CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 24 settembre 2008
60.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria. C. 1441-bis Governo.

PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE

La II Commissione,
esaminato il disegno di legge in oggetto,
rilevato che:
il provvedimento in esame, come modificato dagli emendamenti, contiene numerose disposizioni volti a riformare la giustizia civile e, segnatamente, gli articoli da 52 a 64;
tali interventi costituiscono un importante fattore per il rilancio della competitività del sistema economico e per tale motivo sono stati inseriti nell'ambito di un provvedimento collegato alla manovra di finanza pubblica, assegnato in sede referente alle Commissioni riunite I e V;
la predetta assegnazione in sede referente alle Commissioni riunite I e V, per quanto ineccepibile sotto il profilo regolamentare, tuttavia comprime le prerogative e le competenza della Commissione giustizia, che rappresenta la sede naturale per un esame approfondito e consapevole dei provvedimenti di riforma del processo civile;
è necessario quindi che in futuro i provvedimenti che incidono sulla giustizia civile siano esaminati dalla Commissione giustizia, in sede referente e con lo svolgimento di un adeguato ciclo di audizioni degli operatori del settore;
il provvedimento in esame introduce rilevanti novità nel processo civile, con particolare riferimento ai profili della competenza; dell'incompatibilità del giudice; della valutazione del comportamento processuale delle parti, anche ai fini dell'incentivazione della composizione della controversia in sede conciliativa; dell'assunzione della prova testimoniale per iscritto; della nuova disciplina dell'ammissibilità del ricorso per cassazione; dell'introduzione del procedimento sommario di cognizione; della definizione dei principi di delega per l'emanazione di norme istitutive dell'istituto della mediazione in materia civile e commerciale; del recupero delle somme afferenti al bilancio della giustizia e per il contenimento e la razionalizzazione delle spese di giustizia;
i predetti interventi appaiono, singolarmente e nel loro complesso, apprezzabili, poiché idonei a migliorare l'efficienza della giustizia civile, nonché a determinare una chiara ed evidente accelerazione dello svolgimento del processo civile e, quindi, della sua conclusione;
appare auspicabile, con riferimento all'articolo 53-bis, comma 2, relativo all'ammissibilità del ricorso per cassazione, un'ulteriore riflessione che porti alla precisazione dei limiti della discrezionalità spettante al collegio, chiamato a decidere dell'ammissibilità medesima, nonché l'esplicito riferimento al rispetto del principio del contraddittorio;

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appare altresì auspicabile, con riferimento all'articolo 53, comma 7, che introduce la testimonianza scritta, un ulteriore approfondimento in chiave di semplificazione procedurale, anche nell'ottica di una riconoscibilità dello strumento da parte degli operatori internazionali e di un ampliamento delle garanzie di autenticità del risultato probatorio,
esprime

PARERE FAVOREVOLE.

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ALLEGATO 2

Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria. C. 1441-bis Governo.

NUOVA PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

La II Commissione,
esaminato il disegno di legge in oggetto;
rilevato che:
il provvedimento in esame, come modificato dagli emendamenti, contiene numerose disposizioni volti a riformare la giustizia civile e, segnatamente, gli articoli da 52 a 64;
l'assegnazione in sede referente alle Commissioni riunite I e V, per quanto ineccepibile sotto il profilo regolamentare, tuttavia comprime le prerogative e le competenza della Commissione giustizia, che rappresenta la sede naturale per un esame approfondito e consapevole dei provvedimenti di riforma del processo civile;
è necessario quindi che in futuro i provvedimenti che incidono sulla giustizia civile siano esaminati dalla Commissione giustizia, in sede referente e con lo svolgimento di un adeguato ciclo di audizioni degli operatori del settore;
il provvedimento in esame introduce rilevanti novità nel processo civile, con particolare riferimento ai profili della competenza; dell'incompatibilità del giudice; della valutazione del comportamento processuale delle parti, anche ai fini dell'incentivazione della composizione della controversia in sede conciliativa; dell'assunzione della prova testimoniale per iscritto; della nuova disciplina dell'ammissibilità del ricorso per cassazione; dell'introduzione del procedimento sommario di cognizione; della definizione dei principi di delega per l'emanazione di norme istitutive dell'istituto della mediazione in materia civile e commerciale; del recupero delle somme afferenti al bilancio della giustizia e per il contenimento e la razionalizzazione delle spese di giustizia;
i predetti interventi appaiono nel loro complesso apprezzabili, poiché idonei a migliorare l'efficienza della giustizia civile, nonché a determinare una chiara ed evidente accelerazione dello svolgimento del processo civile e, quindi, della sua conclusione;
con riferimento all'articolo 53, comma 7, che introduce la testimonianza scritta, appare opportuna una semplificazione della procedura di assunzione della prova, anche nell'ottica di una riconoscibilità dello strumento da parte degli operatori internazionali e di un ampliamento delle garanzie di autenticità del risultato probatorio;
l'articolo 53-bis, comma 1, sancisce il principio dell'appellabilità di tutti i provvedimenti di primo grado aventi natura decisoria, che potrebbe suscitare seri dubbi interpretativi in ordine a quei provvedimenti di natura decisoria per i quali la normativa vigente non prevede opportunamente il giudizio d'appello;
con riferimento all'articolo 53-bis, comma 2, relativo all'ammissibilità del ricorso per cassazione, appare opportuna una ulteriore riflessione volta a definire i limiti della discrezionalità spettante al collegio,

