CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 17 aprile 2012
640.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

DL 16/2012: Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento (C. 5109 Governo, approvato dal Senato).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La III Commissione (Affari esteri e comunitari),
esaminato il disegno di legge C. 5109 di conversione in legge del decreto-legge n. 16 del 2012 recante: disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento;
segnalata l'eliminazione, per effetto dell'articolo 3, comma 15, dell'imposta di bollo sui trasferimenti di denaro all'estero, in coerenza con gli impegni assunti in sede di G8 e di G20, considerando la rilevanza delle rimesse degli immigrati per le dinamiche dello sviluppo;
richiamata, al riguardo, le conclusioni dell'indagine conoscitiva, svolta dalla Commissione, sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite,

esprime

PARERE FAVOREVOLE.

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ALLEGATO 2

Sulla missione svolta a Ginevra in occasione della XIX Sessione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (23-24 marzo 2012).

L'On. Mario Barbi ha preso parte, in rappresentanza del Comitato permanente sui diritti umani, alla conclusione della XIX Sessione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, tenutasi a Ginevra.
La missione si è articolata in una serie di incontri, svolti a margine dei lavori, con i rappresentanti diplomatici di tre Paesi chiave per la situazione dei diritti umani nel Mediterraneo del dopo «primavera araba» e segnatamente Egitto, Marocco e Tunisia. Ulteriori incontri si sono svolti con l'Ambasciatore Mariangela Zappia, Capo della Delegazione permanente dell'Unione europea e attualmente il funzionario italiano di più alto grado presso il Servizio Europeo per l'Azione Esterna, nonché col dottor Gianni Magazzeni, Direttore della Divisione Americhe, Europa e Asia Centrale dell'Alto Commissariato per i Diritti Umani.
L'on. Barbi, assistito dal Rappresentante permanente d'Italia, Ambasciatore Laura Mirachian, ha quindi preso parte ai lavori del Consiglio per i diritti umani che, nella giornata conclusiva della sua XIX Sessione, ha esaminato ed approvato due importanti risoluzioni: sulla Libia su proposta marocchina e sulla Siria su proposta dell'Unione europea.
L'incontro con l'Ambasciatore Hisham Badr, Rappresentante permanente d'Egitto e Coordinatore Paesi Non Allineati ha consentito di evidenziare alcune questioni centrali per questo Paese in transizione: la centralità del tema dell'accountability dei nuovi regimi e la conseguente importanza del tema dei diritti umani e dello sviluppo umano. L'Egitto, che il 23 maggio affronterà le elezioni del nuovo capo dello Stato, deve rispondere alla richiesta di democrazia e soprattutto di nuove opportunità che giunge soprattutto dai giovani, il segmento più rilevante della popolazione egiziana. Il nuovo Egitto deve sapere gestire il passaggio dal centralismo al pluralismo decisionale e mettere a frutto la sua tradizione costituzionale per dare sostanza al processo costituente in atto, la cui conclusione avverrà con una consultazione referendaria.
L'Ambasciatore ha sottolineato che l'Egitto rappresenta un modello per i Paesi dell'area e che è pertanto essenziale il modo in cui gestirà i propri rapporti con Israele e con questioni come la crisi siriana.
Sui temi all'esame del Consiglio, l'Ambasciatore ha espresso delusione per l'astensione dell'Italia sulla risoluzione approvata nei giorni precedenti sul tema degli insediamenti israeliani, rilevando che il nostro Paese ha un rapporto privilegiato con l'Egitto anche per l'assenza di complessi precedenti post-coloniali, nonché l'impatto condizionante e negativo delle questioni politiche sulle decisioni da adottare in materia di tutela dei diritti umani. Alla considerazione dell'on. Barbi che ha spiegato la linea italiana alla luce della posizione europea, l'interlocutore egiziano ha obiettato che l'Unione europea non è coesa sul tema mediorientale e che occorre che il Consiglio acquisti maggiore autonomia per non regredire nel ruolo che fu della Commissione ONU per i diritti umani. Un ulteriore elemento di critica ha riguardato la drastica diminuzione di sostegno finanziario da parte di Bruxelles, rispetto a quanto avveniva con il regime di Mubarak, e che dovrebbe invece essere incrementato per sostenere la transizione verso la democrazia.
Il successivo incontro con l'Ambasciatore Moncef Baati, Rappresentante permanente

