CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 4 dicembre 2008
104.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Agricoltura (XIII)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

DL 162/08: Misure urgenti in materia di adeguamento dei prezzi dei materiali da costruzione, sostegno all'autotrasporto, all'agricoltura e alla pesca, interventi per il G8 e per le regioni colpite dagli eventi sismici del 1997 (C. 1936 Governo, approvato dal Senato).

PROPOSTA DI PARERE PRESENTATA DAL RELATORE E APPROVATA DALLA COMMISSIONE

La XIII Commissione (Agricoltura),
esaminato, per i profili di propria competenza, il disegno di legge C. 1936, «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 ottobre 2008, n. 162, recante interventi urgenti in materia di adeguamento dei prezzi di materiali da costruzione, di sostegno ai settori dell'autotrasporto, dell'agricoltura e della pesca professionale, nonché di finanziamento delle opere per il G8 e definizione degli adempimenti tributari per le regioni Marche ed Umbria, colpite dagli eventi sismici del 1997»;
nel raccomandare al Governo - considerate le scadenze temporali previste dall'articolo 9, comma 2, del decreto-legge n. 112 del 2008, come sostituito dall'articolo 2, comma 1, del decreto in esame - di tener conto, in sede di adozione delle relative norme di attuazione, della necessità di assicurare la effettiva operatività del beneficio,

esprime

PARERE FAVOREVOLE.

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ALLEGATO 2

Interrogazione n. 5-00664 Zucchi: Ripartizione delle quote latte aggiuntive.

TESTO DELLA RISPOSTA

In primo luogo, si ritiene opportuno far presente che, nel quadro della revisione della Politica Agricola Comune, la cosiddetta Health Check della PAC, la Commissione europea ha proposto la soppressione del regime delle quote dal 2015 e un aumento del 5 per cento delle quote in misura dell'1 per cento annuo tra il 2009 ed il 2013.
L'Italia aveva ripetutamente chiesto l'assegnazione di una quota nazionale coerente con le produzioni rilevate sul territorio nazionale.
Tale assegnazione è stata, da ultimo, ottenuta ed il nuovo aumento di quota è finalizzato alla copertura dell'attuale esubero produttivo e al conseguente azzeramento del prelievo pagato annualmente dall'Italia.
Per ottenere questo risultato è necessario destinare l'aumento ottenuto alle aziende che si trovano a detenere una quota insufficiente rispetto alla produzione che già realizzano; in tale ottica questo Ministero sta approntando il necessario decreto ministeriale.
Nella precedente occasione di normalizzazione, rappresentata dall'aumento di quota ottenuto dall'Italia nell'ambito di Agenda 2000 (600.000 tonnellate di cui una prima tranche da 384.000 tonnellate assegnata nel periodo 2000-2001 e una seconda tranche da 216.000 tonnellate assegnata nel periodo 2001-2002), la distribuzione è avvenuta con una ripartizione tra le regioni proporzionale alla produzione realizzata, e una priorità di assegnazione ai giovani per quanto riguarda la prima tranche (legge 79/2000 articolo 1, comma 1) ed agli allevatori con riduzione della quota B per la seconda tranche [decreto ministeriale 19 aprile 2001, articolo 1, lettera b)].
L'effetto è stato un pari incremento della produzione nazionale, senza alcun beneficio nell'ammontare di prelievo pagato alla UE.
Pertanto, nell'emanando decreto ministeriale, si ritiene sia necessariamente prioritaria la restituzione del taglio della cosiddetta quota B stabilito per legge (legge n. 46/96) che in concreto ha creato una notevole sperequazione, in quanto ha colpito pressoché esclusivamente le aziende ubicate nelle zone di pianura settentrionali, nei limiti del quantitativo attualmente prodotto.
Appare poi opportuno, e se ne stanno valutando le implicazioni, destinare l'ulteriore quantitativo ottenuto alla copertura degli esuberi individuali realizzati nelle zone di pianura nell'ultima campagna conclusa (2007-2008).
Ciò, è sostenibile anche perché la produzione realizzata in zone montane o svantaggiate è già in equilibrio con le quote disponibili, e comunque le aziende ubicate in zone montane o svantaggiate continuerebbero ad usufruire della massima priorità nella restituzione del prelievo.
Restano invece utilizzabili per altri criteri di assegnazione le 200.000 tonnellate di quota già attribuite all'Italia dalla campagna in corso (2008-2009).
Si assicura che il decreto in questione avrà luce compatibilmente con i tempi procedurali necessari alle regioni per adempiere alla legge n. 119/2003.

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ALLEGATO 3

Interrogazione n. 5-00721 Sardelli: Assetto dell'Ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e del Nucleo agroalimentare forestale del Corpo forestale dello Stato.

