CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 15 ottobre 2014
315.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Attività produttive, commercio e turismo (X)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Interrogazione n. 5-02042 Melilli: Continuità produttiva dello stabilimento reatino della multinazionale Schneider Electric Industrie Italia Spa.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Presso il Ministero dello sviluppo economico in data 20 febbraio 2014 si è tenuto un incontro riguardante lo stabilimento Schneider di Rieti. Alla riunione hanno partecipato oltre ai rappresentanti del Ministero dello Sviluppo Economico, quelli della Regione Lazio, del Comune di Rieti, di Confindustria Rieti, della società Vertus e le OOSS (FIOM-CGIL, FIM-CISL, UIL-UILM, UGL METALMECCANICI), nonché le RSU.
  Al termine di un'approfondita discussione si è convenuto che fino al 31 dicembre 2014 le modalità lavorative saranno le seguenti:
   4 giorni a settimana di ammortizzatori sociali (CIGO/CIGS);
   un giorno a settimana di presenza in azienda per completare le attività produttive residue;
   al termine delle attività di cui sopra, i lavoratori saranno impegnati per attività di manutenzione ordinaria e straordinaria, nonché per attività di training da definire in accordo con le Organizzazioni Sindacali.

  L'Azienda ha assicurato la messa a disposizione dello stabilimento a potenziali nuovi investitori che rispettino due criteri essenziali: il costo economicamente competitivo dell'immobile e la sistemazione di impianti tecnologici adeguati alla nuova produzione.
  Ha inoltre dato la propria disponibilità a effettuare accordi di fornitura con componentisti da individuare sulla base del mandato assegnato alla Società di consulenza «Vertus», nonché di verifiche che l'azienda stessa effettuerà presso alcune imprese già proprie fornitrici.
  Con riferimento al Piano sociale, l'azienda ha garantito che sarà offerta a tutti i dipendenti una rioccupazione presso i propri stabilimenti italiani – circa 45/50 posizioni – o presso gli stabilimenti Schneider in Europa. Ha dichiarato, inoltre, di essere disponibile a supportare iniziative di autoimprenditorialità.
  Per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali che devono accompagnare il piano sopra delineato, azienda e Organizzazioni sindacali collaboreranno per raggiungere un accordo, in modo da poter ricorrere alla CIGS per un anno. In tale contesto si prevede anche il ricorso a mobilità non oppositiva e incentivata, da valere fino a fine 2014.
  Le OO.SS. hanno discusso con l'insieme dei lavoratori per il superamento dell'attuale situazione di blocco dello stabilimento, al fine di ripristinare il normale utilizzo degli impianti.
  La Regione Lazio, da parte sua, ha evidenziato che si è attivato un percorso di definizione di intervento congiunto complessivo – con il Ministero e le Istituzioni locali – sul Sistema Locale Lavoro (SLL) di Rieti, volto a favorire anche l'attrazione di nuovi investimenti sul territorio.
  Un ulteriore incontro, sempre presso il MiSE, si è tenuto il 24 Marzo scorso.Pag. 54
  In tale sede le OO.SS hanno ribadito la necessità di alcune condizioni tra le quali:
   una mobilità incentivata per 12 mesi dalla data di apertura della CIGS;
   che l'incarico di Vertus sia prorogato per tutto il periodo di durata della Cassa;
   che le persone interessate al ricollocamento in altri siti Schneider abbiano opportunità di operare in questi attraverso lo strumento del distacco/trasferta;
   la disponibilità alla Cassa integrazione per cessazione di attività.

  L'azienda nell'accogliere la richiesta di cassa integrazione per cessazione per due anni, per la mobilità incentivata ha proposto un incentivo di 65.000 euro lordi per uscite di addetti entro il 31 luglio 2014 e di 55.000 euro lordi per uscite entro il 31 dicembre 2014; le suddette somme sono da considerarsi comprensive di indennità di preavviso.
  Nel caso di accettazione, invece, di ricollocamento in via definitiva in altre sedi Schneider in Italia, l'azienda ha dichiarato di riconoscere 30.000 euro lordi, mentre nel caso di trasferimenti in via definitiva in altre sedi Schneider all'Estero l'azienda riconoscerà la cifra di 37.000 euro lordi.
  I rappresentanti della Schneider, infine, al fine di raggiungere l'obiettivo di reindustrializzazione su cui l'azienda è impegnata, si sono proposti di fare una verifica a novembre 2014 per valutare l'opportunità di una nuova proroga del contratto alla Società Vertus.
  Il Mise in conclusione ha richiesto nuovamente all'azienda di rispettare il proprio impegno per la ricerca di una soluzione industriale per il sito anche attraverso monitoraggi puntuali dello stato di avanzamento della ricerca di nuovi soggetti imprenditoriali. A tal fine il tavolo è rimasto aperto per ulteriori verifiche, fermi restando gli approfondimenti da effettuare in sede locale.
  Al momento, la convocazione del prossimo tavolo tecnico per la verifica del processo d'industrializzazione è prevista entro i primi giorni di novembre 2014.
  Il Ministero del Lavoro, per quanto di sua competenza, ha confermato che alla Società SCHNEIDER ELECTRIC INDUSTRIE ITALIA spa in data 28 aprile 2014, la Società, assistita da Unindustria Rieti, ha condiviso con le OO.SS. di riferimento, un accordo relativo all'utilizzo della CIGS per crisi aziendale per cessazione di attività, svolta presso la sede produttiva di Rieti, della durata di ventiquattro mesi, decorrenti dal 5 maggio 2014, ai sensi della Legge n. 249/2004 (e ss.mm. ii.) in favore di un numero massimo di 175 unità lavorative ivi occupate.

