CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 28 novembre 2012
746.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-08436 Della Vedova e Di Biagio: Accertamento delle disponibilità esistenti presso il Fondo per l'indennizzo dei risparmiatori vittime di frodi finanziarie e sua estensione ai soggetti danneggiati dal fallimento di società emittenti.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione l'Onorevole Della Vedova ed altri chiedono quali iniziative si intendano predisporre al fine di procedere all'accertamento, in tempi celeri, delle risorse dei conti dormienti destinate al relativo fondo.
  Al riguardo, si fa presente preliminarmente che l'articolo 1, comma 343, della legge n. 266 del 23 dicembre 2005 ha costituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un apposito Fondo per le vittime di frodi finanziarie, alimentato – ai sensi del successivo comma 345 – dall'importo dei conti correnti e dei rapporti bancari definiti come dormienti all'interno del sistema bancario, nonché del comparto assicurativo e finanziario.
  Una prima disciplina di dettaglio contenente le norme atte a garantire l'operatività del Fondo è stata prevista dal decreto del Presidente della Repubblica n. 116 del 2007.
  In particolare, vengono devoluti al Fondo – da parte dei citati intermediari (articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 116 del 2007) gli importi relativi a:
   a) depositi di somme di denaro (conti correnti, certificati di deposito, libretto di risparmio, etc.) effettuati presso l'intermediario con obbligo di rimborso (articolo 2, lettera a, del decreto del Presidente della Repubblica 116/07) per i quali il titolare del rapporto o i terzi delegati non abbiano effettuato alcuna operazione o movimentazione per un arco di tempo di 10 anni;
   b) depositi di strumenti finanziari in custodia o in amministrazione (articolo 2, lettera b, del decreto del Presidente della Repubblica 116/07) per i quali il titolare del rapporto o i terzi delegati non abbiano effettuato alcuna operazione o movimentazione per un arco di tempo di 10 anni, previa liquidazione degli strumenti stessi con le modalità indicate all'articolo 345-terdecies della Legge finanziaria 2006;
   c) assegni circolari non incassati entro il termine di prescrizione di 3 anni che decorre dalla emissione dell'assegno (articolo 1, comma 345-ter, della Legge finanziaria del 2006);
   d) contratti di assicurazione del ramo vita, in tutti i casi in cui l'assicuratore si impegna al pagamento di una rendita o di un capitale al beneficiario e le relative somme non siano state reclamate dagli aventi diritto entro il termine di prescrizione (articolo 345-quater della Legge finanziaria 2006, come modificato dall'articolo 2, comma 4, del decreto-legge n. 40 del 2010);
   e) buoni fruttiferi postali emessi dopo il 14 aprile 2001 che non vengano incassati dai beneficiari entro il termine di prescrizione di 10 anni dalla data di scadenza del titolo (articolo 1, comma 345-quinquies, della Legge finanziaria del 2006).

  Giova precisare che la «dormienza» non estingue automaticamente il diritto dell'originario titolare del rapporto, venendo Pag. 72riconosciuto a quest'ultimo o ai suoi aventi causa il diritto ad ottenere il rimborso delle somme trasferite al fondo entro il relativo termine di prescrizione.
  L'articolo 4, comma 1-bis, del decreto-legge n. 155 del 2008, convertito nella legge n. 190 del 2008, ha affidato la gestione del fondo in questione al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento del Tesoro, il quale sta provvedendo ad effettuare le procedure di rimborso. Per quanto riguarda, invece, la definizione dei presupposti e dei criteri per il riconoscimento degli indennizzi ai risparmiatori, vittime di frodi finanziarie, le procedure sono subordinate all'accertamento delle consistenze del fondo, previo rimborso dei titolari dei conti dormienti che ne facciano richiesta.
  Pertanto, solo dopo aver definito l'importo disponibile, si potranno individuare criteri, requisiti e condizioni di ammissibilità dei risparmiatori che dovrebbero beneficiare degli indennizzi.

