CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 12 ottobre 2010
380.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario (Nuovo testo C. 3687 Governo ed abb., approvato dal Senato).

PARERE APPROVATO

La I Commissione,
esaminato il nuovo testo del disegno di legge C. 3687 Governo ed abb., approvato dal Senato, recante «Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario»;
considerato che:
le disposizioni recate dal provvedimento sono riconducibili alla materia università e che la giurisprudenza costituzionale ha precisato che, ai fini della definizione delle competenze in materia di università, rileva il disposto dell'articolo 33 della Costituzione, che stabilisce che le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato;
le disposizioni relative alle procedure di reclutamento dei docenti universitari possono essere altresì ricondotte alla materia ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali, che è materia di competenza legislativa esclusiva statale (ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione);
osservato che:
il comma 2 dell'articolo 1 prevede che sulla base di accordi di programma con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, le università che hanno conseguito la stabilità e sostenibilità del bilancio, nonché risultati di elevato livello nel campo della didattica e della ricerca, possono sperimentare propri modelli funzionali e organizzativi, ivi comprese diverse modalità di composizione e costituzione degli organi di governo e forme sostenibili di organizzazione della didattica e della ricerca su base policentrica, diverse da quelle indicate nell'articolo 2. Il Ministero, con decreto di natura non regolamentare, definisce i criteri per l'ammissione alla sperimentazione e le modalità di verifica periodica dei risultati conseguiti;
l'articolo 33, ultimo comma, della Costituzione prevede, come già ricordato, che le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato;
la previsione di forme di autonomia universitaria differenziate - a seconda del conseguimento ovvero del mancato conseguimento di stabilità e sostenibilità del bilancio, nonché di risultati di elevato livello nel campo della didattica e della ricerca - dovrebbe essere attentamente valutata sotto il profilo della ragionevolezza, verificando che i valori che si intendono tutelare con tale previsione siano tali da giustificare, in un'ottica di bilanciamento, il parziale sacrificio, per alcune università, dell'autonomia riconosciuta ad altre;

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appare, in ogni caso, meritevole di una più attenta riflessione - stante la riserva di legge dello Stato stabilita dall'articolo 33, ultimo comma, della Costituzione, in materia di limitazione all'autonomia universitaria - la previsione di demandare ad un decreto ministeriale di natura non regolamentare la definizione dei criteri per l'ammissione alla forma di autonomia più ampia;
considerato altresì che:
l'articolo 4, nell'istituire presso il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, un Fondo per il merito volto a promuovere l'eccellenza e il merito fra gli studenti erogando premi di studio, buoni studio o finanziamenti, rimette la determinazione dei criteri e delle modalità di attuazione della norma, comprese le modalità di utilizzo del fondo, a decreti ministeriali «di natura non regolamentare», da adottarsi sentita la Conferenza Stato-regioni;
la sentenza della Corte costituzionale n. 308 del 2004, con riferimento ad un fondo analogo - quello per la garanzia del rimborso dei prestiti fiduciari per il finanziamento degli studi universitari dei capaci e meritevoli - ha chiarito che, attenendo il fondo, in quanto volto alla promozione del diritto allo studio, alla materia dell'istruzione, che è materia di legislazione concorrente, la sua disciplina non può prescindere dal diretto coinvolgimento delle regioni;
l'articolo 4, comma 3, riservando ogni potere decisionale ad organi dello Stato e assegnando alle regioni un ruolo meramente consultivo, non tiene adeguato conto dell'esigenza del coinvolgimento delle regioni;
osservato che:
all'articolo 6, comma 3, si prevede una retribuzione aggiuntiva per i ricercatori di ruolo ai quali, con il loro consenso, siano affidati moduli o corsi curriculari e si permette loro di conservare il titolo di professore aggregato anche nei periodi di congedo straordinario per motivi di studio goduti nell'anno successivo a quello in si sono svolti tali moduli e corsi curriculari;
ai sensi all'articolo 1, comma 11, della legge 4 novembre 2005, n. 230, corsi e moduli curriculari possono essere affidati, con il loro consenso, non solo ai ricercatori, ma anche agli assistenti del ruolo ad esaurimento, ai tecnici laureati di cui all'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, che hanno svolto tre anni di insegnamento ai sensi dell'articolo 12 della legge 19 novembre 1990, n. 341, e ai professori incaricati stabilizzati;
in base al citato comma 11, però, l'affidamento di corsi e moduli curriculari avviene fermo restando l'inquadramento e trattamento giuridico ed economico dei soggetti sopra richiamati;
l'articolo 6, comma 3, del testo in esame determina pertanto una ingiustificata disparità di trattamento normativo, in caso di affidamento su base volontaria di corsi e moduli curriculari, tra i ricercatori (per i quali viene previsto un trattamento economico aggiuntivo) e gli altri soggetti sopra richiamati (per i quali continuerebbe a valere il comma 11 citato, ai sensi del quale l'affidamento dei corsi e moduli curriculari avviene fermo restando l'inquadramento e trattamento giuridico ed economico);
analogamente, si determina una disparità di trattamento tra i diversi soggetti di cui all'articolo 1, comma 11, della legge n. 230 del 2005 per quanto concerne il mantenimento del titolo di professore aggregato anche nei periodi di congedo straordinario per motivi di studio goduti nell'anno successivo a quello in si sono svolti tali moduli e corsi curriculari;
rilevato che:
all'articolo 6, comma 11, si prevede che lo schema-tipo delle convenzioni che dovranno intervenire tra le università e le regioni per la regolazione dei rapporti in materia di attività sanitarie svolte per conto del Servizio sanitario nazionale sia predisposto dal Governo con il mero parere