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chiamato a decidere dell'ammissibilità medesima, nonché ad esplicitare il riferimento al rispetto del principio del contraddittorio,
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con la seguente condizione:
all'articolo 53-bis sopprimere il comma 1;

e con le seguenti osservazioni:
a) valutino le Commissioni di merito l'opportunità di modificare l'articolo 53, comma 7, che introduce la testimonianza scritta, come descritto in premessa;
b) valutino le Commissioni di merito l'opportunità di modificare l'articolo 53-bis, comma 2, relativo all'ammissibilità del ricorso per cassazione, come descritto in premessa.

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ALLEGATO 3

Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria. C. 1441-bis Governo.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE

La II Commissione,
premesso che:
tutti conveniamo che un efficiente sistema di giustizia civile è essenziale ai fini della competitività del Paese e della sua capacità di attrarre investimenti internazionali;
il recupero di efficienza ed effettività della tutela giurisdizionale appare l'ambito prioritario su cui intervenire;
non può condividersi la scelta del Governo di inserire importanti segmenti di riforma del processo civile in un disegno di legge collegato alla Finanziaria recante «Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria»;
è estremamente grave che non sia stato consentito alla Commissione giustizia di discutere e approfondire con i naturali interlocutori, ovvero gli operatori della Giustizia, un provvedimento di propria esclusiva competenza;
non è inoltre condivisibile un impianto normativo come quello della proposta del Governo che agisce costantemente sulla leva delle disposizioni processuali, rischiando di creare uno stress eccessivo da impatto normativo, perdendo così di vista l'effettivo rispetto delle garanzie di difesa e del principio del contraddittorio. Si tratta infatti di un impianto che, oltre la vera e propria forzatura costituzionale relativa al cosiddetto filtro alla Corte suprema, è carente di interventi posti su altri piani (ad esempio quello imprescindibile della corretta ed adeguata allocazione delle risorse economiche ed umane, quello sull'ufficio del processo, quello sulla riqualificazione del personale amministrativo) e non è privo di incoerenze interne e di imperfezioni nella complessiva figura del processo che si delinea,

valutato nel merito che:
1. L'incremento delle competenze del Giudice di pace non è senza risvolti sul complessivo funzionamento della giustizia civile; se è vero, infatti, che l'assorbimento di domanda giudiziale da parte della magistratura onoraria libera nuove energie per l'amministrazione giudiziaria ad opera dei togati, tuttavia l'indiscriminato innalzamento del limite di valore per le controversie destinate al G. di P. rappresenta anche un fattore inflattivo della domanda giudiziale.
In considerazione di quanto precede, è opportuno prevedere un innalzamento minore della competenza per valore ovvero l'individuazione di nuove competenze del G. di P. mediante un criterio non esclusivamente per «valore» ma uno diverso, già in uso per le liti da circolazione stradale, che vede la combinazione del criterio di valore con quello per «materia». In tal modo, l'effetto di accoglimento di domande suscettibili di ripetizione seriale si riduce, e di converso si aumenta la tendenziale specializzazione anche della magistratura onoraria. Anche per questa ragione, l'aumento della competenza del

