CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 14 aprile 2011
468.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Ambiente, territorio e lavori pubblici (VIII)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Libro verde: Sulla modernizzazione della politica dell'Unione europea in materia di appalti pubblici. COM(2011)15 definitivo

ULTERIORE NUOVA PROPOSTA DI DOCUMENTO FINALE

La VIII Commissione,
esaminato, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento della Camera, il Libro verde sulla modernizzazione della politica dell'UE in materia di appalti pubblici. Per una maggiore efficienza del mercato europeo degli appalti (di seguito «Libro verde»);
premesso che:
sul Libro verde si è avviata una consultazione esterna - che si chiuderà il 18 aprile 2011 - finalizzata ad acquisire elementi di informazione e di valutazione in vista della revisione della disciplina europea degli appalti pubblici, e quindi delle direttive n. 17 (settori speciali) e n. 18 del 2004 (settori ordinari);
il metodo adottato anche in questa circostanza dalle istituzioni dell'Unione Europea appare particolarmente apprezzabile in quanto favorisce un preventivo e ampio confronto sulle diverse problematiche (di carattere giuridico, di efficienza amministrativa, economico e di regolazione del mercato per la tutela della concorrenza) che riguardano la materia degli appalti, attraverso una puntuale ricognizione dei problemi emersi con riferimento all'attuazione della normativa europea vigente e alla possibilità di apportare ad essa le correzioni e le integrazioni che risulteranno necessarie;
l'Unione europea riconosce al settore degli appalti pubblici un ruolo fondamentale nel perseguimento degli obiettivi della Strategia Europa 2020, trattandosi di uno degli strumenti necessari per promuovere l'innovazione nelle imprese, per favorire la transizione verso un utilizzo più efficiente delle risorse anche ambientali, nonché per migliorare il contesto imprenditoriale, soprattutto per le piccole medie imprese (PMI);
la revisione a livello europeo degli strumenti e dei metodi degli appalti pubblici sarebbe finalizzata ad adeguare tale settore alle evoluzioni del contesto politico, sociale ed economico, anche al fine di perseguire una maggiore efficienza della spesa pubblica, il rafforzamento della concorrenza, nonché un miglior uso degli appalti pubblici a sostegno di obiettivi sociali comuni, quali la tutela dell'ambiente, la maggiore efficienza energetica, la promozione dell'innovazione e dell'inclusione sociale;
il Libro verde riconosce particolare rilevanza alla costruzione di un mercato europeo degli appalti capace di rendere più agevole l'accesso alle piccole e medie imprese, che rivestono un'importanza strategica nell'economia italiana e che hanno grandi potenzialità di creazione di posti di lavoro, di crescita e di innovazione;
il Libro verde considera importante coniugare il perseguimento degli obiettivi sopra indicati con l'esigenza di trasparenza nelle gestione degli appalti pubblici per evitare prassi commerciali scorrette, conflitti di interessi, nonché favoritismi e corruzione;
considerato che:
nell'ordinamento interno le direttive n. 17 e n. 18 del 2004 sono state

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recepite con il Codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, successivamente novellato da tre decreti legislativi correttivi;
il regolamento di attuazione del suddetto codice, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, entrerà in vigore l'8 giugno 2011 (salve alcune eccezioni) e, pertanto, alcuni istituti introdotti in recepimento della normativa europea - quali ad esempio il dialogo competitivo, l'asta elettronica, l'accordo quadro - non sono ancora stati sufficientemente sperimentati a livello nazionale;
l'esame del Libro verde ha rappresentato una importante occasione per avviare un utile confronto tra la Commissione e i soggetti istituzionali ed economici impegnati nel settore degli appalti pubblici, al fine di individuare gli elementi di criticità del sistema italiano, e quindi di indirizzare, alla luce di tali criticità, l'attività di negoziato del Governo per le modifiche della normativa europea di riferimento,
dal richiamato confronto è emersa la peculiarità del mercato degli appalti pubblici in Italia contraddistinto dall'eccessiva frammentazione sotto il profilo degli attori, dalla rigidità della regolazione e da un elevato contenzioso;
durante il confronto è stato da più parti rilevato come la prospettiva di una modifica della disciplina a livello europeo del settore degli appalti pubblici debba comunque coniugarsi, da una parte, con l'esigenza di garantire a livello nazionale un quadro coerente e ordinato di regole certe e stabili per gli operatori del settore, e dall'altra, con la necessità di evitare una eccessiva regolamentazione in fase di recepimento nazionale (cosiddetta gold plating);
rilevata, altresì, la necessità che il presente documento finale, unitamente al parere della Commissione XIV (Politiche dell'Unione Europea), sia trasmesso tempestivamente alla Commissione europea, nell'ambito del cosiddetto dialogo politico, nonché al Parlamento europeo e al Consiglio,

ESPRIME UNA VALUTAZIONE POSITIVA

sottolineando, in relazione alla posizione da assumere per la definizione di proposte normative europee, l'esigenza di promuovere interventi che contribuiscano a risolvere talune criticità del sistema degli appalti in Italia, e quindi volti:
a) con riferimento all'ambito di applicazione delle norme sugli appalti pubblici:
a innalzare le soglie di rilevanza comunitaria, valutando l'opportunità di prevedere forme di pubblicità semplificate in relazione agli appalti «sottosoglia» di importo tale da generare un interesse transfrontaliero, e cercando comunque di coniugare l'esigenza di semplificazione con quella di garantire la massima concorrenza tra gli operatori comunitari;
a circoscrivere la sezione degli «appalti esclusi», alla luce degli impegni internazionali dell'Unione Europea;

b) con riferimento al miglioramento degli strumenti a disposizione delle amministrazioni aggiudicatrici:
a perseguire l'obiettivo di una migliore qualità dei progetti, già nella fase preliminare, presupposto indispensabile per una accurata valutazione della loro fattibilità e favorire una maggiore qualificazione delle stazioni appaltanti, utilizzando tutti gli strumenti già a disposizione, con particolare riguardo alla promozione di forme di aggregazione della domanda attraverso una razionalizzazione delle funzioni amministrative delle stazioni appaltanti, nel rispetto delle autonomie dei singoli enti e tenendo conto dell'oggetto dell'appalto e della localizzazione territoriale dell'opera da realizzare, in modo da consentire alle stazioni appaltanti non strutturate di delegare le funzioni amministrative di committenti ad amministrazioni più organizzate, ovvero di esercitarle in forma associata;

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a prevedere la possibilità di estendere anche ai settori ordinari - quantomeno con riferimento a specifiche categorie di lavori aventi caratteristiche omogenee e ripetitive - il ricorso ai sistemi di qualificazione tipici dei settori speciali, garantendo comunque piena concorrenzialità, parità di trattamento e non discriminazione degli operatori medesimi;
a prevedere l'estensione dell'utilizzo, come mezzo di pubblicità, dell'avviso periodico indicativo che l'amministrazione aggiudicatrice intende indire nel corso dell'anno mediante procedura ristretta o negoziata senza previo bando, negli appalti di forniture, servizi o lavori caratterizzati dall'omogeneità della prestazione o dei prodotti richiesti;
a prevedere - ferma restando la tutela della concorrenza, della parità di trattamento e di non discriminazione tra le imprese e con le necessarie garanzie in ordine alle condizioni economiche al fine di preservare l'efficienza della spesa pubblica - l'ampliamento delle possibilità di utilizzo della procedura negoziata previa pubblicazione del bando negli appalti più complessi;
ad ampliare la possibilità di ricorso alla procedura negoziata senza pubblicazione del bando con contestuale adozione di meccanismi volti a garantire i principi di non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e trasparenza; al riguardo, si preveda, nell'ambito della normativa nazionale, la procedura negoziata senza pubblicazione del bando per l'appalto di lavori fino a 1,5 milioni di euro, con contestuale obbligatoria adozione di strumenti quali l'aumento del numero delle imprese da invitare, il criterio della rotazione di tali imprese, la pubblicità delle informazioni relative allo svolgimento della procedura e la pubblicazione ex post degli atti della procedura;
a introdurre criteri che consentano alle stazioni appaltanti di verificare, in relazione ai singoli lavori pubblici, l'affidabilità delle imprese, anche prevedendo meccanismi premiali, quali il rispetto dei tempi di esecuzione di precedenti lavori, la mancata presentazione di eccezioni e riserve ovvero di eccessivi ribassi in precedenti lavori;
a limitare il criterio di aggiudicazione del massimo ribasso, prevedendone comunque il ricorso nel caso di appalti di importo non elevato, e privilegiare quindi il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, al fine di valorizzare la qualità, non solo finanziaria, ma anche tecnica, progettuale dell'offerta, nonché elementi legati alla valenza ambientale, sociale dell'offerta medesima, riducendo per quanto possibile il tasso di discrezionalità che è insito in esso;
a prevedere la possibilità di verifica del possesso dei requisiti di qualificazione solo nei confronti del soggetto aggiudicatario, quanto meno in presenza di un sistema che riconosca in capo alle amministrazioni aggiudicatrici la possibilità di verificare direttamente il possesso dei requisiti di qualificazione e in relazione agli appalti aggiudicati al valore più basso;

