CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 24 ottobre 2018
80.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Risoluzione n. 7-00048 Delmastro Delle Vedove: Sulla sigla di accordi bilaterali per il trasferimento di detenuti.

RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

  La III Commissione,
   premesso che:
    nelle case circondariali d'Italia sono detenute e/o ristrette 58.745 persone, secondo i dati forniti dal Ministro di grazia e giustizia;
    la popolazione carceraria straniera è costituita da circa 19.860 persone, secondo il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria;
    nel nostro sistema carcerario si contano, infatti, detenuti provenienti da più di cento Paesi;
    i Paesi più rappresentati sono, in ordine decrescente, il Marocco (18,6 per cento dei detenuti stranieri), la Romania (13,7 per cento), l'Albania (12,8 per cento), la Tunisia (10,5 per cento), la Nigeria (5,6 per cento) e l'Egitto (3,4 per cento);
    il costo medio giornaliero per ogni detenuto è indicato dallo stesso dipartimento dell'amministrazione penitenziaria in 137,02 euro;
    il costo annuale per i detenuti stranieri sopportato dallo Stato italiano è dunque superiore a novecento milioni di euro;
    lo Stato italiano ha sottoscritto un accordo con la Romania in data 13 settembre 2003 che prevede il trasferimento di detenuti condannati anche senza il loro consenso;
    appare dunque opportuno intraprendere percorsi volti a sottoscrivere trattati bilaterali con Paesi dell'Unione europea ed extraeuropei per consentire il trasferimento dei detenuti per la esecuzione in Patria delle sentenze penali italiane, anche senza il preventivo consenso del detenuto stesso,

impegna il Governo

ad avviare e proseguire percorsi volti a sottoscrivere trattati e/o accordi bilaterali con il Marocco, l'Albania, la Tunisia e la Nigeria, nonché con ulteriori Stati, per agevolare e semplificare il trasferimento dei detenuti al fine dell'esecuzione penale nello Stato di provenienza, attraverso strumenti e clausole che comprendano anche l'eliminazione della mancanza di consenso del detenuto dalle condizioni ostative.
(8-00002) «Delmastro Delle Vedove».

Pag. 22

ALLEGATO 2

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo bilaterale tra la Repubblica italiana e la Bosnia ed Erzegovina aggiuntivo alla Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957, inteso ad ampliarne e facilitarne l'applicazione, fatto a Roma il 19 giugno 2015 (C. 1126 Governo).

EMENDAMENTO

ART. 3.

  Sopprimere il comma 2.
3.1. Il Relatore.
(Approvato)

Pag. 23

ALLEGATO 3

Ratifica ed esecuzione dei seguenti Trattati: a) Accordo bilaterale aggiuntivo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Macedonia alla Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957, inteso ad ampliarne e facilitarne l'applicazione, fatto a Skopje il 25 luglio 2016; b) Accordo bilaterale aggiuntivo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Macedonia alla Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 inteso a facilitarne l'applicazione, fatto a Skopje il 25 luglio 2016 (C. 1127 Governo).

EMENDAMENTO

ART. 3.

  Sopprimere il comma 2.
3.1. Il Relatore.
(Approvato)

Pag. 24

ALLEGATO 4

Interrogazione n. 5-00703 Delmastro Delle Vedove: Sull'urgenza di un sostegno straordinario a favore della sede consolare in Venezuela.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento al quesito dell'interrogante relativo al rilascio di passaporti, si segnala che l'attività dei due Consolati di Caracas e Maracaibo è effettivamente sensibilmente aumentata per venire incontro ai disagi dei connazionali dovuti alla crisi venezuelana. In particolare, i passaporti rilasciati dal Consolato Generale a Caracas alla data del 22 ottobre 2018 sono stati 14.640, con un aumento del 45 per cento rispetto allo stesso periodo del 2017. Per quanto invece riguarda il Consolato a Maracaibo, i passaporti rilasciati nel 2018 sono stati 1.471, con un aumento del 5 per cento. Si tratta di risultati importanti, tanto più alla luce delle difficoltà di organico, con 23 unità complessivamente in pianta organica nel Consolato Generale a Caracas nel 2018 e una sola persona disponibile per il settore nel Consolato a Maracaibo.
  Inoltre, nell'ottica di favorire i connazionali residenti in aree distanti dalle due citate sedi, il Vice Consolato onorario di Porlamar e l'Agenzia Consolare onoraria di Barinas (entrambi dipendenti dal Consolato Generale a Caracas) sono stati dotati di due dispositivi mobili per la rilevazione delle impronte digitali e l'invio telematico agli uffici consolari per il rilascio del passaporto. I connazionali residenti nelle predette aree possono dunque ora recarsi presso gli Uffici onorari per la richiesta di passaporto, senza affrontare il viaggio fino al Consolato di riferimento. I dati vengono successivamente inviati telematicamente al Consolato, che procede all'emissione e all'invio postale del passaporto.
  In entrambi gli Uffici consolari, oltre al sistema informatico di prenotazione on line, vengono accettate moltissime istanze presentate via e-mail o telefonicamente per casi di comprovata urgenza. Con notevole sforzo organizzativo i passaporti vengono rilasciati a vista e il Consolato Generale a Caracas ha avviato da settembre anche un sistema di apertura al pubblico nelle giornate di sabato per consentire ai connazionali ulteriori opportunità per presentare le proprie istanze.
  Quanto al settore cittadinanza, al 30 settembre 2018 sono state evase 1.051 pratiche di cittadinanza da parte del Consolato Generale a Caracas e 342 dal Consolato a Maracaibo. Si segnala inoltre che a Caracas non vi sono al momento arretrati, mentre la situazione è più difficile presso il Consolato a Maracaibo, dove ai compiti di riassorbimento dell'arretrato, trattazione degli affari correnti e copertura del relativo servizio di sportello è attualmente applicata una unità di personale. Il Consolato Generale a Caracas ha inoltre registrato 2.501 atti di nascita nei primi nove mesi del 2018 (+29 per cento rispetto allo stesso periodo del 2017) e 4.579 nuove iscrizioni AIRE (+77 per cento rispetto allo stesso periodo del 2017).
  In merito al potenziamento degli organici, si segnala in primo luogo che – in termini generali – la Farnesina è stata interessata nel corso dell'ultimo decennio da una pesante riduzione del personale di ruolo, che ha in particolar modo riguardato le unità appartenenti alle Aree Funzionali, ridottesi di oltre il 30 per cento rispetto al 2006. Ciò ha determinato una crescente difficoltà ad assicurare Pag. 25un livello di servizi adeguato alle esigenze dei cittadini e delle imprese all'estero (es. cittadinanza, visti, passaporti, sicurezza). La conseguente crescita dell'età media del personale di ruolo (che si attesta attualmente sui 56 anni) aggrava ulteriormente tale situazione, considerati l'estensione geografica della nostra rete estera e quindi il fatto che i dipendenti del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale sono chiamati a prestare servizio in aree geografiche spesso caratterizzate da rilevanti difficoltà ambientali, rischi sanitari e condizioni di sicurezza precarie. La carenza di personale necessario per il corretto funzionamento delle nostre strutture all'estero, sia sotto il profilo consolare che amministrativo-contabile, è quindi al momento preoccupante.
  Tuttavia, in controtendenza rispetto al resto delle strutture consolari in America Latina, proprio al fine di rispondere alle pressanti esigenze della numerosa collettività residente in Venezuela, l'Amministrazione si è avvalsa di misure di rafforzamento delle risorse umane per consolidare i servizi consolari in Venezuela. Si è trattato nello specifico dell'assegnazione di una unità in più per quattro mesi presso il Consolato Generale Caracas e di una unità in più per sei mesi presso il Consolato a Maracaibo; della messa in pubblicità straordinaria di un posto di «copertura prioritaria» per Caracas e di un analogo posto di «copertura prioritaria» per Maracaibo; dell'autorizzazione ad assumere quattro unità a contratto presso il Consolato Generale a Caracas e tre unità a contratto presso il Consolato di Maracaibo.