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G. di P. avrebbe dovuto essere collegato alla più generale riforma dell'accesso alla magistratura onoraria.
2. Le modalità di assunzione della prova previste con la testimonianza scritta sono contrastanti con l'accertamento della verità ed il rispetto dell'articolo 111 della Costituzione. La generalizzazione della possibilità di una raccolta di informazioni utilizzabili in causa senza presidio di quella immediatezza che è oggi di rilevanza costituzionale («il processo si svolge davanti a giudice») è destinata a sfociare in questioni che non involgono soltanto il piano dell'efficienza del servizio giudiziario. Infatti, la capacità del giudice di ordinare davanti a sé la rinnovazione della testimonianza non appare misura sufficiente ad assicurare l'effettività del principio di immediatezza costituzionalmente cogente, essendo lasciata alla sua insindacabile valutazione. Non può non lasciare perplessi come il contesto normativo privilegi valori formali (quali l'autenticità della sottoscrizione del documento contenente a testimonianza) assai più che valori sostanziali (qual è la genuinità dell'informazione somministrata dal terzo).
È facile previsione, allora, quella che si rivolge a ipotizzare abusi difficilmente prevenibili della testimonianza resa senza la comparizione del soggetto informato davanti all'A.G., e ciò senza dire che il «prudente apprezzamento» del giudice viene a esercitarsi sopra un materiale di incerta formazione, e non solo perché avulso dalla presenza del giudice ma anche perché sottratto alla vigilanza del contraddittorio tipico dell'udienza in cui la testimonianza propriamente detta viene normalmente raccolta.
Date queste oggettive premesse, alcuni temperamenti sembrano ineludibili come una maggiore selettività nelle ipotesi di applicazione della testimonianza scritta, applicandola alle ipotesi di prova delegata ex articolo 203 del codice di procedura penale, ed a una maggiore garanzia inerente il momento della formazione e della raccolta dell'informazione; prevedendo ad esempio un livello di coinvolgimento del pubblico ufficiale anche nel processo formativo del documento e non solo nell'autenticazione della sottoscrizione. L'incertezza sulla formazione della prova che ne consegue renderebbe auspicabile la utilizzazione della testimonianza scritta come risorsa ulteriore e non come risorsa sostitutiva della prova orale.
3. Nella serie degli interventi settoriali il progetto di legge contiene anche un novità in tema di accesso alla Corte suprema.
L'introduzione di un filtro di ammissibilità al giudizio di Cassazione se, da una parte, appare opportuno per consentire l'effettivo dispiegarsi della funzione nomofilattica della Suprema Corte, di contro, nella formulazione della norma nega alla giurisprudenza la sua funzione essenziale di innovazione e di adattare la norma alla trasformazione della realtà sociale.
Inoltre appare eccessivo l'ambito di discezionalità lasciato al collegio preposto al vaglio dell'ammissibilità, prevedendo che possano ammettere il ricorso sia nel caso che vogliano modificare sia in quello che vogliano confermare il proprio precedente indirizzo.
Va segnalato tra l'altro che la decisione alla forma dell'ordinanza non può essere impugnata. La norma della proposta di Governo non definisce i rapporti tra il filtro e il procedimento camerale di cui all'articolo 375 del codice di procedura civile modificato di recente, non chiarendo il rapporto tra nuova «inammissibilità» e già prevista manifesta infondatezza.
Dalla formulazione della disposizione sembrerebbe peraltro essere prefigurato un carattere vincolante dei precedenti della Corte di Cassazione rimesso alla valutazione della stessa, con possibili riflessi sul principio di cui al VII comma dell'articolo 111 della Costituzione che prevede il diritto al ricorso contro ogni sentenza in caso di violazione di legge.
4. Indubbiamente un'altra delle più significative novità, il procedimento sommario disciplinato dagli articoli 702-bis del codice di procedura penale, sconta un'incertezza concettuale grave (con sequela di criticità anche costituzionali): se l'istruzione

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in primo grado è sommaria, l'appello non può essere «limitato», come non è (cfr. Cass. 11 luglio 2008, n. 19238), altrimenti almeno una parte non avrebbe mai la possibilità di un grado di merito a cognizione esauriente (in altre parole, la sola scelta dell'attore non può togliere poteri che, se l'attore non avesse optato per l'alternativa del procedimento sommario, il legislatore avrebbe precostituito in ogni caso a beneficio del convenuto).
Dunque, il giudicato che si vuole segua in ogni caso al provvedimento sommario di cognizione non può non essere preceduto da almeno una possibilità di processo regolato nelle forme del libro II del codice di procedura civile, in queste riassumendosi allo stato un paradigma di predeterminazione di poteri delle parti la cui deroga, se ammessa, deve essere comunque presidiata da scelte autoresponsabili (cioè, scelte alle quali concorra la parte alla quale è tolta la serie dei poteri della cognizione ordinaria), che qui vengono a mancare. Né, del resto, appare ragionevole che un medesimo rimedio - l'appello - segue a forme del procedimento tanto diverse, l'una regolata sostanzialmente dal giudice l'altra interamente dalla legge.
In conseguenza la previsione del rito sommario di cognizione rischia di spostare nel grado di appello la fase probatoria e, quindi, costituisce di per sé un aggravamento dei tempi del processo.
Non viene inoltre indicato il rapporto tra questo rito sommario e le altre procedure sommarie presenti nell'ordinamento.
Non viene inoltre indicato alcun criterio oggettivo in virtù del quale il Giudice possa procedere alla trasformazione del rito, ma la scelta è rimessa interamente alla sua discrezionalità. Peraltro il Giudice non ha obbligo di motivazione nel caso non intenda procedere con rito sommario potendo limitarsi a rimettere le parti all'udienza di trattazione perché si proceda con rito ordinario.
Inoltre il processo sommario finisce così per aggiungersi agli ulteriori riti esistenti sia in sede ordinaria che sommaria (e che ad oggi sono oltre venti) senza procedere ad alcuna razionalizzazione del sistema ed anzi producendo incertezze interpretative che potranno di per sé provocare un allungamento dei tempi del processo.
5. Sulla conciliazione, infine, osserviamo che un organo di tutela generalista, che potrebbe anche diventare snodo strategico per la Class Action, non può che essere collocato all'interno del tribunale; un luogo riconoscibile dal cittadino come deputato alla Giustizia. Non è sufficiente riformare l'istituto se contemporaneamente non si diffonde la cultura della conciliazione, se il servizio non si fa carico anche di orientare le diverse domande di giustizia se non rende la conciliazione più visibile e accessibile.
È necessario inoltre prevedere che ci si avvalga del personale appartenente al Consiglio dell'Ordine, perché solo con un attivo coinvolgimento dell'avvocatura che operi in stretta collaborazione con la magistratura, l'organismo della conciliazione, oltre ad operare come filtro delle domande di giustizia, potrebbe elevare nel suo complesso la qualità della giustizia stessa,
esprime

PARERE CONTRARIO

Melis, Mantini, Rossomando, Samperi, Tidei, Vaccaro, Ferranti, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Ciriello, Concia, Cuperlo, Gianni Farina, Bernardini.

