CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 22 luglio 2009
207.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2010-2013 (Doc. LVII, n. 2).

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE PRESENTATA DAI DEPUTATI LIVIA TURCO, ARGENTIN, BINETTI, BOSSA, BUCCHINO, BURTONE, CALGARO, D'INCECCO, FARINA COSCIONI, GRASSI, LENZI, MIOTTO, MOSELLA, MURER, PEDOTO E SBROLLINI

La XII Commissione (Affari sociali),
esaminato il Documento di programmazione economica e finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2010-2013;
premesso che:
il Documento di programmazione economica e finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2010-2013, è stato presentato all'esame del Parlamento il 15 luglio 2009, rispetto al termine ultimo del 30 giugno stabilito dalla legge 468/78 in materia di contabilità e di bilancio;
tale ritardo nella disponibilità materiale del DPEF e degli allegati costringe le Camere ad un esame affrettato, a ridosso della chiusura estiva, contestuale all'esame di altri provvedimenti ;
le Camere non possono pertanto disporre del tempo necessario per acquisire i necessari elementi conoscitivi con le audizioni;
prima della presentazione del DPEF, e quindi prima di definire il quadro programmatico di finanza pubblica per gli anni 2010-2013, e le necessarie misure per dare impulso alla competitività e alla crescita, il Governo ha presentato al Parlamento in data 1o luglio 2009, il decreto-legge 78, ancora all'esame della Camera, che reca provvedimenti anticrisi;
dall'esame del DPEF appare evidente che la politica di bilancio prospettata dal Governo per il periodo 2010-2013 appare del tutto inadeguata a contemperare il superamento dell'attuale fase congiunturale e dei problemi strutturali del paese con il controllo del disavanzo pubblico e il riequilibrio dei conti;
nel DPEF, il Governo stima che il PIL, che si è ridotto dell'1,0 per cento nel 2008, si contragga del 5,2 per cento quest'anno e riprenda a crescere a ritmi positivi (lo 0,5 per cento) solo nel 2010; la graduale ripresa del commercio mondiale, gli interventi di politica monetaria e i provvedimenti anticiclici concordati a livello comunitario dovrebbero attenuare la fase recessiva già a partire dalla seconda metà del 2009; nel triennio successivo al 2010 la crescita media annua è prevista attestarsi al 2 per cento, con una ripresa sostenuta in particolare dall'atteso recupero del commercio internazionale;
le valutazioni del Governo appaiono più ottimistiche di quelle dei principali organismi internazionali: per il 2010 l'OCSE prevede valori positivi del tasso di crescita del PIL italiano per lo 0,4 per cento; il Fondo Monetario una nuova flessione (-0,1 per cento); il Consensus Economics uno stallo della crescita;
dai dati del DPEF emerge un grave deterioramento dei conti pubblici: l'obiettivo di indebitamento netto, viene aggiornato al ribasso, fissandolo al 5,3 per cento

