CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 17 luglio 2008
37.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Cultura, scienza e istruzione (VII)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

Giovedì 17 luglio 2008. - Presidenza del presidente Valentina APREA.

La seduta comincia alle 9.10.

Legge quadro per lo spettacolo dal vivo.
C. 136 Carlucci, C. 459 Ciocchetti e C. 1156 Ceccacci Rubino.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 16 luglio 2008.

Valentina APREA, presidente, segnala che in base alle informazioni direttamente acquisite, il Governo ha intenzione di intervenire con un apposito disegno di legge sulle materie trattate dalle proposte di legge in esame. Rileva, inoltre, che tale intervento dovrebbe peraltro essere limitato alla trattazione delle materie che riguardano più direttamente le competenze concorrenti tra Stato e regioni, lasciando pertanto alla Commissione il compito di approfondire le altre questioni. Ritiene pertanto che la Commissione possa proseguire l'esame delle proposte di legge in discussione, rinviando ad un successivo momento l'eventuale decisione di stralciare parti delle proposte di legge sulle quali il Governo dovesse decidere di intervenire con un apposito disegno di legge.

Fiorella CECCACCI RUBINO (PdL) sottolinea che come è stato già ricordato, sono 60 anni, dalla fondazione della Repubblica, che le categorie del mondo dello spettacolo dal vivo attendono una legge quadro che riformi in profondità un settore strategico per lo sviluppo sociale, culturale ed economico. Ricorda che il proprio gruppo, inserendo già nel programma elettorale la proposta di una: legge quadro per lo spettacolo dal vivo (teatro, musica, danza, circhi e spettacolo viaggiante) e per promuovere la creatività italiana in tutti campi dello spettacolo, dell'arte e della multimedialità, si è assunto una grande responsabilità a cui non ci si può e non ci si deve sottrarre, perché ormai si è ampiamente compresa la centralità dello spettacolo dal vivo nello sviluppo economico della collettività, nella crescita dell'individuo e nella promozione dell'integrazione socio-culturale. Rileva che non va peraltro dimenticato che già nella XIV legislatura si era giunti ad un testo unificato, l'atto parlamentare Camera n. 587 e abbinate, arrivato addirittura