TESTO DELLA RISPOSTA

In riferimento all'interrogazione indicata in oggetto, si rappresenta quanto segue.
Il comparto agroalimentare, com'è noto, rappresenta uno dei principali punti di forza del Made in Italy.
La tutela della specificità e l'elevata qualità delle produzioni è affidata a diversi Organismi di controllo, ognuno dei quali presenta proprie peculiarità.
È il caso, ad esempio, dei NAS per quanto riguarda i controlli volti alla tutela della salute, della Guardia di finanza per gli aspetti fiscali e finanziari, delle Capitanerie di porto per gli aspetti legati ai prodotti della pesca.
Competenze in materia sono state attribuite anche al Corpo forestale dello Stato, nella considerazione che è possibile intravedere delle connessioni tra le attività principali svolte da quest'ultimo, riguardanti gli aspetti ambientali, e le produzioni di qualità dell'agroalimentare italiano.
Considerato quanto sopra, diventa importante realizzare un efficace coordinamento, come peraltro previsto dal decreto ministeriale 13 febbraio 2003, n. 44, che l'Ispettorato centrale per il controllo della qualità (ICQ) sta ponendo in essere anche attraverso la presentazione del proprio programma di attività, che prevede l'effettuazione su tutto il territorio nazionale di oltre trentamila controlli, nei diversi settori e la realizzazione dell'attività di vigilanza sulle produzioni qualità regolamentata.
Il programma, infatti, viene normalmente presentato a tutte le regioni e province autonome e a tutti gli organismi di controllo per individuare ambiti di intervento e possibili azioni di controllo da effettuare in modo congiunto.
A questo scopo si sta anche procedendo alla predisposizione, presso l'Ispettorato, di una specifica banca dati per raccogliere i risultati delle attività svolte, affinché, una volta messa a disposizione di tutti gli organismi di controllo, possa costituire un importante strumento per una più incisiva valutazione del rischio di commissione frodi nel settore, al fine di rendere più efficiente ed efficace l'azione di controllo nel comparto agroalimentare.
In questo modo è anche possibile rispondere alla necessità di razionalizzare i controlli con un minore impatto nei confronti delle aziende sottoposte a verifica, evitando inutili duplicazioni e sovrapposizioni.
Per quanto riguarda le professionalità, come accennato in precedenza, ciascuno degli Organi di controllo citati può vantare specifiche conoscenze tecniche in relazione alla competenza principale ad esso attribuita. Al riguardo, credo si possa affermare come universalmente riconosciuta la competenza dell'Ispettorato in materia di controlli nell'agroalimentare, considerate la specifica formazione e l'elevata esperienza acquisita nel settore dagli ispettori dell'ICQ; fattori cruciali spesso messi a disposizione di tutti gli altri organismi di controllo ed, in particolare, delle regioni.
Alla luce di queste premesse non si può condividere l'analisi fatta dall'Onorevole

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interrogante e, quindi, la proposta formulata in ordine all'accorpamento dell'Ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari con il Corpo forestale dello Stato.
Per quanto riguarda gli altri aspetti evidenziati dall'onorevole interrogante, si sottolinea altresì che la semplificazione e l'efficienza delle strutture può essere meglio perseguita attraverso lo scambio di esperienze e la conoscenza dei programmi di attività, cosa che, come detto in precedenza, è sistematicamente effettuata dall'Ispettorato e condivisa con gli altri organismi, affinché questi possano tenerne conto nell'individuare le proprie linee di azione evitando inutili sovrapposizioni.
Riguardo i risparmi di spesa che potrebbero derivare dalla dismissione di una parte degli uffici dell'ICQ, attualmente in affitto, si hanno fondati dubbi sulla possibilità di realizzarli, a causa del fatto che circa mille funzionari che affluirebbero al CFS dall'Ispettorato non potrebbero essere allocati nei locali attualmente disponibili del Corpo Forestale dello Stato, che, peraltro, non dispone di alcuna struttura nelle Regioni a statuto speciale.
Per l'aspetto relativo alla riforma, si deve sottolineare che il processo di riorganizzazione ha già interessato profondamente la struttura dell'Ispettorato; infatti, il numero degli uffici è stato ridotto pur in presenza di un aumento dell'organico. Nel rispetto, poi, di quanto propugnato dal ministro Brunetta in ordine all'efficienza ed all'efficacia della pubblica amministrazione, sarebbe opportuno non procedere ad una «riforma della riforma» ma prevedere un congruo lasso di tempo affinché si dispieghino gli effetti dei cambiamenti avviati per verificare la bontà di quanto previsto dagli stessi provvedimenti di riforma.
Partendo da questo concetto, con riferimento anche alla struttura si fa presente che attualmente l'Ispettorato dispone di dodici uffici dirigenziali, con quindici sedi distaccate, nonché di cinque laboratori e di un laboratorio per le analisi di revisione, che assicurano una copertura completa di tutto il territorio nazionale. Infatti, gli ispettori che si recano nelle aziende, si spostano generalmente in un raggio contenuto (quaranta-cinquanta chilometri).
Più in particolare, per le competenze attribuite all'Ispettorato si sottolinea che esse riguardano sia le attività di controllo propriamente detto che tutti gli aspetti connessi all'ingiunzione delle sanzioni. Pertanto, è necessario che l'Ispettorato, oltre ai profili professionali tecnici, disponga di un congruo numero di funzionari amministrativi per far fronte all'ingente mole di procedimenti cui deve dare riscontro in tempi congrui.
Si fa presente, altresì, che gli aspetti sanzionatori trattati dall'Ispettorato riguardano sia quelli derivanti dalla propria attività che quelli svolti dagli altri Organismi di controllo, le cui contestazioni, in quasi tutte le materie dell'agroalimentare, vengono trattate dall'ICQ quale autorità competente.
Alla luce di quanto illustrato, si deve considerare che la riforma ha stabilito un buon equilibrio tra il personale allocato nella sede centrale e quello previsto negli uffici periferici. Infatti, presso l'amministrazione centrale opera meno del 15 per cento dell'intero organico, cui è attribuita anche il gravoso compito della programmazione, dell'indirizzo e del coordinamento di tutte le attività dell'organismo di controllo.
Per l'aspetto relativo alla prevista soppressione di un ufficio periferico ed il taglio del 10 per cento della dotazione organica del personale, si evidenzia che quest'ultima riduzione deriva dall'applicazione della «legge Brunetta», mentre si sta valutando di non procedere alla lamentata soppressione dell'ufficio periferico intervenendo soltanto a livello di amministrazione centrale.
Ulteriori motivi che hanno indotto l'amministrazione a non prendere in considerazione l'accorpamento dell'ICQ con il Corpo Forestale dello Stato riguardano:
l'appartenenza dei dipendenti dell'ICQ alla parte contrattualizzata del pubblico impiego mentre i dipendenti del Corpo Forestale dello Stato, in quanto forza di polizia, non sono contrattualizzati;