Pag. 26

ALLEGATO 5

Interrogazione n. 5-00212 Emiliozzi: Su un caso di sottrazione di minori tra Italia e Messico.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Non ripercorrerò la successione dei fatti di questa sottrazione internazionale di minori in quanto già ben esposti dall'Onorevole interrogante. Vorrei invece partire da una novità di questi giorni che mi pare molto importante.
  Abbiamo infatti appreso che lo scorso 19 ottobre il minore in questione è stato localizzato in un quartiere centrale di Città del Messico. Da tempo, per queste ricerche, si era attivata Interpol Italia, in collaborazione con Interpol Messico. Il piccolo è stato affidato dal competente Tribunale locale ad una struttura protetta, in attesa che il Giudice si pronunci su un ricorso presentato in extremis dai legali della madre. Solo quando il medesimo giudice avrà assunto una decisione al riguardo, sarà auspicabilmente possibile conoscere i tempi per il rientro del minore in Italia.
  Sin dall'inizio della vicenda, l'Ambasciata a Città del Messico, in stretto raccordo con la Farnesina, ha seguito da vicino le varie fasi processuali, tenendo i rapporti con le parti, i legali e le Autorità messicane, e sollecitandole – anche tramite contatti diretti con l'Autorità Centrale messicana – ad una rapida definizione dei procedimenti. L'Ambasciata si è inoltre più volte proposta come possibile canale di mediazione e conciliazione tra i genitori.
  Lo scorso luglio, a seguito della perdurante irreperibilità del minore, l'Ambasciatore ha chiesto ed ottenuto la convocazione di un incontro urgente con il Capo di Gabinetto del Procuratore Generale della Repubblica, con il Direttore di Interpol-Messico e con il Direttore dell'Autorità Centrale messicana, chiedendo di intensificare gli sforzi per giungere quanto prima alla localizzazione del minore. Nel contempo, analoga iniziativa è stata portata avanti dal competente ufficio del Dipartimento Giustizia minorile del Ministero della Giustizia presso la Rappresentanza consolare del Messico a Milano.
  Con riferimento al secondo profilo dell'interrogazione, il Ministero della Giustizia evidenzia l'esistenza di due procedimenti legislativi europei di revisione.
  Il primo riguarda il Regolamento n. 2201 del 2003, concernente la competenza, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale. La revisione propone una accelerazione dei procedimenti transfrontalieri e un più efficace contrasto alla sottrazione internazionale. In particolare, opta per l'abolizione dei procedimenti di exequatur così rendendo tutte le decisioni immediatamente esecutive. In tal modo, si risparmierebbero i tempi e i costi della procedura di deliberazione, garantendo nel contempo la necessaria tutela del convenuto.
  Il secondo procedimento legislativo europeo di revisione, per il quale sono in corso negoziati, ha ad oggetto la modifica del Regolamento (CE) n. 1987/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio sull'istituzione, l'esercizio e l'uso del sistema d'informazione Schengen di seconda generazione (SIS II).
  È noto che il SIS è un sistema informativo operativo a livello centrale (UE) e locale (Stati Membri) destinato principalmente a contenere segnalazioni ai fini del rifiuto d'ingresso o di soggiorno.Pag. 27
  La proposta di revisione introdurrebbe previsioni concernenti anche i minori a rischio sottrazione, prevedendo che questi possano essere inseriti nel SIS su segnalazione della competente autorità dello Stato membro.
  Un «ALERT» in materia di minori potrebbe, in particolare, essere inserito su richiesta di una autorità giudiziaria dello Stato Membro che sia competente ai sensi del Regolamento 2001 del 2003 quando esiste un concreto ed evidente rischio di sottrazione illecita e imminente del minore. Questo strumento protettivo sarebbe di particolare positivo impatto per l'ordinamento perché verrebbe introdotto uno strumento per prevenire la sottrazione mentre quelli attualmente vigenti operano ex post cioè una volta che il minore è stato sottratto.

Pag. 28

ALLEGATO 6

Interrogazione n. 5-00441 Grimoldi: Sulla revoca delle sanzioni imposte all'Eritrea.

TESTO DELLA RISPOSTA

  La nomina del nuovo premier etiope Abiy Ahmed ha indubbiamente costituito un elemento di svolta e ha posto le basi di un processo di pace che, dai rapporti fra Etiopia ed Eritrea, si è allargato a livello regionale a Somalia e Gibuti.
  Tale positiva dinamica ha generato importanti conseguenze anche sul piano internazionale, rendendo di particolare attualità la questione dell'eventuale rimozione di tale regime sanzionatorio, imposto sulla base del presunto sostegno di Asmara a gruppi armati e terroristici operanti nella regione (in particolare Al Shabaab in Somalia), e dell'occupazione di aree contese al confine con Gibuti.
  Il 9 luglio scorso ad Addis Abeba, in occasione dell'incontro con il Segretario Generale dell'ONU Guterres, il Primo Ministro etiope Abiy ha chiesto la revoca immediata delle sanzioni, con lettera trasmessa da Guterres al Consiglio di Sicurezza il successivo 17 luglio. A tale richiesta si è associata, alla fine del medesimo mese, la Somalia. Gibuti si è invece immediatamente opposto a tale sviluppo, avviando un'azione di sensibilizzazione sui membri del Consiglio di Sicurezza volta a impedire la revoca delle sanzioni. Il recente ristabilimento di relazioni diplomatiche tra Eritrea e Gibuti potrebbe però ammorbidire la posizione gibutina.
  L'Italia sostiene con convinzione il processo di riconciliazione in corso. In occasione della colazione offerta dal Ministro Moavero Milanesi il 27 settembre, a margine della settimana di alto livello di apertura dell'Assemblea Generale, i Ministri degli Esteri eritreo Saleh, ed etiope, Gebeyehu hanno richiesto il sostegno italiano per convincere i membri del Consiglio di Sicurezza a revocare le sanzioni.
  L'11-12 settembre 2018, il Presidente del Consiglio Conte è stato il primo leader occidentale a recarsi in visita ufficiale in Etiopia ed Eritrea. Nel corso degli incontri con il Primo Ministro Abiy e il Presidente Afewerki è stato affrontato, tra gli altri, il tema sanzionatorio.
  Da parte nostra, pur non essendo attualmente membri del Consiglio di Sicurezza, stiamo sostenendo le richieste eritree ed etiopi tramite un'azione di sensibilizzazione sui membri del Consiglio, in linea peraltro con quanto fatto durante il nostro mandato in Consiglio nel 2017.
  Un utile momento di confronto sarà inoltre costituito dalla Conferenza Italia-Africa, che avrà luogo domani alla Farnesina e a cui parteciperanno 46 Paesi Africani, 34 rappresentati a livello ministeriale (tra cui gli stessi Ministri degli Esteri di Etiopia e di Eritrea), e 13 Organizzazioni Internazionali per un totale Pag. 29di 350 Delegati. Si tratta di un evento importante, con diversi incontri bilaterali fissati a margine, che rappresenta il principale momento di dialogo strutturato tra l'Italia e gli Stati del continente africano.

Pag. 30

ALLEGATO 7

Interrogazione n. 5-00445 Quartapelle Procopio: Sul rifinanziamento e sulle modalità di utilizzo del Fondo Africa.

