CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 10 giugno 2008
14.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (V e VI)
COMUNICATO
Pag. 4

SEDE REFERENTE

Martedì 10 giugno 2008. - Presidenza del presidente della VI Commissione, Gianfranco CONTE. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Luigi Casero.

La seduta comincia alle 11.

DL 93/2008: Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie.
C. 1185 Governo.

(Esame e rinvio).

Le Commissioni iniziano l'esame del provvedimento.

Maurizio FUGATTI (LNP), relatore per la VI Commissione, rileva come le Commissioni siano chiamate ad esaminare in congiunta, in sede referente, il disegno di legge C. 1185, di conversione in legge del decreto-legge n. 93 del 2008, recante disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie.
Le finalità di tale provvedimento sono una prima e parziale risposta agli effetti negativi sulla capacità di spesa delle famiglie causati dagli squilibri economici a livello globale avvenuti negli ultimi anni, in ragione dei quali quello che qualche anno fa era uno stipendio «buono» di due milioni delle vecchie lire, oggi è uno stipendio «non sufficiente» di circa 1000 euro.
Le cause che hanno portato a questa situazione sono diverse, e il provvedimento in esame punta a dare delle risposte nel più breve tempo possibile alle famiglie italiane che hanno difficoltà ad arrivare alla quarta settimana del mese.
Gli interventi in tal senso nel presente provvedimento sono di tre tipi.
Il primo intervento riguarda l'abolizione dell'ICI sulla abitazione principale fin dalla prossima rata del 16 giugno; il secondo riguarda la detassazione degli straordinari del lavoro dipendente privato; il terzo, la rinegoziazione dei mutui, per

Pag. 5

«sterilizzare» l'innalzamento dei tassi di interesse bancari sui mutui ipotecari delle famiglie.
Evidenzia quindi come la sua relazione si concentrerà ad esaminare le disposizioni del decreto-legge rientranti negli ambiti di competenza della Commissione Finanze, le quali sono rinvenibili negli articoli 1, 2 e 3.
L'articolo 1 reca disposizioni in materia di imposta comunale sugli immobili (ICI).
In particolare, il comma 1 prevede l'esenzione totale dall'imposta per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo.
A tale riguardo ricorda che la previgente disciplina in materia di ICI prevede, all'articolo 8, comma 2, del decreto legislativo n. 504 del 1992, l'applicazione di una detrazione ordinaria di importo annuo pari a 103,29 euro per l'abitazione principale (cosiddetta «prima casa») del contribuente, importo che, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 8, può essere incrementato con delibera comunale fino al 50 per cento, ovvero fino a 258,23 euro, nel rispetto dell'equilibrio di bilancio.
Rammenta inoltre che l'articolo 1, comma 5, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008) ha introdotto una detrazione «ulteriore» in favore dell'abitazione principale del soggetto passivo ICI (esclusi gli immobili rientranti nelle categorie catastali A1, A8 e A9), stabilita in misura pari all'1,33 per mille della base imponibile, nella misura massima di 200 euro annuali.
Ai sensi del comma 2, si intende per abitazione principale innanzitutto l'unità immobiliare in cui dimorano abitualmente il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale, e i suoi familiari.
A tale proposito merita richiamare come la legge finanziaria per il 2008 abbia introdotto, con effetto dall'annualità d'imposta 2007, una presunzione legale in base alla quale si considera abitazione principale quella di residenza anagrafica del soggetto passivo, salvo che il contribuente non provi, nei casi di mancata coincidenza (ancorché temporanea) tra dimora abituale e residenza anagrafica, di utilizzare come abitazione principale altra unità abitativa.
Sono inoltre considerate come abitazione principale le unità immobiliari che il comune, con regolamento vigente alla data di entrata in vigore del decreto-legge, abbia assimilato all'abitazione principale, quali l'unità immobiliare posseduta - a titolo di proprietà o di usufrutto - da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, purché l'immobile non risulti locato e gli immobili concessi in uso gratuito a parenti del soggetto passivo in linea retta o collaterale, entro il grado di parentela deciso dai singoli comuni con regolamento.
In forza del richiamo ai regolamenti comunali in materia di ICI, che generalmente equiparano all'abitazione principale le relative pertinenze, l'esenzione prevista dal comma 1 dovrebbe estendersi anche a queste ultime: nel medesimo senso, la Relazione illustrativa del decreto-legge precisa che l'esenzione dal tributo è riconosciuta anche alle pertinenze dell'immobile destinato ad abitazione principale, ancorché distintamente iscritte in catasto.
A questo proposito occorrerebbe chiarire maggiormente la norma, per non creare incertezze circa l'applicazione dell'esenzione alle pertinenze dell'abitazione principale.
Per espressa previsione del comma 3, l'esenzione si applica anche alla casa coniugale del soggetto passivo che, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, non ne risulti tuttavia assegnatario, a condizione che costui non sia proprietario o titolare di altro diritto reale su un immobile destinato ad abitazione e situato nello stesso comune ove è ubicata la casa coniugale, nonché alle unità immobiliari di proprietà delle cooperative edilizie, ove adibite ad abitazione principale dei soci assegnatari, nonché agli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per

Pag. 6

le case popolari e dagli enti di edilizia residenziale pubblica con la medesima destinazione.
Sono esclusi dall'esenzione gli immobili signorili, le ville ed i castelli (rispettivamente, inseriti nelle categorie catastali A1, A8 ed A9), ancorché adibiti ad abitazione principale del soggetto passivo, ai quali si continua ad applicare la detrazione «ordinaria» per l'abitazione principale prevista dall'articolo 8, commi 2 e 3, del decreto legislativo n. 504 del 1992.
Il comma 3 abroga alcune disposizioni incompatibili con i benefici contestualmente disposti.
In particolare è abrogata la norma (articolo 6, comma 4, del decreto legislativo n. 504 del 1992) che, mediante rinvio ad altra disposizione (l'articolo 4, comma 1, del decreto-legge n. 437 del 1996), conferma la potestà dei comuni di deliberare un'aliquota ICI ridotta (comunque non inferiore al 4 per mille ed a condizione che il gettito complessivo dell'imposta previsto sia almeno pari all'ultimo gettito annuale realizzato), in favore delle persone fisiche soggetti passivi dell'ICI e dei soci di cooperative edilizie a proprietà indivisa, residenti nel comune medesimo, per l'unità immobiliare direttamente adibita ad abitazione principale e per le unità immobiliari locate con contratto registrato ad un soggetto che le utilizzi come abitazione principale.
A tale riguardo, la formulazione letterale del comma 3, che sopprime la sola norma di rinvio di cui all'articolo 6, comma 4, del decreto legislativo n. 504, sembra doversi intendere nel senso che le disposizioni oggetto del rinvio medesimo rimangano in vigore, almeno nella misura in cui esse non sono incompatibili con la nuova disciplina agevolativa, in particolare per quanto riguarda la possibilità di deliberare aliquote ICI agevolate per gli immobili locati come «prima casa».
Appare comunque opportuno chiarire definitivamente la portata abrogativa della disposizione, abrogando espressamente la parte dell'articolo 4, comma 1, del decreto - legge n. 437, incompatibile con la nuova disciplina, ferma restando l'abrogazione dell'articolo 6, comma 4, del decreto legislativo n. 504.
L'abrogazione di cui al comma 3 investe anche i commi 2-bis e 2-ter dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 504 del 1992, introdotti dall'articolo 1, comma 5, della legge finanziaria per il 2008, recanti la disciplina della detrazione «ulteriore» in favore dell'abitazione principale.
Il comma 4 quantifica il minor gettito derivante dai benefici introdotti in 1.700 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008, prevedendo inoltre il rimborso ai comuni della minore imposta, in aggiunta al trasferimento compensativo già previsto quale conseguenza della detrazione introdotta dalla legge finanziaria 2008, mediante l'incremento dell'apposito fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'interno, (denominato «Trasferimenti compensativi di minori introiti ICI conseguenti ad ulteriori detrazioni dell'imposta dovuta per le unità immobiliari adibite ad abitazione principale») il quale reca attualmente uno stanziamento di 904 milioni di euro.
A tale riguardo ricorda che la quantificazione dell'onere relativo all'abolizione dell'imposta sugli immobili adibiti ad abitazione principale è fondata sui medesimi principi già adottati per l'attuazione delle disposizioni agevolative concesse dalla legge finanziaria per il 2008, la cui Relazione tecnica stimava il gettito dell'ICI sulle abitazioni principali in 2.665 milioni di euro. Dal momento che le modifiche normative introdotte dalla legge medesima n. 244 hanno comportato una riduzione del gettito pari a 904 milioni di euro, l'esenzione totale dall'imposta introdotta con il comma 1 dell'articolo 1 comporterebbe un ulteriore minor gettito ICI pari a 1.700 milioni di euro.
Le modalità ed i criteri per l'erogazione del rimborso sono stabiliti, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge (quindi entro il 27 luglio 2008) in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, demandando l'attuazione del rimborso ad un decreto del Ministero dell'interno.

