CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 14 aprile 2010
309.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Difesa (IV)
ALLEGATO

TESTO AGGIORNATO AL 21 APRILE 2010

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ALLEGATO 1

Interrogazione n. 5-02740 Rugghia: Sul mancato pagamento del «compenso forfetario di impiego» ai marinai che hanno svolto attività di servizio prolungata oltre il normale orario di lavoro.

TESTO DELLA RISPOSTA

Ai sensi delle vigenti disposizioni, il compenso forfetario di impiego (CFI) è finalizzato a remunerare esclusivamente l'impegno del personale non dirigenziale (da militare di truppa a tenente colonnello) in esercitazioni e operazioni militari prolungate e continuative.
In merito al quantum spettante, si precisa che l'importo giornaliero si differenzia in funzione del grado del militare e del giorno della settimana di attività, con una precisa distinzione in termini finanziari tra i giorni feriali, il sabato ed i festivi.
L'introduzione di una speciale indennità finalizzata a compensare l'attività di servizio in navigazione - quando le attività si susseguono senza interruzioni, imponendo al personale vincoli e limiti che rendono problematica l'applicazione delle disposizioni sull'orario di servizio e sullo straordinario ad esso connesso - è stato un obiettivo che la Marina ha fortemente perseguito negli anni.
Nel 2001, la necessità di una speciale indennità è stata concettualmente recepita e, successivamente, consolidata con il provvedimento di concertazione del 2002 (decreto del Presidente della Repubblica n. 163 del 2002) che ha previsto il compenso forfetario di impiego, ai sensi della legge istitutiva n. 86/2001, per remunerare esclusivamente le esercitazioni/operazioni militari caratterizzate da particolari condizioni di impiego oltre il normale orario di lavoro, che si protraggono senza soluzione di continuità per almeno 48 ore.
La norma istitutiva all'articolo 3, comma 4, della legge citata prevede che «Il personale può essere impegnato nelle attività di cui al comma 1 fino ad un massimo di centoventi giorni l'anno e per non più di dodici ore giornaliere, salvo il verificarsi di comprovate ed inderogabili esigenze di carattere operativo. Durante lo svolgimento delle predette attività devono essere garantiti al personale il recupero delle energie psicofisiche e comunque la fruizione di adeguati turni di riposo». L'attività a bordo, in navigazione, è organizzata su squadre e prevede che nell'ambito delle 24 ore siano comunque garantiti turni di riposo dedicati al recupero delle energie psicofisiche.
Il comma 5, del citato articolo 3, recita che il compenso forfetario di impiego è da intendersi quale «indennità sostitutiva per il compenso per il lavoro straordinario e del recupero compensativo ... omissis ... da attribuire «nell'ambito delle risorse ad essa assegnate ...».
Annualmente, in base alle esigenze rappresentate, lo Stato Maggiore della Difesa provvede a ripartire tra le Forze armate le risorse rese disponibili sul capitolo dalla legge di Bilancio.
Anche se l'attribuzione delle risorse condiziona sia la fase di pianificazione e di programmazione delle attività, sia quella di esecuzione delle operazioni/esercitazioni, va sottolineato che il compenso forfetario di impiego è solo uno degli strumenti che possono essere utilizzati per compensare l'impegno profuso dal personale per le attività operative e addestrative. Infatti, alla remunerazione, in senso lato, delle eccedenze orarie maturate rispetto al normale orario di lavoro, concorre,