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di Tunisia, si è incentrato sul ruolo dei diritti umani e del diritto al lavoro per i giovani tunisini come chiavi di volta per la lettura della «primavera» tunisina e per l'esito positivo della transizione democratica avviata. A dimostrazione di ciò stanno i percorsi di ratifica, che la Tunisia ha prontamente avviato, per i più importanti Protocolli e Convenzioni internazionali di diritto umanitario, a partire da quelli sulla tortura, anche a dimostrazione del fatto che si trattava di dossier già pronti ma bloccati dal regime precedente. Nell'Italia il Rappresentante tunisino ha indicato uno dei maggiori interlocutori politici, oltre che commerciali, anche al fine di stimolare un maggiore impegno finanziario da parte dell'Europa a favore del Mediterraneo e per prevenire derive radicali, connesse all'assenza di prospettiva e di opportunità per i giovani. La Tunisia è paese a forte tradizione di partecipazione civile, di impegno delle donne e dei giovani, il che ha contribuito a rendere meno pericolosi i gruppi islamisti, più di quanto non avvenga in altri Paesi della fascia mediterranea. La nuova legge elettorale, che ha consentito l'ingresso di un'elevata percentuale di donne nelle nuove istituzioni tunisine, conferma questa sensibilità specifica. Occorre dare sostegno a questa visione e per questo la revisione periodica in atto da parte del Consiglio ONU per i diritti umani è considerata una opportunità.
Il colloquio con l'Ambasciatore Omar Hilale, Rappresentante permanente del Marocco, ha ribadito alcune posizioni marocchine già note nell'avere precorso gli eventi della primavera araba, scongiurandone i profili più drammatici grazie ad un percorso di riforme costituzionali, che ha ridotto il ruolo del monarca e integrato nelle istituzioni aree di consenso più radicali, nell'intento di prevenire sviluppi destabilizzanti e pericolosi. La Costituzione del Marocco ha il merito di dedicare un capitolo intero al tema dei diritti umani, con particolare attenzione alla questione delle minoranze, ebraica e berbera, che trovano riconoscimento al proprio status e ai propri diritti. Il vero nodo per il Marocco è rappresentato dalla crisi economica e dal perdurare di quella alimentare, che hanno indotto il Paese ad intraprendere un rigoroso percorso di riduzione della spesa pubblica. La società civile marocchina è assai strutturata ed opera in modo proficuo, con una proiezione anche internazionale. Quanto alla Sessione del Consiglio, il Marocco ha presentato una risoluzione sulla Libia per condannare le violazioni dei diritti umani perpetrate dai gruppi armati che si sono opposti al regime di Gheddafi e che contribuiscono a rendere urgente il tema delle violazioni commesse dalle formazioni che, in Siria, lottano contro Assad e che un emendamento della Russia alla proposta di risoluzione avanzata dall'Unione europea ha inteso di porre. L'On. Barbi ha osservato che non è possibile porre su uno stesso piano i gruppi che si oppongono ad un regime sanguinario come lo stesso Presidente Assad e che nel caso libico la questione può essere più agevolmente affrontata anche perché si tratta di una crisi già superata.
Sul ruolo del Consiglio dell'ONU per i diritti umani, il giudizio del Rappresentante del Marocco è stato positivo nel senso che, a suo avviso, si tratta di un soggetto che va acquisendo credibilità e che inizia a produrre risultati concreti.
Altrettanto significativo è stato il colloquio con l'Ambasciatore Mariangela Zappia, Capo della Delegazione permanente dell'Unione Europea presso l'ONU, che ha dato conto del metodo di lavoro della Delegazione nel quadro delle complesse dinamiche del Consiglio. Di particolare interesse è stata la sua valutazione sul ruolo della Delegazione alla luce dei nuovi poteri di coordinamento e guida, derivanti dal Trattato di Lisbona, ma anche della necessità di lavorare dapprima ad un cambio di mentalità da parte degli Stati nazionali con il metodo di un confronto rigoroso e assiduo sui vari dossier.
Sui temi in esame al Consiglio, l'Ambasciatore Zappia ha dato risalto al successo di non avere «spezzato» in tre segmenti l'opinione europea sulla controversa risoluzione sul tema degli insediamenti

