CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 23 settembre 2008
59.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Ambiente, territorio e lavori pubblici (VIII)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Indagine conoscitiva sulle politiche per la tutela del territorio, la difesa del suolo e il contrasto agli incendi boschivi.

PROGRAMMA

Il Parlamento ha sempre manifestato un forte interesse verso le politiche di tutela del territorio, che richiamano, in una visione strettamente tecnica, i temi della difesa del suolo e della prevenzione del dissesto idrogeologico, ma che investono anche, in una impostazione più ampia e sistematica, la gestione «a tutto campo» delle opere e degli interventi di tutela del territorio, a cominciare da quelli relativi alla lotta agli incendi boschivi.
Con riferimento alle tematiche più generali, risale alla XIII legislatura una importante indagine conoscitiva sulla difesa del suolo, condotta congiuntamente dalla VIII Commissione della Camera e dalla 13a Commissione del Senato, con la quale il Parlamento italiano ha inteso fare il punto - in particolare - sulla legge quadro sulla difesa del suolo n. 183 del 1989, verificando il funzionamento di una normativa che ha avuto il grande merito di promuovere una pianificazione di lungo periodo delle complesse attività di prevenzione del rischio idrogeologico e di manutenzione del territorio, individuando il «bacino idrografico» quale unità territoriale di riferimento per l'azione pianificatoria di settore, affidata ad autorità pubbliche di bacino, dotate di una competenza gerarchicamente sovraordinata a tutte le altre (almeno per quanto riguarda gli interventi di difesa del suolo) e geograficamente estesa fino a coprire l'intero bacino idrografico.
L'indagine ha consentito di acquisire un quadro di riferimento che le stesse Commissioni giudicavano insoddisfacente, non solo nella attuazione degli obiettivi più ampi della legge n. 183 (la pianificazione di bacino), ma anche nell'adozione di quegli strumenti intermedi di pianificazione (i piani stralcio) che erano stati introdotti dalla legge n. 493 del 1993 allo scopo di rendere più flessibile il sistema e di dare avvio alla effettiva attuazione della legge n. 183. I fattori principali di questo ritardo venivano individuati in una difficoltà di cooperazione fra Stato e regioni e nella esiguità di risorse finanziarie a fronte delle dimensioni del problema.
Per le ragioni richiamate e forse proprio a causa dei suoi ambiziosi contenuti, la legge n. 183 ha incontrato, nel primo decennio della sua vigenza, notevoli difficoltà attuative. Un nuovo impulso al miglioramento del quadro normativo è, quindi, venuto con il decreto legge n. 180 del 1998, che ha introdotto una serie di strumenti intermedi (prima di giungere al piano di bacino vero e proprio) e ha programmato misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico, attraverso la zonizzazione del territorio. L'indagine conoscitiva della XIII legislatura, peraltro, si concluse poche settimane prima dell'emanazione del decreto legislativo n. 112 del 1998, che aveva, tra le altre, anche la finalità - auspicata dalle Commissioni nei documenti conclusivi dell'indagine - di favorire l'attuazione della stessa legge n. 183, soprattutto attraverso l'attribuzione allo Stato della funzione di programmazione e finanziamento degli interventi di difesa del suolo, dove - pur nell'indirizzo generale di decentramento che caratterizza l'intero decreto legislativo, peraltro rafforzato dalla successiva entrata in vigore del

