CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 3 maggio 2017
811.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante modifiche ed integrazioni al testo unico del pubblico impiego, di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Atto n. 393).

PROPOSTA DI PARERE DELLA RELATRICE

  La XI Commissione,
   esaminato lo schema di decreto legislativo recante modifiche ed integrazioni al testo unico del pubblico impiego, di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), 2, lettere b), c), d) ed e), e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l), m), n), o), q), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche;
   rilevato che, l'articolo 16, comma 1, lettera a), della citata legge n. 124 del 2015 identifica l'oggetto della delega nella disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e i connessi profili di organizzazione amministrativa e che, tra i principi e criteri direttivi di carattere generale della medesima delega, contenuti nel comma 2 del richiamato articolo 16, alle lettere b), c), d) ed e), si prevedono il coordinamento formale e sostanziale del testo delle disposizioni legislative vigenti, la risoluzione delle antinomie, l'indicazione esplicita delle norme abrogate e l'aggiornamento delle procedure, mediante il sistematico ricorso alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione;
   preso atto che, sulla base dei principi e criteri direttivi specifici, individuati dall'articolo 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l), m), n), o), q), s) e z), della legge n.124 del 2015, lo schema di decreto, incidendo sulla normativa di carattere generale recata dal decreto legislativo n. 165 del 2001, introduce modifiche alla disciplina delle fonti della disciplina dei rapporti di lavoro presso le pubbliche amministrazioni, alla regolamentazione della definizione dei fabbisogni, del reclutamento e delle incompatibilità del personale, del lavoro flessibile, delle misure volte a favorire l'inserimento lavorativo delle persone con disabilità, della contrattazione e della rappresentatività sindacale, della responsabilità disciplinare, delle visite fiscali, nonché reca norme di carattere transitorio e finale volte a promuovere il superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni, a precisare le tutele applicabili in caso di licenziamento illegittimo dei dipendenti pubblici e a rivedere la disciplina dei trattamenti accessori riconosciuti al personale;
   preso atto che il provvedimento reca una attuazione parziale dei principi e criteri direttivi di cui all'articolo 17 della legge n. 124 del 2015, in attuazione del quale, peraltro, è già stato adottato il decreto legislativo 20 giugno 2016, n. 116, recante modifiche all'articolo 55-quater del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in materia di licenziamento disciplinare;
   valutato il parere espresso il 6 aprile 2017 dalla Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, con particolare riferimento agli emendamenti proposti dall'Unione delle province d'Italia;
   preso atto dei contenuti dell'intesa sancita il 6 aprile 2017 dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Pag. 149Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in attuazione della sentenza della Corte costituzionale n. 251 del 2016;
   considerato il parere n. 916 del 2017, espresso nell'adunanza dell'11 aprile 2017 dalla Commissione speciale istituita dal Consiglio di Stato ai fini dell'esame dello schema di decreto legislativo e dell'espressione del relativo parere;
   richiamati i contenuti dell'accordo sottoscritto il 30 novembre 2016 dalla Ministra e dal sottosegretario di Stato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, da un lato, e dai segretari generali di CGIL, CISL e UIL, dall'altro;
   esaminati gli elementi di valutazione acquisiti nell'ambito delle audizioni informali delle organizzazioni sindacali del pubblico impiego, svolte il 4 aprile 2017;
   osservato che gli articoli 1, 2, 3 e 11 del provvedimento intendono realizzare un riequilibrio tra le fonti che disciplinano i rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, al fine di affidare un ruolo più incisivo alla contrattazione collettiva, limitando gli effetti del processo di rilegificazione di tale disciplina realizzato, in particolare, dal decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150;
   rilevato che le novelle introdotte nel decreto legislativo n. 165 del 2001 si muovono nella direzione indicata dal richiamato accordo tra Governo e organizzazioni sindacali del 30 novembre 2016, con il quale l'Esecutivo si è impegnato a realizzare una ripartizione efficace ed equa delle materie di competenza e degli ambiti di azione della legge e del contratto collettivo;
   richiamata l'opportunità, in linea con i contenuti del citato accordo, di rafforzare le forme di partecipazione sindacale, con particolare riferimento alle misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro che determinino ricadute sui diritti e sulle tutele dei lavoratori, fermo restando che le determinazioni di carattere organizzativo rientrano nella titolarità degli organi preposti alla gestione;
   osservato, a tale riguardo, che nel parere del Consiglio di Stato si raccomanda al Governo «di porre in essere tutte le opportune iniziative con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell'ambito del necessario rapporto di leale collaborazione con le stesse al fine di evitare in qualsiasi modo che le finalità di semplificazione, razionalizzazione e di riorganizzazione della disciplina del rapporto privato alle dipendenze pubbliche e la tutela degli interessi pubblici in essa coinvolti possano, di fatto, limitare gli spazi e la funzione dell'autonomia collettiva; svuotare e/o marginalizzare la consultazione sindacale; incrementare l'introduzione di meccanismi di regolamentazione autoritativa del rapporto di lavoro pubblico, per quanto provvisori, in sede di contrattazione decentrata; irrigidire, più in generale, il rapporto tra fonte autoritativa e fonte negoziale»;
   valutate favorevolmente le disposizioni dell'articolo 3, che conferiscono ai contratti collettivi nazionali la facoltà di integrare le procedure e i criteri generali per l'attuazione della disciplina relativa al passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse;
   considerato che l'articolo 4 dello schema modifica l'attuale disciplina della determinazione dei fabbisogni di personale, prevedendo il progressivo superamento della considerazione della dotazione organica come limite e parametro di riferimento per le assunzioni, privilegiando, invece, la valutazione degli effettivi fabbisogni di personale;
   rilevato che, al fine di realizzare tale mutamento di prospettiva, assume un ruolo centrale il piano triennale dei fabbisogni di personale, che costituisce lo strumento adottato dalle amministrazioni pubbliche per assicurare l'ottimale distribuzione delle risorse umane attraverso la coordinata attuazione dei processi di mobilità e di reclutamento del personale e per preordinare le risorse finanziarie destinate alla sua attuazione;
   osservato che tale evoluzione, prevista dal criterio direttivo di cui all'articolo Pag. 15017, comma 1, lettera m), della legge n. 124 del 2015, è funzionale al superamento di una visione statica delle esigenze di personale, in favore di una valutazione di carattere dinamico, che possa tenere conto delle esigenze di rinnovamento delle amministrazioni pubbliche e dei mutamenti dei profili professionali richiesti, nell'ambito delle risorse disponibili per le assunzioni;
   ritenuto che, in tale nuovo contesto, assumano un rilievo strategico le linee di indirizzo per la pianificazione dei fabbisogni di personale, che dovranno essere adottate, ai sensi del nuovo articolo 6-ter del decreto legislativo n. 165 del 2001, con decreti del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
   apprezzato che l'articolo 5 introduce, dal 1o gennaio 2018, un divieto per le pubbliche amministrazioni di stipulare contratti di collaborazione che si concretino in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative, con modalità di esecuzione organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro, in linea con la disciplina prevista nel settore privato dall'articolo 2 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, fermo restando che non trova applicazione nel settore pubblico la norma che prevede l'applicazione in tali fattispecie della disciplina del rapporto di lavoro subordinato;
   osservato che l'articolo 9 interviene sulla disciplina le forme di lavoro flessibile nell'ambito delle amministrazioni pubbliche, individuando limitate e tassative fattispecie per il ricorso a tali prestazioni lavorative, anche al fine di prevenire il perpetuarsi del fenomeno del precariato;
   considerato, in particolare, che la nuova formulazione dell'articolo 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001, da un lato, conferma la vigente disciplina che limita ai casi di comprovate esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale la possibilità per le pubbliche amministrazioni di ricorrere a contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, a contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato e ad altre forme contrattuali flessibili e, dall'altro, rinvia al decreto legislativo n. 81 del 2015 per la disciplina applicabile ai contratti di lavoro subordinato a tempo determinato e di somministrazione di lavoro a tempo determinato;
   ritenuto auspicabile che, in linea con quanto indicato nel parere espresso dal Consiglio di Stato e al fine di superare incertezze in sede interpretativa, si proceda in un prossimo futuro alla redazione di un testo unico che contenga una disciplina unitaria e organica dei rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, anche con riferimento alla esaustiva regolamentazione delle forme contrattuali flessibili;
   apprezzato che, all'articolo 10, si prevedono l'istituzione, presso il Dipartimento della funzione pubblica, di una Consulta nazionale per l'integrazione in ambiente di lavoro delle persone con disabilità, nonché l'introduzione, nelle amministrazioni pubbliche con più di duecento dipendenti, della figura del responsabile dei processi di inserimento delle persone con disabilità, anche al fine di promuovere gli accomodamenti ragionevoli di cui all'articolo 3, comma 3-bis, del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216;
   considerate le modifiche introdotte dall'articolo 11 alla vigente disciplina relativa alla contrattazione collettiva ed integrativa, volte a meglio definire le competenze della contrattazione collettiva, attribuendole, tra l'altro, la competenza a provvedere al riordino, alla razionalizzazione e alla semplificazione delle discipline in materia di dotazione ed utilizzo dei fondi destinati alla contrattazione integrativa;
   rilevato che gli articoli da 12 a 17 introducono significative modifiche alla normativa relativa alla responsabilità disciplinare dei lavoratori delle pubbliche amministrazioni, intervenendo sulle forme Pag. 151e sui termini del procedimento disciplinare, previsto dall'articolo 55-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001, in modo da distinguere le competenze a seconda della gravità delle infrazioni contestate e da garantire l'effettività del procedimento medesimo, nonché sulla disciplina delle fattispecie che determinano il licenziamento disciplinare;
   evidenziato che, in tale contesto, l'articolo 12, novellando l'articolo 55, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001, introduce una norma di chiusura del sistema, prevedendo una figura generale di illecito disciplinare per la violazione delle disposizioni in materia di procedimento disciplinare da parte dei dipendenti preposti alla loro applicazione, e che il successivo articolo 17 prevede che, nei casi più gravi di mancato esercizio o decadenza dell'azione disciplinare, ai responsabili si applichi la sanzione della sospensione dal servizio fino a un massimo di tre mesi, salvi i casi in cui si applichi loro il licenziamento disciplinare;
   ritenuto che, nel loro complesso, le modifiche introdotte alla disciplina dei procedimenti disciplinari rispondano all'obiettivo, indicato nella legge n. 124 del 2015, di accelerare e rendere concreto e certo nei tempi di espletamento e di conclusione l'esercizio dell'azione disciplinare;
   apprezzate le disposizioni dell'articolo 18, che prevede la costituzione di un polo unico per le visite fiscali, facente capo all'INPS, che provvede, in base alla nuova disciplina, alla effettuazione e alla gestione degli accertamenti medico-legali sulle assenza dal lavoro per malattia sia nel settore pubblico sia nel settore privato, eliminando l'attuale dualismo, che attribuisce alle Aziende sanitarie locali il compito di effettuare le verifiche nei confronti dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni;
   preso atto del rinvio ad un successivo decreto interministeriale per l'armonizzazione della disciplina del settore pubblico e privato in tema di fasce orarie di reperibilità in caso di malattia, mediante la definizione delle fasce entro le quali devono essere effettuate le visite di controllo, nonché per la definizione delle modalità per lo svolgimento delle stesse visite e per l'accertamento, anche con cadenza sistematica e ripetitiva, delle assenze dal servizio per malattia;
   espresso apprezzamento per le finalità perseguite dall'articolo 20, che reca specifiche disposizioni per la stabilizzazione, entro il triennio 2018-2020, del personale precario non dirigenziale delle pubbliche amministrazioni, prevedendo una specifica procedura di stabilizzazione per il personale assunto con contratti a tempo determinato a seguito di procedure concorsuali, nonché l'attivazione di procedure concorsuali riservate per i lavoratori assunti con contratti di lavoro flessibile;
   condivisa l'esigenza, segnalata anche dall'intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di adottare interventi di armonizzazione tra la disciplina in materia di stabilizzazioni di cui all'articolo 20 e la legislazione vigente relativa ai lavoratori socialmente utili;
   rilevata la necessità di sostenere, anche nell'ambito delle sedi istituzionali di confronto costituite al fine di delineare i futuri assetti in materia di servizi e misure di politica attiva del lavoro, la definizione di un percorso di progressiva stabilizzazione del personale che presta la propria attività con forme di lavoro precario, anche presso la società ANPAL Servizi Spa, verificando in questo ambito la possibilità di prevedere un loro assorbimento da parte dell'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro;
   segnalata l'opportunità di attivare percorsi di stabilizzazione per gli operai giornalieri del Genio campale, anche in linea con le disposizioni adottate in passato al riguardo, tenendo conto anche del fatto che l'assunzione di tali maestranze con contratti di lavoro a tempo indeterminato determinerebbe una minore spesa per i lavori realizzati;Pag. 152
   osservato che, in attuazione dei principi e dei criteri direttivi di cui agli articoli 16 e 17 della legge n. 124 del 2015, non è possibile in questa sede estendere anche alla dirigenza le disposizioni in materia di stabilizzazione del personale previste dall'articolo 20 del provvedimento in esame;
   segnalata, tuttavia, l'esigenza di individuare tempestivamente, anche nell'ambito di prossimi provvedimenti legislativi, interventi volti ad assicurare percorsi per la stabilizzazione nell'esercizio delle funzioni dirigenziali del personale già regolarmente assunto ed appartenente ai ruoli della pubblica amministrazione il quale abbia svolto funzioni dirigenziali in forza di reiterati contratti a termine, con particolare riferimento a quello delle Agenzie fiscali;
   evidenziata, altresì, la necessità di perseguire analoghi percorsi di stabilizzazione per i dirigenti sanitari assunti con contratti a tempo determinato alle dipendenze dal Servizio sanitario nazionale;
   richiamata, in questo contesto, l'esigenza di prevedere che i soggetti che abbiano prestato servizio effettivo di ruolo come segretari comunali o provinciali per almeno tre anni, ai sensi dell'articolo 1, comma 49, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e che siano stati trasferiti in mobilità presso altre pubbliche amministrazioni prima del 1o gennaio 2005, ai quali siano stati conferiti o sono conferiti incarichi dirigenziali, siano inquadrati nel corrispondente ruolo dell'amministrazione che ha conferito loro l'incarico;
   rilevato che l'articolo 21, disciplinando le conseguenze del licenziamento illegittimo dei dipendenti pubblici, prevede la condanna dell'amministrazione alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennità risarcitoria, cristallizzando un principio di tutela reale elaborato dalla giurisprudenza in un quadro creato dal sovrapporsi di diverse previsioni normative succedutesi nel tempo;
   condivise le valutazioni espresse nel parere del Consiglio di Stato, che riconduce le disposizioni dell'articolo 21 all'attuazione del criterio di delega di cui all'articolo 16, comma 2, lettera c), della legge n. 124 del 2015, relativo alla risoluzione delle antinomie in base ai principi dell'ordinamento e alle discipline generali regolatrici della materia;
   considerato che l'articolo 23 prevede una progressiva armonizzazione dei trattamenti economici accessori del personale contrattualizzato delle amministrazioni pubbliche, demandata alla contrattazione collettiva per ogni comparto o area di contrattazione, da realizzare attraverso i fondi per la contrattazione integrativa;
   osservato che nelle more dell'intervento della contrattazione collettiva, l'ammontare delle risorse destinate annualmente ai trattamenti accessori del personale, anche di livello dirigenziale, non potrà, in via generale, superare l'importo determinato per l'anno 2016;
   segnalata l'opportunità di valorizzare il trattamento accessorio riconosciuto al personale delle amministrazioni pubbliche, quale strumento per accrescerne la produttività e migliorare i servizi messi a disposizione dei cittadini e delle imprese, anche attraverso futuri provvedimenti che applichino a tale componente della retribuzione benefici, anche di carattere fiscale, analoghi a quelli previsti per i lavoratori privati;
   rilevata l'esigenza, evidenziata anche nell'accordo concluso il 30 novembre 2016 tra Governo e organizzazioni sindacali, che si assicuri un costante ed efficace monitoraggio dell'attuazione della riforma della pubblica amministrazione, che garantisca un'adeguata partecipazione delle organizzazioni sindacali, anche con riferimento alla misurazione e al monitoraggio dei fabbisogni di personale, nel rispetto delle normative vigenti in tema di autonomia decisionale;
   preso atto dei rilievi espressi in data 20 aprile 2017 dalla Commissione parlamentare per le questioni regionali, nonché di quelli espressi in data 27 aprile 2017 Pag. 153dalla VII Commissione (Cultura, scienza e istruzione), allegati al presente parere,

   esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:
   valuti il Governo l'opportunità di riconsiderare le disposizioni del Capo I e del Capo VI del provvedimento, relativi, rispettivamente, alla disciplina delle fonti e alla contrattazione, al fine di dare piena attuazione all'impegno assunto nell'ambito dell'accordo stipulato con le organizzazioni sindacali il 30 novembre 2016, con riferimento agli ambiti di competenza, rispettivamente, della legge e della contrattazione, privilegiando la fonte contrattuale quale luogo naturale per la disciplina del rapporto di lavoro, dei diritti e delle garanzie dei lavoratori, nonché degli aspetti organizzativi a questi direttamente pertinenti;
   con riferimento alle disposizioni dell'articolo 4, si valuti l'opportunità di:
     a) assicurare il coordinamento tra il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione non solo nella fase di predisposizione delle linee di indirizzo per la pianificazione dei fabbisogni, come previsto dall'articolo 6-ter, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001, introdotto dal comma 2 del medesimo articolo 4, ma anche nella fase di approvazione dei piani triennali dei fabbisogni delle amministrazioni statali, prevedendo anche il concerto del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione nella nuova formulazione del comma 4 dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 165 del 2001, introdotta dal comma 1 del richiamato articolo 4;
    b) prevedere che sia acquisito il concerto del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione nella definizione delle modalità di rilevazione delle informazioni rese disponibili dal sistema informativo del personale del Ministero dell'economia e delle finanze di cui all'articolo 60 del decreto legislativo n. 165 del 2001, considerato il rilievo che tali informazioni assumeranno ai fini della predisposizione, da parte del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, delle linee di indirizzo di cui al nuovo articolo 6-ter del medesimo decreto legislativo n. 165 del 2001;
   valuti il Governo l'opportunità di precisare le sanzioni applicabili in caso di violazione dell'articolo 7, comma 5-bis, del decreto legislativo n. 165 del 2001, come introdotto dall'articolo 5, comma 1, lettera a), del provvedimento in esame;
   si verifichi la possibilità, nell'ambito dei principi e criteri direttivi della delega di cui agli articoli 16 e 17 della legge n. 124 del 2015, di introdurre nel presente provvedimento disposizioni volte a riconoscere al personale di ruolo delle pubbliche amministrazioni con figli con gravi disabilità ai sensi dell'articolo 3, comma 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, la priorità per l'assegnazione della sede di servizio nel comune di residenza dei figli o in comuni limitrofi, ovvero altre forme di agevolazione in relazione alla assegnazione della sede;
   valuti il Governo, nell'ambito delle disposizioni del Capo III relative al reclutamento del personale delle pubbliche amministrazioni, l'opportunità di:
     a) introdurre ulteriori previsioni che, nel rispetto dell'articolo 97, quarto comma, della Costituzione e della relativa giurisprudenza costituzionale, consentano di valorizzare le professionalità già esistenti nell'ambito delle pubbliche amministrazioni;
     b) valorizzare, nell'ambito delle procedure concorsuali, le professionalità maturate e le esperienze lavorative svolte presso le amministrazioni che bandiscono il concorso, anche nell'ambito di rapporti di somministrazione di lavoro;
   con riferimento alle disposizioni dell'articolo 8, valuti il Governo l'opportunità di inserire una ulteriore misura di coordinamento Pag. 154tra l'articolo 53 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e l'articolo 15 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, la quale preveda che i dati e le informazioni che le amministrazioni comunicano al Dipartimento della funzione pubblica ai sensi del richiamato articolo 53 corrispondono agli obblighi di pubblicazione di cui all'articolo 15, in modo da semplificare tali obblighi e alleggerire i relativi oneri a carico delle amministrazioni, introducendo altresì una disciplina transitoria per l'applicazione della citata misura di coordinamento, al fine di consentire l'adeguamento della banca dati esistente alla gestione delle ulteriori informazioni;
   con riferimento all'articolo 10 del provvedimento, valuti il Governo l'opportunità di prevedere un obbligo per le amministrazioni pubbliche di rendere tempestivamente disponibili nel proprio sito istituzionale le informazioni relative alla copertura della quota di riserva e ai posti vacanti riservati ai disabili, verificando altresì la possibilità di ridurre i tempi previsti per le comunicazioni di cui all'articolo 39-quater del decreto legislativo. n. 165 del 2001, inserito dallo schema in esame;
   con riferimento alle modifiche alla disciplina dei procedimenti disciplinari previste dal Capo VII dello schema, valuti il Governo l'opportunità di:
     a) riconsiderare l'ampiezza delle deroghe introdotte dall'articolo 13, comma 1, lettera j), capoverso comma 9-ter, che sostanzialmente consentono il superamento della perentorietà dei termini previsti per i procedimenti disciplinari e rendono derogabili le disposizioni relative ai medesimi procedimenti, purché non sia irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa e le modalità di esercizio dell'azione disciplinare risultino compatibili con il principio di tempestività, tenendo conto, in particolare, delle osservazioni formulate al riguardo nel parere del Consiglio di Stato;
    b) rivedere le disposizioni del comma 9-quater dell'articolo 55-bis, introdotto dall'articolo 13 dello schema, verificando in particolare la possibilità di escludere lo svolgimento di un nuovo procedimento disciplinare in caso di annullamento della sanzione disciplinare per violazione del principio di proporzionalità e di attribuire al giudice la possibilità di comminare una sanzione nei termini previsti dalla legge o dalla contrattazione collettiva;
    c) precisare, anche al fine di evitare contenziosi in materia, che la nuova normativa si applica con riferimento agli illeciti commessi successivamente all'entrata in vigore del provvedimento in esame;
    d) introdurre un obbligo di carattere generale per le pubbliche amministrazioni di comunicare all'Ispettorato per la funzione pubblica l'avvio e la conclusione dei procedimenti disciplinari e il relativo esito, al fine di consentire un efficace e tempestivo monitoraggio in materia;
   all'articolo 17, comma 1, lettera b), si valuti l'opportunità di sostituire le parole: « lettera h), comma 3-quinquies e comma 3-sexies» con le seguenti: « lettera f-ter) e comma 3-quinquies»;
   con riferimento alle disposizioni dell'articolo 18, che recano una nuova disciplina dei controlli sulle assenze dal servizio per malattia, prevedendo la creazione di un polo unico per le visite fiscali, con attribuzione delle relative competenze, anche per il settore pubblico, all'INPS, valuti il Governo l'opportunità di:
    a) introdurre disposizioni di carattere transitorio, che garantiscano il passaggio al nuovo sistema in piena efficienza e operatività, anche considerando l'esigenza di adottare i provvedimenti attuativi previsti dalla nuova normativa;
    b) precisare, al comma 1, lettera c), capoverso 2-bis, che, in sede di prima applicazione, fino alla sottoscrizione del primo accordo collettivo nazionale, le convenzioni siano stipulate dall'INPS anche con le associazioni maggiormente rappresentative dei medici fiscali;Pag. 155
   con riferimento alle disposizioni dell'articolo 20, in materia di superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni:
    a) ai commi 1 e 2, si valuti l'opportunità di prevedere che il requisito della maturazione, alle dipendenze dell'amministrazione, di almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, sia maturato al 31 dicembre 2017, anziché alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, anche in considerazione della circostanza che le assunzioni di cui al comma 1 e le procedure concorsuali di cui al comma 2 avranno luogo nel triennio 2018-2020;
    b) si valuti l'opportunità di prevedere che, per i contratti di lavoro riferiti ad attività che siano interessate da processi di riordino o di trasferimento di funzioni ovvero di fusione di diverse amministrazioni, le procedure di cui ai commi 1 e 2 possano essere effettuate dalle amministrazioni subentranti e che, ai fini della verifica del possesso dei requisiti ivi previsti, si considerino anche le selezioni effettuate e i periodi maturati presso le amministrazioni di provenienza;
    c) si valuti la possibilità di estendere l'applicazione delle disposizioni di cui al comma 1 anche ai dipendenti che siano stati in servizio a tempo determinato presso l'amministrazione che procede all'assunzione successivamente all'entrata in vigore della legge 7 agosto 2015, n. 124, ancorché non in servizio, garantendo in ogni caso la priorità dell'assunzione a tempo indeterminato del personale attualmente in servizio;
    d) si valuti l'opportunità di prevedere, in linea con quanto indicato nell'intesa stipulata in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, che, ai fini dell'accesso alle procedure di assunzione previste dal medesimo comma 1, il personale possa essere già stato selezionato, in relazione alle attività svolte, con procedure concorsuali anche da un'amministrazione diversa da quella presso la quale presta servizio e che procederà all'assunzione;
    e) si valuti la possibilità di estendere l'applicabilità delle disposizioni di cui al comma 2 anche al personale che abbia prestato la propria attività con contratti di lavoro flessibile presso l'amministrazione che bandisce la procedura concorsuale successivamente all'entrata in vigore della legge 7 agosto 2015, n. 124;
    f) al comma 2, si valuti l'opportunità di fare riferimento al personale che presta la propria attività presso l'amministrazione che bandisce il concorso, non essendo configurabile un vero e proprio rapporto di servizio con la pubblica amministrazione per il personale titolare di contratti di lavoro flessibile;
    g) si valuti l'opportunità di riconsiderare le disposizioni del comma 4, al fine di non precludere agli enti territoriali delle regioni a statuto speciale che hanno avviato, nel periodo di riferimento, un processo di risanamento, l'accesso alle misure di superamento del precariato previste dall'articolo 20;
   con riferimento all'articolo 22, comma 5, si valuti l'opportunità di:
    a) prevedere una modifica dell'articolo 60, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, laddove si richiama l'applicazione delle misure di cui all'articolo 30, comma 11, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni, facendo riferimento ad una disposizione abrogata dalla legge 31 dicembre 2009, n. 196;
    b) modificare l'articolo 60, comma 6, secondo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, al fine di sopprimere le parole: «, dei rendimenti, dei risultati, di verifica dei carichi di lavoro», tenendo conto che, anche alla luce delle disposizioni dello schema di decreto legislativo recante modifiche al decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, in attuazione dell'articolo 17, comma 1, lettera r), della legge 7 agosto 2015, n. 124 (Atto Pag. 156n. 391), i richiamati controlli sono rimessi agli Organismi indipendenti di valutazione della performance;
    c) verificare la possibilità di attribuire al Dipartimento della funzione pubblica una competenza di carattere generale in materia di monitoraggio e di valutazione dell'attuazione delle disposizioni concernenti il pubblico impiego, con particolare riferimento a quelle introdotte dal provvedimento in esame;
   con riferimento all'articolo 23, comma 1, si valuti l'opportunità di specificare che il processo di graduale convergenza dei trattamenti economici accessori ivi previsto tenga conto delle specificità derivanti dall'eventuale istituzione di sezioni contrattuali nell'ambito dei comparti o delle aree di contrattazione;
   valuti il Governo l'opportunità di integrare le disposizioni dell'articolo 23, comma 2, al fine di tenere conto, ai fini dell'applicazione della regola della stabilizzazione delle risorse destinate annualmente ai trattamenti accessori al livello di quelle erogate nel 2016, delle peculiarità che caratterizzano l'area della dirigenza medica, con particolare riferimento alle somme destinate alla retribuzione individuale di anzianità;
   valuti il Governo l'opportunità di estendere l'ambito di applicazione della sperimentazione prevista dai commi 4 e 5 dell'articolo 23 dello schema anche ai Comuni in possesso dei requisiti ivi previsti, previa individuazione di specifici meccanismi che assicurino l'effettiva assenza di nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;
   all'articolo 25, si valuti l'opportunità di sostituire il comma 1 con il seguente: «1. Al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, l'articolo 6-bis e l'articolo 59 sono abrogati»;
   con riferimento all'articolo 25, comma 3, dello schema, valuti il Governo l'effettiva necessità di disporre l'abrogazione dei commi 5-bis e 5-ter dell'articolo 71 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, trattandosi di disposizioni dichiarate incostituzionali dalla sentenza della Corte costituzionale n. 207 del 2010 e, pertanto, già prive di efficacia giuridica.

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ALLEGATO 2

Schema di decreto legislativo recante modifiche ed integrazioni al testo unico del pubblico impiego, di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Atto n. 393.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEI DEPUTATI CIPRINI, CHIMIENTI, LOMBARDI, DALL'OSSO, TRIPIEDI E COMINARDI

