TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 896 di Lunedì 4 dicembre 2017

 
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MOZIONE CONCERNENTE INIZIATIVE DI COMPETENZA VOLTE A FAVORIRE LA DIFFUSIONE DEI PARCHI GIOCHI INCLUSIVI

   La Camera,
   premesso che:
    la Convenzione sui diritti del fanciullo firmata a New York il 20 novembre 1989 e ratificata dallo Stato italiano con legge 27 maggio 1991 n. 176, prevede, all'articolo 31, comma 1, che «gli Stati parti riconoscono al fanciullo il diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età e a partecipare liberamente alla vita culturale ed artistica», includendo quindi tra i titolari di tale diritto anche i bambini e i ragazzi con disabilità;
    l'Italia, con legge 3 marzo 2009, n. 18 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 61 del 14 marzo 2009), ha ratificato e resa esecutiva la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con protocollo opzionale, adottata dall'Assemblea generale dell'Onu il 13 dicembre 2006 ed entrata in vigore il 3 maggio 2008, ove, all'articolo 30, comma d), si afferma «(...) gli Stati parti prenderanno le appropriate decisioni per assicurare che i bambini con disabilità abbiano eguale accesso alla partecipazione ad attività ludiche, ricreative e di tempo libero, sportive, incluse tutte quelle attività che fanno parte del sistema scolastico»;
    il gioco, quindi, è un diritto di tutti i bambini, ma diventa un problema quando la difficoltà a muoversi o l'incapacità di vedere, oppure ancora la scarsa capacità d'attenzione e concentrazione su di un compito, lo compromettono. Se per tutti i bambini esiste un diritto al gioco, la disabilità rischia di negarlo, perché il gioco difficilmente vi compare spontaneamente, perché talvolta non sono capaci di imitare, perché i giochi tradizionali non sono pensati per chi ha difficoltà nel fare anche le cose più semplici, perché le famiglie spesso sono iperprotettive o al contrario troppo deleganti, perché questi bambini sono lasciati fuori dai circuiti ricreativi del territorio, perché gli adulti non si stanno impegnando a sufficienza per credere nel potenziale del gioco e quindi intraprendere cambiamenti efficaci;
    i bambini con disabilità hanno il diritto, quindi, di giocare in spazi adatti alle loro esigenze, con strumenti idonei alle loro capacità e per farlo hanno bisogno di parchi giochi inclusivi, parchi giochi per tutti, ovverosia aree attrezzate con singole giostre o interi spazi dove anche i bambini con disabilità – fisiche o sensoriali – o con problemi di movimento possano giocare in sicurezza, insieme a tutti gli altri;
    non si tratta solo di giochi per disabili, quindi, ma giochi per tutti, cioè spazi privi di barriere architettoniche o sensoriali dove tutti i bambini, anche quelli con disabilità, possono muoversi liberamente utilizzando strutture adatte;
    un parco giochi inclusivo è quindi un parco dove tutti i bambini, anche quelli con disabilità, possono esercitare il loro diritto al gioco. Sono parchi privi di barriere architettoniche, dove sono installati giochi il più possibile accessibili e fruibili da parte di bambini, che, ad esempio, usano la carrozzina, sono ipovedenti, hanno una disabilità motoria lieve, ma anche bambini normodotati. Parchi in cui ci sono strutture gioco con rampe al posto delle scale, tunnel giganti il cui accesso possibile anche alle carrozzine, giostre girevoli che possono essere utilizzate da tutti;
    attualmente in Italia risultano pochissimi parchi giochi accessibili ai bambini con disabilità sia nelle aree verdi pubbliche sia nelle scuole, non solo perché mancano i finanziamenti, ma perché manca una vera e proprio politica dell'inclusione, una reale sensibilità da parte delle amministrazioni locali, nonché il rispetto del bene pubblico, visto che anche i parchi giochi già esistenti per i bambini cosiddetti normodotati sono spesso inaccessibili, perché sporchi o distrutti dai vandali o in condizioni pessime, perché non ci sono i fondi per la manutenzione,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per diffondere la cultura, non solo presso gli utenti ma anche presso le pubbliche amministrazioni interessate, della necessità di prevedere dei parchi giochi inclusivi, dove tutti i bambini, indipendentemente dalle loro condizioni psicofisiche, possano giocare insieme;
2) a predisporre, in collaborazione con la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, linee guida volte a definire quali siano le caratteristiche di un parco giochi inclusivo e le modalità che ciascuna amministrazione locale deve rispettare per dotarsi sul proprio territorio di parchi giochi inclusivi, nonché a redigere un censimento di quelli che sono fino ad oggi i parchi giochi inclusivi presenti sul territorio nazionale;
3) ad assumere iniziative per prevedere, nel primo provvedimento utile, risorse finanziarie adeguate da trasferire alle amministrazioni locali per l'istituzione di nuovi parchi giochi inclusivi.