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all'esame in Assemblea per la discussione generale, ma mai approvato per il classico dei problemi italiani: la copertura economica. Questo è in realtà il vero problema che ha impedito in tutti questi anni l'approvazione di un tale importante provvedimento. Segnala peraltro che ciò non deve affatto scoraggiare in quanto occorre rispettare il patto fatto con gli italiani, ossia l'impegno a trovare le risorse necessarie per la diffusione della cultura e della creazione intellettuale ed artistica nel Paese. Questa dovrà essere la legislatura «decisiva», perché ormai non si può attendere oltre. Esprime quindi condivisione riguardo alla necessità di un sano dialogo fra maggioranza e opposizione al di fuori di un qualsiasi condizionamento dettato da posizioni preconcette o precostituite. Sottolinea che questa sarà la legislatura che farà della cultura una leva importante della economia nazionale. Cita un recente studio dell'Università di Torino, che ha analizzato la ricaduta sul territorio di Torino della spesa culturale nel 2006, evidenziando nel dettaglio come, a monte di 400 milioni di euro di spesa pubblica, si è generato un flusso di fatturati e di redditi pari a un miliardo e 700 milioni di euro. Rileva quindi che vi è stato un ritorno di quasi cinque volte l'investimento iniziale, eppure l'idea dominante, diffusa non solo nell'opinione pubblica meno informata, è che gli investimenti pubblici alla cultura non siano «produttivi». Questo non lo pensano in Europa, dove considerano le arti dello spettacolo tra le maggiori industrie culturali dell'Unione Europea, con un fatturato complessivo di 655 miliardi di euro, contribuendo a produrre il 2,6 per cento del PIL europeo e impiegando quasi 6 milioni di persone, pari al 3,1 per cento degli occupati totali nella Comunità. Si chiede pertanto per quale motivo in Italia, allora, si è affermata una «diffidenza» negli investimenti pubblici alla cultura. Esprime la convinzione al riguardo che la ragione principale di ciò sia da ricercare nella cattiva gestione di questi finanziamenti che hanno visto l'affermarsi di logiche clientelari e poco trasparenti di distribuzione delle risorse. Per tale motivo ritiene, riportandosi a quanto scritto nella relazione alla abbinata proposta di legge della quale è firmataria, che una legge quadro non dovrà semplicemente limitarsi a modificare la legge 30 aprile 1985, n. 163, sul Fondo unico per lo spettacolo (FUS), adeguandola alle modifiche introdotte dal Titolo V della parte seconda della Costituzione, in particolare all'articolo 117 (legge costituzionale n. 3 del 2001), ma dovrà riformare in profondità un settore dalla rilevante centralità culturale e dalle notevoli potenzialità economiche ed occupazionali. Mette in risalto che occorre quindi approvare una legge che, non solo regolamenti i diversi settori del variegato mondo dello spettacolo dal vivo, ma che si faccia anche interprete delle reali esigenze di autonomia e di crescita dell'intero comparto, parte fondamentale della cultura ed economia italiana.
Ritiene quindi che occorra approvare una normativa che sia veramente capace di riformare in profondità il settore coniugando efficacia ed equità. Rileva che occorre partire dai livelli istituzionali, perché c'è la necessità di adeguare le attribuzioni di competenze tra lo Stato e le Regioni al Titolo V parte seconda della Costituzione (in particolare all'articolo 117), per far sì che vi sia una gestione concordata del FUS, da realizzare nella Conferenza Unificata, a cui affiancare anche Fondi Regionali e un Fondo statale integrativo per lo spettacolo dal vivo. Considera questo il modo più adeguato ed efficace per attuare un intervento a livello istituzionale condiviso e coordinato, atto a sostenere un'equilibrata e diffusa presenza sul territorio di strutture di produzione, distribuzione, promozione, formazione e di esercizio e di festival e rassegne. Occorre inoltre essere chiari nell'esplicitare l'assoluta contrarietà alla regionalizzazione del FUS, come prevedeva nel precedente Governo Prodi la cosiddetta bozza Montecchi, perché ciò pregiudicherebbe la realizzazione di una politica nazionale volta a favorire la creazione di un «sistema spettacolo» organico e coerente. Sostiene inoltre che il trasferimento tout court

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del FUS alle Regioni avrebbe sancito l'abdicazione dello Stato all'obbligo di garantire l'unità dell'identità culturale del Paese, con l'immediata conseguenza di annullare la portata nazionale e internazionale delle attività dello spettacolo che sarebbero state, viceversa, parcellizzate e ridotte ad una dimensione regionalistica e localistica a danno della reale vocazione transculturale e transnazionale delle arti dello spettacolo dal vivo. Per tale ragione esprime condivisione riguardo alla necessità di una normativa che attui appieno la legge costituzionale n. 3 del 2001 e le sentenze della Corte Costituzionale del 2004. Occorre quindi che la legge definisca delle corrispondenze procedurali tra gli interventi dello Stato e quelli delle regioni e degli enti locali, anzitutto prevedendo anche la costituzione di Fondi regionali per lo spettacolo, così da non ledere il principio di concorrenzialità in materia di spettacolo. Ricorda d'altra parte che oltre alla necessità di chiarire i livelli istituzionali di attribuzione delle competenze occorre, sempre nella legge quadro, intervenire sulle modalità di erogazione dei finanziamenti pubblici allo spettacolo. Occorre in sostanza riformare il FUS, aprendo tutto il capitolo del suo potenziamento e del suo equo riparto, che deve essere reso meno discrezionale e più trasparente; definendo, già in sede parlamentare - non quindi delegando la materia al Ministero per i Beni e le Attività Culturali - i criteri «qualitativi» e «quantitativi» per l'accesso al Fondo. In merito, ritiene che il finanziamento pubblico allo spettacolo deve servire essenzialmente a: creare le condizioni per un mercato diffuso, autonomo ed innovativo e di valore nazionale e internazionale; dare le giuste opportunità ai talenti per generare il nuovo e liberare energie creative; sviluppare l'educazione e la formazione, anche attraverso forme di collaborazione con le scuole di ogni ordine e grado e le università; sostenere festival e rassegne, come quella appena trascorsa a Napoli diventata per un mese capitale del teatro contribuendo notevolmente a rilanciarne l'immagine, nell'ambito di una politica di acculturazione alle arti dello spettacolo e di valorizzazione del turismo culturale.
Rileva quindi che tutte le indicate decisioni - anche sul punto c'è piena convergenza - possono essere prese in sede di Conferenza Unificata Stato - regioni, in collaborazione con il Ministero per i beni e le attività culturali con il suo organo tecnico consultivo, il consiglio dello spettacolo dal vivo, senza trascurare i ruoli delle commissioni parlamentari, degli Enti e delle associazioni di categoria più rappresentativi. Sui processi effettivi di tali dinamiche sarà meglio una discussione dettagliata in sede di comitato ristretto su cui è possibile trovare una comunanza di intenti. Torna quindi alla questione dei finanziamenti, rilevando che tale tema è molto sentito dalle categorie interessate al potenziamento del FUS. Constata con soddisfazione che anche alcuni colleghi ritengono essenziale allineare le risorse del Paese a quelle di altre nazioni europee, o comunque cercare di limitare un divario che va sempre di più aumentando: basta considerare che a fronte di meno di 100 milioni di euro della quota FUS per il teatro italiano di prosa, la dotazione della sola Comédie francaise raggiunge i 150 milioni circa e che per lo spettacolo dal vivo francese sono stati stanziati, per il 2007, 635 milioni di euro. E potrebbero essere citati altri dati analoghi per la Gran Bretagna, la Germania e anche la Spagna. Ciò dimostra che meno si investe e meno ritorno economico avrà lo Stato e quindi, come conseguenza, si avrà ancora una ulteriore riduzione dell'investimento per il futuro. Illustrando le possibili soluzioni alle problematiche sopraccitate, ritiene che la prima cosa da fare sia quella di trasferire il FUS già disponibile dalla Tabella C della legge finanziaria, all'interno della quale sono allocati tutti i capitoli di spesa, a quella della Tabella A relativa agli investimenti, prevedendo l'indicizzazione del fondo così come previsto nella legge che lo istituì. Occorre inoltre individuare altre forme di finanziamento per aumentarne la dotazione. Considera inoltre che altre strade ancora vadano cercate, come ad esempio, quella prevista nella sua proposta

