tenda e alla Costruzione di un nuovo tunnel.
C. 1557 Governo, approvato dal Senato, e C. 932 Delfino.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

Mario BARBI (PD), relatore, illustra i provvedimenti in esame segnalando che

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essi provvedono alla ratifica di un Accordo tra l'Italia e la Francia assai rilevante per i rapporti e l'economia dei due Paesi. L'Accordo consta di un Preambolo e di 34 articoli. Nel Preambolo si sottolinea la necessità, rilevata da entrambe le parti, di adeguare sia i requisiti di sicurezza sia le condizioni di esercizio del tunnel a volumi di traffico automobilistico non più compatibili con le caratteristiche tecniche e costruttive dell'infrastruttura. Viene altresì evidenziata la volontà di delineare un nuovo quadro giuridico per l'esercizio, la manutenzione e la sicurezza dell'infrastruttura esistente e per la costruzione (e successivi esercizio, manutenzione e sicurezza) del nuovo tunnel. Nel Preambolo, infine, si evidenzia che l'Accordo, sviluppato dal gruppo di lavoro insediato nell'ambito della Commissione intergovernativa italo-francese per il miglioramento dei collegamenti tra i due paesi nelle Alpi meridionali (CIG), è destinato a subentrare, per espressa volontà delle parti, all'Accordo preliminare sottoscritto da Italia e Francia a Lucca il 24 novembre 2006 e volto sia a migliorare le condizioni di circolazione all'interno del tunnel con l'attuazione di comuni disposizioni di gestione, sia a garantire la qualità della progettazione del nuovo tunnel.
Passando ad un'analisi dell'articolato, osserva che l'articolo 1 contiene l'oggetto dell'Accordo e che l'articolo 2 reca una serie di definizioni: tra queste, particolarmente rilevante è la definizione di gestore, ossia il soggetto giuridico incaricato dell'esercizio, della manutenzione e della sicurezza del tunnel, in servizio ai sensi della citata direttiva 2004/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio. Gli articoli da 3 a 5 dettano disposizioni in ordine agli organismi incaricati dell'attuazione dell'Accordo. In particolare, ai sensi dell'articolo 3 viene ridefinito il ruolo amministrativo e tecnico della Commissione intergovernativa italo-francese per il miglioramento dei collegamenti tra i due paesi nelle Alpi meridionali (CIG), che le parti designano come autorità amministrativa comune e alla quale, con riferimento alla gestione unificata del tunnel, l'Accordo attribuisce una serie di rilevanti compiti. Alla CIG, infine, nelle materie per le quali non ha competenza in qualità di autorità amministrativa, viene conferito un ruolo consultivo presso le parti sui profili dell'esercizio e della sicurezza. L'articolo 4 amplia il ruolo consultivo del Comitato di sicurezza, ora titolato a rilasciare pareri sia sui documenti comuni di esercizio, manutenzione e sicurezza del tunnel in servizio, sia su quelli rilevanti per la sicurezza del nuovo tunnel. Con l'articolo 5 viene istituita una Commissione tecnica incaricata di assistere la CIG nelle attività di monitoraggio amministrativo, tecnico e finanziario. Gli articoli da 6 a 12 dispongono in ordine all'esercizio, alla manutenzione e alla sicurezza del tunnel in servizio, ossia dell'opera effettivamente aperta al traffico. L'articolo 6 introduce la gestione unificata del tunnel, affidandola all'Italia che provvede designando, ai sensi della normativa nazionale italiana, il gestore unico, responsabile sull'intera infrastruttura (tunnel in servizio, strada e dotazioni); tale modalità gestionale è alternativa al vigente modello di gestione caratterizzato dalla presenza di due enti gestori stradali, l'Ente nazionale per le strade (ANAS) Piemonte per la parte italiana, e la Direction départementale de l'Equipement des Alpes-Maritimes per il versante francese, responsabili ciascuna per la sezione del tunnel che ricade sul territorio di rispettiva competenza. Ai due enti nazionali resta affidata la gestione delle vie di accesso al tunnel.
L'articolo 7 affida al gestore unico la predisposizione del manuale di gestione. L'articolo 8 regola la ripartizione dei costi di esercizio del tunnel in servizio stabilendone la ripartizione a carico della parte italiana in ragione del 58,35 per cento e a carico della parte francese in ragione del 41,65 per cento; tale ripartizione può essere rivista ogni cinque anni in caso di modifica rilevante della ripartizione del traffico all'interno del tunnel. Gli aspetti di sicurezza del tunnel in servizio sono l'oggetto dell'articolo 9, che affida al gestore unico la redazione del regolamento di circolazione, mentre l'articolo 10 individua