c) con riferimento all'accessibilità al mercato europeo degli appalti:
a sostenere l'accesso delle piccole e medie imprese al mercato degli appalti pubblici, senza comunque determinare condizioni suscettibili di pregiudicare le economie di scala potenzialmente conseguibili, prevedendo la possibilità di: 1) introdurre meccanismi di aggregazione nella partecipazione alle gare di appalto; 2) suddividere il progetto in lotti funzionali; 3) consentire agli operatori di autocertificare la sussistenza dei requisiti per la partecipazione alle gare, escludendo in ogni caso la possibilità da parte dell'amministrazione aggiudicatrice di richiedere documentazione amministrativa reperibile presso altre amministrazioni;

d) con riferimento all'uso strategico degli appalti pubblici in risposta alle nuove sfide:
ad incentivare un miglior uso degli appalti pubblici a sostegno di obiettivi sociali, e quindi i cosiddetti «appalti

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verdi», attraverso la previsione di criteri di selezione delle offerte che facciano riferimento a tali obiettivi con particolare riguardo agli obiettivi dell'innovazione e della lotta ai cambiamenti climatici;

e) con riferimento alla garanzia di procedure corrette:
a prevenire il rischio di infiltrazioni delle organizzazioni criminali nonché di fenomeni di corruzione e di conflitti di interesse, attraverso la revisione delle cause di esclusione del candidato o dell'offerente, l'introduzione di una definizione comune di conflitto di interesse fino a prevedere forme efficaci di scambio delle informazioni tra gli Stati membri concernenti ipotesi di corruzione e un sistema informatico per la notifica delle frodi.

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ALLEGATO 2

Libro verde: Sulla modernizzazione della politica dell'Unione europea in materia di appalti pubblici. COM(2011)15 definitivo.

DOCUMENTO FINALE APPROVATO

La VIII Commissione,
esaminato, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento della Camera, il Libro verde sulla modernizzazione della politica dell'UE in materia di appalti pubblici. Per una maggiore efficienza del mercato europeo degli appalti (di seguito «Libro verde»);
premesso che:
sul Libro verde si è avviata una consultazione esterna - che si chiuderà il 18 aprile 2011 - finalizzata ad acquisire elementi di informazione e di valutazione in vista della revisione della disciplina europea degli appalti pubblici, e quindi delle direttive n. 17 (settori speciali) e n. 18 del 2004 (settori ordinari);
il metodo adottato anche in questa circostanza dalle istituzioni dell'Unione Europea appare particolarmente apprezzabile in quanto favorisce un preventivo e ampio confronto sulle diverse problematiche (di carattere giuridico, di efficienza amministrativa, economico e di regolazione del mercato per la tutela della concorrenza) che riguardano la materia degli appalti, attraverso una puntuale ricognizione dei problemi emersi con riferimento all'attuazione della normativa europea vigente e alla possibilità di apportare ad essa le correzioni e le integrazioni che risulteranno necessarie;
l'Unione europea riconosce al settore degli appalti pubblici un ruolo fondamentale nel perseguimento degli obiettivi della Strategia Europa 2020, trattandosi di uno degli strumenti necessari per promuovere l'innovazione nelle imprese, per favorire la transizione verso un utilizzo più efficiente delle risorse anche ambientali, nonché per migliorare il contesto imprenditoriale, soprattutto per le piccole medie imprese (PMI);
la revisione a livello europeo degli strumenti e dei metodi degli appalti pubblici sarebbe finalizzata ad adeguare tale settore alle evoluzioni del contesto politico, sociale ed economico, anche al fine di perseguire una maggiore efficienza della spesa pubblica, il rafforzamento della concorrenza, nonché un miglior uso degli appalti pubblici a sostegno di obiettivi sociali comuni, quali la tutela dell'ambiente, la maggiore efficienza energetica, la promozione dell'innovazione e dell'inclusione sociale;
il Libro verde riconosce particolare rilevanza alla costruzione di un mercato europeo degli appalti capace di rendere più agevole l'accesso alle piccole e medie imprese, che rivestono un'importanza strategica nell'economia italiana e che hanno grandi potenzialità di creazione di posti di lavoro, di crescita e di innovazione;
il Libro verde considera importante coniugare il perseguimento degli obiettivi sopra indicati con l'esigenza di trasparenza nelle gestione degli appalti pubblici per evitare prassi commerciali scorrette, conflitti di interessi, nonché favoritismi e corruzione;

considerato che:
nell'ordinamento interno le direttive n. 17 e n. 18 del 2004 sono state

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recepite con il Codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, successivamente novellato da tre decreti legislativi correttivi;
il regolamento di attuazione del suddetto codice, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, entrerà in vigore l'8 giugno 2011 (salve alcune eccezioni) e, pertanto, alcuni istituti introdotti in recepimento della normativa europea - quali ad esempio il dialogo competitivo, l'asta elettronica, l'accordo quadro - non sono ancora stati sufficientemente sperimentati a livello nazionale;
l'esame del Libro verde ha rappresentato una importante occasione per avviare un utile confronto tra la Commissione e i soggetti istituzionali ed economici impegnati nel settore degli appalti pubblici, al fine di individuare gli elementi di criticità del sistema italiano, e quindi di indirizzare, alla luce di tali criticità, l'attività di negoziato del Governo per le modifiche della normativa europea di riferimento,
dal richiamato confronto è emersa la peculiarità del mercato degli appalti pubblici in Italia contraddistinto dall'eccessiva frammentazione sotto il profilo degli attori, dalla rigidità della regolazione e da un elevato contenzioso;
durante il confronto è stato da più parti rilevato come la prospettiva di una modifica della disciplina a livello europeo del settore degli appalti pubblici debba comunque coniugarsi, da una parte, con l'esigenza di garantire a livello nazionale un quadro coerente e ordinato di regole certe e stabili per gli operatori del settore, e dall'altra, con la necessità di evitare una eccessiva regolamentazione in fase di recepimento nazionale (cosiddetta gold plating);
rilevata, altresì, la necessità che il presente documento finale, unitamente al parere della Commissione XIV (Politiche dell'Unione Europea), sia trasmesso tempestivamente alla Commissione europea, nell'ambito del cosiddetto dialogo politico, nonché al Parlamento europeo e al Consiglio;