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del PIL per il 2009, rispetto al 4,6 per cento indicato dal Governo ad aprile nella Relazione Unificata per l'economia e la finanza pubblica (RUEF); il valore dell'indebitamento netto stimato per il 2009 risulta anche da un peggioramento del saldo primario, che scende ad un valore negativo di 0,4 per cento del PIL; la spesa per interessi, nonostante il sensibile calo dei tassi, si mantiene sostanzialmente stabile, pari al 5,0 per cento, in relazione al consistente incremento dello stock del debito; per il rapporto debito pubblico/PIL, la previsione del DPEF per il 2009 è fissata al 115,3 per cento, con un incremento di 9,6 punti percentuali rispetto al 2008;
il quadro tendenziale delineato dal DPEF evidenzia un indebitamento netto ampiamente al di sopra del livello del 3 per cento per il periodo 2010-2013, anche a fronte del peso crescente della spesa per interessi, la cui incidenza passa dal 5,1 per cento del PIL del 2010 al 6,0 per cento nel 2013;
nel DPEF il Governo prevede di intervenire a correzione degli andamenti tendenziali di finanza pubblica solo a partire dal 2011, in attesa di un netto miglioramento del quadro economico;
il DPEF prospetta una manovra correttiva sul saldo primario pari, in termini cumulati, a circa l'1,2 per cento del PIL nel triennio 2011-2013; si prevedono interventi «non peggiorativi della pressione fiscale», e «non riduttivi del livello dei servizi alla collettività» bensì finalizzati all'efficienza e all'ottimizzazione dell'impiego delle risorse; ma i provvedimenti anticrisi sono, complessivamente restrittivi, e senza effetti finanziari «netti»; in alcuni casi determinano anche miglioramento dei saldi di finanza pubblica, sia con riferimento al saldo netto da finanziare, sia in termini di indebitamento netto e di fabbisogno; gli interventi sulla finanza locale, con il taglio dell'ICI e con le modifiche introdotte a più riprese sul patto di stabilità hanno determinato una contrazione severa delle risorse a disposizione degli enti decentrati per gli investimenti e per le politiche sociali, con ricadute significative sui servizi e sul benessere delle collettività locali;
considerato che:
la riduzione dell'attività economica, già molto rilevante nel quarto trimestre del 2008 (-2,1 per cento rispetto allo stesso periodo del 2007) si è ulteriormente aggravata nel primo trimestre del 2009 (-2,6 per cento) con una contrazione dei principali aggregati macroeconomici senza precedenti per intensità e durata;
secondo le stime più aggiornate della Banca d'Italia, la perdita cumulata del PIL al primo trimestre del 2009, pari a -5,9 per cento in termini reali, è già largamente superiore alle contrazioni registrate nelle due più severe recessioni dell'economia italiana del dopoguerra, quelle del 1974-75 e del 1992-93, in corrispondenza, rispettivamente, della prima crisi petrolifera e di quella valutaria, quando la flessione cumulata del PIL risultò pari al -3,8 per cento nella crisi del 1974-1975 e -all'1,9 per cento in quella del 1992-93;
nell'attuale fase congiunturale è il settore industriale quello che ha risentito con maggiore rapidità degli effetti dell'andamento negativo del ciclo; la crisi industriale è più ampia e intensa che in passato, con una diminuzione cumulata del valore aggiunto del settore sinora pari a quasi il -17 per cento, contro il -14 e il -5 per cento segnati, rispettivamente, alla metà degli anni settanta e nei primi anni novanta; fra aprile 2008 e marzo 2009 l'indice della produzione industriale è sceso ai livelli del 1987, una riduzione senza precedenti anche in occasione di altre gravi crisi economiche;
il drastico calo della domanda nei principali mercati di sbocco dell'economia italiana ha determinato una forte contrazione delle esportazioni (-21,4 per cento in volume al primo trimestre del 2009, rispetto alla fine del 2007); il Governo, nel DPEF, in un quadro di generale deterioramento dei conti con l'estero, segnala una dinamica di crescita delle esportazioni più

