CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 17 settembre 2009
219.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

5-01786 Contento: Sulla scarcerazione di ventidue imputati, presunti boss e narcotrafficanti, a seguito di una disfunzione amministrativa presso gli uffici giudiziari di Bari.

RISPOSTA DEL GOVERNO

Nel presente atto di sindacato ispettivo l'onorevole Contento affronta una tematica che nel recente passato ha suscitato clamori ed apprensioni. Il maxi processo celebrato a Bari e denominato Eclissi, il mancato deposito nei termini della sentenza da parte del GUP competente, e la conseguente scarcerazione di ben 22 condannati per intervenuta decorrenza dei termini cautelari, si qualificano indiscutibilmente come eventi di forte allarme sociale, non solo per l'opinione pubblica, ma anche e soprattutto, per i Poteri dello Stato.
È per questa ragione che non credo di sbagliare interpretando la preoccupata attenzione manifestata dall'onorevole interrogante, come sprone ad un fattivo intervento del Ministro Guardasigilli, intervento che, con riguardo alla vicenda in esame, c'è già stato ed è stato quanto mai tempestivo.
Tengo a sottolineare, infatti, che contestualmente alla divulgazione della notizia da parte degli organi di stampa, si è provveduto ad investire le competenti Articolazioni ministeriali per acquisire, con lo strumento degli accertamenti preliminari, i dati e le informazioni utili.
In tempi brevissimi si è dato corso all'istruttoria e, in data 10 giugno 2009, il Ministro della giustizia ha ritenuto di dovere esercitare l'azione disciplinare nei confronti del GIP del tribunale di Bari che, con il proprio comportamento negligentemente inescusabile, ha causato la scarcerazione di pericolosi criminali.
Il procedimento disciplinare, che è stato aperto nei confronti della predetta Autorità giudicante, è pendente ed è in fase di istruzione sommaria davanti al Procuratore Generale della Cassazione, per le determinazioni che sono di sua competenza.
Detto ciò, mi preme segnalare all'attenzione degli astanti che il laborioso impegno ministeriale non si è ancora esaurito: sono in atto, infatti, ulteriori accertamenti ed approfondimenti, all'esito dei quali, in presenza di disfunzioni e responsabilità eventualmente concorrenti a quelle del GIP già incolpato, si provvederà ad azionare tutti gli strumenti necessari per sanzionarne l'esistenza ed inibirne, in prosieguo, la permanenza.

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ALLEGATO 2

5-01785 Palomba: Sulla carenza di personale direttivo negli istituti penitenziari della Sardegna.

RISPOSTA DEL GOVERNO

In risposta all'interrogazione dell'onorevole Palomba, ritengo di dover effettuare, preliminarmente, una precisazione.
La legge 27 luglio 2005, n. 154 - cosiddetta Legge Meduri - ha previsto, all'articolo 1, l'inserimento nella nuova carriera dirigenziale penitenziaria del solo personale direttivo e dirigenziale dell'Amministrazione penitenziaria che al momento dell'entrata in vigore della normativa in questione apparteneva agli ex profili professionali di direttore penitenziario, di direttore di ospedale psichiatrico giudiziario e di direttore di servizio sociale, nonché del personale del ruolo amministrativo ad esaurimento della medesima amministrazione penitenziaria.
Dal combinato disposto dell'articolo 1 e dell'articolo 4 della legge si evince che per «personale del ruolo amministrativo ad esaurimento» si intendono gli ispettori generali, ossia quei funzionari inquadrati secondo il previgente ordinamento del Testo Unico del 1957, provenienti dall'ex carriera direttiva nella quale erano inquadrati esclusivamente i direttori di istituto penitenziario.
Ciò posto, il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria ha precisato che si incorre in un equivoco se si ritiene che i Dirigenti di Area 1, per il solo fatto di provenire dal ruolo amministrativo, entrano a far parte, a pieno titolo, della dirigenza penitenziaria di cui alla legge Meduri.
Infatti, i dirigenti di Area 1, lungi dal far parte di un ruolo ad esaurimento presupposto richiesto dalla legge allorquando si riferisce al personale del ruolo amministrativo - sono inquadrati nel ruolo dei dirigenti del Ministero della giustizia (istituito con decreto interministeriale del 5 febbraio 2008) e, segnatamente, nella sezione dei dirigenti dell'Amministrazione Penitenziaria. Tali dirigenti possono ricoprire i posti di funzione nell'ambito degli Uffici centrali e periferici quali individuati con decreto ministeriale 27 settembre 2007, per un organico complessivo di 48 unità. Tra i posti di funzione loro riservati sono escluse le direzioni di istituto penitenziario e di ufficio di esecuzione penale esterna normativamente attribuite alla dirigenza penitenziaria.
Inoltre, la misura della copertura di spesa (articolo 29 del decreto legislativo n. 63 del 2006 ed articolo 5 della legge 154) ed il numero dei dirigenti penitenziari previsto nei ruoli della tabella A allegata al decreto legislativo n. 63 del 2006, confermano che la normativa sulla dirigenza penitenziaria non contempla l'introduzione di personale dirigenziale di altre carriere dell'amministrazione.
Ciò premesso, per quanto riguarda la questione relativa agli istituti penitenziari della regione Sardegna allo stato privi di un Dirigente titolare, si rappresenta che il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, preso atto dei posti di funzione dirigenziale rimasti vacanti a seguito delle procedure di mobilità a domanda, sta elaborando un piano di mobilità di ufficio sulla base di criteri che dovranno necessariamente essere partecipati alle organizzazioni sindacali di categoria.
Nelle more di tale procedura, che richiede tempi non brevi, l'Amministrazione ha proceduto, nel caso di alcuni istituti connotati da particolari criticità, come per l'appunto Sassari e Mamone, alla copertura temporanea delle relative sedi attraverso provvedimenti di missione continuativa di tre mesi nei confronti dei

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dirigenti risultati in esubero in sede viciniore o che hanno dato la loro disponibilità provvisoria.
Non sarebbe stato infatti possibile preporre Dirigenti di Area 1 alla direzione di istituti penitenziari privi di titolare in quanto la normativa vigente non consente, attraverso l'emanazione di un semplice provvedimento interno, di poter trasformare il rapporto di impiego di un dirigente di Area 1, disciplinato dal contratto collettivo nazionale del lavoro, in un rapporto di diritto pubblico, inserendo la qualifica di dirigente amministrativo nella nuova carriera dirigenziale penitenziaria come disegnata dalla cosiddetta legge Meduri.
Non avrebbe, infatti, alcun valore giuridico un eventuale provvedimento dell'Amministrazione tendente a modificare la legge istitutiva della dirigenza penitenziaria finalizzata, tra l'altro, a garantire l'alto profilo qualitativo del personale della carriera dirigenziale penitenziaria, escludendo immissioni dall'esterno di soggetti privi di esperienza specifica nel settore.

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ALLEGATO 3

5-01783 Ferranti e Melis: Sul decesso del cittadino tunisino Sami Mbarca Ben Gargi, detenuto presso la casa circondariale di Pavia.