(1-01746)
«Argentin, Sbrollini, Scopelliti, D'Incecco, Mazzoli, Tidei, Miccoli, Marchi, Manfredi, Villecco Calipari, Bonaccorsi».
(30 novembre 2017)

MOZIONE CONCERNENTE INIZIATIVE VOLTE A CONTRASTARE IL FENOMENO DELLA CORRUZIONE IN AMBITO SANITARIO

   La Camera,
   premesso che:
    la legge 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva del servizio sanitario nazionale, ha dato all'Italia la patente di uno dei migliori sistemi di salute pubblica al mondo e nonostante le successive riforme, ivi inclusa la riforma del titolo V della Costituzione, ne abbiano mutato sostanzialmente la struttura, ha consentito al nostro Paese di mantenere saldo il principio dell'universalità, come sancito dall'articolo 32 della Costituzione, ed in tal senso anche l'Organizzazione mondiale della sanità ha considerato che il servizio sanitario nazionale del nostro Paese è uno dei migliori al mondo, per la correlazione esistente tra lo stato di salute della popolazione e il soddisfacimento dei bisogni assistenziali;
    il sistema sanitario pubblico italiano deve essere tutelato da corrotti e corruttori e deve essere salvaguardato dall'infiltrazione della corruzione e della malavita, non solo per difendere il servizio pubblico, ma anche e soprattutto per tutelare il diritto fondamentale alla salute, sancito dall'articolo 32 della Costituzione;
    il paradigma che oggi lega la tutela della salute alla sostenibilità economica del sistema sanitario italiano non può prescindere da un'efficace lotta alla corruzione, agli sprechi, alle inefficienze e richiede di eliminare tutte quelle storture legislative e gestionali che alimentano tale spreco di risorse, senza in realtà rispondere ai bisogni di salute dei cittadini;
    diffusamente si è detto che lo stato di salute di una popolazione è la cartina al tornasole del livello di civiltà di un Paese ed uno Stato che non combatte o non previene la corruzione misura il proprio livello di inciviltà, che nell'ambito della salute, come inevitabile conseguenza, determina proprio il peggioramento della condizione di salute della popolazione;
    il contesto politico e socio-economico e le correlate scelte politiche ed economiche hanno un'influenza decisiva sulla domanda di salute ed è compito dello Stato compiere scelte coraggiose che incidano in maniera efficace sul contesto e sulle sue storture e la corruzione è la principale stortura del sistema salute o, se si vuole, dell'intero sistema politico e socioeconomico italiano;
    l'Ocse nel 2017 ha pubblicato il report «Tackling wasteful speding on health», che affronta il tema della corruzione in sanità facendo una panoramica sui Paesi Ocse, tra cui l'Italia, ed apre tale report affermando: «Una parte significativa della spesa sanitaria è – nella migliore delle ipotesi – spreco, o peggio danneggia la nostra salute»;
    riprendendo proprio tale affermazione dell'Ocse, nel mese di aprile 2017, è stato pubblicato anche il report «Curiamo la corruzione-percezione rischi e sprechi in sanità», un importante lavoro d'indagine coordinato da Transparency International Italia e in collaborazione con il Censis, Ispe sanità e Rissc (Centro ricerche e studi su sicurezza e criminalità);
    più precisamente il report di Transparency International Italia è il risultato di tre percorsi d'indagine: la percezione dei rischi e delle strategie effettuata dal Censis tra il 2016 e il 2017, la valutazione dei rischi e l'analisi delle contromisure contenute nei piani triennali di prevenzione della corruzione 2016-2018 delle strutture sanitarie, condotta da Rissc e l'analisi di sprechi e inefficienze che emergono dalla valutazione dei conti economici 2013 delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, tenuto conto delle diverse realtà regionali, elaborata da Ispe sanità;
    le tre indagini condotte e illustrate nel citato report di Transparency hanno fornito dati e a risultati allarmanti:
     a) in riferimento alla percezione della corruzione in sanità si è rilevato che «nel 25,7 per cento delle aziende sanitarie si sono verificati episodi di corruzione nell'ultimo anno; il 42,6 per cento delle aziende sanitarie ha un indice alto (14,7 per cento) o medio-alto (27,9 per cento) di percezione del rischio; secondo il 63,2 per cento dei responsabili per la prevenzione della corruzione intervistati, la corruzione in sanità rimane stabile; il 64,7 per cento dei responsabili per la prevenzione della corruzione intervistati ritiene che il rischio nella propria azienda sia moderato, solo il 5,9 per cento lo giudica elevato; i settori ritenuti maggiormente a rischio dagli intervistati sono quello degli acquisti e delle forniture, le liste d'attesa e le assunzioni del personale»;