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a pieno titolo, anche l'istituto dello straordinario, sia esso in forma remunerativa che con recupero compensativo. Tale compenso è l'unico che può essere corrisposto al personale dirigenziale, al quale non compete l'attribuzione del CFI.
Di fatto, le richiamate potenzialità remunerative si sono attenuate negli anni, in quanto l'ammontare delle risorse finanziarie complessivamente disponibili per l'esigenza è stato oggetto di una costante riduzione, a fronte, per lo meno riguardo allo straordinario, di un incremento delle retribuzioni orarie, che ha determinato una contrazione dell'entità del monte ore che è possibile corrispondere.
In tale quadro, le attività operative che la Marina è stata chiamata a svolgere lo scorso anno, hanno richiesto un impegno di uomini e mezzi superiore a quanto inizialmente programmato e remunerabile con le risorse finanziarie destinate ai compenso forfetario di impiego e allo straordinario, con conseguente necessità di far ricorso, parzialmente, anche al recupero compensativo. Mi riferisco, ad esempio, ad una più impegnativa e prolungata attività in mare - svolta anche in risposta alle organizzazioni internazionali e in particolare alla NATO - diversa da quella ricompresa nelle missioni internazionali.
Per quanto concerne l'esercizio finanziario 2009, si fa presente che tale situazione non è assolutamente riconducibile all'operazione di soccorso ai terremotati di Haiti (White Crane) che riguarda l'esercizio finanziario 2010, atteso che la stessa ha avuto inizio il 20 gennaio dell'anno in corso.
Con riferimento all'attività di antipirateria nel Golfo di Aden, si precisa che le relative risorse finanziarie sono espressamente assegnate, in aggiunta agli ordinari stanziamenti di bilancio, dalle disposizioni legislative di proroga delle missioni internazionali, approvate nel corso dello scorso anno.
Circa la presunta richiesta di restituzione dei compensi già percepiti a titolo di compenso forfetario di impiego, si rappresenta la totale non veridicità dell'assunto.
Fermo restando che sono all'esame tutte le possibili soluzioni che tengano conto, prioritariamente, delle esigenze del personale, si sottolinea che il maggiore impegno profuso nel 2009, qualora non completamente remunerato per insufficienza di risorse o con il ricorso all'istituto dello straordinario, sarà oggetto di recupero compensativo.
Tale situazione ha interessato solo le Unità navali ed il personale dipendente dalla Squadra Navale.

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ALLEGATO 2

Interrogazione n. 5-02741 Di Stanislao: Sulla notizia di un accordo segreto tra Italia e Usa in materia di difesa nucleare.

TESTO DELLA RISPOSTA

Il nuovo corso intrapreso dalla nuova amministrazione americana, nonché la recente firma del richiamato accordo START 2 con la Russia mirante ad una riduzione e limitazione delle armi strategiche, hanno tracciato le linee di una ampia strategia per giungere ad un mondo privo di armi nucleari.
Anche l'Italia è da tempo impegnata per la promozione di tutte le misure di non proliferazione e di disarmo nucleare. Il nostro Paese, infatti, sostiene con convinzione i meccanismi e i principi del richiamato Trattato di non-proliferazione-TNP, al quale ha aderito circa trent'anni fa.
Il TNP rappresenta anche per l'Alleanza Atlantica un riferimento importante nell'ambito della politica per la non-proliferazione e per il disarmo nucleare, di fatto attuata a partire dal 1991.
Le dotazioni nucleari, secondo il Concetto Strategico approvato dall'Alleanza Atlantica, a Washington dai Capi di Stato e di Governo nel 1999, il quale definisce esclusivamente «politico» lo strumento nucleare degli Alleati in Europa, svolgono un ruolo fondamentale per preservare la pace e prevenire ogni forma di coercizione.
Tali principi - si rammenta - sono stati sostanzialmente ribaditi prima con il Comprehensive Political Guidance del 2006 e successivamente nella Dichiarazione sulla Sicurezza Alleata di Strasburgo - Kehl del 4 aprile 2009 che, alla luce dei profondi mutamenti dello scenario di sicurezza globale dell'ultimo decennio, avvia la fase di revisione del Concetto Strategico volto a definire ragion d'essere, obiettivi, priorità e grand strategy della NATO nei prossimi anni e nel cui ambito sarà condotta la verifica di ruolo e valori fin qui assegnati alle armi nucleari.
In merito alla presenza di armi nucleari sul territorio nazionale e alla necessaria sicurezza giova richiamare, per coerenza, la stessa linea e alcuni concetti che i diversi Governi in carica hanno espresso su tale delicata e complessa materia nell'ambito delle risposte fornite a precedenti analoghe interrogazioni svolte nell'arco della XIV e della XV Legislatura.
In primo luogo, a suo tempo, fu smentita l'esistenza di un accordo segreto Italia- USA denominato Stone axe.
Va posto, altresì, in evidenza come l'Alleanza, nel mantenere un atteggiamento assolutamente trasparente sulla propria strategia nucleare e sulla natura del proprio dispositivo in Europa, non possa però agire a discapito della sicurezza di questo dispositivo e della riservatezza, che è indispensabile assicurare in questa materia per quanto concerne i siti, la loro dislocazione in Europa ed i quantitativi di armamento in essi contenuti.
Una riservatezza che non può essere violata unilateralmente da un singolo Paese dell'Alleanza, perché la deterrenza nucleare è un bene ed un onere collettivo che lega collegialmente tutti i Paesi alleati.
La tipologia e la qualità delle informazioni rilasciabili sugli armamenti nucleari è quindi una decisione politica collettiva ed unanime degli alleati cui nessun Paese può sottrarsi, pena la violazione del patto