RISPOSTA DEL GOVERNO

Il detenuto tunisino Mbarca Sami Ben Gargi, sul cui decesso gli onorevoli interroganti sollecitano chiarezza e risposte, era ristretto presso la Casa Circondariale di Pavia sin dal 23 giugno 2008, per espiare una condanna definitiva comminatagli per il reato di associazione a delinquere, finalizzata al traffico ed allo spaccio di sostanze stupefacenti.
Il fine pena, inizialmente fissato al 26 dicembre 2009 - quale data per la futura scarcerazione - è stato rideterminato e spostato al 16 gennaio 2018 in conseguenza della condanna ad anni otto, mesi sei di reclusione, a lui inflitta per la commissione degli ulteriori reati di violenza sessuale, sequestro di persona e violenza privata; per tale condanna il detenuto Samir, in data 16 luglio 2009, è stato raggiunto da altra ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dalla Corte di Appello di Milano, su conforme richiesta della Procura Generale di Milano.
Ciò posto, prima di comunicare alcuni aspetti della vicenda acquisiti dal competente Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, ritengo doveroso precisare che la morte di Mbarca Sami Ben Gargi è avvenuta presso il Reparto Chirurgia Generale Toracica del Policlinico San Matteo di Pavia alle ore 3,45 del 5 settembre scorso e che, in conseguenza della stessa, la Procura della Repubblica di Pavia ha iscritto, nei confronti di ignoti, un procedimento penale per omicidio colposo ai danni del predetto detenuto.
Le indagini, attualmente in corso, sono tese a verificare le cause ed i mezzi produttivi della morte. La competente Autorità giudiziaria ha riferito, infatti, che è stata disposta l'autopsia della salma del deceduto e che l'incarico è stato conferito a un collegio di consulenti tecnici, esperti in medicina legale, in farmacologia e nutrizione.
Quanto agli ulteriori dati riferiti dall'Amministrazione Penitenziaria, segnalo che lo sciopero della fame e della sete del detenuto è iniziato per «motivi di giustizia» in data 17 luglio 2009, in conseguenza dell'ordinanza custodiale a lui applicata in relazione alla condanna subita per i reati di violenza sessuale, sequestro di persona e violenza privata.
I controlli medici, effettuati sul detenuto a far data dalla notifica della nuova misura cautelare, appaiono regolari e ripetuti. Ne danno attestazione sia il ricovero presso la sezione infermeria dell'istituto penitenziario - ricovero disposto in data 21 agosto su segnalazione del sanitario per assicurare al Mbarca un monitoraggio maggiormente accurato del relativo quadro clinico - sia le relazioni medico-sanitarie, stilate in data 25 e 31 agosto dal sanitario dell'istituto carcerario e trasmesse con le relative certificazioni alle Autorità competenti, dopo il vaglio del Direttore del carcere ed il colloquio del 31 agosto 2009, intercorso tra questi ed il detenuto.
Segnalo, inoltre, che il detenuto è stato inviato d'urgenza presso l'ospedale cittadino in data 1o settembre e da qui di smesso, in pari data, per mancanza «allo

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stato attuale di elementi psicopatologici di rilievo o di estremi per un Trattamento Sanitario Obbligatorio».
Preciso, poi, che in data 2 settembre 2009 il Magistrato di Sorveglianza di Pavia ha decretato il ricovero esterno del detenuto a norma dell'articolo 11 dell'Ordinamento penitenziario e che la Direzione dell'istituto ha dato immediata esecuzione al provvedimento emesso.
Comunico, infine, che il 5 settembre 2009, giorno dell'avvenuto decesso, è stata disposta, come di consueto, anche un'indagine amministrativa.
L'incarico è stato conferito al Provveditore regionale per la Lombardia, il quale sin dal 9 settembre 2009, ha dato inizio agli accertamenti per appurare cause, circostanze e modalità dell'accaduto.
Concludo osservando che, allo stato, in attesa degli esiti dei controlli demandati alle Autorità competenti, nei rispettivi ambiti, appare del tutto ultronea qualsivoglia attività di iniziativa ministeriale.

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ALLEGATO 4

5-01784 Vietti ed altri: Problematiche relative al sovraffollamento ed all'elevato numero dei casi di morte per suicidio nelle carceri.

RISPOSTA DEL GOVERNO

L'interrogazione a cui mi accingo a rispondere ripropone alla nostra attenzione le medesime problematiche già evidenziate dagli onorevoli Rao e Vietti nell'interrogazione a risposta immediata n. 5-01710, a cui è stata data analiticamente risposta il 30 luglio scorso, ultimo giorno di attività di questa Commissione prima della sospensione estiva.
Nel richiamare, pertanto, la risposta già resa, mi limiterò in questa occasione a ribadire che il Ministro della giustizia si è occupato delle problematiche relative al sovraffollamento degli istituti penitenziari, all'idoneità delle strutture ed alla sufficienza degli spazi detentivi, sin dal suo insediamento ed infatti, al fine di conferire la dovuta tempestività agli interventi del settore è intervenuta, di recente, la legge n. 14 del 2009 riguardante il cosiddetto «piano carceri».
Ricordo, inoltre, per ciò che concerne l'edilizia, che è stato predisposto un programma che consentirà di poter fare affidamento - nel breve, medio e lungo termine (intendendo per tale il 2012) - su nuovi spazi detentivi, pari a circa 18 mila posti letto, sì da garantire una migliore condizione di vita dei ristretti. In proposito, nel riportarmi integralmente ai dati già forniti in occasione della precedente risposta, posso in via ulteriore precisare che presso l'istituto di Velletri, entro la fine del mese, sarà disponibile un nuovo padiglione detentivo di 200 posti, per un costo, già finanziato, di 8.600.000 euro; entro la fine del mese di novembre di quest'anno presso la casa circondariale di Ancona Barcaglione saranno ultimati i lavori di adeguamento al decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 già finanziati per un importo di 1.200.000 euro che consentiranno un incremento di 25 posti detentivi; presso l'istituto di Cuneo, entro la fine del corrente anno, sarà ultimato un nuovo padiglione detentivo di 200 posti, per un costo, già finanziato, di 8.700.000 euro; ancora, entro la fine del 2009 saranno ultimati i lavori relativi ad un padiglione di 150 posti dell'istituto di Avellino, per un costo, già finanziato, di 7.600.000 euro e saranno agibili 157 posti presso la casa circondariale N.C. di Civitavecchia in conseguenza dell'avvenuta ristrutturazione di tre sezioni detentive.
Il nuovo istituto di Trento già finanziato attraverso lo strumento della permuta sarà ultimato entro i primi mesi del nuovo anno ed avrà una capienza complessiva di 220 posti (121 in più rispetto all'attuale disponibilità). Infine, entro i primi mesi del 2010 funzionerà a pieno regime il nuovo istituto di Rieti, già ultimato, che ospiterà 270 detenuti circa.
Nel contempo, proprio in vista dell'aumento degli spazi detentivi, il Dicastero ha ritenuto necessario chiedere, nelle opportune sedi, un piano straordinario di assunzioni in modo da consentire all'Amministrazione di poter assicurare al personale, chiamato a svolgere un'attività estremamente impegnativa, delicata e rischiosa, condizioni lavorative meno stressanti. Con specifico riferimento agli educatori, posso poi segnalare che alla fine dello scorso mese di maggio vi è stata una prima «tranche» di assunzioni con l'immissione in servizio di 86 vincitori del concorso a 397 posti e che, inoltre, si sta procedendo alla ridistribuzione di altre 73 unità di

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personale tramite lo strumento della mobilità volontaria verso le sedi individuate secondo il criterio della maggiore necessità.
Quanto agli esperti psicologi previsti dall'articolo 80 dell'ordinamento penitenziario posso rassicurare gli interroganti che l'Amministrazione ha assunto le iniziative necessarie nei confronti del Ministero dell'economia e delle finanze per ottenere risorse aggiuntive, in termini di competenza e di cassa, al fine di garantire una migliore assistenza psicologica all'interno degli istituti.
Relativamente, poi, al fenomeno dei suicidi vorrei evidenziare che in linea con le direttive già emanate nel corso degli anni, sono state fornite precise indicazioni alle direzioni degli istituti per una costante sensibilizzazione del personale tutto - sia di polizia penitenziaria che del comparto ministeri - chiamato a porre la massima attenzione nei confronti di quei soggetti che manifestano segni di disagio personale o di fragilità psichica non solo nel momento significativo dell'ingresso in istituto, ma anche nel corso stesso della detenzione. In considerazione di tale esigenza, per attivare rapidamente tutti i necessari interventi, è stata sentita la necessità di estendere l'operatività dello staff di accoglienza multidisciplinare anche alla valutazione dei rischi di comportamenti suicidari o autolesivi.
L'impegno profuso su tale versante dall'Amministrazione e dagli operatori ha prodotto, nell'anno passato, risultati apprezzabili considerato che vi è stata una riduzione del numero dei suicidi, passati da 45 nel 2007 - anno in cui l'Amministrazione ha beneficiato degli effetti dell'indulto - a 42 nel 2008 e, a alla data odierna, e quindi a poco più di tre mesi dalla fine dell'anno, a 37.
Il dato - che di per sé potrebbe apparire non così rilevante - merita di essere apprezzato se posto in relazione all'aumento della popolazione detenuta verificatosi nel corso di tutto il 2008 e nella prima metà del 2009.