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ALLEGATO 2

Interrogazione n. 5-02112 Scagliusi: Iniziative a favore di piccoli imprenditori che hanno aderito alla Kipoint Spa.

TESTO DELLA RISPOSTA

  La Società Kipoint srl, interamente partecipata da Poste Italiane Spa, nasce alla fine del 2002, quale franchisor di una rete di negozi per la fornitura di servizi di spedizione (urbani, nazionali ed internazionali), di gestione documentale (dai servizi di fotocopisteria alla stampa digitale), di domiciliazione postale e di rivendita di prodotti nel settore della telefonia, della cancelleria, della cartoleria e di prodotti per ufficio.
  La società Poste Italiane al riguardo ha comunicato che tra il 2002 ed il 2005 la Società Kipoint srl ha sottoscritto 112 contratti di franchising. Prima della fine del 2005, Kipoint srl confluisce, tramite fusione per incorporazione, in PosteShop Spa, interamente controllata da Poste Italiane Spa.
  La Divisione Franchising Kipoint di Poste Shop ha sottoscritto, tra il 2005 ed il 2010, altri 70 ulteriori contratti di franchising che si aggiungono ai 112 e, in tale arco di tempo, le chiusure anticipate rispetto alla data di scadenza sono state 81.
  Nel corso del 2010, Poste Shop spa cede il ramo d'azienda Divisione Franchising Kipoint alla neo costituita Kipoint Spa che, fino al mese di marzo 2014, ha firmato 43 nuovi contratti, a fronte di 16 chiusure avvenute prima della scadenza e di 6 avvenute alla regolare scadenza dei relativi contratti.
  A tal riguardo. Poste Italiane ha rappresentato che la motivazione delle citate chiusure, concordate consensualmente con il franchisor Kipoint, è da ricercare nella maggior parte dei casi, nell'insorgenza di problemi a carattere personale ed imprenditoriale del singolo franchise.
  Ciò premesso, in merito a quanto richiesto dagli On.li interroganti circa i requisiti che hanno consentito alla società Kipoint di figurare tra i franchisor convenzionati con l'allora Sviluppo Italia, si rappresenta quanto comunicato dall'Agenzia Invitalia al riguardo.
  La valutazione cui è sottoposta una rete in franchising si basa sulle informazioni che vengono fornite dal franchisor al momento della presentazione della domanda di accreditamento, al fine di verificare la coerenza della rete con i parametri di valutazione adottati dall'Agenzia e comunicati sul proprio sito, nel rispetto dei requisiti previsti dalla legge 129/2004 sull'affiliazione commerciale.
  Kipoint è stata accreditata con convenzione sottoscritta nell'aprile 2006 e, pertanto, la valutazione ha riguardato le seguenti aree:
   1 – Valutazione del patrimonio di conoscenze possedute dal franchisor. Nel caso in oggetto Kipoint ha prodotto 2 diversi manuali operativi (Manuale operativo ed il Kipoint starter kit) ritenuti entrambi sufficientemente analitici e nel rispetto di quanto previsto dalla legge 129/2004, Al momento della sottoscrizione della convenzione, inoltre, la società aveva realizzato una organizzazione interna in grado di garantire il presidio territoriale e di dare attuazione all'affiancamento al franchisee beneficiario delle agevolazioni.
   2 – Valutazione del franchisor e dello sviluppo della rete commerciale. Kipoint, come già detto, è una società costituita nell'ambito del Gruppo Poste Italiane quale divisione di PTSHOP S.p.A. che Pag. 56aveva registrato una crescita del fatturato nel biennio 2003/2004. Presentava un discreto equilibrio della liquidità nel triennio 2002/2004 e dopo un primo anno di indebitamento contenuto, la società ne ha incrementato il valore attenendosi su livelli caratteristici del settore.
   3 – Valutazione del mercato di riferimento. All'epoca dell'accreditamento risultava con un trend crescente. Kipoint è una rete in franchising attiva nel campo dei servizi alle spedizioni e il mercato di riferimento era sia quello connesso con le imprese (BtoB) che il mercato consumer. Kipoint, del Gruppo Poste Italiane poteva beneficiare di significative economie di scala e soprattutto di accesso a forniture di spedizionieri a prezzi concorrenziali. Non ultimo si stava avviando la liberalizzazione dei servizi postali con l'ingresso di operatori privati nel campo delle spedizioni postali (direttiva 97/67/CE).
   4 – Valutazione del piano di sviluppo presentato e impregno del franchisor. A fronte del numero di punti vendita in franchising già attivi obiettivo della rete era di realizzare nel triennio 2006/2009 ulteriori 120 punti vendita di cui 13 in affiliazione con beneficiari della misura agevolativa 185/2000 – Titolo II, in coerenza con il potenziale allora dimostrato ed in linea con i concorrenti del mercato di riferimento (il principale concorrente all'epoca aveva una rete di oltre 250 punti vendita). Si ricorda inoltre che per la specificità del rapporto ed in coerenza con gli obiettivi della legge si richiedeva un impegno fideiussorio ai franchisor per garantire il rispetto dei piani di sviluppo e finalizzato ad evitare proposte di incremento del numero punti vendita non coerenti con le proprie capacità di crescita.
   5 – Valutazione del costo di realizzazione del punto vendita. All'epoca il valore complessivo degli investimenti (totalmente finanziato dall'Agenzia) aveva un valore medio di circa euro 70.000 (per un negozio di 70 mq.) comprensivo della fee di ingresso stabilita dal franchisor in euro 15.000, pertanto coerente con quanto previsto dalla normativa di riferimento ed aderente alla realizzazione di un punto vendita di servizi analoghi.