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della Conferenza Stato-regioni, laddove, trattandosi di convenzioni tra le regioni e le università e vertendo tali convenzioni almeno in parte su di una materia di legislazione concorrente (tutela della salute), sarebbe più corretto prevedere almeno l'intesa con la Conferenza Stato-regioni;
considerato che:
l'articolo 14-bis prevede che, al fine di favorire le attività di formazione continua «dei dirigenti scolastici», a decorrere dall'anno accademico 2011-2012 i «soggetti» in possesso dei due titoli di studio ivi previsti (laurea magistrale e diploma rilasciato da una istituzione di alta formazione artistica e musicale) fruiscono senza limitazioni su base reddituale dell'esonero totale dalle tasse universitarie e dagli oneri aggiuntivi ai fini dell'immatricolazione, iscrizione e frequenza di un ulteriore corso di laurea;
non appare chiara la ragione per la quale l'esonero dalle tasse universitarie e dagli oneri aggiuntivi viene limitato ai soli soggetti in possesso dei titoli di studio ivi indicati, né appare chiara la relazione tra i «dirigenti scolastici» e i «soggetti» in possesso dei due titoli di studio citati: non appare chiaro, in particolare, se l'esonero riguardi soltanto i dirigenti scolastici in possesso dei due titoli di studio ovvero tutti i soggetti in possesso dei due titoli di studio;
il comma 2 del medesimo articolo 14-bis prevede, per la copertura finanziaria della misura, un «limite massimo» di spesa di 100.000 euro annui a decorrere dall'anno 2010, laddove, stabilendo la norma un diritto soggettivo in capo ai soggetti in possesso dei requisiti, non è ammissibile la fissazione di un limite di spesa;
rilevato che:
all'articolo 17-bis, comma 4, si prevede che non hanno diritto al congedo straordinario, tra gli altri, i pubblici dipendenti che siano stati iscritti a corsi di dottorato per almeno un anno accademico, beneficiando di detto congedo;
non è chiaro se la disposizione sia volta a limitare ad un anno il periodo di congedo straordinario cui hanno diritto i pubblici dipendenti iscritti a corsi di dottorato ovvero a precisare che non hanno più diritto al congedo straordinario i pubblici dipendenti iscritti a corsi di dottorato che, dopo averne già usufruito per almeno un anno accademico, non abbiano poi conseguito il titolo;
rilevato infine che:
l'articolo 20, comma 1, prevede che le università possono avvalersi per le attività di insegnamento della collaborazione di esperti di alta qualificazione e che, in caso di collaborazioni a titolo gratuito, queste possono riguardare esclusivamente soggetti in possesso di un reddito da lavoro autonomo o dipendente che siano dipendenti da altre amministrazioni, enti o imprese, ovvero titolari di pensione, ovvero lavoratori autonomi in possesso di un reddito annuo non inferiore a quarantamila euro lordi;
non appare ragionevole prevedere tra i requisiti della collaborazione per l'insegnamento universitario - sia pure di quella a titolo gratuito - un requisito non afferente alla preparazione del soggetto, ma al suo reddito;
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
1) all'articolo 4, comma 3, si stabilisca che i decreti ivi previsti per la disciplina dei criteri e delle modalità di attuazione dell'articolo stesso siano adottati d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, anziché soltanto «sentita» la stessa;
2) all'articolo 6, comma 11, si preveda l'obbligo dell'intesa con la Conferenza