TESTO DELLA RISPOSTA

  La cooperazione con i Paesi africani d'importanza primaria per la gestione dei fenomeni migratori rappresenta una priorità per il Governo e il Fondo Africa costituisce uno degli strumenti principali per sviluppare e approfondire ulteriormente tale cooperazione.
  Le risorse del Fondo sono impiegate in conformità con l'Atto d'indirizzo e con l'Atto di programmazione, stabiliti con decreto dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
  Come disposto dall'Atto d'indirizzo (decreto ministeriale 4115/0423 del 12 febbraio 2018, come modificato dal decreto ministeriale 1202/1648 del 28 agosto 2018), gli interventi finanziati dal Fondo sono «parte qualificante del complesso di misure stabilite dal Governo italiano per il contrasto dei traffici di esseri umani» e sono «volti ad assicurare la piena cooperazione con i Paesi di origine e transito, nel quadro di un'azione integrata di politica estera che valorizza la centralità del continente africano».
  L'Atto di Programmazione indicativa annuale (decreto ministeriale 1202/1649 del 28 agosto 2018), efficace dalla data del decreto alla fine dell'esercizio finanziario 2018, indica i Paesi (tra quelli di cui all'articolo 2 dell'Atto d'indirizzo) a cui destinare interventi nel periodo di riferimento, gli importi massimi da dedicare a ciascun Paese e le tipologie di attività da realizzare in ciascun Paese (tra quelli di cui all'articolo 3).
  In relazione al quesito posto dall'Onorevole Interrogante, si precisa anzitutto che l'importo di 55 milioni di euro indicato si riferisce all'importo disponibile ad inizio 2018 in termini di sola cassa a titolo di stanziamento per onorare il pagamento dei residui passivi provenienti da impegni assunti nell'esercizio finanziario 2017. Non si tratta pertanto, a rigore, di disponibilità «avanzate».
  Per quanto riguarda invece lo stanziamento di 30 milioni di euro per l'anno 2018, si informa che al 22 ottobre risultano impegnati circa 23,370 milioni di euro, di cui 19,358 milioni già pagati e 4 milioni in corso di validazione. Sono attualmente in corso le procedure per l'impegno dei finanziamenti rimanenti.
  In conformità con l'Atto d'indirizzo e con l'Atto di programmazione, nel 2018 sono stati finanziati interventi di cooperazione allo sviluppo, di sostegno al bilancio settoriale, programmi di accoglienza e assistenza ai migranti e ai rifugiati, interventi di protezione dei più vulnerabili, dei minori non accompagnati e delle vittime di tratta, campagne informative sul rischio migratorio, forniture di equipaggiamenti e strumentazioni per la prevenzione e il contrasto dei traffici di esseri umani.
  Quanto al dettaglio delle iniziative finanziate a valere sui finanziamenti per il 2018, 7 milioni sono stati erogati a favore di iniziative di cooperazione allo sviluppo attuate dall'AICS. In particolare, sono stati erogati due contributi del valore di un milione ciascuno per progetti da attuarsi in Etiopia rispettivamente per un'iniziativa in favore delle popolazioni vulnerabili, dei rifugiati, degli sfollati e dei migranti e per un progetto a sostegno del riconoscimento del diritto all'identità attraverso la registrazione delle nascite. 3 milioni sono stati destinati per una campagna informativa Pag. 31regionale con il coinvolgimento di network di giornalisti africani attuata in collaborazione con l'UNESCO. Infine, 2 milioni sono stati erogati per la campagna informativa regionale «Cinemarena», attuata in collaborazione con l'OIM.
  6 milioni di euro sono stati erogati a favore del Trust Fund dell'UE per contribuire a progetti in Mauritania, Burkina Faso e Niger. Il progetto in Mauritania sarà attuato da organizzazioni della società civile da determinarsi tramite apposito bando. Il progetto in Burkina Faso assumerà la forma di sostegno diretto al bilancio nazionale. Il progetto in Niger sarà gestito per una quota consistente (14 milioni su 30 totali) dalla Cooperazione Italiana; per la parte rimanente dalla Cooperazione belga e dalla Cooperazione olandese. Le risorse assegnate al Trust Fund UE attraverso il Fondo Africa concorrono al posizionamento dell'Italia quale secondo contributore a titolo nazionale tra i Paesi Membri dell'Unione, con un impegno finanziario complessivo di 112 milioni. Nessun contributo è stato sinora erogato attraverso il Fondo Africa 2018 al Ministero dell'interno mentre circa 878.000 euro sono stati erogati a favore del Ministero della Difesa per la cessione alle autorità nigerine di ambulanze e autobotti d'acqua nell'ambito delle attività di ricerca e soccorso dei migranti nel deserto.
  In continuità con le iniziative finanziate attraverso il Fondo Africa 2017, è proseguito il sostegno alle attività delle organizzazioni internazionali operanti nei Paesi di origine e di transito dei flussi migratori. In particolare, a valere sul Fondo Africa 2018, sono stati sinora erogati 3 milioni all'UNHCR per interventi di sostegno alle autorità nigerine nella gestione dei rifugiati. 2,5 milioni sono stati erogati all'OIM per due progetti, del valore rispettivamente di 1,5 e un milione, destinati al rafforzamento delle capacità operative dell'organizzazione nella regione nord-occidentale del Niger e al miglioramento dell'assistenza sanitaria ai migranti e alle comunità ospitanti in Egitto. Inoltre, 4 milioni sono stati erogati all'UNICEF per il finanziamento di due progetti, del valore di 2 milioni ciascuno, volti alla protezione dei minori migranti in Gambia e in Libia.
  In relazione al quesito posto dall'Onorevole Interrogante, si segnala che, fatta salva la necessaria certificazione successiva da parte del Comitato per l'Assistenza allo Sviluppo OCSE-DAC, concorre alla valutazione comparata della performance dell'Italia come Paese donatore conformemente ai criteri OCSE-DAC il 100 per cento delle risorse finora impegnate a valere sul Fondo Africa 2018. La totalità dei progetti sinora finanziati, attraverso l'AICS, il Fondo Fiduciario UE, Organizzazioni Internazionali o altre Amministrazioni, risponde infatti ai criteri individuati dal Comitato DAC.
  Il monitoraggio dei progetti finanziati attraverso il Fondo Africa è un processo a medio termine ed è pertanto ancora in corso, sebbene i risultati preliminari siano positivi. Al fine di monitorare il corretto utilizzo dei fondi, sono stati intrattenuti assidui contatti con gli enti e le organizzazioni beneficiari dei finanziamenti e sono stati svolti appositi incontri. In relazione ai finanziamenti erogati ad altre Amministrazioni, sono state sinora tenute dodici riunioni dei Comitati di monitoraggio che hanno consentito l'esame dei rapporti periodici predisposti dagli Enti beneficiari dei fondi. Per quanto riguarda il monitoraggio dei finanziamenti erogati a beneficio di organizzazioni internazionali, la Direzione Generale Italiani all'Estero e Politiche migratorie ha esaminato in dettaglio i sette rapporti periodici sinora pervenuti previsti dalle intese tecniche concluse per l'erogazione dei finanziamenti. A queste attività di monitoraggio, si aggiunge l'esame dei numerosi aggiornamenti operativi su singoli progetti trasmessi dalle organizzazioni beneficiarie.
  Per quanto riguarda la trasparenza nell'utilizzo delle risorse del Fondo per l'Africa, in aggiunta all'attività di relazione al Parlamento durante precedenti interrogazioni parlamentari e alla pubblicità degli interventi effettuata sui canali di comunicazione istituzionale, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ha sinora reso pubblici, nel Pag. 32quadro di istanze di accesso agli atti, 10 provvedimenti dirigenziali (ordinativi di pagamento e decreti di impegno) relativi a progetti finanziati attraverso il Fondo per l'Africa. Come previsto dalla normativa sulla trasparenza, inoltre, le intese tecniche concluse con altre Amministrazioni o con le organizzazioni internazionali sono state pubblicate in versione sintetica sul sito web istituzionale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
  Infine, il monitoraggio e la valutazione dell'impatto degli interventi sui diritti umani di migranti e comunità ospitanti vengono effettuati di concerto con la Commissione Europea per i finanziamenti erogati attraverso il Trust Fund, d'intesa con le Nazioni Unite per i contributi erogati alle organizzazioni internazionali e in stretto raccordo con la rete diplomatica italiana per i contributi erogati attraverso l'AICS o altre Amministrazioni. Quanto alle tematiche dei singoli progetti e al loro impatto sui diritti umani, nel 2018 sono stati finanziati attraverso il Fondo Africa prevalentemente interventi di cooperazione allo sviluppo, assistenza e protezione a favore di migranti, rifugiati e persone vulnerabili (ad esempio i minori). Di tali interventi sono stati beneficiari per larghissima parte l'AICS, le Agenzie delle Nazioni Unite e il Fondo Fiduciario dell'Unione Europea per l'Africa. Per quanto riguarda le forniture di veicoli alle Autorità nigerine di cui al progetto attuato dal Ministero della Difesa, trattandosi di ambulanze e di autobotti d'acqua, la valutazione dell'impatto sui diritti umani è senz'altro positiva.
  Per quanto riguarda infine gli interventi finanziati a valere sulle risorse 2017, si precisa che, al 22 ottobre, nessuna delle motovedette destinate alle Autorità libiche nel quadro del finanziamento da 2,5 milioni in favore del Ministero dell'Interno è stata ancora riconsegnata. Le attività di formazione delle Autorità dei Paesi di transito, inoltre, comprendono per la maggior parte anche moduli in materia di diritti umani.

Pag. 33

ALLEGATO 8

Interrogazione n. 5-00715 Quartapelle Procopio: Sulla scomparsa del giornalista saudita Jamal Khashoggi.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Il Governo italiano ha seguito fin dall'inizio il caso della scomparsa del giornalista saudita Jamal Khashoggi lo scorso 2 ottobre, presso il Consolato saudita a Istanbul. In coordinamento con i partner europei, il Governo monitora lo svolgimento delle indagini in corso e valuta le misure che Riad ha immediatamente adottato, a partire dalla rimozione di alcuni alti funzionari dei servizi di sicurezza, nonché del direttore delle comunicazioni presso la Corte Reale.
  Riteniamo che lo strumento più efficace per far pervenire messaggi di preoccupazione alle Autorità saudite e richieste di condurre indagini approfondite e tempestive sia l'azione sul canale multilaterale. Per questo, assieme ai paesi G7 e ai membri dell'Unione europea, abbiamo sottoscritto, il 10 e il 20 ottobre scorso, due appelli. Essi, da un lato, confermano l'impegno comune in difesa della libertà di espressione e per la protezione della libertà di stampa e, dall'altro, esprimono profondo turbamento per la scomparsa del giornalista, chiedendo di assicurare i responsabili alla giustizia, incoraggiando una collaborazione turco-saudita e sottolineando la necessità di indagini approfondite, credibili, trasparenti e immediate.
  A seguito delle informazioni diffuse nei giorni scorsi da parte delle autorità saudite che hanno confermato la morte del giornalista, il Presidente del Consiglio ha ribadito, nella giornata di lunedì, che il caso non può terminare con versioni non esaurienti e che l'Italia non da sola, ma con l'intera comunità internazionale, attende risposte credibili. Allo stesso tempo, nell'esprimere preoccupazione per la gravità della vicenda, il Premier ha ricordato che l'Italia non è insensibile e ha aggiunto che il Governo vorrebbe avere contezza del fatto in sé prima di confrontarsi con i partner internazionali.
  Le prime risposte da parte saudita non appaiono infatti ancora sufficienti per fare piena luce sull'accaduto e assicurare giustizia. Il Governo proseguirà quindi nella sua attività di monitoraggio attento e critico degli sviluppi della vicenda, incluse le possibili conseguenze, in coerenza col nostro tradizionale impegno a tutela dei diritti umani e della libertà di espressione. A fase istruttoria ultimata, quando saranno più chiare le responsabilità, potranno essere valutati ulteriori passi.