  Secondo quanto comunicato dall'agenzia Invitalia, nel periodo di riferimento sono state presentate e valutate 47 domande di cui 35 non hanno ottenuto il finanziamento; le restanti 12 sono state ammesse per un importo complessivo di fondi stanziati pari ad euro 700.000 per investimenti (con un valore medio di circa euro 59.000 inferiore a quanto previsto per la realizzazione del punto vendita medio).
  Il numero dei punti vendita finanziati è risultato coerente con quanto previsto dal piano di sviluppo.
  In vista del termine di scadenza della Convenzione conclusa con Kipoint, l'Agenzia ha avviato le operazione per verificare l'opportunità di rinnovare l'accordo con il franchisor. In particolare, la procedura di rinnovo prevede la richiesta di riscontri oggettivi ai franchisee finanziati: a fronte dell'invio di questionari ai franchisee finanziati sono giunte risposte ritenute non adeguate a dar seguito alla Convenzione stipulata a suo tempo.

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ALLEGATO 3

Interrogazione n. 5-02712 Prataviera: Esclusione della FAILMS (Federazione autonoma italiana metalmeccanici e servizi) dal tavolo sulla vertenza Electrolux.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Come riferito dagli Onorevoli interroganti, il tavolo Elettrolux è attivo presso il Ministero dello Sviluppo e vede la partecipazione dei principali attori istituzionali e sociali interessati dalla vertenza.
  I medesimi interroganti chiedono ragione del motivo per il quale i rappresentanti del sindacato di categoria in questione non sono stati convocati al momento della discussione riguardante l'azienda Elettrolux in data 7 aprile 2014, ma piuttosto sarebbero stati esclusi dal tavolo in questione.
  Il criterio abitualmente adottato nella convocazione delle organizzazioni sindacali ai «tavoli di confronto» è quello della rappresentatività misurata sia in termini generali, sia con riferimento alla specifica realtà aziendale.
  Nel caso in esame il MiSE ha verificato presso i competenti organi dirigenti aziendali che il Sindacato in esame non è firmatario di accordi aziendali (o di 2o livello) presso il Gruppo Electrolux, mentre risulta solamente «aderente» al Contratto Nazionale di Categoria che, dunque, non ha contribuito a definire.
  A conferma di quanto asserito, si ricorda che questo Ministero non opera secondo criteri discriminatori e quindi non esclude pregiudizialmente alcuna organizzazione sindacale. Ne è prova il fatto che laddove il Sindacato in esame può vantare un propria rappresentatività (è il caso, ad esempio, di Irisbus in Valle Ufita), lo stesso è regolarmente convocato e partecipa attivamente a tutte le fasi del confronto presso il MiSE. È il medesimo comportamento che viene tenuto per qualsiasi altra organizzazione sindacale.

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ALLEGATO 4

Interrogazione n. 5-02850 Bruno Bossio: Erogazione dei pagamenti a favore dei progetti selezionati nell'ambito di «Industria 2015».