ESPRIME UNA VALUTAZIONE POSITIVA

sottolineando, in relazione alla posizione da assumere per la definizione di proposte normative europee, l'esigenza di promuovere interventi che contribuiscano a risolvere talune criticità del sistema degli appalti in Italia, e quindi volti:
a) con riferimento all'ambito di applicazione delle norme sugli appalti pubblici:
a innalzare le soglie di rilevanza comunitaria, valutando l'opportunità di prevedere forme di pubblicità semplificate in relazione agli appalti «sottosoglia» di importo tale da generare un interesse transfrontaliero, e cercando comunque di coniugare l'esigenza di semplificazione con quella di garantire la massima concorrenza tra gli operatori comunitari;
a circoscrivere la sezione degli «appalti esclusi», alla luce degli impegni internazionali dell'Unione Europea;

b) con riferimento al miglioramento degli strumenti a disposizione delle amministrazioni aggiudicatrici:
a perseguire l'obiettivo di una migliore qualità dei progetti, già nella fase preliminare, presupposto indispensabile per una accurata valutazione della loro fattibilità e favorire una maggiore qualificazione delle stazioni appaltanti, utilizzando tutti gli strumenti già a disposizione, con particolare riguardo alla promozione di forme di aggregazione della domanda attraverso una razionalizzazione delle funzioni amministrative delle stazioni appaltanti, nel rispetto delle autonomie dei singoli enti e tenendo conto dell'oggetto dell'appalto e della localizzazione territoriale dell'opera da realizzare, in modo da consentire alle stazioni appaltanti non strutturate di delegare le funzioni amministrative di committenti ad amministrazioni più organizzate, ovvero di esercitarle in forma associata;

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a prevedere la possibilità di estendere anche ai settori ordinari - quantomeno con riferimento a specifiche categorie di lavori aventi caratteristiche omogenee e ripetitive - il ricorso ai sistemi di qualificazione tipici dei settori speciali, garantendo comunque piena concorrenzialità, parità di trattamento e non discriminazione degli operatori medesimi;
a prevedere l'estensione dell'utilizzo, come mezzo di pubblicità, dell'avviso periodico indicativo che l'amministrazione aggiudicatrice intende indire nel corso dell'anno mediante procedura ristretta o negoziata senza previo bando, negli appalti di forniture, servizi o lavori caratterizzati dall'omogeneità della prestazione o dei prodotti richiesti;
a prevedere - ferma restando la tutela della concorrenza, della parità di trattamento e di non discriminazione tra le imprese e con le necessarie garanzie in ordine alle condizioni economiche al fine di preservare l'efficienza della spesa pubblica - l'ampliamento delle possibilità di utilizzo della procedura negoziata previa pubblicazione del bando negli appalti più complessi;
ad ampliare la possibilità di ricorso alla procedura negoziata senza pubblicazione del bando con contestuale adozione di meccanismi volti a garantire i principi di non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e trasparenza; al riguardo, si preveda, nell'ambito della normativa nazionale, la procedura negoziata senza pubblicazione del bando con l'innalzamento della soglia e con contestuale obbligatoria adozione di strumenti quali l'aumento del numero delle imprese da invitare, il criterio della rotazione di tali imprese, la pubblicità delle informazioni relative allo svolgimento della procedura e la pubblicazione ex post degli atti della procedura medesima;
a introdurre criteri che consentano alle stazioni appaltanti di verificare, in relazione ai singoli lavori pubblici, l'affidabilità delle imprese, anche prevedendo meccanismi premiali, quali il rispetto dei tempi di esecuzione di precedenti lavori, la mancata presentazione di eccezioni e riserve ovvero di eccessivi ribassi in precedenti lavori;
a limitare il criterio di aggiudicazione del massimo ribasso, prevedendone comunque il ricorso nel caso di appalti di importo non elevato, e privilegiare quindi il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, al fine di valorizzare la qualità, non solo finanziaria, ma anche tecnica, progettuale dell'offerta, nonché elementi legati alla valenza ambientale, sociale dell'offerta medesima, riducendo per quanto possibile il tasso di discrezionalità che è insito in esso;
a prevedere la possibilità di verifica del possesso dei requisiti di qualificazione solo nei confronti del soggetto aggiudicatario, quanto meno in presenza di un sistema che riconosca in capo alle amministrazioni aggiudicatrici la possibilità di verificare direttamente il possesso dei requisiti di qualificazione e in relazione agli appalti aggiudicati al valore più basso;

c) con riferimento all'accessibilità al mercato europeo degli appalti:
a sostenere l'accesso delle piccole e medie imprese al mercato degli appalti pubblici, senza comunque determinare condizioni suscettibili di pregiudicare le economie di scala potenzialmente conseguibili, prevedendo la possibilità di: 1) introdurre meccanismi di aggregazione nella partecipazione alle gare di appalto; 2) suddividere il progetto in lotti funzionali; 3) consentire agli operatori di autocertificare la sussistenza dei requisiti per la partecipazione alle gare, escludendo in ogni caso la possibilità da parte dell'amministrazione aggiudicatrice di richiedere documentazione amministrativa reperibile presso altre amministrazioni;

d) con riferimento all'uso strategico degli appalti pubblici in risposta alle nuove sfide:
ad incentivare un miglior uso degli appalti pubblici a sostegno di obiettivi sociali, e quindi i cosiddetti «appalti

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verdi», attraverso la previsione di criteri di selezione delle offerte che facciano riferimento a tali obiettivi con particolare riguardo agli obiettivi dell'innovazione e della lotta ai cambiamenti climatici;

e) con riferimento alla garanzia di procedure corrette:
a prevenire il rischio di infiltrazioni delle organizzazioni criminali nonché di fenomeni di corruzione e di conflitti di interesse, attraverso la revisione delle cause di esclusione del candidato o dell'offerente, l'introduzione di una definizione comune di conflitto di interesse fino a prevedere forme efficaci di scambio delle informazioni tra gli Stati membri concernenti ipotesi di corruzione e un sistema informatico per la notifica delle frodi.

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ALLEGATO 3

Riqualificazione e recupero dei centri storici (Testo unificato C. 169 Tommaso Foti, C. 582 Iannuzzi, C. 583 Iannuzzi e C. 1129 Bocci).

EMENDAMENTI

ART. 1.

Al comma 1 dell'articolo 1, aggiungere, in fine, le seguenti parole: e delle unioni di comuni costituite da comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti.

Conseguentemente:
al comma 2 dell'articolo 1, dopo le parole: i comuni, inserire le parole: e le unioni di comuni e sostituire le parole: I medesimi comuni con le parole: I comuni e le unioni di comuni di cui al comma 1;
al comma 1 dell'articolo 2, dopo le parole: nei comuni inserire le parole: e nelle unioni di comuni;
al comma 2 dell'articolo 2, dopo le parole: ai comuni« inserire le parole: e alle unioni di comuni.
1. 10. Braga, Mariani, Iannuzzi, Bocci, Motta.

Al comma 1 dell'articolo 1, aggiungere, in fine, le seguenti parole: e delle unioni di comuni costituite esclusivamente da comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti.

Conseguentemente:
al comma 2 dell'articolo 1, dopo le parole:
i comuni, inserire le parole: e le unioni di comuni e sostituire le parole: I medesimi comuni con le parole: I comuni e le unioni di comuni di cui al comma 1;
al comma 1 dell'articolo 2, dopo le parole: nei comuni inserire le parole: e nelle unioni di comuni;
al comma 2 dell'articolo 2, dopo le parole: ai comuni» inserire le parole: e alle unioni di comuni.
1. 10. (Nuova formulazione) Braga, Mariani, Iannuzzi, Bocci, Motta.
(Approvato)

Al comma 1, alla fine aggiungere le seguenti parole: anche per attivare i finanziamenti per gli interventi nelle aree urbane eventualmente previsti nell'ambito del quadro comunitario di sostegno.
1. 1. Dionisi, Libè, Mondello.

Al comma 1, alla fine, aggiungere le seguenti parole: «anche per attivare i finanziamenti per gli interventi nelle aree urbane eventualmente previsti nei Programmi operativi nazionali (PON) e nei Programmi operativi regionali (POR), adottati nell'ambito dei fondi strutturali per il periodo 2007-2013»
1. 1. (Nuova formulazione) Dionisi, Libè, Mondello.
(Approvato)

Al comma 2, primo periodo, dopo le parole: riqualificazione urbana, aggiungere le parole: nel rispetto e compatibilmente con le tipologie e le strutture originarie.
1. 2. Piffari.
(Decaduto)

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Al comma 2, primo periodo aggiungere, infine, le seguenti parole: attraverso gli strumenti all'uopo previsti dalla vigente normativa statale e regionale in materia.
1. 3. Dionisi, Libè, Mondello.

