CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 20 luglio 2010
355.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

DL 102/2010: Proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace, di stabilizzazione e delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia (nuovo testo C. 3610 Governo).

PARERE APPROVATO

Il Comitato permanente per i pareri della I Commissione,
esaminato il nuovo testo del disegno di legge C. 3610 Governo, recante «Conversione in legge del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, recante proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace, di stabilizzazione e delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia»;
rilevato che, al comma 5 dell'articolo 5, concernente le modalità di impiego di lavoratori occasionali da parte delle Forze armate, si prevede che, con riferimento alle qualifiche per le quali è richiesto il requisito della scuola dell'obbligo, il Ministero della difesa, trascorso il periodo citato (31 dicembre 2010), qualora abbia la necessità di continuare ad avvalersi delle medesime prestazioni lavorative, procede all'assunzione diretta del lavoratore, in deroga alla vigente disciplina del collocamento obbligatorio, nel limite del venti per cento delle assunzioni autorizzate annualmente ai sensi della normativa vigente;
considerato, in proposito, alla luce della giurisprudenza consolidata della Corte Costituzionale, che il concorso pubblico costituisce la forma generale e ordinaria di reclutamento per le pubbliche amministrazioni e che l'area delle eccezioni va, pertanto, delimitata in modo rigoroso (vedi, da ultimo, la sentenza 26 maggio 2010, n. 195);
tenuto conto del fatto che nella disposizione in esame non sono delimitati i presupposti per l'esercizio del potere di assunzione, ma è posto solo un limite quantitativo alle assunzioni dirette;
preso atto dell'orientamento alla base delle sentenze n. 215 e n. 293 del 2009 della stessa Corte, dal quale emerge che la stabilizzazione deve offrire «sufficienti garanzie per assicurare che la disposta trasformazione del rapporto di lavoro riguardi soltanto soggetti che siano stati selezionati ab origine mediante procedure concorsuali» e deve essere «subordinata all'accertamento di specifiche necessità funzionali dell'amministrazione»;
constatato che, in tema di limiti entro i quali può consentirsi al legislatore di disporre procedure di stabilizzazione di personale, la giurisprudenza della Corte Costituzionale ha stabilito che le deroghe sono legittime solo in presenza di «peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico» idonee a giustificarle (sentenza n. 81 del 2006) e che non è in particolare sufficiente, a tal fine, la semplice circostanza che determinate categorie di dipendenti abbiano prestato attività a tempo determinato presso l'amministrazione (sentenza n. 205 del 2006), né basta la «personale aspettativa degli aspiranti» ad una misura di stabilizzazione (sentenza n. 81 del 2006);
considerato che nel testo non sono indicate le specifiche ragioni che potrebbero giustificare, alla luce della citata giurisprudenza, la stabilizzazione mediante assunzione diretta dei rapporti di

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lavoro disciplinati e ritenuto pertanto necessario sostituire il riferimento all' «assunzione diretta» con una previsione che rimandi allo svolgimento delle procedure selettive da osservare nel reclutamento del suddetto personale, in conformità a quanto disposto dall'articolo 97 della Costituzione,
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con la seguente condizione:
all'articolo 5, comma 5, nella parte in cui si prevede che, con riferimento alle qualifiche per le quali è richiesto il requisito della scuola dell'obbligo, il Ministero della difesa, trascorso il periodo citato (31 dicembre 2010), qualora abbia la necessità di continuare ad avvalersi delle medesime prestazioni lavorative, procede all'assunzione diretta del lavoratore, in deroga alla vigente disciplina del collocamento obbligatorio, nel limite del venti per cento delle assunzioni autorizzate annualmente ai sensi della normativa vigente, sia sostituito il riferimento all' «assunzione diretta» con una previsione che rimandi allo svolgimento delle procedure selettive da osservare nel reclutamento del suddetto personale, in conformità a quanto disposto dall'articolo 97 della Costituzione.

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ALLEGATO 2

Disposizioni in materia di parità di accesso agli organi delle società quotate in mercati regolamentati (Testo unificato C. 2426 Golfo e C. 2956 Mosca).

PARERE APPROVATO

Il Comitato permanente per i pareri della I Commissione,
esaminato il testo unificato delle proposte di legge C. 2426 Golfo e C. 2956 Mosca, recante «Disposizioni in materia di parità di accesso agli organi delle società quotate in mercati regolamentati»;
considerato che le disposizioni da esso recate sono riconducibili alla materia «mercati finanziari», che la lettera e) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato;
considerato che la finalità del provvedimento in esame è quella di riequilibrare l'accesso alle cariche direttive delle società quotate in borsa, che sono oggi assai raramente ricoperte da persone di sesso femminile;
considerato che, con riferimento alla disciplina in esame vengono in rilievo principalmente gli articoli 41 e 51, nonché l'articolo 3 della Costituzione;
in particolare, l'articolo 41, primo comma, della Costituzione, sancisce il principio in base al quale l'iniziativa economica privata è libera. Tale disposizione, peraltro, secondo la giurisprudenza consolidata della Corte Costituzionale, deve essere letta in stretta correlazione con il secondo comma del medesimo articolo, in base al quale l'iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana;
l'articolo 51 della Costituzione al primo comma (come riformulato dalla legge costituzionale n. 1 del 2003), riconosce, seppur con riferimento alle cariche elettive e agli altri uffici pubblici, il diritto del cittadino di accedere alle medesime in condizioni di eguaglianza. A tal fine «la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini». Il testo in esame, che riguarda gli organi di società private, pur non potendosi considerarsi come diretta attuazione della disposizione costituzionale citata, sembra rispondere al nucleo di principi desumibili dall'articolo 51 della Costituzione ed estendibili anche a fattispecie differenti rispetto a quelle esplicitamente richiamate;
richiamata, a tal proposito, la Risoluzione 10 febbraio 2010 del Parlamento europeo sulla parità tra donne e uomini nell'Unione europea, che, al punto 24, chiede «agli Stati membri e alle parti sociali di promuovere una presenza più equilibrata tra donne e uomini nei posti di responsabilità delle imprese, dell'amministrazione e degli organi politici», nonché «pertanto la definizione di obiettivi vincolanti per garantire la pari rappresentanza di donne e uomini»;
rilevato che la medesima Risoluzione «sottolinea, a questo proposito, gli effetti positivi dell'uso delle quote elettorali sulla rappresentanza delle donne»;
evidenziato che, sulla base di tale sottolineatura, se pur contenuta in atto non vincolante per il Parlamento nazionale,