TESTO DELLA RISPOSTA

  Vorrei ricordare, preliminarmente, che il Programma Industria 2015 è stato avviato con la Legge Finanziaria 2007 con la finalità di introdurre una politica pubblica capace di orientare le scelte, incentivando comportamenti coerenti con le esigenze di ristrutturazione del tessuto produttivo.
  Il Programma individuava nei Progetti di Innovazione Industriale i nuovi strumenti per garantire il riposizionamento strategico del sistema industriale italiano nell'ambito dell'economia mondiale. I Progetti di Innovazione Industriale (PII), dunque, sono stati orientati a realizzare interventi in aree tecnologiche considerate strategiche. Tali aree, direttamente individuate dal legislatore, sono: efficienza energetica, mobilità sostenibile, made in Italy, tecnologie della vita e beni e attività culturali.
  I PII adottati sono: Efficienza Energetica, Mobilità Sostenibile e Made in Italy. La ridotta disponibilità di risorse del Fondo competitività e sviluppo rispetto alla dotazione originaria ha, di fatto, impedito l'adozione dei due PII restanti: il PII Tecnologie della vita, e il PII Tecnologie Innovative per i Beni e le Attività Culturali e Turistiche.
  In merito ai lamentati ritardi del MiSE per la selezione e contrattualizzazione di Invitalia quale ente gestore della misura, osservo che i decreti interministeriali di adozione dei PII affidavano lo svolgimento delle attività di valutazione e gestione dei progetti all'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione di cui all'articolo 1, comma 368 della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Dopo l'adozione dei bandi, tuttavia, non essendo pienamente operativa la citata Agenzia per l'innovazione (dovevano ancora essere costituiti gli organi statutari), e sulla base degli stessi decreti di adozione dei PII, il Ministro dello sviluppo economico ha fatto ricorso per l'espletamento delle attività di valutazione alla nomina di appositi comitati di esperti.
  Il ricorso a Comitati di esperti in luogo dell'Agenzia dell'innovazione ha modificato in misura sostanziale l'assetto organizzativo originariamente delineato.
  A una forte concentrazione in capo all'Agenzia delle attività istruttorie preliminari e di quelle di verifica tecnico-scientifica in itinere, ha fatto seguito un modello che ha attribuito ai Comitati di esperti i soli compiti di istruttoria dei programmi e delle relative variazioni, trasferendo la responsabilità delle verifiche in itinere a Invitalia.
  La suddivisione delle attività istruttorie e di verifica in itinere in capo a più soggetti (cui si è posta fine con l'abrogazione dei Comitati di esperti per effetto del DM 15 maggio 2012), ha certamente indebolito l'efficacia del modello organizzativo originariamente delineato.
  Nella consapevolezza delle predette criticità, il MiSE ha nel tempo adottato una serie di provvedimenti di semplificazione delle procedure di gestione.
  In particolare, con decreto ministeriale 15 maggio 2012 sono state adottate disposizioni finalizzate a semplificare e accelerare le diverse fasi del procedimento, con particolare riguardo alla:
   valutazione e approvazione delle proposte di variazione;Pag. 59
   presentazione e valutazione delle rendicontazioni dei costi;
   razionalizzazione dei soggetti preposti alle varie attività, prevedendo la cessazione dei Comitati di esperti e la concentrazione delle attività all'interno del gestore Invitalia.

  Successivamente, l'articolo 28 del decreto-legge 21 giugno 2012, n. 83, è intervenuto sulla stessa materia, stabilendo un tempo massimo, pena la decadenza dal beneficio, per la presentazione da parte delle imprese della richiesta di erogazione per stato di avanzamento e, impegnando il Ministero dello sviluppo economico ad adottare misure, anche di carattere organizzativo, volte a semplificare e accelerare le procedure per la concessione ed erogazione delle agevolazioni.
  Pertanto, oltre ad adottare più efficienti soluzioni organizzative interne, è stata istituita una Commissione congiunta tra la Direzione Generale Incentivi del Ministero dello Sviluppo Economico e il gestore Invitalia con l'obiettivo di:
   monitorare lo stato di avanzamento;
   valutare e approfondire le questioni di carattere procedurale e gestionale eventualmente insorte nell'applicazione della normativa;
   proporre modifiche, precisazioni o integrazioni alla normativa o anche ulteriori misure di semplificazione.

  La Commissione si sta dimostrando un utile luogo di incontro, sia per il MiSE che, oltre ad essere costantemente informata sullo stato di avanzamento della misura viene tempestivamente aggiornata delle criticità in atto, sia per il gestore, che trova in tale sede puntuali risposte alle richieste di chiarimenti e indicazioni su aspetti normativi e procedurali. Tale modalità di confronto e verifica «informale» non ha peraltro, affievolito lo svolgimento delle funzioni di controllo formale.
  Proprio nell'ambito della Commissione predetta, il MiSE ha effettuato la ricognizione delle attività da porre in essere in relazione alle raccomandazioni contenute nella deliberazione della Corte dei conti n. 12/2013/G richiamata dagli interroganti. Da tale ricognizione è scaturita una relazione di aggiornamento, inviata alla Corte dei Conti nel luglio scorso, redatta a valle di un monitoraggio condotto con il coinvolgimento diretto dei primi proponenti dei programmi.
  La relazione ha evidenziato:
   un'accelerazione in termini di avanzamento amministrativo; confrontando i dati a giugno 2014 con quelli del luglio 2013 emerge chiaramente l'impegno messo in atto dal MiSE e dal gestore che ha consentito di definire in modo certo lo stato reale dei progetti, anche attraverso l'adozione degli atti amministrativi necessari al recepimento formale delle mutate condizioni dei progetti e dei partenariati;
   il persistere di elementi di criticità nella fase del procedimento di gestione dello strumento relativa alla verifica delle rendicontazioni e alle conseguenti erogazioni.