     b) in riferimento ai rischi di corruzione in sanità si è rilevato che «il 51,7 per cento delle aziende sanitarie non si è adeguatamente dotata di strumenti anticorruzione, come previsto dalla legge 190/2012; i rischi di corruzione più frequenti sono: 1) violazione delle liste d'attesa (45 per cento); 2) segnalazione dei decessi alle imprese funebri private (44 per cento); 3) favoritismi ai pazienti provenienti dalla libera professione (41 per cento); 4) prescrizione di farmaci a seguito di sponsorizzazioni (38 per cento); 5) falsificazione delle condizioni del paziente per aggirare il sistema delle liste d'attesa (37 per cento); i rischi di corruzione più elevati sono: 1) sperimentazione clinica condizionata dagli sponsor (12,9/25); 2) prescrizione di farmaci a seguito di sponsorizzazioni (12,3/25); 3) violazione dei regolamenti di polizia mortuaria (11,7/25); 4) favoritismi ai pazienti provenienti dalla libera professione (11,4/25); 5) segnalazione dei decessi alle imprese funebri private (11,2/25)»;
     c) in riferimento all'analisi economica degli sprechi in sanità si è rilevato che «la stima della corruzione sommata agli sprechi, misurata con un nuovo indicatore di inefficienza, oscilla intorno al 6 per cento delle spese correnti annue del servizio sanitario nazionale (dati 2013); l'ammontare delle potenziali inefficienze nell'acquisto di beni e servizi sanitari nel servizio sanitario nazionale è stimato in circa 13 miliardi di euro»;
    i dati impietosi sulla corruzione in sanità, innanzi citati, rilevano dunque che gli episodi di corruzione più frequenti riguardano, tra gli altri, proprio l'attività libero professionale intramuraria, le nomine apicali, la prescrizione di farmaci a seguito di sponsorizzazioni e la sperimentazione clinica correlata agli sponsor;
    dall'indagine illustrata nel report «Curiamo la corruzione 2017» emerge che il valore medio di rischio più alto, nel ventaglio di rischi analizzati, riguarda proprio l'area delle sponsorizzazioni: in particolare, la «sperimentazione condizionata» (12,89) e gli «indebiti comportamenti prescrittivi a seguito di sponsorizzazione» (12,28); il rischio di corruzione della sperimentazione – condizionata dal fenomeno per cui il ricercatore è disposto ad alterare il percorso della sperimentazione in una o più delle sue fasi, ottenendo risultati graditi al donor, al fine di garantire nuovi finanziamenti o vantaggi di altra natura – raggiunge il 18 per cento; tale rischio comprende le condotte in cui il medico manipola la sperimentazione clinica al fine di ottenere particolari vantaggi. La falsificazione della sperimentazione può interessare: la selezione del campione (compreso l'inserimento di pazienti nelle sperimentazioni senza consenso informato), l'esecuzione della sperimentazione, la raccolta o l'analisi dei risultati. Il rischio comprende anche la predisposizione della ricerca clinica a fini commerciali e nell'interesse dei soli sperimentatori, da cui possano conseguire l'alterazione degli esiti e la manipolazione dei fondi;
    con delibera n. 831 del 3 agosto 2016 l'Anac ha adottato il piano nazionale anticorruzione 2016 che, come noto, contiene uno specifico focus sulla sanità, con l'indicazione di specifiche misure «quali possibili soluzioni organizzative per preservare il servizio sanitario nazionale dal rischio di eventi corruttivi (con specifico riferimento al contesto strutturale, sociale ed economico in cui si collocano ed operano le istituzioni medesime) e per innalzare il livello globale di integrità, di competenza e di produttività del sistema sanitario nazionale»;
    gli acquisti nel settore sanitario, come evidenzia l'Anac e come noto a tutti, sono a forte rischio di corruzione sia per varietà e complessità dei beni e servizi e sia per varietà e specificità degli attori coinvolti (clinici, direzione sanitaria, provveditori, ingegneri clinici, epidemiologi, informatici, farmacisti, personale infermieristico e altro) e che si trovano non di rado in una condizione potenziale di conflitto d'interesse, poiché sono al tempo stesso coloro che esprimono un fabbisogno e che usufruiscono di un determinato bene o servizio, potendo quindi in tal maniera influenzare ed orientare la domanda (si pensi al caso dei clinici che propongono l'acquisto di protesi);
