CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 16 novembre 2010
399.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Norme per la tutela della libertà d'impresa. Statuto delle imprese (testo unificato C. 2754 Vignali ed abbinate).

PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE

La Commissione Giustizia,
esaminato il testo unificato in oggetto,
rilevato che:
all'articolo 1, comma 1, secondo periodo, si definisce impresa «qualsiasi attività economica professionalmente organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi, a prescindere dal relativo status giuridico». Tale definizione si sovrappone, sostanzialmente, a quella dell'articolo 2082 del codice civile ed appare volta a precisare che lo «status giuridico» è irrilevante ai fini della qualificazione di determinate attività quali attività di impresa. La necessità di una simile precisazione appare dubbia. Più in generale, desta perplessità il riferimento allo «status giuridico», che è concetto di origine dottrinale, usato per indicare sinteticamente la disciplina applicabile ad un dato soggetto o ad una data attività;
desta, inoltre, perplessità la previsione, contenuta dagli articoli 2 e 6 di un «impegno» dello Stato a garantire che, limitatamente ai rapporti tra imprese e tra imprese e pubblica amministrazione, la durata dei processi civili relativi al recupero di un credito non sia superiore ad un anno (articolo 2, comma 1, lettera o) e articolo 6, comma 7). Occorre rilevare che la previsione dell'impegno dello Stato a garantire una ragionevole durata dei processi, anche civili, esiste già ed ha fonte costituzionale. Una specificazione del principio con legge ordinaria potrebbe essere più opportuna se collocata nell'ambito di un complessivo intervento di riforma del processo civile, volto a ridurne i tempi, da sottoporre all'esame della Commissione competente in via prevalente per materia. Inoltre, la mera affermazione, con legge ordinaria, di un impegno dello Stato a garantire che non debbano durare più di un anno solo determinati processi esecutivi, che intercorrano per di più solo tra determinati soggetti, potrebbe suscitare dubbi di compatibilità con l'articolo 3 della Costituzione;
l'articolo 3-bis, al comma 1, integrando l'articolo 9 della legge n. 241 del 1990 (in materia di intervento nel procedimento amministrativo) dà una definizione di interessi diffusi quali «interessi appartenenti alla generalità dei cittadini» ovvero «interessi omogenei di una determinata categoria di soggetti». Anche in considerazione dei riflessi di carattere sistematico che una simile disposizione potrebbe produrre, la Commissione di merito dovrebbe valutare se sia opportuno cristallizzare in via normativa la nozione di interesse diffuso o se sia invece più opportuno lasciare tale definizione all'elaborazione giurisprudenziale. Analoghe riflessioni dovrebbero essere compiute anche con riferimento al comma 2 dell'articolo 3-bis, che legittima le associazioni di categoria rappresentate nel sistema delle camere di commercio ovvero nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, a proporre azioni in giudizio a tutela di interessi diffusi, riproducendo la definizione di cui sopra. Quanto al terzo comma del medesimo articolo, che legittima ad impugnare gli atti amministrativi lesivi degli interessi diffusi le associazioni di categoria maggiormente rappresentative a

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livello nazionale, regionale e provinciale, rilevo che potrebbe non essere agevole individuare i criteri per definire la «maggiore rappresentatività»;
gli articoli 8 e 10 introducono nel provvedimento disposizioni relative a materie che appaiono estranee all'impianto originario del provvedimento. Le materie in questione sono: la lotta contro i ritardi nei pagamenti delle transazioni commerciali e il diritto fallimentare. E su di esse si interviene, in modo particolarmente incisivo, in un un'ottica di tutela privilegiata delle imprese (soprattutto di quelle definite «micro» e «piccole» imprese). L'articolo 8, segnatamente, contiene disposizioni in materia di lotta contro i ritardi nei pagamenti delle transazioni commerciali e reca una delega al Governo per l'emanazione di disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 7 ottobre 2002, n. 231. L'articolo 10 contiene invece disposizioni in materia di diritto fallimentare e, in particolare, una delega molto incisiva, volta sostanzialmente a riformare la legge fallimentare, che peraltro è stata da poco riformata. Senza volere entrare nelle scelte di merito, che competono esclusivamente alla Commissione di merito, appare necessario come sottolineare come interventi tanto rilevanti in settori particolarmente delicati dell'ordinamento dovrebbero più opportunamente costituire l'oggetto di autonomi progetti di legge, da sottoporre all'esame in sede referente delle Commissioni competenti in via prevalente per materia;
all'articolo 11, appare in linea di principio apprezzabile la previsione del comma 7, che dispone che ogni prefettura territorialmente competente predisponga delle white list di imprese e fornitori contenenti l'adesione, da parte delle imprese, a determinati obblighi di trasparenza, di tracciabilità dei flussi di denaro, di beni e servizi. Sembra peraltro opportuno verificare la compatibilità di tale previsione con la disciplina vigente;
esprime,

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti osservazioni:
a) all'articolo 1, comma 1, la Commissione di merito valuti l'opportunità di sopprimere il secondo periodo;
b) agli articoli 2 e 6, la Commissione di merito valuti l'opportunità di sopprimere qualsiasi riferimento ad una delimitazione temporale della durata dei processi civili;
c) all'articolo 3-bis, comma 1, la Commissione di merito valuti l'opportunità di sopprimere la definizione di interesse diffuso;
d) la Commissione di merito valuti l'opportunità di sopprimere gli articoli 8 e 10.

