CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 8 gennaio 2009
117.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Norme in materia di cittadinanza (C. 103 Angeli, C. 104 Angeli, C. 457 Bressa, C. 566 De Corato, C. 718 Fedi, C. 995 Ricardo Antonio Merlo, C. 1048 Santelli e C. 1592 Cota)

DOCUMENTAZIONE CONSEGNATA DAL GOVERNO

Con riferimento alla richiesta di chiarimenti avanzata dall'onorevole Zaccaria, si fa presente quanto segue.

Istanze di cittadinanza per matrimonio.

La legge 5 febbraio 1992, n. 91, all'articolo 8 stabilisce che il procedimento di concessione della cittadinanza per matrimonio deve concludersi entro e non oltre il termine di due anni dalla data di presentazione della domanda. Tale termine è considerato perentorio per costante e consolidata giurisprudenza. L'articolo 6 della citata legge consente, infatti, solo nell'ipotesi di pendenza di un procedimento penale in cui il richiedente è imputato, di sospendere ope legis di detto termine fino alla conclusione del procedimento stesso, con l'avvenuto passaggio in giudicato della sentenza.
Pertanto, le istanze tese ad ottenere il nostro status civitatis vengono seguite con particolare attenzione, proprio in considerazione del fatto che il superamento del cennato termine perentorio - anche in presenza di elementi di pericolosità per la sicurezza dello Stato - non rende possibile il rigetto dell'istanza stessa.
Una migliore organizzazione del lavoro e una più efficace sinergia con i rappresentati degli organismi di sicurezza hanno, tuttavia, consentito di concludere i procedimenti di attribuzione della cittadinanza iure matrimonii nei due anni prescritti dalla legge.

Istanze di cittadinanza per residenza.

Ai sensi dell'articolo 3 del regolamento adottato con decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 362 il termine previsto per la conclusione del procedimento di concessione della cittadinanza per residenza è anch'esso fissato in due anni ma, per consolidato orientamento della giurisprudenza, tale termine non riveste, invece, carattere di perentorietà.
Il procedimento di concessione presenta un carattere di maggiore complessità rispetto al precedente, in quanto l'istruttoria è finalizzata a verificare sulla base di vari indici (reddito, stabilità dell'attività lavorativa, raggiungimento di un sufficiente grado di integrazione, assenza di motivi ostativi attinenti alla sicurezza e di precedenti penali) la coincidenza tra l'interesse del richiedente la cittadinanza e l'interesse pubblico.
A tal riguardo, particolarmente rilevante è il parere espresso dalla Prefettura di competenza sull'effettivo grado di integrazione e di conoscenza della lingua italiana, nonché della posizione socio-economica dell'interessato; requisiti, questi, che vengono verificati anche attraverso un colloquio cui viene invitato il richiedente la cittadinanza, ai sensi delle disposizioni contenute nelle disposizioni ministeriali del 23 dicembre 1994 e del 7 novembre 1996.
Peraltro, per quanto riguarda la situazione reddituale del richiedente, ove il

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reddito, nei tre anni precedenti la presentazione dell'istanza, non risultasse sufficiente, ne viene richiesta all'interessato l'attualizzazione, secondo le norme recate dalla circolare del 5 gennaio 2007.
I tempi medi di conclusione del procedimento di cui trattasi si aggirano intorno ai tre anni, considerata anche la sospensione dei termini derivante dall'applicazione dell'articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modifiche e integrazioni, che, come noto, impone all'amministrazione di comunicare all'interessato i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza, dando, così, allo stesso la possibilità di formulare eventuali osservazioni.