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ALLEGATO 5

NORME PER L'ADEGUAMENTO ALLE DISPOSIZIONI DELLO STATUTO ISTITUTIVO DELLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE. C. 1439 Melchiorre, C. 1782 Di Pietro, C. 2445 Bernardini e C. 1695 Gozi.

PROPOSTA DI TESTO UNIFICATO DEL RELATORE

Titolo I
COOPERAZIONE CON LA CORTE PENALE INTERNAZIONALE

Capo I
DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1.
(Obbligo di cooperazione).

1. Lo Stato italiano coopera con la Corte penale internazionale conformemente alle disposizioni dello statuto della medesima Corte, reso esecutivo dalla legge 12 luglio 1999, n. 232, di seguito denominato «statuto», e della presente legge, nel rispetto dei princìpi fondamentali dell'ordinamento giuridico italiano.

Art. 2.
(Attribuzioni del Ministro della giustizia).

1. Il Ministro della giustizia cura i rapporti di cooperazione con la Corte penale internazionale previa intesa, ove occorra, con i Ministri interessati, nell'ambito delle rispettive attribuzioni. Riceve le richieste provenienti dalla Corte, vi dà seguito e presenta ad essa atti e richieste.
2. Nel caso di concorso di più domande di cooperazione provenienti dalla Corte penale internazionale da uno o più Stati esteri, il Ministro della giustizia ne stabilisce l'ordine di precedenza, in applicazione delle disposizioni contenute negli articoli 90 e 93, paragrafo 3, dello statuto.
3. Il Ministro della giustizia, nel dare seguito alle richieste di cooperazione, assicura che sia rispettato il carattere riservato delle medesime e che l'esecuzione avvenga nei tempi e con le modalità dovuti.

Art. 3.
(Norme applicabili).

1. In materia di consegna, di cooperazione e di esecuzione di pene si osservano, se non diversamente disposto dalla presente legge e dallo statuto, le norme contenute nel libro undicesimo, titoli II, III e IV, del codice di procedura penale.
2. Per il compimento degli atti di cooperazione richiesti si applicano le norme del codice di procedura penale, fatta salva l'osservanza delle forme espressamente richieste dalla Corte penale internazionale che non siano contrarie ai princìpi fondamentali dell'ordinamento giuridico italiano.

Art. 4.
(Modalità di esecuzione della cooperazione giudiziaria).

1. Il Ministro della giustizia dà corso alle richieste formulate dalla Corte penale

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internazionale, trasmettendole per l'esecuzione al procuratore generale presso la Corte d'appello di Roma, salvo quanto previsto dal comma 7.
2. Qualora la richiesta abbia per oggetto un'attività di indagine o di acquisizione di prove, il procuratore generale presso la corte d'appello di Roma chiede alla medesima corte di dare esecuzione alla richiesta.
3. La corte d'appello di Roma, ove ne ricorrano le condizioni, dà esecuzione alla richiesta con decreto con il quale delega un proprio componente ovvero il giudice per le indagini preliminari del luogo in cui gli atti devono essere compiuti.
4. Se la Corte penale internazionale ne ha fatto domanda, l'autorità giudiziaria comunica la data e il luogo di esecuzione degli atti richiesti. I giudici e il Procuratore della Corte penale internazionale sono ammessi a presenziare all'esecuzione degli atti e possono proporre domande e suggerire modalità esecutive.
5. Le citazioni e le altre notificazioni richieste dalla Corte penale internazionale sono trasmesse al procuratore della Repubblica presso il tribunale del luogo in cui devono essere eseguite, il quale provvede senza ritardo.
6. Se la Corte penale internazionale ne fa richiesta, è disposto l'accompagnamento coattivo davanti ad essa del testimone, del perito o del consulente tecnico, i quali, sebbene citati, non sono comparsi. Le spese di accompagnamento sono poste a carico dello Stato.
7. Nei casi indicati dall'articolo 99, paragrafo 4, dello statuto, il procuratore generale presso la corte d'appello di Roma assiste il Procuratore della Corte penale internazionale nello svolgimento dell'attività da eseguire nel territorio dello Stato.

Art. 5.
(Trasmissione di atti e documenti).

1. Senza il consenso dello Stato da cui provengono non possono essere trasmessi alla Corte penale internazionale atti o documenti riservati che sono stati acquisiti all'estero. Resta salva l'applicazione dell'articolo 73 dello statuto.
2. Qualora il Ministro della giustizia, previa intesa con i Ministeri interessati, abbia motivo di ritenere che la consegna di determinati atti o documenti possa compromettere la sicurezza nazionale, la trasmissione è sospesa. In tale caso si procede alle consultazioni stabilite dall'articolo 72 dello statuto.
3. Fermo restando quanto disposto dal comma 2, l'autorità giudiziaria, al fine di dare esecuzione alle richieste della Corte penale internazionale, trasmette al Ministro della giustizia, anche in deroga al divieto stabilito dall'articolo 329 del codice di procedura penale, copie di atti di procedimenti penali e informazioni scritte sul loro contenuto.
4. I documenti inviati a sostegno della richiesta di cooperazione non possono essere utilizzati nell'ambito di altri procedimenti senza il consenso della Corte penale internazionale.

Art. 6.
(Immunità temporanea nel territorio dello Stato).

1. Nel caso in cui, in esecuzione della richiesta di cooperazione della Corte penale internazionale, è prevista per il compimento di un atto la presenza nel territorio dello Stato di un testimone o di un imputato che si trova all'estero, lo stesso non può essere sottoposto a restrizione della libertà personale in esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza né assoggettato ad altre misure restrittive della libertà personale per fatti anteriori all'ingresso nel territorio dello Stato.
2. L'immunità prevista dal comma 1 cessa qualora la persona in questione, avendone avuto la possibilità, non abbia lasciato il territorio dello Stato italiano decorsi quindici giorni dal momento in cui la sua presenza non è più richiesta dall'autorità giudiziaria italiana ovvero, avendolo lasciato, vi ha fatto volontariamente ritorno.

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Art. 7.
(Patrocinio a spese dello Stato).

1. Le disposizioni sul patrocinio a spese dello Stato si applicano anche alle procedure di esecuzione di richiesta della Corte penale internazionale da adempiere sul territorio dello Stato, in favore della persona nei cui confronti la Corte procede.

Art. 8.
(Richieste alla Corte penale internazionale).

1. Quando l'autorità giudiziaria deve formulare alla Corte penale internazionale le richieste previste nell'articolo 93, paragrafo 10, dello statuto, le invia al procuratore generale presso la corte d'appello di Roma, che le trasmette al Ministro della giustizia per l'inoltro alla Corte penale internazionale. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del capo II del titolo III del libro undicesimo del codice di procedura penale.
2. Nel caso previsto dall'articolo 727, comma 4, del codice di procedura penale, il procuratore generale presso la corte d'appello di Roma trasmette direttamente la richiesta alla Corte penale internazionale, informandone il Ministro della giustizia.

Art. 9.
(Partecipazione del procuratore generale presso la corte d'appello di Roma e del procuratore generale militare presso la corte militare d'appello alle consultazioni con la Corte penale internazionale).