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ALLEGATO 4

Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria. C. 1441-bis Governo.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE

La II Commissione,
premesso che:
le modalità con cui si è fin qui svolta la discussione sulle modifiche al codice di procedura civile non possono essere ininfluenti sul giudizio complessivo che occorre formulare in questa sede. L'assegnazione del parere in sede referente alle Commissioni affari costituzionali e bilancio, con totale espropriazione della Commissione giustizia della sua naturale competenza (peraltro rilevata dagli stessi Presidenti delle tre Commissioni citate) non può che rispondere ad una volontà di impedire un confronto di merito serio e approfondito su una riforma di portata assai rilevante, privilegiando una celerità più funzionale all'effetto annuncio che al reale approfondimento dei problemi. Si aggiunga che il Governo, nel corso dell'esame da parte delle Commissioni congiunte, è continuamente intervenuto con emendamenti modificativi o sostitutivi di interi articoli, costringendo l'opposizione non solo ad una continua funzione di supplenza dei propri componenti di Affari costituzionali e Bilancio, ma ad un defatigante inseguimento di un testo in permanente mutazione. Questo iter non può essere frutto del caso, ma rientra nella logica sin qui seguita dalla maggioranza e dal Governo di proclamare a parole un dialogo continuamente disatteso nei fatti. Ciò induce inevitabilmente l'opposizione a far prevalere una questione pregiudiziale di metodo rispetto alle proposte modificative, pur in parte condivise. Evidentemente alla maggioranza e al Governo, non solo non interessa il parere dell'opposizione che, attraverso il confronto parlamentare, può migliorare il provvedimento, ma non interessa neppure ottenere un voto favorevole che rappresenti un più ampio consenso. Peraltro, il processo civile è il tipico argomento su cui potrebbero prevalere convergenze programmatiche in nome dell'interesse generale, evitando contrapposizioni ideologiche. Era stato proprio il Ministro della giustizia in diverse circostanze ad auspicarlo, raccogliendo anche la nostra disponibilità di principio, salvo poi praticare tutt'altra strada;
gli articoli 52-62-bis A.C. 1441-bis contengono misure intese a promuovere efficienza ed effettività maggiori nella tutela giurisdizionale. Se ne riconosce l'intendimento prevalente di evitare forti innovazioni sistematiche (fatta eccezione per l'eccentrica soluzione relativa al giudizio di Cassazione) nel tentativo, piuttosto, di ottimizzare la resa dell'orditura legislativa esistente, agendo costantemente sulla leva delle disposizioni processuali senza rischiare uno stress eccessivo da impatto normativo. Si tratta di un impianto che, tolta la vera e propria forzatura costituzionale relativa alla Corte suprema, appare complessivamente ispirato da razionalità e realismo; un impianto che, tuttavia, se deliberatamente viene a mancare di interventi posti su altri piani (seppur non indipendenti da quello processuale), non è privo di incoerenze già interne al pur ridotto orizzonte di misure intraprese (di cui esemplare è il rimeditato mantenimento dell'abnorme sospensione dei termini

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nel periodo feriale a fronte del dimezzamento degli altri termini processuali) e di imperfezioni nella complessiva figura del processo che si delinea (imperfezioni presenti anche là dove l'intervento si conviene essere urgente, come in tema di transalatio judicii);
pur accedendo a un tendenziale favore per la serie delle disposizioni proposte, se ne evidenziano qui di seguito i principali limiti (anche di levatura costituzionale) il cui solo superamento può condizionare un parere positivo, dovendosi in difetto esprimere un parere negativo.
1. L'incremento delle competenze del Giudice di pace non è senza risvolti sul complessivo funzionamento della giustizia civile; se è vero, infatti, che l'assorbimento di domanda giudiziale da parte della magistratura onoraria libera nuove energie per l'amministrazione giudiziaria ad opera dei togati, tuttavia l'indiscriminato innalzamento del limite di valore per le controversie destinate al G. di P. rappresenta anche un fattore inflattivo della domanda giudiziale. E ciò in considerazione di dati strutturali inerenti alla giustizia di pace: maggiore prossimità territoriale e statuto personale del giudice, ivi incluso il permanente criterio del cottimo per la retribuzione, inducono un aumento del ricorso al Giudice in quanto tale, tanto più quando all'innalzamento del numero di affari trattati corrisponde un incentivo economico per il magistrato incaricato della relativa trattazione. In considerazione di quanto precede, sembra prudente introdurre le nuove competenze del G. di P. mediante un criterio non esclusivamente per «valore» ma uno diverso, già in uso per le liti da circolazione stradale, che vede la combinazione del criterio di valore con quello per «materia». In tal modo, l'effetto di accoglimento di domande suscettibili di ripetizione seriale si riduce, e di converso si aumenta la tendenziale specializzazione anche della magistratura onoraria, con un duplice effetto positivo, sia in primo grado (per numero di accessi) che in sede di impugnazione (per l'indotto miglioramento qualitativo del prodotto giudiziale), specie dopo la sopravvenuta appellabilità di tutte le sentenze del G. di P.
2. La pluriforme manovra normativa che investe la questione di competenza e la disciplina della relativa decisione incontra sicuro favore in un contesto che intenda depotenziare l'intensità e la frequenza di questioni non di merito e tuttavia capaci di (almeno) ritardare la sentenza effettivamente definitiva. Perciò, è sicuramente accettabile che si sopprima il rimedio a sé stante del regolamento di competenza, previa stabile riduzione da «sentenza» a «ordinanza» dell'atto che decide sull'eccezione di incompetenza del giudice adito (operazione che, in difetto di combinazione con quella senz'altro soppressiva del regolamento a istanza di parte, sarebbe destinata, come accaduto per il rito del lavoro, all'insuccesso). Tuttavia, collocandosi la scelta di abrogare il regolamento entro una opzione più ampia - in cui, pur prescindendo dalla proposta ultima in tema di condizioni di ammissibilità del ricorso per cassazione -, il rilievo officioso della questione di competenza, anche per «materia», viene soppresso e comunque il controllo della Corte suprema viene tolto anche se la questione giunga al suo esame (in sede di ricorso ordinario) attraverso l'impugnazione della sentenza che abbia deciso la controversia (e non la sola questione di competenza), il complessivo trattamento che la legge ordinaria viene così facendo della garanzia costituzionale dell'articolo 25, primo comma, appare inadeguato prima che inopportuno. Non appare eludibile, invero, che il controllo sulla «violazione di legge», legge «in base» alla quale sia stato «precostituito» il giudice, riguardi altresì la competenza dell'A.G.: un diritto, sia pure a contenuto processuale e tuttavia riconosciuto dalla Parte prima della Costituzione, non può essere interamente disponibile (ciò che deriva dalla soggezione anche del criterio per «materia» alla tempestiva eccezione di parte) né assolutamente incontrollabile dalla Corte suprema (quali che siano le condizioni di accessibilità). Pertanto, mentre rimane incerto