Al comma 3, dopo le parole: di interesse pubblico, aggiungere le parole: nel rispetto dei caratteri identificativi e tipici delle zone di cui al comma 2.
1. 4. Piffari, Braga, Dionisi.
(Approvato)

Al comma 3, aggiungere in fine il seguente periodo: Gli interventi di cui al presente articolo, devono essere funzionali alla piena salvaguardia dei caratteri storici, artistici e architettonici delle zone individuate, e sono progettati e attuati nel pieno rispetto dell'edilizia tradizionale del luogo e del paesaggio, nel rispetto e valorizzazione dei caratteri identificativi e tipici dei luoghi, concorrendo alla migliore fruibilità collettiva di presenze storiche, architettoniche e sociali esistenti.
1. 5. Piffari.
(Decaduto)

Dopo il comma 3 inserire il seguente:
3-bis. I comuni promuovono i programmi in coerenza con le previsioni degli strumenti di pianificazione e di programmazione territoriale, ove esistenti, e assicurano l'integrazione e la concertazione con le politiche settoriali assunte dagli altri enti pubblici competenti per territorio. In caso di non compatibilità con gli strumenti di pianificazione e di programmazione territoriale, i comuni promuovono i programmi d'intesa con l'amministrazione provinciale e regionale che ha la titolarità dei suddetti strumenti.
1. 6. Dionisi, Libè, Mondello.

Al comma 7, dopo le parole: e successive modificazioni, aggiungere le parole: sentite l'Associazione nazionale dei Comuni italiani (Anci) e, per i comuni non iscritti all'Anci, le altre associazioni rappresentative.
1. 7. Piffari.
(Decaduto)

ART. 2.

Al comma 3, sostituire le parole: dei centri storici di cui all'articolo 1, con le parole: delle zone di particolare pregio di cui all'articolo 1, comma 2.
2. 1. Piffari, Braga, Dionisi.
(Approvato)

Al comma 3, dopo le parole: di cui all'articolo 1, aggiungere le parole: per le eventuali revoche dei contributi previsti.
2. 2. Piffari, Braga, Dionisi.
(Approvato)

Al comma 4 sostituire le parole: 20 milioni con le seguenti: 50 milioni.

Conseguentemente, al medesimo articolo, comma 5, sostituire le parole: 20 milioni con le seguenti: 50 milioni.
* 2. 6. Il Relatore.

Al comma 4, sostituire le parole: 20 milioni con le seguenti: 50 milioni
Conseguentemente, al medesimo articolo, comma 5, sostituire le parole: 20 milioni con le seguenti: 50 milioni
* 2. 7 Braga, Mariani, Iannuzzi, Bocci, Motta.

Al comma 4 sostituire le parole: 20 milioni con le seguenti: 50 milioni.

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Conseguentemente, al medesimo articolo, comma 5, sostituire le parole:
20 milioni con le seguenti: 50 milioni
* 2. 3. Dionisi, Libè, Mondello.
(Approvato)

Il comma 5, è sostituito dal seguente:
5. A copertura dell'onere derivante dall'attuazione del comma 4, le risorse di cui all'articolo 1, comma 40, quarto periodo, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, come incrementate ai sensi dell'articolo 2, comma 16-sexies, del decreto-legge 29 dicembre del 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, con riferimento ai soli interventi urgenti finalizzati al riequilibrio socio-economico e allo sviluppo dei territori, sono mantenute in bilancio, nel limite di euro 20 milioni nell'esercizio 2011, per essere successivamente destinate, nell'anno 2012, alla suddetta copertura degli oneri di cui al precedente comma 4. Alla compensazione degli effetti in termini di fabbisogno e indebitamento netto derivanti dall'applicazione del presente comma si provvede mediante corrispondente utilizzo, per 20 milioni di euro per l'anno 2012, in termini di sola cassa, del fondo di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189.
2. 4. Piffari.
(Decaduto)

Al comma 5 sostituire le parole: al Ministero delle infrastrutture e trasporti, con le parole: al medesimo Ministero dell'Economia e delle finanze.
2. 5. Piffari.
(Decaduto)

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ALLEGATO 4

Disposizioni concernenti il trasferimento delle partecipazioni al capi tale della società ANAS Spa alle regioni e la sua riorganizzazione in senso federalista, regionale e provinciale (C. 3081 Reguzzoni, C. 3673 Bragantini, C. 4164 Mariani, C. 4217 Dionisi e C. 4245 Stradella).

PROPOSTA DI TESTO UNIFICATO

Disposizioni concernenti la riorganizzazione dell'assetto societario e delle funzioni della società ANAS Spa.

Art. 1.

1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministero dell'economia e delle finanze provvede al trasferimento delle azioni della società Ente nazionale per le strade (ANAS) Spa alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano in conformità ai valori e alle percentuali stabiliti dall'allegato A annesso alla presente legge.
2. Il terzo periodo del comma 4 dell'articolo 7 del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, e successive modificazioni, è sostituito dai seguenti: «Le eventuali successive modifiche dello statuto sono approvate dall'assemblea dei soci di ANAS Spa. Le modifiche della convenzione di concessione sono approvate, su proposta dell'assemblea dei soci di ANAS Spa, con le modalità stabilite dal secondo periodo».

Art. 2.

1. L'ANAS Spa, in conformità con l'atto di indirizzo adottato, ai sensi del comma 2, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, subconcede ad una o più società da essa costituite i compiti ad essa affidati di cui all'articolo 2, comma 1, lettere a), b) e c), del decreto legislativo 26 febbraio 1994 n. 143, relativamente alle tratte stradali o autostradali assoggettate o assoggettabili a pedaggio reale o figurativo.
2. Con atto di indirizzo del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, adottato entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate le tratte stradali ed autostradali di cui al comma 1 e sono disciplinate le modalità con cui l'ANAS Spa procede alla costituzione, alla gestione o alla cessione della partecipazione, ovvero della partecipazione di maggioranza, delle società subconcessionarie, di cui al medesimo comma 1, delle tratte stradali e autostradali assoggettate a pedaggi reali o virtuali. Con il medesimo atto di indirizzo sono individuate le modalità di gestione e dell'eventuale trasferimento, anche a società all'uopo costituite, delle partecipazioni già possedute dall'ANAS Spa in società concessionarie autostradali, ivi comprese le modalità di designazione degli organi sociali in sede di costituzione delle nuove società di cui al comma 1 Il Governo trasmette il predetto atto di indirizzo al Parlamento per l'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari.
3. Entro 30 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto-legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabiliti

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criteri e modalità per l'applicazione del pedaggio sulle strade e sui raccordi autostradali assoggettabili a pedaggio, ai sensi del comma 2, in relazione ai costi di investimento e di manutenzione straordinaria oltre che a quelli relativi alla gestione, nonché l'elenco delle tratte da sottoporre a pedaggio come individuate sulla base dell'articolo 3.

Art. 3.

1. I proventi dei pedaggi introdotti ai sensi dell'articolo 2, sono utilizzati dalle società di cui al comma 1 del medesimo articolo 2, per la gestione dell'opera e per la manutenzione ordinaria e straordinaria del tratto autostradale medesimo, per il finanziamento di interventi sul territorio di pertinenza, scelti di concerto con la regione interessata, nonché per nuovi investimenti a sostegno della mobilità locale.
2. I pedaggi di cui al comma 1 possono essere introdotti esclusivamente sulle tratte autostradali che rispondono ai seguenti criteri:
a) tratte autostradali e raccordi autostradali i cui requisiti strutturali siano coerenti con gli standard dell'Unione europea e con il codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285;
b) tratte autostradali e raccordi autostradali per i quali esiste un'adeguata e funzionale rete stradale alternativa, nonché tratte autostradali e raccordi autostradali per i quali sono completati i lavori di ammodernamento e di messa in sicurezza.

3. Il decreto di cui all'articolo 2, comma 3, prevede opportune forme di esenzione totale o parziale dal pagamento del pedaggio per specifiche categorie di utenti.

Art. 4.

1. Le operazioni di cui alla presente legge sono effettuate in regime di neutralità fiscale.

Art. 5.