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israeliani, dividendosi tra voti di astensione e voti favorevoli. Il voto europeo di astensione è stato invece unanime sulla risoluzione circa i seguiti del Rapporto della commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite sul conflitto a Gaza, come pure lo è stato quello favorevole sulla tutela dei diritti della popolazione palestinese. Ma il vero successo europeo è stato rappresentato dalla risoluzione sulla Siria, che ha rinnovato il mandato della Commissione d'inchiesta, i cui seguiti saranno assai rilevanti al fine di sanzionare la condotta di Assad come crimine contro l'umanità. Altrettanto importante è stato il risultato sulla risoluzione sulla Corea del Nord, approvata per consenso con il sostegno della Cina e della Russia. Sul tema del Mediterraneo, l'Ambasciatore Zappia ha segnalato che l'Unione europea fa propria una linea di valutazione Paese per Paese.
Il colloquio con il Dottor Gianni Magazzeni che, dirige la Divisione Americhe, Europa e Asia Centrale dell'Alto Commissariato per i Diritti Umani ha evidenziato le strategie di intervento dell'Alto Commissariato, che va acquisendo ruolo nel sistema onusiano anche per il mandato derivante dalle missioni internazionali di pace. La questione di fondo che ha messo in evidenza è stato il nesso tra pace, sviluppo e diritti umani descrivendo il sistema ramificato con cui l'Alto Commissariato interagisce a livello locale, grazie innanzitutto alle figure dei Rappresentanti Speciali e anche in virtù delle autorità indipendenti nazionali, là dove istituite. L'interazione tra i diversi livelli ha consentito in molti casi di intervenire in modo proficuo sulle normative nazionali ma anche sulle prassi. Il Dottor Magazzeni ha insistito su un ruolo più incisivo da parte dei Parlamenti nazionali, non ritenendo la dimensione dell'Unione Interparlamentare adeguata a garantire standard di tutela dei diritti umani realmente efficaci.

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ALLEGATO 3

Interrogazioni n. 5-05512 e n. 5-05749 Renato Farina: Sulla libertà religiosa nella Repubblica delle Maldive

TESTO DELLA RISPOSTA

Come sottolineato di recente dal Ministro Terzi, la religione è espressione fondamentale dell'intima essenza e dignità della persona umana. Per questo la libertà di religione rappresenta un catalizzatore fondamentale per la promozione di tutti i diritti umani.
I barbari attacchi, a cui abbiamo assistito anche di recente, perpetrati nei confronti delle minoranze religiose, in particolare cristiane, in varie parti del mondo sono intollerabili.
Ci preoccupano allo stesso tempo quelle realtà in cui gli appartenenti alle minoranze religiose, pur non minacciati nella loro esistenza fisica, sono oggetto di discriminazione ad opera delle autorità politiche, dei gruppi sociali maggioritari o dei condizionamenti locali.
Sono tutte situazioni inaccettabili per l'Italia, che vanno contro la nostra sensibilità, la nostra storia, i nostri valori.
In linea con il forte mandato ricevuto dal Parlamento al Governo, anche con la mozione unanime approvata dalla Camera il 12 gennaio 2011, il Governo è quindi impegnato in maniera convinta per affermare l'importanza della libertà di religione a livello globale.
Di fronte agli episodi richiamati dall'Onorevole Farina, abbiamo attivato la nostra Ambasciata a Colombo e l'Agenzia consolare onoraria nella capitale Malé che stanno svolgendo una continua opera di monitoraggio per concordare, anche con gli altri Partner UE, le opportune iniziative da adottare.
Nei confronti del Governo recentemente insediatosi alle Maldive, riteniamo opportuno mantenere una linea improntata al contempo a fermezza e dialogo per favorire l'innalzamento degli standard di rispetto dei diritti umani, ed in particolare la libertà religiosa e l'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle minoranze religiose nell'arcipelago.
Tale azione di pressione diplomatica deve essere ispirata al principio della gradualità delle misure da assumere. In questo senso accogliamo pienamente lo spirito della proposta dell'Onorevole Farina e continueremo a monitorare con attenzione la situazione nelle Maldive. Ciò nella consapevolezza che il turismo rappresenta un canale essenziale di miglioramento delle condizioni economiche del Paese, fondamentale per combattere ogni forma di emarginazione che alimenta anche l'intolleranza religiosa.
È questa parte dell'azione a difesa della libertà religiosa che l'Italia svolge sia a livello bilaterale sia sul piano multilaterale.
Nel solco dell'azione svolta nel 2010 e 2011, l'Italia è impegnata affinché la difesa dei diritti umani sia il «filo rosso» dell'azione esterna dell'Unione europea nelle sue diverse componenti, ivi comprese le politiche commerciali e di aiuto allo sviluppo. Su proposta dell'Italia, questo principio è stato da ultimo riaffermato nel corso della riunione dei Ministri degli Esteri in formato «Gynmich» svoltasi il 9 e 10 marzo a Copenaghen, alla quale ha partecipato il Ministro Terzi.

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In occasione di tale riunione, come noto, l'Italia ha presentato una piatta forma sul tema della libertà di religione articolata su quattro punti:
primo: assicurare alla libertà di religione e di credo rilievo prioritario nel «piano d'azione» sui diritti umani, che verrà discusso e adottato nei prossimi mesi;
secondo: garantire adeguati finanziamenti ai programmi di tutela della libertà religiosa, in primis, attraverso lo strumento EIDHR (European Instrument for Human Rights and Democracy);
terzo: promuovere in ambito ONU l'adozione di iniziative sulla libertà religiosa, ivi comprese risoluzioni dell'Assemblea Generale e del Consiglio Diritti Umani;
quarto: innalzare allo status formale di «Linee-guida dell'Unione Europea» i vari strumenti e documenti di carattere interno già esistenti in materia di libertà di religione.

In ambito Nazioni Unite, l'Italia ha contribuito in modo sostanziale all'adozione della risoluzione contro ogni forma di intolleranza e discriminazione religiosa, promossa dall'Unione Europea ed adottata dall'Assemblea Generale nel dicembre 2011. Analoga iniziativa è stata presentata dall'Unione Europea nella sessione del Consiglio Diritti Umani conclusasi con l'adozione il 22 marzo scorso di una risoluzione sulla libertà di religione che riprende e rafforza quella precedente dell'Assemblea Generale.
Su queste basi la Farnesina è impegnata a continuare con determinazione la promozione della libertà di credo, in conformità alle indicazioni del Parlamento richiamate nell'atto parlamentare che abbiamo esaminato.

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ALLEGATO 4

Interrogazione n. 5-06253 Touadi: Sul diniego dell'ingresso in Turchia ad un avvocato italiano difensore di attivisti curdi.

TESTO DELLA RISPOSTA

Come ricordato dall'Onorevole interrogante, l'avvocato Arturo Salerni è stato fermato il 5 dicembre 2011 dalle autorità di frontiera turche al momento del suo arrivo all'aeroporto di Istanbul. La sua intenzione era di dirigersi nel sud-est della Turchia per partecipare al processo a carico di alcuni attivisti dell'organizzazione «Unione delle comunità curde» (Koma Civaken Kurdistan).
Informato del fermo dal Signor Olivieri della ONLUS «Verso il Kurdistan», il Consolato Generale d'Italia ad Istanbul si è immediatamente attivato per assistere il nostro connazionale. Il Consolato Generale ha in particolare preso subito contatto con le autorità turche che hanno precisato che l'avvocato Salerni risultava tra le persone a cui era vietato l'ingresso nel Paese e che per tale ragione era stato invitato a rientrare in Italia. Non potendo entrare in territorio turco, l'avvocato Salerni ha stazionato nell'Ufficio di Polizia dell'area transiti dell'aeroporto fino alle 14.30 del 6 dicembre 2011, quando è ripartito con volo diretto verso il nostro Paese.
La nostra Ambasciata ad Ankara, tempestivamente informata dell'accaduto dal Consolato Generale, ha subito richiesto al Ministero degli Esteri turco informazioni sul divieto di ingresso emesso nei confronti del nostro connazionale. In esito all'intervento della nostra Rappresentanza diplomatica, il Ministero degli Esteri turco ha indicato che il divieto di ingresso è motivato dalla legge ricordata dall'Onorevole interrogante (n. 5682, articolo 8, comma quinto) che prevede la possibilità di emettere tale misura nei confronti di «coloro per i quali si percepisce siano venuti in Turchia al fine di partecipare o sostenere attività volte a mettere in pericolo la sicurezza o l'integrità della Turchia».
Nella lettera del 19 dicembre indirizzata all'Ambasciatore Scarante, lo stesso avvocato Salerni ha indicato come il divieto di ingresso sia stato verosimilmente causato dall'aver assistito in passato richiedenti asilo di etnia curda, nonché dalla sua precedente appartenenza al collegio difensivo che fornì assistenza legale in Italia al leader del PKK, Abdullah Ocalan.
Nell'assicurare ogni possibile assistenza, la nostra Ambasciata ad Ankara ha anche suggerito al nostro connazionale di intraprendere le vie legali per conoscere le motivazioni del provvedimento di divieto d'accesso e chiederne una possibile revisione o cancellazione da parte delle autorità turche.
Per inquadrare la questione, occorre tenere presente che tra Turchia e Italia non sono in vigore Accordi bilaterali o multilaterali sulla libera circolazione delle persone. Poiché il diritto internazionale consuetudinario non prevede limiti circa l'ammissione o l'espulsione degli stranieri, in questa materia vive la piena giurisdizione dello Stato nell'apprezzamento delle circostanze di ordine pubblico che possono determinare il divieto di ingresso.
Un'azione per cercare di favorire una maggiore trasparenza delle procedure turche in tema di ammissione degli stranieri sul territorio potrebbe essere utilmente condotta in sede europea nel quadro del dialogo con Ankara in ambito migratorio ed in particolare nel settore visti.