    nel settore degli acquisti l'auspicata centralizzazione stenta a partire come dovrebbe e di fatto non esclude che gli enti del servizio sanitario nazionale possano procedere, anche attraverso frazionamenti artificiosi, a gare proprie e «personalizzate» e di fatto non c’è alcun tipo di controllo che rilevi, ad esempio, il numero degli affidamenti diretti sul totale degli acquisti, spesso giustificati dall'infungibilità o esclusività del bene, né viene effettuata una verifica a tappeto del numero di proroghe e rinnovi sul totale degli affidamenti o del ricorso a procedure in deroga, dettate da situazioni di urgenza;
    appare necessario rendere uniforme e tracciabile l'intero processo che va dalla definizione del fabbisogno e dalla programmazione dei beni da acquistare e/o dei servizi da appaltare fino alla logistica e alle giacenze di magazzino; è necessario rendere tracciabile e pubblica l'intera filiera di un bene o servizio, dalla fase dello stoccaggio a quella della somministrazione o consumo;
    è necessario implementare sistemi uniformi di controllo esterno ed informatizzati che consentano di rilevare, sulla base di indici di rilevazione automatizzati, l'esistenza di anomalie negli acquisti tali da rappresentare un allarme di spreco, inefficienza o corruzione; il sistema dovrebbe essere integrato con un programma operativo contabile e patrimoniale, unico per tutte le strutture sanitarie del territorio nazionale, che consenta ai cittadini, attraverso un'interfaccia accessibile a chiunque, di indagare, in tempo reale, l'intera filiera di un centro di costo e di un capitolo di bilancio, attraverso un sistema di ricerca semplificato e diversificato (ad esempio per singolo fornitore, per centro unico di prenotazione, per conto identificativo di gara, per singolo bene, per voce di bilancio e altro); in tale modo, ad esempio, si potrebbe rilevare per ciascun fornitore tutti i pagamenti o gli incassi effettuati da una azienda sanitaria o da tutte le aziende sanitarie di una certa regione, con un collegamento attivo ai titoli che hanno consentito quel pagamento (determine a contrarre, gare effettuate, documentazione di gara e altro) o quell'incasso;
    il sistema operativo dovrebbe, altresì, consentire d'indagare e ricercare, sempre in tempo reale, anche lo stato patrimoniale, con la possibilità di rilevare i beni d'inventario e le rimanenze di magazzino, nonché la movimentazione delle scorte, con associazione informatizzata ai cicli di terapia applicati a pazienti i cui dati sanitari siano stati opportunamente decodificati, così da garantire la completa tracciabilità di ogni prodotto sanitario o farmaceutico;
    il sistema operativo integrato dovrebbe consentire d'indagare, sempre in tempo reale, tutte le fasi dell'esecuzione del contratto, opportunamente aggiornate dal responsabile o direttore dell'esecuzione del contratto, inclusi i contratti di convenzionamento o accreditamento con le strutture sanitarie private, con evidenza dei verbali ispettivi e delle verifiche condotte con periodicità prestabilita;
    il sistema operativo contabile, pubblico e accessibile a chiunque, dovrebbe consentire l'accesso alla prescritta contabilità separata dell'attività di intramoenia, con la possibilità d'indagare tutti i costi imputabili all'attività intramoenia, ivi incluse le attrezzature o gli spazi interni o esterni utilizzati per lo svolgimento del servizio, nonché la relativa autorizzazione e il volume di attività per ciascun professionista;
    il sistema operativo contabile, integrato con il sistema degli acquisti e dei contratti, dovrebbe prevedere un meccanismo tale che il mancato aggiornamento dello stesso non consenta alcuna operazione successiva o cumulativa e comporti una penalizzazione economica, nonché una responsabilità disciplinare in capo ai soggetti responsabili del mancato aggiornamento;