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che la abrogazione dell'apposito motivo di ricorso per cassazione (articolo 360, n. 2, codice di procedura civile) possa implicare la soppressione tout court del ricorso per «violazione delle norme sulla competenza» (del quale si può finanche ipotizzare, in una interpretazione costituzionalmente orientata, il recupero sotto altri motivi di ricorso per cassazione), è consigliabile mantenere il controllo di legittimità sia pure non disgiunto dalla sentenza definitiva del processo anche per la questione di competenza, con la sequela di peculiarità della pronuncia regolatrice della Cassazione rispetto a qualunque decisione sulla competenza presa da altro organo giurisdizionale. A parte la segnalata inadeguatezza costituzionale della soluzione, non meno preoccupa la cancellazione di criteri di competenza rilevabili d'ufficio, specie in considerazione del fatto che la preclusione in cui può incorrere il convenuto interessato a far valere l'eccezione matura talvolta inconsapevolmente data l'organizzazione, non infrequentemente inadatta, di molti soggetti (specie di estrazione pubblica) siccome incapaci di fronteggiare l'onere difensivo nei tempi dati (e senza qui dire di altri abusi pure indotti dalla assoluta derogabilità).
3. Il profilo riformatore delle disposizioni in punto di c.t.u. è sostanzialmente conservativo dello status quo, e in quanto tale non soddisfacente. Appare non ulteriormente differibile, viceversa, il superamento del criterio degli albi presso il tribunale, il quale - da una parte - toglie al giudice il potere di liberamente scegliere una persona di sua fiducia (come nell'ordinamento francese), ma - dall'altra - toglie pure alle parti il potere di convenire sulla scelta di un unico soggetto di fiducia di entrambe (come nell'ordinamento spagnolo e tedesco). Insomma, l'ordinamento interno limita l'esplicazione di poteri altrimenti riferibili per intero al giudice e alle parti, cui andrebbe pertanto restituito il primato nella scelta personale ai fini dell'affidamento dell'indagine peritale (in ipotesi, anche distinguendo, come altrove è dato riscontrare, tra materie disponibili e indisponibili). Peraltro, il ricorso a soggetti non veramente depositari della fiducia delle parti costituisce fattore di incremento dei costi del processo poiché le parti, in nessuna misura coinvolte nel procedimento di scelta (e del quale neppure il giudice appare interamente dominus), indulgono nell'assistenza di esperti di parte che moltiplicano le spese processuali, infine assolutamente imprevedibili ex ante (con ulteriore mortificazione della complessiva resa di certezza del sistema di giustizia).
4. Uno dei luoghi del processo sopra i quali nel recente passato si è tentata una diversificazione in funzione semplificante è stato quello della mancata costituzione di una delle parti («contumacia», volendo usare una espressione di sintesi): diversificazione semplificante auspicata in dottrina e non prodotta fino alle conseguenze ultime soltanto per vizi formali della fonte di disciplina (Corte costituzionale n. 340/2007 ha, peraltro non senza critiche, dichiarato illegittima la norma sulla cosiddetta ficta confessio del contumace volontario introdotta per decreto legislativo n. 5/2003 soltanto per eccesso di delega). Ora, se la contumacia è una delle situazioni che possono giustificare un'accelerazione processuale mossa (almeno) dall'esonero della prova dei fatti allegati dall'altra parte (con risparmio, dunque, di tempi altrimenti destinati alla istruzione probatoria), non è ragionevole fissare nel Libro 1 del codice di procedura penale (articolo 115) regole che, sia pure implicitamente, possano far presupporre, ai fini dell'utilizzazione di un fatto, la avvenuta costituzione della parte contro cui è allegato (come quando il potere giudiziale di fondarvi la decisione viene esteso soltanto a quelli «ammessi» o «non contestati»). Una scelta siffatta potrebbe, difatti, confermare a contrario che il principio rimane quello della cosiddetta neutralità della contumacia, secondo una tradizione di alterità tra contumacia e non contestazione in realtà oscura ma assai pervasiva della realtà giurisprudenziale (tanto da aver influenzato la stessa Corte costituzionale). La contumacia è stata intesa finora in senso di iper-garanzia verso coloro che