Pag. 34

ALLEGATO 9

Interrogazione n. 5-00786 Boldrini: Sul ruolo dell'Italia nel ripristino dello stato di diritto in Eritrea.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Ho già avuto modo di soffermarmi in occasione della precedente interrogazione dell'Onorevole Grimoldi sulle iniziative che il Governo sta portando avanti per favorire il processo di riconciliazione in corso. Ho ricordato la visita ad Asmara e Addis Abeba del Presidente del Consiglio, durante la quale è stato manifestato il pieno sostegno italiano alla dinamica in atto nell'auspicio che essa possa avere un impatto positivo sulla promozione dei diritti umani in Eritrea e nell'intera regione. Ho detto che domani alla Farnesina avrà luogo la Conferenza Italia-Africa, che rivolgerà un'attenzione particolare agli sviluppi della situazione nel Corno d'Africa. Aggiungo che, proprio poco fa, il Ministro Moavero ha avuto alla Farnesina un incontro con i Ministri degli esteri di Etiopia ed Eritrea, che fa seguito a quello tenutosi a margine della settimana di alto livello di apertura dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
  Con particolare riferimento all'Eritrea, da un lato persistono forti preoccupazioni per la situazione dei diritti umani, in particolare per la mancanza di progressi sostanziali su questioni come arresti e detenzioni arbitrarie, libertà di espressione, associazione e riunione, libertà di religione o credo. Dall'altro va dato atto di alcuni positivi sviluppi, riconosciuti nello Joint Statement dell'Unione europea pronunciato lo scorso giugno in Consiglio Diritti Umani in occasione del Dialogo Interattivo con la Relatrice Speciale sull'Eritrea. In particolare, le visite nel Paese dell'Ufficio dell'Alto Commissario ONU per i diritti umani (OHCHR) e la volontà espressa dall'Eritrea di impegnarsi in un dialogo sui diritti umani con Paesi terzi.
  L'Italia segue costantemente e con attenzione la situazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Eritrea, anche a livello multilaterale, in particolare in ambito ONU.
  L'Italia partecipa attivamente ai negoziati per la risoluzione sulla situazione dei diritti umani in Eritrea adottata annualmente dal Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite a Ginevra (CDU), contribuendo alla definizione della posizione dell'Unione Europea in relazione alla stessa. Nel corso della sessione di giugno scorso, il CDU ha adottato l'ultima risoluzione sul tema, promossa da Somalia e Gibuti che, tra l'altro, ha rinnovato di un anno il mandato della Relatrice Speciale.
  Sempre in ambito ONU, in occasione del secondo ciclo della Revisione Periodica Universale (UPR), esercizio di monitoraggio della situazione dei diritti umani cui tutti gli Stati membri dell'ONU si sottopongono ogni quattro anni nell'ambito del CDU, l'Italia ha raccomandato all'Eritrea di: attuare i princìpi della Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o – degradanti; modificare la legge sulla coscrizione obbligatoria; consentire l'accesso nel Paese del Relatore Speciale del Consiglio Diritti Umani e di cooperare con lo stesso; realizzare una campagna di sensibilizzazione sull'importanza della lotta contro ogni forma di discriminazione; adottare misure per garantire il diritto di proprietà conformemente agli standard internazionali in materia. L'Eritrea parteciperà al prossimo ciclo UPR nel gennaio 2019.Pag. 35
  In questo quadro, il Governo continuerà in ogni utile occasione bilaterale e in tutti i consessi multilaterali a sostenere la necessità che il processo di distensione in corso nel Corno d'Africa si accompagni ad una più efficace azione di promozione e tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Eritrea.

Pag. 36

ALLEGATO 10

Sugli esiti della missione svolta a Bruxelles in occasione della Conferenza interparlamentare sul futuro dell'osservazione internazionale delle elezioni (10-11 ottobre 2018).