   La XI Commissione,
   premesso che lo schema di decreto legislativo in esame è volto a dare attuazione agli articoli 16 e 17 della legge n. 124 del 2015, con cui il Governo è stato delegato al riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche;
   in ordine al contenuto del provvedimento in titolo la Commissione formula le seguenti osservazioni:
   con riferimento al Capo I:
   l'articolo 1 modifica l'articolo 2, comma 2, del vigente decreto legislativo n. 165 del 2001, in materia di fonti normative che regolano il rapporto di pubblico impiego. In particolare la citata modifica normativa prevede:
    a) la possibilità per i contratti collettivi nazionali di derogare a disposizioni di legge, regolamento o statuto, che già abbiano introdotto una disciplina del rapporto di lavoro;
    b) la delimitazione del perimetro di derogabilità, riferita esclusivamente alle materie affidate alla contrattazione collettiva, ai sensi dell'articolo 40, comma 1, del medesimo decreto legislativo n. 165 del 2001;
    c) la specificazione che la deroga debba rimanere nell'ambito dei princìpi posti dal medesimo decreto legislativo;
    d) la cancellazione del passaggio secondo il quale la deroga può aver luogo «salvo che la legge disponga espressamente in senso contrario», definendo così «la totale esclusione della possibilità che le leggi e gli altri atti normativi possano dichiarare l'inderogabilità, generale o parziale, di regole da esse dettate da parte degli accordi collettivi»;
   la disposizione in commento sembra essere viziata da eccesso di delega. L'articolo 17 della legge n. 124 del 2015, recante «Riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, non prevede che il legislatore delegato debba e possa intervenire nel rapporto legge-contratto collettivo. Né si ritiene che tale mancanza possa essere superata dalla previsione di delega recata dall'articolo 16 della medesima legge, in relazione alla predisposizione di un «testo unico delle disposizioni in materia di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e connessi profili di organizzazione amministrativa». Tale articolo prevede espressamente al comma 2, lettera b), interventi «strettamente necessari per garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa» e non dunque la variazione delle fonti. Nel merito, la modifica apportata dall'articolo 1 in commento concede alla contrattazione collettiva un potere di delegificazione più ampio di quello previsto nella legge delega n. 59 del 1997 (cosiddetta «legge Bassanini»), poiché il contratto potrà intervenire in senso derogatorio anche sulle fonti legislative precedenti all'entrata in vigore del provvedimento in titolo. La modifica in Pag. 158senso ampliativo dell'articolo 40, comma 1, unita alla nuova formulazione dell'articolo 2, comma 2, consente infatti un'ampia delegificazione ad opera della contrattazione collettiva. Si sottolinea come la formulazione dell'articolo 40, comma 1, nella proposta di riforma del presente provvedimento, stabilisca inequivocabilmente che la contrattazione collettiva ha ad oggetto «il rapporto di lavoro e le relazioni sindacali»;
    ad avviso della Commissione, la legge, oltre che per dettato costituzionale, deve rimanere la fonte di diritto prevalente, atta a garantire l'interesse generale dei cittadini e pertanto le clausole contrattuali sono, per definizione, utili a salvaguardare gli interessi dei lavoratori pubblici, relativamente agli aspetti di tutela del rapporto di lavoro ed alla retribuzione. In conclusione la scelta delle materie da «riservare» alla normativa contrattuale dovrebbe essere strettamente limitata ad aspetti di tutela del rapporto di lavoro ed alla retribuzione. Altre materie, fra le quali «organizzazione» e «valutazione" dell'efficienza e della qualità degli uffici pubblici, dovrebbero essere affidate esclusivamente alle singole amministrazioni;
   l'articolo 2 interviene sull'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, concernente il potere di organizzazione. Ad avviso della Commissione, le determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro dovrebbero rimanere nella responsabilità esclusiva degli organi preposti alla gestione, analogamente a quanto avviene in ambito lavorativo privato;
   l'articolo 3 interviene sull'articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001. Con riferimento al passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse, non si tiene conto del nuovo contesto dei comparti e delle aree, così come definito dal Contratto Collettivo Nazionale Quadro (CCNQ) del 13 luglio 2016;
   con riferimento al Capo II:
    l'articolo 4 prevede la procedura del trasferimento d'ufficio fra amministrazioni diverse per esigenze organizzative. Tale procedura non è stata, di fatto, quasi mai applicata, nonostante i gravi squilibri esistenti tra gli organici delle diverse amministrazioni;
    l'articolo 5 interviene sui rapporti di collaborazione e sul conferimento di incarichi individuali con contratti di lavoro autonomo, modificando l'articolo 7 del decreto legislativo n. 165 del 2001. In particolare, si introduce il divieto per le amministrazioni pubbliche di stipulare contratti di collaborazione consistenti in prestazioni di lavoro esclusivamente personali e continuative, con modalità di esecuzione organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. Si puntualizza, inoltre, che il ricorso a incarichi individuali, alle quali le amministrazioni non possono far fronte con il personale in servizio, è giustificato solo per esigenze specifiche;
   con riferimento al Capo III:
    l'articolo 6 modifica l'articolo 35, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001, introducendo la lettera e-bis) attraverso la quale si limita al 20 per cento il numero degli idonei nelle selezioni pubbliche per il reclutamento di personale nelle pubbliche amministrazioni, senza tenere conto di alcuni aspetti essenziali. In particolare:
     a) negli enti pubblici di ricerca, di cui all'articolo 1 del decreto legislativo n. 218 del 2016, per l'elevata specificità dei profili professionali richiesti e l'esiguo numero di posizioni bandite, la suddetta limitazione si tradurrebbe in un solo idoneo per bando;
     b) la predetta limitazione assunzionale provocherebbe altrettante discrasie negli enti pubblici, in particolar modo nell'ambito delle aziende ospedaliere, caratterizzati da profili professionali soggetti a rapido turn over o di difficile reperimento;Pag. 159
   l'articolo 8 interviene sulle comunicazioni che le pubbliche amministrazioni sono tenute a effettuare al Dipartimento della funzione pubblica in relazione agli incarichi conferiti, modificando l'articolo 53 del decreto legislativo n. 165 del 2001;
   con riferimento al Capo VI:
    l'articolo 11 interviene in materia di contrattazione collettiva e integrativa, modificando l'articolo 40 del decreto legislativo n. 165 del 2001. È definita la competenza della contrattazione collettiva, che investe il rapporto di lavoro e le relazioni sindacali. Inoltre, si stabilisce l'obbligo di inserire nei contratti collettivi nazionali clausole che impediscano incrementi delle risorse destinate ai trattamenti economici accessori, nei casi in cui i dati sulle assenze, rilevati a consuntivo, presentino significativi scostamenti rispetto ai dati medi annuali nazionali o di settore. Alla contrattazione collettiva è attribuito il compito di provvedere al riordino, alla razionalizzazione e alla semplificazione delle discipline in materia di dotazione e utilizzo dei fondi destinati alla contrattazione integrativa. Si dispone, inoltre, che la quota prevalente delle risorse destinate al trattamento accessorio complessivo sia destinata dalla contrattazione integrativa al trattamento collegato alla performance organizzativa, e non più solamente individuale. In caso di mancato accordo per la stipula di un contratto integrativo, l'amministrazione interessata può provvedere sulle materie oggetto del mancato accordo in via provvisoria: tale potere sostitutivo è esercitabile, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede fra le parti, se il protrarsi delle trattative costituisce un pregiudizio per la funzionalità dell'azione amministrativa;
   con riferimento al Capo VII:
    gli articoli da 12 a 17, intervengono in materia di responsabilità disciplinare, attraverso la modifica degli articoli da 55 a 55-sexies del decreto legislativo n. 165 del 2001, riducendo gli spazi d'intervento del dirigente responsabile della struttura, che può intervenire per gli illeciti punibili con le sole sanzioni che prevedono l'irrogazione della sanzione del rimprovero verbale, nonché creando distonie applicative, in particolare:
     a) la previsione, di cui alla lettera f-quater), dell'articolo 55-quater, concernente l'attivazione del licenziamento per la «reiterata violazione di obblighi concernenti la prestazione lavorativa che abbia determinato la sospensione dal servizio per un periodo superiore a un anno nel corso di un biennio», rischia di vanificare tale scopo, consentendo, paradossalmente di evitare o annullare il licenziamento in tutti i casi di violazioni gravi che non siano «reiterate» e che non abbiano già in precedenza dato luogo a sospensione di durata superiore a un anno nel corso di un biennio;
     b) l'introduzione all'articolo 55-bis del comma 9-quater, che prevede che «Nel caso in cui la sanzione disciplinare, incluso il licenziamento, sia annullata in sede giurisdizionale per violazione del principio di proporzionalità, l'amministrazione può riaprire il procedimento disciplinare, rinnovando la contestazione degli addebiti entro sessanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza. Il procedimento si svolge secondo quanto previsto nel presente articolo con integrale nuova decorrenza dei termini ivi previsti per la conclusione dello stesso»;
     c) l'introduzione all'articolo 55-bis del comma 9-ter che prevede la non decadenza dell'azione disciplinare, né l'invalidità degli atti e della sanzione irrogata;
   le disposizioni, di cui alle lettere a) e b), contenute nell'articolo 13 del presente provvedimento violano ad avviso della Commissione l'articolo 97 della Costituzione per il principio di legalità dell'azione amministrativa. Di fatto si eliminano le conseguenze del mancato rispetto dei termini, delle disposizioni del procedimento disciplinare e del criterio di proporzionalità. Se si prende poi in considerazione la contestazione di taluni fatti, per i quali un dipendente può essere sottoposto ad azione disciplinare, nella modifica operata Pag. 160dall'articolo 13 in commento, tale «contestazione» rimane di natura squisitamente generica, lasciando ampi margini discrezionali valutativi, difficilmente accettabili. Sarebbe stato corretto applicare il principio più volte ribadito dalla giurisprudenza relativamente alla necessità di «circostanziare il fatto contestato». Quanto al mancato rispetto dei termini procedurali, si tratta di un vizio che opera in termini di annullabilità in qualunque procedimento civile, su cui si dovrebbe riflettere e porre dei rimedi;
   con riferimento al Capo IX:
    l'articolo 20 reca disposizioni concernenti la stabilizzazione del personale precario delle pubbliche amministrazioni, sia attraverso una specifica procedura di stabilizzazione, sia attraverso il bando di specifici concorsi riservati;
    il superamento del precariato rappresenta un punto fondamentale della legge delega n. 124 del 2015 di riorganizzazione delle Pubbliche amministrazioni;
    bisogna preliminarmente citare la violazione dell'articolo 17, comma 1, lettera c), della succitata legge delega che prevede l'assunzione dei vincitori dei concorsi pubblici. In particolare, non viene richiamata nel provvedimento in titolo la seguente disposizione: «per le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2,del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e aventi graduatorie in vigore alla data di approvazione dello schema di decreto legislativo di cui al presente comma, in attuazione dell'articolo 1, commi 424 e 425, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, nel rispetto dei limiti di finanza pubblica, l'introduzione di norme transitorie finalizzate esclusivamente all'assunzione dei vincitori di concorsi pubblici, le cui graduatorie siano state approvate e pubblicate entro la data di entrata in vigore della presente legge»;
    con riferimento, stricto sensu, al problema del precariato, l'articolo 17, comma 1, lettera a), della legge delega, prevede tra i principi da seguire nell'adozione dei decreti delegati «la previsione nelle procedure concorsuali pubbliche di meccanismi di valutazione finalizzati a valorizzare l'esperienza professionale acquisita da coloro che hanno avuto rapporti di lavoro flessibile con le amministrazioni pubbliche, con esclusione, in ogni caso, dei servizi prestati presso uffici di diretta collaborazione degli organi politici e ferma restando, comunque, la garanzia di un adeguato accesso dall'esterno»;
   con lo schema di decreto legislativo oggetto di intesa in sede di Conferenza Stato – Regioni viene data attuazione al suddetto principio mediante l'articolo 20 che reca disposizioni per la stabilizzazione del personale precario delle pubbliche amministrazioni, sia attraverso una specifica procedura di stabilizzazione, sia attraverso il bando di specifici concorsi riservati;
   in particolare, il comma 1 prevede la possibilità per le amministrazioni, nel triennio 2018-2020, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni e con l'indicazione della relativa copertura finanziaria, di assumere a tempo indeterminato personale non dirigenziale che, alla data di entrata in vigore del decreto in esame:
     a) risulti in servizio con contratto a tempo determinato presso l'amministrazione che procede all'assunzione;
     b) sia stato già selezionato dalla medesima amministrazione con procedure concorsuali;
     c) abbia maturato alle dipendenze della medesima amministrazione almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni;
   il comma 2, con riferimento al medesimo triennio 2018-2020 e nei medesimi limiti del comma 1, prevede la possibilità per le amministrazioni di bandire procedure concorsuali riservate, in misura non Pag. 161superiore al cinquanta per cento dei posti disponibili, al personale non dirigenziale che, alla data di entrata in vigore del provvedimento:
    a) risulti in servizio con contratti di lavoro flessibile presso l'amministrazione che bandisce il concorso;
    b) abbia maturato alle dipendenze dell'amministrazione medesima almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni;
   i commi 1 e 2, seppure simili nell'impostazione dei requisiti richiesti per l'accesso alla stabilizzazione, prevedono tuttavia due strumenti diversi di attuazione:
    il comma 1, la possibilità per le pubbliche amministrazioni di effettuare una stabilizzazione «diretta» mediante la conversione dei rapporti a tempo determinato in rapporti a tempo indeterminato;
    il comma 2, la possibilità di avviare procedure concorsuali «riservate» ai fini della stabilizzazione;
   l'attuale formulazione del testo presenta almeno due criticità che rischiano di pregiudicare molti lavoratori flessibili – in particolare quelli che svolgono la loro attività nell'amministrazione della Regione Campania impiegati esclusivamente mediante contratti di collaborazione coordinata e continuativa – generando gravi problemi di iniquità sia ai fini della stabilizzazione diretta di cui al comma 1, sia ai fini dell'accesso alle procedure concorsuali riservate di cui al comma 2;
   in primo luogo il requisito di aver «maturato alle dipendenze dell'amministrazione medesima almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni» alla data «di entrata in vigore del presente decreto» è incoerente con il fatto che le misure di stabilizzazione e di valorizzazione del precariato potranno cominciare solo a partire dal 1o gennaio 2018 ovvero per il triennio 2018-2020, come previsto dallo stesso decreto;
   la previsione risulterebbe particolarmente iniqua, in quanto verrebbero pregiudicati tutti coloro i quali, alla data di entrata in vigore della norma, non hanno maturato ancora tre anni di servizio, anche per un solo giorno, ma che potrebbero conseguirli entro il 31 dicembre 2017 (quindi prima del triennio 2018-2020 fissato per la stabilizzazione), in virtù del proprio contratto di lavoro flessibile stipulato anteriormente alla entrata in vigore del decreto legislativo;
   è questo il caso, in particolare, dei collaboratori coordinati e continuativi della Regione Campania che svolgono attività di assistenza specialistica sulla programmazione comunitaria i quali, in base ai propri legittimi contratti in essere, matureranno il requisito dei trentasei mesi dopo la prevista data di entrata in vigore del decreto legislativo ma prima del 31 dicembre 2017;
   le precedenti misure di superamento del precariato, contrariamente all'attuale, prevedevano invece espressamente la possibilità di maturare il requisito dei tre anni anche successivamente alla data di entrata in vigore della norma di riferimento, in virtù di contratti stipulati anteriormente alla stessa;
   così, ad esempio, con le leggi finanziarie del 2007 e 2008 (legge n. 296 del 2006 e legge n. 244 del 2007) ed in particolare con l'articolo 1, commi 519 e 558, della legge n. 296 del 2006 e l'articolo 3, comma 90, della legge n. 244 del 2007, è stata prevista la stabilizzazione del personale non dirigenziale in servizio «da almeno tre anni, anche non continuativi, o che consegua tale requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006» ovvero del «personale che consegua i requisiti di anzianità di servizio ivi previsti in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 28 settembre 2007»;
   sotto altro profilo, non si condivide, alla luce anche di quanto previsto dalla legge delega, l'aver limitato la stabilizzazione Pag. 162diretta (ovvero quella di cui al comma 1) esclusivamente al personale con contratti a tempo determinato;
   l'articolo 17, comma 1, lettera a) della legge delega n. 124 del 2015, invero, ha indicato quale principio per la decretazione attuativa la valorizzazione «dell'esperienza professionale acquisita da coloro che hanno avuto rapporti di lavoro flessibile con le amministrazioni pubbliche»;
   ora, è noto che il lavoro flessibile include, non soltanto i contratti a tempo determinato, ma altresì altre forme di contrattualizzazione di lavoro quale, ad esempio e tra l'altro, i contratti di collaborazione coordinata e continuativa, legittimamente utilizzati, in base alla normativa sin oggi vigente dalle amministrazioni pubbliche in generale;
   secondo i dati della Ragioneria generale dello Stato i contratti di collaborazione attivi nella pubblica amministrazione al 2015 erano pari a 37.776; mentre quelli attualmente attivi presso la Regione Campania risultano pari a circa 30;
   le cronache ci informano sull'insorgenza da parte dei sindacati Felsa Cisl e NidiL Cgil contro la decisione assunta in Conferenza unificata Stato-Regioni: chi ha un contratto in somministrazione non potrà partecipare ai concorsi riservati;
   nel percorso che dovrà portare all'approvazione del decreto legislativo – informano i sindacati – è necessaria un'intesa tra il governo centrale e le Regioni: in questo testo, siglato il 6 aprile, si escludono formalmente i lavoratori in somministrazione dalla possibilità di partecipare ad un concorso, riservato al 50 per cento dei posti per quanti abbiano avuto per almeno tre anni «contratti flessibili» con la pubblica amministrazione;
   i «contratti flessibili» sono, per definizione, tutti i rapporti di lavoro intrattenuti con la pubblica amministrazione diversi dal «normale» contratto a tempo indeterminato: la versione iniziale del decreto stabiliva, al fine di eliminare il precariato dalla pubblica amministrazione, di permettere alle singole amministrazioni di bandire, nel triennio 2018-2020, un concorso riservato per la metà dei posti disponibili a quanti avessero avuto, per almeno tre anni, «contratti flessibili» con la pubblica amministrazione;
   i sindacati confederali e di categoria avevano apprezzato tale scelta, segnalando tuttavia «imprecisioni» nel testo che rischiavano di contraddire la finalità condivisa. Adesso, la «doccia gelata»: l'intesa governo-Regioni – denunciano Felsa e Nidil – cancella la facoltà per i lavoratori somministrati di partecipare ai concorsi riservati, e lascia invariate le «imprecisioni» testuali riguardo agli altri lavoratori «flessibili»;
   l'esplicita esclusione di questi lavoratori che da anni svolgono servizi essenziali in campo sanitario, nei servizi degli enti locali e delle Regioni, formalmente perché non «dipendenti diretti delle amministrazioni», rappresenta per i sindacati «non solo una scelta iniqua, ma totalmente inaccettabile per le organizzazioni sindacali che li rappresentano»;
   Felsa Cisl e NIdil Cgil «si oppongono a questa decisione, e rivendicano con forza il diritto di tutti i lavoratori con contratti flessibili a rientrare nel percorso agevolato. A sostegno di questa rivendicazione, oggetto di una lettera formale alla ministra Madia e alla Conferenza Stato-Regioni, i sindacati Felsa Cisl e Nidil Cgil hanno proclamato lo stato di agitazione dei lavoratori in somministrazione, non escludendo anche la proclamazione dello sciopero»,
   esprime