  In generale, per tutti i programmi di Industria 2015, i dati relativi ai fondi erogati rispetto al rendicontato appaiono inadeguati, anche se a partire dal 2013 si evidenzia una significativa accelerazione nel colmare il divario, tanto da far ritenere possibile entro l'anno un allineamento dei dati.
  La situazione delle erogazioni, infatti, per gli anni 2009-2012, ammontava a un totale di euro 20.975.111,72 di cui PON euro 2.907.623,87; invece per periodo compreso da gennaio 2013 a ottobre 2014 il totale delle erogazioni ammonta a euro 40.184.738,09 di cui PON euro 11.289.003,97.
  Per completezza, accenno al dato complessivo dei fondi di cui è stata richiesta la riassegnazione al Ministero dell'economia e delle finanze nel corso dell'anno e che non sono ancora stati erogati. Gli stessi ammontano a euro 38.932.502,10.
  Sentita la Direzione competente la stessa ha comunicato al riguardo che, considerata la pregressa esperienza, si può Pag. 60ragionevolmente ritenere che entro l'anno tutte le somme richieste (pari alla data del 10 ottobre a euro 38.932.502,10), potranno essere erogate ai beneficiari, con una notevole riduzione dei tempi rispetto agli anni precedenti.
  Nonostante l'accelerazione delle procedure, la stessa evidenzia che i dati esposti rilevano come al momento sia proprio questa la fase del procedimento di gestione dello strumento che maggiormente necessita di interventi correttivi.
  In tal senso, il MiSE si è attivato e nell'ambito della Commissione congiunta Ministero – Invitalia ha sollecitato il gestore a procedere più celermente nelle attività di verifica delle rendicontazioni, anche attraverso l'adozione di modalità più razionali e snelle per i controlli amministrativo-contabili.
  In seguito alle suddette sollecitazioni, Invitalia ha provveduto ad aggiornare le «linee guida alla rendicontazione» che sono state pubblicate sul sito dedicato Cineca. Contestualmente, Cineca ha aggiornato i modelli per la rendicontazione a disposizione dei primi proponenti.
  Le modifiche introdotte hanno ridotto i documenti richiesti ai beneficiari, evitando inutili duplicazioni, ed hanno inoltre introdotto una tempistica standard per il perfezionamento dell’iter di valutazione.

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ALLEGATO 5

Interrogazione n. 5-03495 Ricciatti: Azioni del Ministro dello sviluppo economico a favore a tutela e promozione del «made in» in ambito europeo.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Sulla tutela del made in Italy segnalo preliminarmente che l'obbligo di indicazione di origine (cosiddetto «Made in») per tutti i prodotti è disciplinato all'articolo 7 della proposta di Regolamento sulla sicurezza dei prodotti di consumo.
  Il Ministero dello Sviluppo Economico ha sempre sostenuto tale orientamento nella convinzione che l'indicazione di origine obbligatoria sia un tema cruciale per la sicurezza dei prodotti e per il corretto funzionamento del mercato interno andando a colmare un vuoto legislativo a livello europeo.
  Infatti, l'indicazione del Paese di origine contribuisce a:
   migliorare la tracciabilità del prodotto a beneficio delle autorità di sorveglianza del mercato;
   rafforzare la fiducia dei consumatori nei confronti del mercato interno;
   favorire il contrasto alle false indicazioni di origine;
   rafforzare la competitività delle produzioni europee;
   stabilire regole condivise e parità di condizioni tra gli operatori economici europei e non europei (level playing field), nel rispetto degli accordi WTO.

