TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 23 di Martedì 10 luglio 2018

 
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INTERPELLANZE E INTERROGAZIONI

A) Interpellanza

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   secondo alcune stime riportate dai principali organi di stampa nelle scorse settimane, in Italia più di 4,1 milioni di persone utilizzano spesso i servizi offerti dalle piattaforme on line di consegna di cibo a domicilio e 8 milioni li utilizzano saltuariamente;

   i fattorini che consegnano cibo ordinato attraverso le piattaforme online, i cosiddetti «rider», sarebbero circa 6 mila, hanno una paga oraria tra i 4 e i 7 euro e lavorano in media dieci ore settimanali;

   secondo il presidente dell'Istat Alleva, i lavoratori a bassa qualifica professionale occupati complessivamente nei vari settori della cosiddetta gig economy (che è parte della economia della condivisione dove non sono previste prestazioni lavorative continuative ma solo «on demand», cioè solo quando arriva la richiesta per servizi, prodotti o competenze) sono oltre 550 mila, rappresentando il 2,5 per cento degli occupati in Italia;

   questi lavoratori, il cui numero aumenta continuamente con la crescita dell'economia digitale, non hanno un inquadramento chiaro e adeguato alla tipologia di mansioni eseguite, apparendo sostanzialmente subordinati ma giuridicamente autonomi;

   nel mese di aprile 2018 il tribunale del lavoro di Torino ha emesso la prima sentenza in Italia relativa al settore della gig economy, respingendo il ricorso di sei fattorini che avevano impugnato il licenziamento avvenuto dopo gli scioperi del 2016 e che avevano chiesto che fosse loro riconosciuta la qualifica di lavoratori subordinati;

   l'intervento della magistratura, che ha stabilito che questo tipo di lavoratori sono da considerarsi a tutti gli effetti lavoratori autonomi, non ha risolto però la necessità di dotare di un minimo di tutele assicurative, previdenziali e salariali una platea di lavoratori destinata a salire sensibilmente nel numero entro pochi anni;

   una settimana fa a Bologna è stata siglata da comune di Bologna, Riders Union, le piattaforme di Sgnam e MyMenu e le organizzazioni sindacali di Cgil, Cisl e Uil il primo accordo europeo sulla gig economy, con applicazione sperimentale nel settore del delivery food. La «Carta dei diritti fondamentali del lavoro digitale nel contesto urbano» nasce da una proposta del comune di Bologna ed una negoziazione con tutte le parti firmatarie e, pur non incidendo nella qualificazione giuridica del rapporto di lavoro, individua standard minimi di tutela per i lavoratori, tra cui diritti di informazione, un compenso equo e dignitoso con una paga minima fissa, l'obbligo di coperture assicurative per i rider e per i terzi, l'indennità per condizioni meteorologiche avverse, la sospensione del servizio per condizioni meteorologiche straordinarie che mettono a repentaglio la sicurezza dei lavoratori, il rispetto della privacy, il divieto di controllo a distanza da parte degli algoritmi fuori dalle prestazioni, la tutela del trattamento dei dati personali e la trasparenza nei contratti;

   anche la regione Lazio si starebbe attivando per definire un analogo provvedimento legislativo finalizzato, tra l'altro, al miglioramento delle tutele assicurative, previdenziali, sanitarie e di sicurezza;

   appare evidente la necessità di regolamentare presto e uniformemente questo settore lavorativo innovativo;

   sono in gestazione disegni di legge ad iniziativa parlamentare per affrontare la questione –:

   quali siano gli intendimenti del Governo e le iniziative che si intendono porre in essere per affrontare le problematiche esposte in premessa.
(2-00023) «Benamati, De Maria, Carla Cantone, Critelli, Rizzo Nervo».

(5 giugno 2018)