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l'assenza del Corpo forestale dello Stato nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome e, quindi, la necessità di aprire un confronto istituzionale con questi enti;
il costo dell'intera operazione che sarebbe alquanto oneroso, poiché, com'è noto, le retribuzioni e gli sviluppi di carriera degli impiegati dell'ICQ sono notevolmente diversi e più bassi rispetto a quelli dei dipendenti del Corpo forestale dello Stato. In proposito si può stimare che l'onere complessivo si aggirerebbe attorno ai 15-20 milioni di euro;
l'efficienza e l'efficacia dell'azione svolta dall'ICQ, nei termini con cui si è detto in precedenza.

Si sottolinea infine che, qualora la richiesta di accorpamento dovesse derivare da un'esigenza rappresentata più volte dai dipendenti dell'Ispettorato, poiché, pur svolgendo attività simili agli appartenenti agli altri organismi di controllo, essi godrebbero di un trattamento economico inferiore, la questione potrebbe essere affrontata rivedendo l'attuale importo dell'indennità BSE. Aspetto quest'ultimo che è all'attenzione dell'amministrazione, che sta cercando di dare una risposta positiva verificando la possibilità di trovare una copertura finanziaria anche attraverso una revisione del sistema sanzionatorio.
Infatti dal miglioramento dell'efficienza di quest'ultimo potrebbero derivare maggiori incassi dalla riscossione delle sanzioni, e, parte di tali introiti potrebbero essere assegnati all'aumento dell'indennità BSE.

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ALLEGATO 4

Interrogazione n. 5-00722 Beccalossi: Esigenze idriche del settore agricolo e zootecnico della provincia di Crotone.

TESTO DELLA RISPOSTA

In riferimento all'interrogazione indicata in oggetto, si rappresenta quanto segue.
In primo luogo, si ritiene opportuno far presente che con la citata interrogazione è stato chiesto a questo Ministero l'esercizio dei poteri sostitutivi previsti per le situazioni di emergenza, al fine consentire il riempimento dell'invaso di Sant'Anna, nonché di individuare eventuali responsabilità nella gestione delle crisi idrica che ha colpito la provincia di Crotone e, in particolare i comuni di Mesoraca, Petilia Policastro, Roccabernarda, Cutro e Isola Capo Rizzuto.
Al riguardo, si ritiene opportuno ricordare preliminarmente l'assetto delle competenze che nella gestione delle risorse idriche risulta particolarmente complesso dovendo tenere conto della distinzione tra uso civile, potabile, industriale e agricolo delle acque.
In questo quadro, l'insieme dei servizi pubblici e privati di captazione, adduzione e distribuzione delle acque a uso civile, di fognatura e depurazione dei reflui rientra negli ambiti governati dal Servizio Idrico Integrato di competenza esclusiva del Ministero delle Infrastrutture, mentre la competenza di questo Dicastero in materia di risorse idriche riguarda unicamente le reti infrastrutturali irrigue, per le quali, con l'approvazione del Piano irriguo nazionale, è stato possibile accedere a speciali finanziamenti finalizzati alla realizzazione di opere ritenute di rilevanza nazionale.
L'invaso di Sant'Anna è gestito dal Consorzio Castella-Capo Colonna; con delibera della Giunta regionale del 28 luglio scorso, nel quadro di un riassetto dei consorzi della Calabria che porterà alla riduzione da 17 a 11 Consorzi, sono stati individuati quelli da porre in liquidazione, le nuove perimetrazioni consortili, i soggetti cui attribuire l'incarico di Commissario liquidatore e costituente del nascente Consorzio, che, per quanto riguarda l'invaso di Sant'Anna sarà il Consorzio Ionio Crotonese.
Le risorse idriche destinate al comprensorio sono assicurate dalle fluenze del fiume Tacina a valle delle prese e degli scarichi dell'ENEL e dalle fluenze del fiume Soleo. Parte delle fluenze invernali viene accumulata nell'invaso Sant'Anna, la cui capacità utile è di 16 Mm3. Di questi, 10 Mm3 sono destinati ad uso irriguo; i rimanenti sono utilizzati per emergenze di protezione civile per altri usi civili, fra cui la fornitura di acqua ai comuni di Isola Capo Rizzuto, di Cutro, di Crotone, campeggi, villaggi, media industria e settore zootecnico. L'acqua fornita deve essere potabilizzata, a carico degli utenti.
La rete di adduzione è costituita da condotte in pressione, per una lunghezza complessiva di 165,8 Km; il solo tratto iniziale è costituito da canali a cielo aperto in calcestruzzo. Le condotte in pressione sono prevalentemente in acciaio (63,6 per cento) e cemento amianto (27,3 per cento). Le rimanenti sono in cemento armato e PEAD.
Per quanto riguarda i rilasci dell'acqua, secondo le informazioni assunte per le vie brevi dalle Autorità regionali, essi sono generalmente regolati da una convenzione tra l'Endesa e l'ex Cassa per il Mezzo