Pag. 7

Rileva a tal proposito come, data la mancanza di un termine per l'emanazione del decreto di attuazione del trasferimento compensativo, andrebbe verificato se la misura possa cagionare effetti finanziari negativi - in termini di cassa - per i comuni, in relazione al mancato incasso entro il 16 giugno, giorno di scadenza del termine per il versamento, per le unità immobiliari beneficiate dell'esenzione, della prima rata dell'ICI.
A tale proposito è inoltre opportuno segnalare le problematiche che potrebbero determinarsi sulla liquidità finanziaria dei comuni: a questo fine occorrerebbe valutare l'opportunità di corrispondere a questi ultimi un trasferimento in acconto di una quota percentuale del gettito ICI, prima della definizioni dei criteri di rimborso che saranno stabiliti dalla Conferenza Stato-Città ed autonomie locali.
Segnala altresì come, vista la vicinanza della scadenza del pagamento della rata del 16 giugno con quella della data di emanazione del decreto, potrebbero sorgere dubbi in certe fattispecie di esenzioni sulla abitazione principale se il pagamento della rata è dovuto o meno. È auspicabile a questo proposito valutare la non applicazione di sanzioni e interessi per quei casi dubbi in cui il contribuente erroneamente non paghi la rata del 16 giugno.
Per quanto riguarda le regioni a statuto speciale - con l'eccezione delle regioni Sardegna e Sicilia - ed alle province autonome di Trento e di Bolzano, i rimborsi sono disposti a favore dei citati enti, i quali provvedono all'attribuzione delle quote dovute ai comuni compresi nei loro territori, nel rispetto degli statuti speciali e delle relative norme di attuazione.
Il comma 5 dispone, al fine di garantire l'erogazione del contributo all'IFEL - Istituto per la finanza e l'economia locale (si tratta del soggetto di diritto privato costituito dall'ANCI per consentire la prosecuzione dei servizi finalizzati a fornire adeguati strumenti conoscitivi per una efficace azione accertativa dei comuni) - per l'attività da esso svolta in materia di accertamento, che il Ministero dell'interno eroghi a tale ente una quota pari allo 0,8 per mille dei rimborsi dovuti ai comuni per il minor gettito ICI.
Il comma 6 abroga le disposizioni della legge finanziaria 2008 (nel dettaglio, i commi 7, 8 e 287 dell'articolo 1 della legge n. 244 del 2007) recanti le modalità di rimborso ai comuni del minor gettito ICI derivante dalla detrazione «ulteriore» per la prima casa.
Il comma 7 dispone nuovamente la sospensione del potere di regioni ed enti locali di deliberare aumenti delle aliquote di tributi, ma, a differenza di quanto già avvenuto con la legge finanziaria per il 2003 in relazione all'addizionale IRPEF (per le regioni e i comuni) e all'IRAP per le regioni, la sospensione degli aumenti è estesa alla generalità «dei tributi, delle addizionali, delle aliquote» attribuiti con legge dello Stato alle regioni e al complesso degli enti locali ovvero, in sostanza, a tutte le entrate tributarie degli enti territoriali.
La norma dispone la sospensione degli aumenti a decorrere dall'entrata in vigore del decreto-legge. Poiché la sospensione è riferita al «potere di deliberare», essa non ha effetto sugli aumenti eventualmente già deliberati, ovvero per gli aumenti riferiti all'esercizio 2008, già previsti dallo schema di bilancio di previsione all'esame dei rispettivi consigli. Come sottolineato anche dalla Relazione di accompagnamento al disegno di legge di conversione, la disposizione avrà effetti a partire dall'esercizio 2009.
La sospensione degli aumenti è disposta fino alla «definizione dei contenuti del nuovo patto di stabilità, in funzione dell'attuazione del federalismo fiscale».
A tale riguardo rileva come la prevista sospensione degli aumenti valga anche per quanto riguarda l'innalzamento automatico delle aliquote stabilito dalla legge finanziaria per il 2007 nei confronti degli enti locali che non hanno rispettato il Patto di stabilità interno. Al fine di non penalizzare i comuni più virtuosi sotto questo punto di vista, occorrerebbe introdurre un meccanismo alternativo, tale da non gravare sui cittadini, ma che sia al

Pag. 8

contempo in grado di sanzionare quegli enti che non hanno rispettato il patto di stabilità.
La disposizione chiarisce esplicitamente che essa non modifica le disposizioni vigenti in materia di copertura dei disavanzi delle regioni in materia sanitaria, in base alle quali le regioni in cui sono stati certificati deficit nel settore sanitario sono obbligate ad innalzare le aliquote - anche oltre il limite massimo fissato dalla legge dello Stato.
L'articolo 2 interviene sul regime fiscale dei redditi da lavoro dipendente, disponendo l'introduzione, in via transitoria, di un regime fiscale agevolato in favore dei lavoratori dipendenti del settore privato (commi 1-5) e l'assoggettamento a tassazione, in via permanente, di alcune voci della retribuzione attualmente escluse dalla determinazione della base imponibile fiscale (comma 6).
Tale previsione si inserisce nell'ambito di altri interventi normativi già intervenuti sul punto, quali l'articolo 1, comma 70, della legge n. 247 del 2007, che ha previsto, per l'anno 2008, l'introduzione di opportune misure di detassazione per ridurre l'imposizione fiscale della retribuzione corrisposta a titolo di premio di produttività entro un limite complessivo di 150 milioni di euro.
Passando ad esaminare in dettaglio la misura, i commi da 1 a 5 introducono, in via transitoria e con natura sperimentale, un regime fiscale agevolato in favore dei lavoratori dipendenti del settore privato che, nel 2007, hanno realizzato un reddito annuo per lavoro dipendente non superiore a 30.000 euro, consistente nell'applicazione, sulle remunerazioni oggetto di agevolazione, di una imposta sostitutiva dell'IRPEF e delle relative addizionali fissata in misura pari al 10 per cento.
Al lavoratore, in ogni caso, è concessa la facoltà di optare per l'applicazione del regime di tassazione ordinaria. Tale disposizione ha la finalità di tutelare quei contribuenti che applicando il regime ordinario determinano un'imposta netta pari a zero.
In particolare, ai sensi del comma 1 possono essere assoggettati al regime fiscale agevolato le somme erogate a fronte di:
prestazioni di lavoro straordinario effettuate oltre l'orario normale di lavoro, fissato in 40 ore settimanali;
prestazioni di lavoro supplementare (vale a dire prestate oltre l'orario settimanale, nel caso in cui questo sia inferiore a 40 ore, ed entro tale limite), ovvero prestazioni rese in funzione di clausole elastiche e con esclusivo riferimento a contratti di lavoro a tempo parziale stipulati antecedentemente all'entrata in vigore del decreto-legge;
incrementi di produttività, innovazione ed efficienza organizzativa, nonché altri elementi di competitività e redditività legati all'andamento economico dell'impresa (vale a dire, in sostanza, la quota di retribuzione caratteristica del secondo livello di contrattazione collettiva legata alla produttività aziendale).

Il regime agevolato ha natura transitoria, in quanto si applica alle «somme erogate» nel periodo compreso tra il 1o luglio 2008 e il 31 dicembre 2008.
In merito alla formulazione del comma 1, considera opportuno chiarire se il riferimento alle «somme erogate» indichi l'applicazione di un criterio di cassa, intendendo far riferimento al momento di effettiva erogazione delle remunerazioni, e non al momento in cui è maturato il diritto alla remunerazione.
La misura del beneficio non può, in ogni caso, superare l'importo massimo di 3.000 euro lordi. Ai fini della determinazione del corrispondente valore in termini netti, sarà pertanto necessario decurtare dai predetti 3.000 euro sia i contributi previdenziali a carico del lavoratore, sia le imposte dirette.
I redditi soggetti a tassazione separata, ai sensi del comma 2, «non concorrono ai fini fiscali», formulazione che ritiene debba interpretarsi come non concorrenza alla formazione del reddito complessivo.

Pag. 9

La non concorrenza alla formazione del reddito complessivo ai fini IRPEF, comporta un ulteriore beneficio fiscale in favore del contribuente, sia in quanto l'abbattimento del reddito rilevante ai fini IRPEF incrementa la misura della detrazione fiscale per lavoro dipendente, la cui misura, stabilita dall'articolo 13 Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, sia in quanto la riduzione del reddito complessivo determina un incremento della detrazione fiscale in favore dei contribuenti che dichiarano familiari a carico.
Il comma 2 stabilisce, inoltre, che i redditi soggetti a tassazione separata non concorrono alla determinazione dell'Indicatore della Situazione Economica Equivalente (cosiddetto ISEE), utilizzato alla valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni, servizi sociali o servizi assistenziali collegati nella misura o nel costo a determinate situazioni economiche.
In proposito andrebbe chiarito, in primo luogo, se l'esclusione delle predette remunerazioni ai fini ISEE trovi applicazione anche per i soggetti, che pur avendone i requisiti, non optano per l'accesso al regime agevolato.
Il secondo periodo del comma 2, specifica inoltre, «resta fermo il computo dei predetti redditi ai fini dell'accesso alle prestazioni previdenziali e assistenziali»: in proposito si segnala come la relazione tecnica allegata al provvedimento precisi che «la disposizione di cui al comma 2 non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, tenuto conto che l'esclusione dei redditi in esame nel limite di 3.000 euro non opera ai fini dell'accesso alle prestazioni previdenziali e assistenziali». Pertanto le remunerazioni soggette a tassazione separata rimangono imponibili per l'applicazione dei contributi previdenziali.
In merito alla formulazione del secondo periodo del comma 2, appare necessario chiarire la congruenza tra la previsione secondo la quale i redditi sottoposti al regime fiscale agevolato sono computati ai fini dell'accesso alle prestazioni assistenziali, e quanto affermato nel primo periodo del comma 2 (in base al quale essi sono esclusi dal computo dell'ISEE), dal momento che l'accesso a determinate prestazioni assistenziali sembra agevolato dalla circostanza che le somme soggette a tassazione separata non concorrono alla formazione dell'ISEE.
In riferimento alle modalità applicative della misura agevolativa, il comma 3 stabilisce che l'imposta sostitutiva è determinata dal datore di lavoro in qualità di sostituto d'imposta, il quale pertanto, in assenza di una esplicita opzione da parte del lavoratore per l'applicazione della tassazione ordinaria, determinerà l'imposta sostitutiva sulle remunerazioni oggetto di agevolazioni nonché le imposte ordinarie (IRPEF e relative addizionali) sulle restanti remunerazioni corrisposte.
Nel caso in cui il sostituto d'imposta sia diverso dal datore di lavoro del 2007, ovvero in assenza di reddito da lavoro dipendente nel 2007, il lavoratore è tenuto a rilasciare apposita certificazione al sostituto d'imposta, nella quale comunica l'importo del reddito da lavoro dipendente conseguito nel 2007.
A tale riguardo segnala l'opportunità di chiarire le conseguenze nei confronti del lavoratore nelle ipotesi di omessa o infedele comunicazione da parte sua.
Il comma 4 rinvia alle ordinarie disposizioni vigenti in materia di accertamento, riscossione nonché di contenzioso e applicazione delle sanzioni.
Per quanto riguarda invece l'ambito di applicazione dell'agevolazione, il comma 5 precisa che, in via sperimentale, sono beneficiari i lavoratori dipendenti del settore privato. Tuttavia, al fine di valutare la possibilità di estendere l'agevolazione anche ai lavoratori dipendenti del settore pubblico, è prevista una valutazione degli effetti della nuova disciplina che sarà effettuata - trenta giorni prima del termine della sperimentazione (ossia il 1o dicembre 2008) - dal Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali insieme alle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori dipendenti.