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manifestano disinteresse per il processo; invece, adesso, in nome di un'interpretazione costituzionalmente orientata ai valori della ragionevole durata ed efficienza del servizio, la contumacia potrebbe trovare una naturale allocazione entro le ipotesi di non-contestazione. Viceversa, una volta fatta l'opzione inclusa nell'articolo 115 del codice di procedura civile, la deroga al principio di neutralità della contumacia postulerebbe espresse previsioni, ma di deroghe del genere, intanto, non c'è traccia alcuna. Insomma, la libertà di disciplina o di trattamento (anche soltanto interpretativo) della contumacia (che è pur sempre un «contegno» valutabile in quanto tenuto «nel processo»: articolo 116, secondo comma, codice di procedura civile) non può correre il rischio di rimanere condizionata dalla fissazione, sia pure per implicito, del principio di neutralità della contumacia, mutuabile dalla collocazione (e dalla formula) della norma sulla non-contestazione siccome ipotesi fin qui ritenuta bisognosa della previa costituzione della parte ai fini dell'utilizzabilità del fatto che ne costituisce oggetto.
5. Secondo la tendenza di molti ordinamenti il potere di direzione del procedimento deve cedere al giudice anche in funzione di assicurare la ragionevole durata del processo, naturalmente senza divellere il principio dispositivo pur sempre dominante in materia civile. È così utile esplicitare, anche quanto al nostro ordinamento, che il generale potere di promuovere «il più sollecito e leale svolgimento del procedimento» (da sempre conferito all'istruttore dall'articolo 175, primo comma, codice di procedura civile) principia in realtà dal potere di programmare la durata stessa del giudizio, d'intesa con le parti, implicando ovviamente l'attribuzione specifica del potere quella di una inscindibile e speculare responsabilità. In altre parole, evitato - per quanto possibile - che l'articolo 111, secondo comma, Cost. sia utilizzato soltanto come nuova chiave interpretativa della normativa esistente, talvolta generando imprevedibili mutamenti dell'indirizzo giurisprudenziale consolidato, è bene favorire, piuttosto, generazione di disposizioni nuove che trovino, in punto di technicality, una precisa origine proprio in quel valore economico (il tempo) che la Costituzione, adesso, assegna come costante alla legge processuale. In questa prospettiva, appare fondamentale intestare il potere (e la responsabilità) della ragionevole durata del processo al giudice, in modo univoco, conferendogli espressamente una speciale capacità direttiva. Tuttavia, ciò non toglie la necessità dell'interlocuzione con le parti, delle quali, specie in momenti nodali come quello dell'udienza di trattazione, non può essere pretermessa un'indicazione eventualmente unanime verso un determinato programma di svolgimento del processo, tanto più quando sia la legge a predeterminarne la eventuale durata (è il caso esemplare in cui, nonostante la natura di potere della situazione del giudice che disciplina il processo mediante assegnazione di termini successivi per lo svolgimento diacronico della trattazione, nel senso di disporre di appositi termini dispensati dal giudice convergano le indicazioni di tutte le parti presenti, che dunque possono divenire eccezionalmente vincolanti, tanto più in quanto trattasi di termini perentoriamente fissati in sede legislativa).
6. Benché una certa parte della dottrina promuova da gran tempo l'introduzione di un generale potere di rimessione in termini in capo al giudice in modo da consentire il superamento di impedimenti all'esercizio dei diritti che siano sorti indipendentemente dalla volontà o responsabilità della parte che ne è colpita, tuttavia non convince la scelta di consentire, in maniera assolutamente non selettiva, che il giudice ritenga di volta in volta superata la preclusione da decadenza o, addirittura, da regiudicata per fatto ritenuto inimputabile, così incidendo in maniera singolare sul diritto sostanziale. Appare evidente il rischio di arbitri giudiziari e di involontarie diversità di trattamento che sono fattori generatori di sfiducia nell'amministrazione della giustizia (oltre che di indebite responsabilità magistratuali in un sistema in cui la legge rimane la fonte sovraordinata alla attività giudiziaria).

