CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 17 dicembre 2009
265.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Norme in materia di cittadinanza. C. 103 Angeli ed abb.

PARERE APPROVATO

La Commissione Giustizia,
esaminato il testo unificato in oggetto, rilevato che l'articolo 3 è volto ad introdurre nella legge 5 febbraio 1992, n. 91, l'articolo 9-bis in merito al percorso di cittadinanza, stabilendo quali siano le condizioni necessarie per ottenere la cittadinanza dallo straniero che risieda legalmente e stabilmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica;
osservato che, per quanto attiene alla competenza della Commissione Giustizia, la lettera e) del comma 1 del predetto articolo stabilisce espressamente che l'acquisizione della cittadinanza è subordinata anche «al mantenimento dei requisiti di reddito, alloggio e assenza di carichi pendenti necessari per ottenere il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo»;
ritenuto che la formulazione della lettera a) potrebbe suscitare dubbi interpretativi, in quanto potrebbe far erroneamente ritenere che l'assenza dei carichi penali sia una condizione necessaria per ottenere il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo e che, quindi, la sopravvenienza di carichi penali sia una causa di revoca del permesso stesso;
sottolineata, pertanto, l'opportunità di una riformulazione della richiamata lettera e) nel senso di fugare qualsiasi dubbio interpretativo;
rilevato altresì che la scelta della Commissione di merito di prevedere che l'assenza di carichi penali pendenti costituisca una condizione necessaria per ottenere la concessione della cittadinanza, nonostante che dal rinvio a giudizio dello straniero non si possa in alcun modo desumere la colpevolezza del medesimo in merito ai reati oggetto di tale rinvio;
rilevato inoltre che il testo non limita tale condizione ai reati più gravi, come ad esempio quelli richiamati dall'articolo 9 del testo unico sull'immigrazione, che si riferisce (in riferimento a sentenze di condanna non definitive) ai reati previsti dall'articolo 380 del codice di procedura penale nonché, limitatamente ai delitti non colposi, previsti dall'articolo 381 del medesimo codice;
ritenuto pertanto che tale previsione possa essere considerata in contrasto con principi costituzionali ed in particolare con il principio della presunzione di non colpevolezza in attesa della sentenza definitiva di condanna;
per quanto sopra evidenziato potrebbe essere opportuno, pertanto, sopprimere il riferimento all'assenza dei carichi penali in relazione alla lettera e) del testo in esame;

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esprime, per quanto di competenza,

PARERE FAVOREVOLE

con la seguente osservazione:
all'articolo 3, comma 1, capoverso, comma 1, la Commissione di merito valuti l'opportunità di sostituire la lettera e) con la seguente: «e) all'assenza di carichi pendenti ed al mantenimento dei requisiti di reddito, alloggio e necessari per ottenere il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286».

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ALLEGATO 2

Norme in materia di cittadinanza. C. 103 Angeli ed abb.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DELL'ON. FERRANTI