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di alleanza liberamente sottoscritto e del vincolo di riservatezza che ne discende in alcune materie.
Tuttavia, le dotazioni nucleari dell'Alleanza basate a terra in Europa sono, in quantitativi molto limitati, conservati in un numero ridotto di siti, in condizioni di massima sicurezza, senza alcuna possibilità che esse possano essere utilizzate accidentalmente o per errore.
È ovviamente compito dei Governi nazionali garantire la sicurezza e l'incolumità dei propri cittadini, anche prevedendo le necessarie modalità e procedure.
Questi princìpi hanno guidato e guidano i Paesi europei, compresa l'Italia, nel determinare i criteri di monitoraggio delle condizioni di sicurezza.
Vorrei infine evidenziare come il concetto di «sicurezza nucleare» abbia oggi assunto un dimensione più ampia in quanto riferito al rischio che un'organizzazione terroristica possa venire in possesso di materiale fissile. E in questo senso l'accordo raggiunto ieri fra i 47 partecipanti a al Summit di Washington, e fra questi l'Italia, rappresenta un passo di fondamentale importanza.

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ALLEGATO 3

Norme in materia di nomina del Comandante generale del Corpo della guardia di finanza. (C. 864 Vannucci, C. 3244 Bocchino, C. 3254 Di Pietro e C. 3269-ter Cicu)

TESTO UNIFICATO ELABORATO DAL COMITATO RISTRETTO ADOTTATO COME TESTO BASE

NORME IN MATERIA DI NOMINA DEL COMANDANTE GENERALE DEL CORPO DELLA GUARDIA DI FINANZA E DI ATTIVITÀ DI CONCORSO DEL MEDESIMO CORPO ALLE OPERAZIONI MILITARI IN CASO DI GUERRA E ALLE MISSIONI MILITARI ALL'ESTERO

ART. 1.

1. Alla legge 23 aprile 1959, n. 189, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 4:
1) il primo comma è sostituito dal seguente:
«Il Comandante generale della Guardia di finanza è scelto fra i generali di Corpo d'armata in servizio permanente effettivo del medesimo Corpo o dell'Esercito ed è nominato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della difesa»;
2) dopo il terzo comma è aggiunto il seguente:
«Il mandato del Comandante generale, salvo che nel frattempo debba cessare dal servizio permanente effettivo per raggiungimento dei limiti di età o per altra causa prevista dalla legge, ha una durata pari a due anni ed è rinnovabile con provvedimento da emanare secondo la procedura di cui al primo comma. Al termine del mandato è disposto il collocamento in congedo da equiparare a tutti gli effetti a quello per raggiungimento dei limiti di età, con applicazione delle disposizioni dell'articolo 6, comma 3, secondo periodo, del decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, e successive modificazioni»;
b) il secondo comma dell'articolo 5 è sostituito dal seguente:
«Per le esigenze addestrative di carattere militare e per il collegamento con il Ministero della difesa è assegnato al Comando generale, dal Capo di stato maggiore della difesa, un generale di divisione in servizio permanente dell'Esercito. Per finalità di collegamento con il Comando generale è assegnato al Ministero della difesa un generale di divisione in servizio permanente del Corpo della guardia di finanza».

2. Al comma 1 dell'articolo 7 del decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nell'espletamento delle attività di concorso alle operazioni militari in caso di guerra e alle missioni militari all'estero, il Corpo dipende funzionalmente dal Ministro della difesa».
3. Al comma 4 dell'articolo 1 del decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 69, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'alinea, dopo le parole: «più anziano in ruolo» sono inserite le seguenti: «ovvero il parigrado che lo segue in ordine di anzianità se il primo ricopre la carica di Comandante generale»;
b) dopo la lettera b) è aggiunta la seguente:
«b-bis) rimane in carica per un periodo massimo di un anno, salvo che nel

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frattempo debba cessare dal servizio permanente effettivo per limiti di età o per altra causa prevista dalla legge».
4. Le disposizioni del quarto comma dell'articolo 4 della legge 23 aprile 1959, n. 189, e del comma 4 dell'articolo 1 del decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 69, come rispettivamente introdotto e modificato dal comma 1, lettera a), numero 2), e dal comma 3 del presente articolo, acquistano efficacia dalla data di assunzione della carica del Comandante generale del Corpo della guardia di finanza, nominato secondo le procedure stabilite dal primo comma del citato articolo 4 della legge n. 189 del 1959, come sostituito dal comma 1, lettera a), numero 1), del presente articolo. A decorrere dalla medesima data cessano di produrre effetti le disposizioni dell'articolo 9 della legge 25 maggio 1989, n. 190.

ART. 2.

1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 1, comma 4, la presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.