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ALLEGATO 2

5-08525 Fugatti: Esenzione dalla ritenuta d'acconto dei contributi versati dai comuni per la gestione in convenzione di servizi scolastici.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, gli Onorevoli interroganti chiedono chiarimenti in merito all'applicazione della ritenuta di acconto sui contributi erogati dai comuni ai sensi dell'articolo 28, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
  Al riguardo l'Agenzia delle entrate rappresenta quanto segue.
  L'articolo 28, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 stabilisce che «le regioni, le province, i comuni, gli altri enti pubblici e privati devono operare una ritenuta del quattro per cento a titolo di acconto delle imposte indicate nel comma precedente e con obbligo di rivalsa sull'ammontare dei contributi corrisposti ad imprese, esclusi quelli per l'acquisto di beni strumentali».
  Come chiarito dall'Amministrazione finanziaria nelle risoluzioni n. 166/E del 21 aprile 2006 n. 108/E del 4 agosto 2004, la disposizione in commento individua i soggetti su cui grava l'obbligo di operare la ritenuta, identificandoli nelle regioni, province, comuni ed altri enti pubblici e privati, e subordina l'applicabilità della ritenuta d'imposta a condizione che i destinatari dei contributi siano imprese e che i contributi siano destinati all'acquisto di beni strumentali.
  La ritenuta in argomento è operata a titolo di acconto dell'imposta sui redditi e, pertanto, costituisce un anticipo del prelievo tributario sull'importo dei contributi che concorreranno alla determinazione del reddito d'impresa in capo ai percipienti.
  Con particolare riferimento alla prima delle due condizioni menzionate, concernente la natura dei soggetti destinatari dell'erogazione, l'Agenzia precisa nei richiamati documenti di prassi che la ritenuta di cui trattasi deve essere operata anche in relazione ai contributi erogati agli enti non commerciali, nella misura in cui tali contributi afferiscano all'attività commerciale svolta dagli stessi.
  Pertanto, ai fini dell'applicabilità della disposizione recata dall'articolo 28, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, occorre verificare se l'attività svolta dai percipienti con l'utilizzo di tali contributi sia qualificabile come attività d'impresa.
  Al riguardo, in merito alla qualificazione tributaria dell'attività didattica, la risoluzione n. 66/E del 23 maggio 2000, nel richiamare la sentenza della Corte di Cassazione, sez. L, civ., n. 9395 del 6 giugno 1995, ha precisato che l'attività di insegnamento ha natura commerciale.
  In particolare, secondo la Corte di Cassazione «l'istituto scolastico deve essere inquadrato fra le imprese industriali, ai sensi dell'articolo 2195, n. 1, codice civile – che comprende nel settore industriale anche le imprese che producono servizi – in quanto, quale attività economica organizzata che utilizza un complesso strumentale costituito da fattori materiali e personali (articolo 2082 codice civile), produce un servizio rappresentato dalla diffusione del sapere e della scienza (...)».Pag. 74
  In sostanza, l'applicabilità della ritenuta d'acconto ai sensi dell'articolo 28, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, deriva dalla natura commerciale dell'attività finanziata con i contributi, prescindendo dalle finalità di pubblica utilità e dall'assenza di scopo di lucro in capo ai destinatari delle somme.
  Pertanto, ai fini dell'applicazione del citato articolo 28, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, non appaiono pertinenti le osservazioni con le quali l'Onorevole interrogante evidenzia che «l'ente territoriale in parola persegue finalità istituzionali a scopo “esclusivamente socio-educativo”».
  Alla luce delle considerazioni sopra svolte, l'Agenzia delle entrate fa presente che la richiesta degli Onorevoli interroganti di esentare dalla ritenuta d'acconto i contributi versati da Comune di Arcole, in favore di un Istituto Pubblico di Assistenza e Beneficenza cui ha affidato della scuola d'infanzia e del nido integrato, non possa trovare accoglimento.