    il sistema degli acquisti e tutti i relativi rischi corruttivi sono attigui ai non meno diffusi rischi corruttivi connessi alle attività di ricerca, di sperimentazione clinica e alle correlate sponsorizzazioni, la cui individuazione appare più difficile laddove un eventuale abuso si colloca spesso al limine con l'autonomia professionale dei professionisti della sanità (si pensi, ad esempio, alla prescrizione dei farmaci). Tale abuso spesso è correlato alle diverse forme di sponsorizzazione, diretta o indiretta, che le industrie dei presidi sanitari elargiscono a vantaggio dei professionisti o degli enti della sanità; al riguardo, particolarmente esposto a rischio di corruzione, è il settore della formazione dei professionisti della sanità soprattutto a quando con l'introduzione del sistema obbligatorio di formazione continua, l'educazione continua in medicina, si è costruito un complesso sistema in cui i diversi attori della formazione sanitaria sono considerati soggetti appetibili, da parte delle industrie farmaceutiche e dei dispositivi sanitari, al fine di incrementare la produzione e l'acquisto;
    sulle sponsorizzazioni in sanità appare necessario intervenire urgentemente prevedendo che:
     a) ogni forma di sponsorizzazione debba essere acquisita nel rispetto dei principi del codice dei contratti pubblici, ovvero nel rispetto della trasparenza, evidenza pubblica, concorrenzialità, rotazione, imparzialità e altro;
     b) siano costituiti dei fondi indistinti destinati alla formazione dei professionisti della salute e all'attività di ricerca e il cui utilizzo non sia finalizzato ad una specifica attività formativa o di ricerca, né sia destinato a professionisti specifici, prevedendo che l'utilizzo delle risorse, da parte delle strutture sanitarie pubbliche o private o delle associazioni private, avvenga nel rispetto della rotazione, trasparenza ed imparzialità;
     c) si introduca un divieto assoluto per i professionisti della sanità di percepire qualsiasi tipo di vantaggio, diretto o indiretto, da parte delle industrie operanti nella sanità;
     d) vi sia un obbligo per tutti i professionisti della salute di rendere pubblica una dichiarazione ove siano evincibili tutte le relazioni d'interesse o finanziarie, anche pregresse, con le industrie operanti nella sanità;
     e) si introduca un divieto assoluto di meccanismi premiali correlati alla vendita di prodotti farmaceutici o presidi sanitari, sia per gli informatori scientifici sia gli agenti o i rappresentanti di prodotti destinati alla sanità;
    tra i diversi interventi atti a prevenire la corruzione in sanità il piano nazionale anticorruzione 2016 segnala la necessità di adottare, oltre che misure per la gestione dei conflitti di interessi nei processi di procurement in sanità e per il rafforzamento della trasparenza nel settore degli acquisti, nonché un intervento incisivo nelle nomine e negli incarichi dirigenziali in sanità e anche misure specifiche sulle sperimentazioni cliniche;
    in particolare, l'Anac evidenzia che «i proventi derivanti alle aziende sanitarie a seguito di sperimentazioni cliniche, specie nel caso di studi clinici randomizzati interventistici con farmaci che devono essere introdotti sul mercato, possono assumere una consistenza molto rilevante (di decine di milioni euro per anno in aziende di grandi dimensioni e di elevato richiamo). Per questo motivo e per le cointeressenze che possono esserci tra le ditte farmaceutiche e gli sperimentatori, si tratta di un'attività a rischio corruttivo. L'azione dei comitati etici, volta ad accertare la scientificità e l'eticità del protocollo di studio, non fornisce specifiche garanzie al riguardo. Pertanto al fine di gestire, in un'ottica di prevenzione della corruzione, la discrezionalità degli sperimentatori di attribuzione (e «auto-attribuzione») dei proventi, è opportuno che ogni azienda sanitaria integri il regolamento del comitato etico con un disciplinare che indichi le modalità di ripartizione dei proventi, detratti i costi da sostenersi per la conduzione della sperimentazione e l’overhead dovuto all'azienda per l'impegno degli uffici addetti alle pratiche amministrative ed il coordinamento generale»;
