CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 12 marzo 2014
197.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-01476 Lenzi: Iniziative contro il tabagismo e le sigarette elettroniche.

TESTO DELLA RISPOSTA

  A carattere preliminare, rammento che le miscele utilizzate per la sigaretta elettronica per produrre vapore sono prevalentemente costituite da alcune sostanze di base, quali glicerina, glicole propilenico, aromi vari, con aggiunta di nicotina a varie concentrazioni o senza nicotina.
  Tale liquido di ricarica può essere acquistato pronto per l'uso, oppure approntato miscelando i vari componenti che sono acquistati separatamente.
  Alcune ditte pubblicizzano tali sigarette come ausilio per smettere di fumare, ma non ci sono evidenze sulla loro efficacia e sicurezza per tale scopo, e sono in corso studi al riguardo, come evidenziato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità nel novembre del 2010.
  La nicotina è una sostanza tossica per ingestione, molto tossica per contatto con la pelle e può provocare malessere anche a basse dosi.
  A seguito dell'assunzione ripetitiva di piccole quantità di nicotina, si possono sviluppare tolleranza e dipendenza.
  Le miscele che contengono nicotina possono essere classificate come pericolose in base alla concentrazione della sostanza.
  Ai sensi della normativa vigente, miscele contenenti più di 0.1 per cento di nicotina risultano nocive per contatto con la pelle: pertanto, stante le modalità di ricarica delle sigarette elettroniche, che contemplano la ricarica da parte del consumatore e anche la miscelazione «fai da te» a partire dai componenti base, vi è probabilità di contatto cutaneo durante tali operazioni.
  Sulla base di studi effettuati dall'Istituto Superiore di Sanità, sono stati valutati gli scenari di esposizione relativi alle diverse concentrazioni di nicotina generalmente presenti nei liquidi di ricarica e sono stati calcolati i livelli di esposizione per alcune tipologie di utilizzatori (moderati, medi e forti).
  Sono stati evidenziati potenziali livelli di assunzione di nicotina per i quali non si possono escludere effetti dannosi per la salute umana, in particolare per i consumatori in giovane età.
  Poiché gli effetti osservati consistono principalmente nell'aumento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa, l'istituto ritiene che le sigarette elettroniche possano costituire un rischio per le persone ipertese o affette da cardiopatie in associazione, sia nella esposizione attiva che in quella passiva.
  È possibile, inoltre, che altre sostanze potenzialmente pericolose possano essere presenti nei liquidi di ricarica, e, di conseguenza, nel vapore «svapato»: sono state riscontrate in alcuni liquidi sostanze quali benzene, acetaldeide e metalli pesanti, che rappresentano un pericolo aggiuntivo alla presenza di nicotina.
  Per far fronte a quanto sopra esposto, sono in corso presso l'Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con altri enti di ricerca e controllo, studi per la valutazione sistematica della composizione dei liquidi di ricarica e degli eventuali pericoli e rischi legati al loro utilizzo; per implementare una rete di laboratori di controllo ufficiale e di ricerca per il monitoraggio sul territorio nazionale; per valutare l'esposizione attiva e passiva, e proporre eventuali misure di gestione del rischio associato all'utilizzo della sigaretta elettronica e all'esposizione passiva.Pag. 48
  Da molti anni l'Italia è impegnata nel difficile campo della lotta al tabagismo ed ha esteso ai minori di 18 anni il divieto di vendita di prodotti del tabacco, prevedendo sanzioni più severe per i trasgressori.
  La promozione di uno stile di vita libero dal fumo rappresenta uno degli obiettivi del Programma Nazionale «Guadagnare Salute: rendere facili le scelte salutari», promosso dal Ministero della salute.
  Questo Ministero persegue tali obiettivi sia attraverso il Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie, che ha promosso l'attuazione di numerosi progetti, affidati al coordinamento delle regioni e dell'Istituto Superiore di Sanità, sia nell'ambito del Piano Nazionale della Prevenzione, che ha visto numerose regioni attivare interventi finalizzati a prevenire l'iniziazione al fumo e a sostenere la disuassuefazione.
  Con la legge n. 3/2003 (articolo 51: «Tutela della salute dei non fumatori»), è stata introdotta una normativa per regolamentare il fumo in tutti i locali chiusi pubblici e privati, compresi i luoghi di lavoro e le strutture del settore dell'ospitalità, con sanzioni più severe per chi trasgredisce il divieto di fumo in presenza di donne in evidente stato di gravidanza e di minori.