Pag. 10

Il comma 6, sopprimendo la lettera b) dell'articolo 51, comma 2, del TUIR, ha l'effetto di ampliare la base imponibile IRPEF relativa ai redditi di lavoro dipendente.
Infatti, la soppressione rende imponibili ai fini IRPEF le erogazioni liberali concesse in occasione di festività o ricorrenze, precedentemente prevista entro il limite massimo di 258,23 euro annui; i sussidi occasionali concessi in occasione di rilevanti esigenze personali o familiari del dipendente; i sussidi corrisposti a dipendenti vittime dell'usura ai sensi della legge n. 108 del 1996, o ammessi a fruire delle erogazioni pecuniarie a ristoro dei danni conseguenti a rifiuto opposto a richieste estorsive ai sensi del decreto-legge n. 419 del 1991.
In merito a tale norma sottolinea come essa riguardi tutti i lavoratori dipendenti, inclusi quelli del settore pubblico, i quali, al momento, non possono avvalersi del regime di tassazione separata introdotto, ed abbia carattere permanente, a fronte della natura temporanea della misura agevolativa.
L'articolo 3 intende consentire la rinegoziabilità dei mutui a tasso variabile al fine di bloccare l'importo della rata dovuta alla media del 2006, incentivando ed agevolando i processi di rinegoziazione dei mutui a tasso variabile, per l'acquisto, la costruzione e la ristrutturazione dell'abitazione principale, migliorando le condizioni dell'offerta in senso favorevole per i consumatori. Ciò in una fase economica particolarmente critica - che si riflette sull'evoluzione dai tassi di interesse - e di instabilità in generale nel settore dei mutui per gli eventi internazionali che hanno riguardato i mercati finanziari, a fronte di un incremento del costo del denaro sul mercato interbancario negli ultimi due anni che ha determinato aumenti nelle rate indicizzate dei mutui a tasso variabile.
Tale condizione di criticità aveva già indotto il legislatore, nel recente passato, ad intervenire in materia: in particolare con il decreto-legge n. 7 del 2007, il quale, nell'ambito di una politica di liberalizzazione del settore creditizio, aveva previsto, all'articolo 7, norme in tema di estinzione anticipata dei mutui immobiliari e divieto di clausole penali, nonché, all'articolo 8, norme volte a facilitare la cosiddetta portabilità del mutuo.
La principale innovazione apportata dall'articolo 3 del decreto-legge consiste nell'attribuire al cliente mutuatario un diritto soggettivo a richiedere la rinegoziazione del proprio contratto di mutuo nei confronti delle banche e dagli intermediari che aderiranno alla convenzione, diversamente dalla situazione precedente, in cui la rinegoziazione poteva solo essere proposta da parte del cliente senza che vi fosse alcun obbligo di accettazione da parte del mutuante.
Il meccanismo configurato dalla convenzione consente di mantenere fisso l'importo della rata del mutuo in misura equivalente a quella pagata in media nel 2006, mentre l'eventuale allungamento del mutuo dipenderà dall'andamento dei tassi di interesse.
Infatti, se, dopo la rinegoziazione, i tassi di interesse saranno aumentati fino alla scadenza del mutuo originario, la durata del mutuo viene automaticamente estesa per un periodo sufficiente a rimborsare l'eventuale finanziamento accessorio, corrispondendo sempre una rata di importo fisso. Ove invece dopo la rinegoziazione i tassi di interesse diminuiranno, verrà riconosciuto un credito a favore del mutuatario.
In particolare, secondo la relazione illustrativa al decreto, la rinegoziazione è diretta «ad assicurare la riduzione dell'importo delle rate del mutuo, che rimane fisso per tutta la sua durata, pari a quello risultante dalla media dei tassi applicabili nel 2006, al fine di rendere più contenuto e costante l'onere del mutuatario fino a scadenza del mutuo. I differenziali in eccedenza rispetto alle rate determinate in base ai parametri contenuti nel contratto originario sono imputati in un conto accessorio per essere rimborsati - sempre secondo un piano di ammortamento a rate di importo fisso, uguale a quello delle rate del mutuo rinegoziato - una volta intervenuta

Pag. 11

la data di scadenza originaria del contratto di mutuo. Qualora prima di tale data si manifestassero differenziali di rata a favore del mutuatario, questi concorrerebbero ad abbattere le poste a debito imputate sul conto accessorio.».
Sempre secondo la relazione illustrativa, «i principali benefici del mutuatario sono: a) la certezza di una rata fissa fino alla completa estinzione del mutuo; b) la trasformazione del mutuo in un finanziamento il cui tasso è bloccato verso l'alto sia nella fase di rimborso del mutuo principale, che nella fase di rimborso del saldo del conto accessorio; c) il rimborso del debito risultante dal conto accessorio è regolato ad un tasso fisso pari all'IRS a 10 anni più 0,50 punti percentuali».
Le disposizioni dell'articolo 3 comportano, in sostanza, l'allungamento del periodo di restituzione del finanziamento originario, a fronte della conversione della rata variabile in rata di importo fisso di minore entità, che comporta il pagamento, per il mutuatario, di una somma totale più elevata in termini di interessi da corrispondere alla banca o all'intermediario finanziario.
Al momento, quindi, il soggetto che ha acceso un mutuo a tasso variabile e voglia modificare le condizioni dello stesso si trova ad avere a disposizione quattro diverse scelte di comportamento:
la sostituzione del mutuo originario;
la surrogazione del mutuo originario;
la rinegoziazione tradizionale, che può essere richiesta dal cliente ma la cui accettazione resta facoltativa per la banca;
la rinegoziazione obbligatoria per le banche e gli intermediari finanziari che hanno aderito alla convenzione prevista dalla norma qui in esame.

In linea generale rileva come la previsione legislativa sia volta, in questo caso, a determinare il contenuto di un atto negoziale, la cui stipula viene prevista in via obbligatoria: pertanto appare possibile interrogarsi se l'intervento legislativo sia, a stretto rigore, indispensabile, in quanto il Ministero dell'economia e l'ABI avrebbero potuto procedere direttamente alla conclusione dell'Accordo.
In tale contesto ricorda inoltre che l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), ha formulato alcune osservazioni in merito alle disposizioni dell'articolo 3, evidenziando in particolare l'esigenza che i criteri dettati nella convenzione lascino spazi a politiche differenziate da parte delle banche a vantaggio della clientela e non disincentivino il ricorso a modalità alternative, quali la surrogazione invece della rinegoziazione del mutuo, in un contesto di massima trasparenza e completa informazione della domanda, al fine di contemperare l'obiettivo di tutela dei mutuatari con l'obiettivo di non disincentivare il confronto competitivo nel settore bancario. L'AGCM ha a tale proposito ravvisato il rischio che una specifica disciplina in merito ai mutui bancari possa comportare procedure obbligate o comunque vincolanti, limitative della concorrenza tra banche.
Passando ad esaminare in dettaglio le disposizioni dell'articolo 3 del decreto-legge, il comma 1 prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze e l'Associazione bancaria italiana (ABI) definiscano con apposita convenzione, le modalità ed i criteri di rinegoziazione dei mutui a tasso variabile stipulati per l'acquisto, la costruzione e la ristrutturazione dell'abitazione principale, anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto.
Il termine per la stipula della convenzione è fissato in trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto stesso. La disposizione indica che la convenzione stessa è aperta all'adesione delle banche e degli intermediari finanziari di cui all'articolo 106 del Testo unico bancario (TUB) adottato con il decreto legislativo n. 385 del 1993: pertanto l'adesione alla convenzione è libera da parte di tali soggetti.
Il comma 1 prevede che i criteri di rinegoziazione potranno essere anche in deroga, laddove fosse applicabile, a quanto stabilito dall'articolo 120, comma 2, del TUB, secondo cui il Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio

Pag. 12

(CICR) stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori.
Ai sensi del comma 2, la rinegoziazione dovrà assicurare la riduzione dell'importo delle rate del mutuo ad un ammontare pari a quello della rata che si ottiene applicando all'importo originario del mutuo il tasso di interesse come risultante dalla media aritmetica dei tassi applicati ai sensi del contratto nell'anno 2006. L'importo della rata calcolato in questi termini resterà fisso per tutta la durata del mutuo.
I commi 3, 4 e 5 prevedono l'accensione di un cosiddetto conto di finanziamento accessorio, sul quale viene addebitata la differenza tra l'importo della rata dovuta secondo il piano di ammortamento originariamente previsto e quello risultante dall'atto di rinegoziazione.
Ai sensi del comma 3, tale conto di finanziamento accessorio è regolato al tasso che si ottiene in base all'IRS (acronimo di Interest Rate Swap, comunemente utilizzato come parametro di indicizzazione dei mutui a tasso fisso) a dieci anni, alla data di rinegoziazione, maggiorato di uno spread dello 0,50.
Successivamente alla rinegoziazione effettuata, secondo il comma 4, nel caso in cui la differenza tra l'importo della rata dovuta secondo il piano di ammortamento originariamente previsto e quello risultante dall'atto di rinegoziazione generi saldi a favore del mutuatario, tale differenza è imputata a credito del mutuatario sul conto di finanziamento accessorio.
Qualora invece il debito del conto accessorio risulti interamente rimborsato, l'ammortamento del mutuo ha luogo secondo la rata variabile originariamente prevista.
Il comma 5 stabilisce che, alla data di originaria scadenza del mutuo, ove risulti dal conto accessorio un debito, questo va rimborsato dal cliente sulla base di rate costanti di importo uguale all'ammontare della rata risultante dalla rinegoziazione.
In tal caso, l'ammortamento viene calcolato sulla base dello stesso tasso a cui è regolato il conto accessorio, purché più favorevole al cliente.
Il comma 6 assicura che le garanzie già iscritte a fronte del mutuo oggetto di rinegoziazione continuano ad assistere il rimborso del debito che eventualmente risulta dal conto accessorio alla data di scadenza del mutuo, secondo le modalità precedentemente convenute.
In tale contesto segnala l'esigenza di chiarire che, analogamente a quanto previsto con riferimento al trasferimento del contratti di mutuo da una banca ad altra, di cui al comma 4 dell'articolo 8 del decreto-legge n. 7 del 2007, anche la rinegoziazione obbligatoria, introdotta dalle norme in esame, del mutuo assistito dalle medesime garanzie già iscritte non comporta il venir meno della detraibilità degli interessi ai fini fiscali, nonché di specificare che l'istituto della detraibilità degli interessi ai fini fiscali si applica anche agli interessi passivi dovuti per la restituzione del debito che eventualmente risulta dal conto accessorio alla data di scadenza del mutuo.
Il comma 7 configura la procedura di rinegoziazione che le banche e gli intermediari finanziari di cui all'articolo 106 del TUB devono seguire nei confronti della clientela, prescrivendo che le banche e gli intermediari finanziari che aderiscono alla convenzione stipulata con il Ministero dell'economia e delle finanze, devono formulare ai clienti interessati la proposta di rinegoziazione entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, secondo le modalità definite nella stessa convenzione.
Il mutuatario deve comunicare l'accettazione della proposta alla banca o all'intermediario finanziario entro tre mesi dalla comunicazione della proposta stessa. Gli effetti della rinegoziazione del mutuo si esplicano a decorrere dalla prima rata in scadenza successivamente al 1o gennaio 2009.

Pag. 13

Il comma 8 esenta le operazioni di rinegoziazione dei mutui da imposte e tasse di alcun genere, stabilendo che per esse le banche e gli intermediari finanziari non possano applicare costi nei riguardi dei clienti.
In tale ambito segnala l'utilità di chiarire se le operazioni di rinegoziazione dei mutui siano esenti anche da costi notarili.

Laura RAVETTO (PdL), relatore per la V Commissione, nell'illustrare il contenuto del provvedimento, ricorda che le misure in esso contenute risultano di notevole importanza e urgenza per incrementare il reddito disponibile alle famiglie, sia nella forma - diretta - di una subitanea mitigazione del carico impositivo percepito e dell'alleviamento dei costi sostenuti per una primaria necessità della famiglia, quale è la casa; sia nel quadro di interventi che - indirettamente - pongano le basi per un incremento della capacità reddituale dei componenti il nucleo familiare, premiando la maggiore e migliore produttività con un trattamento erariale più favorevole, anche in conformità agli impegni contenuti dalla coalizione di Governo nel programma elettorale. In tal senso, il provvedimento intende fornire risposte al noto processo in atto di erosione della ricchezza disponibile e di conseguente peggioramento del tenore di vita, dovuto ad una sfavorevole congiuntura economica che si coniuga al registrato esponenziale innalzamento dei prezzi di commodities essenziali per il sostentamento ed il vivere quotidiano.
Con riferimento alla filosofia generale sottesa al provvedimento, rileva come il decreto-legge intenda valorizzare la centralità che la famiglia deve rivestire nell'ordinamento sociale e giuridico, anche quale bene da tutelare nella prospettiva della crescita economica del Paese. Inoltre, ponendosi le basi per l'attenuazione degli effetti della crisi immobiliare sui tassi mutuatari, si intende salvaguardare il risparmio delle famiglie che, a dispetto di quanto si registra in altre economie occidentali, in Italia si è storicamente indirizzato verso il soddisfacimento di necessità primarie quali l'acquisto in proprietà di una abitazione. Per altro verso ancora, si elimina una forma di tassazione sulla mera proprietà come l'ICI la cui ratio non appare quasi mai evidente al cittadino, venendo nella sostanza assimilata ad un'ulteriore tassazione indiretta del reddito personale. Tale considerazione assume vieppiù rilievo se posta in correlazione con l'esigenza di ristabilire un corretto rapporto tra fisco e contribuente, anche nel quadro di una rinnovata lotta all'evasione. Infine, con il decreto-legge si dà una prima concreta attuazione ad un meccanismo di tassazione «premiale», che riscrive in chiave meritocratica anche l'intervento fiscale nel mondo del lavoro, in piena coerenza ad un rinnovato consenso rispetto alla rottura dei tradizionali schemi valutativi dell'apporto lavorativo dell'individuo.
Infatti, il decreto-legge procede lungo due direttrici di fondo che, pur compenetrandosi nei summenzionati comuni obiettivi, mantengono una loro chiara individualità. Nella prima rientrano le misure su ICI e rinegoziazione dei mutui di cui agli articoli 1 e 3. Nella seconda, quelle sul regime fiscale dei redditi da lavoro, di cui all'articolo 2. Rispetto ad esse, pur ribadendosi un giudizio positivo, si formuleranno solo poche considerazioni di carattere generale, rinviando per il resto alle osservazioni del relatore per la VI Commissione.
A tali disposizioni fa invece seguito un'articolata disciplina delle coperture all'articolo 5, che contiene anche un'innovativa disposizione in materia di flessibilità di bilancio, su cui si soffermerà. Circa l'esenzione per intero dall'imposta comunale sugli immobili dell'abitazione principale, sottolinea che l'intervento governativo ha reso disponibile il beneficio ad un'ampia categoria di abitazioni.
Le motivazioni cui è ispirata la misura impongono infatti una sua applicazione generalizzata, con le opportune limitazioni per i soli immobili di lusso. Rileva come, d'altra parte, in considerazione della rilevanza che il gettito ICI assume per la finanza comunale, occorra evitare - nelle

Pag. 14

more di una riforma federalista dello Stato - gli indesiderati effetti negativi che la gestione finanziaria dei comuni potrebbe subire in conseguenza del venire meno dei fondi sino ad oggi loro assicurati dall'imposta di cui si tratta. In tale ottica, il decreto-legge dispone l'integrazione dell'apposito Fondo già istituito nello stato di previsione del Ministero dell'interno per garantire la restituzione ai comuni della minore imposta e demanda ad un accordo da definire in sede di conferenza Stato-Città ed autonomie locali i criteri e le procedure per l'erogazione del rimborso, tenuto conto che il termine per il pagamento della prima rata dell'ICI è fissato al 16 giugno.
Ricorda quindi che l'articolo 1, comma 7, prevede altresì la sospensione della facoltà per le regioni e gli enti locali di deliberare aumenti dei propri tributi ovvero delle addizionali relative a tributi erariali. Anche questa previsione si colloca nell'ambito di un disegno complessivo di salvaguardia del reddito disponibile, di cui un elemento essenziale è rappresentato dall'arresto dell'incremento della pressione fiscale e, successivamente, dalla sua progressiva riduzione. Ben si comprende come una politica coerente di limitazione dell'aggravio tributario condotta a livello statale non sia vanificata dall'aumento delle imposte a livello regionale e locale. Segnala in proposito come uno degli elementi che hanno concorso a rendere più gravosa la situazione economica delle famiglie italiane è stato l'aumento della pressione fiscale media dal 42,1 per cento nel 2006 e al 43,3 per cento nel 2007. Nella disposizione in esame peraltro si evidenzia opportunamente che la sospensione degli aumenti dei tributi locali deve essere posta in relazione con l'elaborazione di una disciplina dei rapporti finanziari tra lo Stato, le regioni e le autonomie locali rispondente ai principi del federalismo fiscale, nell'ambito della quale l'attribuzione alle regioni e agli enti locali di risorse certe e proporzionate alla capacità fiscale dei rispettivi territori sia la premessa per una effettiva responsabilità rispetto alle modalità di gestione di queste stesse risorse.
Sempre con riferimento al tema della casa, ed alla stretta relazione con la quale questa si pone rispetto alla famiglia ed al suo potere di acquisto, segnala come l'articolo 3 del decreto-legge favorisca la rinegoziazione dei mutui a tasso variabile, stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto, in modo da allineare la rata mensile dovuta all'importo medio che, in assenza dell'incremento dei tassi invece registrato, sarebbe stato corrisposto dal cittadino nel 2006. Si tratta di una previsione normativa che amplia, in modo significativo, le opzioni già oggi disponibili al consumatore (surroga e portabilità senza costi del mutuo; estinzione anticipata; rinegoziazione individuale tout court), limitando gli oneri derivanti dall'incremento del costo del denaro che si è registrato negli ultimi due anni e che ha avuto pesanti conseguenze sulle rate dei contratti sottoscritti a tasso variabile. In questo quadro, rileva che proprio l'inserimento della disposizione nel decreto-legge, lungi dal costituire un orpello normativo a quella manifestazione di volontà sostanzialmente privatistica rappresentata dalla sottoscrizione della convenzione da parte delle banche aderenti all'ABI, contribuisce a rafforzare la posizione giuridica del cittadino. In ordine al tema della rinegoziazione dei mutui, ricorda, ovviamente, l'intervento dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Questa, con la segnalazione recentemente trasmessa alle Camere ed al Governo, ha infatti posto in evidenza la necessità di evitare che la stipula della convenzione tra Ministero dell'Economia e ABI possa in qualche modo costituire il catalizzatore di meccanismi collusivi o di coordinamento concorrenziale tra le banche aderenti, per effetto dei quali l'intesa raggiunta a livello governativo impedisca, di fatto o diritto, la possibilità di una eventuale (ed auspicata) negoziazione in melius per il consumatore.
A questo proposito, suggerisce al Governo di verificare che il testo della convenzione preveda, a carico delle banche,