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i soggetti di polizia abilitati all'espletamento dei compiti di controllo della circolazione stradale. Viene inoltre disciplinata la redazione, da parte delle Prefetture territorialmente competenti, del piano di soccorso binazionale (articolo 11) e viene altresì prevista la possibilità che una delle parti adotti misure in deroga agli obblighi sanciti dall'Accordo a fronte di situazioni eccezionali (articolo 12).
Disposizioni in ordine alla costruzione del nuovo tunnel sono recate dagli articoli da 13 a 26. Viene definito, ai fini dell'identificazione delle opere che ricadono nell'ambito di applicazione dell'Accordo, il perimetro dell'intervento (articolo 13); la committenza della costruzione del nuovo tunnel è affidata alla parte italiana, che designa, secondo la normativa nazionale, il committente delegato, ossia il soggetto giuridico incaricato della costruzione dell'intervento (articolo 14), ferma restando la responsabilità di ciascuno dei due governi in materia di procedure ambientali ed espropriative, con particolare riguardo all'applicazione della Convenzione di Espoo sulla valutazione d'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero (articolo 15). L'articolo 16 individua le due fasi principali dei lavori e l'articolo 17 indica il documento di riferimento tecnico-finanziario dell'intervento. Ai sensi dell'articolo 18, il tunnel è costruito in conformità alla vigente normativa europea, con riferimento alla normativa italiana per i casi non previsti. L'articolo 19 prevede che il committente delegato assicuri la pubblicazione dei documenti della gara o delle gare di appalto per la realizzazione dell'intervento in conformità alle vigenti normative comunitarie e nazionali italiane; il committente delegato ha altresì l'onere di garantire l'esecuzione dell'intervento e di provvedere al collaudo dell'opera, tenendo informata la CIG sullo stato di avanzamento dei lavori (articolo 20). Ai sensi dell'articolo 21, ciascuna parte assicura al committente delegato la disponibilità sul proprio territorio dei terreni necessari all'intervento.
Gli articoli 22 e 23 regolano l'accordo finanziario per la costruzione del nuovo tunnel in base alla formulazione riportata in dettaglio nella relazione tecnica. Il costo di riferimento dell'intervento (ossia il costo al netto dell'imposta sul valore aggiunto) è stimato in 141,2 milioni di euro a valori del 2002; ogni modifica di tale costo, presentata dal committente delegato, deve essere convalidata dalla CIG; le parti si fanno carico del costo di riferimento in ragione del 58,35 per cento alla parte italiana e del 41,65 per cento a carico della parte francese (articolo 22). Le condizioni di pagamento delle spese sono dettagliate dall'articolo 23.
Le condizioni di presa in consegna delle opere a conclusione delle fasi dei lavori sono stabilite dall'articolo 24. Le decisioni in ordine alla progressiva messa in servizio del nuovo tunnel sono poste in capo alla CIG in quanto autorità amministrativa (articolo 25). L'articolo 26 reca i compiti assegnati al committente delegato in ordine alla costruzione del nuovo tunnel in conformità alla legislazione italiana. Tale soggetto è incaricato dell'affidamento degli appalti, della conclusione dei contratti e delle convenzioni necessarie alla costruzione dell'opera, dell'aggiornamento della documentazione, con particolare riguardo a quella relativa alla sicurezza nella fase di messa in servizio, delle attività di monitoraggio e controllo e della remunerazione di fornitori e imprese; il committente delegato rende regolarmente cono alla Commissione tecnica e alla CIG sull'avanzamento dei lavori e sulle criticità riscontrate. L'articolo 27 reca disposizioni relative ai diritti d'ingresso sui rispettivi territori nazionali da parte del personale impiegato nei lavori. Tale articolo dispone - fra l'altro - al comma 2 che i cittadini extra-comunitari impiegati con regolare contratto di lavoro in maniera abituale, presso un'impresa o un fornitore di servizi con sede in Italia o in Francia, non sono tenuti a richiedere uno specifico permesso di lavoro. L'esenzione si applica a condizione che l'interessato sia dotato di un visto o di un permesso temporaneo per un soggiorno superiore a tre mesi. L'articolo 28 reca disposizioni in materia fiscale e doganale e precisa che per le materie non