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giorno, mentre nei periodi di crisi siccitosa è intervenuto, con propria ordinanza, il Prefetto di Cortone.
Infine si fa presente che le reti ad uso civile sono gestite dalla So.Ri.Cal. S.p.A. - Società Risorse Idriche Calabresi a capitale misto, nata per riorganizzare la gestione delle Risorse idriche calabresi l'approvvigionamento e la fornitura all'ingrosso dell'acqua ad uso potabile sul territorio regionale.
Il capitale sociale è detenuto dalla Regione Calabria per il 53,5 per cento e da Veolià - General des Eaux da parte di Enel per il 46,5 per cento. SoRiCal ha il mandato di gestire, per un periodo di 30 anni, il complesso infrastrutturale delle «Opere idropotabili Regionali» ed il connesso servizio di fornitura all'ingrosso ai Comuni e ad alcuni altri Enti.
Tutto ciò premesso, si precisa che alcun potere sostitutivo o inquisitorio è attribuito dall'ordinamento a questo Ministero, anche quando la risorsa idrica è destinata all'uso irriguo, o quando la gestione degli invasi spetta ai Consorzi di bonifica che non sono enti vigilati da questa Amministrazione, bensì organismi di diritto pubblico a carattere associativo soggetti alla vigilanza ed al controllo delle Regioni nel cui ambito territoriale operano.
Per quanto di competenza di questa Amministrazione, quindi, pur ribadendo l'impegno costante volto ad attuare una politica finalizzata alla realizzazione di opere che consentano un uso razionale ed efficiente delle risorse idriche, è necessario richiamare l'attenzione degli enti interessati alla gestione della risorsa idrica, affinché possa essere incentivato l'impiego di più evolute tecnologie che consentano di aumentare l'efficienza dei sistemi irrigui esistenti, assicurando il risparmio idrico, con conseguenti benefici per il settore primario e zootecnico.
Ed infatti i problemi di carenza idrica più volte evidenziate dal Consorzio Castella-Capo Colonna nelle stagioni irrigue sono ascrivibili, in parte, all'assenza di controllo nell'erogazione della risorsa, alla mancanza di polizia idraulica ed a perdite lungo la rete.
A tale proposito si inforna che nel Patrimonio progetti del Piano Irriguo Nazionale, messo a punto da questa Amministrazione con la collaborazione delle Regioni, la Regione Calabria ha presentato a questo Ministero investimenti irrigui per un importo complessivo di euro 125.509.620,00 e, in particolare, un progetto relativo al Consorzio Alli Castella, esecutivo, per l'importo di circa 900.000 euro per l'impermeabilizzazione della vasca Tacina.
Tale progetto concorrerà, insieme agli altri segnalati dalle diverse Regioni d'Italia, alla definizione del nuovo Piano irriguo nazionale, e ove approvato con delibera CIPE previo parere della Conferenza Stato Regioni, sarà ammesso a finanziamento a decorrere dal 2011 con le risorse messe a disposizione dall'articolo 2, comma 133 della legge 27 dicembre 2007, n. 244.
In conclusione, si ritiene che solo attraverso la realizzazione di nuove opere infrastrutturali ed il recupero in termini di efficienza di quelle già in essere, sarà possibile assicurare gli approvvigionamenti idrici necessari a soddisfare le esigenze del settore primario garantendo il soddisfacimento delle esigenze dell'intero Paese, con particolare riferimento alle aree ove più importante è l'esigenza di fronteggiare le crisi idriche, che si verificano con maggiore frequenza nei periodi estivi, quando le colture sono maggiormente idroesigenti.

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ALLEGATO 5

Interrogazione n. 5-00138 Caparini: Iniziative per rendere trasparente ed efficiente il settore dell'allevamento dei cani di razza.

TESTO DELLA RISPOSTA

In riferimento all'interrogazione indicata in oggetto, si rappresenta quanto segue.
Gli interroganti, nel rappresentare l'importanza dell'allevamento cinotecnico per il nostro Paese ed il ruolo che il libro genealogico riveste nell'interesse dei cittadini e degli allevatori per la sua connotazione di servizio pubblico di tutela del patrimonio zootecnico sotto il profilo igienico-sanitario, sociale ed economico, ritengono che tale ruolo non possa essere ricoperto attraverso una gestione privatistica e meramente amatoriale, quale quella fino ad oggi tenuta da parte dell'ENCI.
Al fine di dare nuovo slancio al settore ed incentivare coloro che allevano secondo principi di qualità, gli stessi interroganti chiedono che vengano adottate le seguenti azioni:
istituzione di un registro pubblico nazionale degli allevamenti e degli allevatori, al fine di verificare il rispetto dei livelli essenziali di assistenza secondo quanto stabilito dal decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 23 aprile 2008;
riduzione dell'IVA dal 20 per cento al 10 per cento per gli imprenditori agricoli cinotecnici, per uniformare il trattamento ad altri settori zootecnici;
riconoscimento del cane di razza tra le produzioni zootecniche che godono di agevolazioni e finanziamenti comunitari e nazionali;
introduzione di agevolazioni edilizie per la costruzione di box o platee adatti all'attività allevatoriale, secondo quanto stabilito nell'accordo Stato-Regioni del 6 febbraio 2003;
innalzamento da euro 200 ad euro 1.200 della deducibilità delle spese veterinarie;
riconoscimento delle razze nazionali come «Patrimonio cinotecnico italiano», patrimonio di storia e cultura.