Pag. 15

sia uno specifico onere informativo circa le possibili disponibilità alternative per la clientela, sia un generalizzato impegno a valutare in buona fede ulteriori forme di contenimento dei costi per la clientela; il tutto, va da sé, ribadendosi il pieno rispetto dell'applicazione della normativa antitrust nazionale e comunitaria. Chiede poi al rappresentante del Governo di precisare se le operazioni di rinegoziazione dei mutui in esame siano esenti o meno da costi notarili e su questo auspica un pronunciamento del Governo in ordine a eventuali modalità di azzeramento o perlomeno contenimento di detti costi.
Con riferimento poi all'articolo 2, sottolinea l'importanza di aumentare il reddito disponibile anche attraverso misure che facilitino la flessibilità delle prestazioni di lavoro e incentivino al tempo stesso la produttività. Per questo, sono state adottate disposizioni che rivedono il regime fiscale dei redditi da lavoro dipendente, introducendo sulle prestazioni di lavoro straordinario e sulle retribuzioni relative a incrementi di produttività, un'imposta sostitutiva dell'IRPEF e delle relative addizionali nella misura del dieci per cento. Relativamente alla detassazione dei compensi per lavoro straordinario e per gli incrementi della produttività, evidenzia che si tratta di una misura adottata in via sperimentale, di cui sono destinatari i dipendenti del settore privato che nel 2007 abbiano realizzato redditi non superiori a 30.000 euro. In ogni caso, entro la fine dell'anno è prevista una verifica del Ministro del lavoro, insieme con le parti sociali, sugli effetti prodotti al fine di valutare l'opportunità di protrarre l'arco temporale di applicazione dell'agevolazione e anche di estendere la platea dei beneficiari al pubblico impiego. Esprime pieno apprezzamento per tale disposizione, volta a premiare il merito, in una logica che dovrebbe essere alla base di qualsiasi democrazia funzionante.
Con riferimento all'articolo 5, si sofferma in primo luogo sulle modalità di copertura degli interventi di cui agli articoli 1 e 2 presenti nella disposizione. Condivide in linea di massima l'impostazione adottata dal Governo, che, coerentemente alle premesse ed obiettivi già richiamati, individua con riduzioni di spese (e non attraverso ulteriori incrementi del carico fiscale che si porrebbero in insanabile conflitto con lo spirito di disposizioni finalizzate a ridurre il carico impositivo sulle famiglie) le coperture finanziarie delle misure sull'esenzione ICI e sulla detassazione degli straordinari. Insieme, in evidente rottura con l'operato del precedente Governo, viene realizzata una riduzione e migliore distribuzione della spesa pubblica. L'individuazione della copertura finanziaria effettuata dal Governo con il decreto-legge è pertanto, a suo giudizio, pienamente condivisibile. A questo proposito, in risposta alle critiche alle riduzioni di autorizzazioni di spesa effettuate, anche da parte della maggioranza parlamentare, osserva che le misure legislative contenute nel provvedimento hanno un immediato impatto su tutti i nuclei familiari e lavoratori italiani, senza distinzioni di sorta ed in un'ottica di improcrastinabile urgente solidarietà. In proposito auspica che l'interesse nazionale possa prevalere su quello particolare, finalmente gettando le basi, anche in Italia, per uno sviluppo di medio e lungo periodo. Ciò posto, per quel che concerne l'individuazione delle singole poste di copertura, rileva l'opportunità di valutare se effettivamente, nell'ambito delle autorizzazioni di spesa oggetto di riduzione, ve ne siano alcune che debbano condurre l'Esecutivo ad una diversa determinazione perché particolarmente meritevoli.
In tal senso, anticipa la propria piena disponibilità a ricercare soluzioni alternative ed invita il rappresentante del Governo ad assumere un analogo atteggiamento collaborativo. In proposito pone in particolare in evidenza, ad esempio, l'opportunità di ristabilire il fondo contro la violenza alla donne che, nella versione attuale del decreto, vede completamente azzerata la sua già scarsa disponibilità di spesa (20 milioni di euro per il 2008), specie in considerazione dei numerosi casi

Pag. 16

di cronaca che rivelano un preoccupante accrescersi delle violenze (anche domestiche) sulle donne.
Segnala, quindi, come il comma 3 dell'articolo 5 del decreto-legge autorizzi il Governo ad effettuare, con decreti del Ministro dell'economia, su proposta dei Ministri competenti, variazioni compensative tra le dotazioni di programmi compresi all'interno della medesima missione. I decreti di variazione sono comunicati alle Commissioni parlamentari competenti e alla Corte dei conti. Le variazioni non possono comportare l'utilizzo di stanziamenti di conto capitale per finanziare spese correnti; né possono altresì modificare gli stanziamenti relativi a spese di natura obbligatoria, spese in annualità e a pagamento differito. In proposito ricorda che in base ad una specifica disposizione della legge di bilancio per l'anno in corso, peraltro richiamata dalla norma in esame, al Governo è già consentito effettuare alcune compensazioni, tuttavia di portata più limitata rispetto a quella prospettata dalla disposizione in commento. Risulta evidente come si compia un ulteriore passo avanti, che si riconnette al processo di riclassificazione avviato nel 2008, verso il superamento di un approccio di tipo formalistico del bilancio dello Stato onde accentuarne la vocazione di strumento flessibile. La finalità è che le risorse siano prioritariamente indirizzate verso gli obiettivi più utili e per far fronte a spese effettivamente realizzabili, anche al fine di combattere efficacemente il fenomeno dei residui che costituisce una patologia cui fino ad ora non è stato possibile porre rimedio. Si assiste, in altri termini, ad una evoluzione del bilancio che perde progressivamente la sua funzione di provvedimento autorizzativo per riacquistare una funzione più propriamente gestionale riguadagnando anche spazi decisionali. Un ulteriore elemento cui si può ricondurre la disposizione è costituito dall'esigenza di aumentare i margini di flessibilità in presenza di manovre, quali sono quelle poste in essere negli scorsi anni e a cui dovrebbero aggiungersi, stando alle notizie riportate dai giornali, ulteriori interventi correttivi che il Governo si accingerebbe ad apportare, che hanno inciso significativamente sulle poste iscritte a bilancio attraverso tagli lineari che hanno drasticamente ridimensionato gli stanziamenti iniziali. È evidente che quanto più si riduce il margine effettivamente a disposizione delle amministrazioni, tanto più si accresce l'esigenza di consentire quegli 'aggiustamenti' che possano utilmente concorrere ad una più razionale ed efficace allocazione delle risorse a disposizione. Resta tuttavia il fatto che la formulazione della norma inserita dal Governo nel decreto-legge necessita a mio avviso di alcuni chiarimenti. Anzitutto, è da valutare se ed in che misura sussistano i requisiti della decretazione d'urgenza rispetto ad una misura 'strutturale' destinata essenzialmente ad operare (perlomeno secondo una possibile interpretazione estensiva della norma) una riforma del bilancio dello Stato.
Occorre quindi verificare se il Governo intenda effettivamente includere nell'ambito dell'applicazione della disposizione anche gli stanziamenti disposti in base ad un'autorizzazione legislativa. È evidente che nel caso in cui sia confermata siffatta intenzione, si potrebbero porre non secondari riflessi costituzionali, atteso che la procedura prospettata consentirebbe ad un decreto ministeriale di modificare il disposto di una disposizione di rango primario. Inoltre, sotto un profilo politico-istituzionale, va a mio avviso soppesata l'opportunità di recuperare, attraverso una specifica procedura, lo spazio per una accurata analisi da parte del Parlamento delle modifiche e delle compensazioni che il singolo Ministero volesse proporre. Ciò potrebbe addirittura avvenire mediante la previsione della trasmissione degli schemi di decreto per l'espressione di un parere da parte delle Commissioni, parere che dovrebbe essere auspicabilmente vincolante. Allo stesso modo, resta da valutare se non si debba circoscrivere l'ambito temporale di applicazione della disposizione al triennio in corso piuttosto che connotare la norma come una disposizione a regime. In questo modo la disposizione

Pag. 17

sarebbe ricondotta a quella esigenza richiamata in precedenza di rendere sostenibili i tagli già operati e gli ulteriori interventi correttivi che potrebbero essere adottati. La definizione in termini temporalmente limitati dell'efficacia della norma ne sottolineerebbe poi la funzione strumentale e sperimentale in vista di una modifica alla normativa legislativa del bilancio dello Stato cui occorrerà lavorare nell'ambito di una più generale revisione della disciplina contabile vigente. Ricorda infatti che la riclassificazione è stata posta in essere a legislazione invariata e che si pone ora la necessità di un intervento più incisivo di aggiornamento della legislazione.
In conclusione, in considerazione degli effetti positivi che sarà in grado di produrre rispetto al reddito e alla capacità di consumo delle famiglie italiane e pur con le sole limitate riserve appena espresse, ribadisce la valutazione ampiamente favorevole sul provvedimento in esame.

Cesare MARINI (PD) rileva, in via preliminare, come il provvedimento in esame possa presentare profili di incostituzionalità. Ritiene pertanto opportuno che le Commissioni Bilancio e Finanze attendano l'espressione del parere su tali aspetti da parte della Commissione Affari costituzionali.

Gianfranco CONTE, presidente, in riferimento alle considerazioni svolte dal deputato Marini, rileva come gli aspetti di costituzionalità del decreto-legge saranno valutati dalla Commissione Affari costituzionali, la quale esprimerà il proprio parere su tali aspetti: nel frattempo è comunque necessario procedere nell'esame del provvedimento, proprio al fine di svolgere su di esso la più completa istruttoria legislativa.

