CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 25 novembre 2009
251.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

5-02018 Vietti ed altri: Sulla carenza di personale nella casa circondariale di Rebibbia femminile di Roma.

TESTO DELLA RISPOSTA

In risposta all'interrogazione dell'onorevole Ciocchetti, devo precisare che l'insufficienza del personale costituisce una problematica comune alla maggior parte degli istituti penitenziari del Paese, tenuto conto del graduale ma costante aumento del numero dei ristretti, dell'apertura di nuove strutture penitenziarie o della realizzazione di nuovi padiglioni detentivi.
Tale situazione potrebbe acuirsi allorquando si comincerà a dare esecuzione al piano straordinario di edilizia carceraria di cui alla legge n. 14 del 2009. Non va, infatti, trascurata la circostanza che, nel giro di pochi anni, l'Amministrazione - che è stata chiamata ad elaborare un programma di interventi volti ad ampliare gli attuali spazi detentivi sia per fronteggiare un sovraffollamento in continua crescita sia per rinnovare un sistema penitenziario che risente della vetustà delle maggior parte delle strutture esistenti - si troverà a gestire circa 21 mila posti detentivi in aggiunta a quelli attuali.
Pertanto - seppur l'Amministrazione, in vista dell'aumento degli spazi detentivi, sta già lavorando per prevedere diverse ipotesi di razionalizzazione del personale, così come si sta orientando verso un concetto di servizio cosiddetto dinamico per consentire, attraverso una reimpostazione dei processi di lavoro, di «economizzare» in termini di organico - si è ritenuto assolutamente necessario chiedere, nelle opportune sedi, che sia previsto un piano straordinario di assunzioni in modo da consentire all'Amministrazione sia di poter adempiere al meglio ai molteplici compiti istituzionali demandatele, sia di poter assicurare al personale - chiamato a svolgere un'attività estremamente impegnativa, delicata e rischiosa - condizioni lavorative meno stressanti.
La situazione di carenza di organico ha interessato anche l'istituto femminile di Rebibbia, presso il quale sono presenti in servizio, al netto dei distacchi in entrata e in uscita, 143 unità femminili (a fronte di una previsione di 198 unità) e 58 unità maschili (a fronte di una previsione di 36 unità).
In attesa delle auspicate assunzioni di personale di polizia penitenziaria, il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria ha previsto un piano di mobilità da attuare a conclusione dei corsi di formazione per agenti di polizia penitenziaria (159o, 160o e 161o corso).
La prevista movimentazione del personale ha già preso avvio essendo terminato il 159o corso. Ciò ha consentito l'assegnazione presso l'istituto femminile di Rebibbia di 5 unità; la conclusione dei restanti due corsi, che avranno termine nei primi mesi del nuovo armo, consentirà l'assegnazione, presso l'istituto in questione, di ulteriori 3 unità.

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ALLEGATO 2

5-02147 Ferranti: Sulla carenza di personale amministrativo nel Tribunale di Marano, sezione distaccata del Tribunale di Napoli.

TESTO DELLA RISPOSTA

Nel rispondere all'onorevole Ferranti vorrei precisare che il Ministro della Giustizia è a conoscenza delle carenze strutturali e di personale della sezione distaccata di Marano.
Si tratta, purtroppo, di problematiche non isolate, che coinvolgono a livello endemico l'intero «Apparato Giustizia» ed in ordine alle quali l'attenzione di questo Dicastero è stata ed è attualmente somma e continua. Sin dall'inizio della legislatura, è stato dato mandato al Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria di predispone gli studi necessari per un'eventuale rimodulazione delle piante organiche del personale di magistratura e per una revisione delle circoscrizioni giudiziarie, nella ferma convinzione che non si debbano attuare singoli, specifici interventi, ma si debba, piuttosto, realizzare un progetto complessivo di riordino della geografia giudiziaria, capace di garantire una migliore allocazione delle risorse disponibili, sia sotto il profilo umano che economico.
È circostanza nota a tutti, infatti, che l'obiettivo di contenimento della spesa pubblica ha imposto l'adozione di provvedimenti volti a ridurre il personale amministrativo e che tale riduzione è destinata a ripercuotersi su tutti gli uffici giudiziari. Mi riferisco, da ultimo, al decreto ministeriale 5 novembre 2009 (in corso di registrazione), di rideterminazione delle piante organiche degli uffici giudiziari, in attuazione del DPCM 15 dicembre 2008, con il quale è stata prevista una generale riduzione delle risorse disponibili.
In considerazione, però, delle problematicità presenti nel Tribunale di Marano, tale rideterminazione non andrà ad incidere negativamente sull'Ufficio, per il quale non sarà applicata la decurtazione proporzionale e sarà, invece, mantenuta invariata la consistenza numerica complessiva, pur essendo cambiato l'assetto di alcune figure.
La pianta organica dell'Ufficio di Marano, infatti, prevede 11 posti, a fronte di risorse presenti nella misura di 12 unità, in particolare, si evidenzia che è stato ridotto di un posto l'organico di cancelliere C2 e C1, con il contestuale aumento di un posto di ausiliario A1 e l'introduzione di un posto di operatore giudiziario B1.
Attualmente, pertanto, si registra soltanto una vacanza nella posizione economica di operatore giudiziario B1, posto introdotto ex novo con il predetto decreto ministeriale 5 novembre 2009, di rideterminazione delle piante organiche, vacanza che risulta compensata, peraltro, da due unità in soprannumero in altre posizioni.
La mancata decurtazione sull'organico della sezione distaccata di Tribunale di Marano di Napoli, anche alla luce delle determinazioni assunte per gli omologhi Uffici a livello nazionale, può senz'altro essere considerata alla stessa stregua di un aumento di organico e testimonia l'attenzione che l'Amministrazione riserva alle esigenze funzionali di questa struttura.
Per quanto riguarda, invece, le carenze strutturali dell'immobile che attualmente ospita gli Uffici del Tribunale di Marano, è opportuno segnalare che la legge n. 392