Al riguardo si ritiene innanzitutto necessario chiarire la natura giuridica dell'ENCI e delle funzioni istituzionali svolte dallo stesso.
In particolare, è importante sottolineare che l'ENCI è stato riconosciuto con Regio Decreto 13 giugno 1940 n. 1051, acquisendo personalità giuridica secondo il codice 1865; è sottoposto alla vigilanza di questo Ministero ai sensi del D.LC.P.S. n. 1665 del 23 dicembre 1947; ai fini della individuazione degli «enti inutili» è stato considerato ente di «preesistente natura privatistica». Tale natura privatistica è stata affermata dalla Corte di Cassazione, sezioni civili riunite, con sentenza n. 1404 del 2 marzo 1972. La personalità giuridica privata è stata sempre riconosciuta in occasione delle modifiche statutarie fino al 2000, avvenute prima con decreto del Presidente della Repubblica 20 aprile 1960 n. 553 e 8 giugno 1982 n. 693 e, da ultimo, con decreto ministeriale 24 aprile 2000 n. 20640. Con decreto ministeriale n. 21909 del 28 giugno 2006 è stato ratificato il nuovo regolamento di attuazione del predetto statuto.
Il fatto di gestire il libro genealogico del cane di razze non comporta mutamenti

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nella natura giuridica dell'ente, né, tantomeno, sottintende una delega di poteri pubblici da parte dello Stato, in quanto l'attività in parola non deriva dallo Stato, ma dai soci cinofili che hanno istituito il libro in questione, sopportandone i costi individuali per la selezione e collettivi per la gestione ed i servizi forniti dallo stesso ente. Infatti il decreto legislativo 529/92 afferma che i libri genealogici sono istituiti dalle associazioni nazionali di allevatori di specie e razza. Le richieste approvazioni ministeriali della istituzione del libro e dei disciplinari che ne regolano la tenuta sono legate alla possibile rilevanza pubblica che l'attività in parola, che resta comunque privata, può rivestire per l'affidamento dei terzi sui documenti e le certificazioni che tale libro rilascia. Trattandosi, quindi, di attività di rilevante interesse pubblico e non di attività pubblica, questo Ministero provvede ad approvare i disciplinari delle associazioni di allevatori (nel caso l'ENCI) che istituiscono e gestiscono libri genealogici (articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 529) e conseguentemente a vigilare sugli adempimenti previsti dagli stessi disciplinari.
Con riguardo alla struttura sociale, l'ENCI, persona giuridica privata, accanto all'articolazione centrale (consiglio direttivo, assemblea, commissioni di disciplina, eccetera) può contare su una precisa organizzazione periferica, basata sui consigli regionali (considerati nello statuto organi sociali) e sulle delegazioni - gruppi cinofili riconosciuti - cui è affidata la rappresentanza ENCI a livello locale. Attualmente 111 gruppi cinofili rivestono la qualifica di delegazione. L'ENCI provvede a monitorare l'operato di dette delegazioni e nei casi di ripetuto malfunzionamento interviene revocando loro la qualifica che viene, quindi, assorbita da altre delegazioni già esistenti, o attribuita ad altri gruppi cinofili. Nell'ultimo triennio sono state revocate due delegazioni. L'ente è composto da soci individuali e collettivi (gruppi cinofili ed associazioni specializzate di razza) ed è governata da un consiglio direttivo eletto da una assemblea in cui sono rappresentate entrambe le categorie (1667 soci individuali e 212 soci collettivi, cui aderiscono 86.961 cinofili).
Sotto il profilo dei risultati ottenuti dalla cinofilia ufficiale, gli allevatori italiani continuano a distinguersi in tutto il mondo per i prestigiosi risultati ottenuti sia individualmente che a livello di squadra, nelle verifiche morfologiche e nelle prove di attitudine.
Con riferimento poi all'affermazione che «la gestione della cinofilia ha di fatto favorito coloro che operano in modo non corretto e trasparente a nocumento del benessere animale», si sottolinea che incisiva è stata anche l'azione dell'ENCI, svolta a fianco delle strutture investigative dello Stato, per contrastare l'importazione illegale di cani di razza provenienti dall'estero, da parte di organizzazioni criminali. L'ente ha così fornito ampio supporto e collaborazione ad una vasta e complessa indagine della Guardia di Finanza, la maggiore che sia mai stata fatta, su dette attività illegali e sulla rete di complicità che ne costituiva la struttura operativa. L'importanza di tale collaborazione è stata riconosciuta ufficialmente anche dagli organi di informazione.
In merito alla proposta di un registro pubblico nazionale degli allevamenti e degli allevatori, ai fini della verifica del rispetto dei «LEA», si precisa che la materia, rientrante nelle competenza del Ministero della salute e delle Regioni, è già trattata a livello di anagrafi canine regionali, ai sensi del già citato accordo Stato-Regioni del 6 febbraio 2003 e del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di applicazione. Né, alla luce delle vigenti normative, tali competenze potrebbero essere svolte dall'ENCI che si limita a tenere un albo allevatori soci che operano nell'ambito del miglioramento genetico.
A garanzia della trasparenza e della correttezza della gestione del libro genealogico, l'albo degli allevatori e dei proprietari è pubblicato sul sito internet www.enci.it, nell'ambito del nuovo servizio «libro genealogico on line» e risulta, quindi, facilmente consultabile da chiunque, a far data dal 1o ottobre 2006 e ciò vale anche per tutti i cani iscritti al libro genealogico