1. Il procuratore generale presso la corte d'appello di Roma e il procuratore generale militare presso la corte militare d'appello assistono, se richiesti, alle consultazioni con la Corte penale internazionale previste dallo statuto.

Capo II
CONSEGNA

Art. 10.
(Applicazione della misura cautelare ai fini della consegna).

1. Quando la richiesta della Corte penale internazionale ha per oggetto la consegna di una persona nei confronti della quale è stato emesso un mandato di arresto ai sensi dell'articolo 58 dello statuto ovvero una sentenza di condanna a pena detentiva, il procuratore generale presso la corte d'appello di Roma, ricevuti gli atti, chiede alla corte d'appello l'applicazione della misura della custodia cautelare nei confronti della persona della quale è richiesta la consegna.
2. La corte d'appello di Roma provvede con ordinanza, contro cui è ammesso ricorso per cassazione.
3. La Corte penale internazionale è informata di ogni richiesta formulata dalla persona nei cui confronti è stata eseguita la misura, ai sensi dell'articolo 59, paragrafo 4, dello statuto.
4. Il presidente della corte d'appello di Roma, al più presto e comunque entro cinque giorni dall'esecuzione della misura, provvede all'identificazione della persona e ne raccoglie l'eventuale consenso alla consegna, facendone menzione nel verbale. Il verbale che documenta il consenso è trasmesso al procuratore generale presso la medesima corte per l'ulteriore inoltro al Ministro della giustizia. Si applica l'articolo 717, comma 2, del codice di procedura penale.

Art. 11.
(Revoca della misura cautelare ai fini della consegna).

1. La misura cautelare è sempre revocata:
a) se dall'inizio della sua esecuzione sono decorsi i termini di cui all'articolo

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714, comma 4, del codice di procedura penale senza che la corte d'appello di Roma si sia pronunciata sulla richiesta di consegna;
b) se la corte d'appello di Roma abbia pronunciato sentenza contraria alla consegna;
c) se è decorso il termine indicato nell'articolo 12, comma 7, senza che il Ministro della giustizia abbia emesso il decreto con cui è disposta la consegna;
d) se sono decorsi quindici giorni dalla data fissata per la presa in consegna da parte della Corte penale internazionale, senza che questa sia avvenuta. Il termine per la consegna può essere prorogato su richiesta della medesima Corte, nei limiti temporali indicati nella lettera a).

Art. 12.
(Procedura per la consegna).

1. Il procuratore generale presso la corte d'appello di Roma presenta senza ritardo le sue conclusioni in ordine alla consegna. La requisitoria è depositata nella cancelleria della stessa corte d'appello unitamente agli atti. Dell'avvenuto deposito è data comunicazione alle parti con l'avviso della data dell'udienza.
2. La corte d'appello di Roma decide con le forme dell'articolo 127 del codice di procedura penale, se del caso previa acquisizione delle informazioni e della documentazione di cui all'articolo 91, paragrafo 2, lettera c), dello statuto.
3. La corte d'appello di Roma pronuncia sentenza con la quale dichiara che non sussistono le condizioni per la consegna solo se ricorre una delle seguenti ipotesi:
a) non è stato emesso dalla Corte penale internazionale un provvedimento restrittivo della libertà personale o una sentenza definitiva di condanna;
b) non vi è identità fisica tra la persona richiesta e quella oggetto della procedura di consegna;
c) il fatto in relazione al quale la consegna è richiesta non è compreso nella giurisdizione della Corte penale internazionale;
d) per lo stesso fatto e nei confronti della stessa persona è stata pronunciata nello Stato italiano sentenza irrevocabile, fatto salvo quanto stabilito nell'articolo 89, paragrafo 2, dello statuto.

4. Qualora sia eccepito il difetto di giurisdizione della Corte penale internazionale, la corte d'appello di Roma, ove l'eccezione non sia manifestamente infondata, sospende il procedimento fino alla decisione della Corte penale internazionale e trasmette gli atti al Ministro della giustizia per l'ulteriore inoltro alla stessa. Il difetto di giurisdizione non può essere eccepito né ritenuto quando si tratta di sentenza definitiva di condanna.
5. Il ricorso per cassazione può essere proposto anche per il merito. Esso ha effetto sospensivo.
6. La Corte penale internazionale può presenziare all'udienza con un proprio rappresentante.
7. Il Ministro della giustizia provvede con decreto sulla richiesta di consegna entro quarantacinque giorni dalla ricezione del verbale che dà atto del consenso della persona la cui consegna è richiesta, ovvero dalla notizia della scadenza del termine per l'impugnazione stabilito ai sensi del comma 5, o dal deposito della sentenza della Corte di cassazione e prende accordi con la Corte penale internazionale circa il tempo, il luogo e le modalità della consegna. Si applica l'articolo 709, comma 1, del codice di procedura penale.

Art. 13.
(Applicazione provvisoria della misura cautelare).

1. Se la Corte penale internazionale ne fa domanda ai sensi degli articoli 59, paragrafo 1, e 92 dello statuto, l'applicazione della misura della custodia cautelare

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può essere disposta provvisoriamente anche prima che la richiesta di consegna sia pervenuta se:
a) la Corte penale internazionale ha dichiarato che nei confronti della persona è stato emesso un provvedimento restrittivo della libertà personale e che intende presentare richiesta di consegna;
b) la Corte penale internazionale ha fornito la descrizione dei fatti, la specificazione del reato e gli elementi sufficienti per l'esatta identificazione della persona.

2. Ai fini dell'applicazione provvisoria della misura della custodia cautelare si osservano le disposizioni dell'articolo 10.
3. Il Ministro della giustizia comunica immediatamente alla Corte penale internazionale l'avvenuta esecuzione della misura cautelare. Essa è revocata se entro sessanta giorni dalla comunicazione non perviene la richiesta di consegna da parte della Corte penale internazionale con i documenti indicati dall'articolo 92 dello statuto.

Capo III
ESECUZIONE DEI PROVVEDIMENTI DELLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE

Art. 14.
(Giudice competente).

1. La corte d'appello di Roma è il giudice competente ai sensi dell'articolo 665, comma 1, del codice di procedura penale.

Art. 15.
(Esecuzione delle pene detentive nel territorio dello Stato italiano).

1. Le sentenze irrevocabili di condanna ad una pena detentiva pronunciate dalla Corte penale internazionale sono eseguibili nel territorio dello Stato italiano in conformità a quanto stabilito nello statuto.
2. Se la Corte penale internazionale indica lo Stato italiano come luogo di espiazione della pena, il Ministro della giustizia comunica alla medesima Corte senza ritardo se la designazione è stata accettata.
3. Il Ministro della giustizia trasmette per l'esecuzione al procuratore generale presso la corte d'appello di Roma la documentazione di cui alla regola 204 delle Regole di procedura e prova della Corte penale internazionale unitamente alla traduzione in lingua italiana.

Art. 16.
(Regime penitenziario).

1. L'esecuzione della pena inflitta dalla Corte penale internazionale è regolata dalle disposizioni della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e della presente legge, in conformità allo statuto e alle Regole di procedura e prova della stessa Corte.
2. Il Ministro della giustizia, previa consultazione con la Corte penale internazionale, può disporre l'applicazione del regime di cui all'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, ai detenuti per i delitti previsti dalla presente legge.
3. L'esame dei detenuti nei cui confronti è stata disposta l'applicazione del regime di cui al comma 2 del presente articolo può avvenire nei luoghi e secondo le modalità previsti dagli articoli 145-bis e 146-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271.

Art. 17.
(Controllo sull'esecuzione della pena).