COMUNICAZIONI DELLA PRESIDENTE

  L'onorevole Edmondo Cirielli ha preso parte, in rappresentanza della III Commissione, alla Conferenza ad alto livello sul tema in titolo, promossa dal Parlamento europeo e Servizio europeo per l'azione esterna.
  La Conferenza ha riunito osservatori, donatori, società civile e operatori per la prevenzione dei conflitti per fare il punto sulle nuove sfide dei processi elettorali, tra cui l'uso crescente dei social media per le campagne elettorali, i fenomeni di violenza che, talvolta, le accompagnano, e l'uso delle tecnologie per l'esercizio del diritto di voto. Inoltre, la Conferenza ha esaminato il ruolo e le migliori pratiche dell'osservazione parlamentare e le modalità per promuovere una maggiore collaborazione tra l'Unione europea, l'Unione africana e le Nazioni Unite in questo settore.
  La Conferenza ha registrato gli interventi di autorevoli relatori, tra cui: Mariya Gabriel, Commissaria europea per l'economia e la società digitale, Sahle-Work Zewde, Sottosegretario generale delle Nazioni Unite, Rappresentante speciale per l'Unione africana e Capo dell'Ufficio delle Nazioni Unite presso l'Unione africana; Cessouma Minata Samate, Commissaria per gli affari politici dell'Unione africana; Yves Leterme, Segretario generale dell’International Institute for Democracy and Electoral Assistance, già primo Ministro del Belgio; Mohamed Chambas, Rappresentante speciale ONU per l'Africa occidentale e il Sahel; Isabel Santos, Vicepresidente dell'Assemblea parlamentare OSCE; Ingibjörg Sólrún Gísladóttir, Direttore dell'Ufficio OSCE per le istituzioni democratiche e i diritti umani, nonché ex Ministro degli affari esteri dell'Islanda; Roger Nkodo Dang, Presidente del Parlamento panafricano.
   Nel suo intervento, l'Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell'UE, Federica Mogherini, ha sottolineato che la democrazia deve garantire uguali diritti per tutti gli elettori e parità di condizioni per tutte le parti politiche. Occorre dunque assicurare il rispetto della libertà di espressione, anche attraverso l'azione di una pluralità di media indipendenti, e il ruolo preminente della società civile.
  Il Presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, da parte sua, ha evidenziato che, dalla fine della Guerra Fredda, l'osservazione elettorale è diventata parte integrante della politica estera europea, come uno degli strumenti più efficaci e trasparenti per promuovere i valori fondamentali e rafforzare la democrazia in tutto il mondo.
  I partecipanti alla conferenza hanno rilevato i vantaggi della tecnologia digitale, che ha notevolmente semplificato la gestione dei processi elettorali, dalla registrazione degli elettori all'identificazione del voto e al conteggio dei risultati; tuttavia, il ricorso all'uso massiccio dei mezzi tecnologici non dissipa del tutto i rischi di manipolazione e può influire negativamente sul rapporto di fiducia tra politici, elettori e autorità di controllo. Analoghe riserve si pongono in relazione al ruolo dei social media, che a volte mettono in atto operazioni di disinformazione. Al riguardo, è stato osservato che, mentre il Pag. 37dibattito sulla governance di Internet si è finora concentrato sul rispetto della libertà di espressione, tali nuovi fenomeni hanno riacceso la discussione sui suoi limiti, soprattutto laddove tale libertà sconfina apertamente in episodi di incitamento all'odio. Occorre dunque valutare con attenzione le singole situazioni, mirando a realizzare il giusto equilibrio tra la necessità di evitare pericolose restrizioni della libertà di espressione e l'opportunità di promuovere una regolamentazione che prevenga le degenerazioni. In questo contesto, è stato evidenziato che, al fine di monitorare adeguatamente i sistemi digitali e i social media e per valutare il loro impatto sui processi elettorali, le squadre di osservatori elettorali necessitano di formazione continua e corsi di aggiornamento, creando sinergie con i think tank, il mondo accademico e le aziende ITC («Information and Communication Technologies»); tali aziende, da parte loro, se coinvolte nelle campagne elettorali, sono chiamate a rispettare standard minimi di trasparenza, sicurezza, sostenibilità, responsabilità e inclusività.
  Riguardo al tema della violenza, che può precedere, accompagnare o seguire il processo elettorale, il dibattito si è concentrato sulla necessità di sviluppare strategie a breve, medio e lungo termine per prevenire i conflitti. A breve-medio termine, occorre promuovere la mediazione e il dialogo tra le forze politiche, finalizzato alla risoluzione delle controversie., formando opportunamente il personale delle missioni di osservazione sui temi della prevenzione dei conflitti. Il lavoro di mediazione e prevenzione, inoltre non dovrebbe essere incentrato solo sui leader politici, ma anche sul ruolo delle donne, dei giovani – che sono spesso manipolati da attori politici per l'organizzazione di atti violenti – e delle minoranze.
  Le strategie a lungo termine devono mirare a rafforzare le istituzioni statali, anche attraverso l'attuazione sistematica delle raccomandazioni formulate in esito alle missioni di osservazione elettorale: la loro presenza in loco, per congruo un periodo di tempo, e le loro valutazioni indipendenti e imparziali svolgono un ruolo chiave nel rafforzare la credibilità dei processi elettorali i quali, a loro volta, possono contribuire a garantire transizioni politiche pacifiche.
  È stato sottolineato che a partecipazione dei parlamentari alle missioni di osservazione elettorale avviene, la maggior parte delle volte, nel quadro di organizzazioni regionali (UE, OSCE, NATO, Consiglio d'Europa, Organizzazione degli Stati americani-OAS, Parlamento panafricano ecc.). Tale aspetto apporta ulteriore credibilità e visibilità politica al processo di osservazione: l'autorevolezza delle organizzazioni e la diversità delle affiliazioni politiche dei parlamentari rafforzano, infatti, l'imparzialità e l'indipendenza delle conclusioni e delle raccomandazioni. Tuttavia, è stato evidenziato che, negli ultimi anni, i comportamenti di alcuni parlamentari-osservatori hanno suscitato delle riserve e dei dubbi sull'esistenza di possibili conflitti d'interesse: in tale ambito è stato dunque auspicato che le assemblee parlamentari dell'OSCE e della NATO, nonché i singoli parlamentari nazionali che partecipano alle missioni di osservazione, indipendentemente dal loro status e nazionalità, aderiscano al codice di condotta comune concordato dal Parlamento europeo e dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa. È stata suggerita, inoltre, la creazione, in ciascun parlamento coinvolto nelle missioni di osservazione di un organismo, composto da parlamentari, per vigilare sul rispetto del codice comune e sanzionare eventuali comportamenti che compromettano l'integrità di una missione.
  È stata, infine, rilevata l'esigenza di una migliore integrazione del personale nazionale nelle missioni di osservazione elettorale internazionale, anche al fine di una migliore coerenza delle relazioni finali.
  Il dibattito si è quindi incentrato sulle modalità per rafforzare la cooperazione trilaterale Unione europea-Unione africana-Nazioni unite nei processi elettorali, sia Pag. 38durante il periodo di dispiegamento delle missioni di osservazioni sia nelle attività di follow-up.
  È stato infatti rilevato che l'ONU, l'UE e l'UA cooperano già strettamente sull'osservazione elettorale nell'ambito della «Dichiarazione dei princìpi per l'osservazione internazionale» del 2005. I partecipanti alla Conferenza hanno convenuto che, in considerazione dell'esperienza delle tre organizzazioni e delle sfide future, sarebbe auspicabile l'instaurazione di un partenariato triangolare non più occasionale, ma strutturato, che possa interagire costantemente le autorità elettorali nazionali e con le organizzazioni della società civile: tale coordinamento potrebbe esplicitarsi sia nella redazione di comunicati congiunti, pubblicati in momenti decisivi del processo elettorale, sia nella discussione delle raccomandazioni prima che esse siano finalizzate.

Pag. 39

ALLEGATO 11

Sugli esiti della missione svolta a Vienna in occasione della Conferenza interparlamentare sulla politica estera e di sicurezza comune (PESC) e sulla politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) (11-12 ottobre 2018).

COMUNICAZIONI DELLA PRESIDENTE

  L'on. Piero Fassino, vicepresidente della Commissione, ha preso parte in rappresentanza della Camera dei deputati alla Conferenza interparlamentare sulla politica estera e di sicurezza comune (PESC) e sulla politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC), che ha avuto luogo a Vienna nei giorni 11 – 12 ottobre 2018 e che si è tenuta nell'ambito del semestre di presidenza Consiglio dell'Unione europea da parte dell'Austria.
  Anche in ragione dell'andamento dei lavori delle Camere, impegnate nelle stesse giornate nell'esame della Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, non è stato possibile comporre la delegazione secondo i consueti criteri che contemplano la partecipazione alla Conferenza di ulteriori tre deputati, per prassi consolidata individuati tra i componenti delle Commissioni III e IV. Ai lavori della Conferenza il Senato non aveva propri rappresentanti.

La riunione del cosiddetto «Group Med».

  In analogia con precedenti edizioni della Conferenza, prima dell'avvio dei lavori si è tenuta una riunione informale dei rappresentanti dei Parlamenti degli Stati membri del Sud dell'UE. Oltre al delegato italiano erano presenti parlamentari di Grecia, Spagna, Portogallo, Cipro e Francia. La riunione, promossa dal presidente della Commissione esteri e difesa del Parlamento greco, Kostantinos Douzinas, si è concentrata sul tema metodologico, connesso al perdurante mancato rispetto dell'articolo 7 del regolamento della Conferenza, che prevede la predisposizione e trasmissione con congruo anticipo di un progetto di conclusioni da parte della presidenza ospitante, la discussione del testo anche in merito ad emendamenti presentati dalle delegazioni, l'adozione delle conclusioni per consenso e la relativa trasmissione ai presidenti dei parlamenti nazionali, del Parlamento europeo, ai presidenti del Consiglio europeo e della Commissione, nonché all'Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza. L'assenza di questo elemento è considerata in modo unanime dal gruppo di Paesi del sud un fattore che priva la Conferenza di ogni ruolo di indirizzo rispetto alle scelte di politica estera, sicurezza e difesa dell'UE e comporta il declassamento di tale consesso a mero foro di discussione e di scambio di idee senza alcuna possibilità di impatto politico e con rischi di derive tecnocratiche.
  Su punto la discussione ha visto intervenire la delegazione portoghese, contraria a trasformare l'aggregato dei Paesi del sud in una sorta di gruppo di pressione o di lobby e cauta nell'insistere sulla questione delle conclusioni laddove le condizioni politiche siano non favorevoli. La delegazione maltese ha fatto presente come altri aggregati regionali siano divenuti assai forti nel fare valere interesse comuni. L'on. Fassino ha sostenuto la necessità per un impegno al ripristino delle conclusioni anche alla luce della quasi contestuale attività di cooperazione interparlamentare sugli stessi temi della Conferenza da parte di Paesi che aderiscono al «Gruppo di Pag. 40Visegrad» che hanno prodotto conclusioni scritte su posizioni comuni in tema di politica estera. Inoltre, per l'Italia occorre che le priorità del fronte sud dell'UE siano riconosciute come di interesse generale dell'UE anche in relazione alla crisi in atto in Libia, su cui occorre stimolare un nuovo approccio da parte dell'UE. La delegazione greca ha insistito sulla necessità di evitare che la posizione dei Paesi Visegrad finisca per coincidere con la visione dell'UE per assenza di competizione.
  Su istanza portoghese la riunione ha comportato la decisione di ridenominare il gruppo «Stati membri del sud dell'Unione europea» in modo da omettere il richiamo al Mediterraneo. In analogia con la riunione svolta a Granada nel maggio del 2018, si è concordato di convocare un nuovo appuntamento a Cipro in data da definire, al quale coinvolgere anche gli europarlamentari. Si è altresì concordato di predisporre una «Dichiarazione di Vienna» sul futuro dell'UE da indirizzare alla futura presidenza di turno della Romania anche al fine di chiedere la attuazione piena dell'articolo 7 del regolamento (vedi oltre).

I contenuti della sessione inaugurale.

