CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 21 giugno 2012
670.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Cultura, scienza e istruzione (VII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita. C. 5256 Governo, approvato dal Senato.

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La Commissione VII (Cultura, scienza e istruzione),
   esaminato il testo del disegno di legge C. 5256, recante «Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita», approvato dal Senato;
   considerato che il provvedimento in esame valorizza l'apprendistato quale contratto tipico per l'accesso al mercato del lavoro dei giovani e per l'instaurazione di rapporti a tempo indeterminato, valorizzandone il ruolo formativo;
   ritenuto che si introduce una revisione della disciplina dei tirocini formativi e di orientamento, ai fini della valorizzazione di altre forme contrattuali a contenuto formativo, con la individuazione di criteri, modalità e regole per assicurare la effettiva riuscita di tale istituto;
   rilevato infine che l'articolo 4, commi da 51 1 54, individua gli aspetti essenziali delle politiche in materia di apprendimento permanente, da determinare a livello nazionale in sede di Conferenza unificata, in linea con le indicazioni dell'Unione europea, quale attività di apprendimento intrapresa dalle persone in modo formale, non formale e informale, nelle varie fasi della vita, al fine di migliorare le conoscenze, le capacità e le competenze, in una prospettiva personale, civica, sociale e occupazionale;
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:
   a) nella definizione delle linee guida in materia di tirocini formativi e di orientamento di cui alla lettera d) del comma 34 dell'articolo 1, in relazione al riconoscimento di una congrua indennità, appare opportuno tenere conto della differenziazione tra tirocini inseriti nei percorsi di alternanza scuola-lavoro di cui alla legge n. 77 del 2005, al decreto legislativo n. 226 del 2005, al decreto del Presidente della Repubblica n. 87 del 2010, al decreto del Presidente della Repubblica n. 88 del 2010 e al decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2010, per il sistema di istruzione e di istruzione e formazione professionale, e i tirocini «non curricolari», di cui all'articolo 11 del decreto-legge n. 138 del 2011 convertito, con modificazioni, in legge n. 148 del 2011;
   b) per quanto riguarda l'apprendimento permanente si evidenzia l'opportunità di individuare strumenti più idonei alla validazione e alla certificazione delle competenze, degli apprendimenti non formali ed informali, anche sulla base di procedure individuate dalle istituzioni scolastiche e formative e sulla base delle Raccomandazioni europee per l'apprendimento permanente e del Quadro europeo delle qualifiche (EQF);
   c) si consideri anche l'esigenza di assicurare adeguate forme di tutela per i lavoratori e le lavoratrici dello spettacolo, con particolare riferimento all'introduzione di una normativa quadro per il riconoscimento di misure adeguate di tutela previdenziale e del mercato del lavoro.

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ALLEGATO 2

5-06275 Capitanio Santolini: Sul mantenimento della natura volontaria di contributi scolastici.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento alla questione dei contributi richiesti alle famiglie da alcune istituzioni scolastiche all'atto dell'iscrizione, l'onorevole interrogante chiede che vengano assunte iniziative al fine contrastare una prassi che potrebbe ledere il diritto allo studio in caso di impossibilità per la famiglia di provvedere al richiesto pagamento.
  Al riguardo si fa presente che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha sempre sostenuto il carattere di volontarietà dei contributi delle famiglie.
  Tale assunto è stato ribadito, da ultimo, con la nota del Capo del Dipartimento per l'istruzione n. 312 del 20 marzo 2012 con la quale sono state diramate indicazioni in materia e sono stati invitati gli uffici scolastici regionali a vigilare sulla corretta applicazione delle stesse e a intervenire per contrastare gli eventuali comportamenti difformi.
  Con la suddetta nota, è stato in particolare ribadito che non è consentito imporre tasse o richiedere contributi obbligatori alle famiglie per l'espletamento delle attività curriculari e di quelle connesse all'assolvimento dell'obbligo scolastico (fotocopie, materiale didattico o altro), fatti salvi i rimborsi delle spese sostenute per conto delle famiglie medesime (quali ad esempio assicurazione individuale degli studenti per responsabilità civile e infortuni, libretto delle assenze, gite scolastiche, eccetera).
  Si rappresenta altresì che gli eventuali contributi volontariamente versati dalle famiglie devono essere indirizzati a interventi di ampliamento dell'offerta formativa e che le istituzioni scolastiche sono tenute improntare l'intera gestione al rispetto di criteri di trasparenza ed efficienza, informando preventivamente le famiglie sulla destinazione dei contributi stessi, in modo che esse possano conoscere in anticipo le attività che saranno finanziate ed eventualmente decidere di contribuire soltanto ad alcune specifiche azioni.
  Inoltre, all'atto del versamento, le famiglie devono essere sempre informate in ordine alla possibilità di avvalersi della detrazione fiscale in base all'articolo 13 della legge n. 40 del 2007.
  Ciò premesso, sul caso specifico segnalato dall'onorevole interrogante, è stato interessato il competente Direttore generale dell'ufficio scolastico regionale per le Marche, il quale ha chiesto chiarimenti al dirigente scolastico dell'istituto tecnico «Fazzini Mercantini» di Grottamare (Ascoli Piceno).
  Da quanto comunicato è risultato che il dirigente del sopracitato istituto, con circolare n. 100 del 17 gennaio 2012, aveva chiesto ai genitori degli alunni iscritti un contributo scolastico nei termini riportati nell'atto parlamentare.
  A seguito di richiesta di chiarimenti avanzata dall'ufficio scolastico regionale, il dirigente scolastico ha rappresentato che la stesura della suddetta circolare aveva l'intento di responsabilizzare gli alunni sul rispetto delle scadenze di tutti i termini e Pag. 65che la mancanza di pagamento di un contributo, da sola, non sarebbe mai stata causa di giudizio negativo.
  L'ufficio scolastico regionale summenzionato, nel prendere atto di quanto rappresentato, lo ha comunque invitato a emendare con immediatezza la citata circolare n. 100, espungendo dalla stessa le espressioni foriere di equivoci circa l'obbligatorietà del contributo.
  In data 31 marzo 2012, il dirigente scolastico dell'istituto ha emanato, secondo le istruzioni impartite dal Direttore scolastico regionale, una nuova circolare nella quale sono stati espunti i riferimenti a detta obbligatorietà.

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ALLEGATO 3

5-06669 Siragusa: Misure a tutela dei precari della scuola per l'anno scolastico 2012/2013.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'atto parlamentare in discussione, l'Onorevole interrogante propone di assumere iniziative normative per l'anno scolastico 2012-2013 al fine di tutelare il personale a contratto a tempo determinato.
  Preliminarmente si ricorda che gli interventi previsti dall'articolo 64 del decreto legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, si concludono con il termine dell'anno scolastico in corso.
  Gli interventi di razionalizzazione adottati sono stati in gran parte compensati dai pensionamenti e, di conseguenza, si è notevolmente ridotto il numero di docenti e di personale ATA destinatari di contratto a tempo determinato.
  Per venire incontro alle esigenze del suddetto personale, il decreto ministeriale del 29 settembre 2009, n. 82, in attuazione del decreto-legge n. 134 del 25 settembre 2009, articolo 1, commi 2, 3 e 4, ha previsto una serie di misure urgenti nei confronti dei docenti inseriti nelle graduatorie provinciali a esaurimento: si tratta in particolare della precedenza assoluta in tutte le nomine, del riconoscimento del punteggio intero, dell'automatismo della liquidazione e dell'indennità di disoccupazione, laddove dovuta.
  I benefici previsti dalle suddette disposizioni erano destinati a coloro che avevano conseguito nell'anno scolastico 2008-2009 una nomina a pieno titolo di durata annuale (o fino al termine delle attività didattiche) e si trovavano nella condizione di non poter riottenere, nell'anno 2009-2010, la medesima designazione per carenza di posti disponibili o di ottenerla soltanto per un numero di ore inferiore a quello di cattedra.
  Le descritte misure legislative sono state prorogate, dapprima per l'anno scolastico 2010-2011, dal comma 4-ter del decreto-legge n. 194 del 2009 (convertito con modificazioni dalla legge n. 25 del 2010) e, successivamente, per l'anno scolastico 2011/2012 dal comma 21-bis dell'articolo 9 del decreto-legge n. 70 del 2011 (convertito dalla legge n. 106 del 2011).
  Si rappresenta che per un'eventuale loro estensione anche all'anno scolastico 2012-2013 è necessaria una norma che lo consenta con relativa copertura finanziaria.
  I docenti non abilitati che hanno maturato esperienze di insegnamento potranno comunque usufruire di un diverso percorso per il conseguimento dell'abilitazione: in proposito, si informa che è in corso di definizione un regolamento che, modificando il decreto ministeriale n. 249 del 2010, prevede dei percorsi abilitanti speciali per tale personale.
  Si evidenzia da ultimo che sono in programma due bandi di concorso per l'accesso ai ruoli del personale docente della scuola da svolgersi uno prima dell'estate e il secondo nella primavera del 2013.

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ALLEGATO 4

5-06881 Goisis: Sull'alienazione di Palazzo Labia, sede della Regione Veneto.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Mi riferisco all'interrogazione dell'onorevole Goisis, con la quale si chiede al Ministero per i beni e le attività culturali quali iniziative si intendano intraprendere a tutela del Palazzo Labia al fine di evitare che sia venduto a terzi ed adibito ad usi non compatibili con il suo carattere storico-artistico.
  Riferisco, a tale proposito che Palazzo Labia risulta sottoposto alle disposizioni di tutela di cui alla Parte seconda del Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 – Codice dei beni culturali e del paesaggio – in forza degli atti di notifica in data 26 febbraio 1910 e 14 marzo 1933, emanati ai sensi della legge 20 giugno 1909, n. 364. Con decreto ministeriale in data 9 maggio 1950, tali vincoli sono stati rinnovati ai sensi della legge 1o giugno 1939, n. 1089, intervenuta nel frattempo a disciplinare la materia.
  Ulteriori provvedimenti del 1964 hanno sottoposto a tutela alcune opere d'arte pertinenti al Palazzo (cosiddetta «immobili per destinazione»).
  A tutela delle condizioni di ambiente e di decoro dello stesso Palazzo Labia sono peraltro stati adottati sei provvedimenti, due in data 4 marzo 1955 e 3 luglio 1958 e quattro contestualmente in data 3 settembre 1959.
  Risulta inoltre sottoscritta tra questo Ministero e la Rai Radiotelevisione italiana una convenzione in data 2 aprile 2001, con cui, a fronte del concorso dello Stato nella spesa relativa ai lavori di ristrutturazione, le parti hanno convenuto l'accessibilità al pubblico di Palazzo Labia, secondo le modalità indicate nella Convenzione stessa.
  Inoltre, sulla scorta del parere reso dal Consiglio di Stato nell'adunanza plenaria del 14 aprile 2011 (n. 4/2011), secondo cui il procedimento di verifica dell'interesse culturale si estende anche ai cosiddetti enti privatizzati, categoria alla quale apparteneva appunto la RAI, si è data informazione ai rappresentanti della RAI della necessità che Palazzo Labia fosse sottoposto alla verifica di culturalità di cui agli articoli 10 e 12 del sopracitato Codice dei beni culturali.
  In data 2 agosto 2011 il Ministero e la Rai spa sottoscrivevano un protocollo d'intesa, a seguito del quale veniva attivato il procedimento di verifica dell'interesse culturale del Palazzo. Procedimento che si concludeva con provvedimento in data 23 maggio 2012, di riconoscimento dell'interesse culturale di Palazzo Labia.
  Con particolare riferimento alla possibile alienazione del Palazzo, si osserva come essa sia assoggettata all'autorizzazione di cui all'articolo 56 del decreto legislativo 42/04. Essa risulta inoltre sottoposta all'obbligo di denuncia di cui all'articolo 59 del medesimo decreto legislativo, con conseguente facoltà del Ministero (ovvero della Regione o degli altri enti pubblici territoriali a favore dei quali il Ministero rinunci) di esercitare la cosiddetta «prelazione artistica», ai sensi degli articoli 60, 61 e 62 del più volte citato decreto legislativo 42/04.
  Circa La fruizione pubblica di Palazzo Labia, si rappresenta che, ai sensi dell'articolo Pag. 6856, comma 3, del decreto legislativo 42/04, l'autorizzazione ad alienare potrà contenere, inter alia, le condizioni di fruizione pubblica del bene stesso, tenuto conto della situazione conseguente alle precedenti destinazioni d'uso.
  Si sottolinea che eventuali futuri aventi causa saranno, in ogni caso, tenuti al rispetto della convenzione sottoscritta in data 2 aprile 2001, sopra citata. La convenzione predetta, trascritta presso l'Agenzia del Territorio – Servizi di pubblicità immobiliare in data 11 aprile 2001 (n. 10820 r.g., n. 7380 r.p.), non reca termine di scadenza ed ha quindi efficacia sine die.
  Quanto alla richiesta dell'interrogante di adottare iniziative «al fine di evitare che [palazzo Labia] sia alienato», si precisa che il Codice non prevede in capo al Ministero il potere di impedire l'alienazione di beni culturali, a chiunque appartenenti, laddove gli elementi previsti dall'articolo 55, comma 2, lettere a), b) ed e) siano valutabili come idonei ad assicurare le garanzie previste dal legislatore per tale fattispecie.
  Resta fermo comunque che, anche nel caso di interesse della Rai all'alienazione dell'immobile in questione, gli Uffici ministeriali competenti potranno sempre esercitare i poteri loro conferiti dall'articolo 55, comma 3-bis, del suddetto Codice. Ai sensi di tale disposizione, infatti, l'autorizzazione non può essere rilasciata qualora la destinazione d'uso proposta sia suscettibile di arrecare pregiudizio alla conservazione e fruizione pubblica del bene o comunque risulti non compatibile con il carattere storico e artistico del bene medesimo. Il ministero ha facoltà di indicare, nel provvedimento di diniego, destinazioni d'uso ritenute compatibili con il carattere del bene e con le esigenze della sua conservazione.