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di legge, all'articolo 11, di ampliare la quota di FUS per lo spettacolo dal vivo, che oggi corrisponde solo al 15 per cento dei soldi erogati, attraverso la costituzione di un fondo integrativo-perequativo che dovrebbe essere finanziato con i proventi dei diritti d'autore. In sintesi, la norma in questione andrebbe a modificare la legge sul diritto d'autore, la legge 22 aprile 1941 n. 633, per permettere, anche dopo il settantesimo anno solare dalla morte dell'autore, o dell'ultimo coautore, l'utilizzazione economica dei diritti - per ulteriori 10 anni -, per le opere attinenti lo spettacolo dal vivo, per l'integrazione del Fondo. In questo modo, si permetterebbe di alimentare in modo permanente un fondo integrativo, e mai compensativo, utile per ulteriori investimenti per lo spettacolo dal vivo: questo Fondo integrativo potrà essere ulteriormente finanziato con altri strumenti, che sono già in essere, come le quote del fondo lotto e scommesse, o saranno da individuare come una quota parte della pubblicità televisiva.
Ricorda in ogni caso che i tecnici della SIAE stanno, proprio in questi giorni, lavorando ad una simulazione della applicabilità di tale norma, così da capire gli eventuali benefici economici che si potrebbero avere. Rileva che eventualmente se gli importi risultassero insufficienti si potrebbe in alternativa avanzare l'idea di un accordo con gli autori in cui in cambio del 10 per cento dei loro diritti, essi avrebbero l'allungamento del copyright a 95 anni, così come tra l'altro si sta discutendo in Europa, con un guadagno per tutti: Stato, artisti e aziende. Sottolinea che le proposte citate costituiscono solo alcune strade interessanti da percorrere, rilevando che occorre che sia l'iniziativa privata il vero protagonista della scena e non lo Stato, che deve limitare la sua azione di intervento solo nel sostenere i nuovi talenti e garantire una maggiore fruizione territoriale e sociale dello spettacolo dal vivo, senza diventare esso stesso un concorrente, perché così facendo alla lunga si atteggerebbe inevitabilmente come un concorrente sleale. Per questo occorre intervenire con agevolazioni fiscali in favore di chi investe nel settore; ed in questo si deve caratterizzare la vera novità dell'intervento in commento introducendo il tax shelter e il tax credit anche per chi intende investire nel settore dello spettacolo dal vivo, così com'è stato previsto per il cinema. Pone l'attenzione, a tal proposito, sull'impatto che potrebbe avere, per l'economia dell'intero comparto, la defiscalizzazione di una parte degli investimenti alla produzione di spettacoli dal vivo, da parte di settori anche esterni a questo mondo. Riterrebbe pertanto opportuno varare una legislazione fiscale che favorisca l'inserimento dei soggetti privati che integrano e progressivamente sostituiscono il sostegno pubblico, auspicando che ciò possa essere fatto anche subito, in sede di legge finanziaria. Sottolinea in particolare che esiste in particolare un emendamento fortemente sostenuto dalla FIMI e dalle PMI musicali sul credito di imposta per le spese di produzione, digitalizzazione e promozione di registrazioni fonografiche per le opere prime o seconde di artisti emergenti. Rileva che solo attraverso le agevolazioni fiscali e un reale processo di liberalizzazione del settore è possibile evitare il vizio italico delle clientele che si annidano sempre dietro ai finanziamenti pubblici. Infatti, un altro obiettivo da perseguire nella legge quadro è quello dell'efficienza e della trasparenza nella destinazione delle risorse. Occorre inoltre ridurre notevolmente i finanziamenti a pioggia, decisi in modo discrezionale dal potere politico e per progetti irrilevanti ed «eventistici» e ridurre i costi di gestione che succhiano enormi risorse che dovrebbero invece servire per il sostegno delle nuove produzioni. In merito al tema delle fondazioni lirico-sinfoniche e dei teatri stabili, rileva che occorre procedere ad una razionalizzazione degli enti e degli organismi consultivi, che devono essere semplificati nell'articolazione organizzativa e procedurale. Accenna inoltre ai temi della tutela sociale degli artisti; della necessità di una chiara regolamentazione nell'avvicendamento alle sovrintendenze e alle direzioni degli Enti e degli organismi