1. Le azioni della società ANAS Spa, attribuite alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dell'articolo 1 entrano a fare parte del patrimonio disponibile delle medesime regioni e province autonome, e possono costituire garanzia nei confronti della Cassa depositi e prestiti Spa.
2. Non è ammessa la cessione delle azioni di cui al comma 1 a soggetti privati. Lo statuto della società ANAS Spa disciplina le modalità di esercizio dei diritti di opzione che ogni regione e provincia autonoma vanta proporzionalmente sulle azioni delle altre regioni e province autonome.

Art. 6.

1. Entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'assemblea dei soci della società ANAS Spa approva il nuovo schema di statuto della società che è trasmesso al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per la verifica di conformità ai seguenti princìpi:
a) redazione del programma generale e dei programmi nazionale e regionali, annuale e pluriennale, effettuata d'intesa con le regioni e con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
b) coordinamento interregionale a garanzia dell'omogeneità nella gestione della rete stradale
b) redazione dei programmi regionali, costituenti parte del programma generale nazionale, effettuata d'intesa con le regioni competenti;
c) divisione regionale e provinciale dell'organizzazione interna;
d) autonomia delle sedi regionali nell'organizzazione del lavoro, fatto salvo l'obbligo della sede regionale di attenersi alla programmazione nazionale;

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e) decentramento dell'organizzazione a livello provinciale, ove le dimensioni e le caratteristiche del servizio lo richiedano o lo consentano;
f) nomina del presidente del collegio sindacale da parte del Ministero dell'economia e delle finanze;
g) attribuzione della nomina dei revisori contabili a rotazione alle province;
h) nomina dell'organismo di vigilanza interna sulle procedure di appalto attraverso procedure che coinvolgano il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e che consentano allo stesso l'effettivo svolgimento di un ruolo di supervisione e di controllo sulla correttezza delle procedure di gara per lavori servizi e forniture..

Art. 7.

1. Gli organi della società ANAS Spa in carica alla data di entrata in vigore della presente legge restano confermati fino alla prima assemblea dei soci successiva all'entrata in vigore del nuovo statuto di cui all'articolo 6, che provvede a nominare i nuovi organi ai sensi e con le modalità previste dal medesimo statuto.

Art. 8.

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

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ALLEGATO A

Allegato A: Articolo 1, comma 1

Piemonte201.428.897,81euro, pari all'8,87 per cento del capitale sociale
Valle d'Aosta 18.022.990,42euro, pari allo 0,79 per cento del capitale sociale
Lombardia 435.305.214,94euro, pari al 19,18 per cento del capitale sociale
Trentino-Alto Adige 34.305.118,28euro, pari all'1,51 per cento del capitale sociale
Veneto183.369.882,83euro, pari all'8,08 per cento del capitale sociale
Friuli Venezia Giulia47.876.641,35euro, pari al 2,11 per cento del capitale sociale
Liguria60.134.728,40euro, pari al 2,65 per cento del capitale sociale
Emilia-Romagna189.722.862,82euro, pari all'8,36 per cento del capitale sociale
Toscana 189.557.344,56euro, pari all'8,35 per cento del capitale sociale
Umbria 35.981.720,82euro, pari all'1,59 per cento del capitale sociale
Marche 58.095.932,98euro, pari al 2,56 per cento del capitale sociale
Lazio333.376.154,15euro, pari al 14,69 per cento del capitale sociale
Abruzzo43.933.412,39euro, pari all'1,94 per cento del capitale sociale
Molise 7.461.952,28euro, pari allo 0,33 per cento del capitale sociale
Campania 110.459.092,61euro, pari al 4,87 per cento del capitale sociale
Puglia80.192.619,69euro, pari al 3,53 per cento del capitale sociale
Sicilia 120.671.568,79euro, pari al 5,32 per cento del capitale sociale
Calabria 49.846.308,55euro, pari al 2,20 per cento del capitale sociale
Basilicata 13.590.995,80euro, pari allo 0,60 per cento del capitale sociale
Sardegna 56.558.560,51euro, pari al 2,49 per cento del capitale sociale
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ALLEGATO 5

5-04496 Guido Dussin: Iniziative in materia di regolazione e controllo sulla gestione del servizio idrico integrato.

TESTO DELLA RISPOSTA

Desidero anzitutto sottolineare l'importanza dell'iniziativa che questa Commissione ha inteso assumere attraverso la presentazione di queste interrogazioni.
Per quanto riguarda il nostro Paese, infatti, il settore idrico vive una cruciale fase di transizione, che Governo e Parlamento hanno la responsabilità di accompagnare nel raggiungimento dello stadio di maturità adeguato alle esigenze dei cittadini in una società moderna.
Alcuni dati, ricavabili dall'ultima relazione annuale della Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche (CONVIRI), forniscono una fotografia che ritengo piuttosto precisa ed eloquente della situazione italiana.
Dei 92 ATO previsti, 91 si sono effettivamente insediati (per una spesa media inferiore ad un milione di euro ciascuno e una spesa media per abitante di circa 1 euro annui), e sono stati approvati in totale 84 Piani d'ambito, per una copertura di circa il 96,5 per cento della popolazione italiana. In merito alle revisioni di piano e tariffarie, risulta che 30 ATO, su un totale di 84 Piani approvati, hanno effettuato uno o più aggiornamenti.
Quanto alla tipologia di affidamenti del servizio, su 114 soggetti affidatari, 7 sono società private, 23 sono società a capitale misto con partner selezionato mediante procedura ad evidenza pubblica, 9 sono società quotate in borsa e 57 sono società interamente pubbliche.
È dunque evidente la prevalenza di affidamenti diretti a società a capitale interamente pubblico. Tale prevalenza è più alta nel Nord Italia, dove a fronte di 74 gestori, i soggetti pubblici sono 39 (52 per cento). Pressoché allo stesso livello il Sud (48 per cento), anche se si ritrovano 5 gestioni affidate a soggetti privati individuati mediante gara. Nel Centro Italia prevale, con poco più del 42 per cento, l'affidamento a società miste.
Altro nodo essenziale è quello degli investimenti, visto che il servizio idrico integrato è costituito dalla risorsa-acqua ma anche della rete, che va completata dove manca, e mantenuta a dovere dove c'è già. L'importanza della manutenzione deve essere colta appieno: il nostro Paese fa oggi registrare un volume di perdite idriche di livello insostenibile, con intere aree in cui l'acqua (che pure non scarseggia, nel nostro Paese, a differenza di altre risorse) non è una certezza. E con punte che toccano, in alcune zone, il 78 per cento.
Dai dati raccolti dalla CONVIRI emerge che, su un campione pari a 30 milioni di abitanti circa, appena il 56 per cento degli investimenti previsti nel periodo rendicontato è stato effettivamente realizzato. Analizzando meglio questo dato, si rileva che, escludendo i contributi pubblici, il tasso di realizzazione è più elevato, cioè pari al 66 per cento. Il che significa che il tasso di realizzazione degli investimenti finanziati con contributi pubblici è più basso, pari per l'esattezza al 36 per cento, e che la maggior parte dello scostamento tra quanto previsto e quanto realizzato è da imputarsi anzitutto alla mancata realizzazione di opere destinate ad essere finanziate attraverso contributi pubblici.
È evidente quindi che deve crescere il livello di realizzazione effettiva degli investimenti. In gioco vi sono i diritti degli