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nuovo Titolo V della Costituzione - si confermava tuttavia come imprescindibile una funzione statale di definizione di priorità negli interventi di difesa del suolo. Allo stesso tempo, veniva ribadita la centralità degli organi di governo dei bacini idrografici, unici soggetti in grado di gestire il complesso ambito territoriale di riferimento e di svolgere un ruolo di cerniera tra i diversi soggetti istituzionali in campo.
Il quadro normativo che emerge al termine della XIII legislatura, dunque, indica una situazione italiana in materia di prevenzione dei rischi idrogeologici abbastanza solida sotto il profilo degli strumenti conoscitivi e, in parte, anche di quelli operativi. Ulteriori miglioramenti erano, invece, auspicati nel raccordo tra le numerose competenze (statali, regionali, locali) che incidono sulla difesa del suolo e che spesso creano sovrapposizioni e «accavallamenti» procedurali, nonché nel «nodo» delle risorse finanziarie che dovrebbero essere investite nel settore, che hanno proporzioni davvero considerevoli rispetto a quelli che sono i vincoli di bilancio del nostro Paese.
Sul finire della XIV legislatura, peraltro, un nuovo assetto organizzativo del settore è stato realizzato con la Parte Terza del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che ha inteso recepire nell'ordinamento interno la direttiva europea 2000/60/CE (cosiddetta «direttiva acque») riorganizzando in misura penetrante il quadro amministrativo disegnato dalla legge n. 183 del 1989 sui bacini idrografici. La novità più rilevante, dal punto di vista dell'assetto organizzativo, recata dalla riforma - che è stata, peraltro, oggetto di significative critiche (per lacune e soluzioni di incerta efficacia) da parte di numerose regioni e da diversi addetti ai lavori ed è, allo stato, sospesa a seguito di un intervento correttivo adottato nella XV legislatura da parte del Governo - è contenuta nell'articolo 63, che istituisce in ciascun distretto idrografico l'Autorità di bacino distrettuale e intende sopprimere le Autorità di bacino previste dalla legge n. 183. La riforma - come detto - è attualmente in fase di sospensione, per cui le stesse Autorità di bacino esistenti - pur a fronte di un quadro di sostanziale instabilità normativa - continuano a mantenere la loro operatività; in ogni caso, le politiche per la difesa del suolo e per la gestione dell'assetto idrogeologico del territorio (a prescindere da quale sarà il destino dei possibili interventi correttivi del citato decreto legislativo n. 152) mantengono inalterata tutta la loro rilevanza, richiedendo - semmai - un rinnovato impegno programmatorio e un serio monitoraggio, anche a livello parlamentare, degli aspetti procedurali, organizzativi, finanziari e strutturali, non ultimo quello dei rapporti tra strutture centrali e periferiche.
Al contempo, occorre rilevare come alle misure per la tutela del territorio e la difesa del suolo sia direttamente connesso anche il tema della lotta agli incendi boschivi (tuttora, in larga parte, di matrice dolosa), che rappresenta un grande argomento di interesse nazionale, sul quale la VIII Commissione si è concentrata, a più riprese, nel corso delle ultime legislature. L'acquisizione dai soggetti competenti di un quadro organico del problema darebbe, infatti, al Parlamento l'opportunità di comprendere quali siano i punti di forza e gli elementi di debolezza del sistema, imperniato sulla legge quadro sugli incendi boschivi (legge n. 353 del 2000), la cui completa attuazione non risulta pienamente assicurata da tutti gli organismi coinvolti e il cui possibile aggiornamento appare, in taluni punti, fortemente auspicato dai soggetti più direttamente interessati. In particolare, dopo i passi in avanti compiuti sul versante della predisposizione in ambito locale del catasto delle aree colpite da incendi e dei piani comunali di emergenza, da più parti si prospetta l'opportunità di procedere ad una più puntuale definizione legislativa dei compiti e delle responsabilità delle operazioni di spegnimento degli incendi (da perseguire, anzitutto, con interventi di semplificazione e di razionalizzazione delle competenze e delle procedure vigenti), anche per evitare,

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in futuro, di dover ricorrere a provvedimenti emergenziali, che in passato si sono resi indispensabili per superare i problemi esistenti in termini di frammentazione di competenze, di insufficiente coordinamento delle attività e di scarsa chiarezza nella definizione della «linea di comando» nelle diverse situazioni. Sotto questo profilo, si tratta dunque di valutare, in una visione il più possibile ampia e articolata della nozione di difesa del suolo, anche il funzionamento della legge quadro sugli incendi boschivi e verificare come - partendo dai dati certamente incoraggianti che emergono dalla stagione estiva appena trascorsa - sia possibile evitare, per il futuro, situazioni di particolare gravità come quelle che hanno interessato, nell'estate del 2007, alcuni territori del Mezzogiorno e, in particolare, le regioni Puglia, Calabria e Sicilia. Pertanto, è utile concentrarsi non soltanto sul contesto della programmazione degli interventi per la gestione del suolo e dei bacini e la prevenzione del dissesto idrogeologico, ma anche sulle misure per la tutela del territorio rispetto al rischio causato dagli incendi.
In relazione a tali rilevanti questioni, appare pertanto opportuno svolgere un'indagine conoscitiva, ai sensi dell'articolo 144 del Regolamento. L'indagine intende verificare gli elementi positivi delle politiche per la difesa del suolo e le sue criticità, nella prospettiva di una crescente valorizzazione del ruolo di programmazione, pianificazione e gestione territoriale dei diversi soggetti coinvolti, nonché di un sostegno parlamentare ai fini del miglioramento dei dati nazionali complessivi sull'attività di prevenzione del dissesto idrogeologico. In tale contesto, peraltro, si avrà modo di approfondire il quadro normativo di riferimento, come modificato dal sopra citato decreto legislativo n. 152 del 2006, e di valutare eventuali modifiche e integrazioni da apportare alla legislazione vigente in sede parlamentare, partendo in particolare dal provvedimento di delega adottato dal Governo alla fine di luglio 2008, che dovrà essere sottoposto a breve all'esame delle Camere. Al contempo, l'indagine potrà essere utile per valutare l'evoluzione che la materia ha subito a livello comunitario, anche alla luce della nuova legislazione prodotta in sede di Unione europea.
L'indagine si articolerà nelle audizioni dei seguenti soggetti:
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali;
Ministro dell'interno;