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accentuata al sud; in contrasto rispetto ai dati dei più autorevoli centri studi, come la Svimez, che segnala che il Mezzogiorno, che nel corso dell'anno 2008, aveva incrementato la propria quota dall'11,4 per cento all'11,7 per cento del totale delle esportazioni nazionali, nell'ultimo trimestre dell'anno ha subìto un crollo del 20,8 per cento;
la riduzione della spesa delle famiglie si manifesta in una forte diminuzione dei consumi di beni durevoli e semidurevoli e della spesa corrente e perfino in una contrazione dei consumi alimentari;
i dati sulle forze di lavoro e sulle ore autorizzate di Cassa integrazione guadagni, aggiornati rispettivamente a marzo e a giugno, mostrano un preoccupante deterioramento del mercato del lavoro: il DPEF registra un aumento della cassa Integrazione Guadagni nel primo semestre 2009 del 282,3 per cento rispetto al primo semestre 2008 e prevede un aumento del tasso di disoccupazione sia nel 2009 (8,8 per cento) che nel 2010 (8,9 per cento);
contrariamente a quanto affermato dal Governo nel DPEF, la recessione economica che dalla fine del 2008 ha interessato l'economia nazionale, si sta manifestando con particolare intensità nelle aree deboli del paese, in particolare nelle regioni del Mezzogiorno, con gravi ricadute in particolare sul mercato del lavoro meridionale, con brusche riduzioni dell'occupazione, contestuali incrementi del tasso di disoccupazione e conseguente contrazione dei redditi da lavoro delle famiglie; tra gennaio 2008 e gennaio 2009 si sono persi al Sud 114 mila posti di lavoro: molti tra questi lavoratori, precari e a termine, sono privi della copertura del sistema di ammortizzatori sociali; in un area dove lavora appena il 44 per cento della popolazione in età di lavoro, e le donne che lavorano sono meno di 3 su 10, questo configura una situazione di potenziale emergenza sociale;
sul fronte del credito bancario secondo l'Indagine trimestrale sul credito bancario nell'area dell'euro (Bank Lending Survey) nell'ultimo periodo si registra un'ulteriore restrizione dei criteri di erogazione dei prestiti alle imprese, con incremento dei margini applicati e riduzione delle quantità erogate; i provvedimenti adottati dal Governo per favorire un migliore accesso al credito del settore produttivo si sono pertanto rivelati, di fatto, inefficaci, mentre cresce la domanda delle imprese di prestiti per operazioni di ristrutturazione del debito a fronte di una ridotta disponibilità di fonti di finanziamento alternative;
l'inflazione armonizzata al consumo si porterebbe allo 0,8 per cento nella media del 2009, quasi tre punti percentuali in meno rispetto al 2008; dopo aver toccato un minimo nel terzo trimestre per effetto del confronto del livello dei prezzi energetici con quello di un anno prima, l'inflazione comincerebbe a riportarsi gradualmente verso valori più elevati; al netto della componente energetica, l'indice aumenterebbe dell'1,7 per cento, contro il 2,9 per cento dell'anno scorso; la Banca d'Italia segnala che nel 2010, con il rafforzamento delle quotazioni delle materie prime, i prezzi al consumo potrebbero crescere fino all'1,6 per cento (anche al netto della componente energetica);
la marcata riduzione della produttività del lavoro induce una forte accelerazione del costo del lavoro per unità di prodotto, che nel settore privato tende a raggiungere un ritmo di crescita superiore al 6 per cento;
le prospettive restano molto incerte: a fronte di una perdurante debolezza del ciclo economico, le imprese italiane potrebbero attuare, a partire dalla seconda metà dell'anno, una politica di ancor più deciso ridimensionamento dell'occupazione, che si tradurrebbe in una ulteriore decurtazione della capacità di spesa delle famiglie e in una più forte flessione della domanda interna;
dall'analisi dei dati di bilancio emerge che sono in crescita tutte le voci di spesa corrente mentre non sono state previste risorse aggiuntive per tutti i settori