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i cui dati anagrafici e genetici sono rintracciabili sul sito medesimo, a partire dalla stessa data. Informazioni relative alla ubicazione degli allevamenti sono pubblicate solo a richiesta degli stessi allevatori, che consentano il trattamento dei dati nel rispetto della normativa in vigore. Tale servizio on line nel periodo 1o giugno 2007-28 agosto 2007 ha fatto registrare 658.000 contatti e di recente anche la Federazione Cinologica Internazionale (FCI), con proprio comunicato, ha manifestato il più ampio apprezzamento per l'iniziativa in parola.
Relativamente alla citata incompletezza del libro genealogico, in quanto concernente solo gli allevamenti di razze riconosciute dalla FCI con esclusione delle razze ibride commerciali (esempio Pitbull), si evidenzia come, ai sensi dell'articolo 2 dello Statuto sociale (approvato con decreto ministeriale 24 febbraio 2000), l'ENCI «ha lo scopo di tutelare le razze canine riconosciute pure». Si sottolinea, poi, che molte di queste razze ibride sono inserite nell'elenco delle razze canine a rischio di aggressività, istituito con ordinanza del Ministero della salute del 14 gennaio 2008. In tale provvedimento è previsto, tra l'altro, il divieto di incrociare razze ritenute aggressive. In ogni caso tutti i cani, sia di razza e quindi iscritti ad un LO., sia non di razza, sono registrati nelle anagrafi canine tenute dalle Regioni, ai sensi dell'accordo del 6 febbraio 2003 tra il Ministero della salute e le Regioni, in materia di benessere animali da compagnia e pet-therapy, recepito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 febbraio 2003.
Passando alle problematiche di natura fiscale, si evidenzia in primis che anche grazie all'interessamento dell'ENCI si è arrivati alle disposizioni del decreto ministeriale 20 aprile 2006, richiamato anche dall'attuale decreto ministeriale 27 maggio 2008, che ha inquadrato come reddito agricolo, a determinate condizioni, anche quello derivante dall'allevamento dei cani. In merito, poi, alla riduzione dell'IVA dal 20 al 10 per cento, pur essendo questo Ministero favorevole, in quanto vantaggioso per gli allevatori, la decisione non può che spettare al Ministero dell'economia e delle finanze, nei limiti imposti dalla normativa comunitaria. Ciò vale anche per il richiesto innalzamento della deducibilità delle spese veterinarie nelle dichiarazioni dei redditi.
Per quanto concerne, invece, l'accesso del settore cinofilo alle agevolazioni e finanziamenti PAC, si fa presente che per le razze canine, così come per altre specie di interesse zootecnico, non è mai esistita una OCM che potesse sollecitare interventi finanziari da parte della Comunità. Attualmente, col regime di disaccoppiamento, i precedenti aiuti per determinate produzioni agricole sono stati trasformati in diritti acquisiti da parte delle aziende agricole. Qualsiasi altro aiuto da parte dello Stato non può che conformarsi agli orientamenti fissati dalla Commissione Europea con regolamento (CE) n. 1857/2006 che, per le aziende agricole, consente investimenti strutturali (costruzioni, acquisizioni e miglioramento dei beni immobili, acquisto di macchine, attrezzature, eccetera) purché non comportino costi per il raggiungimento dei soli requisiti minimi sanitari, in materia di miglioramento delle condizioni igieniche degli allevamenti o del benessere degli animali. Interventi di tal genere rientrano, comunque, nella specifica competenza delle Regioni, che possono inserirli nei propri piani di sviluppo rurale, qualora ritengano le iniziative meritevoli di interesse.
Con riferimento al riconoscimento delle razze italiane come patrimonio storico e culturale, queste ultime risultano già tutelate attraverso la valorizzazione di ben dieci razze. È da segnalare, poi, il riconoscimento ufficiale da parte della Federazione Cinologica Internazionale di due ultime razze canine italiane quali il Lagotto romagnolo ed il Cane corso. Il riconoscimento definitivo di tali importanti razze è avvenuto in occasione delle due

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ultime assemblee di tutti i Kennel Club FCI tenutesi a Buenos Aires nel 2005 e a Città del Messico nel 2007.
Relativamente, infine, alla richiesta di commissariamento dell'ENCI, si fa presente che si stanno valutando attentamente tutte le possibili soluzioni al fine di risolvere completamente tutti i problemi segnalati, soprattutto in considerazione del fatto che la maggioranza delle questioni indicate attengono all'esercizio di competenze pubbliche.

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ALLEGATO 6

Interrogazione n. 5-00137 Marco Carra: Crisi del settore suinicolo.

TESTO DELLA RISPOSTA

In riferimento all'interrogazione a risposta indicata in oggetto, si rappresenta quanto segue.
In primo luogo, si ritiene opportuno far presente che, a seguito dell'incontro con la filiera suinicola, avvenuto il 28 maggio 2008. presso questo Ministero, e del successivo lavoro del tavolo tecnico predisposto nell'ambito del protocollo di intesa suinicola, il giorno 11 luglio 2008 è stato sottoscritto da parte di tutti gli attori della filiera il Piano Impegni Esecutivi.
Le organizzazioni di filiera hanno assunto l'impegno nei confronti di questa amministrazione e delle Regioni con la sottoscrizione del documento di dare operatività ai progetti prioritari di intervento:
Mercato unico;
Modello di valutazione carcasse;
Valorizzazione commerciale GSP;
Sviluppo delle filiere attraverso la programmazione dei volumi correlati.

In relazione a ciò, si rileva che, in attuazione degli impegni assunti dagli operatori della filiera, il giorno 28 novembre 2008 si è riunito il tavolo di filiera suinicola per riferire sullo stato di avanzamento delle singole azioni di intervento e per presentare il programma di attività legato alla costituzione della Commissione Unica Nazionale.
La Commissione Unica Nazionale nasce dall'accordo delle organizzazioni dei macellatori e degli allevatori per rispondere alle esigenze di crisi di un mercato incapace ormai di giungere alla quotazione dei suini che remuneri adeguatamente gli operatori.
Inoltre, si fa presente che, allo stesso tempo è in corso di definizione il programma di attività per l'introduzione nel 2009 del sistema di valutazione carcasse, ed è in fase avanzata di esecuzione la campagna di promozione di mercato del GSP - Gran Suino Padano.
Per la definizione dei Piani produttivi, sono stati effettuati incontri con l'Autorità Antitrust e il tema è stato sollevato dall'Italia nel dibattito comunitario sul Libro Verde sulle politiche di qualità.
Infine, si sottolinea che, a gennaio 2009, infine, sarà attivato il gruppo di lavoro sull'origine delle carni, previsto dell'accordo di filiera.