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ALLEGATO 3

5-08526 Graziano: Accertamenti tributari nei confronti del gruppo Google.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Nel documento di sindacato ispettivo in esame viene dettagliatamente descritta la condotta tenuta da alcune società multinazionali nel settore del commercio elettronico le quali, pur operando all'interno del territorio italiano, riescono a trasferire i propri profitti verso paesi a bassa fiscalità. In particolare, l'Onorevole interrogante ha riferito che la società multinazionale Google avrebbe escogitato un meccanismo che le consentirebbe di trasferire in Irlanda i profitti da essa realizzati in Italia, al fine di assoggettarli ad un regime fiscale più favorevole. Conseguentemente, l'interrogante chiede se l'Amministrazione finanziaria stia verificando attentamente la condotta tenuta dalla società Google ed, inoltre, chiede al Governo quali misure ed interventi, anche di carattere normativo, intenda adottare nei riguardi delle società multinazionali attive nel settore dell'economia digitale.
  Al riguardo, si rappresenta quanto segue.
  Su delega dalla locale Procura della Repubblica, infatti, il nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Milano ha proceduto ad escutere a sommarie informazioni alcuni dipendenti della società GOOGLE ITALY S.r.l., allo scopo di acquisire elementi di dettaglio circa l'organizzazione amministrativa, finanziaria e commerciale dell'azienda.
  L'iniziativa era finalizzata a verificare la corretta interpretazione ed applicazione della normativa fiscale, con particolare riguardo ai rapporti scaturenti dal contratto di «Marketing and Services Agreement» posto in essere tra le società di diritto estero GOOGLE Inc. e, successivamente, GOOGLE IRELAND Ltd. e la GOOGLE ITALY S.r.l..
  Nel mese di maggio 2007 il predetto Nucleo ha quindi avviato una verifica fiscale nei confronti della GOOGLE ITALY S.r.l., in un secondo momento estesa anche alle citate consociate estere.
  L'attività ispettiva era volta principalmente a riscontrare l'esistenza dei requisiti normativi previsti per la configurabilità in capo alla citata società italiana di una stabile organizzazione in Italia delle suddette società estere.
  I verificatori, infatti, applicando al caso in esame le disposizioni previste dalle convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate tra il Governo della Repubblica Italiana ed i Governi degli Stati Uniti d'America e della Repubblica d'Irlanda, hanno appurato:
   a) l'esistenza in Italia di uno specifico luogo, costituito da un'installazione materiale, attraverso la quale GOOGLE IRELAND Ltd e GOOGLE Inc. hanno svolto in maniera strumentale e non ausiliaria la propria attività;
   b) che la disponibilità di tale luogo è stata inequivocabilmente continuativa e tale da integrare il requisito della fissità dell'attività sul territorio nazionale;
   c) che l'organizzazione dei mezzi, di concerto con le risorse umane impiegate sul territorio italiano, è stata idonea, prodromica e finalizzata alla produzione dell'intero reddito sviluppato in Italia, attraverso la stipula dei contratti con i clienti italiani;Pag. 76
   d) che l'assoggettamento ad imposizione in Italia dei ricavi maturati sul territorio nazionale è stato in realtà eluso sulla base dei contenuti del citato contratto di servizi generali, artatamente posto in essere con la sola finalità di simulare l'esercizio da parte di GOOGLE ITALY S.r.l. di una mera attività ausiliaria e preparatoria, che non ha tuttavia trovato alcun riscontro negli elementi di fatto acquisiti.

  Alla luce delle citate risultanze, il Reparto operante ha pertanto ritenuto che la GOOGLE ITALY S.r.l. fosse da considerare la stabile organizzazione della GOOGLE Inc. e della GOOGLE IRELAND Ltd. (per i relativi periodi oggetto di verifica), in aderenza a quanto previsto dall'articolo 162 T.U.I.R. e dall'articolo 5 – paragrafo 5 – del modello di convenzione OCSE, ripreso dalle specifiche convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate tra l'Italia ed i due Paesi di residenza delle società sopra menzionate (USA e Irlanda).
  Conseguentemente, all'esito delle verifiche eseguite nei confronti delle menzionate società con riferimento al quinquennio 2002-2006, lo stesso Reparto ha complessivamente segnalato, fra l'altro, ai competenti Uffici Finanziari:
   elementi positivi di reddito non dichiarati per un importo di oltre 240 milioni di euro, atteso che, sotto il profilo strettamente contabile e fiscale, in linea con quanto pattuito con le richiamate consociate, la società italiana del gruppo si era limitata a dichiarare, quali unici componenti positivi, le provvigioni percepite a fronte delle prestazioni rese alla GOOGLE IRELAND e, precedentemente, alla GOOGLE Inc., anziché dichiarare in Italia l'intero volume commerciale sviluppato;
   I.V.A. relativa e dovuta per un importo complessivo pari ad oltre 96 milioni di euro, quale effetto del mancato assoggettamento ad I.V.A. delle prestazioni di servizio effettuate sul territorio nazionale da GOOGLE ITALY S.r.l. per conto di GOOGLE Inc. e GOOGLE IRELAND Ltd.