1. Il Ministro della giustizia concorda con la Corte penale internazionale le modalità di esercizio del potere di controllo

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sull'esecuzione della pena attribuito dallo statuto alla stessa Corte.
2. Con le modalità concordate ai sensi del comma 1 sono definite le forme e le modalità per assicurare la libertà e la riservatezza delle comunicazioni tra il condannato e la Corte penale internazionale.
3. Il Ministro della giustizia trasmette immediatamente alla Corte penale internazionale le domande di misure alternative alla detenzione, di sospensione o differimento dell'esecuzione della pena, di liberazione anticipata, di ammissione al lavoro esterno, di permessi, ovvero di ogni altro provvedimento incidente sulla libertà personale del condannato, unitamente a tutta la documentazione pertinente.
4. Se la Corte penale internazionale ritiene che il condannato non possa beneficiare del provvedimento richiesto, il Ministro della giustizia può chiedere alla stessa Corte il trasferimento del condannato in altro Stato.

Art. 18.
(Informazioni alla Corte penale internazionale).

1. Quando il condannato è deceduto o evaso, il Ministro della giustizia ne informa immediatamente la Corte penale internazionale.
2. Il Ministro della giustizia informa altresì la Corte penale internazionale due mesi prima della data di scarcerazione del condannato per espiazione di pena.
3. I procedimenti penali e ogni altra circostanza rilevante che concerne il condannato sono tempestivamente comunicati alla Corte penale internazionale.

Art. 19.
(Luogo di detenzione).

1. Per i delitti previsti dalla presente legge, la detenzione sia per fini cautelari che in espiazione della pena può avere luogo in una sezione speciale di un istituto penitenziario, ovvero in un carcere militare, conformemente alle disposizioni vigenti in materia.

Art. 20.
(Esecuzione di pene pecuniarie).

1. Le sentenze irrevocabili di condanna a una delle sanzioni previste nell'articolo 77, paragrafo 2, dello statuto sono eseguibili nel territorio dello Stato italiano in conformità di quanto in esse stabilito.
2. La corte d'appello di Roma, su richiesta del procuratore generale presso la medesima corte, provvede all'esecuzione della confisca dei profitti, beni o averi disposta dalla Corte penale internazionale.
3. Quando non è possibile eseguire la misura di cui al comma 2, la corte d'appello di Roma dispone la confisca per equivalente di somme di denaro, beni o altre utilità, di cui il condannato abbia la disponibilità anche per interposta persona fisica o giuridica.
4. Sono fatti salvi i diritti dei terzi in buona fede. Si applicano le disposizioni dell'articolo 676 del codice di procedura penale.
5. Le somme, i beni e le utilità confiscate sono messe a disposizione della Corte penale internazionale dal Ministro della giustizia. Esse pertanto affluiscono ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato, alla voce «Ministero della giustizia», per essere riassegnate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero della giustizia.
6. Gli ordini di riparazione sono eseguiti secondo le forme e i contenuti stabiliti dalla Corte penale internazionale.

Art. 21.
(Consultazioni con la Corte penale internazionale per l'esecuzione di pene pecuniarie e di misure patrimoniali).

1. Se, a seguito di richiesta di sequestro o di confisca di beni da parte della Corte

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penale internazionale, insorgono difficoltà nell'esecuzione, il procuratore generale presso la corte d'appello di Roma ne informa preventivamente il Ministro della giustizia per l'avvio delle procedure di consultazione anche ai fini della conservazione dei mezzi di prova.

Art. 22.
(Disposizione in materia di giurisdizione).

1. Ai fini di cui alla presente legge si applicano le disposizioni vigenti in materia di riparto tra la giurisdizione ordinaria e la giurisdizione penale militare.
2. Per i fatti rientranti nella giurisdizione penale militare, le funzioni degli uffici giudiziari previste dalla presente legge sono esercitate dai corrispondenti uffici giudiziari militari.
3. Limitatamente ai fatti di cui al comma 2, le funzioni previste dalla presente legge in capo al Ministro della giustizia sono esercitate d'intesa con il Ministro della difesa. Resta salva la competenza esclusiva del Ministero della difesa per quanto attiene all'ordinamento penitenziario militare.

Titolo II
DISPOSIZIONI PENALI

Capo I
GENOCIDIO

Art. 23.
(Genocidio mediante lesioni o uccisioni).

1. Chiunque, al fine di distruggere in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso come tale, commette atti diretti a cagionare lesioni personali gravi a persone appartenenti al gruppo è punito con la reclusione da dieci a diciotto anni. Sono equiparati alle lesioni gravi gli atti costituenti tortura, stupro, violenza sessuale o altri trattamenti inumani o degradanti.
2. Chiunque, al fine di distruggere in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso come tale, commette atti diretti a cagionare la morte o lesioni personali gravissime a persone appartenenti al gruppo è punito con la reclusione da ventiquattro a trenta anni. La stessa pena si applica a chi, allo stesso fine, sottopone persone appartenenti al gruppo medesimo a condizioni di vita tali da determinare la distruzione fisica, totale o parziale, del gruppo, anche mediante la privazione di risorse indispensabili alla sopravvivenza dello stesso.

Art. 24.
(Genocidio mediante deportazione).

1. Chiunque, al fine di distruggere in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale, politico o religioso in quanto tale, deporta ovvero costringe ad esodo forzato persone appartenenti al gruppo è punito con la reclusione da quindici a ventiquattro anni.

Art. 25.
(Circostanza aggravante).

1. Se da taluno dei fatti previsti dagli articoli 23 e 24 deriva la morte di una o più persone, si applica la pena dell'ergastolo.

Art. 26.
(Genocidio mediante la limitazione delle nascite).

1. Chiunque, al fine di distruggere in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso come tale, impone o attua misure tendenti ad ostacolare le nascite in seno al gruppo è punito con la reclusione da dodici a ventuno anni.

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Art. 27.
(Genocidio mediante sottrazione di minori).

1. Chiunque, al fine di distruggere in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso come tale, sottrae, anche mediante misure individuali adottate sotto forma di affidamento, comunque denominate, minori appartenenti al gruppo per trasferirli ad un gruppo diverso è punito con la reclusione da dodici a ventuno anni.

Capo II
CRIMINI CONTRO L'UMANITÀ

Sezione I
AMBITO DI APPLICAZIONE

Art. 28.
(Ambito di applicazione).

1. Le condotte descritte dal presente capo sono considerate crimini contro l'umanità e come tali punite, ai sensi della presente legge, ove commesse nell'ambito di un esteso o sistematico attacco contro una popolazione civile, anche di natura non militare, in esecuzione o a sostegno della politica di uno Stato o di un'organizzazione.

Sezione II
DELITTI CONTRO LE PERSONE

Art. 29.
(Omicidio).

1. Chiunque, nelle condizioni di cui all'articolo 28, cagiona la morte di una persona è punito con la reclusione non inferiore a ventuno anni.

Art. 30.
(Sterminio).

1. Chiunque commette una strage, anche infliggendo a più persone condizioni di vita dirette a determinare in tutto o in parte la distruzione di una popolazione civile, è punito con l'ergastolo se dal fatto deriva la morte anche di una sola persona.

Art. 31.
(Deportazione o trasferimento forzato).

1. Chiunque, con violenza o minaccia ovvero mediante atti arbitrariamente adottati nell'esercizio di una pubblica funzione o di un pubblico potere, deporta o trasferisce, in violazione delle norme di diritto internazionale, gruppi di persone in un territorio diverso da quello in cui esse risiedono legalmente è punito con la reclusione da quindici a ventiquattro anni.

Art. 32.
(Segregazione razziale).

1. Chiunque, nel contesto di un regime istituzionalizzato di oppressione sistematica e di dominazione da parte di un gruppo etnico o razziale su un altro gruppo e al fine di stabilire o di perpetuare tale regime, discrimina o limita nell'esercizio dei propri diritti e delle proprie facoltà legali uno o più appartenenti ad un gruppo etnico o razziale è punito con la reclusione da quindici a ventiquattro anni.

Art. 33.
(Persecuzione).