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Più prudente, allora, può essere la sperimentazione di istituti che, ferma la piena ricuperabilità di situazioni che implicano altrimenti la perdita di soli poteri processuali (articolo 184-bis, codice di procedura civile), elettivamente consentano di rimuovere anche preclusioni con effetti sostanziali: è il caso, per esempio, della rimessione in termini per «errore scusabile» che, oltre l'esperienza confortante della giustizia amministrativa, lascia comprendere come un tollerabile tasso di discrezionalità giudiziale non possa andare disgiunto da un minimo livello di oggettività della situazione pregiudicante, prime tra queste quelle indotte dal caos normativo ormai assai frequente. Ma, come ben si intende, stabilire che per errore scusabile la parte ha svolto malamente un potere di impugnazione sicché il vizio non determina la irreversibile consumazione di un dato potere, perciò eccezionalmente riconosciuto come rinnovabile (per errore scusabile), è ben altro dal conferire un potere generale di restituzione nel termine indotto da un atipica causa non imputabile alla parte che intende giovarsene.
7. Nella prospettiva appena accennata di una piena ricuperabilità di situazioni che implicano altrimenti la perdita di soli poteri processuali dev'essere collocata la pur diversa (e non veramente omologabile) situazione della sanabilità dei difetti dello jus postulandi, la quale sia intesa a evitare che colpe eventualmente ascrivibili al difensore si traducano in detrimento di chances per la parte rappresentata. Tuttavia, almeno sotto il profilo tecnico, la peculiarità del tema del vizio di procura alle liti rimane da salvaguardare anche dal punto di vista normativo senza che l'equiparazione del relativo trattamento a quello dei difetti di legittimazione processuale possa produrre confusioni e improprietà ulteriori.
8. Non è recente né ignota nell'esperienza legislativa, interna e internazionale, la previsione della testimonianza del terzo per iscritto. Dunque, non può, nemmeno a questo proposito, discorrersi rigorosamente come di una innovazione di sistema. Non v'è dubbio, però, che la generalizzazione della possibilità di una raccolta di informazioni utilizzabili in causa senza presidio di quella immediatezza che è oggi di rilevanza costituzionale («il processo si svolge davanti a giudice») è destinata a sfociare in questioni che non involgono soltanto il piano dell'efficienza del servizio giudiziario. Infatti, se la permanente capacità del giudice di ordinare davanti a sé la rinnovazione della testimonianza appare misura sufficiente ad assicurare l'effettività del principio di immediatezza costituzionalmente cogente, tuttavia non può non lasciare perplessi come il contesto normativo privilegi valori formali (quali l'autenticità della sottoscrizione del documento contenente la testimonianza) assai più che valori sostanziali (qual è la genuinità dell'informazione somministrata dal terzo). È facile previsione, allora, quella che si rivolge a ipotizzare abusi difficilmente prevenibili della testimonianza resa senza la comparizione del soggetto informato davanti all'A.G. (sebbene la risalente comminazione penale appaia adeguata anche alla previsione di nuovo conio); e ciò senza dire che il «prudente apprezzamento» del giudice viene a esercitarsi sopra un materiale di incerta formazione, e non solo perché avulso dalla presenza del giudice ma anche perché sottratto alla vigilanza del contraddittorio tipico dell'udienza in cui la testimonianza propriamente detta viene normalmente raccolta. Date queste oggettive premesse, alcuni temperamenti sembrano ineludibili: da una maggiore selettività nelle ipotesi di applicazione della testimonianza scritta, a una maggiore garanzia inerente il momento della formazione e della raccolta dell'informazione, sul punto specifico apparendo possibile aumentare il livello di coinvolgimento del pubblico ufficiale nel processo formativo del documento senza che questi sia relegato ex post nel limitato ruolo di autenticazione della sottoscrizione, che appare un posterius rispetto al prius (da privilegiare) della genuina formazione della dichiarazione da sottoscrivere.
9. Nella serie degli interventi settoriali il progetto di legge in esame viene da