  Il Comando Generale della Guardia di Finanza riferisce infine, che in data 26 novembre 2012 il predetto Nucleo di polizia tributaria di Milano ha altresì avviato una verifica fiscale extraprogramma nei confronti della società GOOGLE ITALY SRL a socio unico, finalizzata al riscontro del corretto adempimento degli obblighi fiscali in Italia.
  Con riferimento alla menzionata attività di verifica da parte della Guardia di Finanza, l'Agenzia delle Entrate sta attualmente passando al vaglio la sostenibilità dei rilievi mossi nei processi verbali di constatazione, anche sulla base di un costante scambio informativo e coordinamento operativo con la Guardia di Finanza.
  L'Agenzia delle entrate evidenzia che le fattispecie richiamate dall'Onorevole interrogante si rivelano difficilmente aggredibili attraverso le logiche tradizionali del controllo.
  Pertanto, al fine di contrastare efficacemente fenomeni di pianificazione fiscale aggressiva aventi scala transnazionale, l'Agenzia delle Entrate sta procedendo, in base ad un primo screening delle risultanze dell'attività di tutoraggio dei grandi contribuenti, a una selezione di posizioni che possano dare luogo ad una mirata attività di controllo fiscale nei confronti dei gruppi multinazionali attivi nel settore dell'elettronica e dell'e-commerce e le cui strategie fiscali sono oggetto di attenzione da parte dell'opinione pubblica italiana ed internazionale.
  In merito alla questione oggetto del presente documento, il Dipartimento delle Finanze rappresenta che, nelle sedi multilaterali l'Italia sta prestando un crescente impegno nei lavori trasversali in materia di erosione delle basi imponibili e spostamento artificioso degli utili verso giurisdizioni maggiormente attraenti dal punto di vista fiscale. In sede OCSE, nel settore delle imposte dirette, ed in particolare per ciò che attiene ai lavori relativi al Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni è attualmente in fase di elaborazione un documento in materia di stabile organizzazione, Pag. 77disponibile anche sul sito dell'organizzazione internazionale al fine di una consultazione pubblica.
  Si segnala, inoltre, che, così come segnalato dall'Onorevole interrogante, la Commissione Europea si sta occupando della tematica in questione denominata in ambito internazionale «profit shifting» nell'ambito della lotta contro le frodi e l'evasione fiscale. In particolare, si richiama la Comunicazione della Commissione on concrete ways to reinforce the fight agaist tax fraud and tax evasion including in relation to third countries del luglio 2012, presentata all'Ecofin del 13 novembre 2012, all'interno della quale viene reso noto che la Commissione sta predisponendo un «Action Pian» e una Raccomandazione avente ad oggetto i paradisi fiscali e la pianificazione fiscale aggressiva.
  Tali provvedimenti saranno adottati dall'Esecutivo comunitario entro la fine del 2012 per essere così discussi nell'ambito dei lavori del Consiglio durante il primo semestre 2013 sotto la Presidenza di turno irlandese.

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ALLEGATO 4

5-08527 Lo Monte e Brugger: Interpretazione della disciplina in tema di devoluzione ai fondi mutualistici del patrimonio di società cooperative nel caso di perdita dei requisiti di mutualità prevalente.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione l'Onorevole Lo Monte ed altri, chiedono quale interpretazione venga data in tema di obbligo di immediata devoluzione del patrimonio sociale ai fondi mutualistici in caso di perdita della mutualità prevalente a seguito della soppressione delle clausole mutualistiche.
  Al riguardo, occorre premettere che la materia trattata esula dalla competenza del Ministero dell'economia e delle finanze e, pertanto, si risponde sulla base degli elementi forniti dal Ministero della giustizia e dal Ministero dello sviluppo economico.
  L'articolo 2545-octies codice civile, novellato, da ultimo, dalla legge n. 99 del 2009, disciplina la perdita della qualifica di cooperativa a mutualità prevalente (con conseguente venir meno delle agevolazioni fiscali previste) prevedendola in due ipotesi:
   a) qualora non vengano rispettati, per due esercizi consecutivi, i parametri indicati dall'articolo 2513 codice civile; in questo caso, la ripercussione sulla qualifica della società avrà luogo soltanto al termine del secondo esercizio e potrà essere rilevata esclusivamente in sede di approvazione del relativo bilancio;
   b) qualora l'ente sociale abbia soppresso dal proprio statuto le clausole antilucrative previste dall'articolo 2514 codice civile.