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permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sullo schema tipo delle convenzioni tra regioni e università ivi previste;

e con le seguenti osservazioni:
a) all'articolo 1, comma 2, la Commissione di merito valuti, sotto il profilo della ragionevolezza, che i valori che si intendono tutelare siano tali da giustificare, in un'ottica di bilanciamento, il parziale sacrificio, per alcune università, dell'autonomia riconosciuta ad altre;
b) all'articolo 1, comma 2, valuti la Commissione l'opportunità di definire direttamente nella legge i criteri per l'ammissione alla sperimentazione e le modalità di verifica periodica dei risultati conseguiti ovvero di demandare la loro definizione ad un apposito regolamento di attuazione della legge;
c) l'articolo 6, comma 3, sia riformulato, come novella all'articolo 1, comma 11, della legge n. 230 del 2005, prevedendo la retribuzione aggiuntiva e la conservazione del titolo di professore aggregato non solo a favore dei ricercatori, ma di tutti i soggetti ai quali è possibile, ai sensi del comma 11 citato, affidare corsi e moduli curriculari; ovvero si preveda che corsi e moduli curricolari non possano essere affidati a soggetti diversi dai ricercatori;
d) all'articolo 14-bis si chiarisca se l'esonero dalle tasse universitarie è previsto - come sembra - per i soli dirigenti scolastici in possesso dei due titoli di studio previsti e si valuti l'opportunità di estenderlo anche ad altre categorie professionali e di prevederlo anche nel caso del possesso, oltre alla laurea, di altri titoli di studio universitari;
e) al comma 2 del medesimo articolo 14-bis si eviti di qualificare la copertura finanziaria della misura come «limite massimo» di spesa, atteso che la disposizione configura un diritto soggettivo (la cui soddisfazione non può quindi essere subordinata alla disponibilità di fondi);
f) per le ragioni esposte in premessa, sia formulato meglio l'articolo 17-bis, comma 4, nella parte in cui prevede che non hanno diritto al congedo straordinario i pubblici dipendenti che siano stati iscritti a corsi di dottorato per almeno un anno accademico, beneficiando di detto congedo;
g) all'articolo 20, comma 1, si valuti l'opportunità di eliminare il riferimento al requisito del reddito per l'attivazione di collaborazioni per l'insegnamento.

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ALLEGATO 2

Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario (Nuovo testo C. 3687 Governo ed abb., approvato dal Senato).

PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVA DEL GRUPPO DEL PARTITO DEMOCRATICO