PARERE FAVOREVOLE

   con le seguenti condizioni:
   riguardo all'articolo 1:
    si propone di mantenere le disposizioni originarie contenute nel testo vigente sul pubblico impiego, nonché prevedere Pag. 163una disposizione che consenta alla legislazione futura l'eventuale fissazione di limiti alla contrattazione collettiva in funzione di salvaguardia delle prerogative dirigenziali in materia di valutazione e di mobilità;
   riguardo all'articolo 2:
    si propone di non rendere obbligatoria l'informazione ai sindacati ed altre forme di partecipazione ove previste nei contratti collettivi (partecipazione sindacale);
   riguardo all'articolo 3:
    si propone di facilitare i passaggi tra amministrazioni ricomprese nello stesso comparto e nella stessa area;
   riguardo all'articolo 4:
    si propone di prevedere l'obbligo di ciascuna amministrazione di rilevare periodicamente le eventuali eccedenze di organico e le eventuali carenze, ai fini dell'attivazione delle citate procedure di trasferimento e dei percorsi di formazione o riqualificazione necessari. Si sottolinea inoltre la necessità di prevedere da parte delle amministrazioni il ricorso al turn over al fine di contribuire sia al ringiovanimento dei dipendenti pubblici, sia in relazione alle mobilità preventive per le amministrazioni cedenti;
    inoltre, nell'ambito del trasferimento delle risorse ai sensi dell'articolo 30, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo n. 165 del 2001, si propone di prevedere che il passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse, avvenga «senza previo assenso dell'amministrazione di appartenenza» del dipendente che faccia domanda di trasferimento;
   riguardo all'articolo 5:
    si propone di chiarire che la definizione del rapporto di collaborazione autonoma, risultante dal combinato disposto degli articoli 2222 del codice civile e 409, n. 3, del codice di procedura civile si applica anche ai contratti stipulati dalle amministrazioni pubbliche;
   riguardo all'articolo 6:
    si propone di abrogare il limite del 20 per cento relativo al numero degli idonei nelle selezioni pubbliche per il reclutamento di personale nelle pubbliche amministrazioni, in particolare nell'ambito del fabbisogno di figure professionali assoggettate a continuo turn over o di difficile reperimento;
   riguardo all'articolo 8:
    si propone di subordinare il parere positivo alla revisione del regime sanzionatorio in caso di svolgimento di ulteriore attività lavorativa senza conflitto di interessi. L'attuale regime è infatti a rischio incostituzionalità (articoli 3 e 36 della Costituzione), in particolare il comma 7;
   riguardo all'articolo 11:
    pur apprezzando alcune modifiche rispetto alla valutazione delle perfomance organizzative ed ai poteri della negoziazione sulla ripartizione dei fondi aziendali, non si condivide la scelta di penalizzare gli uffici e le amministrazioni considerate genericamente più «assenteiste» nell'attribuzione delle risorse (sempre più esigue e contingentate) alla contrattazione integrativa, con il rischio di penalizzare lavoratori e lavoratrici che in quelle amministrazioni hanno comunque prodotto risultati nella media o superiori alla stessa, solo perché coinvolti in amministrazioni mediamente considerate meno virtuose. Come già previsto in una proposta di legge del MoVimento 5 Stelle si propone di intervenire più che sul tasso di assenteismo, come peraltro ribadito in una proposta di legge del MoVimento 5 Stelle, di incentivare, tra le altre cose, la diffusione di un profondo cambiamento culturale nella concezione del lavoro, favorendo, altresì, il passaggio dal lavoro «a timbratura del cartellino» al lavoro per obiettivi, lasciando al lavoratore la libertà di auto-organizzarsi con altri suoi colleghi per il raggiungimento degli obiettivi stabiliti entro le scadenze previste;Pag. 164
   riguardo all'articolo 13:
    si chiede di procedere alla revisione delle disposizioni di cui al comma 9-ter e 9-quater dell'articolo 55-bis, al fine di ripristinare l'obbligo da parte delle amministrazioni di rispettare, nell'ambito del procedimento disciplinare, il principio di legalità dell'azione amministrativa;
   riguardo all'articolo 15:
    si propone di prevedere un chiarimento della norma contenuta nella sopra citata lettera f-quater), al fine di evitare che tale disposizione, che apporta modifiche in peius all'articolo 55-quater del decreto legislativo n. 165 del 2001 non rischi di invalidare i licenziamenti per violazioni gravi ma non reiterate. Si osserva inoltre che l'ipotesi di accertamento in flagranza non pare agevolmente riferibile, in concreto, a tutte le condotte per le quali la disposizione intende comminare il licenziamento a norma dell'articolo 55-quater, comma 1: nei casi di accertamento delle «falsità documentali o dichiarative». Si propone di prevedere, lo svolgimento di un'adeguata attività istruttoria, così come per quelli di «ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall'amministrazione per esigenze di servizio»;
   riguardo all'articolo 20:
    la condizione richiesta che il lavoratore debba trovarsi in servizio presso l'amministrazione che procede all'assunzione o che bandisce il concorso, nella quale deve aver maturato negli ultimi otto anni almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, deve salvaguardare i lavoratori coinvolti in processi di mobilità che, per effetto di tale processo rischiano di non poter maturare il requisito previsto. In particolare andrebbero inclusi i lavoratori che abbiano maturato i seguenti requisiti:
    tre anni con contratti a tempo determinato negli ultimi otto anni, anche se non attualmente in servizio;
    maturino il terzo anno con contratti a tempo determinato nell'ambito degli ultimi otto, nel periodo intercorrente tra l'entrata in vigore del presente decreto e il 1o gennaio 2018, o in alternativa «al conseguimento di tale requisito successivamente entro il 31 dicembre 2017 in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto»;
    tale modifica normativa – oltre a rispondere a esigenze di giustizia ed uguaglianza sostanziale nei confronti di analoghi lavoratori flessibili che matureranno il requisito di tre anni sulla base di regolari contratti di lavoro già stipulati anteriormente – risulterebbe anche in linea e coerente con le precedenti misure di superamento del precariato in cui veniva espressamente prevista la possibilità di maturare il requisito di tre anni anche successivamente alla data di entrata in vigore della norma di riferimento, in virtù di contratti stipulati anteriormente;
    la norma così modificata non potrebbe determinare, peraltro, alcun problema applicativo, tenuto conto in ogni caso che al momento dell'inizio delle procedure di stabilizzazione (che potranno essere avviate a partire dal 1o gennaio 2018) il requisito di anzianità sarebbe comunque già maturato, essendo previsto come termine ultimo la data del 31 dicembre 2017;
    inoltre, l'omissione dei lavoratori con contratto di somministrazione, degli lavoratori socialmente utili (LSU), dei tirocinanti dalla definizione di «lavoratori flessibili» e quindi l'esclusione da ogni possibile intervento di stabilizzazione genera una profonda ingiustizia, nella pubblica amministrazione. Nonostante la lettera a) del comma 2 nell'utilizzare l'espressione «contratti di lavoro flessibile» sembri poter includere tutte le tipologie di contratti cosiddetti «flessibili», nei fatti la successiva lettera b) sembra contraddire tale assunto nel momento in cui recita «alle dipendenze dell'amministrazione». Si ritiene, pertanto, opportuno – anche al fine di prevenire eventuali profili di illegittimità costituzionale per eccesso di delega – sostituire, al comma 1 lettera a) dell'articolo 20, le parole Pag. 165«contratti a tempo determinato» con le parole «contratti di lavoro flessibile»: ciò anche al fine di valorizzare opportunamente tutte le professionalità che, seppur sotto forme contrattuali differenti, hanno allo stesso modo contributo all'efficienza della pubblica amministrazione;
   le modifiche prospettate determinerebbero le seguenti utilità:
     a) l'acquisizione, attraverso la stabilizzazione diretta, di professionalità attualmente in servizio, altamente specializzate (ingegneri, architetti, geologi, avvocati, economisti), che hanno già maturato esperienza pluriennale negli uffici dell'amministrazione regionale e sono state selezionate tra un numero considerevole di candidati da una specifica commissione di valutazione;
     b) si eviterebbero aggravi di spese per procedure selettive già espletate considerato che dette professionalità sono state contrattualizzate all'esito di procedure ad evidenza pubblica, durate circa un anno;
     c) la possibilità di non perdere il know-how detenuto dagli uffici regionali, attraverso dette professionalità, anche nelle complesse attività legate alla programmazione europea (POR 2014/2020 – POC 2014/2020 – FSC 2014/2020);
     d) la possibilità di usufruire della flessibilità contabile prevista dallo schema di decreto al comma 3 dell'articolo 20, il quale prevede che «Ferme restando le norme di contenimento della spesa di personale, le pubbliche amministrazioni, nel triennio 2018-2020, ai soli fini di cui ai commi 1 e 2, possono elevare gli ordinari limiti finanziari per le assunzioni a tempo indeterminato previsti dalle norme vigenti, al netto delle risorse destinate alle assunzioni a tempo indeterminato per reclutamento tramite concorso pubblico, utilizzando a tal fine le risorse nei limiti di spesa di cui all'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 20 luglio 2010, n. 122», non altrimenti utilizzabile, tenuto conto che in molte regioni d'Italia, tra cui la Campania, non risultano in organico lavoratori con contratti a tempo determinato;
   si propone infine di estendere alle fattispecie lavorative degli ex lavoratori socialmente utili e dei collaboratori coordinati e continuativi in servizio presso le istituzioni scolastiche educative statali la possibilità di accedere alle procedure concorsuali. In alternativa – come peraltro segnalato dal Consiglio di Stato nel parere espresso sul provvedimento in titolo – si propone di prevedere l'introduzione di misure sanzionatorie di carattere indennitario o risarcitorio, a fronte di illegittimi ricorsi a forme di lavoro flessibile, che mascherino un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

  Ciprini, Chimienti, Lombardi, Dall'Osso, Tripiedi, Cominardi.

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ALLEGATO 3

Schema di decreto legislativo recante modifiche ed integrazioni al testo unico del pubblico impiego, di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Atto n. 393.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DELLE DEPUTATE POLVERINI, PRESTIGIACOMO E CENTEMERO