Bruno TABACCI (UdC) rileva come il decreto-legge in esame dia attuazione, in modo affrettato e non ben coordinato, a promesse formulate nel corso della campagna elettorale. Per quanto concerne l'articolo 1, ricorda che già il Governo Prodi aveva esentato dall'ICI il 40 per cento dei proprietari di una prima casa, fissando un tetto di esenzione a 300 euro di imposta; l'intervento operato con il provvedimento in esame è destinato pertanto a beneficiare i proprietari delle abitazioni di maggior valore. Ancor più rilevante è il fatto che con tale intervento si elimina un'imposta di natura «federalista», caratterizzata dalla certezza della base imponibile e dall'utilizzo del gettito sul territorio dal quale il gettito stesso proviene. Un elemento particolarmente apprezzabile dell'ICI era rappresentato, infatti, dal rapporto diretto tra l'imposizione e l'attività dell'amministrazione alla quale era destinato il gettito.
Segnala altresì come l'eliminazione dell'ICI potrà determinare una sospensione dell'aggiornamento del catasto urbano. Al fine di evitare tali conseguenze negative, sarebbe stato opportuno, a suo giudizio, prevedere piuttosto una detrazione IRPEF. In ogni caso la sospensione della facoltà per regioni ed enti locali di aumentare i tributi di propria competenza rende necessario un intervento di ridefinizione dei rapporti tra finanza statale e finanza degli regioni e degli enti locali, che dovrà superare il criterio della spesa storica e ispirarsi al principio di una stretta connessione tra, da un lato, il riconoscimento di autonomia e l'attribuzione di adeguate risorse agli enti territoriali rappresentativi e, dall'altro, la responsabilità politica in relazione all'utilizzo delle risorse.
Relativamente all'articolo 2, osserva come si tratti di un intervento sperimentale, in merito al quale si pone un problema di disparità di trattamento rispetto al pubblico impiego. Ritiene peraltro che il rischio più grave consista nella penalizzazione del lavoro femminile, rilevando come uno dei principali squilibri del mercato del lavoro in Italia risieda nella scarsa partecipazione al lavoro di intere categorie, quali giovani, anziani e donne. In considerazione di questo dato, ben noto, si sarebbe potuto concentrare l'intervento sul lavoro delle donne che, molto probabilmente, avrebbero reagito in misura più intensa alla detassazione. In ogni caso

Pag. 18

ritiene che, prima di intervenire su un settore importante e delicato come il mercato del lavoro, occorra stabilire con chiarezza quali obiettivi si intendano perseguire e, in particolare, se si voglia favorire o piuttosto dissuadere la propensione al lavoro da parte delle donne.
Per quanto riguarda l'articolo 3, considera in primo luogo non plausibili le cifre, comparse su organi di stampa, di un risparmio di 850 euro; al riguardo chiede chiarimenti al rappresentante del Governo. In secondo luogo sottolinea come la disposizione in esame non comporti, a differenza di quanto è stato detto, un passaggio da mutui a tasso variabile a mutui a tasso fisso. Alle banche è concessa la facoltà di estendere la durata del mutuo, in modo da recuperare anche gli interessi accessori e, in definitiva, da conservare tutto il vantaggio che per il prestatore deriva dall'aumento del tasso di interesse. Quello che più gli sembra grave è, in ogni caso, il fatto che il Governo sia intervenuto mediante un accordo con l'Associazione bancaria italiana, con l'effetto evidente di ostacolare l'affermazione di un regime di concorrenza nel settore creditizio. Anche in questo caso sarebbe stato preferibile definire un diverso tipo di intervento, attribuendo vantaggi o agevolazioni alle banche che avessero rinegoziato i mutui in termini vantaggiosi per i clienti; in questo modo, infatti, anziché sottoscrivere un accordo con l'associazione che raggruppa tutte le banche, sarebbe stata stimolata la competizione tra i singoli istituti di credito. Ritiene che, a tal fine, il Parlamento dovrebbe esercitare un'azione di pressione sulle autorità indipendenti. Dovrebbe, a suo avviso, essere di nuovo presa in considerazione la questione delle commissioni di massimo scoperto.
Rileva quindi come interventi in un settore sottratto alle dinamiche della concorrenza comportino, in definitiva, la traslazione dell'onere a carico del cliente.
Sempre in termini generali, osserva che il recupero di redditività del settore bancario è stato realizzato intervenendo sui rapporti con i clienti, rispetto ai quali la banca si trova in una posizione negoziale di netto vantaggio, e approfittando di condizioni di scarsa trasparenza. Ricorda che anche il Governatore della Banca d'Italia, nelle sue considerazioni finali, ha sollecitato una maggiore efficienza del sistema bancario italiano e, in particolare, una maggiore correttezza e trasparenza nei confronti dei clienti. Tuttavia all'intervento del Governatore ha fatto seguito quello del presidente del maggior gruppo bancario italiano che, esprimendo valutazioni di tenore del tutto diverso, ha elogiato senza riserve l'operato delle banche italiane e ha difeso la situazione attuale. Una così evidente disparità di vedute a suo avviso ripropone con urgenza la questione del controllo del capitale di Banca d'Italia da parte di banche private e, nella maggioranza dei casi, quotate in borsa.
Relativamente alle norme di copertura finanziaria contenute nell'articolo 5, evidenzia che sono utilizzate risorse destinate ad opere infrastrutturale, con particolare riferimento alle regioni Sicilia e Calabria. Ritiene che tale scelta, oltre ad essere discutibile nel merito, sollevi problemi di correttezza contabile, dal momento che risorse di conto capitale sono utilizzate per spese correnti.
In conclusione rileva come, mentre il provvedimento si preoccupa dei proprietari, non dedichi alcuna attenzione agli affittuari, ritenendo in proposito che la condizione di chi vive in affitto rappresenti un problema sociale di primario rilievo, per il quale potrebbe produrre effetti assai benefici l'introduzione, già prospettata in passato, di una tassazione ad aliquota fissa. Auspica pertanto che successivi interventi del Governo possano recuperare i limiti e le lacune che le misure contenute nel decreto-legge in esame presentano. Osserva in proposito che l'adozione di misure di rilevante impatto economico e sociale non può essere motivata soltanto dalla volontà di adempiere a promesse formulate nel corso della campagna elettorale; non sempre, infatti, tali promesse corrispondono a un interesse generale, mentre l'azione del Governo

Pag. 19

dovrebbe sempre essere ispirata da un disegno coerente di rilancio dell'economia del paese.

Massimo VANNUCCI (PD), nel rilevare come i lavori delle Commissioni riunite siano stati avviati senza la necessaria presenza del rappresentante del Governo, evidenzia la necessità di acquisire preliminarmente all'esame di questo, come degli altri provvedimenti in materia economica già adottati dal Governo, una verifica credibile circa lo stato dei conti pubblici.
Ricorda in proposito che, all'inizio della XV legislatura, il Ministro dell'economia Padoa Schioppa aveva istituito un'apposita Commissione per effettuare una verifica dei conti pubblici, e che, a conclusione dei lavori di quest'ultima, aveva riferito in proposito al Parlamento.
Chiede pertanto l'intervento davanti alle Commissioni riunite del Ministro dell'economia Tremonti sull'attuale situazione dei conti pubblici, anche in considerazione del fatto che la passata legislatura si era conclusa con una vivace discussione sull'esistenza o meno di un extragettito, nel corso della quale si era affermata la necessità di attendere i dati della relazione unificata sulla finanza pubblica: ora che sono disponibili non solo tali dati ma anche quelli, peraltro confortanti, del fabbisogno di maggio, risulta indispensabile una parola definitiva sull'argomento.
Ricorda, peraltro, che, in caso di presenza di un extragettito, l'articolo 1, comma 4, della legge n. 244 del 2007 dispone l'utilizzo di tali risorse in maniera prioritaria per la realizzazione di misure a sostegno dei salari mentre l'impostazione del decreto in esame individua priorità diverse.
Segnala quindi come il provvedimento, se, da un lato, non utilizza per finalità di copertura l'extragettito la cui esistenza ed entità deve essere ancora verificata, dall'altro ricorra a modalità di copertura discutibili per quel che concerne il rispetto della legislazione contabile vigente, quali l'utilizzo anche di risorse di conto capitale per coprire oneri correnti: si tratta evidentemente di un altro prodotto della nota creatività del Ministro Tremonti, che in realtà pareva superata a favore di più profonde riflessioni filosofiche no-global.
Sottolinea poi l'evidente criticità, con riferimento al rispetto della vigente disciplina contabile, della disposizione in materia di flessibilità del bilancio contenuta nel comma 3 dell'articolo 5, che consente, con decreto del Ministro dell'economia, di concerto con il ministro competente, di rimodulare le dotazioni finanziarie di ciascuna missione di spesa tra i programmi a questa appartenenti, permettendo anche rimodulazioni tra spese di funzionamento del limite massimo del 10 per cento delle risorse stanziate per finalità previste per legge.
Sulle tre questioni evidenziate risulta quindi, a suo giudizio, imprescindibile l'acquisizione delle valutazioni del Ministro dell'economia, rinviando invece agli interventi che saranno svolti dagli altri colleghi del suo gruppo per quel che concerne il contenuto specifico del provvedimento, limitandosi in proposito ad osservare come, al fine di salvaguardare il potere d'acquisto delle famiglie, siano indispensabili anche altri interventi, quali quelli a sostegno degli stipendi, a tutela degli affittuari, nonché specifiche misure volte a promuovere l'occupazione femminile.

Rolando NANNICINI (PD), nel condividere le valutazioni espresse dai colleghi già intervenuti, segnala alle Commissioni l'esigenza che il Governo rispetti puntualmente le regole di contabilità contenute nella legge 468, ricordando che in virtù di tali regole il paese è uscito da una logica di deficit spending e dal finanziamento di spese incontrollate mediante l'emissione di titoli di debito. Ritiene pertanto di dover richiamare l'articolo 17 della citata legge n. 468, che prevede la presentazione da parte del Governo, entro il mese di giugno, del disegno di legge di assestamento del bilancio in corso di esercizio, lamentando come tale provvedimento sia stato inserito nel programma dei lavori dell'Assemblea solo per il mese di luglio.
Osserva quindi come il Governo, invece di definire la situazione del bilancio, in ottemperanza agli obblighi previsti dalla

Pag. 20

legge 468, abbia adottato immediatamente un provvedimento di spesa. Inoltre, l'Esecutivo non ha dato attuazione al comma 4 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2008, che prevedeva la possibilità di utilizzare per fini di riduzione della pressione fiscale le maggiori entrate definite, appunto, in sede di assestamento, ma ha individuato coperture finanziarie assolutamente discutibili, in primo luogo sotto il profilo della correttezza contabile. Ritiene che il mancato rispetto delle regole della legge n. 468 possa portare a gravi squilibri dei conti pubblici.
Sottolinea infine come le disposizioni dell'articolo 3, nel disporre che venga mantenuta fissa la rata calcolata sulla base dei tassi d'interesse calcolati nel 2006, prevedano l'estensione della durata del mutuo, con effetti molto pesanti a carico del mutuatario.