La I Commissione,
esaminato il nuovo testo del disegno di legge n. 3687, recante «Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario»;
considerato che al comma 2 dell'articolo 1 si riconosce alle «università che hanno conseguito la stabilità e sostenibilità del bilancio, nonché risultati di elevato livello nel campo della didattica e della ricerca» la facoltà di «sperimentare propri modelli funzionali e organizzativi, ivi comprese diverse modalità di composizione e costituzione degli organi di governo» (in pratica gli atenei più virtuosi si vedrebbero attribuita la possibilità di esercitare un grado maggiore di autonomia statutaria rispetto agli altri);
considerato che, tuttavia, tale maggiore autonomia non sarebbe solo condizionata al soddisfacimento di requisiti fissati e verificati con atti ministeriali, ma sarebbe anche subordinata alla stipula di specifici accordi di programma con il Ministero;
considerato che tale previsione contrasta con l'articolo 33, sesto comma, della Costituzione, il quale dispone che le Università «hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato»;
tenuto conto che i limiti alla autonomia ordinamentale delle Università possono essere dunque definiti in maniera più o meno stringente, ma solo dalla legge, e che la legge ordinaria non può trasferire la potestà di interferire sulla autonomia ordinamentale delle Università al Governo;
rilevato che peraltro verrebbe in questo modo utilizzato l'accordo di programma per una finalità diversa da quella propria di questo istituto, che consiste nella identificazione di obiettivi condivisi, con scadenze temporali predeterminate, sostenuti da risorse aggiuntive conferite dal ministero;
considerato che l'articolo 4 del testo in esame prevede l'istituzione presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca di un fondo per il merito destinato ad erogare premi di studio, premi di studio o finanziamenti secondo criteri stabiliti in decreti ministeriali di natura non regolamentare;
tenuto conto che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 304 del 2004, ha qualificato le norme riguardanti il prestito fiduciario agli studenti come disposizioni di principio in materia di istruzione, materia cioè a competenza concorrente dello Stato e delle regioni, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione;
tenuto conto che la stessa Corte ha dunque ritenuto costituzionalmente illegittime le norme riguardanti la gestione del

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relativo fondo in quanto riservavano ogni potere decisionale ad organi dello Stato, laddove invece tale disciplina di dettaglio avrebbe richiesto un coinvolgimento delle Regioni;
considerato che l'articolo 33, sesto comma, della Costituzione pone una riserva di legge relativa nei confronti delle fonti di autonomia universitaria (sia pure accordabile dallo Stato «in termini più o meno larghi, sulla base di un suo apprezzamento discrezionale, che tuttavia, non sia irrazionale», come riconosciuto dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 145 del 1985);
considerato che tale riserva è comunque tradizionalmente intesa come assoluta nei confronti dell'Esecutivo e che, anche considerandola «»aperta» a svolgimenti da parte dell'amministrazione», richiede che un'eventuale attività normativa secondaria sia limitata «a integrar[e] e svolger[e] in concreto i contenuti sostanziali» della legge e sia collocata «in un contesto di scelte normative sostanziali predeterminate, tali che il potere dell'amministrazione sia circoscritto secondo limiti e indirizzi ascrivibili al legislatore» (si veda la sentenza della Corte costituzionale n. 383 del 1998);
considerato che l'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988 dispone che i regolamenti di delegificazione sono emanati nelle materie «non coperte da riserva assoluta di legge»;
considerato che per la disciplina della materia il disegno di legge fa un ampio e disinvolto rinvio, oltre che alla delega legislativa, a fonti secondarie tipiche ed atipiche, attraverso autorizzazioni alla delegificazione (peraltro senza compiere la ricognizione delle disposizioni vigenti destinate ad essere abrogate richiesta invece ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, come segnalato dal Comitato per la legislazione nel parere del 29 settembre 2010) ed il rinvio a decreti ministeriali di natura non regolamentare;
considerato che l'autorizzazione al ricorso a regolamenti di delegificazione per disciplinare il trattamento economico di professori e ricercatori nonché la disciplina delle procedure finalizzate al conseguimento della «abilitazione scientifica nazionale» si pone in contrasto con il principio della riserva assoluta nei confronti dell'Esecutivo di cui all'articolo 33, sesto comma, della Costituzione e comunque non soddisfa i requisiti di cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 383 del 1998;
considerato che il ricorso a decreti ministeriali qualificati come non regolamentari appare un mezzo per eludere i vincoli normativi e procedimentali posti dalla legge n. 400 del 1988;
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
1) siano riviste le seguenti previsioni:
articolo 1, comma 2, che vincola l'esercizio della autonomia statutaria ed ordinamentale delle università ad un accordo di programma con il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca;
articolo 4, che disciplina le forme di gestione del Fondo per il merito escludendo un intervento delle Regioni;
2) siano sostituite le disposizioni di autorizzazione alla delegificazione di cui agli articoli 8 e 16 con disposizioni di delega legislativa per la disciplina del trattamento economico dei professori e dei ricercatori universitari e delle procedure finalizzate al conseguimento della «abilitazione scientifica nazionale»;
3) si sopprima all'articolo 4 il riferimento alla natura non regolamentare dei decreti ministeriali.