  La cooperativa che cessa di essere «a mutualità prevalente» ha l'obbligo di imputare a riserve indivisibili il valore effettivo dell'attivo patrimoniale, a cui i soci non possono attingere. Tale obbligo sorge sia nell'ipotesi di modificazione delle clausole statutarie di cui all'articolo 2514 codice civile, sia nell'ipotesi, involontaria, in cui la società non rispetti i parametri di cui all'articolo 2513 codice civile ed abbia emesso strumenti finanziari. L'obbligo di determinare il maggior valore economico dell'attivo patrimoniale rispetto a quello contabile è dettato dalla volontà del legislatore di far emergere le risorse patrimoniali occultate dai criteri di redazione del bilancio previsti dagli articoli 2423 e seguenti del codice civile. In sostanza, si vuole evitare che i soci lucrino (mediante lo scioglimento e la distribuzione delle riserve) sul patrimonio accumulato dalla società anche grazie ad un trattamento fiscale agevolato e destinato, per tale ragione, a confluire nei fondi mutualistici dopo lo scioglimento della società.
  Pertanto, deve escludersi che la società cooperativa privata della qualifica di «cooperativa a mutualità prevalente», debba devolvere ai fondi mutualistici il patrimonio corrispondente alle riserve indivisibili e ciò poiché posto che la disposizione di cui all'articolo 17 della legge n. 388 del 2000 (che lo prevede per l'ipotesi di soppressione delle clausole statutarie antilucrative di cui all'articolo 26 della cosiddetta legge Basevi) deve intendersi abrogata a seguito della modifica dell'articolo 2545-octies codice civile, novellato, come già detto, dalla legge n. 99 del 2009.
  Sulla questione il Ministero dello sviluppo economico ha ulteriormente precisato Pag. 79che la legge n. 99 del 2009 (cosiddetta Legge Sviluppo) ha introdotto alcune modifiche nella disciplina civilistica ed amministrativa delle società cooperative, semplificando da un lato alcune incombenze formali e dall'altro rendendo più rigorosa l'attività di revisione.
  Con riferimento all'attività di vigilanza sulle cooperative, viene innanzitutto disposto che gli uffici amministrativi preposti alla stessa assolvano i compiti loro affidati esclusivamente nell'interesse pubblico. Inoltre, con riferimento all'attività di accertamento dei requisiti mutualistici, essa sarà svolta in via esclusiva dal Ministero dello sviluppo economico.
  Quest'ultima disposizione è connessa con l'introduzione dell'obbligo di comunicare annualmente mediante strumenti informatici, all'Albo delle cooperative, le notizie di bilancio che dimostrino i requisiti di mutualità prevalente; infatti, la gestione diretta di queste informazioni, che sono inviate per il tramite del Registro delle Imprese, rende immediato l'accertamento da parte del Ministero. Infine, la normativa in esame ha previsto l'introduzione di pesanti sanzioni nel caso di omessa o ritardata comunicazione delle notizie di bilancio ai fini della dimostrazione della sussistenza o della perdita della mutualità prevalente.
  Atteso che la funzione del bilancio straordinario è quella di «fissare, fotografandola» la situazione patrimoniale-finanziaria dell'ente al momento della perdita della qualità di cooperativa a mutualità prevalente, l'obbligo devolutorio scatta non già in caso di perdita della predetta qualità, ma unicamente in caso di sua trasformazione e/o scioglimento.