Gianfranco CONTE, presidente, in considerazione dell'imminente avvio dei lavori dell'Assemblea, rinvia il seguito della discussione, che riprenderà alle ore 14, dopo la riunione congiunta degli uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni riunite, la quale avrà luogo alle ore 13.45.

La seduta termina alle 12.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Martedì 10 giugno 2008.

Gli uffici di presidenza si sono riuniti dalle 14 alle 14.15.

SEDE REFERENTE

Martedì 10 giugno 2008 - Presidenza del presidente della VI Commissione, Gianfranco CONTE. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Luigi Casero.

La seduta comincia alle 14.15.

DL 93/2008: Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie.
C. 1185 Governo.

(Seguito esame e rinvio).

Le Commissioni proseguono l'esame del provvedimento, iniziato nella seduta antimeridiana della giornata odierna.

Gianfranco CONTE, presidente, alla luce delle decisioni assunte nel corso dell'odierna riunione congiunta degli uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni riunite, avverte che le audizioni già previste avranno luogo nel pomeriggio della giornata di domani, e che il termine per la presentazione degli emendamenti, già fissato alle ore 12 di giovedì 12 giugno, è stato posticipato alle ore 17 della medesima giornata.

Maurizio LEO (PdL) esprime una valutazione complessivamente positiva sul decreto-legge in esame, il quale reca misure efficaci per venire incontro alle difficoltà delle famiglie e dei lavoratori italiani, nel quadro dell'attuale fase di rallentamento economico.
Passando a taluni singoli aspetti del provvedimento, evidenzia come l'articolo 1, recante l'esenzione dall'ICI delle case di prima abitazione, si inserisca, in modo del tutto condivisibile, nel quadro delle misure, già avviate a partire dalla scorsa legislatura, per ridurre il peso dell'imposizione fiscale sulla casa. A tale proposito ricorda che la legge finanziaria per il 2008 ha introdotto una presunzione legale in base alla quale si considera abitazione principale quella in cui il soggetto passivo ha la residenza anagrafica, salva la possibilità, per il contribuente, di provare la non coincidenza tra dimora abituale e residenza anagrafica, evidenziando al riguardo la necessità di chiarire le modalità attraverso le quali il contribuente stesso può fornire tale prova contraria, e fruire in tal modo dell'esenzione ICI per un'abitazione diversa da quella di residenza.

Pag. 21

Nel medesimo contesto rileva altresì l'opportunità di chiarire ulteriormente la formulazione del comma 3, del medesimo articolo 1, il quale assimila, sempre ai fini dell'esenzione, alcune tipologie d'immobile all'abitazione principale, in modo da esplicitare che l'esenzione si applica anche ad altri casi di assimilazione, che peraltro si evincono indirettamente dalla normativa vigente in materia, ad esempio, in particolare, all'immobile posseduto in Italia da cittadini italiani residenti all'estero.
Considera quindi positivamente la scelta di escludere dall'agevolazione gli immobili di pregio appartenenti alle categorie catastali A1, A8 e A9, per i quali si può comunque continuare a fruire delle agevolazioni per la prima casa previste dalla normativa già in vigore.
Con riferimento alle ricadute sull'assetto federalistico del sistema dei tributi derivanti dall'esenzione dell'ICI sulla prima casa, considera del tutto apprezzabile la previsione di cui all'articolo 1, comma 7, la quale stabilisce il divieto, per le regioni e gli enti locali, di aumentare tributi, addizionali, aliquote, ovvero maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge dello Stato, al fine di evitare che la riduzione della pressione fiscale conseguente all'esenzione sia in tutto o in parte vanificata da altri incrementi della fiscalità locale. Ricorda, peraltro, che le modifiche apportate al regime IRPEF dalla finanziaria per il 2008, le quali hanno sostanzialmente sostituito il sistema delle deduzioni con quello delle detrazioni, abbiano comportato effetti negativi anche sotto questo profilo, incrementando la base imponibile sulla quale si applicano le addizionali IRPEF regionali e locali. Ritiene quindi opportuno tornare al più presto al sistema delle deduzioni IRPEF, nonché chiarire che il divieto di incremento sancito dal predetto comma 7 si applica anche nei confronti di quei tributi, quali l'IRAP, che l'articolo 1, comma 43, della legge finanziaria per il 2008 ha impropriamente qualificato come tributo proprio delle regioni.
Con riferimento alle considerazioni svolte dal deputato Tabacci, relative all'opportunità di sostituire l'esenzione prevista dall'articolo 1 con la detraibilità dell'ICI dall'IRPEF, evidenzia come tale soluzione appaia problematica dal punto di vista tecnico, sia in quanto le ipotesi di detraibilità costituiscono una sorta di numerus clausus, sia in quanto non sarebbe proprio poter detrarre da un'imposta sui redditi l'ammontare di un'imposta gravante su un elemento patrimoniale, quale appunto l'ICI: ricorda, infatti, come la precedente ipotesi di detraibilità dall'IRPEF di altra imposta si riferisse all'ILOR, vale a dire ad un'imposta gravante anch'essa sui redditi.
Esprime quindi una valutazione ampiamente positiva sull'articolo 2, recante la detassazione delle quote di reddito connesse a prestazioni di lavoro straordinario, pur rilevando l'opportunità di estendere ulteriormente l'applicazione dell'imposta sostitutiva agevolata anche ad altre tipologie di reddito, per la parte connessa ad incrementi della produttività. In tale contesto considera positivo il fatto che il Governo abbia concepito l'agevolazione come regime opzionale, suggerendo altresì l'opportunità di sostituire, al comma 1, alinea, il riferimento alle «somme erogate» con quello, utilizzato dal Testo unico delle imposte sui redditi, ai redditi in denaro o in natura corrisposti ai lavoratori per le prestazioni di lavoro aggiuntive.
Ritiene altresì necessario chiarire ulteriormente la formulazione del comma 3 del medesimo articolo 2, secondo la quale l'imposta sostitutiva è applicata dal sostituto d'imposta, disciplinando anche i casi, quali ad esempio le prestazioni di lavoro domestico, in cui non sussiste la figura del sostituto d'imposta.
Considera quindi positivamente la scelta del Governo di applicare l'imposta sostitutiva entro il limite massimo di 3.000 euro, nonché la previsione di escludere tale ammontare di reddito dalla determinazione dell'imponibile, evidenziando come tale misura comporterà ulteriori effetti agevolativi in favore dei contribuenti interessati, che potranno così fruire anche di un maggiore ammontare di deduzioni e detrazioni.

Pag. 22

In merito alla previsione del comma 5, secondo la quale la disciplina agevolativi si applica solo nei confronti dei titolari di un reddito da lavoro dipendente non superiore a 30.000 euro, suggerisce l'opportunità di stabilire che tale limite massimo deve essere ragguagliato ad anno.
Condivide quindi le previsioni in materia di rinegoziazione dei mutui per la prima casa recate dall'articolo 3, le quali si inseriscono, del resto, in una serie di interventi su tale materia adottati nella scorsa legislatura: a tale proposito ritiene comunque opportuno chiarire che rimane ferma l'applicazione delle norme in materia di detraibilità degli interessi passivi dei mutui immobiliari previste dal TUIR.
In riferimento quindi alle considerazioni svolte dal deputato Nannicini circa la necessità di rispettare le norme dell'articolo 1, comma 4, della legge finanziaria per il 2008, in base alle quali le maggiori entrate tributarie realizzate nel 2008 sono destinate prioritariamente alla riduzione della pressione fiscale nei confronti dei lavoratori dipendenti, ritiene innanzitutto opportuno verificare se tale maggior gettito sia realmente sussistente, evidenziando come non sia chiara la natura degli incrementi di gettito finora registratisi. Sottolinea, infatti, come il positivo andamento delle entrate non sia probabilmente dovuto ad elementi di natura strutturale, ma ai versamenti mediante modello F24 riconducibili all'attività di accertamento con adesione svolta dall'amministrazione finanziaria, la quale, come è noto, lascia agli uffici un largo ambito di discrezionalità, grazie al quale l'ammontare delle somme oggetto dei maggiori tributi accertati.

Antonio PEPE (PdL) esprime preliminarmente la propria valutazione positiva sul provvedimento, evidenziando, con riferimento ad alcune delle considerazioni svolte dai colleghi dell'opposizione, come la proposta dell'introduzione di una tassazione ad aliquota fissa sugli affitti era già stata avanzata dalle forze dell'attuale maggioranza nel corso della passata legislatura, ma era stata respinta dal Governo di allora.
Nel preannunciare, in segno di apprezzamento per il contenuto del provvedimento, la propria intenzione di non presentare proposte emendative allo stesso, segnala comunque al rappresentante del Governo come la definizione della fattispecie di abitazione esente dal pagamento dell'ICI ai sensi dell'articolo 1 potrebbe determinare asimmetrie rispetto al trattamento attribuito alle abitazioni di proprietà in altri casi. Rileva infatti come l'esenzione ICI si applichi all'unità abitativa costituente abitazione principale, e come questa, ai sensi di una disposizione inserita nella legge finanziaria per il 2007, si deve intendere, con valore di presunzione semplice, l'abitazione dove è collocata la dimora abituale, anche se diversa dalla residenza anagrafica. Invece, ai fini dell'esenzione del pagamento dell'imposta di registro e degli oneri notarili per l'acquisto dell'abitazione principale, si fa riferimento alla residenza anagrafica, ovvero, per tutti coloro che hanno residenza in un comune ma lavorano stabilmente in un altro, al luogo di sede principale della propria attività lavorativa.
Un'analoga difficoltà si presenta peraltro con riferimento all'applicazione dell'articolo 3, che rende oggetto dell'operazione di rinegoziazione di mutui l'acquisto della prima casa, con la conseguente necessità di una precisa definizione di tale fattispecie.
Invita infine il Governo a riconsiderare alcune delle riduzioni delle autorizzazioni di spesa utilizzate a fini di copertura, segnalando in particolare l'importanza degli interventi per lo sviluppo per la banda larga e per l'università, con riferimento ai quali il provvedimento effettua alcuni definanziamenti.