1. Chiunque, per ragioni politiche, razziali, nazionali, etniche, culturali, religiose o di genere priva in modo grave e in violazione del diritto internazionale una o più persone dei loro diritti fondamentali per ragioni connesse all'identità di un

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determinato gruppo o collettività è punito con la reclusione da diciotto a ventiquattro anni.

Sezione III
DELITTI CONTRO LA LIBERTÀ E LA DIGNITÀ DELL'ESSERE UMANO

Art. 34.
(Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù).

1. Chiunque riduce o mantiene una persona in schiavitù o in servitù, ovvero ne fa tratta o commercio, è punito con la reclusione da otto a venti anni.
2. Costituisce schiavitù l'esercizio, anche solo di fatto, su di una persona, di poteri inerenti al diritto di proprietà o ad altro diritto reale.
3. Costituisce servitù la soggezione continuativa di una persona all'esecuzione, in favore dell'agente o di terzi, di prestazioni lavorative, dell'accattonaggio o comunque di attività che ne comportino lo sfruttamento.
4. La riduzione o il mantenimento nello stato di servitù ha luogo quando la condotta è attuata mediante violenza, minaccia, inganno, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di inferiorità fisica o psichica o di una situazione di necessità, o mediante la promessa o la corresponsione di somme di denaro o di altri vantaggi a chi ha autorità sulla persona.

Art. 35.
(Schiavitù sessuale).

1. Chiunque riduce una persona in schiavitù o in servitù al fine di farle compiere uno o più atti di natura sessuale è punito con la reclusione da dieci a ventiquattro anni.

Art. 36.
(Gravidanza forzata).

1. Chiunque, allo scopo di modificare la composizione etnica di un gruppo o di commettere altre gravi violazioni del diritto internazionale, rende forzatamente gravida o costringe a rimanere gravida una donna è punito con la reclusione da dieci a ventiquattro anni.
2. Con la pena di cui al comma 1 è punito anche chiunque, allo scopo di modificare la composizione etnica di un gruppo, priva illegalmente della libertà personale una o più donne rese forzatamente gravide.

Art. 37.
(Sterilizzazione forzata).

1. Chiunque priva una o più persone della capacità di procreare, è punito con la reclusione da dieci a ventiquattro anni.

Art. 38.
(Tortura).

1. Chiunque procura gravi dolori o sofferenze fisiche o psichiche ad una persona di cui abbia il controllo o la custodia è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. Non si considerano tortura i dolori e le sofferenze derivanti esclusivamente dalla legittima detenzione in quanto tale o che siano ad essa inscindibilmente connessi.

Art. 39.
(Imprigionamento).

1. Chiunque arbitrariamente imprigiona o altrimenti sottopone una persona ad una restrizione della libertà personale in violazione di norme fondamentali del diritto internazionale è punito con la reclusione da tre a dodici anni.

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Art. 40.
(Sparizione forzata di persone).

1. Chiunque, dopo che una persona è stata privata della libertà personale anche in esecuzione di una misura legittima, si rifiuta di riconoscerne lo stato di arresto o di detenzione, ovvero di fornire informazioni sulla sua sorte o sul luogo in cui si trova ristretta, al fine di impedirne o di ostacolarne la difesa legale per un tempo significativo, è punito con la reclusione da tre a dodici anni.

Art. 41.
(Altri atti inumani).

1. Chiunque, nelle condizioni di cui all'articolo 28, salvo che il fatto costituisca più grave reato ai sensi delle disposizioni del presente titolo, infligge gravi sofferenze a una persona o compie atti intenzionalmente diretti a ledere in forma grave l'integrità fisica o morale di una persona è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.

Capo III
CRIMINI DI GUERRA

Sezione I
AMBITO DI APPLICAZIONE

Art. 42.
(Ambito di applicazione).

1. Le condotte descritte dal presente capo sono considerate crimini di guerra e come tali punite, ove commesse nel contesto di un conflitto armato e in relazione ad esso.
2. Ai fini delle sezioni II e III, si considerano conflitti armati quelli di carattere internazionale tra Stati o entità nazionali diversi, anche in mancanza di una formale dichiarazione di guerra, nonché i conflitti interni prolungati tra forze governative e gruppi armati organizzati. Sono escluse le situazioni interne di disordine e di tensione che comportano sommosse o atti di violenza sporadici o non sistematici.
3. Le condotte di cui alla sezione IV sono considerate delitti di guerra e come tali punite, esclusivamente nei casi di conflitto armato internazionale, anche in mancanza di una formale dichiarazione di guerra.

Sezione II
ATTI POSTI IN ESSERE CONTRO PERSONE O BENI PROTETTI DALLE CONVENZIONI DI GINEVRA DEL 1949

Art. 43.
(Delitti comuni).

1. I delitti di cui all'articolo 575 del codice penale e agli articoli 32 e 35 della presente legge sono considerati delitti di guerra ai sensi del presente capo e puniti con le pene ivi previste, ove commessi contro le persone protette dalle Convenzioni di Ginevra del 1949 e dai protocolli addizionali, nelle circostanze previste dall'articolo 42 della presente legge.

Art. 44.
(Esperimenti biologici).

1. Chiunque sottopone una persona protetta dalle Convenzioni di Ginevra del 1949 e dai protocolli addizionali ad un esperimento biologico non terapeutico che non sia giustificato da ragioni mediche ovvero dall'interesse esclusivo della persona è punito, se dal fatto deriva un grave rischio per la salute o per l'integrità fisica o psichica della persona, con la reclusione da cinque a dieci anni.

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Art. 45.
(Distruzione o appropriazione arbitraria di beni altrui).

1. Chiunque, senza giustificazioni di natura militare e in modo arbitrario, cagiona l'estesa distruzione di beni altrui protetti dalle Convenzioni di Ginevra del 1949 e dai protocolli addizionali ovvero se ne appropria nella stessa misura è punito con la reclusione da cinque e dieci anni.

Art. 46.
(Arruolamento forzato).

1. Chiunque costringe una persona protetta dalle Convenzioni di Ginevra del 1949 e dai protocolli addizionali a prendere parte alle operazioni militari contro il proprio Paese o le sue Forze armate, ovvero comunque la costringe a prestare servizio nelle Forze armate di una parte avversa, è punito con la reclusione da sette a dieci anni.

Art. 47.
(Diniego del giusto processo).

1. Chiunque priva una persona protetta dalle Convenzioni di Ginevra del 1949 e dai protocolli addizionali del diritto ad un giusto e regolare processo, negandole le garanzie previste dalla legge e dalle convenzioni internazionali applicabili, è punito con la reclusione da sette a dieci anni.

Art. 48.
(Deportazione e trasferimento illeciti).

1. Chiunque arbitrariamente deporta, trasferisce, confina o mantiene confinata in un altro Stato ovvero in luogo diverso una persona protetta dalle Convenzioni di Ginevra del 1949 e dai protocolli addizionali è punito con la reclusione da sette a dieci anni.

Art. 49.
(Uso di scudi umani).

1. Chiunque utilizza la presenza di un civile o di un'altra persona protetta dalle Convenzioni di Ginevra del 1949 e dai protocolli addizionali per evitare che taluni siti, zone o edifici di carattere o di interesse militare divengano bersaglio di operazioni militari della parte avversa o comunque per favorire le proprie operazioni militari è punito con la reclusione da quattordici a ventuno anni.
2. Se dalla condotta di cui al comma 1 deriva la morte di uno o più civili usati come scudo, la pena è dell'ergastolo.

Sezione III
DELITTI CONTRO LE LEGGI E GLI USI DEI CONFLITTI ARMATI

Art. 50.
(Delitti comuni).

1. I delitti di cui all'articolo 609-bis del codice penale e agli articoli 35, 36 e 37 della presente legge sono considerati delitti di guerra ai sensi della presente legge e sono puniti con le pene per ciascuno previste, ove commessi nel contesto di un conflitto armato e in relazione ad esso.