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ALLEGATO 2

Modifiche all'articolo 1 del decreto-legge 3 gennaio 2006, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 2006, n. 22, in materia di ammissione degli elettori disabili al voto domiciliare (C. 907 Bernardini)

DOCUMENTAZIONE CONSEGNATA DAL GOVERNO

La proposta di legge d'iniziativa dei deputati Bernardini ed altri, recante «Modifiche all'articolo 1 del decreto-legge 3 gennaio 2006, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 2006, n. 22, in materia di ammissione degli elettori disabili al voto domiciliare» (A.C. n. 907) intende estendere il diritto al voto a domicilio agli elettori impossibilitati a spostarsi autonomamente dalla propria dimora.
Il decreto-legge n. 1/2006 attualmente prevede che il voto a domicilio sia raccolto, durante le ore in cui è aperta la votazione, dal presidente dell'ufficio elettorale di sezione, con l'assistenza del segretario e di uno scrutatore. Tale disposizione, tuttavia, limita tale diritto esclusivamente agli elettori in «dipendenza continuativa e vitale da apparecchiature elettromedicali» e ciò ha comportato, in occasione di ogni consultazione, l'ammissione al voto a domicilio di una categoria ben definita di cittadini.

Elezioni politiche 2006                   465 elettori
Elezioni amministrative 2006            92 elettori
Referendum 2006                            111 elettori
Elezioni politiche 2008                   375 elettori

In sostanza, il requisito della stretta dipendenza da apparecchiature elettromedicali non ha consentito di ricomprendere negli aventi diritto al voto a domicilio i malati «terminali» o comunque assolutamente intrasportabili per le loro gravissime condizioni di salute. In ciò sembrerebbe consistere la ratio dell'iniziativa parlamentare in argomento.
Si rileva che il generico riferimento, contenuto nell'atto parlamentare, agli elettori in una situazione di minorazione (prevista dall'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104) ed impossibilitati a spostarsi autonomamente dalla propria dimora per qualsiasi motivo finisce per ampliare eccessivamente la platea dei possibili destinatari della disposizione.
In base ai dati Istat del 2007 (riferiti all'anno 2005), i cittadini invalidi aventi diritto all'indennità di accompagnamento nell'intero territorio nazionale sono 2,2 milioni, mentre gli aventi diritto all'assistenza sanitaria domiciliare risultano essere oltre 400 mila.
Sempre in base ai dati Istat (indagine sulle Condizioni di salute e il ricorso ai servizi sanitari del 2004-2005) emerge che in Italia le persone con disabilità sono circa 2,8 milioni. Da tale indagine è, inoltre, possibile identificare 4 tipologie di disabilità:
1. confinamento individuale (costrizione a letto, su una sedia non a rotelle o in casa);
2. disabilità nelle funzioni (difficoltà nel vestirsi, nel lavarsi, nel mangiare);
3. disabilità nel movimento (difficoltà nel camminare, nel salire le scale, nel chinarsi, nel coricarsi, nel sedersi);
4. disabilità sensoriali (difficoltà a sentire, vedere o parlare).