nonché nelle audizioni di rappresentanti:
del Dipartimento della Protezione civile;
della Direzione generale per la difesa del suolo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA);
della Conferenza delle regioni e delle province autonome, dell'UPI, dell'ANCI e dell'UNCEM;
delle Autorità di bacino di rilievo nazionale e regionale;
dell'Agenzia interregionale per il fiume Po (AIPO);
del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco;
del Corpo forestale dello Stato;
del Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche;
dell'Associazione nazionale bonifiche, irrigazioni e miglioramenti fondiari (ANBI);
della Gestione commissariale «ex Agensud»;
del Comitato Nazionale per la lotta alla siccità e alla desertificazione;

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dell'associazione per la difesa del suolo e delle risorse idriche «Gruppo 183»;
delle associazioni ambientaliste;
di centri di ricerca, associazioni e istituti, anche universitari, e di organismi specializzati in materia di difesa del suolo e tutela dal dissesto idrogeologico.

Il termine per la conclusione dell'indagine è fissato per il 15 febbraio 2009.

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ALLEGATO 2

Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria (C. 1441-bis Governo).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La VIII Commissione,
esaminato, per le parti di competenza, il disegno di legge n. 1441-bis, recante «Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria», come risultante al termine dell'esame degli emendamenti;
considerato che sono stati opportunamente soppressi l'articolo 2 e l'articolo 21 del testo originario, nel frattempo confluiti nel decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008;
osservato, invece, che il contenuto dell'articolo 19 non ha subito sostanziali variazioni nel corso dell'esame presso le Commissioni di merito;
rilevato, in proposito, che l'articolo 19 riguarda una nuova disciplina delle centrali di committenza, introducendo una serie di nuovi commi all'articolo 33 del «codice dei contratti pubblici» di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, il cui scopo - secondo le intenzioni del Governo - è quello di permettere agli enti territoriali di minori dimensioni di avvalersi della qualificazione tecnica ed esperienza delle centrali di committenza regionali, con conseguenti contenimenti di costi da parte degli stessi enti e riduzione del numero delle stazioni appaltanti rispetto alle attuali 30.000 circa;
preso atto che la relazione tecnica del disegno di legge non sconta nei saldi gli effetti di risparmio che potranno derivare dalla norma, in quanto tali effetti potranno essere verificati solo in sede di consuntivo degli enti decentrati di spesa;
rilevato che le disposizioni citate, piuttosto che definire un impianto di incentivazione rispetto alle norme sopra richiamate, introducono una serie di disposizioni sanzionatorie nei confronti degli enti locali che non ricorrano alle predette procedure, in tal modo vincolando fortemente l'autonomia degli enti stessi e prevedendo misure eccessivamente penalizzanti per i comuni, in particolare per quelli di piccole dimensioni, i quali - per rispettare le norme contenute nell'articolo 19 - rischiano seriamente di vedere compromessa ogni possibilità di definire le proprie esigenze e le proprie priorità infrastrutturali, peraltro aggravando gli oneri relativi alla progettazione e pianificazione dei relativi appalti;
ricordato che il ricorso alle centrali di committenza è previsto dalle direttive comunitarie (2004/18 CE e 2004/17/CE) ed è giustamente ripreso dall'articolo 33 del codice dei contratti pubblici come una facoltà per le stazioni appaltanti e per gli enti aggiudicatori, nonché che, in passato, il ricorso obbligatorio alle centrali di committenza, previsto per gli appalti di servizi e forniture, attraverso la disciplina relativa alla CONSIP (introdotta con la legge finanziaria per il 2001), non ha prodotto i risultati attesi;
preso atto che, d'altra parte, il prodotto offerto dalla centralizzazione degli

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acquisti non sempre ha garantito la qualità e la specificità delle richieste delle singole amministrazioni, producendo spesso sprechi di denaro pubblico e risposte scadenti verso l'utenza, oltre che una limitazione eccessiva dell'autonomia delle amministrazioni, specialmente dei piccoli comuni con committenze contenute;
ritenuto, quindi, opportuno scongiurare che simili risultati possano prodursi anche nel delicato settore degli appalti di lavori pubblici e auspicato, semmai, un rafforzamento dei controlli rispetto alle ordinarie attività delle amministrazioni locali e una reale incentivazione della facoltà di ricorso alle centrali di committenza di area vasta,
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con la seguente condizione:
per le motivazioni di cui in premessa, sia soppresso l'articolo 19 ovvero siano soppressi, quanto meno, i commi da 3-septies a 3-undecies del medesimo articolo 19, che potrebbero - in caso di loro approvazione - rappresentare una disciplina eccessivamente rigida per gli enti locali, che limiterebbe in misura eccessiva soprattutto le attività di pianificazione degli appalti dei piccoli comuni.