Art. 51.
(Violazione della dignità personale).

1. Chiunque, fuori dei casi previsti dalle disposizioni del presente titolo e salvo che il fatto non costituisca più grave reato, umilia, degrada o altrimenti viola gravemente la dignità di una persona è punito con la reclusione da tre a cinque anni.

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Art. 52.
(Attacco a civili).

1. Chiunque dirige un attacco contro una popolazione civile in quanto tale ovvero contro civili che non partecipano alle ostilità è punito con la reclusione non inferiore a diciotto anni.
2. Se l'attacco determina la perdita di vite umane, si applica la pena dell'ergastolo.

Art. 53.
(Attacco a luoghi indifesi).

1. Chiunque, con qualunque mezzo, lancia un attacco o bombarda città, villaggi o abitazioni indifesi e che non sono obiettivi militari è punito con la reclusione da dieci a quindici anni.

Art. 54.
(Attacco a beni civili).

1. Chiunque dirige un attacco contro beni civili è punito con la reclusione da tre a sette anni. Ai fini del presente articolo, per beni civili si intendono beni che non siano obiettivi militari.

Art. 55.
(Attacco a personale o beni di missioni di assistenza umanitaria o di mantenimento della pace).

1. Chiunque dirige un attacco contro il personale, le installazioni, i materiali, le unità o i veicoli, ovvero i dati o le risorse impiegati in una missione di assistenza umanitaria o di mantenimento della pace che abbia diritto alla protezione accordata dal diritto internazionale dei conflitti armati ai civili o ai beni civili in conformità alla Carta delle Nazioni Unite, è punito con la reclusione da dieci a venti anni.
2. Se l'attacco determina la perdita di vite umane, si applica la pena dell'ergastolo.
3. Se l'attacco determina lesioni personali gravi in danno di una o più persone, si applica la pena della reclusione da diciotto a ventiquattro anni.
4. Se l'attacco determina danni gravi alle installazioni, si applica la pena della reclusione da diciotto a ventidue anni.

Art. 56.
(Morte, lesioni o danni collaterali eccessivi).

1. Chiunque lancia un attacco nella consapevolezza che avrà come effetto collaterale la perdita di vite umane di civili o il loro ferimento, in misura manifestamente sproporzionata rispetto al diretto e concreto vantaggio militare atteso, è punito con la reclusione da dieci a venti anni.
2. Se l'attacco determina la perdita di vite umane, si applica la pena della reclusione da venti a ventiquattro anni.
3. Se l'attacco determina lesioni personali gravi in danno di una o più persone, si applica la pena della reclusione da diciotto a ventiquattro anni.
4. Se l'attacco determina danni gravi ai beni civili, si applica la pena della reclusione da quindici a ventidue anni.

Art. 57.
(Danni ambientali).

1. Chiunque lancia un attacco nella consapevolezza che avrà come effetto collaterale diffusi, gravi e durevoli danni all'ambiente, in misura o di qualità manifestamente sproporzionata rispetto al diretto e concreto vantaggio militare atteso, è punito con la reclusione da otto a quattordici anni.
2. Se l'attacco determina la distruzione del patrimonio biologico di un ecosistema, l'avvelenamento non temporaneo dell'atmosfera

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o delle risorse idriche ovvero una catastrofe ecologica, si applica la reclusione da dieci a diciotto anni.

Art. 58.
(Opere e installazioni che contengono o producono energie pericolose).

1. Chiunque arbitrariamente lancia un attacco che può coinvolgere opere o installazioni nelle quali sono contenute o prodotte energie pericolose che possano essere liberate dall'attacco e causare gravi perdite di vite umane, ferite o danni a beni civili è punito con la reclusione da dieci a quindici anni.

Art. 59.
(Omicidio o ferimento di persona fuori combattimento).

1. Chiunque cagiona la morte o il ferimento grave di un combattente che, avendo deposto le armi o non avendo più mezzi di difesa, si sia arreso senza condizioni è punito con la reclusione non inferiore a diciotto anni.

Art. 60.
(Abuso della bandiera bianca).

1. Chiunque usa indebitamente la bandiera bianca, simulando falsamente l'intenzione di negoziare, è punito, se dal fatto derivano la morte di una persona o lesioni personali gravi, con la reclusione da cinque a dieci anni.

Art. 61.
(Abuso di bandiera, insegne o uniformi delle Nazioni Unite).

1. Chiunque fa un uso improprio della bandiera, delle insegne o delle uniformi delle Nazioni Unite è punito, se dal fatto derivano la morte di una persona o lesioni personali gravi, con la reclusione da cinque a dieci anni.

Art. 62.
(Abuso degli emblemi distintivi delle convenzioni di Ginevra del 1949).

1. Chiunque usa indebitamente gli emblemi distintivi delle Convenzioni di Ginevra del 1949 e dei protocolli addizionali è punito, se dal fatto derivano la morte di una persona o lesioni personali gravi, con la reclusione da cinque a dieci anni.

Art. 63.
(Attacco ad obiettivi protetti).

1. Chiunque attacca un edificio, un'opera o un luogo destinato al culto, all'educazione, all'arte, alla scienza o a scopi umanitari ovvero monumenti storici, ospedali o luoghi ove siano riuniti i malati e i feriti, al di fuori dei casi in cui siano utilizzati per fini militari, è punito con la reclusione da quattro a otto anni.
2. Chiunque, in violazione del diritto internazionale e nelle circostanze di cui al comma 1, attacca ovvero espone al rischio di un attacco un bene culturale oggetto di protezione rafforzata è punito con la reclusione da cinque a dodici anni.
3. È punito con la pena di cui al comma 2 anche chiunque attacca direttamente ogni altro bene storico, artistico, archeologico, architettonico, scientifico, culturale o religioso che, per caratteristiche proprie e note ai belligeranti, costituisca eredità culturale e spirituale di un popolo ovvero patrimonio universale del genere umano, al di fuori dei casi in cui sia utilizzato per fini militari.

Art. 64.
(Mutilazione).

1. Chiunque sottopone a mutilazione una persona che si trovi sotto il suo

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controllo, anche sfigurandola o rendendola permanentemente inabile o rimuovendole un organo, qualora l'atto non sia giustificato né da cure mediche, dentistiche od ospedaliere né dall'interesse esclusivo della persona coinvolta, è punito, se dal fatto deriva un grave rischio per la salute o per l'integrità fisica o psichica della persona stessa, con la pena della reclusione da cinque a quindici anni.
2. Se dal fatto di cui al comma 1 deriva la morte della persona, si applica la pena della reclusione da dieci a venti anni.

Art. 65.
(Esperimenti medici o scientifici).

1. Chiunque sottopone una persona che si trovi sotto il suo controllo ad un esperimento medico o scientifico che non sia giustificato né da cure mediche, dentistiche od ospedaliere né dall'interesse esclusivo della persona coinvolta è punito, se dal fatto deriva un grave rischio per la salute o per l'integrità fisica o psichica della persona stessa, con la pena della reclusione da cinque a dodici anni.
2. Se dal fatto di cui al comma 1 deriva la morte della persona, si applica la pena della reclusione da dieci a venti anni.

Art. 66.
(Perfidia).

1. Chiunque cagiona la morte o il ferimento di una persona della parte avversa facendo appello, con l'intenzione di ingannarla, alla sua buona fede o alla sua fiducia per farle credere che ha il diritto di ricevere o l'obbligo di accordare la protezione prevista dalle regole del diritto internazionale dei conflitti armati è punito con la reclusione non inferiore a dieci anni.

Art. 67.
(Ordine di non prendere prigionieri).

1. Chiunque, essendo in posizione di effettivo comando o controllo sulle forze subordinate alle quali si rivolge, dichiara od ordina che non vi siano sopravvissuti per minacciare l'avversario o di condurre le ostilità nel presupposto che non vi saranno sopravvissuti è punito con la reclusione da tre a sette anni.