La II Commissione,
esaminato l'AC 103 e abbinati,
premesso che,
la necessità di rivedere i requisiti stabiliti dalla legge 5 febbraio 1992, n. 91 per l'accesso alla cittadinanza discende dalla consapevolezza che l'attuale normativa non risponde più in modo adeguato alle esigenze della società contemporanea, e che in un mondo sempre più globalizzato è assolutamente necessario individuare un percorso che in tempi certi e secondo parametri equi consenta di riconoscere a coloro che risiedono stabilmente e regolarmente nel nostro paese, o che vi sono nati e vi frequentano i percorsi formativi e scolastici la possibilità, di accedere all'acquisizione della cittadinanza italiana;
il testo base, adottato in I commissione, contiene invece disposizioni che rendono ancora più gravoso per lo straniero regolarmente residente in Italia il percorso che può condurre alla concessione della cittadinanza;
in particolare, il comma 2 dell'articolo 4 della legge n. 91 del 1992, che attualmente consente allo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, di diventare cittadino se dichiara di volerlo fare entro un anno da tale data, viene modificato dall'articolo 1 del provvedimento in esame con l'aggiunta di ulteriori requisiti, quale quello dell'aver frequentato con profitto scuole riconosciute dallo Stato italiano almeno sino all'assolvimento del diritto-dovere all'istruzione e alla formazione, indebolendo così ulteriormente la tenue forma di ius soli già prevista nel nostro ordinamento;
nonostante secondo i più recenti dati Istat, gli stranieri nati in Italia sono oggi 520 mila, appare grave la totale mancanza nel testo di ogni previsione normativa relativa ai minori stranieri, con il conseguente rischio di perdurante emarginazione tra ragazzi nati e cresciuti in Italia, già integrati socialmente nel territorio italiano, che frequentano gli stessi percorsi di studio dei minori di cittadinanza italiana e che una volta divenuti adulti, non potranno partecipare ad un concorso pubblico o avviare attività commerciali perché impossibilitati all'apertura di una semplice partita I.V.A.;
viene altresì resa più difficile la naturalizzazione dello straniero che risieda legalmente per dieci anni in Italia;
il testo base adottato dalla I Commissione, anziché rispondere alle esigenze di ammodernamento del nostro ordinamento a fronte di un numero sempre più ampio di stranieri regolarmente residenti in Italia, e di cosiddetti stranieri di seconda generazione, nati in Italia e frequentanti regolarmente le nostre scuole, riducendo le discriminazioni e le ineguaglianze esistenti, e favorendo una più ampia integrazione, finisce per inasprire, emarginare e rendere ancora più difficile il percorso di accesso alla cittadinanza italiana, con effetti particolarmente gravi sui minori:
esprime

PARERE CONTRARIO.

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ALLEGATO 3

Disposizioni in materia di impedimento a comparire in udienza C. 889 Consolo, C. 2964 Biancofiore, C. 2982 La Loggia, C. 3005 Costa, C. 3013 Vietti, C. 3028 Palomba e C. 3029 Paniz

TESTO UNIFICATO ADOTTATO DALLA COMMISSIONE

Art. 1.

1. In attesa della legge costituzionale recante la disciplina organica delle prerogative del Presidente del Consiglio dei ministri e dei Ministri nonché delle modalità di partecipazione degli stessi ai processi penali e, comunque, non oltre 18 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, salvi i casi previsti dall'articolo 96 della Costituzione, al fine di consentire al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri il sereno svolgimento delle funzioni loro attribuite dalla Costituzione e dalla legge si applicano le disposizioni di cui ai seguenti commi.
2. Per il Presidente del Consiglio dei ministri costituisce legittimo impedimento, ai sensi dell'articolo 420-ter del codice di procedura penale, a comparire nelle udienze dei procedimenti penali, quale imputato o parte offesa, il concomitante esercizio di una o più delle attribuzioni previste dagli articoli 5, 6 e 12 della legge 23 agosto 1988 n. 400 e successive modificazioni, dagli articoli 2, 3 e 4 del decreto legislativo 30 luglio 1999 n. 303, e successive modificazioni, e dal regolamento interno del Consiglio dei ministri, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 novembre 1993, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 268 del 15 novembre 1993, e successive modificazioni, delle attività preparatorie e consequenziali, nonché di ogni attività comunque connessa alle funzioni di governo.
3. Per i Ministri l'esercizio delle attività previste dalle leggi e regolamenti che ne disciplinano le attribuzioni costituisce legittimo impedimento, ai sensi dell'articolo 420-ter del codice di procedura penale, a comparire nelle udienze dei procedimenti penali quali imputati o parti offese.
4. Quando ricorrono le ipotesi di cui ai commi precedenti, il giudice, su richiesta di parte, rinvia il processo ad altra udienza.
5. Ove gli uffici di appartenenza attestino che l'impedimento è continuativo in relazione alle funzioni svolte, il Giudice rinvia ad udienza successiva al periodo indicato. Ciascun rinvio non può essere superiore a sei mesi.
6. Il corso della prescrizione rimane sospeso per l'intera durata del rinvio, secondo quanto previsto dall'articolo 159, primo comma, numero 3), del codice penale, e si applica il terzo comma del medesimo articolo 159 del codice penale.
7. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai processi penali in corso, in ogni fase, stato o grado, alla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 2.

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

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ALLEGATO 4

5-02265 Contento: Sulle dichiarazioni del Procuratore generale Vincenzo Gargano in ordine alle modalità con le quali alcuni pubblici ministeri napoletani amministrano la giustizia.

TESTO DELLA RISPOSTA

In risposta all'onorevole Contento, voglio precisare che l'intervista rilasciata dal Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Napoli dottor Vincenzo Galgano al quotidiano «il Corriere del Mezzogiorno» e le affermazioni nella stessa contenute sono attualmente all'esame delle competenti articolazioni ministeriali.
Ciò, al fine di una corretta valutazione delle dichiarazioni rese alla stampa dal predetto Procuratore Generale e del loro contenuto si rileva, peraltro, al riguardo, che sulle stesse è di recente intervenuto anche il Consiglio Superiore della Magistratura, che ha provveduto a disporre, il 17 novembre ultimo scorso, l'audizione del predetto Consigliere Galgano, il cui verbale risulta, allo stato, segretato.
Posso solo precisare, pertanto, che la valutazione di quanto accaduto è ancora in corso e che, all'esito della stessa il Ministro della giustizia potrà così assumere ogni iniziativa di sua competenza.

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ALLEGATO 5

5-02266 Ferranti e Motta: Sul decesso di Giuseppe Saladino, detenuto presso il carcere di Parma.

TESTO DELLA RISPOSTA

In risposta all'interrogazione dell'onorevole Ferranti faccio presente che il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, immediatamente interpellato in ordine alla dinamica dei fatti che hanno condotto alla morte del detenuto Giuseppe Saladino, avvenuta nel carcere di Parma lo scorso 7 ottobre, ha comunicato le notizie che di seguito si riportano.
Il Saladino ha fatto ingresso nella Casa circondariale il 17 maggio 2009, a seguito del suo arresto per il reato di tentato furto aggravato in concorso, previsto dagli articoli 56, 110, 624, 625, 385 c.p.
Il successivo 6 ottobre, alle ore 13.25, quest'ultimo veniva dimesso dall'istituto penitenziario a seguito della concessione, da parte del giudice monocratico di Parma, della misura cautelare degli arresti domiciliari.
Alle ore 17 dello stesso 6 ottobre gli agenti di P.G. si recavano, quindi, presso l'abitazione della madre del Saladino, luogo di esecuzione della misura degli arresti domiciliari, per effettuare un controllo. Nella circostanza, questi non veniva trovato a casa, ove faceva rientro poco dopo, intorno alle ore 17.20, in compagnia di una donna.
Veniva, di conseguenza, tratto nuovamente in arresto - questa volta per il reato di evasione - e, alle ore 19.50 circa dello stesso 6 ottobre era ricondotto dalla Polizia di Stato presso la Casa circondariale di Parma.
Il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria ha, inoltre, comunicato che dopo la perquisizione di primo ingresso e la relativa immatricolazione il Saladino, alle ore 20.06 era sottoposto a visita medica dal sanitario di turno che così refertava: «Il detenuto è conosciuto da noi. È stato scarcerato alle ore 13 della data odierna e viene nuovamente carcerato e rientra in istituto alle ore 20 della stessa data odierna. Condizione clinica stazionaria, non riferisce sintomatologia, prosegue suo iter diagnostico e terapeutico».
Tuttavia, verso le ore 6.45 del giorno dopo - il 7 ottobre - l'agente del reparto notava il recluso in questione giacere sul letto, supino, apparentemente senza segni di attività respiratoria. Il compagno di cella - svegliato dai richiami del personale - tentava di destare il Saladino senza tuttavia ottenere risposta. A questo punto scattava l'allarme e venivano attivati immediatamente i soccorsi.
Il medico dell'istituto, giunto sul posto, non rilevando alcun segno vitale, né respiratorio né circolatorio, e rigor mortis in via di formazione, dichiarava il decesso del Saladino per cause naturali (probabile arresto cardio-circolatorio) alle ore 7.
Il citato Dipartimento ha segnalato che l'ispezione della salma escludeva segni di traumi recenti evidenziabili, ed in tal senso concludeva anche il sanitario che aveva contestualmente sottoposto a visita medica il compagno di cella del Saladino.
Davano esito negativo anche la perquisizione sul citato detenuto (che ha riferito della serata precedente, trascorsa in tutta tranquillità) e l'ispezione dei luoghi, tanto

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che il P.M. di turno - informato dell'accaduto - dava disposizione che la cella potesse essere riutilizzata. Alla luce della documentazione acquisita dalla Direzione dell'istituto penale di Parma, il Dipartimento non ha ritenuto di disporre la visita ispettiva, come è costume in caso di decesso per cause naturali.
Il Procuratore della Repubblica di Parma, interpellato al riguardo, ha comunicato che è stata disposta consulenza medico legale per accertare le cause della morte di Giuseppe Saladino e che il consulente ha chiesto ed ottenuto una proroga di 30 giorni per il deposito della relazione e dei relativi esami tossicologici. Tale termine scadrà il 10 gennaio prossimo venturo.
Lo stesso Procuratore ha, peraltro, chiarito che «può sin d'ora escludersi che la morte sia conseguenza di traumatismi».
Questi sono gli elementi allo stato emersi a seguito degli accertamenti disposti sia in sede amministrativa che giudiziaria: posso comunque assicurare gli interroganti che il Ministro continuerà a seguire con massima attenzione gli sviluppi della vicenda, riservandosi di intervenire in prosieguo, ove se ne palesasse la necessità.

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ALLEGATO 6

5-02191 Vannucci: Sulla carenza di organico del Tribunale di Pesaro.

TESTO DELLA RISPOSTA

In risposta all'interrogazione dell'onorevole Vannucci si fa presente che l'organico magistratuale togato del Tribunale di Pesaro risulta tabellarmente costituito dal Capo dell'Ufficio, da un Presidente di sezione e da 13 giudici, uno dei quali con funzioni di giudice del lavoro.
Secondo i dati acquisiti dal competente Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria, nell'Ufficio pesarese non risultano esservi scoperture di rilievo, dal momento che l'unica vacanza accertata riguarda uno dei 13 posti di giudice previsti in organico.
Giova, peraltro, evidenziare che la situazione descritta è il risultato di numerosi incrementi di organico che hanno interessato proprio il Tribunale di Pesaro, dovendosi tener conto sia della recente presa di possesso del Presidente di sezione - il quale ha assunto le funzioni semidirettive a decorrere dall'11 dicembre 2009 -, sia dell'altrettanto recente destinazione al predetto Tribunale di tre giudici togati, trasferiti al Tribunale pesarese con deliberazione assunta in data 2 dicembre 2009, in esito alla pubblicazione disposta dal Consiglio Superiore in data 27 luglio 2009, e ancora in forza ai rispettivi Tribunali di provenienza di Foggia, Rimini e Lecco a motivo delle normali tempistiche previste per i trasferimenti.
Per completezza informativa, si segnala, infine, che i trasferimenti di due magistrati del Tribunale di Pesaro, l'uno presso la Corte di Appello di Ancona e l'altro presso la Corte di Appello di Venezia, sono stati inseriti nei Bollettini Ufficiali rispettivamente il 15 novembre 2009 e il 15 dicembre 2009.
In ogni caso, si fa presente che al Dipartimento dell'Organizzazione giudiziaria, sin dall'inizio della legislatura, è stato conferito mandato di predisporre gli studi necessari per un'eventuale rimodulazione delle piante organiche del personale di magistratura e per una revisione di tutte le circoscrizioni giudiziarie.
Le mutate esigenze del Tribunale di Pesaro, ove adeguatamente rappresentate, potranno, quindi, essere comparativamente valutate in tale sede, nell'ambito di un eventuale e futuro progetto di riordino complessivo della geografia giudiziaria del Paese.