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regolate dall'Accordo o dalle decisioni della CIG, alle attività e ai lavori svolti dal gestore si applica la normativa italiana; per le questioni non regolate dall'Accordo la norma rimanda ad ulteriori accordi tra le parti. Ai sensi dell'articolo 29 alle condizioni di lavoro e di impiego del personale che interviene sul tunnel si applicano le norme italiane; per i danni provocati ad utenti e terzi si applica il diritto dello Stato sul cui territorio si è prodotto l'evento che ha generato il danno. La soluzione di controversie riguardanti l'Accordo avverrà per via diplomatica (articolo 30), le acque e i minerali rinvenuti durante i lavori saranno assegnati in base alla legislazione dello Stato sul cui territorio è avvenuta la scoperta (articolo 31); ai fini dell'Accordo la frontiera all'interno del tunnel è stabilita sulla verticale della frontiera all'aperto (articolo 32). L'articolo 33 stabilisce che l'Accordo può essere modificato con il consenso delle parti e l'articolo 34, infine, disponendo in tema di entrata in vigore e di denuncia dell'Accordo, stabilisce in 35 anni la durata dell'Accordo, rinnovabile tacitamente per periodi di cinque anni.

Il sottosegretario Vincenzo SCOTTI ricorda che, nel corso della precedente legislatura, l'altro ramo del Parlamento aveva già approvato un disegno di legge avente ad oggetto la ratifica dell'Accordo in titolo.

Teresio DELFINO (UdC) esprime soddisfazione per la tempestiva presentazione del disegno di legge governativo considerata la rilevanza dell'infrastruttura in oggetto. Si tratta peraltro di una questione particolarmente urgente che richiede la conclusione del processo di ratifica prima della pausa estiva dei lavori parlamentari.

Fiamma NIRENSTEIN, presidente, avverte che, nessun altro chiedendo di intervenire, è concluso l'esame preliminare del provvedimento, che sarà trasmesso alle Commissioni competenti per l'espressione dei pareri. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Ratifica II Protocollo alla Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari stabilito in base all'articolo K3 del Trattato sull'Unione europea.
C. 1558 Governo, approvato dal Senato.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

Gianluca PINI (LNP), relatore, illustra il provvedimento di cui sottolinea il particolare valore strategico nell'azione di contrasto alle frodi finanziarie. Osserva che il Protocollo all'esame della Commissione è volto ad estendere il campo di applicazione della Convenzione tra gli Stati membri dell'Unione europea relativa alla tutela degli interessi finanziari, ratificata con la legge n. 300 del 2000. Segnala che il Protocollo, come emerge dall'analisi tecnico-normativa che accompagna il disegno di legge, mira a includere nelle fattispecie previste dalla Convenzione anche il riciclaggio di denaro e a prevedere la responsabilità delle persone giuridiche implicate nella criminalità organizzata, oltre che a migliorare ulteriormente la cooperazione tra Commissione europea e Stati membri nella lotta contro le frodi comunitarie. Si tratta di novità di particolare rilievo che esprimono una volontà specifica degli Stati membri rispetto al tema della tutela degli interessi finanziari. Ricorda che la Convenzione ha la finalità di assicurare presso gli Stati membri efficaci misure sanzionatorie, anche penali, per la repressione delle frodi ai danni degli interessi finanziari delle Comunità, definendo per le Parti contraenti precisi obblighi in materia di competenza giurisdizionale, di estradizione e di reciproca cooperazione.
L'articolo 1 contiene le definizioni dei termini utilizzati nel Protocollo, con particolare riferimento ai termini «frode», «corruzione passiva» e «corruzione attiva». Per la nozione di «riciclaggio di denaro», l'articolo 1 fa rinvio alla direttiva 91/308/CEE del 10 giugno 1991. In relazione all'articolo 2 del Protocollo - che richiede a ciascuno Stato di configurare il riciclaggio di denaro come illecito penale

