CAMERA DEI DEPUTATI
Lunedì 29 ottobre 2012
727.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Bilancio, tesoro e programmazione (V)
ALLEGATO

ALLEGATO

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2013) (C. 5534-bis Governo).

SINTESI DELLE AUDIZIONI SVOLTE, DOPO LE RELAZIONI INTRODUTTIVE, NELL'AMBITO DELL'INDAGINE CONOSCITIVA PRELIMINARE ALL'ESAME DEI DOCUMENTI DI BILANCIO 2013-2015, PRESENTATA DAL RELATORE, ON. BRUNETTA.

  Intendo cogliere l'opportunità rappresentata dalla replica ai deputati intervenuti nella discussione per svolgere in primo luogo alcune considerazioni relative alle audizioni svoltesi dopo le relazioni introduttive. Nelle audizioni sono state espresse preoccupazioni ed avanzate istanze, poi ampiamente riprese nel corso dell'esame preliminare, che ritengo utile sinteticamente richiamare.
  Come ho già accennato nella relazione, la legge di stabilità va necessariamente inquadrata in un ciclo economico fortemente negativo che ha determinato, negli ultimi quattro anni, un arretramento cumulato pari a 6,3 punti di Pil. Ciò rende indispensabile, come evidenziato da tutti gli auditi, affiancare immediatamente alla politica del rigore una politica decisamente orientata a promuovere la crescita e la competitività non circoscritta alle riforme strutturali. In caso contrario, rischiamo di rimanere prigionieri di un circolo vizioso, innescando una spirale depressiva estremamente pericolosa.
  Gli effetti recessivi derivano in primo luogo dall'insopportabile livello raggiunto dalla pressione fiscale e gli stessi interventi proposti dal governo sul lato delle entrate implicitamente riconoscono tale circostanza.
  Parimenti insostenibile è il livello del debito pubblico, un fardello che occorre scrollarsi di dosso senza affidarsi solamente ai tagli di spesa, pure indispensabili, e agli aumenti di imposte, ma immaginando un piano straordinario di forte impatto ed efficace nel breve e medio termine.
  La manovra sulle entrate genera nel suo insieme diffuse e complessive perplessità. Dell'intervento sulle detrazioni e le deduzioni non è innanzitutto condivisa la retroattività, che viola lo statuto del contribuente in una fase in cui famiglie e imprese già faticano a far quadrare i rispettivi bilanci. Anche al netto di tale aspetto, l'intervento andrebbe rivisto prevedendo alcune ulteriori eccezioni. Dopo il lavoro svolto dalla Commissione sulle tax expenditures era effettivamente lecito attendersi una misura più raffinata. Non convince, in particolare, la previsione di franchigie e tetti per le erogazioni liberali in favore del terzo settore. Inoltre, come ha rilevato l'ANCE, sarebbe grave introdurre un ulteriore freno alla domanda abitativa estendendo la rimodulazione delle deduzioni e delle detrazioni ai mutui prima casa, con effetti indiretti parimenti assai negativi, come emerge dall'audizione dell'ANIA, sulle polizze vita. Salvaguardare i mutui ipotecari significa tutelare i soggetti appartenenti alla fascia di reddito media allo stato fortemente penalizzati, e per di più retroattivamente, dal combinato disposto dei provvedimenti di natura fiscale.
  Ma a non convincere è il combinato disposto di riduzione IRPEF, incremento IVA e nuovo regime di deduzioni e detrazioni. Gli effetti distributivi, che dovrebbero essere alla base dell'intervento e oggetto di accurate analisi ex ante, sono difficili da Pag. 18valutare e, in alcuni casi, opinabili. Nel primo anno si avrebbe un saldo positivo per i contribuenti pari a 1,1 miliardi ma nel 2014, con l'aumento IVA che pesa su tutto l'anno, un saldo negativo pari a 2,2 miliardi. Il saldo negativo risulterebbe inoltre aggravato dall'aumento dell'inflazione. Grave limite di tale impostazione – come sottolineato, in particolare, dal Forum Terzo settore – è, infine, l'impatto, esclusivamente di segno negativo che avrebbe sugli incapienti, una platea di otto milioni di cittadini. L'aumento dell'IVA penalizzerebbe per di più segnatamente settori strategici come le costruzioni e il turismo. Valutazioni critiche, per quanto non sempre coincidenti, sono state dunque espresse dalla grande maggioranza dei nostri interlocutori.
  In linea generale. Tutti hanno osservato come la manovra sulle entrate andrebbe corretta concentrando gli interventi su obiettivi limitati e, soprattutto, non contraddittori. La preoccupazione fondamentale è rappresentata dal recupero di competitività e di margini apprezzabili di crescita. Confindustria ritiene che occorrerebbe mirare a ridurre il cuneo fiscale – pari nel 2011 al 53,5 per cento e secondo, nell'area OCSE, soltanto a quello del Belgio – intervenendo sul carico fiscale dei redditi dei lavoratori e sull'Irap. In questo modo si attenuerebbe anche lo spread, il differenziale competitivo, tra le imprese italiane e quelle dei principali paesi europei.
  Lo stanziamento di risorse per la proroga delle misure per l'incremento della produttività del lavoro gode di consensi unanimi. Si sottolinea tuttavia la necessità di rendere la misura strutturale legandola ad un nuovo assetto della contrattazione.
  L'aumento dal 4 al 10 per cento dell'aliquota IVA per le prestazioni sociosanitarie ed educative costituisce un grave pregiudizio per le cooperative sociali non giustificato dalla semplice richiesta di chiarimenti avanzata dalla Commissione europea. Indirettamente, la misura rappresenterebbe l'ennesima riduzione di risorse per gli enti locali, che sarebbero costretti a ridimensionare ulteriormente il livello dei servizi alla persona. Concordano a riguardo Alleanza delle Cooperative italiane e il Forum Terzo settore. Le cooperative sociali sono state tra l'altro di recente già penalizzate dalla disciplina dell'IMU, che consente ai comuni di esentarle solo in parte dal pagamento dell'imposta, poiché anche in tal caso permane comunque l'obbligo di corrispondere la quota di pertinenza statale. Una simile limitazione andrebbe tra l'altro corretta. Sempre con riferimento all'IMU, l'ANCE sollecita a riflettere sull'opportunità di escludere la tassazione del c.d. magazzino, ossia delle aree e dei fabbricati destinati alla vendita. Obiettivo che, al netto di possibili abusi, appare condivisibile.
  Occorre considerare gli effetti sull'economa reale dell'ulteriore inasprimento del patto di stabilità per quanto riguarda in particolare gli enti locali. Un ulteriore miliardo di euro viene di fatto sottratto, in massima parte, agli investimenti, come sottolineano R.ETE. Imprese Italia, Confindustria e l'ANCE. È urgente definire misure che consentano agli enti virtuosi di fare fronte agli impegni assunti e impegnare le risorse in modo produttivo. Si potrebbe, ad esempio, autorizzare l'utilizzo per spese di investimento degli avanzi di bilancio ed incentivare la dismissione di società partecipate dagli enti territoriali come suggerito da Confindustria. Interessante è anche la proposta dell'ANCE di assegnare un diverso peso alle spese in conto capitale e alle spese correnti nel definire la nozione di competenza mista, così da premiare gli investimenti. Si tratterebbe in sostanza di nuova golden rule che potrebbe peraltro risultare compatibile con i limiti all'indebitamento.
  I risparmi previsti in materia sanitaria si concentrano sulla spesa di beni e servizi con il rischio di diminuire i livelli delle prestazioni e di riflettersi negativamente sulle imprese private attive in tale settore. La misura non garantisce inoltre quei recuperi di efficacia e di efficienza interni al sistema che dovrebbero invece costituire la strada maestra in una logica di spending review. Questa è l'opinione comune a R.ETE. Imprese Italia, Confindustria, Alleanza delle Cooperative italiane. Occorre innanzitutto chiarire un'ambiguità: quando si prevede una diminuzione della spesa pari al 10 per cento, si intende intervenire solo sui prezzi o anche Pag. 19sulle corrispondenti prestazioni ? Andrebbe inoltre almeno salvaguardato, rileva il Forum Terzo settore, il livello dei servizi a favore delle persone con grave disabilità, escludendo gli ausili e le protesi ad esse destinati. Per le associazioni imprenditoriali, peraltro, il problema è non ridurre senza contropartite i profitti delle imprese.