  La sessione inaugurale ha visto, come di consueto, susseguirsi gli interventi dei rappresentanti delle istituzioni del Paese ospite: nel caso dell'Austria si è trattato del presidente del consiglio Nazionale (Nationalrat), Wolfgang Sobotka, della presidenza del Consiglio federale, Inge Posch-Gruska, e dei presidenti delle Commissioni esteri e difesa, Andreas Schieder e Reinhard Eugen Boesch.
  Tali interventi introduttivi si sono concentrati sul ruolo positivo che la cooperazione interparlamentare può giocare in un momento di svolta della storia europea, soprattutto nelle scelte di politica estera. In tale ambito resta infatti centrale il ruolo dei Parlamenti nazionali, cui spetta l'approvazione di eventuali modifiche di trattati, di scelte finanziarie a sostegno delle organizzazioni multilaterali e della cooperazione allo sviluppo e, in generale, la definizione degli indirizzi per l'azione dei rispettivi governi. Quanto ai temi pioritari per il semestre di presidenza austriaco l'accento è stato posto sulla strategia comune per i Balcani Occidentali, i temi della sicurezza e della lotta contro il terrorismo, la prevenzione e gestione dei conflitti nelle aree del vicinato orientale e meridionale, l'immigrazione.
  L'intervento del presidente della Commissione esteri Andreas Schieder ha inquadrato la centralità geopolitica, legata a fattori geografici e storici, dell'Austria rispetto alla regione mitteleuropea e dell'Europa sudorientale e la vocazione di Vienna, anche in ragione della sua neutralità, a rappresentare una cerniera tra l'est e l'ovest nelle fasi critiche della storia europea, ad esempio dopo i fatti del 1956 e del 1968 quando migliaia di profughi dall'Est europeo trovarono rifugio in territorio austriaco. In tal modo Schieder ha inquadrato la sessione dedicata all'immigrazione, che si è confermata tema dominante della Conferenza, auspicando maggior impegno parlamentare sulla gestione delle cause del fenomeno, ora che si può dire superata la pressione politica connessa ai massicci arrivi del 2015. Ha incoraggiato i Parlamenti nazionali a valutare non solo lo stanziamento di maggiori fondi per l'aiuto allo sviluppo ma una riconsiderazione dei rapporti con i paesi del sud del mondo, contrastando fenomeni di sfruttamento e ridefinendo le politiche di cooperazione. Ha annunciato per il 18 dicembre prossimo un vertice Ue-Africa dedicato ai temi economici e dell'innovazione. Ha quindi introdotto i lavori della sessione dedicata alla Siria a otto anni dall'inizio della crisi ricordando che il 56 per cento di immigrati dell'ondata del 2015 proveniva da tale Paese e che i Paesi confinanti ospitano ad oggi 5,6 milioni di rifugiati. Ha insistito sull'importanza che l'Europa recuperi ruolo nella sede dei negoziati ginevrini gestiti dall'ONU.
  L'introduzione del presidente della Commissione difesa, Reinhard Eugen Boesch, si è caratterizzata per un'enfasi a Pag. 41favore del rilancio del progetto europeo, qualificato come il più grande progetto di pace anche per i Paesi del vicinato, nonché per un appello a corrispondere alla responsabilità per una politica estera, di sicurezza e difesa comune che sia sostenibile. Il presidente della Commissione difesa ha ricordato che lo slogan della presidenza austriaca di turno, «Un'Europa che protegge», ha dato carattere prioritario all'esigenza di esercitare controllo, oltre che solidarietà, nella gestione dell'immigrazione e impegno contro le reti criminali che gestiscono i flussi illegali, in particolare contro la tratta. In generale ha incoraggiato un approccio politico concentrato sulla tutela più efficace dei confini esterni: l'Unione europea attraversa un passaggio delicato in cui deve dare prova di maggiore capacità di agire nel campo della sicurezza e della difesa per essere percepita come attore globale influente.
  La Conferenza è stata introdotta da una breve allocuzione dell'Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune, Federica Mogherini, in collegamento per videoconferenza, cui è seguito un breve dibattito. I temi del suo intervento sono stati: il ruolo centrale assolto dalla UE in occasione della recente 73ma Assemblea Generale delle Nazioni Unite; la conferma di un quadro concettuale coeso per il partenariato UE-ONU su immigrazione, sviluppo sostenibile, ambiente, Libia, Siria, Medioriente e Balcani; il lancio di una cooperazione trilaterale tra UE, Unione Africana e Nazioni Unite. Evocando l'esigenza di non rinunciare alle preziose leve del multilateralismo, Mogherini ha tracciato un resoconto sul processo relativo alle PESCO e alla mobilità militare in collaborazione con la NATO, tuttora vitale per il rafforzamento dell'UE. Ha tenuto a ribadire che, nell'esigenza di interagire anche con le Commissioni parlamentari competenti sulle scelte finanziarie, il lavoro dell'UE in politica estera non è e non sarà mai militarizzato: lo stile europeo resta incentrato sugli strumenti soft e il rafforzamento della capacità di intervento dell'UE è essenzialmente finalizzato ad accrescerne autonomia e autorevolezza. Sui temi della PESCO ha auspicato il consenso da parte di un elevato numero di Stati membri sul pacchetto di progetti inviato al Consiglio. Ha infine ribadito il carattere prioritario dell'integrazione europea dei Balcani Occidentali, processo che attraversa una stagione delicata ma che gode di un inedito sostegno politico da parte della Commissione. Si tratta di un'occasione da non disperdere nel corso della prossima presidenza di turno della Romania, che ha già annunciato in più sedi un fermo impegno sul punto.
  Nel corso del dibattito sono stati posti quesiti sulla possibile evoluzione della crisi ucraina (Lettonia), cui Mogherini ha risposto richiamando la prosecuzione del lavoro nel formato, in assenza di nuove iniziative politiche e nella consapevolezza del rallentamento che si è prodotto nel tempo. Ha confermato tuttavia l'impegno per la piena attuazione di Minsk II anche sulla base dell'accordo coeso che si registra in Europa in tema di sanzioni a Mosca.
  Sui temi della PESCO (Germania), su cui sono emerse preoccupazione per una nuova corsa agli armamenti in violazione dell'articolo 42 del TUE, Mogherini ha dato rassicurazioni sul pieno rispetto dei Trattati e sull'esigenza di dare sostegno finanziario al comparto industriale, per progetto di ricerca e sviluppo. Quanto alla PESCO, si tratta di una dinamica che colloca al centro gli Stati e i Parlamenti nazionali rispetto ai quali si è dichiarata disponibile per svolgere un'azione di informazione e stimolo ma nel rispetto rigoroso dei ruoli.
  L'intervento dell'on. Fassino ha riguardato la strategia sottesa al rapporto UE e Russia alla luce dei contenuti del discorso Juncker sullo stato dell'Unione e delle dichiarazioni dei maggiori leader europei. Ha inoltre richiamato la questione del ricorso del voto a maggioranza tramite la clausola passerella sulle materie oggetto della Conferenza, evocato da Juncker, per rafforzare il ruolo internazionale dell'UE: Mogherini ha precisato che le sanzioni non rappresentano la strategia ma un Pag. 42mero strumento di pressione in reazione ad una situazione assai grave, data dalla annessione della Crimea. La relazione dell'UE con la Russia va oltre ma non comporta un ritorno al partenariato perché non ve ne sono le condizioni in assenza di ogni evoluzione rispetto alla totale attuazione di Minsk. Ci sono comunque rapporti di collaborazione in settori specifici di interesse strategico in ambito PESC, come nel dialogo con la Cina e con l'Iran, nell'ambito del Quartetto sul Medioriente e per le crisi due Stati, dialogo con Russia che è difficile ma necessario per le gravi crisi in Libia e Siria. Ha portato il modello positivo della collaborazione tra Finlandia e Russia su temi come l'Artico e questioni di carattere trasfrontaliero e ha parlato di «impegno selettivo» auspicando un lavoro mirato a curare il contatto tra società civili europee e russe e ricordando i numerosi studenti che partecipano ad Erasmus+. Sui temi del voto a maggioranza, si tratta di una proposta che dovrà essere sottoposta all'orientamento degli Stati membri e del Consiglio. In alcuni settori del nostro lavoro non è sempre facile raggiungere l'unanimità, che è invece sempre possibile in sede Cae e Consiglio difesa, come pure su Brexit o sul lancio della Pesco. Per Mogherini un problema specifico è rappresentato dalla frequente incoerenza tra politiche nazionali rispetto a decisioni prese all'unanimità a livello europeo e dall'esigenza di una maggiore assunzione di responsabilità politica da parte degli Stati membri.
  Ulteriori temi del dibattito sono stati il trattamento delle minoranze di lingua ucraina in Russia (delegazione Ungherese), l'esigenza di maggiore impegno sui confini esterni dell'UE, soprattutto in Africa (on. Kiesewetter, Germania), cui Mgherini ha risposto evocando, tra l'altro, l'impegno formativo per accrescere le capacità della guardia costiera libica e delle forze armate nigerine e maliane con uno sguardo rivolto anche al monitoraggio e controllo dei confini con il Sudan e il Ciad. Ha, infine, fatto presente che il tema dell'immigrazione non riguarda solo l'Africa e che l'Unione europea ha avviato, su invito del governo iracheno, un'innovativa missione civile in Iraq per rafforzare autorità locali nella tutela dei beni culturali. Si tratta di un elemento che potrebbe essere istituzionalizzato nelle missioni all'estero anche per promuovere il turismo, la ripresa dell'economia e processo di riconciliazione.