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utenti e somme considerevoli. Le stime effettuate circa le risorse finanziarie necessarie per gli investimenti occorrenti nel medio-lungo periodo oscillano fra i 50 e i 60 miliardi di euro. Si tratta dunque di un nodo cruciale, che coinvolge l'interesse degli utenti e delle comunità locali, degli amministratori e degli operatori economici, ivi compresi quelli bancari.
A fronte di questo ingente fabbisogno finanziario, le forme di finanziamento sino ad oggi previste nei Piani d'ambito per l'intero periodo di programmazione degli investimenti, sono state, per il 46 per cento, l'autofinanziamento attraverso il corrispettivo pagato dagli utenti (ovvero la tariffa, che nel raffronto comparativo con alcune grandi città straniere, pur tenendo conto del diverso potere d'acquisto, in Italia risulta mediamente a livelli inferiori), per il 34 per cento, il ricorso a strumenti di debito e per il 17 per cento, ai contributi pubblici.
Questa situazione contribuisce a fare dell'acqua un caso a sé, nell'ambito dei servizi pubblici locali che, secondo la Commissione europea e la Corte costituzionale, non sono privi di rilevanza economica.
Il punto è molto semplice: per alcun altro servizio pubblico locale vi è una così forte, direi anzi indissolubile compenetrazione (ad affermarlo è la Commissione europea) fra tutela dell'ambiente, della concorrenza e della salute umana. Istanze, queste, diversissime fra loro eppure tutte irrinunciabili.
Alcun altro servizio pubblico locale a rilevanza economica è, inoltre, percepito dalle comunità locali così vicino ai propri interessi ed esigenze di vita, ad iniziare da quelle primarie, come il servizio idrico integrato.
Questa evidenza ha alimentato, anche dentro la maggioranza, un dibattito fortemente partecipato, che ha condotto da ultimo (nel regolamento di attuazione dell'articolo 23-bis) a diversificare almeno in parte la disciplina dell'affidamento del servizio idrico integrato dalle regole generali valevoli per gli altri servizi pubblici locali a rilevanza economica. In particolare, si è inteso temperare il maggior rigore con il quale sono valutate le richieste di poter ricorrere allo schema dell'in house providing, nei casi in cui il servizio è stato gestito in modo economicamente efficiente.
Tale aspetto stimola, anche il Governo, ad approfondire il tema delle competenze intestate all'Autorità garante della concorrenza e del mercato e di quelle demandate dalla legge alla CONVIRI.
Per un verso, appare in effetti meritevole di attenzione la difficoltà nella quale può venire a trovarsi l'Autorità garante della concorrenza e del mercato nel valutare, caso per caso, la fattibilità dell'in house providing in dipendenza fra l'altro di «peculiari caratteristiche ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, tali da non permettere un efficace e utile ricorso al mercato».
Per altro verso, a legislazione vigente alla CONVIRI è consentito di imporre all'Autorità d'ambito di modificare, oltre al piano d'ambito già deliberato, anche gli atti di natura convenzionale che regolano il rapporto tra la stessa Autorità d'ambito e il singolo gestore.
Di qui, la constatazione che l'odierno assetto può prestarsi ad una valutazione critica in ragione della circostanza che - ferma restando la necessità di coniugare costantemente tutela dell'ambiente e tutela della concorrenza, in materia di servizio idrico - finisce con l'attribuire all'Autorità garante della concorrenza e del mercato un potere di apprezzamento anche su aspetti prettamente ambientali, e allo stesso tempo consente alla CONVIRI di imporre, ove necessario (in sede di revisione del Piano d'ambito), anche la modifica dei contratti in essere fra ATO e gestori. In altri termini, né l'Autorità garante della concorrenza e del mercato né la CONVIRI possono dirsi estranei al piano della valutazione degli aspetti ambientali, da un lato, così come a quello della valutazione degli aspetti economici e contrattuali del rapporto di gestione, dall'altro lato.
Per altro verso, come correttamente è stato rappresentato nell'interrogazione, vi

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è il problema di assicurare, con adeguate misure, l'effettività dell'impegno assunto da ciascun affidatario, all'atto dell'aggiudicazione del servizio, di realizzare un determinato volume di investimenti in un certo arco temporale, e, quindi, una costante correlazione fra livello della tariffa e volume degli investimenti realizzati. Questo può essere ottenuto potenziando la funzione di regolazione e di vigilanza, dotandola di poteri, anche di dissuasione e/o sanzionatori, che a legislazione vigente non è consentito alla CONVIRI (né, va precisato, ad alcun altro) di esercitare.
Nell'ambito dell'approfondimento a cui Governo e Parlamento sono stimolati da queste interrogazioni, reputo comunque essenziale ricordare come quella sul servizio idrico integrato sia competenza attribuita dalla legge, da molti anni, al Ministero dell'ambiente, che la esercita tramite, appunto, la Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche (CONVIRI). Non si tratta di un aspetto di secondo piano, né di una sorta di rivendicazione di stampo formalistico. Perché in questa materia, secondo il diritto comunitario e la Carta costituzionale, rilevano, insieme e indissolubilmente, tutela dell'ambiente e tutela della concorrenza. E quindi la governance del settore idrico deve coinvolgere, insieme, il ruolo vigilante del Ministero e quello delle Commissioni di settore, cioè aventi competenza specifica in materia di ambiente. Infine, perché competenze ed esperienze delle strutture tecniche di regolazione e vigilanza, in una materia così multidisciplinare e delicata, non si possono evidentemente improvvisare.
In questa direzione, il Governo non ha dimenticato l'ordine del giorno accolto in sede di conversione del decreto-legge n. 135 del 2009, e sta valutando con attenzione l'opportunità di istituire un apposito soggetto pubblico che - sulla scorta di quanto deciso, da ultimo, con riferimento all'Agenzia nazionale di regolamentazione del settore postale - potrebbe fra l'altro utilizzare, ai fini della copertura del proprio fabbisogno finanziario senza ulteriori oneri per la finanza pubblica, le risorse sinora stanziate per il funzionamento della CONVIRI, oltre ad eventuali contributi posti a carico dei soggetti sottoposti alla sua vigilanza.

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ALLEGATO 6

5-04497 Mariani: Iniziative in materia di regolazione e controllo sulla gestione del servizio idrico integrato.

TESTO DELLA RISPOSTA

Desidero chiarire anzitutto che il Governo non ha dimenticato di aver accolto l'ordine del giorno n. 9/2897/23 durante l'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 135 del 2009, che impegnava «a considerare il potenziamento della funzione di regolazione volta al contenimento delle tariffe e alla effettiva promozione della concorrenza, anche valutando l'opportunità di istituire un'apposita Autorità di regolazione».
Quell'impegno lo stiamo onorando, nel dovuto rispetto delle prerogative del Parlamento, e stiamo considerando con attenzione l'opzione del potenziamento della funzione non soltanto di regolazione ma anche di vigilanza, intestata al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che la esercita tramite una struttura specializzata, ovvero la Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche (CONVIRI).
Allo stato delle cose, infatti, - ad eccezione del solo potere di consentire o meno il ricorso allo schema dell'in-house providing nei singoli casi (secondo l'articolo 23-bis, questa funzione è attribuita all'Autorità garante della concorrenza e del mercato) - la competenza è intestata alla Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche (CONVIRI) per tutto ciò che attiene ai criteri per la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato nei singoli ATO, alle convenzioni destinate a regolare i rapporti fra autorità d'ambito e gestori, alla vigilanza sui livelli di qualità del servizio erogato all'utenza e, infine, alla verifica dei piani d'ambito (ivi incluso il piano economico-finanziario).
Di questa competenza, il CONVIRI, ha fatto appropriato uso, con il risultato di favorire un livello di organizzazione e di efficienza, anche economica, del settore idrico che, specie se comparato con la situazione di altri settori, non può certo essere definito insoddisfacente. Ma molto resta da fare, e, in un quadro nuovo di regole, non è certo che si possa fare semplicemente puntando sulla qualità e sullo spirito di servizio delle persone. Occorre al contrario che il Paese investa con convinzione su maggiori poteri e risorse, per evitare e se necessario correggere comportamenti devianti che si risolvano in danno per utenti e comunità locali, o che all'opposto scoraggino il capitale privato in omaggio a logiche proprie della peggior politica.
In una materia così delicata, in cui si fondono tutela dell'ambiente e della concorrenza, la responsabilità del Governo e del Parlamento è, a mio avviso, quella di aiutare e accompagnare la crescita del settore verso uno stadio di pieno sviluppo, raccogliendo la sfida di tenere insieme, in un ciclo economico difficile come quello stiamo vivendo, interessi di utenti e comunità locali, da un lato, e disponibilità e interesse al coinvolgimento dei capitali privati, dall'altro lato.
Questi interessi devono convivere e conciliarsi, senza entrare in conflitto. Perché ciò accada è senza dubbio essenziale la figura del soggetto regolatore, del soggetto vigilante, che deve essere qualificato, autorevole ma anche dotato dello stock di poteri necessari, per quantità e qualità.