  Tale legge è uno strumento efficace di salute pubblica, il cui bilancio ad oggi può essere considerato complessivamente positivo, come dimostrano i dati dei controlli dei Nuclei Antisofisticazioni e Sanità.
  Su mandato del Ministro della salute, tali Nuclei del Comando dei Carabinieri per la Tutela della Salute, dal 2002 al 2013, hanno compiuto quasi 32.000 controlli a campione, su tutto il territorio nazionale, per verificare l'applicazione della legge n. 3/2003 presso diverse tipologie di locali (stazioni ferroviarie, ospedali, ambulatori, musei e biblioteche, aeroporti, uffici postali, sale scommesse, discoteche, pub e pizzerie), che hanno evidenziato il sostanziale rispetto della norma.
  Nel 2013, i Nuclei Antisofisticazioni e Sanità hanno eseguito 5.642 ispezioni (+12 per cento), inclusi 1.283 controlli ai distributori automatici di sigarette, alle rivendite di tabacchi e di sigarette elettroniche, contestando 217 infrazioni, la maggior parte delle quali presso discoteche, sale scommesse ed ospedali.
  Diversi studi scientifici, inoltre, hanno mostrato l'evidenza dell'efficacia dei divieti di fumo sulla salute, ed in particolare sull'andamento dei ricoveri ospedalieri, riscontrando una riduzione dei ricoveri per eventi coronarici acuti.
  I dati disponibili mostrano una progressiva anche se lenta diminuzione dei fumatori, che nel 2013 erano circa 10,8 milioni (20,9 per cento) di cui 6,6 milioni di uomini (26,4 per cento) e 4,2 milioni di donne (15,7 per cento).
  Nel 2003, prima della legge n. 3/2003, la prevalenza dei fumatori era del 23,8 per cento (31 per cento uomini e 17,4 per cento donne) con un calo complessivo del 12 per cento (-14,8 per cento gli uomini e -9,8 per cento le donne).
  Per quanto riguarda i consumi, dall'elaborazione dei dati dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, risulta che nel 2013 le vendite dei prodotti del tabacco si sono ridotte del 5,4 per cento, rispetto al 2012.
  In particolare, le vendite di sigarette si sono ridotte del 5,7 per cento (quasi 2 pacchetti in meno al mese acquistati da ciascun fumatore).
  Con la legge 8 novembre 2012, n. 189 (articolo 4 «Tutela della salute nelle scuole»), il divieto di fumo è stato esteso anche alle aree all'aperto di pertinenza delle scuole.
  Lo stesso articolo 4 introduce, inoltre, il divieto di utilizzo delle sigarette elettroniche nei locali chiusi e nelle aree all'aperto di pertinenza delle istituzioni scolastiche, nonché il divieto di pubblicità di liquidi e ricariche contenenti nicotina nei locali frequentati da minori, in tv nelle fasce orarie 16-19, sulla stampa per minori e nei cinema, prima di film per minori.
  Le sigarette elettroniche attualmente in commercio sono caratterizzate dalla emissione Pag. 49di vapore, come processo di evaporazione per riscaldamento del liquido contenuto nelle cartucce.
  La sigaretta elettronica, pertanto, non rilascia particelle derivanti da un processo di combustione, che rappresentano la caratteristica del «fumo».
  I vigenti atti normativi fanno riferimento al «divieto di fumo» o al «divieto di fumare», e gli atti amministrativi legati a tali provvedimenti normativi fanno espressamente riferimento al «fumo di tabacco».
  Per tale motivo, allo stato attuale le sigarette elettroniche, con o senza nicotina, non sono state ricomprese nel divieto di fumo nei luoghi pubblici chiusi: tali apparecchi non sono equiparati a prodotti contenenti tabacco, né producono emissioni nocive derivanti da un processo di combustione.
  La «ratio» del divieto di utilizzo di tutti i tipi di sigarette elettroniche, anche non inalanti nicotina, nei locali chiusi e nelle aree all'aperto di pertinenza delle istituzioni del sistema educativo di istruzione e di formazione, introdotto con la legge 8 novembre 2013, n. 128, è differente.
  Infatti, quest'ultimo divieto è connesso concettualmente all'Ordinanza del Ministro della salute del 26 giugno 2013, che ha efficacia per i 2 mesi dal giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (G.U. n. 176 del 29 luglio 2013), recante divieto di vendita ai minori di anni 18 delle «e-cigarettes» contenenti nicotina, ed ha essenzialmente una valenza educativa ed anti imitativa.
  Va precisato che ad oggi, per l'emanazione di nuove norme limitative all'utilizzo delle sigarette elettroniche nei luoghi pubblici, mancano sufficienti dati scientifici.
