CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 14 novembre 2012
739.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Difesa (IV)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale e norme sulla medesima materia (C. 5569 Governo, approvato dal Senato e C. 4740 Reguzzoni).

DOCUMENTO INTEGRATIVO DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO SPECIALE

  Ci troviamo oggi ad iniziare l'esame e la valutazione della legge delega di revisione dello strumento militare appena approvata dal Senato della Repubblica. Una legge che ovviamente non nasce dal nulla, tant’è che nel recente passato il dibattito politico a livello nazionale si è più volte soffermato sulla necessità di rivedere in senso riduttivo l'apparato della Difesa in modo tale che anch'esso contribuisse, insieme a tutte le altre istituzioni statali, al processo di risanamento della finanza pubblica. Una legge che ha trovato una anticipazione nel recente provvedimento di «spending review», che, sebbene non ancora in modo operativo data la mancanza dei provvedimenti applicativi discendenti (essenzialmente un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ed un decreto del Presidente della Repubblica), ha già apportato un taglio del 10 per cento alla consistenza organica delle Forze armate prevedendo di ridurle dalle attuali 190.000 unità di riferimento a 170.000 unità entro il 2015.
  Il cardine concettuale del provvedimento in esame è quello che per mantenere gli attuali livelli di operatività e funzionalità, nell'impossibilità di risorse aggiuntive, sia necessario riqualificare la spesa per la Difesa dirottando più risorse verso i settori dell'esercizio e dell'investimento a detrimento di quelle ora destinate al personale. A tal fine e facendo riferimento ai paesi alleati si introduce la nota ottimale ripartizione percentuale delle risorse «50-25-25» tra personale, esercizio e investimento quale panacea di tutte le discrasie. Un obiettivo che si raggiunge agendo sul settore personale la cui spesa assorbe oggi circa il 70 per cento del budget.
  Per ottenere questo risultato sono state previste ulteriori decurtazioni alla forza organica delle Forze armate che al termine di un transitorio insolitamente breve (il tutto deve concludersi entro il 2024), considerata la permanenza media di 30-35 anni del personale in servizio permanente, dovranno attestarsi a 150.000 unità. La nuova ripartizione delle risorse dovrebbe consentire, come indicato dal Ministro Di Paola alla Camera, di «mettere le Forze armate nelle migliori condizioni per affrontare la sfida del futuro», tenuto anche conto della «indispensabilità di tendere ad uniformare le nostre Forze armate al contesto evolutivo disegnato insieme ai principali partner europei»; in sintesi è necessario disporre nel settore degli investimenti di risorse per fornire le forze armate di «capacità operative e tecnologiche avanzate».
  Nel quadro che ho delineato e prima di proseguire, mi sembra assolutamente doveroso cercare di capire come il settore del personale sia potuto arrivare ad assorbire così tante risorse mettendo apparentemente in crisi il sistema e le eventuali responsabilità in materia.
  Non posso ritenere che ciò derivi dalla struttura della legge iniziale del modello professionale a 190.000 unità, perché la legge venne espressamente finanziata per la componente personale.
  Che cosa allora è accaduto durante il successivo percorso del modello professionale ? Pag. 53In effetti due sono i problemi che si sono succeduti: da un lato manovre politiche di vari governi hanno decurtato le risorse finanziarie appositamente allocate nella legge originaria per il personale, impedendo di dare vita anche a mirate norme di esodo finanziate, e dall'altra il livello degli investimenti si è comunque mantenuto rilevante.
  In sintesi, quale ovvia conseguenza matematica della diminuzione del budget della Difesa si è elevato man mano il rapporto percentuale delle spese del personale rispetto a quello degli investimenti e dell'esercizio. Inoltre a fronte di costi del personale e degli investimenti si è realisticamente contratto, al di sotto di limiti accettabili, l'esercizio, che costituisce invece il bacino di risorse indispensabili per assicurare addestramento, ovvero operatività e sicurezza.
  Di chi la responsabilità ? Beh è evidente che quanto indicato avrebbe potuto essere affrontato meglio e prima se esposto come evidente rischio a suo tempo con efficacia e chiarezza, dai Capi di Stato maggiore della Difesa che si sono succeduti nell'arco degli ultimi 10-15 anni.
  Ho fatto questo breve richiamo alle responsabilità, perché è evidente che se per mantenere livelli addestrativi e operativi adeguati, in mancanza di risorse aggiuntive, l'unica possibilità pratica è quella individuata nel disegno di legge, allora deve essere altresì chiaro che le responsabilità per quanto detto non possono e non devono scaricarsi sull'anello debole della catena ovvero sul personale.