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La CONVIRI, insediata alla fine del 2009, ha sinora fatto la sua parte. Faccio solo qualche esempio:
doveva predisporre e avviare il piano di monitoraggio nazionale delle infrastrutture idriche, e lo ha fatto;
doveva condurre all'adozione della Convenzione-tipo destinata a fare da punto di riferimento per tutte le convenzioni fra ATO e gestori, e da qualche settimana ha messo in pubblica consultazione su Internet, innovando anche nel metodo, la bozza del documento;
doveva fare altrettanto per l'adozione degli standard minimi di qualità del servizio, e il relativo documento per la pubblica consultazione sarà pronto entro questo mese;
ha verificato diverse decine di piani d'ambito o revisioni degli stessi, prescrivendo nella gran parte dei casi modifiche anche di carattere sostanziale (il che influisce su piani finanziari e contratti di servizio);
ha risolto con diversi pareri complicate situazioni, molte delle quali si trascinavano da anni.

Il quadro normativo è stato però profondamente innovato dall'articolo 23-bis e dal relativo regolamento di attuazione. I maggiori elementi di novità sono individuabili, per un verso, nella gerarchizzazione degli schemi di gestione possibili (con la preferenza, cioè, per l'affidamento tramite gara a terzi o per la società mista), e, dall'altro lato, e per certi versi di riflesso, nel maggior coinvolgimento dei privati nella gestione del servizio.
Vi è chi vede, in ciò, il rischio di una medita deriva in senso privatizzatorio del settore idrico ed agita, demagogicamente, lo spauracchio di una deregulation accreditando scenari in cui i privati saranno liberi di dare o non dare l'acqua alla gente e sceglieranno arbitrariamente il prezzo.
Questo è evidentemente falso.
In primo luogo, perché nel settore idrico il coinvolgimento del know how e dei capitali privati è una realtà già da tempo. Basti pensare che diverse società operanti in questo settore sono da anni, e quindi da molto prima del 23-bis, quotate in Borsa.
In secondo luogo, perché gli schemi che sono ora stati in un certo senso ordinati secondo una scala di preferenza, sono quelli, tutti quelli, cui si fa ricorso in Italia da anni. Non vi sono cioè new entry, ovvero formule gestorie inedite che di per sé attribuiscano al privato più peso di quanto ne abbia potuto avere sino ad oggi.
Con questo intendo dire semplicemente ma con chiarezza una cosa: se il settore idrico è affetto da criticità di ordine strutturale, e io credo che ne sia affetto, queste affondano le proprie radici nel tempo, e non sono la conseguenza del 23-bis. Semmai, il 23-bis ha avuto il pregio di squarciare il velo dell'ipocrisia di un sistema nel quale la tariffa dell'acqua è stata troppo a lungo usata - tenendola bassa a dispetto di tutto - come improprio fattore di consenso politico. Rendendo così evidente che, se mi consentite il gioco di parole, anche il prezzo dell'acqua (se mantenuto artificiosamente troppo basso) ha un prezzo, in termini di quantità e qualità del servizio erogato all'utenza.
La sfida di fronte alla quale ci pone il 23-bis richiede allora un atteggiamento responsabile, che si tenga lontano da proclami e suggestioni, per privilegiare la sostanza del problema. E la sostanza del problema sta, a mio avviso, in due istanze di fondo: per un verso, non mortificare le gestioni efficienti, in grado come tali di conciliare, conformemente agli indirizzi della Commissione europea, tutela dell'ambiente e tutela della concorrenza; per altro verso, apprestare le misure che consentano di tenere insieme interessi di utenti e comunità locali, da un lato, e disponibilità e interesse al coinvolgimento dei capitali privati, dall'altro lato.
Si dunque all'apporto di know how e capitali privati, ma un no fermo, anzi fermissimo, al rischio di speculazione sulla gestione dell'acqua. Di qui, la necessità di rafforzare le funzioni di regolazione e

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vigilanza oggi intestate alla CONVIRI, e un'attenta riflessione - che prende lo spunto dagli ordini del giorno accolti dal Governo, uno dei quali proveniente proprio da questa Commissione - sulla ipotesi di creazione di un autorevole soggetto pubblico di regolazione e vigilanza dei servizi idrici, che faccia tesoro dell'esperienza e della competenza maturata dall'attuale CONVIRI, allo scopo di dare a cittadini, imprese e comunità locali le garanzie cui hanno diritto.

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ALLEGATO 7

5-04498 Ghiglia: Iniziative in materia di regolazione e controllo sulla gestione del servizio idrico integrato.

TESTO DELLA RISPOSTA

Nella prima metà del prossimo mese di giugno, è stata indetta una consultazione referendaria che, come noto, tocca fra l'altro un nodo centrale dell'odierno assetto del servizio idrico integrato.
Uno dei quesiti referendari, infatti, mira ad eliminare il riferimento all'adeguata remunerazione del capitale investito contenuto nell'articolo 154, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006 (cosiddetto Codice dell'ambiente).
Si tratta di un aspetto su cui gli interroganti esprimono, responsabilmente, una comprensibile preoccupazione, e intendo approfittare dell'occasione per sviluppare in questa sede, dinanzi alla Commissione competente per materia, alcune considerazioni.
Quella del servizio idrico integrato è materia delicatissima. Specie nel nostro Paese, che non è povero di acqua, ma dove, paradossalmente, il diritto all'acqua non si è ancora realizzato pienamente per tutti. Una non piena realizzazione, questa, che va intesa correttamente, senza strumentalizzazioni, e cioè nel senso che nel 2011 vi sono ancora aree del Paese dove l'acqua potabile arriva a singhiozzo nelle case, oppure è di qualità non accettabile.
Non si può pertanto, se si hanno responsabilità pubbliche, affrontare il problema del servizio idrico integrato né con gli slogan, né con demagogia, né, tantomeno, isolando un singolo aspetto dagli altri.
Stiamo ai fatti.
È un fatto, anzitutto, la necessità di coniugare costantemente tutela dell'ambiente e tutela della concorrenza, in materia di servizio idrico. Questa necessità è prevista dalla Carta fondamentale e certificata dalla Corte costituzionale, ad avviso della quale, anzi, è proprio attraverso lo strumento tariffario che occorre preservare il bene giuridico «ambiente» dai rischi derivanti da una tutela non uniforme e garantire uno sviluppo concorrenziale del settore del servizio idrico integrato.
Secondo la Corte, infatti, è proprio attraverso la determinazione della tariffa nell'ambito territoriale ottimale, che il legislatore statale ha fissato livelli uniformi di tutela dell'ambiente, perché ha inteso perseguire la finalità di garantire la tutela e l'uso, secondo criteri di solidarietà, delle risorse idriche, salvaguardando la vivibilità dell'ambiente e «le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale» e le altre finalità tipicamente ambientali individuate dal Codice dell'ambiente.
È parimenti un fatto, in secondo luogo, e sempre nella stessa direzione, che per il «Libro verde sui servizi di interesse generale», del 21 maggio 2003, il servizio idrico costituisce «servizio di interesse economico generale», e che nella Comunicazione al Consiglio, al Parlamento Europeo e al Comitato Economico e Sociale (COM 2000-477) «Politiche di tariffazione per una gestione più sostenibile delle riserve idriche» e nell'allegato documento «Politiche di tariffazione dell'acqua in teoria e in pratica», la Commissione europea ha inteso con chiarezza promuovere la tariffazione dei servizi idrici quale mezzo per garantire un uso più sostenibile