Maino MARCHI (PD) si sofferma preliminarmente sulle modalità di copertura finanziaria del provvedimento. Infatti, alle consistenti misure di riduzione fiscale in materia di ICI e di detassazione degli straordinari e dei premi di produttività, che determinano una minore entrata per lo Stato ovvero per i comuni, il Governo ha deciso di far fronte tagliando le spese,

Pag. 23

sia di parte corrente sia, in misura consistente, in conto capitale. In proposito, nel richiamare la consistenza del debito pubblico e la necessità di raggiungere l'obiettivo del pareggio di bilancio, osserva come tale obiettivo comporti la necessità, nel prossimo triennio, di adottare manovre impegnative per la finanza pubblica, quantificate dallo stesso Governo al momento dell'assunzione del decreto-legge tra i venti e i trenta miliardi nel triennio 2009-2011.
Rileva quindi come, in questa situazione, la riduzione della spesa pubblica dovrebbe essere finalizzata alla riduzione del debito pubblico e al raggiungimento del pareggio di bilancio, ritenendo quindi sorprendente che con il provvedimento in esame il Governo riduca la spesa per far fronte alle minori entrate derivanti da misure di agevolazione fiscale.
In proposito osserva che una modalità alternativa per reperire risorse da destinare a tagli fiscali deriverebbe dall'utilizzo delle maggiori entrate derivanti dall'azione di contrasto all'evasione fiscale, molto consistente nel nostro Paese, che dovrebbe dunque essere proseguita l'azione di contrasto all'evasione fiscale, anche in considerazione del fatto che nel 2007 e nella finanziaria per il 2008 l'extragettito così realizzato è stato utilizzato per incrementare le pensioni più basse e per beneficiare gli incapienti, nonché per introdurre numerose misure di riduzione della tassazione.
Evidenzia inoltre come anche in questa fase sia disponibile un extragettito, in quanto i dati di finanza pubblica, che già erano noti al momento dell'adozione del decreto-legge, indicavano un andamento tendenziale di entrate e spese migliore delle previsioni contenute nella Relazione unificata del 18 marzo scorso. In particolare, il fabbisogno cumulato da gennaio ad aprile migliora di quasi tre miliardi di euro il risultato raggiunto nel corrispondente periodo del 2007, che si è chiuso con un deficit di otto miliardi inferiore a quello previsto per il 2008, e le entrate da gennaio ad aprile aumentano con un ritmo doppio rispetto all'andamento nominale dell'economia. A questi risultati ha certamente concorso un andamento del PIL nel primo trimestre 2008 superiore alle attese. Se si guarda il fabbisogno di maggio, si evidenziano per i prossimi sette mesi, a confronto con l'andamento dell'anno precedente, risorse utilizzabili nell'ordine di quindici miliardi di euro, alle quali concorre un extragettito di tre miliardi di euro.
Ritiene pertanto che sarebbe stato possibile finanziare gli interventi contenuti nel decreto-legge in esame senza intervenire sulla spesa, a condizione di riconoscere che sono disponibili risorse finanziarie che derivano dal buon lavoro svolto dal Governo Prodi. Se il Governo e la maggioranza ritengono che ciò non sia vero, dovrebbero accogliere l'invito avanzato dal deputato Vannucci e, per prima cosa, presentare il quadro aggiornato della situazione dei conti pubblici a metà anno.
Osserva peraltro come, per finanziare gli oneri recati dal provvedimento in esame utilizzando l'extragettito, si dovrebbe prima modificare il comma 4 dell'articolo 1 della finanziaria 2008, che dispone la destinazione delle maggiori entrate tributarie alla riduzione della pressione fiscale nei confronti dei lavoratori dipendenti.
Ritiene quindi che l'intervento del Governo benefici, in sostanza, i proprietari di case a scapito dei lavoratori dipendenti, e, in particolare, di quelli a reddito più basso, segnalando in proposito che proprio questi ultimi vivano per lo più in affitto e non traggano alcun vantaggio dalle misure del decreto-legge in esame.
Con riferimento ai problemi di copertura finanziaria, rileva come si faccia fronte ad uscite strutturali di parte corrente derivanti dalle disposizioni relative all'ICI e alla detassazione degli straordinari con risorse in buona misura di conto capitale, con un'evidente dequalificazione della spesa.
Tra i tagli realizzati in materia di investimenti sottolinea la consistente riduzione di quelli relativi alle infrastrutture in Sicilia e Calabria, nonché l'azzeramento delle risorse destinate agli investimenti nel trasporto pubblico locale.

Pag. 24

Stigmatizza inoltre il forte ridimensionamento di molti interventi disposti dalla legge finanziaria per il 2008, segnalando in particolare gli interventi per le politiche sociali, per l'inclusione sociale degli immigrati, per la sicurezza in generale e per quella stradale, per le infrastrutture ferroviarie, per le politiche ambientali, per quelle culturali, per la scuola.
Osserva altresì che sono interamente utilizzate le risorse destinate alla ristrutturazione della rete idrica, quando, in determinate realtà, come quelle di Reggio Emilia e Parma, gli esponenti del Popolo della Libertà e della Lega continuano ad invocare a gran voce la realizzazione di opere in questo settore. Osserva che tale modo di procedere determina una grave incertezza in ordine alle decisioni assunte dalle istituzioni dello Stato. Giudica altresì paradossale la riduzione degli stanziamenti dell'otto per mille, dopo che, per due anni, presso la Commissione bilancio gli esponenti dell'attuale maggioranza hanno richiesto a gran voce il ripristino integrale di tali fondi.
In generale, esprime forti perplessità sull'impostazione della politica economica del Governo: infatti, mentre, da un lato, si usano riduzioni di spesa pubblica per finanziare riduzioni di entrata, dall'altro, si afferma che con riduzioni di spesa si farà fronte alla manovra tra i 20 e i 30 miliardi di euro nel triennio 2009-2011 prevista con l'annunciato piano di stabilizzazione della finanza pubblica. Al tempo stesso si finalizzano gli interventi suddetti alla realizzazione del federalismo fiscale e, nell'ambito del provvedimento in esame, si sospende il potere di autonomia impositiva di regioni ed enti locali, sottraendo ulteriori risorse a tali enti. Constata quindi che l'operazione compiuta con il decreto è assolutamente di stampo centralista, e che all'adozione di simili decisioni si sarebbe dovuti pervenire solo con il necessario confronto con l'ANCI ed i comuni. Nell'ottica di tale confronto avrebbe dovuto peraltro essere affrontato anche il contenzioso relativo al recupero del maggior gettito ICI previsto dall'articolo 3 del decreto-legge n. 81 del 2007.
Unici aspetti positivi della manovra compiuta sull'ICI consistono nell'esplicita previsione dell'esenzione anche per gli immobili delle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale dei soci assegnatari, nonché per gli alloggi regolarmente assegnati dagli IACP e dagli enti di edilizia residenziale pubblica aventi le stesse finalità. Sottolinea peraltro come, alla dichiarata intenzione del Governo di affrontare i problemi degli alloggi, abbia fatto seguito il totale disinteresse per il problema degli affitti, e la decisione di privilegiare i proprietari delle case di maggior pregio, potendo gli altri già usufruire delle agevolazioni sulla prima casa previste dalla legge finanziaria per il 2008.
Con riferimento quindi alle misure a sostegno dei titolari di mutui per l'acquisto della prima casa, di cui all'articolo 3, rileva come il provvedimento in esame sottragga dieci milioni nel 2008 e dieci milioni nel 2009 agli interventi rivolti a fronteggiare i problemi abitativi, azzerando il fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa. Contestualmente le banche riceveranno gli importi a cui rinunciano sul momento mediante il prolungamento della durata del mutuo. In sostanza, il sistema bancario non sarà costretto ad alcun sacrificio, mentre l'onere dovuto al rialzo del costo del denaro rimarrà totalmente a carico dei mutuatari, con il rischio anche che si determinino in futuro numerosi casi in cui il mutuatario non si trovi in grado di restituire il prestito ricevuto.
Per le ragioni indicate esprime un giudizio fortemente negativo sul provvedimento in esame.

Giuseppe Francesco Maria MARINELLO (PdL), intervenendo sui lavori della Commissione, sottolinea in merito al calendario dei lavori delle Commissioni riunite prospettato dal Presidente Conte, come i parlamentari siciliani siano interessati, nel prossimo fine settimana, da importanti scadenze elettorali previste in ambito regionale: chiede pertanto di valutare l'opportunità di concentrare l'attività

Pag. 25

delle Commissioni nella giornata di mercoledì, evitando in tal modo di prevedere impegni parlamentari nella giornata di giovedì.

Gianfranco CONTE, presidente, in riferimento alla richiesta avanzata dal deputato Marinello, fa presente che, anche a tal fine, tutte le audizioni previste saranno concentrate nella seduta di mercoledì, e che la seduta fissata nella mattinata di giovedì sarà esclusivamente dedicata alla conclusione dell'esame preliminare sul provvedimento: osserva peraltro che i deputati i quali intendono evidenziare alcune specifiche questioni potranno farlo anche nelle fasi successive dell'esame.
In considerazione dell'imminente ripresa dei lavori dell'Assemblea, rinvia quindi ad altra seduta il seguito dell'esame.

La seduta termina alle 15.