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del 1941, pone a carico delle Amministrazioni comunali l'onere di reperire i locali per gli uffici giudiziari.
Già da tempo, questo Ministero ha sollecitato il Comune di Marano (da ultimo con nota del 10 luglio 2009) ad intraprendere le iniziative necessarie a reperire i locali idonei a garantire un normale ed adeguato funzionamento degli Uffici giudiziari, ricorrendo, eventualmente, ad una locazione. Infatti, poiché sono esauriti i fondi presso la Cassa Depositi e Prestiti e non è possibile la concessione di mutui a carico dello Stato in favore del Comune di Marano per la costruzione o la ristrutturazione di edifici da destinare a sede degli Uffici giudiziari, il Comune potrebbe individuare, a livello locale, un edificio idoneo ad accogliere gli Uffici del Tribunale e prenderlo in locazione.
Ove questa fosse la soluzione prescelta, i relativi canoni, anticipati dall'Ente locale, sarebbero inseriti nel rendiconto annuale ai fini del pagamento del contributo statale di cui alla Legge n. 392 del 1941, e potrebbero così essere rimborsati dal Ministero in una percentuale che, negli ultimi anni, si è assestata tra l'80 per cento ed il 90 per cento della spesa sostenuta.

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ALLEGATO 3

5-02148 Molteni: Sulla situazione creditoria dei fornitori di servizi a supporto delle attività di intercettazione.

TESTO DELLA RISPOSTA

In risposta all'onorevole Molteni, voglio in primo luogo chiarire che i dati relativi al debito per spese di intercettazioni e, in via generale, per tutte le spese di giustizia, vengono acquisiti con la chiusura dell'anno finanziario: il dato relativo al 2009 sarà quindi disponibile solo dopo l'inizio del nuovo anno.
Infatti, ogni anno, gli uffici giudiziari, agli inizi del mese di gennaio, provvedono a comunicare l'ammontare delle spese rimaste insoddisfatte nell'anno precedente per carenza di fondi. Al momento, il Ministero della giustizia dispone dell'ammontare della spesa per intercettazioni sostenuta a tutto il secondo quadrimestre dell'anno 2009, pari a circa 1.80 milioni di euro, riferita a tutte le spese di intercettazione, cioè al noleggio degli apparati di intercettazione, al traffico telefonico e all'acquisizione di tabulati. A partire dal 2010 verrà, invece, istituito, per una migliore allocazione della spesa di giustizia, un apposito capitolo (1363) dedicato alle spese di intercettazione (noleggio apparati, traffico telefonico e acquisizione tabulati) il cui stanziamento sarà di circa 180 milioni di euro.
Per quanto riguarda il secondo quesito, relativo ai residui di bilancio per i quali l'interrogante evidenzia una difformità rispetto ai crediti vantati dalle aziende, si osserva quanto segue. L'importo di euro 8.994.203, indicato nell'atto di sindacato ispettivo, fa riferimento alla somma scritta al conto residui del bilancio dello Stato e non al debito formatosi per spese di giustizia, il cui importo accertato nell'anno 2008 è di circa 270 milioni di euro (di cui più di 100 milioni riferibili a spese per intercettazioni). Il suddetto debito, così come accertato in base alle risultanze comunicate dai funzionari delegati, è stato formalmente dichiarato dai Ministero della Giustizia in quanto agli inizi del 2009 si è provveduto a richiedere al Ministero dell'Economia uno stanziamento straordinario per il ripianamento dell'intero debito. L'evidenza dell'importo di euro 8.994.203 risulta, infatti, dal consuntivo del bilancio dello Stato, nella parte in cui sono sintetizzate le risultanze della gestione del cap. 1360 «spese di giustizia». Dette somme, scritte nel conto residui del cap. 1360, corrispondono a somme stanziate e non spese al 31 dicembre 2008. Si tratta, in pratica, dei cosiddetti residui passivi, ossia delle spese impegnate e non pagate al termine dell'esercizio finanziario cui il bilancio si riferisce (sia perché ordinate e non pagate dalle tesorerie entro il 31 dicembre, sia perché non accreditate dall'amministrazione per carenza di cassa, sia perché il pagamento non è stato ordinato dai funzionari delegati entro i termini utili per l'emissione dei titoli di spesa). In ogni caso, si tratta di somme residuate ed impegnate nell'anno 2008 che verranno, comunque, pagate nell'anno in corso.
Per quanto riguarda, infine, il pagamento delle spese dell'anno 2008 ancora insolute e quelle che potrebbero rimanere insoddisfatte, per carenza di fondi, nell'anno corrente, si assicura che il debito formatosi al 31 dicembre 2008, verrà pagato non appena il Ministero dell'economia provvederà a stanziare le somme necessarie.