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ultimo a contenere una copernicana rivoluzione in tema di accesso alla Corte suprema. Trattasi di soluzione che indebitamente crea poteri duali tra organi distinti della costituzionalmente unica Corte suprema e che altera le condizioni di ammissibilità costituzionalmente stabilite per il sindacato contro le «sentenze». In sintesi, la disciplina in parte qua è vietata dalla Costituzione vigente, e non conviene indugiarvi ulteriormente. Invece, volendo includere misure di prevenzione dell'accesso indiscriminato al sindacato di Cassazione - a Costituzione invariata - appare possibile riferirsi soltanto alle ipotesi di ricorso cosiddetto straordinario, il cui trattamento è certamente suscettibile di una diversificazione legislativa rispetto al ricorso avverso le «sentenze» esplicitamente impugnabili per cassazione. Il separato trattamento in questione, allora, potrebbe concretizzarsi sulle caratteristiche di decisorietà e inoppugnabilità del provvedimento di cui si domanda la Cassazione extra ordinem, non trattandosi di sentenze: caratteristiche di cui appare esigibile una sorta di anticipata attestazione prima che la Corte suprema sia chiamata direttamente e per prima a dire quale sia la natura del provvedimento impugnato.
10. È certo condivisibile che per l'attuazione degli obblighi di fare infungibili «il giudice, su richiesta di parte, fissi la somma dovuta all'avente diritto per ogni violazione o inosservanza successiva», tuttavia - trattandosi di proposta stabilmente inclusa in tutti i lavori delle Commissioni insediatesi presso il Ministero della giustizia allo scopo di riformare il codice di rito - il Governo non può prescindere dalle plurime e meditate indicazioni lì raccolte, anche mutuando esperienze straniere consolidate. In questa prospettiva, appare assolutamente prioritaria almeno la scelta di una predeterminazione delle modalità (ammontare invariabile, ammontare variabile) e dei criteri di liquidazione delle somme massime esigibili a titolo di astreintes (ma anche degli altri indici utilizzabili, quali la qualità dell'esecutato, la complessità dell'esecuzione, il valore della prestazione dovuta), nonché di esclusione di alcune ipotesi dal regime di indiretta coercibilità del facere (diritti della persona costituzionalmente rilevanti, per esempio).
11. L'occasione dell'intervento normativo non può essere ulteriormente perduta per chiarire il regime delle spese del provvedimento cautelare ante causam col quale venga negata la protezione richiesta. Benché desueto in parte qua, il codice evoca ancora attualmente un rimedio - qual'è quello dell'opposizione ai sensi dell'articolo 645 del codice di procedura civile - che si aggiunge al reclamo per il resto applicabile alla statuizione (e, oggi, estendibile al capo relativo alle spese). Occorre perciò ripristinare l'unicità del rimedio, identificandolo nel reclamo, donde non rimane pregiudizialmente impedito che il capo sulle spese sia singolarmente suscettibile di sindacato di legittimità per la via straordinaria dell'articolo 111, settimo comma, Cost. (era l'indeludibilità del controllo della Corte in parte qua ad aver suggerito, infatti, l'opposizione avverso la liquidazione giudiziale delle spese fatte col provvedimento negativo ante causam, opposizione destinata a concludersi invero con sentenza naturalmente impugnabile anche in sede di legittimità).
12. Indubbiamente un'altra delle più significative novità, il procedimento sommario disciplinato dagli articoli 702-bis del codice di procedura civile., sconta un'incertezza concettuale grave (con sequela di criticità anche costituzionali): se l'istruzione in primo grado è sommaria, l'appello non può essere «limitato», come assai di recente confermato da Cass. 11 luglio 2008, n. 19238, altrimenti almeno una parte non avrebbe mai la possibilità di un grado di merito a cognizione esauriente (in altre parole, la sola scelta dell'attore non può togliere poteri che, se l'attore non avesse optato per l'alternativa del procedimento sommario, il legislatore avrebbe precostituito in ogni caso a beneficio del convenuto). Dunque, il giudicato che si vuole segua in ogni caso al provvedimento sommario di cognizione non può non essere preceduto da almeno una possibilità di processo regolato nelle forme del libro II del codice di procedura civile, in queste

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riassumendosi allo stato un paradigma di predeterminazione di poteri delle parti la cui deroga, se ammessa, dev'essere comunque presidiata da scelte autoresponsabili (cioè, scelte alle quali concorra la parte alla quale è tolta la serie dei poteri della cognizione ordinaria), che qui vengono a mancare. Né, del resto, appare ragionevole che un medesimo rimedio - l'appello - segua a forme del procedimento tanto diverse, l'una regolata sostanzialmente dal giudice l'altra interamente dalla legge,
esprime

PARERE CONTRARIO

Vietti, Rao.

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ALLEGATO 5

Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria. C. 1441-bis Governo.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE

La II Commissione,
esaminato il disegno di legge in oggetto;
rilevato che:
il provvedimento in esame, come modificato dagli emendamenti, contiene numerose disposizioni volti a riformare la giustizia civile e, segnatamente, gli articoli da 52 a 64;
il provvedimento in esame introduce rilevanti novità nel processo civile, con particolare riferimento ai profili della competenza; dell'incompatibilità del giudice; della valutazione del comportamento processuale delle parti, anche ai fini dell'incentivazione della composizione della controversia in sede conciliativa; dell'assunzione della prova testimoniale per iscritto; della nuova disciplina dell'ammissibilità del ricorso per cassazione; dell'introduzione del procedimento sommario di cognizione; della definizione dei principi di delega per l'emanazione di norme istitutive dell'istituto della mediazione in materia civile e commerciale; del recupero delle somme afferenti al bilancio della giustizia e per il contenimento e la razionalizzazione delle spese di giustizia;
i predetti interventi appaiono, nel loro complesso ad eccezione di quanto di seguito precisato, apprezzabili, poiché idonei a migliorare l'efficienza della giustizia civile, nonché a determinare una chiara ed evidente accelerazione dello svolgimento del processo civile e, quindi, della sua conclusione;
appare auspicabile, con riferimento all'articolo 53-bis, comma 2, relativo all'ammissibilità del ricorso per cassazione, un'ulteriore riflessione che porti alla precisazione dei limiti della discrezionalità spettante al collegio, chiamato a decidere dell'ammissibilità medesima, nonché l'esplicito riferimento al rispetto del principio del contraddittorio;
appare altresì auspicabile, con riferimento all'articolo 53, comma 7, che introduce la testimonianza scritta, un ulteriore approfondimento in chiave di semplificazione procedurale, anche nell'ottica di una riconoscibilità dello strumento da parte degli operatori internazionali e di un ampliamento delle garanzie di autenticità del risultato probatorio,
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
sia soppresso il comma 2 dell'articolo 53-bis;
sia soppresso il comma 7 dell'articolo 53.
Di Pietro.