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sensibili, tra cui quello, strategico, degli investimenti per opere pubbliche;
dal lato delle entrate, mentre la pressione fiscale non si riduce, il crollo delle entrate sembra essere determinato dall'effetto congiunto della crisi, dall'inefficacia delle misure di sostegno al consumo delle famiglie e dall'indebolimento delle misure per il recupero dell'evasione fiscale;
le misure una tantum, e interventi quali lo scudo fiscale incrementano solo in apparenza il gettito, perché hanno un impatto strutturalmente negativo in termini di diffusa incertezza sulle regole e incentivano comportamenti devianti da parte dei contribuenti;
constatato che:
nel testo del DPEF non è chiaro con quali strumenti il Governo intenda conseguire l'aggiustamento strutturale dei conti pubblici né le misure espansive che dovrebbero garantire l'innalzamento del tasso di crescita reale e potenziale dell'economia del paese; il documento di programmazione economica e finanziaria appare gravemente carente; mancano contenuti essenziali, e in particolare:
a) l'individuazione degli strumenti per conseguire gli annunciati obiettivi di sviluppo territoriale, in particolare nel mezzogiorno e nelle aree sottoutilizzate del centro-nord;
b) un quadro definito degli interventi collegati alla manovra di finanza pubblica per il 2010-2013;
valutato che:
gran parte degli oneri connessi alle misure anticicliche adottate dal Governo sono stati compensati mediante tagli, riprogrammazioni e riallocazioni delle risorse nazionali finalizzate in prevalenza allo sviluppo del Mezzogiorno, presenti nel Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS);
gli impieghi delle risorse FAS, sovente non coerenti con le finalità proprie del Fondo, hanno ridotto in misura considerevole l'entità dei fondi da ripartire per le aree sottoutilizzate ed esteso anche al Centro-Nord la possibilità di finanziamento sistematico su fonti vincolate alle politiche di coesione a valere sulle risorse stanziate per il periodo 2008-2012, con implicazioni rilevanti anche sul Quadro Strategico Nazionale 2007-2013, indebolendone significativamente la componente nazionale;
l'area meridionale si trova pertanto a competere, in termini di capacità di assorbimento, con le aree a più alto tasso di sviluppo del Paese che riescono ad attivare una più efficiente programmazione di spesa e più elevati livelli di progettualità, anche in una non favorevole situazione congiunturale;
nelle condizioni prospettate dal DPEF la pressione fiscale non diminuisce, ma sale in una certa misura, e vi sono rischi concreti di consistenti aumenti, in particolare per effetto della compressione delle risorse per i servizi pubblici e dei provvedimenti sulla spesa della sanità regionale, i cui tagli potrebbero essere recuperati attraverso l'aumento dei tributi trasferiti;
il forte declino delle politiche di coesione, sta accrescendo progressivamente la sperequazione nella distribuzione del reddito nel paese, mentre il blocco dei consumi e la precarizzazione crescente dei rapporti di lavoro aumenta l'esigenza di incisive politiche sociali;
l'esiguità delle risorse aggiuntive mobilitate per contrastare la crisi, in particolare per finanziare gli investimenti in infrastrutture e per incentivi al sistema produttivo nelle aree più deboli e incise dalla crisi appare difficilmente sostenibile sia dal punto di vista economico che sociale;
ritenuto che, nelle materie di competenza della Commissione:
a tutt'oggi non si è addivenuti alla stipula di un nuovo Patto per la salute al fine di continuare quel percorso di condivisione, collaborazione e responsabilità tra Stato e Regioni nella gestione del