  Su questo aspetto mi ha molto colpito che nella discussione assembleare al Senato solo alcuni o forse solo il senatore Ramponi ha messo il dito nella piaga parlando esplicitamente che il riequilibrio si raggiunge tramite sacrifici del personale: per tutto il resto, solo accenni vaghi o nessun accenno. Mi viene addirittura il dubbio che chi ha parlato, studiato, dibattuto non abbia voluto o potuto spiegare o addirittura non sia riuscito a capire la portata del provvedimento. Infatti:
  Come mai non è stato detto chiaramente, per onestà concettuale e per lealtà e senso della responsabilità nei confronti dell'assemblea, che il personale delle Forze armate costituirà l'agnello sacrificale della riforma ?
  Perché non è stato messo in rilievo che diminuiranno i profili di carriera cioè l'avanzamento di qualsiasi ruolo e di qualsiasi categoria del personale delle tre Forze armate ?
  Perché non si è detto chiaramente che il processo di equiordinazione con il personale delle Forze di polizia, base strategica di tutti gli sviluppi concreti e soprattutto di dignità del personale delle Forze armate rispetto quello delle Forze di polizia, non verrà pertanto rispettato, di fatto facendo diventare il personale delle Forze armate di serie B rispetto a quello delle Forze dell'ordine ?
  Perché non è stato detto che le varianti ai profili di carriera del personale delle tre Forze armate porteranno ad un minore trattamento economico in servizio e ad un minore trattamento economico in pensione ?
  Perché non è stato detto che le possibilità di immettere il personale precario nel servizio permanente delle Forze armate diminuirà in modo determinante, rischiando di rimandare nelle regioni più povere del Paese personale che ha dato 4-8 anni della propria vita e che non è stato dietro una scrivania ma che è stato impiegato a difendere gli interessi nazionali magari in Afghanistan ?
  Perché non si è avuto nemmeno il coraggio, per diminuire il fenomeno, di prevedere che il transito nei civili della Difesa provenga esclusivamente dai ruoli del personale delle Forze armate ?
  Perché si è dovuta mettere la previsione del raggiungimento forzato del modello a 150.000 al 2024, ancorché con possibilità di prolungarlo ?
  Perché sono stati messi in rilievo i posti di lavoro che si creeranno nel Nord Italia per effetto degli F35 e non è stato evidenziato come i 53.000 posti di lavoro in meno che si perderanno nei prossimi 12 anni (fino al 2024) sono invece tutti del SUD, con il rischio che ben altre organizzazioni assumano giovani senza lavoro ?Pag. 54
  Su tutto quanto questo e su altro mi aspetto una riflessione seria in Commissione (e con il Governo) perché o i problemi non sussistono o sono stati ignorati o sminuiti al massimo, rifiutandomi di credere che siano stati nascosti. Ma se penalizziamo qualcuno e in modo a mio avviso evidente dobbiamo avere la forza di dirlo con chiarezza alla Nazione e al Parlamento, specie nel caso di impossibilità di fare altrimenti. Ciò per aprire al personale delle Forze armate, che stanno pagando anche con il sangue la difesa degli interessi nazionali, un credito da parte del Paese.
  Una cosa è certa che il personale delle Forze armate con cui per la mia precedente carriera sono in giornaliero contatto mi esprime invece preoccupazioni e soprattutto una demotivazione galoppante e conseguente all’iter del provvedimento nell'attuale stesura.
  Ciò mi induce a due riflessioni. La prima è di natura politica; il mondo con le stellette, che come tutti i cittadini italiani, nel breve medio termine sarà chiamato ad eleggere il nuovo parlamento ci sta giudicando e ci giudicherà per quanto diremo, faremo, approveremo e il rischio è di consegnare all'antipolitica anche parte di questo bacino.
  Per quanto riguarda la motivazione, da sempre in ambito militare la stessa non è stata considerata un valore aggiunto ma parte essenziale della efficienza dello strumento.
  Quale motivazione avrà il personale delle Forze armate, dopo questa riforma nella attuale stesura ? È una domanda a cui mi auguro che non mi si risponda che deriverà dalla operatività ed efficienza dello strumento: dimenticherebbe che cosa significa vivere con 1200-1500 euro al mese con famiglia magari a 800 chilometri dai luoghi di nascita. La situazione delle famiglie è un aspetto che ormai nessun Comandante può trascurare!
  Concludo, dicendo che non si può fare un progetto dimenticando il personale. C’è a mio avviso la possibilità di coniugare tutti gli aspetti attraverso la presentazione di emendamenti che possano attenuare le penalizzazioni e introdurre elementi di favore per il personale. Elementi necessari proprio perché trattasi di una legge di assoluto rilievo di cui anche il personale può diventare parte attiva e non solo passiva. Tra l'altro proprio in un contesto di richiami a Paesi alleati, questa legge potrebbe trovare la forza per andare ad equiparare non privilegi ma dovuti provvedimenti che concretizzino la specificità e mi riferisco in particolare al Welfare e alle pensioni, in cui invece assistiamo a provvedimenti recentemente approvati dal Governo contrari sia alla funzionalità della struttura sia al personale (recente decreto di armonizzazione dei limiti di età approvato il 30 ottobre 2012).