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- evidenzia che la fattispecie è già prevista dall'articolo 648-bis del codice penale e che pertanto tale articolo del Protocollo risulta già completamente attuato nel nostro ordinamento. Gli articoli 3 e 4 del Protocollo richiedono l'affermazione della responsabilità della persona giuridica laddove delitti di frode, corruzione e riciclaggio siano commessi a suo beneficio, e la conseguente irrogazione di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, anche di tipo pecuniario. Il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, ha previsto che per una serie di reati espressamente individuati - fra i quali figurano anche il riciclaggio e l'impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita - possano essere applicate alla persona giuridica - mediante accertamento giudiziale - oltre a sanzioni interdittive anche sanzioni di natura pecuniaria, applicate per quote in un numero non inferiore a cento né superiore a mille; l'importo di una quota varia da un minimo di 258 euro ad un massimo di 1.548 euro. Nella commisurazione della sanzione pecuniaria il giudice determina il numero delle quote tenendo conto della gravità del fatto, del grado della responsabilità dell'ente, nonché dell'attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti. L'importo della quota è fissato sulla base delle condizioni economiche e patrimoniali dell'ente allo scopo di assicurare l'efficacia della sanzione. Il presupposto per l'irrogazione della sanzione è ovviamente la responsabilità dell'ente che, ai sensi dell'articolo 5, sussiste in riferimento ai reati commessi nell'interesse dell'ente stesso o a suo vantaggio, da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione, di direzione dell'ente o da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso.
In relazione alle previsioni contenute nell'articolo 5 in materia di sequestro e confisca, già l'ordinamento italiano prevede una disciplina, dettata dagli articoli 240 del codice penale e 253 del codice processuale penale. In relazione alla cosiddetta confisca per equivalente o di valore, questa è già prevista per specifici reati - tra cui la corruzione (ai sensi dell'articolo 322-ter del codice penale, introdotto dalla legge n. 300 del 2000), le truffe e le cosiddette frodi comunitarie in virtù del rinvio al citato articolo 322-ter operato dall'articolo 640-quater del codice penale.. Tale misura è possibile anche in relazione al riciclaggio ma nei soli casi di reato transnazionale in cui sia coinvolta la criminalità organizzata (limite previsto dall'articolo 11 della legge n. 146 del 2006).
Ricorda che la legge comunitaria per il 2008 - nell'ambito della delega al Governo per l'adozione di legislazione di attuazione della decisione quadro 2005/212/GAI del Consiglio (relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato) - ha già generalizzato, per ogni tipologia di reato, l'obbligo di eseguire sempre la confisca, totale o parziale, su altri beni di valore equivalente a quello delle cose che costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto del reato, con eccezione dei beni impignorabili ai sensi dell'articolo 514 del codice di procedura civile (articolo 31, comma 1, lettera b) n. 3).
Anche gli obblighi previsti dall'articolo 6 del Protocollo alla Convenzione - la rinuncia ad invocare l'eccezione fiscale (ovvero il rifiuto di assistenza giudiziaria per il solo motivo che la domanda si riferisce ad un reato fiscale) - risultano già attuati. Peraltro, la norma integra quanto previsto dall'articolo 3 della Convenzione del 26 luglio 1995 relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, ratificata dalla citata legge n. 300 del 2000, che stabilisce che uno Stato membro non può rifiutare l'estradizione per un atto fraudolento che leda gli interessi finanziari delle Comunità europee unicamente perché si tratta di un reato in materia di tasse o di dazi doganali. Tali ipotesi riguardano ora anche i reati di corruzione, attiva e passiva, riciclaggio di denaro ed in generale ogni tipo di assistenza giudiziaria in materia penale.
La riproposizione della rinuncia all'eccezione fiscale anche nell'articolo 6 del II Protocollo deriva dal fatto che, al momento