  La tracciabilità del prodotto nella catena di fornitura è un aspetto fondamentale del citato Regolamento sulla sicurezza. In ragione della complessità crescente della distribuzione delle produzioni nell'economia globalizzata, nonché per le crescenti importazioni dai Paesi emergenti, risulta urgente la messa in atto di meccanismi efficaci di tracciabilità di origine per poter garantire l'effettiva sicurezza dei prodotti.
  L'indicazione di origine facilita, infatti, l'identificazione del luogo effettivo di produzione in tutti quei casi in cui non è possibile rintracciare tale informazione (o perché il fabbricante non è contattabile o perché l'informazione non è reperibile – per esempio a causa dell'assenza della confezione del prodotto). Si tratta, inoltre, di un'informazione complementare a beneficio delle autorità di vigilanza del mercato che potranno rafforzare la loro azione attraverso la cooperazione con le autorità del Paese di origine nel quadro della cooperazione bilaterale o multilaterale, anche utilizzando il sistema Rapex – Sistema comunitario di informazione rapida sui prodotti non alimentari – (sull'esempio del Rapex China project).
  I consumatori, grazie all'indicazione di origine, potranno beneficiare di un'informazione che ne rafforzerebbe la fiducia: sia per quanto riguarda la sicurezza dei prodotti, che per quanto riguarda la trasparenza del mercato. Potranno, inoltre, trarre beneficio dai vantaggi associati alle produzioni europee in termini di elevati standard di sicurezza e qualità dei prodotti e di standard sociali e ambientali.
  Con riferimento alla competitività delle produzioni europee, occorre evidenziare anche che l'indicazione di origine è obbligatoria nelle legislazioni di diversi partner dell'Unione europea quali USA, Cina, Giappone e altri (che rappresentano grandi mercati per i prodotti europei). Pertanto, Pag. 62l'introduzione dell'indicazione di origine all'interno del citato Regolamento porrà l'Unione in linea con i modelli commerciali internazionali. In tal modo, sarà stabilita la parità di condizioni per gli operatori economici in un regime di reciprocità e sarà favorita una concorrenza basata su regole comuni (level playing field).
  La previsione di medesimi obblighi di indicazione di origine per i prodotti UE ed extra UE evidenzia la natura non protezionistica dell'articolo 7, rendendolo compatibile con le regole del WTO.
  L'indicazione di origine riveste, dunque, una valenza economica per la competitività dei prodotti europei che saranno chiaramente identificabili sui mercati – sia interni che esteri – e potranno essere scelti più agevolmente dai consumatori.
  Tale valenza è rafforzata dal fatto che l'indicazione di origine favorisce anche il contrasto alle false indicazioni di origine sui prodotti – fenomeno che colpisce duramente le produzioni europee e in particolare alcuni settori manifatturieri – attraverso controlli più stringenti legati alla verifica delle disposizioni normative e basati su un quadro legislativo chiaro e comune a tutti gli Stati membri. Si andrebbe così a colmare un'assenza di armonizzazione a livello europeo sul tema del controllo delle pratiche commerciali sleali in relazione al «Made in».
  La proposta di Regolamento ha ricevuto la sua approvazione dal Parlamento europeo nella Plenaria dello scorso 15 aprile, confermando così il voto della Commissione parlamentare Mercato Interno (IMCO) del 17 ottobre 2013.
  Nel corso dell'esame in Consiglio, si sono invece venuti a contrapporre due fronti diversi sul tema dell'articolo 7: i Paesi favorevoli (tra cui Italia e Francia) e i Paesi contrari (in primis la Germania).
  In questa sede, la Presidenza di turno greca non è riuscita a mediare una posizione di compromesso tra i due gruppi di Paesi.
  La proposta di regolamento, tornata ora al Consiglio per l'approvazione definitiva, rientra tra i temi di interesse primario del Governo italiano nel Semestre di Presidenza italiana dell'UE.
  Nel dossier «Pacchetto Sicurezza Prodotti», che ha, anch'esso, rilevanza prioritaria per il Governo italiano, l'articolo 7 costituisce un elemento di blocco per la sua definitiva adozione. Infatti, come sopra evidenziato, su tale articolo vi è una forte opposizione da parte della Germania alla quale si associano altri 16 Stati tra cui il Regno Unito; tra le motivazioni dell'opposizione tedesca vi è anche quella della mancata valutazione d'impatto che l'adozione dell'articolo 7 comporterebbe.
  A sostegno del forte interesse della Presidenza Italiana affinché il regolamento venga approvato nell'ambito del semestre a propria guida, il 16 settembre scorso la stessa Presidenza ha convocato – dopo quasi un anno – il Gruppo di lavoro Consumatori, che ha esaminato il testo approvato in prima lettura dal Parlamento.
  Per dare risposta alla richiesta unanime dei membri del Gruppo di acquisire nuovi elementi di analisi utili a facilitare la prosecuzione dei lavori a livello tecnico, la Presidenza ha chiesto alla Commissione europea uno studio di analisi sull'impatto dell'articolo 7, che la Commissione si è detta disponibile a realizzare in tempi stretti (cfr. Messaggio della Rappresentanza Permanente d'Italia presso la UE, prot. 9417 del 29/9/2014).
  L'auspicio è che il dibattito a livello Comunitario dia un esito positivo affinché le aziende che producono «Made in Italy», possano trarre beneficio dalla salvaguardia da imitazioni e contraffazioni, da parte di prodotti di qualità inferiore, prodotti all'estero.
  Sul fenomeno della contraffazione, invece, va sottolineato che è un fenomeno pervasivo, esteso ormai a tutti i settori produttivi e caratterizzato da una specializzazione territoriale e anche da flessibilità rispetto a mutevoli esigenze di mercato. È certamente un fenomeno globale, nella produzione e nei consumi, tanto che a livello internazionale si stima che il Pag. 63valore dei prodotti contraffatti commercializzati nel mondo possa arrivare entro il 2015 a 960 miliardi di dollari.
  Inoltre, va evidenziato che la contraffazione è dominata dalla criminalità organizzata. Ritengo che, anche alla luce di queste caratteristiche, si debba considerare che le conseguenze economiche e anche sociali del fenomeno sono rilevanti e conseguentemente cercare di mettere in campo tutti gli strumenti e le pratiche di contrasto.
  A questo scopo, nel 2011 è stato costituito, come noto, il Consiglio nazionale anticontraffazione, che ha sede presso il Ministero dello sviluppo economico, che riunisce tutti gli operatori del sistema anticontraffazione italiano.
  Il Consiglio nazionale anticontraffazione (CNAC), che è l'organismo interministeriale con funzioni di indirizzo, impulso e coordinamento strategico delle iniziative intraprese da ogni amministrazione in materia di lotta alla contraffazione, ha dodici membri, quindi è un Comitato interministeriale particolarmente ampio. Vi partecipano undici Ministeri – sviluppo economico, economia e finanze, affari esteri, difesa, politiche agricole, interno, giustizia, beni e attività culturali, lavoro e politiche sociali, salute e funzione pubblica – più l'ANCI, l'Associazione nazionale dei comuni italiani.
  Il CNAC ha predisposto un piano nazionale anticontraffazione che si sostanzia di un quadro strategico per la lotta a tale fenomeno e ne indica gli indirizzi per orientare anche l'azione delle amministrazioni.
  Il Piano nazionale anticontraffazione ha indicato sostanzialmente sei ambiti prioritari in materia di lotta alla contraffazione; comunicazione, informazione e formazione destinate ai consumatori: enforcement; rafforzamento dei presidi territoriali; lotta alla contraffazione via internet (segno dei tempi); formazione alle imprese in tutela della proprietà industriale; tutela del made in Italy dai fenomeni di usurpazione all'estero.
  Altro filone di ricerca riguarda il numero dei sequestri di prodotti contraffatti compiuti in Italia. Ad oggi ammontano a circa 335 milioni i prodotti sequestrati per contraffazione da Agenzia delle dogane e Guardia di finanza nel periodo 2008-2013, in circa 100 mila sequestri, per un valore stimato di quasi 3,8 miliardi. Attraverso la banca dati IPERICO (Intellectual Property – Elaborated Report of the Investigation on Counterfeiting), vista l'importanza di monitorare al meglio questo fenomeno attraverso una visione integrata a livello sia nazionale che europeo e globale, vengono raccolti e armonizzati i dati sulle attività di contrasto dei diversi corpi preposti, quindi Guardia di finanza. Agenzia delle dogane. Carabinieri, Polizia di Stato, polizie locali, e anche i dati relativi a diverse tipologie di illeciti, dalla contraffazione alla pirateria, alla violazione in materia di made in Italy, e la normativa sulla sicurezza dei prodotti.
  Infine, con un'apposita convenzione stipulata in data 6 dicembre 2013, il Mise ha affidato all'Agenzia ICE la costituzione di quattro desk per la tutela dei diritti di proprietà intellettuale e di assistenza per gli ostacoli al commercio.
  I desk sono entrati in funzione, a maggio di quest'anno, presso gli Uffici dell'Agenzia ICE di Pechino, Mosca, Istanbul e New York.
  Le sedi sono state individuate sulla base della rilevanza commerciale del mercato e della diffusione del fenomeno della contraffazione oltreché della particolare difficoltà di accesso al mercato stesso. Il personale incaricato ha il compito di prestare assistenza ad aziende e associazioni italiane sulle problematiche e criticità specifiche sia della contraffazione che della tutela dei marchi.
  Il contatto diretto con importatori e distributori di prodotti italiani consentirà di monitorare gli aspetti di maggiore interesse per le imprese italiane.
  Per quanto attiene al fenomeno del cosiddetto «italian sounding», tipico della contraffazione nel settore agro-alimentare, merita ricordare come nell'ambito del Piano promozionale straordinario «Made in Italy» di cui all'articolo 30 del decreto- legge 12 settembre 2014, n. 133, viene prevista la realizzazione di campagne di promozione strategica nei mercati più rilevanti proprio a contrasto del fenomeno.