Prima sessione: Sicurezza, immigrazione e controllo dei confini esterni.

  La sessione si è incentrata sull'intervento del Segretario generale del Ministero Federale della difesa austriaco, Wolfgang Baumann, che ha evocato il numero elevato di militari austriaci a sostegno della polizia doganale e per la tutela delle infrastrutture strategiche nel contrasto al fenomeno dell'immigrazione illegale anche alla luce del deterioramento delle condizioni di sicurezza nei Paesi confinanti. L'intervento ha gravitato intorno ai concetti di tutela della sovranità territoriale e all'esigenza di preservare condizioni di stabilità sul continente europeo ad ogni costo. L'impegno esterno prioritario è per la pacificazione dei conflitti da provengono i flussi migratori tenendo conto anche dei temi demografici e climatici. È essenziale dimostrare ai popoli europei che l'Ue e gli SM sono in grado di proteggerli, se necessario. Ha dichiarato una specificità austriaca nel rapporto con l'area dei Balcani Occidentali, in cui molti conflitti si sono stabilizzati ma non risolti. Occorre tutti collaborare affinché la perdita di controllo registrata nel 2015 non si ripeta e per prevenire il peggioramento delle condizioni di stabilità lungo i confini dell'Europea, in particolare in Ucraina.
  Berndt Koerner, vice direttore esecutivo di Frontex, ha invitato ad un impiego integrato dei diversi strumenti per affrontare le cause dell'immigrazione e tenere conto di interessi di sicurezza di UE. Ha ricordato l'evoluzione legislativa in atto sul ruolo operativo di Frontex, invitando ad una protezione dei confini che sia rigorosa ma fluida per non danneggiare i cittadini aventi diritto e, con essi, anche la stessa Pag. 43economia degli Stati membri. L'incremento esponenziale dei movimenti di persone verso l'Europa ha comportato la riorganizzazione dell'Agenzia che dal 2016 è passata ad uno staff di 700 dipendenti da 300 (31 tredici anni fa) e ha ricevuto enormi risorse economiche, più poteri e responsabilità per rispondere a nuovo compito, che include anche la materia dei rimpatri ma che contempla anche ruolo di filtro contro il crimine transfrontaliero in collaborazione con EUROPOL, da cui è derivato l'arresto di circa 250 trafficanti. Ha poi svolto una panoramica delle attività svolte sui versanti greco, italiano e spagnolo e sui focal point presenti in tutta l'Europa fino al Mar Nero, dispiegati nei porti ed aeroporti, presso le frontiere terrestri per un totale di 1400 unità in tutti i punti necessari. Ha ringraziato per i contributi nazionali in termini di unità marittime, velivoli, automobili e strutture varie. Quanto ai rimpatri ha riferito di 257 operazioni nel 2018, distribuite in 200 giornate operative e con 1,5 voli al giorno. Frontex ha sostenuto gli Stati membri in più di 9000 casi di rimpatri nazionali, da Perù fino al Vietnam, da Russia fino a Sud Sahel. Per la prima volta da 2011 anche il Gambia si è rivolta a Frontex.
  Ciò premesso ha richiamato il metodo basato sul coinvolgimento di tutti i soggetti che fanno sorveglianza alle frontiere in tutti i settori e il coinvolgimento di Frontex in missioni svolte da Paesi terzi nelle materie oggetto della Conferenza. Frontex sostiene fortemente Eunavformed Sophia fin da 2015, in permanente coordinamento operativo con gli ufficiali di collegamento e con il lancio di prima cellula di informazione sulla criminalità. Nella missione Eubam Libia, Frontex ha propri ufficiali in Tunisia, Marocco e fino al Libano e lavora con le autorità libiche. È presente anche in Mali e Niger, Yemen, Senegal, oltre a Turchia e Serbia, in tutti i Balcani e in Ucraina.
  Quanto ai nuovi impegni prospettati del presidente Juncker, gli impegni operativi sono definiti e richiedono più personale collaborazione da parte degli SM, soprattutto per la rotta del Mediterraneo occidentale.
  Ha in generale evidenziato che i limiti che incombono sulle politiche europee in tema di relazioni esterne hanno un impatto sulla capacità di impatto di Frontex, considerato che la questione frontiere è sempre più rilevante.
  Melita Sunjiic, già rappresentante dello UNHCR e direttore di una campagna per il dialogo interculturale, ha portato un apparato di sette «tesi» per proporre soluzioni praticabili e di lunga durata rispetto alla gestione dei migranti. Tali tesi hanno incluso il richiamo ad una piena comprensione delle motivazioni alla base delle partenze; dei contesti socio-economici di provenienza; dell'esigenza di lavorare a flussi legali per i migranti economici; della necessità di lavorare fin dall'inizio all'integrazione dei richiedenti asilo velocizzando le procedure per il riconoscimento dello statu di rifugiato; della necessità di dare importanza, oltre che agli scafisti e piccoli trafficanti, ai flussi finanziari sottesi ai traffici di esseri umani, di cui l'EASO è conoscenza; all'importanza di non enfatizzare un clima di crisi migratoria in Europa non suffragato da cifre proporzionate. Il profilo più problematico per l'Italia è emerso rispetto all'esigenza che gli oneri di accoglienza restino imputati al primo paese di arrivo in quanto meno costosa per l'intero sistema europeo.
  In sede di dibattito l'on. Fassino ha richiamato la proiezione dei dati demografici nel prossimo secolo, che certificano la futura centralità del continente africano e l'impossibilità che la soluzioni ai problemi dell'Africa resti l'emigrazione vero l'Europa. La responsabilità europea risiede oggi nella disponibilità ad investire risorse per ottenere risultati nel medio termine. Nel frattempo occorre elaborare occorrono strategie differenziate tra rifugiati e migranti economici e non solo concentrarci sui rifugiati, lavorando a canali regolari che è l'unico modo per lottare contro i trafficanti.
  Ulteriori interventi hanno riguardato l'esigenza di maggior impegno europeo per Pag. 44gli accordi di riammissione (Borghezio) e di affrontare la presenza massiccia di clandestini irregolari su suolo europeo rivedendo le direttive e la normativa in tema di asilo; la necessità di lavorare sul fronte della cooperazione allo sviluppo e della lotta contro i cambiamenti climatici (Francia); la carente capacità di influenza dell'Unione sulla crisi siriana, che ha prodotto i massicci arrivi del 2015, anche a causa della strutturale disgregazione dell'opinione pubblica europea; il ruolo spesso ambiguo assolto dalla società civile e la difficoltà dei Paesi critici rispetto alle richieste di relocation di accettare il nesso tra disponibilità all'accoglienza e stanziamento nel prossimo quadro finanziario pluriennale perché solo le soluzioni davvero condivise sono efficaci (Lituania). La delegazione portoghese ha lamentato il declino del valore della solidarietà europea e la responsabilità di questa Conferenza all'elaborazione di una politica integrata in cui il tema immigrazione includa anche il dialogo con gli Stati africani e con la Cina mentre la delegazione osservatrice del Montenegro ha rivendicato il ruolo positivo giocato dal Paese a sostegno dell'UE sulla base dei princìpi di solidarietà e umanità e anche in restituzione di quanto ricevuto in termini di accoglienza nel corso del conflitto balcanico.

Seconda Sessione: Sul contributo europeo al miglioramento della situazione politica e umanitaria in Siria.