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dell'adozione del relativo atto istitutivo, nessuno di questi strumenti era stato ratificato da tutti gli Stati membri. Le successive, intervenute ratifiche fanno ritenere la disposizione dell'articolo 6 del Protocollo già pienamente operante nell'ordinamento. Gli articoli da 7 a 12 disciplinano la cooperazione degli Stati membri con la Commissione europea riguardo le attività di contrasto alla frode, alla corruzione e al riciclaggio di denaro e stabiliscono gli obblighi della Commissione, con particolare riferimento alla protezione dei dati personali. Nell'articolo 7 viene precisato che la cooperazione tra la Commissione europea e gli Stati membri dell'UE si attua attraverso l'assistenza tecnica e operativa da parte della Commissione, cosa che può comportare lo scambio di dati tra Commissione e autorità competenti dei vari Stati membri. A tal fine, l'articolo 8 dispone che il livello di protezione dei dati non possa essere inferiore a quello previsto dalla Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati. L'articolo 10 disciplina i casi in cui, e le modalità secondo le quali, la Commissione può trasferire dati personali a Stati membri terzi. L'articolo 12 elenca le disposizioni della Convenzione che si applicano al Secondo Protocollo. Le eventuali controversie tra gli Stati membri nonché tra gli Stati membri e la Commissione in merito all'interpretazione o all'applicazione del secondo Protocollo saranno giudicate dalla Corte di giustizia delle Comunità europee (articolo 13) che è altresì competente a pronunciarsi in via pregiudiziale. L'articolo 14 ribadisce che agli atti della Commissione nel quadro dell'applicazione del secondo Protocollo sono applicabili le norme di diritto comunitario relative alla responsabilità extracontrattuale della Comunità, di cui all'articolo 288 e 235 del Trattato che istituisce la Comunità europea. In base all'articolo 15, paragrafo 1, la Corte di giustizia delle Comunità europee è competente a pronunciarsi sui ricorsi proposti da persone fisiche o giuridiche contro decisioni della Commissione (ivi compreso il rifiuto di decidere), nell'ambito delle disposizioni del Protocollo in esame. Come rilevato dalla relazione introduttiva al disegno di legge presentato al Senato, il testo dell'articolo 15, paragrafo 1, ricalca ampiamente il testo dell'articolo 230, quarto e secondo comma, del Trattato CE. Il paragrafo 2 dell'articolo 15, contiene il rinvio ad una serie di articoli del Trattato che istituisce la Comunità europea e allo statuto della Corte di giustizia, che si applicano al Protocollo. Gli articoli 16-19 contengono le clausole finali. Il Protocollo entrerà in vigore 90 giorni dopo la notifica al segretario generale del Consiglio dell'Unione europea - che è il depositario - della ratifica dello Stato membro che procede per ultimo. Il Protocollo è aperto all'adesione degli Stati che diventeranno membri dell'Unione europea. È prevista la possibilità per gli Stati membri di apporre una riserva per considerare illecito penale il riciclaggio di denaro in relazione ai proventi dei soli casi gravi di corruzione attiva e passiva. Tale riserva, di cui deve essere informato il depositario all'atto della ratifica, ha una durata di cinque anni, rinnovabili una sola volta.
In conclusione, alla luce della rilevanza dei temi trattati auspica un celere iter di esame del provvedimento, esprimendo una perplessità per la mancata considerazione dell'IVA nel quadro della strategia di contrasto alle frodi fiscali e finanziarie. Si tratta di una grave lacuna destinata a facilitare casi di concorrenza sleale e che va contro la tutela delle aziende italiane e del complessivo sistema produttivo italiano.

Il sottosegretario Enzo SCOTTI auspica una sollecita conclusione dell'iter volto alla ratifica del Protocollo in titolo.

Fiamma NIRENSTEIN, presidente, avverte che, nessun altro chiedendo di intervenire, è concluso l'esame preliminare del provvedimento, che sarà trasmesso alle Commissioni competenti per l'espressione dei pareri. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

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Ratifica Convenzione Italia-Islanda per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire le evasioni fiscali.
C. 1559 Governo, approvato dal Senato.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