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potrebbe individuarsi una chiave di lettura dell'articolo 51 della Costituzione quale principio suscettibile di assumere nell'ordinamento una valenza generale;
considerato, con riferimento all'articolo 3 della Costituzione, che la finalità del provvedimento in esame è quella di porre in essere azioni «positive» che, secondo la Corte Costituzionale (sentenza n. 109 del 1993) «costituiscono il principale strumento a disposizione del legislatore per attuare il dovere - che l'articolo 3, comma secondo, della Costituzione assegna alla Repubblica - di assicurare uno statuto effettivo di pari opportunità di inserimento sociale, economico e politico a categorie di persone socialmente svantaggiate, fondamentalmente quelle riconducibili ai divieti di discriminazione espressi nel primo comma dello stesso articolo 3 (sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali)»; tenuto conto, in particolare, che secondo la Corte, dette «azioni positive» - in quanto dirette ad equilibrare situazioni di sostanziale disparità di condizioni - comportano l'adozione di discipline giuridiche differenziate a favore delle categorie sociali svantaggiate, anche in deroga al generale principio di formale parità di trattamento stabilito nell'articolo 3, comma primo, della Costituzione;
posto, peraltro, che la Corte costituzionale ha escluso l'ammissibilità di norme che non si propongano di rimuovere gli ostacoli che impediscono alle donne di raggiungere determinati risultati, ma piuttosto di attribuire quei medesimi risultati (sentenza n. 422 del 1995);
tenuto conto che la disciplina in esame, per evitare che siano sollevati dubbi alla luce della citata giurisprudenza della Corte Costituzionale, dispone che le misure da essa recate si applichino limitatamente alla durata di tre mandati degli organi societari, configurandosi, pertanto, come misura sperimentale a carattere temporaneo;
valutata, peraltro, l'opportunità che tale carattere «transitorio» sia definito in maniera più diffusa e compiuta, in modo tale da individuare un lasso temporale, congruo ma al tempo stesso omogeneo, al termine del quale sia possibile effettuare una valutazione dei risultati conseguiti;
evidenziato altresì che l'articolo 1, al comma 1, capoverso 1-ter e al comma 3, lettera a), capoverso 1-bis, mentre da un lato disciplina le conseguenze derivanti dal mancato rispetto del principio di equilibrio tra i generi in caso di elezione dei componenti del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale, nulla prevede nel caso in cui detto principio non sia rispettato nelle ipotesi di sostituzione di uno o più componenti dei medesimi organi,
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti osservazioni:
1) all'articolo 1, al comma 1, capoverso 1-ter e al comma 3, lettera a), capoverso 1-bis, nella parte in cui si prevede che il riparto in questione si applica per tre mandati consecutivi, valuti la Commissione di merito l'opportunità di definire una disciplina transitoria, strutturata e articolata anche in fasi di verifica dell'impatto delle previste azioni positive, al fine di rilevare i risultati, in termini di riequilibrio delle situazioni di disparità, prodotti dalle misure in esame, che vanno ricondotte ad un quadro di temporaneità in linea con gli orientamenti della giurisprudenza costituzionale;
2) all'articolo 1, al comma 1, capoverso 1-ter e al comma 3, lettera a) capoverso 1-bis, valuti la Commissione di merito l'opportunità di disciplinare puntualmente le conseguenze derivanti dal mancato rispetto del principio di equilibrio tra i generi nelle fattispecie di sostituzione di uno o più componenti del consiglio di amministrazione o del collegio sindacale.

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ALLEGATO 3

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Serbia, dall'altra, con Allegati, Protocolli e Atto finale e Dichiarazioni, fatto a Lussemburgo il 29 aprile 2008 (C. 3620 Governo).

PARERE APPROVATO

Il Comitato permanente per i pareri della I Commissione,
esaminato il testo del disegno di legge C. 3620 Governo, recante «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Serbia, dall'altra, con Allegati, Protocolli e Atto finale e Dichiarazioni, fatto a Lussemburgo il 29 aprile 2008»;
considerato che l'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione, riserva la materia «politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea» alla competenza legislativa esclusiva dello Stato;
rilevato che non sussistono motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale,
esprime

PARERE FAVOREVOLE