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ALLEGATO 5

5-08528 Cesario: Attuazione della normativa in materia di riduzione delle commissioni sulle transazioni effettuate mediante carte di pagamento.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione l'Onorevole Cesario chiede quali siano le motivazioni della mancata emanazione del decreto ministeriale previsto dai commi 9 e 10, dell'articolo 12, del decreto legge n. 201 del 2011 e quali iniziative si intendano assumere affinché tale atto possa essere emanato e concretamente entrare in vigore.
  Al riguardo, sentito anche il Ministero dello sviluppo economico, si fa presente che i commi 9, 10 e 10-bis dell'articolo 12, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito nella legge n. 214 del 2011 come in parte sostituiti e, poi, successivamente modificati dal decreto-legge n. 1 del 2012, convertito nella legge n. 27 del 2012 avevano previsto che l'Associazione bancaria italiana, le Associazioni dei prestatori di servizi di pagamento, la società Poste Italiane S.p.A., il Consorzio Bancomat, le imprese che gestiscono circuiti di pagamento e le associazioni delle imprese maggiormente significative a livello nazionale avrebbero dovuto definire, entro il 1o giugno 2012, e successivamente applicare, le regole generali per assicurare una riduzione delle commissioni a carico degli esercenti in relazione alle transazioni effettuate mediante carte di pagamento, tenuto conto della necessità di assicurare trasparenza e chiarezza dei costi, nonché di promuovere l'efficienza economica nel rispetto delle regole di concorrenza.
  Le regole generali sarebbero state definite tenendo conto che le commissioni devono essere correlate alle componenti di costo effettivamente sostenute da banche e circuiti interbancari, distinguendo le componenti di servizio legate in misura fissa alla esecuzione dell'operazione, da quelle di natura variabile legate al valore transatto e valorizzando il numero e la frequenza delle transazioni.
  Successivamente, dopo un periodo di applicazione transitoria, il Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, sentite la Banca d'Italia e l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, avrebbe dovuto valutare l'efficacia delle misure definite dalle citate regole generali.
  Tuttavia, tali regole, nonostante la serie di incontri tecnici tenuti presso il MEF, non sono state ancora individuate.
  Presso il Ministero dello Sviluppo Economico, anche al fine di valutare le criticità connesse alle attuali modalità di pagamento presenti in taluni settori commerciali, sono stati organizzati ulteriori incontri tecnici tra gli operatori bancari e la rappresentanza dei gestori che operano nel settore della vendita dei carburanti, nonché i rappresentanti dei fornitori dei prodotti petroliferi, tenuto conto che il comma 7, dell'articolo 34, della legge 12 novembre 2011, n. 183, stabilisce che le transazioni regolate con carte di pagamento presso gli impianti di distribuzione di carburanti, di importo inferiore ai 100 euro, sono gratuite sia per l'acquirente che per il venditore. Tale previsione è destinata ad essere disapplicata all'atto della individuazione delle richiamate regole di trasparenza del settore e confluire, quindi, nelle regole generali definite con il decreto in questione.Pag. 81
  Gli incontri presso il MISE si sono tenuti ad agosto 2012 e, negli ultimi mesi, sono state organizzate ulteriori riunioni, con gli uffici del MEF ed i rappresentanti della Banca d'Italia, per procedere ad integrare il decreto in tempi brevi con una disciplina che contemperi i diversi interessi e che promuova gli strumenti di pagamento elettronico nei vari mercati, compreso quello dei carburanti, senza condizionare le regole della libera concorrenza nella connessa gestione dei servizi bancari.
  Il Ministero dello sviluppo economico ha precisato che le istituzioni competenti, anche alla luce delle norme contenute nel decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese (A.S. 3533 – attualmente all'esame della X Commissione – Senato), volte alla promozione della cultura digitale nella Pubblica amministrazione e la dematerializzazione dei sistemi di pagamento, attraverso la promozione dell'uso di carte di credito e di debito, nonché l'uso di ulteriori strumenti di pagamento elettronici, comprese le tecnologie mobili, stanno verificando l'armonizzazione della decretazione richiesta dai citati articoli, nell'ambito della più ampia strategia segnata dai lavori della Cabina di regia dell'Agenda digitale italiana.
  Infatti, la strategia nazionale per la crescita del Paese, oltre alla digitalizzazione dei rapporti con le amministrazioni e l'implementazione dell'uso dei sistemi di pagamento diversi dal contante verso la pubblica amministrazione, prevede che, a decorrere dal 1o gennaio 2014, i soggetti che effettuano l'attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali, siano tenuti ad accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di debito: anche in questi casi, la norma primaria stabilisce che le modalità operative concrete della prevista dematerializzazione dei pagamenti sia rimessa a successivi decreti ministeriali (articolo 15, decreto-legge n. 179 del 2012).
  Gli uffici tecnici, a conclusione degli incontri e degli approfondimenti, stanno effettuando le ultime verifiche in termini di trasparenza e concorrenzialità degli effetti previsti dall'applicazione della norma regolamentare, onde provvedere alla rapida adozione del provvedimento.
  Sulla questione la Banca d'Italia tramite la Segreteria del Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio, ha comunicato che, ad oggi, non risultano segnalati alla Banca d'Italia episodi di applicazione di commissioni a carte di credito per l'effettuazione di transazioni esenti ai sensi di legge.