    è inoltre opportuno – così suggerisce l'Anac – adottare un sistema di verifica dei conflitti di interesse dei comitati etici tale da identificare, oltre l'eventuale conflitto di interesse al momento della nomina, anche la sua eventuale sussistenza al momento della presentazione e valutazione della sperimentazione clinica. A monte della stipula del contratto per la sperimentazione, è opportuno individuare con esattezza l'effettivo titolare dell'impresa, soprattutto ove il contratto venga stipulato con soggetti aventi sede in Stati esteri e/o a bassa fiscalità, anche al fine di verificare l'esistenza di indicatori di rischio secondo la normativa antiriciclaggio. Va, inoltre, richiamata l'attenzione sull'opportunità di prevedere, nei regolamenti aziendali, un congruo lasso di tempo tra il finanziamento per la ricerca e la cessazione di un contratto a titolo oneroso con il soggetto che finanzia la ricerca, o sue imprese controllate;
    l'Anac, con atto di segnalazione al Governo e al Parlamento n. 1388 del 14 dicembre 2016, ha segnalato che le disposizioni sulla trasparenza delle nomine dirigenziali, come introdotte o modificate dalla cosiddetta delega Madia nel 2016, in virtù di un probabile «refuso», non si applicano alla dirigenza sanitaria (direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo, nonché per gli incarichi di responsabile di dipartimento e di strutture semplici e complesse) e tali obblighi di pubblicazione riguardano, tra gli altri, i dati e compensi relativi ad altre cariche, incarichi con oneri a carico della finanza pubblica, dati reddituali e altro;
    nel sopra citato atto l'Anac ha espresso altresì la necessità che gli obblighi di pubblicazione della dirigenza sanitaria, già previsti per la dirigenza pubblica, dovrebbero includere anche le prestazioni professionali svolte in regime intramurario;
    appare quindi inaccettabile che i dirigenti del servizio sanitario nazionale, a legislazione vigente, godano di una clamorosa e inaccettabile esenzione dalle regole della trasparenza (funzionali a prevenire la corruzione), nonostante si trovino a gestire ingenti e importanti risorse economiche del Paese, destinate alla salute dei cittadini e nonostante siano collocati, per contiguità alla politica e ad interessi politico-elettorali, più di ogni altra dirigenza, in un contesto a forte rischio di corruzione;
    la recente riforma del terzo settore, attraverso l'emanazione di uno specifico codice, introduce importanti e rilevanti novità, con implicazioni anche nelle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie laddove si prevede che le amministrazioni pubbliche, nell'esercizio delle proprie funzioni di programmazione e organizzazione, a livello territoriale, degli interventi nelle attività di interesse generale, assicurano il coinvolgimento degli enti del terzo settore mediante forme di co-programmazione e co-progettazione; nell'ambito di tale coinvolgimento non sono stati opportunamente richiamati i principi della concorrenzialità, dell'economicità, dell'efficacia, dell'evidenza pubblica e né è stata richiamata la disciplina del nuovo codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 50 del 2016), laddove applicabile, ed in ogni caso il rispetto dei principi in essa riportati; il nuovo codice del terzo settore amplia la possibilità di fare convenzioni a tutte le attività di interesse generale indicate dal codice medesimo (ad esempio, prestazioni sanitarie inserite nei livelli essenziali di assistenza) rispetto alla situazione previgente, che invece limitava tale possibilità solo per gli interventi e servizi sociali;
    la convenzione è uno strumento che consente di derogare alla disciplina generale dei contratti della pubblica amministrazione e, quindi, consente di affidare alle associazioni del terzo settore l'esecuzione di servizi pubblici, senza dover passare per gare di appalto o altre procedure (ristrette od allargate) di affidamento; anche in relazione ai servizi di trasporto sanitario e di emergenza urgenza il nuovo codice del terzo settore, rispetto alla situazione previgente, prevede l'affidamento diretto, derogando alla disciplina generale dei contratti della pubblica amministrazione e al di fuori dell’house providing;
    in riferimento all'accreditamento e/o convenzionamento per l'erogazione di servizi sanitari e sociali si ricorda che – con atto di segnalazione al Governo e al Parlamento n. 958 del 7 settembre 2016 – l'Anac ritiene necessario intervenire legislativamente anche sulla tracciabilità finanziaria dei servizi sanitari e sociali erogati, in regime di convenzione, da strutture private accreditate;