Art. 68.
(Distruzione o sequestro di proprietà nemica).

1. Chiunque distrugge o illegalmente espropria proprietà dell'avversario, al di fuori dei casi in cui ciò sia richiesto dalla necessità del conflitto, è punito con la reclusione da tre a sette anni.

Art. 69.
(Saccheggio).

1. Chiunque saccheggia una città o un altro luogo, anche se preso d'assalto, è punito con la reclusione da dodici a ventiquattro anni.

Art. 70.
(Impiego di veleno o di armi avvelenate).

1. Chiunque impiega una sostanza idonea a cagionare la morte o gravi danni alla salute per le sue proprietà tossiche, ovvero impiega un'arma che rilasci tale sostanza per effetto del suo uso, è punito con la reclusione da dodici a diciotto anni.

Art. 71.
(Impiego di gas, liquidi, materiali od ordigni vietati).

1. Chiunque impiega un gas idoneo a cagionare la morte o gravi danni alla salute per le sue proprietà asfissianti o tossiche, ovvero impiega altra sostanza, liquido o materiale ovvero un procedimento

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analogo, è punito con la reclusione da dodici a diciotto anni.

Art. 72.
(Impiego di proiettili vietati).

1. Chiunque, in violazione del diritto internazionale, impiega proiettili che si espandono o si schiacciano facilmente nel corpo umano, in modo da causare lesioni superflue o sofferenze non necessarie, è punito con la reclusione da otto a quindici anni.

Art. 73.
(Mine).

1. Chiunque, in violazione delle norme di diritto internazionale, utilizza mine antipersona o altri analoghi ordigni è punito con la reclusione da quattro a dodici anni.

Art. 74.
(Attacco a cose o persone che usano i segni distintivi delle Convenzioni di Ginevra del 1949).

1. Chiunque attacca persone, edifici, materiali, unità mediche, trasporti o altri obiettivi che usano, in conformità al diritto internazionale, un emblema distintivo o un altro metodo di identificazione che indica la protezione ai sensi delle Convenzioni di Ginevra del 1949 è punito con la reclusione da otto a quindici anni.

Art. 75.
(Privazione di mezzi di sopravvivenza).

1. Chiunque priva i civili dei mezzi indispensabili di sopravvivenza, anche impedendo loro di ricevere soccorsi, al fine di usare tale privazione come metodo di guerra, è punito con la reclusione da dieci a diciotto anni.

Art. 76.
(Uso o arruolamento di fanciulli in operazioni militari).

1. Chiunque recluta o arruola un minore di quindici anni nelle Forze armate nazionali ovvero lo fa partecipare alle ostilità è punito con la reclusione da sette a dodici anni.
2. È punito con la pena di cui al comma 1 anche chiunque omette le misure necessarie a prevenire, impedire, interrompere o altrimenti far cessare il reclutamento e il servizio forzato ovvero la partecipazione attiva nelle ostilità.

Art. 77.
(Cattura di ostaggi).

1. Chiunque sequestra o altrimenti tiene in suo potere una o più persone minacciando di ucciderle, di ferirle o di mantenerle in stato di sequestro, al fine di costringere uno Stato, un'organizzazione internazionale, una persona fisica o giuridica o un gruppo di persone a compiere o ad omettere qualsiasi atto, è punito con la reclusione da diciotto a ventiquattro anni.

Sezione IV
DELITTI DI GUERRA NEI CONFLITTI INTERNAZIONALI

Art. 78.
(Dispersione dei beni culturali).

1. Chiunque, in violazione delle norme di diritto internazionale, usa ovvero esporta, rimuove o trasferisce beni culturali fuori dai territori occupati è punito con la reclusione da cinque a dodici anni.
2. Chiunque omette le misure necessarie per impedire l'esportazione di beni culturali dai territori occupati ovvero il

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sequestro e la restituzione dei beni importati dai medesimi territori è punito con la reclusione da tre a sette anni.
3. Chiunque illecitamente si appropria, saccheggia o commette atti di vandalismo su beni culturali protetti dalle norme di diritto internazionale è punito con la reclusione da tre a cinque anni.
4. I reati di cui ai commi 1 e 2 sono puniti con la pena ivi prevista se commessi.

Art. 79.
(Privazione di diritti o di azioni).

1. Chiunque dispone l'abolizione, la sospensione o l'improcedibilità dinanzi all'autorità giudiziaria di diritti o di azioni giudiziarie dei cittadini della parte avversa è punito con la reclusione da sette a dieci anni.

Art. 80.
(Impiego di armi, proiettili, materiali o metodi di guerra inumani).

1. Chiunque, in violazione delle norme di diritto internazionale dei conflitti armati, utilizza armi, proiettili, materiali o metodi di guerra aventi caratteristiche tali da cagionare lesioni superflue o sofferenze non necessarie ovvero che, per loro natura, colpiscano gli obiettivi in modo indiscriminato è punito con la reclusione da dodici a diciotto anni.

Art. 81.
(Abuso di bandiera, insegne o uniformi dell'avversario).

1. Chiunque fa uso indebito della bandiera, delle insegne o delle uniformi dell'avversario nel corso di un attacco è punito, se dal fatto derivano la morte di una persona o lesioni personali gravi, con la reclusione da cinque a dieci anni.

Art. 82.
(Trasferimento o deportazione).

1. Chiunque trasferisce direttamente o indirettamente parte della popolazione civile dello Stato nel territorio occupato militarmente, favorendone l'insediamento, ovvero deporta o trasferisce, in tutto o in parte, la popolazione del territorio occupato all'interno o all'esterno di tale territorio, è punito con la reclusione da dieci a venti anni.

Art. 83.
(Arruolamento forzato).

1. Chiunque costringe un cittadino della parte avversa a partecipare alle operazioni militari contro il proprio Paese o le sue Forze armate è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.

Capo IV
ALTRI DELITTI INTERNAZIONALI

Art. 84.
(Mercenari).

1. Chiunque, avendo ricevuto un corrispettivo economico o altra utilità o avendone accettato la promessa, combatte in un conflitto armato nel territorio comunque controllato da uno Stato estero di cui non sia né cittadino né stabilmente residente, senza far parte delle Forze armate di una delle parti del conflitto o essere inviato in missione ufficiale quale appartenente alle Forze armate di uno Stato estraneo al conflitto, è punito, per la sola partecipazione all'atto, se il fatto non costituisce più grave reato, con la reclusione da quattro a sette anni.
2. Chiunque, avendo ricevuto un corrispettivo economico o avendone accettato la promessa, partecipa ad un'azione,

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preordinata e violenta, diretta a mutare l'ordine costituzionale o a violare l'integrità territoriale di uno Stato estero di cui non sia né cittadino né stabilmente residente, senza far parte delle Forze armate dello Stato né essere stato inviato in missione militare ufficiale da altro Stato, è punito, per la sola partecipazione all'atto, se il fatto non costituisce più grave reato, con la reclusione da cinque a otto anni.
3. Chiunque recluta, utilizza, finanzia o istruisce delle persone al fine di far loro commettere taluno dei fatti previsti nei commi 1 e 2 è punito, se il fatto non costituisce più grave reato, con la reclusione da cinque a quattordici anni.
4. Non è punibile chi ha commesso i fatti previsti dal presente articolo con l'approvazione del Governo, se adottata in conformità agli obblighi derivanti da trattati internazionali.
5. Tutte le regole relative al diritto internazionale dei conflitti armati sono applicabili, in quanto compatibili, ai mercenari, ai quali sono assimilati coloro che rivestono funzioni militari o paramilitari nell'ambito di un conflitto armato.

Art. 85.
(Imposizione di marchi o segni distintivi).

1. Chiunque costringe persone appartenenti ad un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tali, a portare marchi o segni intesi a rilevarne l'appartenenza al gruppo stesso è punito, per ciò solo, con la reclusione da quattro a dieci anni.