  Ho voluto evidenziare quanto sopra con mero spirito costruttivo nella consapevolezza che nella grave contingenza attuale occorre lo sforzo sinergico di tutti gli aventi causa per ottenere dei provvedimenti efficaci, equilibrati che mirino alla funzionalità e all'operatività ma anche che siano privi di immeritate sperequazioni. Altrimenti le parole che normalmente spendiamo per elogiare le nostre Forze armate allorché tornano i nostri morti, di fronte al cui sacrificio mi inchino, o allorché facciamo visite nei vari teatri operativi rimarranno non solo parole al vento ma addirittura elementi di riferimento negativi.
  Per quanto mi riguarda, in assenza delle auspicate modifiche, annuncio fin da ora il mio personale voto contrario al provvedimento.

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ALLEGATO 2

Riforma della legislazione in materia portuale (C. 5453, approvato, in un testo unificato, dal Senato).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La IV Commissione Difesa,
   esaminato, per le parti di propria competenza, il testo unificato C. 5453, approvato dal Senato, recante «Riforma della legislazione in materia portuale»;
   evidenziato che l'articolo 2, novellando la disciplina previgente, reca una nuova classificazione dei porti senza però riprodurre, con riguardo ai porti di categoria I – la disposizione che affidava al decreto del Ministro della Difesa anche l'individuazione delle relative baie, rade e golfi;
   segnalato che tale omissione appare ingiustificata, potendosi invece rendere necessaria tale qualificazione per finalizzare tali aree alla difesa militare, alla sicurezza dello Stato, al controllo del traffico marittimo ovvero all'addestramento delle unità della marina;
   rilevato altresì che per i porti di categoria II, aventi rilevanza nazionale ed internazionale, si prevede che l'individuazione di aree finalizzate al controllo del traffico marittimo e alle altre esigenze del corpo delle capitanerie di porto, sia rimessa ad un decreto del Ministro della difesa, richiedendosi però anche l'acquisizione del parere vincolante della competente autorità portuale e dell'autorità marittima;
   evidenziato che l'attribuzione di una natura vincolante al parere della competente autorità portuale e dell'autorità marittima non appare coerente con la ratio della norma, che è quella di salvaguardare il preminente interesse generale alla difesa militare e alla sicurezza dello Stato, che non può essere soggetto al veto di alcuna autorità titolare di interessi particolari, in analogia a quanto peraltro previsto con riguardo all'analogo decreto ministeriale relativo ai porti rientranti nella nuova categoria III;
   segnalata infine l'esigenza che il testo in esame aggiorni la disciplina relativa al «segnalamento marittimo dei porti di interesse nazionale», coordinandola con il nuovo assetto costituzionale, con la nuova tripartizione delle categorie portuali e con il codice dell'ordinamento militare, chiarendo in particolare la ripartizione delle competenze nei porti rientranti nella nuova categoria III di rilevanza interregionale o regionale, salva la necessaria previsione di una disciplina transitoria,
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:
   all'articolo 2, comma 1, capoverso «articolo 4, comma 2», dopo le parole «nei porti di categoria I» aggiungere le seguenti «e relative baie, rade e golfi»;
   all'articolo 2, comma 1, capoverso «articolo 4, comma 3» sostituire le parole «previa acquisizione del parere vincolante della competente autorità portuale e dell'autorità marittima» con le seguenti «sentita la competente autorità portuale e l'autorità marittima»;Pag. 56
  e con le seguenti osservazioni:
   per le ragioni evidenziate in premessa si valuti l'opportunità di integrare l'articolo 4 della legge n. 84 del 1994, come novellato dal testo in esame al fine di:
    a) precisare che le competenze relative all'emanazione delle prescrizione tecniche e di sicurezza sono esercitate dallo Stato, attraverso il Servizio dei fari e del segnalamento marittimo della Marina militare, mentre sono di competenza delle regioni quelle relative alla realizzazione e alla gestione delle infrastrutture e dei segnalamenti portuali che non siano destinati esclusivamente alla navigazione d'altura, costiera o per l'atterraggio, introducendo una disciplina transitoria per garantire l'indispensabile continuità del servizio nei porti classificati come d'interesse regionale, secondo cui, nelle more dell'emanazione delle necessarie disposizioni regionali, la Marina militare continua ad assicurare la gestione degli impianti che ha attualmente in carico, e che la regione in cui è ubicato il porto provveda al rimborso delle spese di gestione anticipate dalla Marina stessa;
    b) chiarire che tra i compiti delle autorità portuali sia prevista la manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni nell'ambito portuale tra cui rientrano anche i segnalamenti portuali, fermo restando che il Servizio dei fari della Marina resta responsabile della definizione delle caratteristiche degli impianti e che, in via transitoria, continuerà a svolgere i compiti relativi a tale ambito fino alla loro devoluzione alle autorità portuali.