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Eventuali platee così vaste di possibili destinatari della norma comporterebbero oggettivi problemi nello svolgimento delle operazioni degli uffici elettorali di sezione; questi ultimi, infatti, sarebbero con ogni probabilità tenuti alla raccolta del voto a domicilio di un numero elevatissimo di elettori, in tal modo sguarnendo per molte ore l'organico dei componenti del seggio presenti nella sede dell'ufficio elettorale di sezione durante la votazioni; il seggio cosiddetto «volante» per la raccolta del voto a domicilio, tra l'altro, dovrebbe spostarsi per molte ore da una casa all'altra, portando con sé numerose schede non votate, con connessi possibili problemi di ordine pubblico e di corretto esercizio di voto.
Per tali motivi, appare necessario contenere, così come avviene in altre nazioni, la platea dei destinatari della norma ad entità numeriche ridotte e chiaramente definite, così da garantire comunque il diritto al voto costituzionalmente tutelato per gli elettori effettivamente intrasportabili, ma, al contempo, continuare ad assicurare il regolare espletamento delle operazioni elettorali.
Inoltre, il riferimento a platee molto ampie (sul presupposto, ad esempio, dell'avvenuto accertamento dell'invalidità o dell'accompagnamento) comporterebbe, da un lato, l'ammissione al voto a domicilio di persone comunque in grado di recarsi presso il seggio e, dall'altro, la probabile esclusione da tale forma di voto degli elettori con patologie gravissime intervenute negli ultimi mesi e quindi in tempo non utile per il perfezionamento delle pratiche di accertamento della disabilità.
Si ricorda, in ogni caso, che l'ordinamento già appresta una serie di strumenti che agevolano il voto dei disabili, quali, ad esempio:
a) i servizi di trasporto pubblico organizzati dai comuni per il raggiungimento del seggio elettorale, ai sensi della legge n. 104 del 1992 e della legge n. 515 del 1993;
b) la possibilità per gli elettori degenti in ospedali e in luoghi di cura di essere ammessi a esprimere il voto nel luogo di ricovero. Vengono, infatti, costituite sezioni elettorali ospedaliere in caso di strutture con almeno 200 posti-letto, seggi speciali per la raccolta del voto degli elettori degenti in strutture con almeno 100 e fino a 199 posti-letto, uffici distaccati di sezione «volanti» per la raccolta del voto degli elettori ricoverati in ospedali e case di cura minori (cioé con meno di 100 posti-letto);
c) la possibilità di votare nel luogo di ricovero sia dei degenti nelle case di riposo per anziani e nei cronicari, sia dei tossicodipendenti ospitati presso comunità terapeutiche, purché abbiano al loro interno una struttura sanitaria anche di modesta portata, come un'infermeria;
d) la possibilità, per gli elettori non deambulanti, di votare tramite apposita attestazione sanitaria in sezione elettorale priva di barriere architettoniche;
e) l'utilizzazione del voto assistito per elettori fisicamente impediti nell'impressione autonoma del voto, i quali possono farsi aiutare nel voto da una persona di fiducia che entra con loro in cabina.

Tutti questi strumenti apprestati dall'ordinamento consentono già di garantire l'esercizio del diritto di voto a centinaia di migliaia di cittadini disabili in occasione delle consultazioni elettorali.
Pertanto, potrebbe ipotizzarsi una modifica normativa che assicuri - unitamente alle suddette misure agevolative e alla possibilità già offerta dalla legislazione vigente agli elettori aventi attualmente diritto al voto a domicilio - la possibilità di votare nella propria abitazione alle persone che si trovino nella condizione di effettiva intrasportabilità durante le votazioni.
Si propone, quindi, di provare a contenere la platea dei destinatari, al contempo assicurandosi, con apposito giudizio medico, dell'attuazione della grave situazione sanitaria che comporta l'intrasportabilità.

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Potrebbe, pertanto, considerarsi opportuno, ad esempio, che la novella legislativa in esame coinvolga esclusivamente le persone affette da grave infermità - attestata da un certificato rilasciato da un funzionario medico della azienda sanitaria locale tra il 40o e il 20o giorno antecedente alla data della consultazione e con prognosi ulteriore (a far data da rilascio dello stesso certificato) di almeno di 60 giorni - che le rende assolutamente intrasportabili il giorno della votazione o trasportabili con consistente rischio di sensibile aggravamento dell'infermità stessa.
Per quanto concerne la valutazione dell'onere finanziario, si rappresenta che l'eventuale maggior spesa da porsi a carico dello Stato, con l'unica eccezzione del referendum, è principalmente quello imputabile al rimborso degli oneri di eventuale trasporto dei componenti degli uffici di sezione al domicilio degli eventi diritto ed il conseguente rientro al seggio elettorale.
Al riguardo, si può prendere a base di calcolo l'ipotetico numero di 15.000-30.000 unità di elettori interessati, che deve ritenersi dato assolutamente approssimativo, fluttuante e di difficile quantificazione, considerando:
1) l'estrema varietà delle situazioni sanitarie;
2) l'alto tasso di variabilità del numero delle domande che potrebbero essere effettivamente presentate, dipendendo tale dato anche della stessa volontà degli interessati, i quali, purtroppo, anche a causa delle loro condizioni fisiche e psichiche, potrebbero in parte non avere alcuna intenzione di partecipare al voto, neanche utilizzando la procedura domiciliare.