  Più in generale, riguardo alla spending review è stata evidenziata la necessità di non concentrarsi più prevalentemente sui consumi intermedi, oramai già ampiamente ridotti, e di correggere piuttosto le inefficienze organizzative e ridurre le spese per il personale ove palesemente eccessive. Per fare questo occorre procedere attraverso i costi standard ma anche individuare i fabbisogni standard, come sottolineato da Assonime. Assai apprezzata è stata invece la scelta del governo di invertire la tendenza alla riduzione delle spese di investimento, aumentando le risorse per le infrastrutture e la disponibilità dei fondi per le politiche di coesione. Due segnali importanti che dovranno tuttavia trovare conferma in una accelerazione delle procedure di spesa.
  A giudizio, oltre che delle associazioni sindacali, di R.ETE. Imprese Italia, non è condivisibile per ragioni di legittimità costituzionale e di merito la riduzione del finanziamento in favore degli istituti di patronato e di assistenza sociale di ulteriori 30 milioni annui a decorrere dal 2014. La decurtazione non rientra nella spending review e non si tratta di spese dei ministeri ma di un istituto finanziato con contributi previdenziali obbligatori. Gli enti di patronato svolgerebbero in questa fase funzioni non comprimibili.
  Non solo per ragioni di legittimità costituzionale ma, in questo caso, in primo luogo di carattere etico, non è condivisibile la scelta di sottoporre a tassazione le pensioni di guerra che, come sancito dalla Corte costituzionale, non hanno natura reddituale né assistenziale. Il legislatore ha tra l'altro precisato che le pensioni di guerra costituiscono un atto risarcitorio, di doveroso riconoscimento e di solidarietà da parte dello Stato nei confronti delle vittime della guerra. Desidero in proposito ringraziare l'Associazione nazionale vittime civili di guerra per il qualificato contributo e la testimonianza forniti ai nostri lavori.
  ABI, Assonime e ANIA, pur non essendo in linea di principio contrari alla tassazione delle rendite finanziarie, suggeriscono alcune modifiche alla disciplina proposta che meritano attenzione. In particolare, l'estensione ai contratti derivati della nuova disciplina dovrebbe considerare come lo strumento è sovente utilizzato in maniera virtuosa per cautelarsi dai rischi in termini di valuta, prezzi e tassi di interessi e non per ragioni di carattere speculativo. Qualora il costo della copertura di tali rischi dovesse aumentare, ne deriverebbe un costo maggiore delle risorse primarie. In secondo luogo, andrebbe più attentamente valutata l'area degli investitori interessati, in particolare degli operatori specializzati. Sussiste poi il problema dei fondi pensione che, in ragione della funzione sociale loro affidata, non dovrebbero risentire negativamente dell'imposta.
  L'ANIA ha inoltre sottolineato l'aggravio rappresentato per le imprese di assicurazione dall'aumento dell'aliquota di tassazione sulle riserve matematiche dei rami vita e, per un più ampio numero di imprese, dalla modifica dei termini delle modalità di versamento dell'imposta per il riallineamento dei valori fiscali ai maggiori valori di bilancio.
  Tema assai delicato è quello dei cosiddetti esodati. Da un lato, il previsto stanziamento di 100 milioni ha una finalizzazione incerta e non è chiaro in quale direzione e con quali modalità intenda allargare l'attuale platea. Dall'altro, occorre chiarire che si intende in ogni caso salvaguardare l'equilibrio finanziario del sistema pensionistico conseguito con la riforma Fornero.
  Come accennato, i temi e le criticità evidenziate nel corso delle audizioni hanno avuto ampia risonanza nel corso dell'esame preliminare, evidenziando una forte sintonia tra la Commissione e i rappresenti delle forze sociali ed economiche.

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