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ALLEGATO 6

Disposizioni per l'introduzione di un sistema di tracciabilità dei prodotti finalizzato alla tutela del consumatore. C. 1454 Senaldi.

TESTO ELABORATO DAL RELATORE ADOTTATO COME TESTO BASE

ART. 1.
(Finalità e definizioni).

  1. Ai sensi dell'articolo 169 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea, la presente legge, al fine di promuovere gli interessi dei consumatori ed assicurarne un livello elevato di protezione, garantendone la salute e la sicurezza, reca disposizioni per migliorare l'accesso alle informazioni sull'effettiva origine di prodotti etichettati made in Italy o interamente realizzati in Italia.
  2. Ai fini della presente legge si intende:
   a) per prodotto made in Italy, la merce di origine italiana ai sensi dell'articolo 36 del regolamento (CE) n. 450/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, di seguito denominato «regolamento (CE) n. 450/2008», sull'origine doganale non preferenziale delle merci, e dell'articolo 60 del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, che istituisce il Codice Doganale dell'Unione, ovvero quando in Italia è avvenuta l'ultima trasformazione o lavorazione sostanziale;
   b) per interamente realizzato in Italia, il prodotto classificabile come 100 per cento made in Italy e per il quale il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono stati compiuti esclusivamente nel territorio italiano, ai sensi del dell'articolo 16, comma 1, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166.

ART. 2.
(Introduzione di sistemi di tracciabilità attestati da codici a barre non seriali e non replicabili).