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ALLEGATO 6

5-08529 Barbato: Revisione del regime tributario dell'energia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, l'Onorevole interrogante chiede al Governo quali misure intenda adottare:
   per riformare il sistema tributario al fine di ridurre i costi dell'energia elettrica gravanti sulle imprese e sulle famiglie;
   per vigilare in sede di discussione di revisione della Direttiva comunitaria 2003/96/CE sulla tassazione dell'energia per evitare che possano essere introdotti, a livello europeo, elementi di aggravio per il sistema energetico nazionale;
   per stabilizzare in via definitiva il regime tributario agevolativo delle detrazioni per riqualificazione energetica degli edifici in misura pari al 50 per cento, fino ad un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 96.000 euro per unità immobiliare, attualmente previste fino al 30 giugno 2013 dall'articolo 11 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83.

  Al riguardo, il Dipartimento delle Finanze ha formulato le seguenti osservazioni.
  Preliminarmente si precisa che il carico fiscale per il costo dell'energia per uso industriale costituisce solo una componente minima del costo complessivo sul quale gravano in misura predominante tutti gli altri oneri accessori, non aventi natura fiscale.
  La predetta proposta di modifica della direttiva 2003/96/CE, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e di elettricità, è stata presentata dalla Commissione nel corso del 2011 ed è stata oggetto di numerose discussioni nell'ambito del Gruppo Questioni Fiscali del Consiglio. All'esito di tali discussioni, la Presidenza Cipriota, attualmente in carica, ha elaborato un testo di compromesso, nel quale vengono espressamente previsti livelli minimi di tassazione, stabilendo contestualmente che tali livelli sono determinati in base a due componenti di riferimento, una relativa alle emissioni di Co2 e l'altra relativa al potere energetico dei singoli prodotti.
  Agli Stati Membri è, comunque, riconosciuta la facoltà di esprimere livelli di tassazione nazionale in un'unica aliquota o in tassazioni separate, nel rispetto dei livelli minimi specificati nella direttiva.
  La struttura della tassazione così delineata è stata condivisa dalla maggioranza degli Stati Membri.
  Con riguardo, infine, alle detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici, il Dipartimento ha rappresentato che la stabilizzazione di tale misura agevolativa, attualmente prorogata fino al 30 giugno 2013, determinerebbe oneri a carico del bilancio dello Stato che, pertanto, necessiterebbero di un'idonea copertura finanziaria.

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ALLEGATO 7

Riforma della legislazione in materia portuale (C. 5453, approvato dal Senato).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La VI Commissione,
   esaminato, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, il progetto di legge C. 5453, approvato dal Senato, recante «Riforma della legislazione in materia portuale»;
   rilevato, per quanto riguarda gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, come il provvedimento incida sia sulla disciplina delle concessioni relative ai beni del demanio marittimo portuale, sia sulla tipologia e sul regime tributario delle entrate delle autorità portuali,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con la seguente condizione:
   con riferimento al comma 3 del nuovo articolo 11-bis della legge n. 84 del 1994, introdotto dall'articolo 12 del progetto di legge, il quale stabilisce che il servizio doganale nei terminali retroportuali cui fa riferimento il sistema logistico portuale sia svolto dalla medesima articolazione territoriale dell'amministrazione competente che esercita il servizio nei porti di riferimento, provveda la Commissione di merito a coordinare tale previsione con quella di cui all'articolo 46, comma 4, del decreto-legge n. 201 del 2011, che ha contenuto quasi identico;