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ALLEGATO 2

Disposizioni per la salvaguardia degli agrumeti caratteristici dei territori a rischio di dissesto idrogeologico e di particolare pregio paesaggistico, storico e ambientale (testo unificato C. 209 Cirielli ed abbinate).

PARERE APPROVATO

La Commissione Giustizia,
esaminato il provvedimento in oggetto,
rilevato che l'articolo 8 reca disposizioni in materia di controllo sulla realizzazione degli interventi per i quali sono stati erogati i contributi e di sanzioni amministrative;
osservato che il comma 2 del predetto articolo potrebbe apparire superfluo in quanto la regione, nella materia in questione, già dispone della competenza a stabilire sanzioni amministrative e che la formulazione della norma potrebbe risultare non chiara laddove fa riferimento ad «ulteriori» sanzioni amministrative,
esprime,

PARERE FAVOREVOLE.

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ALLEGATO 3

Schema di decreto legislativo recante disposizioni sanzionatorie per le violazioni del regolamento (CE) n. 924/2009 relativo ai pagamenti transfrontalieri nella Comunità. (Atto n. 249).

PARERE APPROVATO

La Commissione Giustizia,
esaminato lo schema di decreto legislativo recante disposizioni sanzionatorie per le violazioni del regolamento (CE) n. 924/2009 relativo ai pagamenti transfrontalieri nella Comunità;
rilevato che il predetto schema è diretto a sostituire il decreto legislativo n. 180 del 2004, abrogato dall'articolo 5, che costituisce l'apparato sanzionatorio relativo alla violazione del regolamento (CE) n. 2560/2001, essendo questo sostituito dal regolamento (CE) n. 924/2009, senza tuttavia prevedere una normativa transitoria volta a regolare il rapporto tra le norme sanzionatorie abrogate e quelle nuove, anche tenendo conto che vi potrebbe anche essere una continuità normativa e, quindi, sanzionatoria tra le due normative;
espresse perplessità sulle fattispecie sanzionatorie di cui all'articolo 1, commi 1 e 2, incentrandosi la condotta sulla grave inosservanza di obblighi la cui violazione non può essere valutata in termini di maggiore o minore gravità, bensì in termini di sussistenza o insussistenza della stessa;
rilevato che l'articolo 1 del decreto legislativo n. 180 del 2004 che si intende abrogare sanziona, al contrario dello schema in esame, l'inosservanza del dovere di trasparenza delle commissioni applicate per i pagamenti transfrontalieri e per quelli nazionali, per quanto tale dovere possa comunque essere desunto dal regolamento (CE) n. 924/2009;
esprime,

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti osservazioni:
a) il Governo valuti l'opportunità di introdurre una disposizione transitoria diretta a regolare i rapporti tra le norme sanzionatori di cui al decreto legislativo n. 180 del 2004 e quelle contenute nello schema di decreto in esame;
b) all'articolo 1, commi 1 e 2, il Governo valuti l'opportunità di sostituire le parole «grave inosservanza» con le seguenti: «l'inosservanza»;
c) il Governo valuti l'opportunità di introdurre nello schema di decreto una disposizione sanzionatoria volta a punire la violazione dell'obbligo di trasparenza delle commissioni applicate dall'ente prestatore dei servizi di pagamento.

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ALLEGATO 4

Schema di decreto legislativo recante disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni in attuazione della direttiva 2006/141/CE per la parte riguardante gli alimenti per lattanti e gli alimenti di proseguimento. (Atto n. 242).

PARERE APPROVATO

La Commissione Giustizia,
esaminato lo schema di decreto legislativo recante disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni di cui al decreto del ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali 9 aprile 2009, n. 82, di attuazione della direttiva 2006/141/CE per la parte riguardante gli alimenti per lattanti e gli alimenti di proseguimento destinati alla Comunità europea e all'esportazione presso Paesi terzi;
rilevato che:
lo schema di decreto è emanato in attuazione della delega di cui all'articolo 3, comma 1, della legge 7 luglio 2009, n. 88, (legge comunitaria 2008);
i principi e i criteri direttivi di delega da applicare sono previsti dall'articolo 2, comma 1, lettera c) della medesima legge;
le sanzioni amministrative previste dallo schema trovano applicazione, come espressamente stabilito dalle singole disposizioni, solo ove il medesimo fatto non sia anche penalmente rilevante;
l'illecito amministrativo di cui al comma 1 dell'articolo 2 dello schema di decreto si concretizza in una condotta che pone in pericolo la salute dei lattanti o dei bambini, per cui dovrebbe costituire un illecito penale, considerato che il predetto articolo 2, comma 1, lettera c) della legge comunitaria 2008 stabilisce che le violazioni di norme comunitarie che ledano o espongano a pericolo interessi costituzionalmente protetti, tra i quali vi rientra il diritto alla salute, debbano essere punite con sanzione penale;
esprime,

PARERE FAVOREVOLE

con la seguente osservazione:
all'articolo 2, comma 1, il Governo valuti l'opportunità di trasformare l'illecito amministrativo ivi previsto in un illecito penale, secondo i principi ed i criteri direttivi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c) della legge 7 luglio 2009, n. 88, (legge comunitaria 2008).