B) Interrogazione

   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nel 2017, la Guardia di finanza di Catania ha sgominato, con una operazione denominata «Dirty oil», un'associazione a delinquere internazionale che riciclava gasolio libico destinato al «bunkeraggio» ossia al rifornimento, in ambito portuale, di carburanti o di combustibili ad unità navali. Il petrolio veniva rubato dalla raffineria di Zawyia, centro a 40 chilometri da Tripoli, e trasportato in Italia – dove arrivava nel porto di Augusta – via mare, scortato dalle milizie libiche guidate da Ben Khalifa, capo di una milizia libica sospettata di sostenere l'Isis in patria. Le indagini, durate un anno, hanno documentato più di 30 viaggi nei quali sono stati importati via mare dalla Libia oltre 80.000 tonnellate di gasolio, per un valore di circa 30 milioni di euro. Il gasolio veniva trafugato dalla Noc, la compagnia petrolifera nazionale libica. Una volta arrivato in Italia, veniva immesso nel mercato italiano ed europeo a un prezzo simile ai prodotti ufficiali, pur essendo di qualità inferiore, occultandone la provenienza tramite società schermo a Malta;

   secondo il procuratore capo Carmelo Zuccaro, che ha seguito l'operazione, una parte dei profitti dell'organizzazione potrebbe essere finita nelle casse dell'Isis;

   il quotidiano la Repubblica ha aderito al «Daphne Project» per onorare la memoria della giornalista investigativa maltese Daphne Caruana Galizia, assassinata il 16 ottobre del 2017 con un'autobomba mentre stava indagando sui legami opachi tra la politica e la finanza nera che avrebbero fatto di Malta lo snodo cruciale del riciclaggio nel cuore dell'Unione europea;

   diciotto testate giornalistiche di tutto il mondo, tra cui La Repubblica, hanno deciso di dare vita al «Daphne Project» per riprendere le fila delle sue inchieste, con un'inchiesta collettiva durata cinque mesi che sarà pubblicata nelle prossime settimane da tutte le testate che hanno partecipato al progetto;

   anche l'inchiesta del «Daphne Project» avrebbe riportato come il circuito di contrabbando di carburante della Libia-Malta-Europa, oggetto dell'inchiesta «Dirty oil», sia stato «effettuato sotto il naso delle autorità maltesi» e – secondo quanto riferito da organi di stampa nell'ambito della stessa inchiesta – ad oggi la situazione non parrebbe molto cambiata poiché le autorità maltesi non si sono ancora fatte carico di verificare l'autenticità della certificazione della provenienza del petrolio in arrivo e in uscita dall'isola –:

   quali iniziative politiche e diplomatiche, sia in sede bilaterale che europea, intenda assumere il Ministro interrogato per richiedere alle autorità maltesi di fare piena luce sulla vicenda in questione e ottenere maggiori garanzie sulla provenienza del petrolio che Malta esporta.
(3-00062)

(9 luglio 2018)
(ex 5-00019 dell'11 maggio 2018)

C) Interpellanza

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:

   ai sensi degli articoli 194 e 197 del Testo unico delle norme in materia di istruzione, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, il diploma di maturità magistrale conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002 ha valore abilitante ai fini dell'insegnamento nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria;

   in seguito all'istituzione del corso di laurea in scienze della formazione primaria, il legislatore, nel riconoscere valore abilitante a tale nuovo corso di studi, ha sancito al contempo che avrebbero conservato valore legale abilitante anche i diplomi dell'istituto magistrale conseguiti entro l'anno scolastico 2001/2002;

   la natura abilitante di tali diplomi è stata riconosciuta per la prima volta dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con il decreto n. 353 del 22 maggio 2014, ma soltanto ai fini dell'inserimento nella seconda fascia delle graduatorie di istituto, quelle utilizzate per le supplenze;

   con il precedente decreto n. 235 del 1° aprile 2014, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca aveva, invece, precluso a tali docenti di presentare domanda di inserimento nelle graduatorie ad esaurimento, utilizzate sia per le supplenze sia per le immissioni in ruolo;

   la VI sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1973 del 16 aprile 2015, ha annullato il decreto ministeriale n. 235 del 2014 nella parte in cui non consentiva ai docenti in possesso del diploma magistrale abilitante l'iscrizione anche nelle graduatorie ad esaurimento, atteso che la legge n. 296 del 2006 impone al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca di inserire nelle stesse, al momento della trasformazione delle graduatorie permanenti in graduatorie ad esaurimento, «i docenti già in possesso di abilitazione»;

   tale orientamento è stato ribadito dal Consiglio di Stato con le sentenze n. 3628, 3673, 3675, 3788 e 4232 del 2015, confermando l'illegittimità del decreto ministeriale n. 235 del 2014, poiché «lo stesso articolo 1 (...) della legge n. 296 del 2006, nel fare riferimento alla definizione di un piano triennale per l'assunzione a tempo indeterminato allo scopo di dare soluzione al fenomeno del precariato, fa espressamente salvi gli inserimenti (...) a favore dei docenti già in possesso di abilitazione, pur escludendo la possibilità di nuovi inserimenti»;