  e con le seguenti osservazioni:
   a) con riferimento al comma 3, terzo periodo, del nuovo articolo 4 della legge n. 84 del 1994, come sostituito dall'articolo 2 del progetto di legge, il quale prevede che nei porti ricompresi nella circoscrizione delle autorità portuali possono essere individuate, con decreto del Ministro della difesa, di concerto con i ministri dell'interno e delle infrastrutture e dei trasporti, specifiche aree finalizzate al controllo del traffico marittimo, e alle altre esigenze del Corpo delle capitanerie di porto, nonché delle Forze dell'ordine e dei Vigili del fuoco, valuti la Commissione di merito l'opportunità di prevedere che il predetto decreto ministeriale sia adottato anche con il concerto del Ministro dell'economia e delle finanze, al fine di tener meglio conto delle esigenze del Corpo della Guardia di finanza, la quale svolge anche nelle aree portuali funzioni di polizia economica e finanziaria, oltre a concorrere al mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica;
   b) con riferimento al comma 2, primo periodo, del nuovo articolo 5-ter della legge n. 84, introdotto dall'articolo 6 del progetto di legge, il quale consente all'autorità portuale di rilasciare atti di concessione dei beni demaniali, di durata fino ad un massimo di sessanta anni nel caso in cui il piano regolatore portuale preveda la destinazione di parte delle aree appartenenti al demanio marittimo portuale ad uso generale, anche mediante interventi di riqualificazione, riadattamento, realizzazione di spazi e localizzazione di attività a servizio della collettività, verifichi la Commissione di merito se la previsione di una durata così ampia della concessione risulti compatibile con la disciplina comunitaria;Pag. 84
   c) con riferimento all'articolo 14, comma 1, lettera c), la quale, modificando l'articolo 13, comma 1, della legge n. 84, introduce, nel novero delle entrate delle autorità portuali, i diritti di porto, valuti la Commissione di merito l'opportunità di dettagliare meglio la previsione, in quanto il provvedimento non contiene alcuna definizione di tale nuova tipologia di entrata;
   d) con riferimento al comma 10 dell'articolo 18 della legge n. 84 del 1994, come sostituito dall'articolo 17 del provvedimento, il quale, nel definire gli obblighi documentali gravanti sui soggetti che intendono partecipare alla procedura per il rilascio di concessioni su aree demaniali e banchine, nonché per la realizzazione di e gestione di opere attinenti ad attività marittime e portuali, fa riferimento, alla lettera c), al fatto che l'impresa richiedente è responsabile nei confronti «dell'autorità portuale di interesse statale», valuti la Commissione di merito l'opportunità di riformulare tale disposizione, in quanto la normativa non prevede differenti tipologie di autorità portuali;
   e) con riferimento al comma 13 del citato articolo 18 della legge n. 84, il quale prevede, tra l'altro, che, all'atto del rilascio delle concessioni relativi ai beni del demanio marittimo e portuale, il concessionario deve indicare la struttura di controllo, ovvero i soggetti che esercitano il controllo sul concessionario stesso, ed è obbligato a informare preventivamente circa le modifiche delle partecipazioni l'autorità portuale, la quale «può indicare eventuali ragioni che essa ravvisi discendere sul rapporto concessorio, ai fini del suo mantenimento o della sua revoca», valuti la Commissione di merito l'opportunità di indicare in termini più espliciti che, nell'ipotesi ivi indicata, l'autorità portuale ha il potere di revocare la concessione in relazione alle modifiche delle partecipazioni societarie;
   f) con riferimento all'articolo 18 del progetto di legge, il quale interviene sulla disciplina fiscale delle entrate delle autorità portuali, valuti la Commissione di merito l'opportunità di rivedere la formulazione della rubrica dell'articolo, la quale fa riferimento alle «autorità portuali di interesse statale», in quanto, come già segnalato, la normativa non prevede differenti tipologie di autorità portuali.