Ora - tenuto conto che il mezzo di trasporto sarebbe utilizzato solo per raggiungere gli elettori domiciliari più lontani e quindi non in tutte le sezioni interessate - può ipotizzarsi che siano coinvolte il 10 per cento delle sezioni elettorali totali; pertanto, si può quantificare in circa euro 100.000 il maggior onere da porre a carico dello Stato per ogni consultazione elettorale nazionale (cifra così approssimativamente stimata sulla base di una media ipotetica di chilometri percorsi dagli automezzi comunali, per le sezioni interessate, moltiplicati per il prezzo attuale della benzina).
Viceversa, per quanto concerne lo svolgimento delle consultazioni referendarie, la quantificazioni degli oneri di spesa comporta notevoli differenze.
A tale riguardo, si fa presente che l'ufficio elettorale di sezione per il referendum (diversamente da quanto previsto in tutte le altre consultazioni, dove i componenti del seggio sono 6) è composto da 5 membri (un presidente, tre scrutatori e un segretario).
Ora, tenuto conto che la legge (articolo 66, comma 2, del Testo Unico n. 361 del 1957) richiede durante lo svolgimento delle operazioni elettorali la costante presenza nel seggio di almeno 3 componenti sarebbe necessario prevedere l'aumento di uno scrutatore per le sezioni interessate a tale raccolta.
Analoga previsione è stabilita per i seggi nelle cui circoscrizioni esistano ospedali e case di cura con meno di 100 posti-letto per consentire la raccolta del voto dei ricoverati presso tali strutture (articolo 2 della legge n. 199 del 1978).
Ciò detto, nel caso in cui il numero degli aventi diritto al voto a domicilio si attesti a circa 15.000 unità, il maggior onere scaturante dalla nomina di un altro scrutatore può quantificarsi in circa euro 1.040.000 (cifra così stimata ipotizzando che sarebbero circa 10.000 le sezioni elettorali interessate dalla fattispecie e moltiplicando tale numero per l'importo di euro 104 dovuto agli scrutatori); ovviamente tale importo andrebbe raddoppiato, se venisse ipotizzato un numero di elettori domiciliari pari a 30.000 unità con un corrispondente aumento delle sezioni elettorali interessate a circa 20.000 (30 per cento del totale), con un onere, quindi, di euro 2.080.000. I suddetti oneri sono stimati per l'effettuazione di una consultazione referendaria a carattere nazionale.
Va, comunque, soggiunto che qualche risparmio di spesa potrebbe essere ottenibile

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attraverso la previsione, con apposita norma, della possibilità di fare votare alcuni degli elettori aventi diritto al voto a domicilio presso il seggio speciale più vicino; ciò potrebbe essere normativamente previsto in base a provvedimento della Commissione elettorale circondariale, su proposta dell'Ufficio elettorale. Quanto sopra, tra l'altro, potrebbe essere misura più che opportuna nei casi in cui vi siano uffici elettorali di sezione che debbano raccogliere il voto a domicilio di numerosi elettori.
Va evidenziato che lo spostamento dei componenti del seggio «volante» per la raccolta del voto a domicilio comporta per il personale interessato l'esposizione a rischio di infortuni, dipendenti dall'uso dei mezzi di trasporto, con conseguente necessità di valutare i costi di una eventuale copertura assicurativa.
In sintesi, l'onere, in via di larga massima, della proposta di ampliamento della platea di elettori aventi diritto al voto a domicilio potrebbe oscillare tra euro 1.200.000 ed euro 2.000.000, in occasione di referendum, e euro 100.000 in occasione di ogni consultazione elettorale a carattere nazionale.
Restano poi da valutare le spese necessarie per il personale medico delle aziende sanitarie locali impegnato nelle visite a domicilio.
Infine, da un punto di vista tecnico-giuridico, si osserva che il comma 2 dell'articolo 1 della novella normativa in esame, sostituendo il comma 3 dell'articolo 1 del decreto-legge 3 gennaio 2006, n. 1, convertito, con modificazioni dalla legge 27 gennaio 2006, n. 22, introduce alcune disposizioni (in particolare, quelle contenute nella lettera a), II e III periodo) che appaiono non necessarie, in quanto riproducono norme già riportate nell'articolo 1, comma 6, dello stesso testo legislativo.