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pubblici con la previsione, nel caso, di bandi pubblici di concorso per titoli ed esami.
Conclude, infine, ricordando che se l'Italia ha una risorsa inesauribile e irriproducibile questa è rappresentata dal suo patrimonio culturale, artistico e turistico: si tratta della più grande infrastruttura, come ha ricordato nella sua relazione di presentazione delle linee programmatiche del suo dicastero il ministro Bondi. È su questa infrastruttura che si deve puntare per far rialzare il Paese non sprecando le opportunità che essa offre.

Pierfelice ZAZZERA (IdV) rileva che la tematica oggetto delle proposte di legge in esame è molto importante, sulla quale da quattro anni non vi è stato più nessun intervento normativo e ritiene quindi giunto il momento di effettuare delle scelte concrete in materia. Evidenzia quindi l'importanza dell'iniziativa intrapresa dalla Commissione e auspica pertanto che vengano presentate quante più proposte di legge possibili sulla materia, preannunciandone anche la presentazione da parte del gruppo dell'Italia dei valori. Rimarca inoltre che la materia oggetto delle proposte di legge costituisce una materia che si presta in modo particolare ad una discussione bipartisan, auspicando peraltro che il Governo non voglia soffocare il dibattito in Commissione, anche in questo caso - come sta invece accadendo abbastanza regolarmente dall'inizio di legislatura -, frustrando le prerogative dei parlamentari in materia. Riconosce inoltre alla relatrice di avere già da tempo lavorato con determinazione sulla materia in esame con l'intento di trovare una soluzione soddisfacente per tutte le parti politiche, segnalando in particolare che dalla sua relazione emerge in ogni caso la volontà di collaborare con l'opposizione per cercare una soluzione condivisa. Ricorda inoltre che il testo che la Commissione approverà dovrà tentare di razionalizzare l'uso delle risorse economiche nel settore dello spettacolo dal vivo, trasformando il settore stesso in uno strumento per accrescere l'occupazione oltre che soddisfare le legittime aspettative degli operatori del settore. Ribadisce quindi la volontà del suo gruppo di partecipare ai lavori della Commissione sulle proposte di legge in esame con un atteggiamento improntato al rispetto dello spirito di collaborazione.

Valentina APREA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 9.35.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 9.35 alle 9.50.