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delle risorse idriche ed il recupero dei costi dei servizi idrici nell'ambito di ogni specifico settore economico.
Più in dettaglio, la Commissione ha specificato che «Perché possano promuovere realmente una gestione sostenibile delle acque, le politiche di tariffazione dei servizi idrici devono essere basate sulla valutazione dei costi e dei benefici dell'utilizzo delle risorse idriche e tenere conto sia del costo finanziario della fornitura del servizio sia dei relativi costi ambientali e delle risorse. Un prezzo fissato in funzione delle quantità utilizzate e dell'inquinamento prodotto genera un effetto incentivante sui consumatori, spingendoli ad utilizzare le risorse idriche in modo più efficiente e meno inquinante».
La tariffazione del servizio idrico integrato non è dunque una novità, tanto che la norma interessata dal quesito referendario è vigente da anni, ed esattamente in quella stessa formulazione che ora si vorrebbe cambiare. Né essa rappresenta una peculiarità tutta italiana, perché, come si è visto, è anzitutto in ambito comunitario che si guarda alla tariffa come allo strumento in grado di conciliare, in materia di servizio idrico integrato, la tutela dell'ambiente (sottesa anche al noto principio «chi inquina paga») con gli altri interessi che si connettono alla risorsa acqua.
In particolare, la Direttiva 2000/60/CE (articolo 9, paragrafo 1, secondo periodo), prevede che: «Gli Stati membri provvedono entro il 2010: - a che le politiche dei prezzi dell'acqua incentivino adeguatamente gli utenti a usare le risorse idriche in modo efficiente e contribuiscano in tal modo agli obiettivi ambientali della presente direttiva, - a un adeguato contributo al recupero dei costi dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell'acqua, suddivisi almeno in industria, famiglie e agricoltura, sulla base dell'analisi economica e tenendo conto del principio "chi inquina paga"». La Direttiva, in buona sostanza, impone agli Stati membri l'obbligo di adottare misure adeguate affinché i prezzi dell'acqua riflettano il costo complessivo di tutti i servizi connessi con l'uso dell'acqua stessa (gestione, manutenzione delle attrezzature, investimenti, sviluppi futuri), nonché i costi connessi con l'ambiente e l'impoverimento delle risorse.
Tutto ciò premesso, appare in effetti difficile pensare che nel ciclo economico di questi anni la finanza pubblica possa farsi carico delle risorse necessarie a rendere effettivo, nel nostro Paese, il diritto degli utenti ad un servizio idrico, per un verso, senza soluzioni di continuità e, per altro verso, di qualità, atteso che allo scopo occorrono investimenti stimati fra 50 e 60 miliardi di euro entro il 2020.
Di conseguenza, la creazione di un contesto normativo che ne disincentivi l'investimento nel settore idrico, quale si determinerebbe nel caso di abrogazione parziale dell'articolo 154, comma 1, del Codice, comprometterebbe il necessario completamento della rete, e, in ogni caso, la manutenzione adeguata della stessa. Con il risultato di incrementare, fra l'altro, i volumi di perdite idriche (a fronte dei quali, occorre ricordarlo, la tariffa viene pagata per intero dall'utenza) che già oggi fanno registrare, anche nell'Italia settentrionale, picchi del 78 per cento.
In questo contesto, diviene palese che, senza l'adeguata remunerazione del capitale investito richiamata nell'articolo 154, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006, il corrispettivo del servizio idrico integrato non potrebbe più qualificarsi come tariffa, venendo così meno l'interesse ad essere coinvolta anche da parte dell'imprenditoria più attenta e responsabile, e con la fine della tariffazione del servizio idrico integrato il Paese si priverebbe dell'unica fonte di finanziabilità degli investimenti necessari (nell'ordine di grandezza necessario sopra indicato) alternativa all'impraticabile ricorso alla finanza pubblica.
La tariffazione del servizio idrico integrato non va dunque demonizzata, ma va anzi raccolta la sfida che l'Unione europea ci lancia di farne lo strumento di realizzazione di una sintesi, non semplice, fra le ragioni dell'ambiente e quelle della concorrenza, giacché - desidero usare nuovamente le chiare parole della Corte costituzionale - «alla determinazione della

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tariffa provvede l'Autorità d'ambito, al fine di ottenere un equilibrio economico-finanziario della gestione e di assicurare all'utenza efficienza ed affidabilità del servizio», attraverso un meccanismo «diretto ad evitare che il concessionario unico abusi della sua posizione dominante».
Ecco allora il punto. Quello di cui il Paese non ha bisogno non è la tariffa, bensì l'abuso da parte del concessionario. Che si può e si deve evitare con un'azione vigile del Governo e del Parlamento, unita ad un deciso rafforzamento della funzione di regolazione e vigilanza, arricchendo la gamma di attribuzioni oggi intestate alla Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche (CONVIRI).
In questa direzione, il Governo sta valutando con grande attenzione l'idea di istituire un apposito soggetto pubblico di regolazione e vigilanza - che capitalizzi e valorizzi il patrimonio di esperienze e competenze accumulato, anche nell'applicazione dell'articolo 23-bis e del relativo regolamento di attuazione, dalla CONVIRI -, i cui vertici (sulla scorta di quanto deciso di recente per l'Agenzia nazionale per la regolazione sui servizi postali) siano nominati, una volta effettuate dal Governo le relative designazioni, previa sottoposizione al parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia ambientale.

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ALLEGATO 8

5-04533 Dionisi: Bonifica e messa in sicurezza di un'area adibita a discarica abusiva nel comune di Cassino.

TESTO DELLA RISPOSTA

La questione riferita dall'interrogante è vicenda di cronaca locale. L'Ufficio Territoriale del Governo di Frosinone ci ha supportato nella ricostruzione.
Sul quotidiano Il Tempo del 28 gennaio 2011 venne riportata la notizia del rinvenimento da parte dei carabinieri di Cassino, a seguito di controlli effettuati presso l'ospedale S. Pasquale di Cassino, di una discarica abusiva, lungo le strade interponderali che costeggiano a sinistra e a destra il Rio Inferno, affluente del Rio Rapido. I militari verificarono la presenza di cumuli di immondizia dai quali affioravano rifiuti speciali e pericolosi come lastre di eternit, tubi in cemento-eternit, carcasse di televisori e monitor di computer completi di tubo catodico e parti elettriche degli stessi, materiale di risulta, pneumatici e parti di autovetture, nonché un consistente cumulo di barattoli e secchi vuoti di vernice per autovetture. Per le attività di bonifica e ripristino dello stato dei luoghi furono informati l'Arpa, l'Asl, la Provincia, il Comune di Cassino.
Di recente sul quotidiano Ciociaria Oggi di venerdì 1o aprile è stata pubblicata una denuncia presentata dall'Associazione Fare Verde che proprio riferendosi al Rio Inferno ribadisce la situazione di pericolo delle sponde e la mancata adozione delle misure di tutela della salute pubblica, chiedendo il sequestro dell'area e la bonifica dei luoghi. È probabile che gli interroganti abbiano voluto far riferimento a questi due articoli di giornale.
A seguito di verifiche effettuate dagli uffici del Ministero è stato rilevato che:
il territorio del comune di Cassino, nel quale è stata rinvenuta la discarica abusiva in questione non risulta ricadere in alcun Sito d'Interesse Nazionale. A tal proposito si ricorda che soltanto la località Panaccioni del Comune di Cassino ricade all'interno del perimetro del Sito d'Interesse Nazionale di Frosinone;
l'ARPA Lazio, organo tecnico territorialmente competente, da informazioni acquisite per le vie brevi, non possiede al momento elementi in merito;
si ravvisano i presupposti per l'applicazione dell'articolo 192 del decreto legislativo 152/06, in materia di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti.

Alla luce di quanto sopra, il Ministero, provvederà ad attivare gli organi tecnici-giudiziari e a sollecitare le singole amministrazioni competenti ad adempiere agli obblighi previsti dalla normativa vigente in materia. In particolare il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si adopererà affinché il Sindaco disponga, (con ordinanza ai dell'articolo 192, comma 3 del decreto legislativo n. 152/06) la rimozione, l'avvio a recupero e lo smaltimento dei rifiuti abbandonati ed il ripristino dello stato dei luoghi da parte dei responsabili, o, qualora non siano individuati, agisca direttamente assumendone gli oneri economici, salvo futura rivalsa nei confronti dei colpevoli.