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Al riguardo l'Italia ha assunto da tempo, in sede europea, una posizione favorevole alla prospettiva dell'abolizione dell'obbligo di visto a favore dei cittadini turchi. Si tratta di un argomento particolarmente caro ad Ankara, che percepisce come profondamente discriminatoria la posizione di chiusura finora mantenuta dall'UE.
Su un piano più generale, la questione curda costituisce indubbiamente uno dei nodi cruciali con i quali i Governi della moderna Turchia sono chiamati a confrontarsi. Sin dal suo avvento al potere nel 2002, l'attuale Governo - espressione del partito conservatore AKP - è stato fautore di un nuovo approccio nei confronti della questione curda. Alla base della nuova strategia figura l'intento di operare un'apertura nei confronti delle istanze della popolazione curda, pur senza ridimensionare l'azione di risoluto contrasto alle attività terroristiche del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), incluso, come noto, anche nella lista UE delle organizzazioni terroristiche.
Il processo di normalizzazione promosso dal Premier Erdogan, iniziato con l'abolizione dello stato di emergenza nelle Province del Sud-Est del Paese - dove si concentra la popolazione di etnia curda - ha avuto un'accelerazione nell'agosto 2009, quando il Governo ha varato il cosiddetto «piano di apertura democratica» (in sostanza, introduzione di nuove norme in materia di autonomia locale, riconoscimento della lingua e della cultura curde, previsione di una forma di amnistia verso i militanti del PKK).
Nel solco del processo di normalizzazione si collocano anche alcuni degli emendamenti costituzionali approvati in occasione del referendum del 12 settembre 2010 che hanno favorito il rinnovamento del sistema giudiziario, con effetti positivi sul piano della tutela dei diritti umani fondamentali di tutta la popolazione turca, ivi compresa l'etnia curda. L'azione riformatrice avviata da Ankara risponde a precise richieste dell'UE e i suoi effetti sono state valutati da Bruxelles come «un passo nella giusta direzione». È inoltre significativo che l'attuale legislatura (la terza a maggioranza AKP) abbia visto l'ingresso in Parlamento di 35 candidati indipendenti, sostenuti dal partito curdo BDP.
Tutte queste aperture si inseriscono in un percorso ancora in evoluzione, anche alla luce della difficoltà di conciliare le aperture con la ferma azione di contrasto alla minaccia terrorista.
Un'evoluzione che seguiamo con attenzione nel quadro delle relazioni particolarmente intense tra Italia e Turchia, come testimoniato dalle frequenti occasioni di incontro e dialogo ai massimi vertici. Il Presidente del Consiglio Monti ha avuto un incontro bilaterale il 26 marzo a Seoul con il Primo Ministro Erdogan. Il Ministro degli Esteri Terzi ha avuto frequenti incontri con il suo omologo Davutoglu, con cui intrattiene continui contatti su tutte le principali questioni internazionali.
In questo contesto, l'Italia, insieme ai partner dell'Unione Europea, sostiene gli sforzi posti in essere dalla Turchia e incoraggia fortemente il percorso intrapreso da Ankara verso una piena normalizzazione di questa questione.