Guglielmo PICCHI (PDL), relatore, illustra il provvedimento in esame rilevando che la Convenzione e l'annesso Protocollo, firmati a Roma il 10 settembre 2002, pongono le basi per una più proficua collaborazione economica tra Italia e Islanda, rendendo possibile un'equa distribuzione del prelievo fiscale tra lo Stato in cui viene prodotto un reddito e lo Stato di residenza dei beneficiari dello stesso. Va segnalato che l'Islanda è l'unico Paese dell'OCSE nei cui confronti l'Italia non aveva concluso un accordo per evitare le doppie imposizioni. Ricorda che l'Islanda, unitamente al Liechtenstein e alla Norvegia, è legata alla Comunità europea dal 1994 dall'Accordo SEE (Spazio economico europeo), che ha costituito appunto uno spazio comune basato su quattro libertà: la libera circolazione di merci, persone, servizi e capitali. La Convenzione, costituita da 31 articoli e da un Protocollo aggiuntivo, mantiene la struttura fondamentale del modello elaborato dall'OCSE; essa si applica tanto all'imposizione sul reddito quanto a quella sul patrimonio, profilo quest'ultimo attualmente presente solo nella legislazione fiscale islandese. Agli articoli 1 e 2 viene delimitato il campo d'applicazione della Convenzione: i soggetti sono i residenti di uno o di entrambi gli Stati contraenti, mentre le imposte considerate per l'Islanda sono l'imposta statale sul reddito, l'imposta statale sul patrimonio netto e l'imposta comunale sul reddito. Per l'Italia le imposte considerate sono quella sul reddito delle persone fisiche, quella sul reddito delle persone giuridiche (IRES) e l'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP). La Convenzione si applicherà anche alle imposte future di natura identica o sostanzialmente analoga che verranno istituite successivamente alla firma dell'accordo. In proposito, va osservato che l'abolizione, a partire dal 1o gennaio 1998, dell'imposta sul patrimonio netto delle imprese ha fatto venir meno nell'ordinamento italiano ogni forma di imposizione sul patrimonio: il punto 1 del Protocollo aggiuntivo prevede a tal proposito che in caso di reintroduzione di tale fattispecie in Italia la Convenzione si applicherà ad essa.
Segnala che agli articoli da 3 a 5 si procede alle definizioni. Gli articoli da 6 a 22 trattano dell'imposizione sui redditi: in particolare, i redditi che un residente di uno Stato contraente ritrae da beni immobili situati nell'altro Stato sono imponibili in quest'ultimo Stato (articolo 6), mentre gli utili di imprese sono imponibili nello Stato di residenza dell'impresa (articolo 7) a meno che questa non svolga la sua attività nell'altro Stato contraente mediante una stabile organizzazione ivi situata, nel qual caso gli utili saranno imponibili in quest'ultimo, ma solo nella misura in cui derivino da detta stabile organizzazione. A norma dell'articolo 8, gli utili da esercizio della navigazione aerea o marittima internazionale sono imponibili solo nel Paese cui fa capo l'effettiva direzione dell'impresa. I dividendi societari (articolo 10) sono imponibili in linea di principio solo nello Stato di residenza del beneficiario (ma sono previste eccezioni in casi determinati), così come gli interessi (articolo 11) e le royalties (articolo 12): lo Stato in cui tali redditi sono prodotti potrà comunque prelevare sui dividendi un'imposta, rispettivamente non superiore al 5 per cento dell'ammontare lordo per partecipazioni societarie non inferiori al 10 per cento, e non superiore al 15 per cento nelle altre fattispecie. Tali soglie si applicano però solo se chi percepisce i dividendi ne è l'effettivo beneficiario. Inoltre, in tutti e tre i casi, se il beneficiario dei cespiti li ha ottenuti esercitando le proprie attività mediante una stabile organizzazione o una base fissa situate nell'altro Stato, essi ricadranno nella normale tassabilità da parte di detto Stato in accordo alla propria legislazione fiscale. Anche per