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Voglio segnalare, al riguardo, che il Ministero della giustizia ha emanato, il 10 giugno ultimo scorso, una circolare con cui sono state impartite, a tutti gli Uffici, precise indicazioni sulle modalità di pagamento del debito iscritto nel capitolo 1360, relativo alle spese di giustizia.
In un periodo successivo, tuttavia, sono pervenute, al Ministero della giustizia, una serie di doglianze rispetto alle quali i competenti uffici ispettivi stanno svolgendo verifiche per appurare se vi siano state, ed in quali termini, violazioni nell'applicazione della predetta circolare.

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ALLEGATO 4

Disposizioni per la tutela e la commercializzazione di prodotti italiani. C. 2624, Reguzzoni ed abb.

PARERE APPROVATO

La Commissione giustizia,
esaminato il nuovo testo della proposta di legge C. 2624, rilevato che l'articolo 3, recante le disposizioni sanzionatorie, presenta profili di incostituzionalità in merito al principio di legalità, che la Corte costituzionale ha esteso anche alle sanzioni amministrative, ed a quello di ragionevolezza;
osservato, in particolare, che:
il comma 1 sanziona tutte le violazioni delle disposizioni contenute nel testo in esame prevedendo la sanzione amministrativa pecuniaria pari al doppio del valore normale di cessione della merce al pubblico ai sensi dell'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e comunque non inferiore ad euro 5.000;
la predetta disposizione appare non essere conforme al principio di legalità in relazione sia alla descrizione della condotta che appare generica, sia all'individuazione della sanzione alla quale si perviene attraverso il rinvio ad un criterio non basato su parametri obiettivi, come quello di cui al richiamato articolo 14;
il comma 2, riferito alle imprese, oltre a contenere una clausola di salvaguardia che presuppone l'ipotesi che l'impresa possa commettere un reato, è strutturato allo stesso modo del già commentato comma 1, per cui per esso valgono gli stessi rilievi espressi per tale comma;
il comma 3 introduce nell'ordinamento un nuovo reato quando invece potrebbero trovare applicazione le disposizioni vigenti in materia di omissione di atti di ufficio;
il comma 4 prevede l'applicazione della pena prevista per il delitto di associazione per delinquere ai casi in cui siano commesse reiteratamente le violazione previste dall'articolo in esame, delle quali due sono di natura amministrativa ed una di natura penale, ovvero ai casi in cui tali violazioni siano commesse attraverso attività organizzate;
la predetta disposizione presenta profili di incostituzionalità, in quanto sono ricomprese in un'unica fattispecie condotte di diversa gravità, considerato che solo in un caso si tratterebbe di fattispecie penali, le quali in alcuni casi possono essere realizzate da un unico soggetto, purché in maniera reiterata, in altri casi, invece devono realizzarsi attraverso una struttura organizzata;
osservato altresì che nell'ordinamento già sono previste delle disposizioni sanzionatorie che hanno per oggetto condotte riconducibili al «made in Italy» - tra le quali si ricordano l'articolo 4, commi 49 e 49-bis, della legge n. 350 del 2003 e, da ultimo, l'articolo 16 del decreto legge n. 135 del 2009 - e che quindi le disposizioni sanzionatorie di cui all'articolo 3 puniscono delle condotte comunque astrattamente sovrapponibili a fattispecie sanzionatorie già previste dall'ordinamento proprio in relazione alla materia del «made in Italy»;

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evidenziato il rischio di creare un apparato sanzionatorio in materia di «made in Italy» disomogeneo in ragione della stratificazione nel tempo di disposizioni che puniscono uno stesso fatto, differenziandosi unicamente per il bene oggetto di etichettatura, senza che ciò determini necessariamente una diversa gravità del fatto stesso;
ritenuto opportuno pertanto sopprimere l'articolo 3 del testo in esame;

esprime

PARERE FAVOREVOLE

con la seguente condizione:
sia soppresso l'articolo 3.