   La XI Commissione,
  esaminato il testo dello schema di decreto legislativo recante modifiche e integrazioni al testo unico del pubblico impiego, di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Atto n. 393);
  premesso che:
   uno dei temi principali affrontati dal provvedimento in questione concerne il precariato pubblico e la conseguente necessità di superare con strumenti stabilizzatori le degenerazioni realizzatesi negli anni passati all'interno della pubblica amministrazione a causa dell'utilizzo reiterato di forme di lavoro flessibile peraltro adottate non per sopperire ad esigenze eccezionali od emergenziali, ma per fabbisogni ordinari e strutturali dell'amministrazione;
   l'articolo 20 del presente provvedimento prevede due canali di stabilizzazione per il personale che, sulla base di contratti di lavoro a tempo determinato, abbia maturato all'interno della pubblica amministrazione almeno un triennio di servizio anche non continuativo negli ultimi otto anni. Nello specifico, la norma citata prevede i seguenti meccanismi: assunzione automatica nella pubblica amministrazione, per coloro che siano stati già selezionati dalla medesima con procedure concorsuali e procedure concorsuali riservate nella misura massima del 50 per cento dei posti disponibili, per coloro che invece non siano già stati selezionati dall'amministrazione con una procedura concorsuale;
   i meccanismi di stabilizzazione normativa del precariato sono esattamente in linea con quanto suggerito recentemente dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 187 del 2016 laddove la Consulta – occupandosi della legittimità costituzionale di alcune disposizioni in materia di reclutamento del personale scolastico – ha definito preferibile e lungimirante la scelta del legislatore di disporre modalità assunzionali realizzate con forme di «diretto inquadramento in ruolo» oppure con «selezioni blande», quando tali modalità siano finalizzate a sanare gli abusi commessi dalla pubblica amministrazione in danno dei lavoratori sottoposti ad una eccessiva reiterazione di contratti a termine;
   è necessario tenere presente che simili provvedimenti normativi di stabilizzazione del precariato cui la Consulta ha ora attribuito il crisma formale della legittimità, oltre ad essere opportuni, sono sostanzialmente necessitati per esigenze di adeguamento a quanto imposto in materia dall'ordinamento europeo;
   simili soluzioni normative sono anche funzionali ad evitare gravose procedure di infrazione in forza dell'ordinamento europeo e dei principi comunitari vigenti in materia di precariato e di tutela della stabilità lavorativa (confronta, in particolare, la direttiva 1999/70/CE e la relativa giurisprudenza della Corte di giustizia europea);
   in occasione dell’iter normativo dell'attuale provvedimento in materia di pubblico Pag. 167impiego, è necessario assumere interventi per il personale già regolarmente assunto ed appartenente ai ruoli della pubblica amministrazione il quale abbia effettuato all'interno della stessa funzioni dirigenziali in forza di reiterati contratti a termine e che in larga parte interessa, soprattutto, l'amministrazione finanziaria nelle sue varie articolazioni sia del Ministero dell'economia e delle finanze sia delle Agenzie fiscali;
   nelle Agenzie fiscali circa un migliaio di funzionari già originariamente selezionati dalla pubblica amministrazione con procedura concorsuale e quindi appartenenti al ruolo dei funzionari di Terza Area sono stati negli anni individuati dai vertici dell'amministrazione finanziaria e resi destinatari di contratti dirigenziali a termine per la copertura dei posti vacanti, in coerenza con l'autonomia conferita alle medesime Agenzie dal decreto legislativo n. 300 del 1999 ed in forza di quanto conseguentemente previsto dal rispettivo Regolamento di Amministrazione;
   tale peculiare sistema di «reclutamento interno» della dirigenza riservato ai funzionari delle Agenzie fiscali previsto dal Regolamento, pur nato come «provvisorio nelle more dell'espletamento dei concorsi», si è protratto invece per oltre quindici anni a causa della progressiva messa in quiescenza del personale dirigente di ruolo e del contestuale mancato espletamento di concorsi finalizzati alla copertura di tali posizioni dirigenziali resesi via via vacanti. In tal modo, i funzionari sopra citati hanno svolto funzioni dirigenziali per lunghissimi periodi (anche per dieci-quindici anni) ben superiori al limite previsto di tre anni, ricoprendo le posizioni vacanti che, nel tempo, sono arrivate a rappresentare circa l'80 per cento dell'organico dirigenziale;
   considerato quanto detto sopra in ordine all'obbligo, gravante in capo allo Stato, di procedere alla regolarizzazione delle posizioni di abuso per eccessiva reiterazione di contratti a termine, lo schema di decreto legislativo in argomento, per come licenziato in materia di stabilizzazione del precariato, si presenta pericolosamente lesivo del principio di uguaglianza oltre che del principio di sovra ordinazione dell'ordinamento europeo e quindi risulta facilmente censurabile sotto il profilo della legittimità costituzionale;
   lo schema prevede meccanismi stabilizzatori di cui al citato articolo 20 soltanto in favore del «personale non dirigenziale»; la omissione di una analoga previsione normativa in favore del personale dirigenziale risulta annoverabile nella categoria delle cosiddette «omissioni relative» che si realizzano nel caso di insufficiente estensione di una disciplina e, principalmente, nel caso in cui una posizione di vantaggio sia stata prevista dal legislatore a favore di una classe di situazioni o di soggetti meno ampia di quella che, per rispetto del principio di eguaglianza (ovvero di altre direttive costituzionali), deve essere considerata;
   la mancata previsione di stabilizzazione nel ruolo dirigenziale sarebbe dunque incostituzionale per il motivo sopra evidenziato; tale omissione risulta illegittima e gravemente lesiva se si considera altresì che:
    a) l'ordinamento sovranazionale e la correlata giurisprudenza, nell'apprestare un sistema di tutele nei confronti dei lavoratori destinatari di abusi da eccessiva reiterazione di contratti a termine, hanno evidenziato che tali tutele non possono essere differenziate in base alla categoria di appartenenza dei lavoratori in quanto il sistema tende a garantire in via indiscriminata un bene supremo, rappresentato dalla stabilità lavorativa, che compete ad ogni tipo di lavoratore;
    b) il fatto che si verta in materia di funzioni dirigenziali non osta dunque all'obbligo gravante in capo allo Stato di regolarizzare nel corrispondente ruolo le posizioni di quei lavoratori che abbiano svolto quelle funzioni lavorative per un periodo superiore al triennio in forza di reiterati contratti di lavoro a termine. La stabilizzazione si correla allo svolgimento Pag. 168effettivo e reiterato di funzioni lavorative, non alla tipologia impiegatizia piuttosto che dirigenziale delle stesse, poiché è proprio in relazione alle funzioni svolte che viene effettuata la valutazione della corrispondenza delle stesse ad esigenze ordinarie e permanenti;
    c) non osta al predetto obbligo neanche il fatto che i lavoratori in questione abbiano un sottostante rapporto di ruolo in qualità di funzionari presso la pubblica amministrazione: ciò in quanto, considerato altresì che la valutazione della condizione di «precario abusato» deve essere effettuata, come detto, in relazione alle funzioni lavorative esercitate con i contratti a termine, rileva pure il fatto che – per consolidata giurisprudenza – il ruolo dirigenziale è un ruolo autonomo e diverso rispetto a quello del personale «livellato» per cui, in relazione a tale ruolo, gli incaricati rivestono in pieno la qualifica di precario; anzi, la preesistente appartenenza di questi funzionari all'organico dell'amministrazione rende ancora più grave la mancata «regolarizzazione» trattandosi di personale che, in veste di funzionario, è già incardinato nei ruoli della pubblica amministrazione la quale, senza mai espletare concorsi pubblici per la copertura delle posizioni dirigenziali vacanti, ha di fatto abusato, in via ordinaria, di propri dipendenti assoggettandoli per anni ad un sistema (economicamente più vantaggioso per la pubblica amministrazione che ha potuto remunerare la funzione dirigenziale solo erogando differenze retributive rispetto al trattamento contrattuale già spettante al funzionario cd. «livellato») originariamente nato per sopperire ad esigenze eccezionali;
    d) il personale di cui trattasi, proprio nella sottostante veste di funzionario di ruolo, ha già espletato in origine le procedure di regolare selezione previste per l'accesso ai pubblici uffici, e quindi si trova nella medesima situazione dei lavoratori considerati dal comma 1 dell'articolo 20 dello schema di decreto;
    e) tale personale è dotato del titolo di studi necessario per l'espletamento delle funzioni dirigenziali (la laurea, titolo che ha costituito, peraltro, requisito necessario anche per la successiva attribuzione dell'incarico dirigenziale poi svolto per anni) ed è, per la gran parte, munito anche di titoli di specializzazione post-laurea e/o di abilitazioni professionali;
    f) negli anni di svolgimento delle funzioni dirigenziali, gli incaricati si sono accollati le medesime responsabilità e gli stessi compiti dei dirigenti di ruolo, e sono stati dirigenti a tutti gli effetti, pur non godendo del medesimo trattamento previdenziale;
    g) ai funzionari in questione non è mai stata data la possibilità di accedere a mezzo concorso al ruolo dirigenziale; ad esempio, le Agenzie Fiscali, negli oltre quindici anni di vigenza, non hanno mai espletato concorsi pubblici per la copertura delle posizioni dirigenziali vacanti;
    h) le posizioni dirigenziali di cui trattasi sono tuttora vacanti; addirittura, nelle Agenzie fiscali, esse sono attualmente ricoperte in via provvisoria con un sistema di delega retribuita di funzioni dirigenziali – escamotage appositamente apprestato in via emergenziale (ed illegittima) dal legislatore con il decreto-legge n. 78 del 2015, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2015, e, peraltro, prorogato sino al prossimo settembre 2017 – per evitare l'improvviso stallo dell'amministrazione finanziaria determinato dalla decapitazione improvvisa della quasi totalità della sua classe dirigenziale nel marzo 2015;
    i) le posizioni dirigenziali attualmente vacanti appartengono al fabbisogno strutturale delle amministrazioni pubbliche interessate e, peraltro, nel caso delle Agenzie fiscali rappresentano già oggi il frutto di una recente rigorosa riorganizzazione che ha portato alla riduzione delle medesime posizioni, tanto che all'attualità il rapporto dirigenti/impiegati è mediamente di 1/46, quindi di gran lunga più efficiente di quello previsto per le altre pubbliche amministrazioni (di 1/40);
    l) la stabilizzazione nel ruolo dirigenziale dei funzionari in argomento consentirebbe di redigere il piano triennale Pag. 169dei fabbisogni secondo le reali esigenze delle amministrazioni interessate, o, ancor meglio, rappresenta una necessaria attività propedeutica proprio alla corretta redazione di tale piano;
    m) gli incaricati di funzioni dirigenziali che hanno svolto le medesime per un periodo superiore al triennio e che sono attualmente ancora in servizio rappresentano un numero non superiore alle posizioni dirigenziali da ricoprire; per converso, se, per ipotesi, si procedesse per concorso alla selezione di una nuova classe dirigente, questa verrebbe a sovrapporsi a quella degli ex incaricati ove questi ultimi vedessero riconosciuta in sede giudiziale la rivendicata stabilizzazione, il tutto con evidenti comprensibili aggravi;
    n) la stabilizzazione nel ruolo dirigenziale di questi funzionari già appartenenti ai ruoli impiegatizi dell'amministrazione sarebbe peraltro analoga a quella di simili provvedimenti normativi già adottati nel recente passato dal legislatore italiano, in coerenza con gli obblighi imposti dall'ordinamento europeo (per i dirigenti penitenziari con legge n. 154 del 2005, per i segretari comunali con legge n. 124 del 2015, per i dirigenti scolastici con legge n. 107 del 2015);
    o) la stabilizzazione in argomento avrebbe un enorme benefico effetto deflattivo in ambito contenzioso e sovraordinato; a titolo esemplificativo, si evidenzia, infatti, che, nel settore delle Agenzie fiscali, i funzionari in questione hanno adito l'autorità giudiziaria, sia in sede civile sia in sede amministrativa, rivendicando adeguata tutela (circa seicento funzionari hanno incardinato cause presso i tribunali d'Italia), hanno presentato denunce alla Commissione Europea per le conseguenti procedure di infrazione a carico dello Stato Italiano (ed al momento sussiste già una procedura attivata con riferimento a tutto il precariato nel pubblico impiego italiano), ed hanno presentato reclamo al Comitato Europeo per i Diritti Sociali lamentando la subita discriminazione;
    p) la richiesta stabilizzazione eviterebbe anche che, all'interno delle amministrazioni interessate, vadano perse le migliori professionalità createsi in capo a funzionari i quali, oltre ad avere i titoli richiesti, hanno dimostrato sul campo, nel corso degli ultimi anni, di possedere quelle necessarie qualità e competenze richieste per un manager pubblico, come peraltro attestato nelle positive valutazioni annuali redatte all'esito del sistema di valutazione al quale gli incaricati sono stati sottoposti al pari dei dirigenti di ruolo;
    q) la stabilizzazione in argomento eviterebbe un altro problema che verrebbe a concretizzarsi nell'imminente futuro, rappresentato dalla inevitabile discriminazione e dal conseguente ulteriore contenzioso che si attiverebbe nella amministrazione finanziaria in caso di mancata soluzione quando, a decorrere dal prossimo luglio 2017, il personale «privato» di Equitalia Spa transiterà, senza concorso, nel previsto ente pubblico Agenzia delle Entrate-Riscossione;
    r) l'inquadramento dirigenziale dei funzionari in questione risulterebbe peraltro attuativo dell'impegno conferito dalla Camera dei deputati al Governo, con l'ordine del giorno 9/3098-A/1 a firma dei deputati Riccardo Gallo e Catanoso nella seduta del 17 luglio 2015;
   considerato che:
   appare opportuno prevedere – all'articolo 20, comma 1, dopo la lettera c) – che le amministrazioni procedano ad inquadrare nei rispettivi ruoli dirigenziali il personale che, alla data di entrata in vigore del presente decreto possegga, i seguenti requisiti:
    a) abbia maturato almeno cinque anni in posizioni funzionali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso della laurea;
    b) sia stato assunto presso la pubblica amministrazione con le forme previste dall'articolo 97, quarto comma, della Costituzione;
    c) risulti aver svolto, in forza di contratti a tempo determinato, funzioni Pag. 170dirigenziali presso la pubblica amministrazione per almeno tre anni, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, conseguendo valutazioni sempre positive;
   l'inquadramento viene effettuato ad invarianza finanziaria, procedendo progressivamente secondo il criterio della maggiore durata del periodo complessivo di svolgimento delle funzioni dirigenziali, entro il 31 dicembre 2017 nei limiti dell'attuale copertura finanziaria e, a completamento, entro il 31 dicembre 2018 in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come sostituito dal presente decreto, e con l'indicazione della relativa copertura finanziaria;
   ai sensi dell'articolo 52, comma 1-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 le progressioni fra le aree per i dipendenti pubblici, con esclusione dei dirigenti e del personale docente della scuola, delle accademie, conservatori e istituti assimilati, avvengono tramite concorso pubblico, ferma restando la possibilità per l'amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50 per cento di quelli messi a concorso, appare necessario prevedere – attraverso una modifica del comma 1-bis dell'articolo 52 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165- che per le progressioni del personale amministrativo delle istituzioni scolastiche statali che abbia svolto per almeno tre anni consecutivi le funzioni per le quali concorre si prescinde dal possesso del predetto titolo di studio,

  esprime:

PARERE CONTRARIO.

  Polverini, Prestigiacomo, Centemero.

Pag. 171

ALLEGATO 4

Schema di decreto legislativo recante modifiche ed integrazioni al testo unico del pubblico impiego, di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Atto n. 393.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEL DEPUTATO RIZZETTO

   La XI Commissione,
  esaminato lo schema di decreto legislativo recante modifiche ed integrazioni al testo unico del pubblico impiego di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in materia di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni (Atto n. 393);
  considerato che in riferimento al provvedimento in oggetto siano dovute le seguenti considerazioni:
   l'articolo 1 interviene sulle fonti normative del rapporto di pubblico impiego, modificando l'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001. Le modifiche sono volte a far salva la possibilità per i contratti collettivi di derogare a disposizioni di legge, regolamento o statuto, che già abbiano introdotto una disciplina del rapporto di lavoro. In riferimento a tale disposizione si esprime dissenso ad una modifica che privilegia una fonte che è espressione di soli interessi delle parti negoziali prevedendo che possa derogare disposizioni di legge riguardanti il rapporto di pubblico impiego;
   in materia di stabilizzazione del personale precario si ritiene necessario introdurre norme volte a limitare le forme di lavoro precario dei vigili del fuoco discontinui, anche per assicurare la funzionalità e l'efficacia del soccorso urgente nazionale in contesti emergenziali, introducendo i seguenti criteri:
    a) previsione di un albo per il personale richiamato in servizio per le esigenze dei comandi provinciali nonché di un distinto albo per il personale volontario che presta la propria attività all'interno dei distaccamenti volontari;
    b) superamento della disposizione secondo la quale i richiamati in servizio del Corpo nazionale dei vigili del fuoco non abbiano rapporti di impiego con l'amministrazione;
    c) previsione di un incremento pari ad almeno il 10 per cento dei posti riservati ai volontari richiamati in servizio del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nell'ambito del concorso pubblico per l'accesso alla qualifica di vigile del fuoco, anche stabilendo a favore di questa categoria un limite di età maggiormente flessibile, alla luce dell'esperienza maturata sul campo;
    d) introduzione di una riserva di posti, pari ad almeno il 10 per cento, in tutti gli altri concorsi che prevedano l'accesso dall'esterno ai vari ruoli del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a favore del personale volontario richiamato in servizio dei vigili del fuoco con il possesso dei requisiti previsti;
    e) previsione in base alla quale il personale volontario richiamato in servizio del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, inserito nell'elenco dei centri dell'impiego, possa godere, alla luce dell'alto livello di professionalità conseguito, di una specifica prelazione per l'accesso al ruolo degli operatori e degli assistenti da impiegare in servizi ausiliari e di supporto;
    f) previsione di un riconoscimento mediante il rilascio di attestati di frequenza Pag. 172ovvero di attestati di idoneità, da parte dei comandi provinciali dei vigili del fuoco, per addetto alla prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione delle emergenze nelle attività lavorative a rischio di incendio basso, medio o elevato, al personale volontario che nell'ultimo quinquennio abbia svolto almeno periodo di richiamo in servizio;
    g) previsione di una formazione dedicata specificamente a quei soggetti per i quali, anche a causa dell'età anagrafica, è più difficile la stabilizzazione nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco, e che potrebbero utilmente essere re-impiegati in servizi ausiliari e di supporto, anche alla luce dell'esperienza maturata;
    h) previsione della riapertura dei corsi dedicati al personale volontario che presta la propria attività all'interno dei distaccamenti volontari;
   in materia di reclutamento dei dirigenti nella Pubblica amministrazione si ritiene che vadano introdotte norme specifiche e più stringenti affinché sia impedito che vengano nominate illegittimamente figure apicali, come spesso è avvenuto in ambito di Pubblica amministrazione e Agenzie fiscali, ottemperando così a quanto disposto dalla sentenza della Corte costituzionale n. 37 del 2015 e prevedendo esclusivamente procedure di reclutamento ad evidenza pubblica;
   per quanto concerne le posizioni degli ex segretari comunali e provinciali (così come da articolo 1, comma 49, della legge n. 311 del 30 dicembre 2004), trasferiti in mobilità presso altre pubbliche amministrazioni prima del 1o gennaio 2005 ed a cui sono stati o sono conferiti incarichi dirigenziali, si ritiene che siano inquadrati nel corrispondente ruolo dell'Amministrazione che ha conferito l'incarico,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE

   con le seguenti condizioni:
    sopprimere la previsione per la quale si consente ai contratti collettivi nazionali di derogare dai contenuti delle leggi dello Stato nella materia dell'impiego pubblico;
    introdurre norme volte alla stabilizzazione del personale precario, nell'ambito del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, costituito dai vigili del fuoco cosiddetti discontinui;
    introdurre norme specifiche per impedire nomine illegittime in ambito di Pubblica amministrazione;
    inquadrare nei ruoli delle amministrazioni che hanno conferito loro incarichi gli ex segretari comunali o provinciali trasferiti in mobilità da una pubblica amministrazione ad un'altra prima del 1o gennaio 2005.

  Rizzetto.

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ALLEGATO 5

Schema di decreto legislativo recante modifiche ed integrazioni al testo unico del pubblico impiego, di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Atto n. 393).

NUOVA FORMULAZIONE DELLA PROPOSTA DI PARERE DELLA RELATRICE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

   La XI Commissione,
   esaminato lo schema di decreto legislativo recante modifiche ed integrazioni al testo unico del pubblico impiego, di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), 2, lettere b), c), d) ed e), e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l), m), n), o), q), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche (Atto n. 393);
   rilevato che, l'articolo 16, comma 1, lettera a), della citata legge n. 124 del 2015 identifica l'oggetto della delega nella disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e i connessi profili di organizzazione amministrativa e che, tra i principi e criteri direttivi di carattere generale della medesima delega, contenuti nel comma 2 del richiamato articolo 16, alle lettere b), c), d) ed e), si prevedono il coordinamento formale e sostanziale del testo delle disposizioni legislative vigenti, la risoluzione delle antinomie, l'indicazione esplicita delle norme abrogate e l'aggiornamento delle procedure, mediante il sistematico ricorso alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione;
   preso atto che, sulla base dei principi e criteri direttivi specifici, individuati dall'articolo 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l), m), n), o), q), s) e z), della legge n.124 del 2015, lo schema di decreto, incidendo sulla normativa di carattere generale recata dal decreto legislativo n. 165 del 2001, introduce modifiche alla disciplina delle fonti della disciplina dei rapporti di lavoro presso le pubbliche amministrazioni, alla regolamentazione della definizione dei fabbisogni, del reclutamento e delle incompatibilità del personale, del lavoro flessibile, delle misure volte a favorire l'inserimento lavorativo delle persone con disabilità, della contrattazione e della rappresentatività sindacale, della responsabilità disciplinare, delle visite fiscali, nonché reca norme di carattere transitorio e finale volte a promuovere il superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni, a precisare le tutele applicabili in caso di licenziamento illegittimo dei dipendenti pubblici e a rivedere la disciplina dei trattamenti accessori riconosciuti al personale;
   preso atto che il provvedimento reca una attuazione parziale dei principi e criteri direttivi di cui all'articolo 17 della legge n. 124 del 2015, in attuazione del quale, peraltro, è già stato adottato il decreto legislativo 20 giugno 2016, n. 116, recante modifiche all'articolo 55-quater del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in materia di licenziamento disciplinare;
   valutato il parere espresso il 6 aprile 2017 dalla Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, con particolare riferimento agli emendamenti proposti dall'Unione delle province d'Italia;Pag. 174
   preso atto dei contenuti dell'intesa sancita il 6 aprile 2017 dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in attuazione della sentenza della Corte costituzionale n. 251 del 2016;
   considerato il parere n. 916 del 2017, espresso nell'adunanza dell'11 aprile 2017 dalla Commissione speciale istituita dal Consiglio di Stato ai fini dell'esame dello schema di decreto legislativo e dell'espressione del relativo parere;
   richiamati i contenuti dell'accordo sottoscritto il 30 novembre 2016 dalla Ministra e dal sottosegretario di Stato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, da un lato, e dai segretari generali di CGIL, CISL e UIL, dall'altro;
   esaminati gli elementi di valutazione acquisiti nell'ambito delle audizioni informali delle organizzazioni sindacali del pubblico impiego, svolte il 4 aprile 2017;
   osservato che gli articoli 1, 2, 3 e 11 del provvedimento intendono realizzare un riequilibrio tra le fonti che disciplinano i rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, al fine di affidare un ruolo più incisivo alla contrattazione collettiva, limitando gli effetti del processo di rilegificazione di tale disciplina realizzato, in particolare, dal decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150;
   rilevato che le novelle introdotte nel decreto legislativo n. 165 del 2001 si muovono nella direzione indicata dal richiamato accordo tra Governo e organizzazioni sindacali del 30 novembre 2016, con il quale l'Esecutivo si è impegnato a realizzare una ripartizione efficace ed equa delle materie di competenza e degli ambiti di azione della legge e del contratto collettivo;
   richiamata l'opportunità, in linea con i contenuti del citato accordo, di rafforzare le forme di partecipazione sindacale, con particolare riferimento alle misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro che determinino ricadute sui diritti e sulle tutele dei lavoratori, fermo restando che le determinazioni di carattere organizzativo rientrano nella titolarità degli organi preposti alla gestione;
   osservato, a tale riguardo, che nel parere del Consiglio di Stato si raccomanda al Governo «di porre in essere tutte le opportune iniziative con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell'ambito del necessario rapporto di leale collaborazione con le stesse al fine di evitare in qualsiasi modo che le finalità di semplificazione, razionalizzazione e di riorganizzazione della disciplina del rapporto privato alle dipendenze pubbliche e la tutela degli interessi pubblici in essa coinvolti possano, di fatto, limitare gli spazi e la funzione dell'autonomia collettiva; svuotare e/o marginalizzare la consultazione sindacale; incrementare l'introduzione di meccanismi di regolamentazione autoritativa del rapporto di lavoro pubblico, per quanto provvisori, in sede di contrattazione decentrata; irrigidire, più in generale, il rapporto tra fonte autoritativa e fonte negoziale»;
   valutate favorevolmente le disposizioni dell'articolo 3, che conferiscono ai contratti collettivi nazionali la facoltà di integrare le procedure e i criteri generali per l'attuazione della disciplina relativa al passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse;
   considerato che l'articolo 4 dello schema modifica l'attuale disciplina della determinazione dei fabbisogni di personale, prevedendo il progressivo superamento della considerazione della dotazione organica come limite e parametro di riferimento per le assunzioni, privilegiando, invece, la valutazione degli effettivi fabbisogni di personale;
   rilevato che, al fine di realizzare tale mutamento di prospettiva, assume un ruolo centrale il piano triennale dei fabbisogni di personale, che costituisce lo strumento adottato dalle amministrazioni pubbliche per assicurare l'ottimale distribuzione delle risorse umane attraverso la coordinata attuazione dei processi di mobilità Pag. 175e di reclutamento del personale e per preordinare le risorse finanziarie destinate alla sua attuazione;
   osservato che tale evoluzione, prevista dal criterio direttivo di cui all'articolo 17, comma 1, lettera m), della legge n. 124 del 2015, è funzionale al superamento di una visione statica delle esigenze di personale, in favore di una valutazione di carattere dinamico, che possa tenere conto delle esigenze di rinnovamento delle amministrazioni pubbliche e dei mutamenti dei profili professionali richiesti, nell'ambito delle risorse disponibili per le assunzioni;
   ritenuto che, in tale nuovo contesto, assumano un rilievo strategico le linee di indirizzo per la pianificazione dei fabbisogni di personale, che dovranno essere adottate, ai sensi del nuovo articolo 6-ter del decreto legislativo n. 165 del 2001, con decreti del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
   apprezzato che l'articolo 5 introduce, dal 1o gennaio 2018, un divieto per le pubbliche amministrazioni di stipulare contratti di collaborazione che si concretino in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative, con modalità di esecuzione organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro, in linea con la disciplina prevista nel settore privato dall'articolo 2 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, fermo restando che non trova applicazione nel settore pubblico la norma che prevede l'applicazione in tali fattispecie della disciplina del rapporto di lavoro subordinato;
   osservato che l'articolo 9 interviene sulla disciplina delle forme di lavoro flessibile nell'ambito delle amministrazioni pubbliche, individuando limitate e tassative fattispecie per il ricorso a tali prestazioni lavorative, anche al fine di prevenire il perpetuarsi del fenomeno del precariato;
   considerato, in particolare, che la nuova formulazione dell'articolo 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001, da un lato, conferma la vigente disciplina che limita ai casi di comprovate esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale la possibilità per le pubbliche amministrazioni di ricorrere a contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, a contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato e ad altre forme contrattuali flessibili e, dall'altro, rinvia al decreto legislativo n. 81 del 2015 per la disciplina applicabile ai contratti di lavoro subordinato a tempo determinato e di somministrazione di lavoro a tempo determinato;
   ritenuto auspicabile che, in linea con quanto indicato nel parere espresso dal Consiglio di Stato e al fine di superare incertezze in sede interpretativa, si proceda in un prossimo futuro alla redazione di un testo unico che contenga una disciplina unitaria e organica dei rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, anche con riferimento alla esaustiva regolamentazione delle forme contrattuali flessibili;
   apprezzato che, all'articolo 10, si prevedono l'istituzione, presso il Dipartimento della funzione pubblica, di una Consulta nazionale per l'integrazione in ambiente di lavoro delle persone con disabilità, nonché l'introduzione, nelle amministrazioni pubbliche con più di duecento dipendenti, della figura del responsabile dei processi di inserimento delle persone con disabilità, anche al fine di promuovere gli accomodamenti ragionevoli di cui all'articolo 3, comma 3-bis, del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216;
   considerate le modifiche introdotte dall'articolo 11 alla vigente disciplina relativa alla contrattazione collettiva ed integrativa, volte a meglio definire le competenze della contrattazione collettiva, attribuendole, tra l'altro, la competenza a provvedere al riordino, alla razionalizzazione e alla semplificazione delle discipline in materia di dotazione ed utilizzo dei fondi destinati alla contrattazione integrativa;Pag. 176
   rilevato che gli articoli da 12 a 17 introducono significative modifiche alla normativa relativa alla responsabilità disciplinare dei lavoratori delle pubbliche amministrazioni, intervenendo sulle forme e sui termini del procedimento disciplinare, previsto dall'articolo 55-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001, in modo da distinguere le competenze a seconda della gravità delle infrazioni contestate e da garantire l'effettività del procedimento medesimo, nonché sulla disciplina delle fattispecie che determinano il licenziamento disciplinare;
   evidenziato che, in tale contesto, l'articolo 12, novellando l'articolo 55, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001, introduce una norma di chiusura del sistema, prevedendo una figura generale di illecito disciplinare per la violazione delle disposizioni in materia di procedimento disciplinare da parte dei dipendenti preposti alla loro applicazione, e che il successivo articolo 17 prevede che, nei casi più gravi di mancato esercizio o decadenza dell'azione disciplinare, ai responsabili si applichi la sanzione della sospensione dal servizio fino a un massimo di tre mesi, salvi i casi in cui si applichi loro il licenziamento disciplinare;
   ritenuto che, nel loro complesso, le modifiche introdotte alla disciplina dei procedimenti disciplinari rispondano all'obiettivo, indicato nella legge n. 124 del 2015, di accelerare e rendere concreto e certo nei tempi di espletamento e di conclusione l'esercizio dell'azione disciplinare;
   apprezzate le disposizioni dell'articolo 18, che prevede la costituzione di un polo unico per le visite fiscali, facente capo all'INPS, che provvede, in base alla nuova disciplina, alla effettuazione e alla gestione degli accertamenti medico-legali sulle assenze dal lavoro per malattia sia nel settore pubblico sia nel settore privato, eliminando l'attuale dualismo, che attribuisce alle Aziende sanitarie locali il compito di effettuare le verifiche nei confronti dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni;
   preso atto del rinvio ad un successivo decreto interministeriale per l'armonizzazione della disciplina del settore pubblico e privato in tema di fasce orarie di reperibilità in caso di malattia, mediante la definizione delle fasce entro le quali devono essere effettuate le visite di controllo, nonché per la definizione delle modalità per lo svolgimento delle stesse visite e per l'accertamento, anche con cadenza sistematica e ripetitiva, delle assenze dal servizio per malattia;
   espresso apprezzamento per le finalità perseguite dall'articolo 20, che reca specifiche disposizioni per la stabilizzazione, entro il triennio 2018-2020, del personale precario non dirigenziale delle pubbliche amministrazioni, prevedendo una specifica procedura di stabilizzazione per il personale assunto con contratti a tempo determinato a seguito di procedure concorsuali, nonché l'attivazione di procedure concorsuali riservate per i lavoratori assunti con contratti di lavoro flessibile;
   condivisa l'esigenza, segnalata anche dall'intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di adottare interventi di armonizzazione tra la disciplina in materia di stabilizzazioni di cui all'articolo 20 e la legislazione vigente relativa ai lavoratori socialmente utili;
   rilevata la necessità di sostenere, anche nell'ambito delle sedi istituzionali di confronto costituite al fine di delineare i futuri assetti in materia di servizi e misure di politica attiva del lavoro, la definizione di un percorso di progressiva stabilizzazione del personale che presta la propria attività con forme di lavoro precario, anche presso la società ANPAL Servizi Spa, verificando in questo ambito la possibilità di prevedere un loro assorbimento da parte dell'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro;
   segnalata l'opportunità di attivare percorsi di stabilizzazione per gli operai giornalieri del Genio campale, anche in linea con le disposizioni adottate in passato Pag. 177al riguardo, tenendo conto anche del fatto che l'assunzione di tali maestranze con contratti di lavoro a tempo indeterminato determinerebbe una minore spesa per i lavori realizzati;
   osservato che, considerati i principi e i criteri direttivi di cui agli articoli 16 e 17 della legge n. 124 del 2015, appare problematico procedere in questa sede all'estensione alla dirigenza delle disposizioni in materia di stabilizzazione del personale previste dall'articolo 20 del provvedimento in esame;
   segnalata, tuttavia, l'esigenza di individuare tempestivamente, anche nell'ambito di prossimi provvedimenti legislativi, interventi volti ad assicurare percorsi per la stabilizzazione nell'esercizio delle funzioni dirigenziali del personale già regolarmente assunto ed appartenente ai ruoli della pubblica amministrazione il quale abbia svolto funzioni dirigenziali in forza di reiterati contratti a termine, con particolare riferimento a quello delle Agenzie fiscali;
   evidenziata, altresì, la necessità di perseguire analoghi percorsi di stabilizzazione per i dirigenti sanitari assunti con contratti a tempo determinato alle dipendenze dal Servizio sanitario nazionale;
   richiamata, in questo contesto, l'esigenza di prevedere che i soggetti che abbiano prestato servizio effettivo di ruolo come segretari comunali o provinciali per almeno tre anni, ai sensi dell'articolo 1, comma 49, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e che siano stati trasferiti in mobilità presso altre pubbliche amministrazioni prima del 1o gennaio 2005, ai quali siano stati conferiti o sono conferiti incarichi dirigenziali, siano inquadrati nel corrispondente ruolo dell'amministrazione che ha conferito loro l'incarico;
   rilevato che l'articolo 21, disciplinando le conseguenze del licenziamento illegittimo dei dipendenti pubblici, prevede la condanna dell'amministrazione alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennità risarcitoria, cristallizzando un principio di tutela reale elaborato dalla giurisprudenza in un quadro creato dal sovrapporsi di diverse previsioni normative succedutesi nel tempo;
   condivise le valutazioni espresse nel parere del Consiglio di Stato, che riconduce le disposizioni dell'articolo 21 all'attuazione del criterio di delega di cui all'articolo 16, comma 2, lettera c), della legge n. 124 del 2015, relativo alla risoluzione delle antinomie in base ai principi dell'ordinamento e alle discipline generali regolatrici della materia;
   considerato che l'articolo 23 prevede una progressiva armonizzazione dei trattamenti economici accessori del personale contrattualizzato delle amministrazioni pubbliche, demandata alla contrattazione collettiva per ogni comparto o area di contrattazione, da realizzare attraverso i fondi per la contrattazione integrativa;
   osservato che nelle more dell'intervento della contrattazione collettiva, l'ammontare delle risorse destinate annualmente ai trattamenti accessori del personale, anche di livello dirigenziale, non potrà, in via generale, superare l'importo determinato per l'anno 2016;
   segnalata l'opportunità di valorizzare il trattamento accessorio riconosciuto al personale delle amministrazioni pubbliche, quale strumento per accrescerne la produttività e migliorare i servizi messi a disposizione dei cittadini e delle imprese, anche attraverso futuri provvedimenti che applichino a tale componente della retribuzione benefici, anche di carattere fiscale, analoghi a quelli previsti per i lavoratori privati;
   rilevata l'esigenza, evidenziata anche nell'accordo concluso il 30 novembre 2016 tra Governo e organizzazioni sindacali, che si assicuri un costante ed efficace monitoraggio dell'attuazione della riforma della pubblica amministrazione, che garantisca un'adeguata partecipazione delle organizzazioni sindacali, anche con riferimento alla misurazione e al monitoraggio Pag. 178dei fabbisogni di personale, nel rispetto delle normative vigenti in tema di autonomia decisionale;
   preso atto dei rilievi espressi in data 20 aprile 2017 dalla Commissione parlamentare per le questioni regionali, nonché di quelli espressi in data 27 aprile 2017 dalla VII Commissione (Cultura, scienza e istruzione), allegati al presente parere,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:
   valuti il Governo l'opportunità di riconsiderare le disposizioni del Capo I e del Capo VI del provvedimento, relativi, rispettivamente, alla disciplina delle fonti e alla contrattazione, al fine di dare piena attuazione all'impegno assunto nell'ambito dell'accordo stipulato con le organizzazioni sindacali il 30 novembre 2016, con riferimento agli ambiti di competenza, rispettivamente, della legge e della contrattazione, privilegiando la fonte contrattuale quale luogo naturale per la disciplina del rapporto di lavoro, dei diritti e delle garanzie dei lavoratori, nonché degli aspetti organizzativi a questi direttamente pertinenti;
   con riferimento alle disposizioni dell'articolo 4, si valuti l'opportunità di:
    a) assicurare il coordinamento tra il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione non solo nella fase di predisposizione delle linee di indirizzo per la pianificazione dei fabbisogni, come previsto dall'articolo 6-ter, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001, introdotto dal comma 2 del medesimo articolo 4, ma anche nella fase di approvazione dei piani triennali dei fabbisogni delle amministrazioni statali, prevedendo anche il concerto del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione nella nuova formulazione del comma 4 dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 165 del 2001, introdotta dal comma 1 del richiamato articolo 4;
    b) prevedere che sia acquisito il concerto del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione nella definizione delle modalità di rilevazione delle informazioni rese disponibili dal sistema informativo del personale del Ministero dell'economia e delle finanze di cui all'articolo 60 del decreto legislativo n. 165 del 2001, considerato il rilievo che tali informazioni assumeranno ai fini della predisposizione, da parte del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, delle linee di indirizzo di cui al nuovo articolo 6-ter del medesimo decreto legislativo n. 165 del 2001;
   valuti il Governo l'opportunità di precisare le sanzioni applicabili in caso di violazione dell'articolo 7, comma 5-bis, del decreto legislativo n. 165 del 2001, come introdotto dall'articolo 5, comma 1, lettera a), del provvedimento in esame;
   si verifichi la possibilità, nell'ambito dei principi e criteri direttivi della delega di cui agli articoli 16 e 17 della legge n. 124 del 2015, di introdurre nel presente provvedimento disposizioni volte a riconoscere al personale di ruolo delle pubbliche amministrazioni con figli con gravi disabilità, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, la priorità per l'assegnazione della sede di servizio nel comune di residenza dei figli o in comuni limitrofi, ovvero altre forme di agevolazione in relazione alla assegnazione della sede;
   valuti il Governo, nell'ambito delle disposizioni del Capo III relative al reclutamento del personale delle pubbliche amministrazioni, l'opportunità di:
    a) introdurre ulteriori previsioni che, nel rispetto dell'articolo 97, quarto comma, della Costituzione e della relativa giurisprudenza costituzionale, consentano di valorizzare le professionalità già esistenti nell'ambito delle pubbliche amministrazioni;Pag. 179
    b) valorizzare, nell'ambito delle procedure concorsuali, le professionalità maturate e le esperienze lavorative svolte presso le amministrazioni che bandiscono il concorso, anche nell'ambito di rapporti di somministrazione di lavoro;
   con riferimento alle disposizioni dell'articolo 8, valuti il Governo l'opportunità di inserire una ulteriore misura di coordinamento tra l'articolo 53 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e l'articolo 15 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, la quale preveda che i dati e le informazioni che le amministrazioni comunicano al Dipartimento della funzione pubblica ai sensi del richiamato articolo 53 corrispondono agli obblighi di pubblicazione di cui all'articolo 15, in modo da semplificare tali obblighi e alleggerire i relativi oneri a carico delle amministrazioni, introducendo altresì una disciplina transitoria per l'applicazione della citata misura di coordinamento, al fine di consentire l'adeguamento della banca dati esistente alla gestione delle ulteriori informazioni;
   con riferimento all'articolo 10 del provvedimento, valuti il Governo l'opportunità di prevedere un obbligo per le amministrazioni pubbliche di rendere tempestivamente disponibili nel proprio sito istituzionale le informazioni relative alla copertura della quota di riserva e ai posti vacanti riservati ai disabili, verificando altresì la possibilità di ridurre i tempi previsti per le comunicazioni di cui all'articolo 39-quater del decreto legislativo n. 165 del 2001, introdotto dallo schema in esame;
   con riferimento alle modifiche alla disciplina dei procedimenti disciplinari previste dal Capo VII dello schema, valuti il Governo l'opportunità di:
    a) riconsiderare l'ampiezza delle deroghe introdotte dall'articolo 13, comma 1, lettera j), capoverso comma 9-ter, che sostanzialmente consentono il superamento della perentorietà dei termini previsti per i procedimenti disciplinari e rendono derogabili le disposizioni relative ai medesimi procedimenti, purché non sia irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa e le modalità di esercizio dell'azione disciplinare risultino compatibili con il principio di tempestività, tenendo conto, in particolare, delle osservazioni formulate al riguardo nel parere del Consiglio di Stato;
    b) rivedere le disposizioni del comma 9-quater dell'articolo 55-bis, introdotto dall'articolo 13 dello schema, verificando in particolare la possibilità di escludere lo svolgimento di un nuovo procedimento disciplinare in caso di annullamento della sanzione disciplinare per violazione del principio di proporzionalità e di attribuire al giudice la possibilità di comminare una sanzione nei termini previsti dalla legge o dalla contrattazione collettiva;
    c) precisare, anche al fine di evitare contenziosi in materia, che la nuova normativa si applica con riferimento agli illeciti commessi successivamente all'entrata in vigore del provvedimento in esame;
    d) introdurre un obbligo di carattere generale per le pubbliche amministrazioni di comunicare all'Ispettorato per la funzione pubblica l'avvio e la conclusione dei procedimenti disciplinari e il relativo esito, al fine di consentire un efficace e tempestivo monitoraggio in materia;
   all'articolo 17, comma 1, lettera b), si valuti l'opportunità di sostituire le parole: « lettera h), comma 3-quinquies e comma 3-sexies» con le seguenti: « lettera f-ter) e comma 3-quinquies»;
   con riferimento alle disposizioni dell'articolo 18, che recano una nuova disciplina dei controlli sulle assenze dal servizio per malattia, prevedendo la creazione di un polo unico per le visite fiscali, con attribuzione delle relative competenze, anche per il settore pubblico, all'INPS, valuti il Governo l'opportunità di:
    a) introdurre disposizioni di carattere transitorio, che garantiscano il passaggio al nuovo sistema in piena efficienza Pag. 180e operatività, anche considerando l'esigenza di adottare i provvedimenti attuativi previsti dalla nuova normativa;
    b) precisare, al comma 1, lettera c), capoverso 2-bis, che, in sede di prima applicazione, fino alla sottoscrizione del primo accordo collettivo nazionale, le convenzioni siano stipulate dall'INPS anche con le associazioni maggiormente rappresentative dei medici fiscali;
   con riferimento alle disposizioni dell'articolo 20, in materia di superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni:
    a) ai commi 1 e 2, si valuti l'opportunità di prevedere che il requisito della maturazione, alle dipendenze dell'amministrazione, di almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, sia maturato al 31 dicembre 2017, anziché alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, anche in considerazione della circostanza che le assunzioni di cui al comma 1 e le procedure concorsuali di cui al comma 2 avranno luogo nel triennio 2018-2020;
    b) si valuti l'opportunità di prevedere che, per i contratti di lavoro riferiti ad attività che siano interessate da processi di riordino o di trasferimento di funzioni ovvero di fusione di diverse amministrazioni, le procedure di cui ai commi 1 e 2 possano essere effettuate dalle amministrazioni subentranti e che, ai fini della verifica del possesso dei requisiti ivi previsti, si considerino anche le selezioni effettuate e i periodi maturati presso le amministrazioni di provenienza;
    c) si valuti la possibilità di estendere l'applicazione delle disposizioni di cui al comma 1 anche ai dipendenti che siano stati in servizio a tempo determinato presso l'amministrazione che procede all'assunzione successivamente all'entrata in vigore della legge 7 agosto 2015, n. 124, ancorché non in servizio, garantendo in ogni caso la priorità dell'assunzione a tempo indeterminato del personale attualmente in servizio;
    d) si valuti l'opportunità di prevedere, in linea con quanto indicato nell'intesa stipulata in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, che, ai fini dell'accesso alle procedure di assunzione previste dal medesimo comma 1, il personale possa essere già stato selezionato, in relazione alle attività svolte, con procedure concorsuali anche da un'amministrazione diversa da quella presso la quale presta servizio e che procederà all'assunzione;
    e) si valuti la possibilità di estendere l'applicabilità delle disposizioni di cui al comma 2 anche al personale che abbia prestato la propria attività con contratti di lavoro flessibile presso l'amministrazione che bandisce la procedura concorsuale successivamente all'entrata in vigore della legge 7 agosto 2015, n. 124;
    f) al comma 2, si valuti l'opportunità di fare riferimento al personale che presta la propria attività presso l'amministrazione che bandisce il concorso, non essendo configurabile un vero e proprio rapporto di servizio con la pubblica amministrazione per il personale titolare di contratti di lavoro flessibile;
    g) si valuti l'opportunità di riconsiderare le disposizioni del comma 4, al fine di non precludere agli enti territoriali delle regioni a statuto speciale che hanno avviato, nel periodo di riferimento, un processo di risanamento, l'accesso alle misure di superamento del precariato previste dall'articolo 20;
   con riferimento all'articolo 22, comma 5, si valuti l'opportunità di:
    a) prevedere una modifica dell'articolo 60, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, laddove si richiama l'applicazione delle misure di cui all'articolo 30, comma 11, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni, facendo riferimento ad una disposizione abrogata dalla legge 31 dicembre 2009, n. 196;Pag. 181
    b) modificare l'articolo 60, comma 6, secondo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, al fine di sopprimere le parole: «, dei rendimenti, dei risultati, di verifica dei carichi di lavoro», tenendo conto che, anche alla luce delle disposizioni dello schema di decreto legislativo recante modifiche al decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, in attuazione dell'articolo 17, comma 1, lettera r), della legge 7 agosto 2015, n. 124 (Atto n. 391), i richiamati controlli sono rimessi agli Organismi indipendenti di valutazione della performance;
    c) verificare la possibilità di attribuire al Dipartimento della funzione pubblica una competenza di carattere generale in materia di monitoraggio e di valutazione dell'attuazione delle disposizioni concernenti il pubblico impiego, con particolare riferimento a quelle introdotte dal provvedimento in esame;
   con riferimento all'articolo 23, comma 1, si valuti l'opportunità di specificare che il processo di graduale convergenza dei trattamenti economici accessori ivi previsto tenga conto delle specificità derivanti dall'eventuale istituzione di sezioni contrattuali nell'ambito dei comparti o delle aree di contrattazione;
   valuti il Governo l'opportunità di integrare le disposizioni dell'articolo 23, comma 2, al fine di tenere conto, ai fini dell'applicazione della regola della stabilizzazione delle risorse destinate annualmente ai trattamenti accessori al livello di quelle erogate nel 2016, delle peculiarità che caratterizzano l'area della dirigenza medica, con particolare riferimento alle somme destinate alla retribuzione individuale di anzianità;
   valuti il Governo l'opportunità di estendere l'ambito di applicazione della sperimentazione prevista dai commi 4 e 5 dell'articolo 23 dello schema anche ai Comuni in possesso dei requisiti ivi previsti, previa individuazione di specifici meccanismi che assicurino l'effettiva assenza di nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;
   all'articolo 25, si valuti l'opportunità di sostituire il comma 1 con il seguente: «1. Al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, l'articolo 6-bis e l'articolo 59 sono abrogati»;
   con riferimento all'articolo 25, comma 3, dello schema, valuti il Governo l'effettiva necessità di disporre l'abrogazione dei commi 5-bis e 5-ter dell'articolo 71 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, trattandosi di disposizioni dichiarate incostituzionali dalla sentenza della Corte costituzionale n. 207 del 2010 e, pertanto, già prive di efficacia giuridica;
   si segnala l'esigenza di individuare, anche nell'ambito di prossimi provvedimenti legislativi, interventi volti a definire una soluzione con riferimento all'esercizio delle funzioni dirigenziali da parte del personale già regolarmente assunto ed appartenente ai ruoli della pubblica amministrazione, il quale abbia svolto tali funzioni in forza di reiterati contratti a termine, con particolare riferimento a quello delle Agenzie fiscali;
   si segnala l'esigenza di prevedere, anche nell'ambito di prossimi provvedimenti legislativi, che i soggetti che abbiano prestato servizio effettivo di ruolo come segretari comunali o provinciali per almeno tre anni, ai sensi dell'articolo 1, comma 49, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e che siano stati trasferiti in mobilità presso altre pubbliche amministrazioni prima del 1o gennaio 2005, ai quali siano stati conferiti o sono conferiti incarichi dirigenziali, siano inquadrati nel corrispondente ruolo dell'amministrazione che ha conferito loro l'incarico.

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ALLEGATO 6

7-00449 Cominardi: Iniziative in materia di occupazione in relazione agli sviluppi dell'innovazione tecnologica.

NUOVA FORMULAZIONE DELLA RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

   La XI Commissione,

impegna il Governo:

   a sviluppare il progetto avviato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che coinvolge, tra gli altri, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il Ministero dello sviluppo economico, denominato «Il lavoro che cambia» al fine di approfondire il tema del lavoro nel futuro in relazione alle grandi trasformazioni indotte dall'innovazione tecnologica e alla sua incidenza sull'occupazione, nel settore pubblico e privato;
   a valutare la necessità di adottare, all'esito degli approfondimenti condotti, idonee iniziative, anche normative, al fine di adeguare gli strumenti contrattuali esistenti alle nuove tecnologie nel mondo del lavoro;
   ad adottare idonee iniziative al fine di migliorare il rapporto tra istruzione e lavoro, incrementando l'offerta formativa soprattutto nei settori ad alta specializzazione tecnologica;
   a promuovere, anche in sede europea, iniziative per incentivare impieghi tecnologicamente innovativi, con particolare attenzione all'utilità sociale degli stessi, al fine di tutelare i lavoratori dall'incremento della disoccupazione di carattere tecnologico, nel settore pubblico e privato
(8-00236) «Cominardi, Tripiedi, Ciprini, Baldassarre, Chimienti, Rizzetto».

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ALLEGATO 7

7-00808 Tinagli: Iniziative in materia di occupazione in relazione agli sviluppi dell'innovazione tecnologica.

NUOVA FORMULAZIONE DELLA RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

   La XI Commissione,
  premesso che:
   la storia dell'umanità e del mondo del lavoro è stata attraversata da millenni di progresso tecnologico. Dalle prime tecnologie agricole alle macchine della rivoluzione industriale fino alla più recente diffusione dei personal computer e della digitalizzazione che ha fatto crescere esponenzialmente il terziario e i servizi. Nonostante i numerosi e profondi cambiamenti, il numero totale di posti di lavoro, al netto delle periodiche crisi economiche, è sempre andato aumentando;
   eppure da sempre, soprattutto nei periodi di crisi occupazionale, l'innovazione tecnologica viene da molti indicata come responsabile della distruzione di posti di lavoro. Questa tesi, esistente sin dai tempi del luddismo, sembra essere tornata in voga negli ultimi supportata anche da analisti ed osservatori secondo i quali l'innovazione tecnologica di cui si è testimoni oggi genererà crisi occupazionali, distruzione di massa di posti di lavoro e povertà diffusa;
   l'innovazione tecnologica viene accusata di rendere obsoleti i lavoratori non solo perché in grado di realizzare macchine che possono svolgere le stesse mansioni svolte dagli uomini, ma perché, avendo solitamente come effetto quello di aumentare la produttività delle imprese, si ritiene provochi una ulteriore riduzione del fabbisogno di manodopera;
   le analisi degli studiosi e l'evidenza empirica non forniscono però elementi a supporto di tali tesi;
   innanzitutto, come evidenziato molti anni fa dagli economisti O. Blanchard (oggi capo economista del Fondo monetario internazionale) e Robert Solow (premio Nobel per l'economia 1987 per i suoi contributi alla teoria della crescita economica), occorre tener presente che l'impatto dell'innovazione sulla produttività e sull'occupazione è collegato alle scelte relative ai livelli produttivi e alle strategie competitive. Solo se l'impresa decide di «congelare» interamente gli incrementi di produttività senza alterare il proprio modello competitivo e quindi senza reinvestire in nuova capacità produttiva si avrà una perdita netta di lavoro. Ma se, come accade tipicamente, l'impresa traduce gli incrementi di produttività in nuova strategia competitiva, per esempio abbassando il prezzo di vendita e aumentando la quota di mercato e la produzione, in tal caso si tende ad avere un aumento di occupazione;
   è importante inoltre ricordare che i miglioramenti di produttività ottenuti tramite innovazione tecnologica solitamente si traducono non solo in un aumento di produzione ma anche in altre tipologie di investimento: in maggior ricerca e sviluppo, in miglior comunicazione, pubblicità, distribuzione, qualità del servizio al cliente e così via, trasferendo risorse ad altri settori produttivi (ricerca, servizi professionali, trasporti e logistica, software, design e altro) e generando anche in tali Pag. 184settori nuovi posti di lavoro. Gran parte degli incrementi di produttività conseguiti dall'industria negli ultimi decenni hanno avuto effetti di questo genere: ovvero creazione di più posti di lavoro nei servizi di quanti ne venissero creati (o distrutti) nell'industria stessa;
   l'evidenza empirica mostra che, in effetti, non esiste una correlazione positiva tra la crescita della produttività e l'aumento della disoccupazione, e neppure tra l'aumento dell'innovazione tecnologica e la disoccupazione. Come evidenziato nel citato articolo di Blanchard e Solow basati su oltre cento anni di dati sull'economia statunitense e su quella francese, (http://economics.mit.edufiles/1909) al netto del periodo della Grande depressione, non si rileva alcuna correlazione significativa tra i due fenomeni;
   anche per quanto riguarda la relazione tra innovazione tecnologica e disoccupazione non si rilevano studi basati su dati ed evidenza empirica a supporto di tale tesi. Dati pubblicati dalla Federal Reserve Bank nel 2001, in cui veniva messo a confronto il tasso di crescita dell'innovazione con il tasso di disoccupazione tra il 1980 e il 2000, mostravano come i due aggregati a partire dal 1984 abbiano avuto una evidente correlazione negativa: all'aumento dell'innovazione corrispondeva un calo della disoccupazione;
   dagli anni ottanta anche in Italia si è avuta una fortissima diffusione della computerizzazione e dei processi di digitalizzazione, con un rilevante impatto sulla struttura produttiva ed occupazionale del nostro Paese: nonostante ciò, il numero delle persone in cerca di occupazione nel 2007 (prima della crisi finanziaria internazionale) era quasi la metà di venti anni prima, grazie alla crescita esponenziale del terziario e alla nascita di nuovi servizi. Si tratta di una trasformazione economica e produttiva in realtà già in atto dall'inizio degli anni Settanta, il cui saldo complessivo è da considerarsi decisamente positivo. Nei quarant'anni tra il 1970 e il 2009 — anni di profondissima trasformazione tecnologica ed economia – l'industria italiana ha perso circa un milione di posti di lavoro, l'agricoltura un altro milione, ma i servizi ne hanno creati circa cinque milioni, con un saldo complessivo nettamente positivo (fonte: Istat, «L'Italia in 150 anni», tavola 10.11);
   tra l'altro, le previsioni sulle dinamiche occupazionali andrebbero accompagnate da un'attenta lettura dei trend demografici. Il declino dei tassi di natalità nei Paesi sviluppati, infatti, contrarrà la quantità di forza lavoro disponibile del futuro, e secondo alcuni analisti questo rende meno preoccupante una eventuale contrazione della domanda di lavoro, semplicemente perché anche l'offerta si andrà progressivamente restringendo. Le stime dell'organizzazione internazionale per il lavoro (ILO) indicano che la forza lavoro globale nella fascia d'età tra i 5 e i 24 anni si sta contraendo di 4 milioni di unità ogni anno; e secondo alcuni economisti la contrazione dell'offerta di manodopera sarà superiore alla contrazione della domanda, dando luogo a delle « labor shortages» che saranno sempre più significative;
   di fatto, già oggi numerosi settori stanno denunciando difficoltà a reperire manodopera, soprattutto quella più specializzata e qualificata: nel 2014 le richieste di lavoratori con competenze matematiche ed informatiche negli Stati Uniti sono state 5 volte superiori alla disponibilità di lavoratori disoccupati con quelle caratteristiche. Anche in Italia rilevazioni come per esempio quelle di Unioncamere sulle previsioni di assunzione delle imprese (rilevazione Excelsior) denunciano una forte difficoltà delle imprese a trovare alcuni profili professionali, in particolar modo quelli con elevate competenze tecniche ed informatiche. Assinform stima che in Italia nei prossimi 5 anni ci sarà una richiesta di 170.000 persone con competenze informatiche specifiche, per cui non si ha il sistema di preparazione necessario;
   la trasformazione del sistema economico-produttivo fa inoltre aumentare anche Pag. 185la domanda di alcuni profili professionali meno specializzati, come i collaboratori domestici o gli autotrasportatori, di cui vi è crescente carenza sia in Italia che altri Paesi come mostra anche l'ultimo rapporto Talent Shortage Survey (2015) di Manpower. Appare evidente, quindi, che più che una «scomparsa» di lavori, il cambiamento tecnologico e l'innovazione determinino via via una «sostituzione» di alcuni lavori con altri;
   in sintesi, la maggior parte degli studiosi, economisti, demografi e altri osservatori sono concordi nel sostenere che l'innovazione tecnologica in sé e per sé (al netto, quindi, delle crisi e dei cicli economici più profondi) non ha mai comportato nel medio-lungo periodo conseguenze occupazionali negative, né ritengono possa comportarne in futuro;
   tuttavia, è sempre molto difficile fare previsioni per il futuro in contesti, come quello dell'innovazione tecnologica, che cambiano in modo rapido e spesso imprevedibile. Alcuni analisti temono, per esempio, che la natura dell'innovazione tecnologica attualmente in corso (come per esempio gli enormi progressi sul fronte dell'intelligenza artificiale) possano avere inediti effetti sulla forza lavoro, incluso quella più qualificata. Purtroppo la scarsità di studi e analisi scientifiche in materia rendono difficile valutare l'effettivo impatto delle future tecnologie e gli eventuali effetti di sostituzione nel futuro mercato del lavoro, ma certamente i Paesi, soprattutto quelli più avanzati, dovrebbero approfondire tali questioni con analisi e ricerche accurate per adeguare tempestivamente i propri sistemi produttivi, educativi e di formazione. Inoltre, il fatto che in una prospettiva di ampio respiro l'innovazione non rappresenti un pericolo per i tassi di occupazione complessivi non significa che nel breve periodo e in determinati settori produttivi essa non possa avere effetti anche dirompenti, soprattutto per quei lavoratori che non posseggano le competenze e le qualifiche necessarie per ricollocarsi facilmente e in tempi brevi in nuove occupazioni e in settori emergenti;
   le differenze nella velocità con cui sistemi produttivi da un lato e istituzioni e mercato del lavoro dall'altro si adattano alle nuove tecnologie (molto più rapidi i primi, più lenti e disomogenei i secondi) possono dar luogo a grandi difficoltà per migliaia di persone, con ripercussioni profonde non solo sulle loro famiglie ma anche, seppur in via temporanea, su variabili economiche rilevanti come i consumi e la spesa sociale per ammortizzatori. Senza contare che, nei periodi di transizione legati a forti cambiamenti tecnologici, la scarsità di manodopera qualificata in grado di rispondere alle nuove esigenze tipicamente causa un aumento delle retribuzioni per questa fascia ristretta di lavoratori a fronte di un calo delle retribuzioni e dell'occupazione per gli altri, facendo aumentare, per un certo lasso di tempo, i tassi di diseguaglianza;
   in sintesi: le incertezze sull'evoluzione della tecnologia e del mercato del lavoro, nonché i disagi e le problematiche individuali e collettive che i periodi di transizione produttiva e tecnologica possono portare con sé, seppur temporanei sono problematiche rilevanti, e richiedono strumenti di monitoraggio, analisi e di intervento molto più sofisticati e tempestivi di quelli attualmente esistenti;
   tra i possibili interventi ipotizzati nel corso degli anni si è diffusa l'idea di una riduzione dell'orario di lavoro come metodo per far fronte agli incrementi di produttività che riducessero la necessità di manodopera, ispirandosi al principio «lavorare meno lavorare tutti»;
   misure di questo genere sono state adottate in Paesi come la Francia (nel 1982 e nel 1998) e la Germania (negli anni tra il 1984 e il 1994). Purtroppo però le riduzioni di orario imposte per via normativa ad interi sistemi produttivi non hanno portato i risultati sperati. Anzi, come hanno mostrato numerosi studi, in alcuni casi hanno persino finito per provocare un incremento della disoccupazione (legata al fatto che, per poter mantenere lo stesso livello di retribuzione Pag. 186mensile, lavoratori e sindacati avevano negoziato un salario orario più elevato, determinando così un incremento del costo del lavoro dell'azienda che finiva per licenziare o sostituire i lavoratori con manodopera meno qualificata e meno costosa), in altri casi hanno provocato un incremento dei secondi lavori o del lavoro nero, e nessun miglioramento delle condizioni di lavoro per i lavoratori (per la Germania si veda in particolare lo studio di Jennifer Hunt pubblicato da The Quarterly Journal of Economics nel 1999, per la Francia gli studi di Marcello Estevao del Fondo monetario internazionale e Filipa Sa del Massachusetts Institute of Technology);
   l'unico elemento che, fino ad oggi, emerge sistematicamente come cruciale nell'attenuazione dei fenomeni di spiazzamento e sostituzione nel mercato del lavoro è l'istruzione e la formazione. Numerosi studi mostrano come l'istruzione sia l'unico fattore in grado di attutire l'effetto dei cambiamenti produttivi e tecnologici sui lavoratori: lavoratori con più elevati livelli di istruzioni sono meno indifesi di fronte alle innovazioni tecnologiche e a un mercato del lavoro sempre più competitivo;
   inoltre, poiché le innovazioni tecnologiche tendono a penalizzare maggiormente i lavori meno qualificati e routinari e le aziende meno innovative, ma ad ampliare o creare nuove opportunità sia per i lavori tipicamente a monte dei processi, come la progettazione, la ricerca e sviluppo, che per le aziende più innovative, ne risulta che i Paesi con i maggiori tassi di investimento in ricerca ed innovazione presentano una maggior resilienza rispetto all'impatto delle nuove tecnologie sul mercato del lavoro, e una maggior capacità di beneficiarne e contrastarne i potenziali effetti negativi;
   purtroppo in Italia come in molti altri Paesi europei la ricerca sugli sviluppi tecnologici ed il loro impatto sul sistema produttivo è molto scarsa, gli investimenti per l'ammodernamento tecnologico delle imprese nel quadro della cosiddetta «Industria 4.0» sono molto inferiori a quelli di molti competitor europei, e lo scollamento tra sistema della produzione, sistema dell'istruzione e della formazione professionale resta ancora molto profondo;
   la recente riforma della scuola ha rivolto una particolare attenzione al rafforzamento del rapporto tra scuola e lavoro, dotando la scuola di nuovi strumenti per far fronte alle esigenze e ai cambiamenti del mercato, e l'Agenzia nazionale per le politiche attive sul lavoro prevista dalla riforma dei servizi per l'impiego contenuta nel Jobs Act potrà rappresentare un efficace strumento di analisi delle nuove competenze richieste dal mercato del lavoro e di coordinamento delle politiche volte a soddisfare i fabbisogni emergenti;
   tuttavia, l'assenza di un monitoraggio costante ed adeguato delle dinamiche tecnologiche ed occupazionali, sia a livello nazionale che internazionale, rende molto difficile orientare ad aggiornare continuamente la formazione e rischia di indebolire l'efficacia dei nuovi strumenti appena varati dal Governo. Inoltre la relativa scarsità di investimenti in ricerca ed innovazione ed in programmi educativi e formativi all'avanguardia rendono il sistema produttivo italiano più lento nell'adeguarsi e nell'incorporare le nuove tecnologie trasformandole in maggiore produttività, maggiore capacità produttiva, investimenti e strategie di mercato espansive,

impegna il Governo:

   a sviluppare il progetto avviato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che coinvolge, tra gli altri, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il Ministero dello sviluppo economico, denominato «Il lavoro che cambia», attivando in tale ambito una raccolta dei dati sui trend occupazionali e tecnologici, al fine di fornire accurata analisi sulle dinamiche occupazionali, sull'evoluzione Pag. 187delle competenze richieste dal mercato del lavoro e sull'impatto delle nuove tecnologie, garantendo, inoltre, un'adeguata informazione del Parlamento;
   a promuovere e a supportare, attraverso l'azione ed il coordinamento della nuova Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, la creazione di specifici progetti formativi per la riqualificazione costante dei lavoratori a maggior rischio di sostituzione od obsolescenza a causa delle innovazioni tecnologiche;
   a promuovere misure per rafforzare gli investimenti in ricerca e sviluppo sia pubblica che privata e gli investimenti per l'ammodernamento tecnologico delle imprese, in modo da rendere il sistema produttivo più competitivo e da stimolare la creazione e diffusione di nuove figure professionali legate all'innovazione tecnologica.
(8-00237) «Tinagli, Albanella, Baruffi, Boccuzzi, Casellato, Cuomo, Di Salvo, Giacobbe, Gnecchi, Gribaudo, Incerti, Patrizia Maestri, Miccoli, Paris, Rostellato, Rotta, Simoni».