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ciò che concerne i redditi da professione indipendente (articolo 14) o da lavoro subordinato (articolo 15), il criterio per l'imputazione della loro tassazione sta nella prevalente esplicazione dell'attività in oggetto, se nello Stato di residenza o nell'altro Stato: i redditi di cui all'articolo 14 saranno imponibili nello Stato di produzione degli stessi se il beneficiario dispone in tale Stato di una «base fissa», e solo nella misura in cui siano ad essa imputabili. I redditi di cui all'articolo 15, invece, saranno imponibili nello Stato in cui vengono prodotti, a meno che il lavoratore, tra l'altro, non soggiorni in tale Stato per un periodo complessivo non eccedente 183 giorni in un anno.
A norma dell'articolo 17, poi, i compensi per artisti e sportivi sono tassabili nello Stato di prestazione effettiva dell'attività. Le pensioni, le remunerazioni analoghe e gli eventuali trattamenti di fine rapporto sono invece imponibili solo nello Stato di residenza del beneficiario (articolo 18). Va ricordato in proposito che il comma 2 dell'articolo 18, al fine di evitare pratiche di elusione delle imposte, prevede che le indennità di fine rapporto siano imponibili solo nello Stato nel cui territorio si è svolta l'attività da cui traggono origine, anche qualora il beneficiario sia nel frattempo divenuto residente dell'altro Stato contraente. Inoltre, su un piano più generale, il punto 8a) del Protocollo aggiuntivo stabilisce che i benefici e le esenzioni previsti dalla Convenzione non potranno applicarsi laddove sia dimostrabile che la qualificazione di residenza di un soggetto sia stata perseguita appunto allo scopo di ottenere quei vantaggi.
Gli stipendi, i salari o altre analoghe remunerazioni, nonché le pensioni, corrisposte da uno Stato contraente a fronte di servizi ad esso resi sono imponibili solo in detto Stato, salvo il caso che il beneficiario sia residente nell'altro Stato o addirittura ne abbia la nazionalità, poiché allora i cespiti divengono imponibili nello Stato di residenza (articolo 19). L'articolo 22 riguarda l'imposizione su redditi diversi da quelli trattati agli articoli precedenti, e stabilisce che di norma gli elementi di reddito di un residente di uno dei due Stati contraenti siano imponibili solo nello Stato di residenza: tuttavia fanno eccezione i redditi provenienti da fonti varie situate nell'altro Stato contraente. L'articolo 23 concerne la tassazione del patrimonio, la quale, per quanto riguarda i beni immobiliari, avviene nello Stato in cui essi sono localizzati; lo stesso dicasi per i beni mobili facenti parte della stabile organizzazione di un'impresa o della base fissa di un residente di uno Stato contraente, anch'essi imponibili nello Stato ove sono situati. L'opposto si verifica per i beni immobiliari o mobiliari connessi all'esercizio del traffico internazionale aereo o marittimo, sui quali la tassazione patrimoniale può avvenire sono nello Stato ove risiede l'effettiva direzione d'impresa. All'articolo 24 vengono definiti i metodi per evitare le doppie imposizioni: la scelta cade sul credito d'imposta, in accordo con tutte le altre Convenzioni negoziate dall'Italia nella stessa materia. Agli articoli da 25 a 29 viene anzitutto stabilito il principio di non discriminazione nei confronti dei soggetti nazionali di uno Stato contraente, che non possono subire nell'altro Stato un'imposizione più onerosa di quella cui sarebbero sottoposti i soggetti nazionali di detto Stato. Vengono poi fatti salvi i privilegi fiscali di cui beneficiano i funzionari diplomatici o consolari in base alle regole generali del diritto internazionale e viene prevista la soluzione per via amichevole delle future controversie in merito alla corretta applicazione della Convenzione. Si prevede, inoltre, lo scambio di informazioni tra le rispettive Autorità, per facilitare l'applicazione dell'accordo, nel rispetto tuttavia delle proprie legislazioni interne, dei limiti da queste posti alla diffusione di tali informazioni, del segreto industriale, commerciale o professionale, nonché del fondamentale interesse del mantenimento dell'ordine pubblico nei due paesi. Gli articoli 32 e 33 contengono disposizioni finali relative all'entrata in vigore, alla denuncia e alla cessazione degli effetti della Convenzione, la cui durata è illimitata: è prevista tuttavia la facoltà di denuncia dell'accordo - ma solo

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dopo 5 anni dall'entrata in vigore - da parte di uno Stato contraente, mediante preavviso inoltrato per via diplomatica almeno sei mesi prima della fine dell'anno solare.
In conclusione, nell'auspicare una valutazione favorevole sul provvedimento in titolo, formula al Governo la richiesta di predisporre documentazione relativa agli accordi in materia di doppia imposizione, già siglati dal nostro Paese, al fine di poter disporre di un quadro comparativo.

Il sottosegretario Vincenzo SCOTTI, condividendo i contenuti della relazione svolta dall'onorevole Picchi, fa presente l'opportunità di un celere iter di ratifica, considerato che la Convenzione in titolo è stata siglata nel 2002 ed è attesa dal Governo islandese.

Fiamma NIRENSTEIN, presidente, avverte che, nessun altro chiedendo di intervenire, è concluso l'esame preliminare del provvedimento, che sarà trasmesso alle Commissioni competenti per l'espressione dei pareri. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 16.

AVVERTENZA

Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI