CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 10 marzo 2010
295.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
ALLEGATO
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ALLEGATO

DL 29/10: Interpretazione autentica di disposizioni del procedimento elettorale e relativa disciplina di attuazione. (C. 3273 Governo).

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE

La II Commissione (Giustizia),
premesso che:
nel preambolo si enuncia la natura «interpretativa» del decreto, che viene poi ribadita nelle singole disposizioni di esso. Per quanto incerto possa essere ritenuto il confine tra attività di «interpretazione» di una norma già in vigore e la creazione di una «nuova» norma giuridica, appare evidente che nel caso di specie il decreto-legge ha portata innovativa. Mentre infatti l'articolo 9, 1o comma, della legge n. 108 del 1968 prevede che «le liste dei candidati per ogni collegio devono essere presentate alla cancelleria del tribunale», il decreto-legge in esame stabilisce che esse sono ritenute validamente presentate «quando... i delegati incaricati della presentazione delle liste, muniti della prescritta documentazione, abbiano fatto ingresso nei locali del Tribunale». È infatti, evidentemente, mutato il luogo nel quale i presentatori devono trovarsi all'orario prescritto dalla legge n. 108 del 1968 per la valida presentazione delle liste. Tenendo altresì conto della disposizione secondo la quale «la presenza entro il termine di legge nei locali del Tribunale dei delegati può essere provata con ogni mezzo idoneo», viene introdotta nell'ordinamento italiano una nuova modalità di presentazione delle liste, parallela ed ulteriore rispetto a quella attualmente in vigore. Parimenti innovativa è la natura delle norme che modificano le modalità di autenticazione delle firme elettorali, rispetto ai requisiti attualmente prescritti;
in quanto volto a modificare la formazione in materia elettorale, il decreto-legge n. 29 del 2010 non solo contrasta con il limite alla decretazione d'urgenza previsto dall'articolo 15, 2o comma, lettera b) della legge n. 400 del 1988, ma essendo intervenuto quando il procedimento elettorale era già in corso ed era tecnicamente già iniziato il periodo della «campagna elettorale», esso determina una alterazione della parità di trattamento fra le liste ammesse, le quali si sono assoggettate alle regole previgenti in materia di presentazione delle liste e le liste che verrebbero ammesse in virtù delle innovazioni apportate dal decreto medesimo. Ne risulta, quindi, una grave violazione della regolarità del procedimento elettorale, la cui rigorosa rispondenza a norme predeterminate deve ritenersi imposta dal principio costituzionale della sovranità popolare di cui all'articolo 1 Cost., il quale non richiede soltanto che gli organi rappresentativi siano eletti dal corpo elettorale, ma anche che il corpo elettorale si esprima nelle forme e nei limiti della Costituzione, la quale, nel prevedere una riserva di legge in materia di sistema di elezione dei Consigli regionali (articolo 122 Cost.) intende evidentemente non solo richiedere una legge disciplinante in qualunque modo l'elezione dei consiglieri, ma una legge entrata in vigore anteriormente allo svolgimento del procedimento elettorale;
in base all'articolo 122 Cost. la materia del «sistema di elezione» dei Consigli delle Regioni ordinarie e dei Presidenti delle Giunte è ora oggetto di una competenza concorrente fra Stato (per i principi) e Regioni (per le norme di dettaglio). Nel caso in esame le disposizioni introdotte dal decreto-legge n. 29 del 2010

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non sembrano poter essere classificate che come di stretto dettaglio, se non altro per il fatto che esse non sono suscettibili di ulteriore specificazione. Ed avendo il decreto-legge n. 29 carattere non interpretativo, ma innovativo, tale intervento deve essere ritenuto ora precluso al legislatore statale ordinario. Ma, pur volendo ammettere il carattere interpretativo delle norme del decreto, la Corte Costituzionale nella sentenza n. 232 del 2006 ha sostenuto che anche «l'emanazione di una legge di interpretazione autentica presuppone la sussistenza della potestà legislativa da parte dell'organo legiferante», una potestà che ormai è transitata pienamente in capo alle Regioni;
trattandosi di un intervento palesemente «in sanatoria», appare illegittimo che non si vada a sanare altre situazioni parimenti presenti nel Paese, in cui sembra non si voglia far prevalere «la sostanza» sulla «forma», oltre che il primario esercizio del diritto dei cittadini di esprimersi attraverso il voto; la conversione del decreto in esame porterebbe al paradosso di un medesimo precedente elettorale, all'interno del quale una fase endoprocedimentale risulterebbe disciplinata da una vecchia normativa ed un'altra fase endoprocedimentale da una nuova disciplina;
se è possibile dubitare se il rinvio che la Regione Lazio fa alla legge statale per tutto quanto non direttamente disciplinato configuri un rinvio recettizio (o fino) o non recettizio (o mobile), si tratta a bene vedere di un dubbio interpretativo che attiene ad una legge regionale, la cui interpretazione autentica può tutt'al più essere effettuata da una nuova legge regionale, non da una legge statale, tantomeno da un decreto-legge,
esprime

PARERE CONTRARIO.

«Ferranti».