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Servizio sanitario nazionale che ha come fine ultimo quello di garantire un governo integrato del Servizio sanitario nazionale da parte di tutti i soggetti interessati, prefigurando un assetto in cui, a fianco dell'autonomia gestionale e della responsabilità di bilancio delle regioni, lo Stato svolga il ruolo, essenziale per l'unitarietà e l'omogeneità del sistema, specialmente alla luce del nuovo federalismo, di coordinamento degli obiettivi di salute, di promozione dell'appropriatezza delle prestazioni e di rigore finanziario;
per il nuovo Patto per la salute servono innanzitutto certezze finanziarie e che senza certezze finanziarie le regioni non possono assumersi le proprie responsabilità in tema di spesa;
la stessa possibilità per il governo di procedere anche qualora non si pervenisse concorda mete tra Stato e regioni alla stipula del nuovo Patto per la salute nei tempi stabiliti di poter unilateralmente apportare le economie che esso ritiene necessarie affinché la spesa nel settore sanitario sia sotto controllo;
se è pur vero che gli stanziamenti per il Fondo sanitario nazionale crescono di circa 4,5 miliardi tra il 2010 e il 2011 è anche vero che le regioni da tempo denunciano la sottostima a priori del Fondo Sanitario Nazionale previsto per il 2010-2011: una sottostima di almeno 7 miliardi;
ad oggi, dopo più di un anno dalla revoca del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 aprile 2008, non è stato ancora pubblicato il nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri contenente l'aggiornamento dei Livelli essenziali d'assistenza, l'aggiornamento delle malattie rare esenti dal ticket, il nuovo nomenclatore tariffario, onde poter aiutare tutte quelle famiglie che, specialmente in una situazione di crisi economica, come quella attuale, si trovano ogni giorno sempre più in difficoltà né, ad oggi, sono state trovate le risorse finanziarie necessarie a creare finalmente una reale copertura su tutto il territorio nazionale di accesso per tutti i malati alle cure palliative e alle terapie del dolore;
non sono stati individuati gli 800 milioni per finanziare in prospettiva l'abolizione del ticket sulla diagnostica;
si interviene unilateralmente da parte del governo, con il decreto n. 78 del 2009, alla stabilizzazione del taglio al budget della farmaceutica territoriale aprendo così la possibilità che le regioni si trovino costrette a chiedere una compartecipazione alla spesa da parte dei cittadini;
valutato che:
vi è un progressivo impoverimento delle politiche del welfare, come dimostra lo svuotamento del fondo per le politiche sociali e del fondo per la non autosufficienza, dove dal 2010, invece che un incremento, viene totalmente svuotato con conseguente inevitabile aumento della spesa sanitaria;
la necessità, invece, di individuare a livello nazionale risorse certe per assicurare i servizi per il sostegno delle persone non autosufficienti e delle loro famiglie, è tanto più importante per colmare il divario che si sta registrando nel Paese tra Regioni che hanno già provveduto a mettere in campo significative risorse a favore della non autosufficienza e Regioni che invece, per molteplici motivi, sono in grave ritardo nella predisposizione di progetti e finanziamenti per questa rilevante area del disagio sociale, con drammatici effetti per le stesse persone non autosufficienti;
i finanziamenti complessivi alle Regioni nel 2008 erano di oltre 2 miliardi di euro mentre nel 2010 si ridurranno a 600 milioni con una decurtazione di quasi due terzi, che comporterà necessariamente tagli ai tanti servizi sociali attualmente erogati dagli enti locali tra cui gli interventi a favore dell'assistenza domiciliare (assegni di cura, fondi per le famiglie), i fondi per i progetti di affido familiare, l'area tutela dei minori (in particolare quelli ospitati negli istituti protetti), i progetti relativi all'autonomia e all'assistenza domiciliare delle persone disabili;
il Governo non ascolta l'appello da parte di tutte le regioni alla richiesta di

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una deroga al patto di stabilità affinché i servizi sociali essenziali per i cittadini possano essere sganciati dai vincoli che questo impone;
manca una politica organica e compiuta di sostegno alla famiglia, specialmente per quelle famiglie con redditi bassi o numerose;
l'unica politica sull'immigrazione messa in atto fino ad ora è solo quella in termini di sicurezza e mai di reale e fattiva integrazione, là dove invece quest'ultima deve diventare la prima forma di sicurezza sociale che consenta attraverso un processo biunivoco che coinvolga sia la società d'accoglienza che i cittadini stranieri, nella consapevolezza reciproca di obblighi e diritti di ambo le parti, alla piena partecipazione da parte dell'immigrato alla vita sociale, economica, culturale e civile della società d'accoglienza e all'accesso ai beni e servizi, a pari titolo e con pari dignità rispetto agli altri cittadini,
esprime:

PARERE CONTRARIO

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ALLEGATO 2

Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alle terapie del dolore (Testo unificato C. 624 Binetti, C. 635 Polledri e Rivolta, C. 1141 Livia Turco, C. 1830 Di Virgilio, C. 1738 Bertolini, C. 1764-ter Cota, C. 1968-ter Saltamartini e C. 1312 Farina Coscioni).

ULTERIORI EMENDAMENTI DEL RELATORE APPROVATI

ART. 8.

Al comma 3, sostituire le parole: Il decreto con le seguenti: L'accordo.
8. 100.Il Relatore.

ART. 11.

Al comma 1, sostituire le parole: articolo 8 con le seguenti: articolo 9.
11. 200.Il Relatore.

ART. 12.

Al comma 1, sostituire le parole: n. 233 con le seguenti: n. 203.
12. 100.Il Relatore.