  1. Nei limiti del regolamento (CE) n. 450/2008, e del regolamento (UE) n. 952/2013, è istituito un sistema di tracciabilità dei prodotti di cui all'articolo 1, comma 2, lettere a) e b), che, attraverso l'apposizione di codici a barre non seriali e non replicabili, consenta al consumatore di conoscerne l'effettiva origine e di ricevere un'adeguata informazione sulla qualità dei componenti e delle materie prime, nonché sul processo di lavorazione delle merci e dei prodotti finiti e intermedi.
  2. I codici di cui al comma 1, recanti segni unici e non riproducibili, ottimizzati per il sistema mobile e le applicazioni per smartphone e tablet, da apporre sul singolo prodotto, contengono i dati fiscali del produttore, dell'ente certificatore della filiera del prodotto, del distributore e dell'azienda che fornisce il sistema di codici a barre, nonché l'elencazione di ogni fase di lavorazione, con la specificazione delle fasi interamente realizzate in Italia per i prodotti di cui all'articolo 1, comma 2, lettera a), e di tutte le fasi di lavorazione e delle materie prime utilizzate per i prodotti di all'articolo 1, comma 2, lettera b).
  3. Con regolamento adottato con decreto del Ministro dello sviluppo economico, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentite le associazioni di categoria delle Pag. 65imprese e dei consumatori maggiormente rappresentative a livello nazionale e i produttori del sistema di cui al comma 1, sono stabilite:
   a) per i prodotti di cui all'articolo 1, comma 2, lettera a), le specifiche tecniche del sistema di tracciabilità con codici a barre, e le modalità di accreditamento dei produttori del medesimo sistema, le tecnologie applicabili, il disciplinare dei sistemi di certificazione delle filiere di produzione e le modalità di accreditamento degli enti certificatori;
   b) per i prodotti di cui all'articolo 1, comma 2, lettera b), oltre a quanto già previsto alla lettera a), le materie prime non prodotte in Italia, stabilite per ogni settore, ammesse nella fabbricazione dei prodotti interamente realizzati in Italia, la cui semilavorazione deve comunque avvenire in Italia;
   c) ulteriori applicazioni informatiche in grado di assicurare sistemi di etichettatura certificata non riproducibile, non seriale e non replicabile, basata su una tecnologia che consenta al consumatore di leggere le informazioni in essa contenute;
   d) le modalità di accesso alle agevolazioni di cui all'articolo 3;
   e) le modalità di collaborazione con le Camere di Commercio, industria, artigianato, agricoltura, e le associazioni di categoria interessate per la verifica periodica a campione del rispetto del disciplinare di cui al presente articolo da parte delle aziende iscritte al registro di cui al comma 4.

  4. Ai fini dell'informazione è altresì istituito, con il regolamento di cui al comma 3, presso la Direzione generale per la lotta alla contraffazione – Ufficio italiano brevetti e marchi del Dipartimento per l'impresa e l'internazionalizzazione del Ministero dello sviluppo economico, il Registro nazionale dei fabbricanti di prodotti interamente realizzati in Italia, al quale possono iscriversi le imprese produttrici che hanno aderito alla certificazione della propria filiera e all'introduzione del relativo codice a barre ai sensi del presente articolo.
  5. Per intensificare l'azione di contrasto alla contraffazione, il sistema di cui al comma 1 può essere collegato al Sistema Informativo Anti Contraffazione della Guardia di Finanza (S.I.A.C.).

ART. 3.
(Agevolazioni per l'introduzione di sistemi di tracciabilità attestati da codici a barre non seriali e non replicabili).

  1. Per le finalità di cui alla presente legge, le agevolazioni previste dall'articolo 2 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, sono applicabili agli investimenti sostenuti per l'introduzione del sistema di tracciabilità di cui alla presente legge:
   a) nella misura del 50 per cento, per i prodotti di cui all'articolo 1, comma 2, lettera a);
   b) nella misura del 100 per cento, per i prodotti di cui all'articolo 1, comma 2, lettera b).

  2. Accedono alle agevolazioni di cui al comma 1, con le modalità stabilite dal regolamento di cui all'articolo 2, comma 3, della presente legge, i seguenti soggetti:
   a) le piccole e medie imprese, come individuate dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003;
   b) i distretti produttivi di cui all'articolo 1, comma 366, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni;
   c) altre forme aggregative di imprese, quali consorzi, anche in forma di società ai sensi ai sensi dell'articolo 2615-ter del codice civile, associazioni temporanee di imprese, come individuate dall'articolo 37, comma 5 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, e Pag. 66contratti di rete di cui all'articolo 3, comma 4-ter, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, e successive modificazioni.

ART. 4.
(Sanzioni).

  1. Per le sanzioni in caso di false indicazioni di provenienza o di origine dei prodotti contenute nei codici a barre di cui alla presente legge, si provvede secondo quanto previsto dall'articolo 4 comma 49 e seguenti, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.
  2. In caso di false o fallaci indicazioni di provenienza o di origine dei prodotti contenute nei codici a barre di cui alla presente legge, per l'introduzione dei quali sono riconosciute le agevolazioni di cui all'articolo 3 della presente legge, si applicano le disposizioni di cui agli articoli 640-bis e, in quanto compatibili, 322-ter del codice penale.

ART. 5.
(Entrata in vigore).

  1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, previo esperimento della procedura di informazione di cui all'articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998.