  Pertanto, il Ministero della salute sta attivando un Tavolo tecnico, composto da rappresentanti del Ministero, dell'Istituto Superiore di Sanità, dell'Agenzia Italiana del Farmaco e da esperti provenienti dal mondo accademico e da altre istituzioni nazionali.
  Con tale Tavolo, senza oneri per la finanza pubblica, si intende raccogliere gli osservatori e le banche dati riferite al fenomeno attualmente esistenti presso le diverse istituzioni nazionali, per fornire un periodico aggiornamento dell'evoluzione delle conoscenze ed evidenze scientifiche, nonché delle normative a livello europeo, allo scopo di favorire l'adozione di eventuali provvedimenti legislativi: tra questi sono contemplate anche attività di tutela dei non fumatori, nel caso si evidenziassero problematiche connesse all'emissione di sostanze nocive negli ambienti chiusi conseguenti all'atto di «svapare» le «e-cigarettes».
  Da ultimo, segnalo che è all'esame del Senato l'A.S. 1324 recante il disegno di legge presentato dal Ministro Lorenzin, che, tra le altre materie, affronta in maniera più organica la tematica della prevenzione dei rischi, dell'induzione al tabagismo e dell'utilizzo delle «e-cigarettes» e delle ricariche, disponendo, per le ricariche contenti nicotina, specifici requisiti d'imballaggio (chiusura di sicurezza a prova di bambino) e dettagliate avvertenze per la corretta informazione del consumatore.

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ALLEGATO 2

5-01832 Binetti: Profilo professionale dell'osteopata e del chiropratico.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Il Ministero della salute è attivo da tempo nei riguardi delle questioni e dei vari aspetti concernenti la professione di chiropratico.
  Nell'ambito delle medicine e delle pratiche «non convenzionali», la chiroprassi riveste un ruolo peculiare: essa è da tempo praticata in Italia, per lo più, da parte di operatori che hanno conseguito la laurea all'estero.
  Tale disciplina, rappresenta una delle forme di terapia manuale, rientrante nell'attività dell'area della riabilitazione, più diffuse e praticate nel mondo, come nel Regno Unito, U.S.A, Canada, dove è riconosciuta legalmente, con il relativo percorso formativo (che porta al conseguimento della laurea), diverso da quello previsto per l'ottenimento della laurea in medicina e chirurgia.
  Come evidenziato nell'interrogazione parlamentare in esame, la legge 24 dicembre 2007, n. 244 (finanziaria 2008), al comma 355 dell'articolo 2, ha istituito la professione sanitaria di chiropratico, affidando al Ministero della salute il compito di emanare un regolamento di attuazione.
  La citata norma, tuttavia, presentava alcune criticità che la rendevano di difficile implementazione, anche in relazione alla sua compatibilità con il sistema generale delle professioni sanitarie.
  Innanzi tutto, essa non ha delineato il profilo professionale del chiropratico e non ha indicato quali attività egli può porre in essere, demandando la questione ad un regolamento di attuazione da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge.
  Inoltre, la stessa normativa ha previsto l'istituzione presso il Ministero della salute di un registro dei chiropratici, la cui iscrizione è riservata ai possessori del diploma di laurea magistrale in chiropratica o titolo equivalente.
  Tale previsione risulta, al momento, sostanzialmente inapplicabile, in quanto allo stato attuale detto corso di laurea non risulta attivo presso nessuna università, né è stato elaborato il relativo ordinamento didattico.
  Infatti, non risulta possibile stabilire quale laurea straniera è da considerarsi equipollente fin quando non si disponga del parametro di riferimento nazionale, costituito, appunto, dall'ordinamento didattico.
  Questo Ministero, al fine di istituire la professione sanitaria di chiropratico, ha avviato con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Ministero dell'economia e delle finanze, un'attività istruttoria finalizzata all'elaborazione di un articolato che, modificando l'articolo 2, comma 355, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, ne eliminasse le descritte criticità.
  È stata, quindi, formulata una bozza di norma per la disciplina della figura professionale del chiropratico.
  L'articolato in questione è stato oggetto di ampia disamina: il Ministero dell'economia e delle finanze ha formulato osservazioni in merito alla invarianza degli oneri per la finanza pubblica derivanti dall'attuazione delle disposizioni relative all'istituzione della figura professionale del chiropratico, in particolare per quanto riguarda l'attivazione dei corsi di laurea.
  In riferimento a tale rilievo il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il Ministero della salute hanno Pag. 51fornito chiarimenti condivisi, evidenziando che l'articolato in questione non comportava un aggravio di spesa in quanto le università, nell'ambito della loro autonomia, possono attivare corsi di laurea con le risorse disponibili, a prescindere dall'esistenza e dalla formale regolamentazione di una professione sanitaria.
  Nonostante i suddetti chiarimenti, il Ministero dell'economia e delle finanze ha ribadito la sussistenza di perplessità in merito all'assenza di ulteriori oneri per la finanza pubblica relativamente alla formazione universitaria.
  La proposta, pertanto, non ha potuto avere seguito.
  Questo Ministero, inoltre, con l'intento di fornire un fattivo contributo per l'attivazione dei corsi, ha inviato al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca un documento concernente l'ordinamento didattico «standard», che risulta essere applicato ai percorsi formativi negli Stati dove detta figura professionale viene regolamentata, assicurando ogni collaborazione per la definizione dell'ordinamento didattico.
  Per quanto concerne l'osteopata, questo Ministero si è più volte espresso, anche verso l'Ente Nazionale Italiano di Unificazione di Normazione, affermando che le attività svolte dall'osteopata rientrano nel campo delle attività riservate alle professioni sanitarie.
  In merito all'Ente sopra menzionato, si fa presente che la legge 14 gennaio 2013, n. 4 «Disposizioni in materia di professioni non organizzate», disciplina le professioni non organizzate in ordini o collegi che svolgono attività economica, anche organizzata, volta alle prestazioni di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo, con esclusione delle attività riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai sensi dell'articolo 2229 c.c., delle professioni sanitarie ed altre attività.
  La normativa prevede che le professioni di cui sopra possono costituire associazioni a carattere professionale di natura privatistica, possono riunirsi in forme aggregate e collaborano all'elaborazione della normativa tecnica relativa alle singole attività professionali. Il Ministero dello sviluppo economico svolge compiti di vigilanza sulla corretta attuazione delle disposizioni prescritte dalla legge n. 4/2013.
  Da ultimo, per quanto concerne l'intervento «per evitare i possibili abusi della professione medica» si assicura che questo Dicastero è quanto mai vigile rispetto a tale problematica e si propone sempre, per quanto possibile, come parte attiva nel contrasto agli illeciti dei soggetti non autorizzati all'esercizio delle professioni sanitarie, attivando il Comando Carabinieri per la Tutela della Salute per lo svolgimento dei controlli ad esso deputati.
  In caso di accertato esercizio abusivo, viene immediatamente investita della questione l'Autorità Giudiziaria.

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ALLEGATO 3

5-01904 Grillo: Iniziative volte a reintrodurre la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) tra le patologie incluse nei LEA.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In merito alla richiesta contenuta nell'interrogazione parlamentare in esame, si precisa quanto segue.
  Le malattie che hanno diritto all'esenzione sono individuate in base ai criteri dettati dal decreto legislativo n. 124/1998 (gravità clinica, grado di invalidità e onerosità della quota di partecipazione derivante dal costo del relativo trattamento).
  Per tali patologie sono individuate specifiche prestazioni fruibili in esenzione, incluse nel nomenclatore delle prestazioni specialistiche ambulatoriali, che rispondono ai criteri di appropriatezza, ai fini del monitoraggio dell'evoluzione della malattia e delle sue complicazioni, e di efficacia per la prevenzione degli ulteriori aggravamenti.
  Le proposte di aggiornamento del decreto ministeriale n. 329/1999 e successive modifiche che si sono susseguite negli ultimi anni, sia nell'ambito di un complessivo aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza (2006-2010), che in esecuzione di quanto previsto dall'articolo 5 del cosiddetto decreto-legge «Balduzzi» (decreto-legge n. 158/2012, convertito in legge n. 189/2012), hanno previsto l'inserimento di patologie croniche di interesse pneumologico, quali la Broncopneumopatia cronica ostruttiva e la Sarcoidosi, tenuto conto delle richieste formulate dagli Assessorati alla sanità delle regioni e da Associazioni di malati, Società Scientifiche, Aziende sanitarie e cittadini.
  È intenzione del Ministero della salute, nell'aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza previsto dal «Patto della salute», riproporre l'inserimento di tali patologie.
  A tal proposito, segnalo che questo Ministero sta collaborando con la Conferenza Stato-regioni per l'individuazione della lista per l'aggiornamento delle malattie e delle patologie previste dai Livelli essenziali di assistenza, così come si sta avviando un lavoro molto proficuo e di analisi accurata in merito all'individuazione delle nuove patologie da inserire tra le malattie rare.
  Posso quindi garantire che la questione è all'attenzione del Ministero della salute e della stessa Conferenza Stato-regioni.