   l'Avvocatura dello Stato si è costituita nei giudizi pendenti senza contestare la natura abilitante del diploma magistrale conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002, ma sostenendo che lo stesso non sarebbe sufficiente per l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento, in quanto l'immissione nelle soppresse graduatorie permanenti avrebbe richiesto anche il superamento di un pubblico concorso, senza considerare che le graduatorie ad esaurimento rappresentano già un pubblico concorso per soli titoli;

   nonostante l'univoca e ormai consolidata posizione, la VI sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza n. 364 del 2016, ha disposto la remissione all'Adunanza plenaria del medesimo Consiglio della sola «questione della riapertura delle graduatorie ad esaurimento, per i possessori di diploma magistrale conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002»;

   l'Adunanza plenaria, con la sentenza n. 11 del 2017, ha rigettato l'appello dei diplomati magistrale nonostante la lesiva esclusione degli stessi sia avvenuta per l'orientamento, a giudizio degli interpellanti incoerente, del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che si è più volte contraddetto nell'emanazione dei propri decreti;

   se si dovesse dare un'applicazione generalizzata alla sentenza n. 11 del 2017, ben 55.000 diplomati magistrale si troverebbero non solo cancellati dalle graduatorie ad esaurimento, dove avevano ottenuto l'inserimento con riserva, ma anche nell'impossibilità di lavorare sia nelle scuole pubbliche che in quelle paritarie, posto che l'affermata assenza di abilitazione precluderebbe loro qualsiasi attività di insegnamento;

   inoltre, la generale applicazione della sentenza n. 11 del 2017 condurrebbe al licenziamento di 6.669 insegnanti già assunti con contratti a tempo indeterminato e confermati in ruolo dopo il superamento dell'anno di prova;

   l'applicazione della sentenza n. 11 del 2017, infine, condurrebbe alla revoca di 23.356 incarichi al 30 giugno o 31 agosto 2018 e di 20.110 supplenze brevi conferite ai diplomati magistrale;

   la disparità di trattamento tra insegnanti nella medesima condizione sostanziale è peraltro aggravata dal fatto che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha consentito l'accesso alle graduatorie permanenti/ad esaurimento, se non addirittura al ruolo, senza che fosse loro richiesto il superamento di alcuna procedura concorsuale per titoli ed esami, a cittadini in possesso di un titolo di abilitazione equiparabile al diploma di maturità magistrale, conseguito in altri Stati dell'Unione europea, in particolare in Romania;

   la decisione dell'Adunanza plenaria è stata contestata con un reclamo collettivo al Consiglio d'Europa, con un ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo, nonché attraverso la presentazione di un ricorso per cassazione per eccesso di potere giurisdizionale –:

   se non ritenga di assumere iniziative normative urgenti prima del 30 giugno 2018 per garantire la continuità didattica e il regolare avvio del prossimo anno scolastico, attraverso la riapertura delle graduatorie ad esaurimento a tutto il personale docente in possesso di un'abilitazione all'insegnamento, nonché al fine di evitare sperequazioni tra i lavoratori della scuola pubblica italiana.
(2-00018) «Rampelli, Ciaburro, Deidda, Prisco, Luca De Carlo, Mollicone, Bellucci, Rotelli, Ferro, Trancassini, Montaruli, Crosetto, Zucconi, Donzelli, Caretta, Frassinetti, Bucalo, Gemmato, Lucaselli».

(8 maggio 2018)

D) Interrogazione

   D'ALESSANDRO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   gli ultimi fatti di cronaca, in questo caso in una scuola di Alessandria, descrivono un fenomeno, pericolosamente sempre più diffuso all'interno delle scuole italiane, di atti di aggressione fisica e morale nei confronti del personale docente da parte degli studenti, che ha raggiunto livelli inaccettabili ed intollerabili;

   troppo spesso si ha la sensazione che atti del genere siano tollerati ed in qualche modo giustificati;

   quanto sta accadendo nelle scuole italiane pone un problema di sicurezza e di incolumità dei docenti e rappresenta una pericolosa deriva che mina la figura «istituzionale» del docente, con incalcolabili conseguenze sulla percezione della gravità degli atti compiuti, con rischio di emulazioni laddove, in particolare, non vi dovesse essere risposta ferma, adeguata e corrispondente alla gravità dei comportamenti assunti –:

   se, vista la gravità dei fatti accaduti non più confinabili a casi isolati, si intenda assumere un'idonea iniziativa al riguardo.
(3-00003)

(10 aprile 2018)

E) Interrogazione

   DEIDDA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi mesi si sono moltiplicati gli episodi che mettono in luce la condizione precaria in cui versano gli istituti penitenziari e i centri di reclusione nella regione Sardegna: da ultimo, una rapina a mano armata presso il centro di reclusione di Isili e una forte protesta dei detenuti nella casa di reclusione «Is Arenas», nel comune di Arbus;

   da anni le forze sindacali e politiche denunciano le carenze negli organici e nelle strumentazioni affidate agli agenti di polizia penitenziaria: si tratta di denunce alle quali non sono seguiti interventi strutturali ma unicamente misure tampone, come la mobilità di alcuni agenti da altre strutture e la parziale immissione in ruolo di altri;

   nonostante i posti banditi con gli ultimi concorsi, il 30 per cento delle figure previste dalla pianta organica risulta tuttora vacante, con gravi ripercussioni sullo svolgimento dell'attività di controllo e sulla sicurezza degli agenti e di tutto il personale degli istituti penitenziari; numeri ai quali dovrà sottrarsi un ulteriore 30 per cento, pari al numero di agenti prossimi al pensionamento;

   attualmente, l'organico del personale degli istituti penitenziari in Sardegna è così composto:

    a) quanto ai commissari, ne sono previsti 32 e presenti 14, pari al 43,75 per cento dell'organico previsto;

    b) quanto agli ispettori, ne sono previsti 157 e presenti 43, pari al 27,39 per cento dell'organico previsto;

    c) quanto ai sovrintendenti, ne sono previsti 164 e presenti 44, pari al 26,83 per cento dell'organico previsto;

    d) quanto agli agenti/assistenti, ne sono previsti 1.481 e presenti 1.189, pari all'80,28 per cento dell'organico previsto;

   il totale delle unità previste è 1.834, mentre ne sono presenti 1.290, ossia il 70,34 per cento dell'organico previsto;

   a tale grave carenza d'organico, deve aggiungersi la copertura ad interim della maggior parte delle posizioni apicali: infatti, su 14 direzioni, solo 5 sono regolarmente assegnate, con conseguente aggravamento del carico di responsabilità a danno dei direttori di alcune strutture, i quali si vedono costretti a dover gestire un numero di detenuti e di locali di detenzione ben superiore a quello oggetto di primo affidamento;

   come anche denunciato dal Sappe, la carenza nel ruolo dei sottoufficiali è pari al 70 per cento, mentre quella del ruolo degli agenti/assistenti è pari al 22 per cento, e lo stesso sindacato, alla luce della situazione in cui versano gli istituti di reclusione in Sardegna, ritiene necessario un ulteriore ampliamento d'organico pari a circa 150 unità;

   all'inizio dell'anno è stato accertato un incremento del numero di detenuti reclusi in Sardegna, pari a 2.380 unità contro i 2.137 dell'anno precedente, con sensibile aumento anche dei cittadini stranieri;

   dei 2.380 detenuti, 1.150 sono cittadini residenti in Sardegna, mentre i restanti provengono da altre regioni italiane o da altri Stati; negli istituti di reclusione della Sardegna sono presenti in numero significativo condannati in regime di 41-bis, oltre ad altri sospettati di avere legami con il terrorismo islamico;

   la sospensione da ultimo disposta del servizio navetta dal centro di Arbus alla casa circondariale «Is Arenas», conseguente alla riduzione delle risorse sul capitolo relativo alle spese per l'esercizio e la manutenzione dei mezzi di trasporto (circolare n. 3677/6127, prot. n. 398788 del 13 dicembre 2017), appare significativa della scarsa attenzione dell'istituzione nei confronti dei lavoratori e degli operatori del settore penitenziario –:

   se sia a conoscenza di quanto esposto e quali iniziative intenda adottare al fine di superare, nel più breve tempo possibile, lo stato di emergenza in cui versa il sistema penitenziario sardo, in particolare a causa della carenza d'organico, avuto riguardo sia alle figure apicali che agli agenti di polizia penitenziaria.
(3-00061)

(9 luglio 2018)
(ex 5-00015 dell'8 maggio 2018)