  Dopo i focus tematici tenuti nei consueti tre workshop contestuali (sul futuro dell'accordo sul nucleare iraniano, sulla mobilità militare nell'ambito della PESCO, sul ruolo dell'OSCE nel dialogo tra est e ovest) la sessione sulla Siria ha registrato gli interventi di Helga Schmid, segretario generale del SEAE, Jean Luis de Brouver, Direttore Generale della Commissione europea per la protezione europea civile e l'aiuto umanitario; e Salam Kawakibi, politologo e direttore esecutivo del Centro arabo per la Ricerca e gli Studi Politici di Parigi.
  Si è trattato di una sessione fortemente incentrata sull'analisi strategica della crisi e delle iniziative della Comunità internazionale, cui l'Ue ha contribuito soprattutto in termini di aiuto alla popolazione senza distinzioni tra le parti in causa e nello spirito delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza. In questa sessione l'on. Fassino ha dato risalto alla unicità dell'Ue quale soggetto non portatore di interessi egemonici a differenza di altri attori e che la vicenda siriana pone il tema debolezza delle istituzioni sovranazionali per deficit di sovranità. Occorre che gli Stati assumano una decisione in tale senso, diversamente le crisi si prolungheranno e non si potrà fare altro se non operare sul terreno umanitario per contenere danni e sofferenze ma senza potere costruire soluzione politiche.
  La quarta e ultima Sessione dedicata alla prospettiva europea dei Balcani Occidentali, ha registrato l'importante intervento della Ministra federale per l'Europa, l'integrazione e gli affari europei, Karin Kneissl, che ha riconosciuto come la regione sia di nuovo prioritaria grazie all'impegno di Mogherini e dell'Ue. Quanto alla Turchia, oggi la visione europea è coesa nel riconoscere la opportunità di prendere atto dell'ulteriore allontanamento del Paese dall'Ue. Dopo il trauma derivante da Brexit si potrà tornare a lavorarci. Ha chiesto un cambiamento di linguaggio nel discorso politico-diplomatico utilizzando l'espressione di Europa Sudorientale in luogo di Balcani Occidentali per superare ogni visione basata su pregiudizi sminuenti considerato che si tratta di una regione che è culturalmente parte dell'Europa. L'integrazione è necessaria non solo in omaggio a valutazioni di carattere romantico o storico ma per motivi di prossimità geografica e affinità culturale, ferma restando la centralità dell'opinione dei cittadini della regione. Il sostegno europeo resta un fattore fondamentale per procedere nel percorso positivo intrapreso dai sei Paesi balcanici e favorire i ritorni. Ha quindi tracciato un bilancio positivo dei diversi dossier a partire dalla scadenze fissate nel negoziato Pag. 45con Macedonia e Albania. Nel dialogo tra Belgrado e Pristina, ha auspicano maggior disponibilità al compromesso. Occorre in generale nuovo slancio per i giovani per scongiurare che l'emigrazione rappresenti l'unica soluzione.
  Durante il dibattito, il vicepresidente Fassino, accogliendo la denominazione proposta dalla ministra Kneissl, ha ricordato il senso profondo degli Accordi di Dayton, vent'anni fa, nella direzione di una integrazione euroatlantica della regione per dare stabilità e sicurezza. Se dopo 25 anni la prospettiva resta opaca con tempi incerti è normale registrare frustrazione da parte dei governi e delle opinioni pubbliche locali, come emerso in occasione del referendum macedone o delle elezioni in Bosnia. È importante definire un modus procedendi per assicurare credibilità al processo di integrazione. Si è distinto l'intervento del greco Douzinas che ha sottolineato come l'accordo tra la Fyrom e la Grecia rappresenti forse l'unico successo della PESC nella regione. Ha poi posto il tema delle conclusioni, affrontato nella sede ristretta del gruppo dei Paesi del Sud dell'Unione europea, incassando lo sconcerto del presidente della Commissione esteri del Parlamento europeo e dovendo registrare l'annuncio della presidenza romena sulla assenza di un progetto di conclusioni anche in occasione della prossima Conferenza, che avrà luogo a Bucarest il 7-8 marzo 2019.
  A margine dei lavori della Conferenza il vicepresidente Fassino ha avuto colloqui bilaterali con rappresentanti delle delegazioni di Paesi Bassi, Malta, Slovenia e con il presidente della Commissione esteri del Parlamento europeo, on. Mc Allister.

Pag. 46

ALLEGATO 12

Inter-Parliamentary Conference for the Common Foreign and Security Policy (CFSP) and the Common Security and Defence Policy (CSDP).

Final Statement by the Co-Presidency.

  The 13th Inter-parliamentary Conference for the CFSP/CSDP was held in Vienna on 11 and 12 October 2018. It was attended by Parliamentarians from the EU Member States and the European Parliament. The deputies exchanged views on a range of current foreign and security policy issues, which is reflected in our final statement.

Security, Migration and Control of External Borders.

  We recall the need for a holistic EU approach to migration, which ensures coherence between our internal and external policies, encompasses all migration routes and is based on solidarity, full respect for human rights, compliance with international law and the values on which the EU is built.
  Better-managed international migration is a global responsibility. A long-term and effective response to the human, social and political challenges of irregular migration and forced displacement will demand enhanced international cooperation with the countries of origin and transit in order to tackling the root causes of these phenomena. Greater efforts also need to be made to advance safe and legal means for refugees and regular migrants to enter the EU as well as to protect the EU's external borders, with the goal of preventing irregular entry into the EU, tackling human trafficking and smuggling and preventing loss of life at sea.

The European contribution to the improvement of the political and humanitarian situation in Syria.

  An inclusive dialogue should remain our priority involving all different key actors to urge them to return to the negotiation table. A policy of de-escalation is vital for the stability of Syria and the region. This is important for Syria but also for the neighbouring countries, particularly Lebanon, Jordan and Turkey. We call on key regional actors to make all efforts towards finding a genuine political resolution to the conflict.
  The UN-led Geneva process is the only path that can lead towards a peaceful, united, independent and truly democratic Syria, in all its diversity. In that regard, we fully support the efforts of the UN Special Envoy for Syria, Mr Staffan de Mistura. We insist that a Syrian-led political process aiming at free and fair elections, facilitated and monitored by the UN and held on the basis of a new constitution, is the only way to bring peace to the country. We stress that a nationwide inclusive ceasefire and a peaceful mutually acceptable solution to the Syrian crisis can be achieved under UN auspices and, as provided for in the 2012 Geneva Communiqué and UNSC Resolution 2254 (2015), with the support of the UN Special Envoy for Syria. We urge the international community to do everything in its power in order to strongly condemn those responsible for war crimes and crimes against humanity committed during the Syrian conflict.

The European perspective for the Western Balkans.

  We reconfirm our unequivocal support and strengthened engagement for tangible progress in the EU accession of the Western Balkan countries, based on shared interests, values and principles, such as democracy, rule of law, good governance, media freedom, respect for human rights, Pag. 47reconciliation and good neighbourly relations, along with the fight against corruption and organised crime.
  There have been immense reform efforts undertaken in the region in 2018 and we urge the countries of the region to show political will to resolve remaining impasses through reconciliation, fight against impunity and regional co-operation, thus ensuring a secure and sustainable European future for the Western Balkans.
  The Western Balkan countries should strengthen their resilience to destabilising foreign interferences and disinformation and lock in their strategic choices by progressively and fully aligning with the EU Common Foreign and Security Policy.

The future of the nuclear deal with Iran following the USA's withdrawal.

  We reiterate our full support of the Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA) and outline the initiatives undertaken to respond to US sanctions. The EU will undertake all possible efforts to ensure that the Iranian people continue to benefit from the nuclear deal. The JCPOA is working and delivering on its goal, namely to ensure that the Iranian nuclear programme remains exclusively peaceful, as confirmed by the International Atomic Energy Agency (IAEA). We expect Iran to continue to fully implement all its nuclear commitments under the JCPOA. We strongly condemn Iran's use of ballistic missiles and its destabilising activities in the MENA region.

Facilitating military mobility in the EU within the framework of PESCO.

  We welcome the concerted efforts made by EU institutions and Member States to tackle the issue of military mobility. The PESCO project on military mobility is an important tool to coordinate Member State's efforts and tackle also those aspects that cannot be dealt with by EU legislation. All parties involved in military mobility issues should coordinate their efforts as much as possible to avoid a possible duplication of activities.

OSCE a key partner in the east west dialogue ?

  The Organisation for Security and Co-operation in Europe (OSCE) is an integral part of the Euro-Atlantic, Eurasian security architecture. The Helsinki Principles and commitments remain fully valid and are key for sustainable peace in Europe. The respect for these needs to be fully restored, in particular at a time of heightened tension in the OSCE region, where deepening distrust characterises the relations between East and West. It is now more than ever of greatest importance to facilitate dialogue between governments, parliaments and non-governmental organisations in security matters. The OSCE is a forum to bridge the divisions and promote dialogue between the East and the West and support the participating States in building trust and working toward a common and indivisible Euro-Atlantic and Eurasian security community.

Andreas Schieder,
Chairperson of the Foreign Affairs Committee of the Austrian National Council

Reinhard Eugen Bösch,
Chairperson of the Defence Committee of the Austrian National Council

David McAllister,
Chairperson of the Committee on Foreign Affairs of the European Parliament