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ALLEGATO 7

Interrogazione n. 5-00643 Tommaso Foti: Contenzioso relativo ai contributi in favore dei consorzi di bonifica.

TESTO DELLA RISPOSTA

In riferimento all'interrogazione indicata in oggetto, riguardante quante cause di contestazione di richiesta contributo consortile abbiano in corso i Consorzi di bonifica italiani e a quanto assommino le spese sopportate nell'anno 2007 dai Consorzi di bonifica per difendersi nei giudizi promossi nei loro confronti al fine di contestare i contributi di bonifica e di irrigazione, si rappresenta quanto segue.
In primo luogo, occorre fare presente che i contributi emessi dai consorzi di bonifica nei confronti dei proprietari dei beni immobili ricadenti nei comprensori consortili possono essere distinti in due differenti tipologie:
il contributo di bonifica che consente il recupero delle spese sostenute annualmente dai consorzi per la gestione e la manutenzione delle opere irrigue (ovvero impianti di sollevamento, collettori, canali e vasche di accumulo), dalla cui efficienza e funzionalità dipende la sicurezza idraulica dei territori di riferimento;
il contributo di irrigazione che rappresenta il canone compensativo delle spese variabili (energia elettrica, personale stagionale eccetera), nonché dei costi fissi (canoni di concessione della risorsa idrica, manutenzione della rete di distribuzione eccetera) sostenuti annualmente dai consorzi.

A tale proposito, è opportuno sottolineare che gli articoli 10 e 17 del regio decreto del 13 febbraio 1933, n. 215 - cosiddetta Legge Serpieri - recante «Nuove norme sulla bonifica integrale», riconoscono ai Consorzi di bonifica la potestà di imporre detti contributi ai proprietari degli immobili che, essendo situati nei comprensori consortili, traggono beneficio dall'attività di bonifica.
Tale principio, che rappresenta l'elemento cardine posto alla base del sistema contributivo consortile, è codificato anche nelle disposizione dettate dall'articolo 860 del codice civile che statuiscono che i «proprietari dei beni situati entro il perimetro del comprensorio sono obbligati a contribuire nella spesa necessaria per l'esecuzione, la manutenzione e l'esercizio delle opere in ragione del beneficio che traggono dalla bonifica».
In particolare, i beni immobili oggetto del suddetto potere impositivo, definiti ai sensi dell'articolo 812 del Codice Civile, sono «il suolo, le sorgenti e i corsi d'acqua, gli alberi, i manufatti, ancorché questi ultimi siano uniti al suolo a scopo transitorio, ed in genere tutto ciò che risulta naturalmente o artificialmente incorporato al suolo medesimo».
Pertanto, alla luce di quanto sopra, si ritiene che i contributi consortili debbano essere corrisposti ai consorzi di bonifica nella misura congrua determinata dai relativi «Piani di classifica», in quanto agli stessi consorzi è riconosciuto detto potere impositivo sulla base della sussistenza dei presupposti richiesti dalla normativa vigente.
Tali presupposti sono rappresentati dalla:
qualità di proprietario o titolarità di altri diritti reali su beni immobili ricadenti nel comprensorio consortile;

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configurabilità di un beneficio che i beni medesimi traggono dalle opere e delle attività svolte dal consorzio di bonifica.

A tale proposito, copiosa giurisprudenza della Corte di cassazione a Sezioni Unite (sentenze n. 8956/1996, n. 8960/1996, n. 968/1998 e sentenza n. 7240/2003 della Sezione Tributaria della medesima Corte), ha chiarito che per legittimare la richiesta di detti contributi non è sufficiente una mera utilitas che risulti in rapporto di derivazione causale con l'attività consortile da cui il proprietario di un fondo trae vantaggio, ma è necessario che tale utilità si traduca in un beneficio diretto, specifico, conseguito e conseguibile, ovvero di tipo fondiario in quanto riferito alla qualità acquisita dal fondo per effetto della possibilità di avvalersi delle opere irrigue realizzate dal consorzio.
Tale principio è stato recentemente ribadito dal dispositivo della sentenza della Cassazione vile a Sezioni Unite n. 16428/2007 che assimila il contributo di bonifica ad un esborso di natura pubblicistica che non rappresenta il corrispettivo di una prestazione liberamente richiesta, ma bensì una forma di finanziamento pubblico che permette di imporre dei costi sull'area sociale che ricava benefici dall'attività svolta nell'area stessa.
D'altra parte, questa Amministrazione ha sempre ribadito l'importanza dei contributi di bonifica e di irrigazione che, configurandosi quali oneri reali sui fondi dei contribuenti, assicurano la partecipazione degli stessi alle spese di esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere pubbliche di bonifica.
Ed infatti, la rilevanza della contribuenza consortile è stata riaffermata anche nel testo della proposta di questa amministrazione, in attuazione dell'articolo 27 del decreto legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito con modificazioni nella legge 28 febbraio 2008, n. 31, riguardante i criteri di riordino dei consorzi di bonifica, sulla quale è stata sancita l'intesa dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano con il parere del 18 settembre 2008.
In particolare, al punto n. 6 dell'anzidetta proposta, intitolato «il regime finanziario degli interventi e partecipazione privata», è stato chiarito che il concetto di «beneficio» consiste nel vantaggio che tutti gli immobili traggono dalle attività di bonifica messe in atto dai consorzi.
Tale beneficio, come detto, rappresenta il presupposto fondamentale dell'attività impositiva dei consorzi ed è stato spesso, fino ad oggi, motivo di contenzioso di fronte agli organi di giustizia tributaria.
Inoltre, questo Ministero, in attesa delle necessarie modifiche alle legislazioni regionali in materia, auspica che i consorzi possano da subito improntare la loro attività ai criteri di trasparenza ed efficienza sanciti dall'intesa raggiunta, migliorando i rapporti con i consorziati e ponendosi sul territorio come soggetti privilegiati atti a garantire una gestione ottimale del ciclo integrato delle acque, così che le risorse idriche siano utilizzate con maggiore efficienza ed intelligenza, sia per l'uso agricolo che per quello civile ed industriale.
Per quanto riguarda gli oneri sopportati dai consorzi di bonifica per la difesa nei giudizi tributari, si fa presente che la proposizione dei ricorsi davanti alle commissioni provinciali tributarie non determina specifici oneri in quanto, in caso di contributi al di sotto dei 2.582 euro, importo sotto al quale normalmente vertono le liti, non è necessaria l'assistenza di un professionista.
Tale gratuità, peraltro, ha fatto si che tale contestazione proliferasse anche con ricorsi per somme minime, immotivati e addirittura compilati su modelli prestampati.
Quasi tutti gli atti di costituzione per i consorzi di bonifica associati all'Associazione Nazionale Bonifiche ed Irrigazioni sono stati predisposti dall'ANBI (attraverso i dipendenti addetti all'ufficio legale) nell'ambito dell'ordinaria attività di assistenza e non ha determinato, pertanto, costi aggiuntivi per i consorzi. Allo stato attuale quasi tutti i ricorsi sono stati respinti dalle commissioni provinciali tributarie e, nei casi di appello, anche dalle commissioni regionali.

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ALLEGATO 8

Interrogazione n. 5-00689 Cenni: Attuazione della legge n. 157 del 1992, in materia di protezione della fauna selvatica omeoterma e prelievo venatorio.

TESTO DELLA RISPOSTA

In riferimento all'interrogazione indicata in oggetto, con la quale l'interrogante chiede se questo Ministero non intenda provvedere, in tempi brevi, a presentare al Parlamento la relazione sull'attuazione della legge venatoria n. 157/92 prevista dall'articolo 35 della legge stessa e su questa base, avviare un confronto tra i diversi organismi interessati onde valutare i necessari aggiornamenti all'attuale normativa, si rappresenta quanto segue.
In primo luogo, si ritiene opportuno far presente che il citato articolo 35 prevede che al termine dell'annata venatoria 1994 le regioni trasmettono a questo Dicastero nonché al Ministero dell'ambiente, una relazione sull'attuazione della legge predetta. Sulla base di queste relazioni, questa amministrazione, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, presenta al Parlamento una relazione complessiva sullo stato di attuazione della legge in questione.
Al riguardo, si precisa che sulla base della lettura dell'articolo 35, non esiste a carico di questo Ministero alcun obbligo di relazionare in modo continuativo, ma detto obbligo è stato assolto una tantum con la predisposizione e presentazione della relazione in questione, prevista al termine della annata venatoria 1994-1995, proprio quando, cioè, era pienamente attuata la nuova disciplina. Per quella data, infatti, un bilancio, sia pure provvisorio, era possibile, in modo che il Governo e il Parlamento fossero messi in grado di valutare i risultati dell'applicazione della legge.
In realtà, i termini di attuazione della legge n. 157/92 sono slittati in avanti con diversi decreti-legge, fino ad essere fissati definitivamente al luglio del 1997 dall'articolo 11-bis della legge n. 649/96. Da quel momento, sono stati richiesti, e più volte sollecitati, alle Regioni e alle Province, gli elementi informativi necessari, cosa di difficile attuazione che ha comportato ritardi inevitabili nella presentazione della relazione.
Tornando all'interrogazione in questione si ritiene doveroso, in via preliminare, replicare all'affermazione fatta dall'interrogante, secondo il quale «ad oggi, da oltre 16 anni dalla sua entrata in vigore, non è stata ancora presentata in Parlamento nessuna relazione da parte dei diversi Ministeri competenti».
Infatti, la relazione in parola è stata trasmessa agli organi competenti. Negli anni successivi, poi, alcuni parlamentari, impegnati, in sede di Comitato ristretto, nell'esame di alcune iniziative legislative per la modifica della legge n. 157/92, hanno richiesto al Presidente della XIII Commissione Agricoltura della Camera di attivarsi per sollecitare l'acquisizione di una relazione aggiornata, indispensabile, a loro avviso, per il proseguimento dei lavori della Commissione stessa.
A seguito di ciò, questa amministrazione, a sua volta, ha chiesto alle amministrazioni locali elementi di conoscenza sugli ultimi cinque anni (a partire dal 1997) di attuazione della legge n. 157/92, in particolare sul rapporto caccia-territorio e funzionamento degli ATC.

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In relazione a ciò, è stata quindi prodotta una relazione aggiornata al 2004.
Per quanto riguarda, infine, l'iniziativa sollecitata dallo stesso interrogante, volta ad avviare un confronto costruttivo tra le parti interessate onde procedere all'aggiornamento della normativa in questione, si fa presente che proprio un'analoga iniziativa era stata assunta, nell'ambito del Comitato Tecnico Faunistico Venatorio Nazionale, operante ai sensi dell'articolo 8 della legge n. 157/92 presso questa amministrazione nella precedente legislatura ed è sicura intenzione di questo Dicastero riproporla non appena si sarà ricostituito l'organo tecnico sopramenzionato.