    le disposizioni sulla tracciabilità dei flussi finanziari, previste dall'articolo 3 della legge n. 136 del 2010, hanno la finalità specifica di rendere trasparenti le operazioni finanziarie relative all'utilizzo del corrispettivo dei contratti pubblici, in modo da consentire un controllo a posteriori sui flussi finanziari provenienti dalle amministrazioni pubbliche e intercettare eventuali usi degli stessi da parte di imprese malavitose;
    la tracciabilità dei flussi finanziari è stata introdotta nel 2010 al fine di arginare la penetrazione economica delle organizzazioni mafiose negli appalti pubblici; gli obblighi connessi all'istituto della tracciabilità si articolano, essenzialmente, in tre adempimenti principali: utilizzo di conti correnti dedicati; effettuazione dei movimenti finanziari tracciabili; indicazione, negli strumenti di pagamento relativi a ogni transazione, del codice identificativo di gara;
    in riferimento ai suddetti obblighi l'Anac esprime, quindi, l'esigenza di un rafforzamento delle misure di controllo della spesa con finalità di ordine pubblico, anche nel delicato settore dei servizi sanitari e socio-sanitari gestiti dai privati accreditati, «in modo da anticipare, il più a monte possibile, la soglia di prevenzione, creando meccanismi che consentano di intercettare i fenomeni di intrusione criminale nei flussi finanziari provenienti dagli enti pubblici»;
    sia il report «Curiamo la corruzione» e sia il piano nazionale anticorruzione dell'Anac ulteriormente ribadiscono come gli eventi corruttivi si concentrino anche nella libera professione intramuraria e nella gestione delle liste di attesa, questioni già affrontate con la mozione n. 1/01563 del MoVimento 5 Stelle, approvata alla Camera dei deputati il 12 aprile 2017, con la quale il Governo si è impegnato ad intervenire per dare attuazione alla determina Anac 28 ottobre 2015, n. 12, e ad assumere iniziative affinché il mancato rispetto delle indicazioni previste per l'attività libero professionale intramuraria determini reali conseguenze penalizzanti per le strutture sanitarie e per i soggetti responsabili delle strutture sanitarie, ivi inclusa la sospensione dell'attività libero-professionale, laddove non sia stata attivata la prescritta infrastruttura di rete, così da controllare che i volumi delle prestazioni libero professionali non abbiano superato quelli eseguiti nell'orario di lavoro e rendere tracciabili tutti i pagamenti connessi all'attività libero professionale, garantendo l'effettiva pubblicità dei criteri di formazione e dei tempi previsti delle liste di attesa;
    la sostenibilità economica del servizio sanitario nazionale non può e non deve significare una compressione del diritto alla salute e non può passare attraverso la riduzione di risorse economiche e umane, né può essere l’escamotage di una privatizzazione di fatto, ma deve essere garantita attraverso un coordinato smantellamento di tutte le diseconomie, gli sprechi e le sacche di opacità e corruzione che non possono essere risolte solo con accordi, protocolli o dichiarazioni d'intenti, ma richiedono piuttosto un sistema coordinato di misure e interventi che rappresentino una strategia univoca nella lotta alla corruzione in sanità;
    il rapporto della rete europea contro le frodi e la corruzione in sanità stimava in sei miliardi di euro la quantità di risorse sottratte alla sanità italiana, cifra peraltro non ritenuta esaustiva dal «Libro bianco» dell'Ispe (Istituto per la promozione dell'etica), secondo il quale tali cifre non tengono conto dell'indotto (inefficienza e sprechi) correlato agli eventi corruttivi accertati dalla magistratura, indotto che porta a stimare il costo della corruzione in sanità addirittura in 23,6 miliardi di euro l'anno;
    i dati sulla corruzione in sanità rivelano peraltro la forte sperequazione regionale esistente nel nostro Paese anche in termini di garanzia, qualità, efficacia ed efficienza ed infatti i dati diffusi dal rapporto sopra citato ripartiscono così i fenomeni corruttivi: 41 per cento al Sud, 30 per cento al Centro, il 23 per cento al Nord e il 6 per cento è costituito da diversi reati compiuti in più luoghi;
    è necessario intervenire sul conflitto d'interesse, prevedendo rigide regole etiche e di comportamento sull'informazione scientifica, nonché severe misure disciplinari per chiunque nell'ambito della sanità interferisca illegittimamente nel mercato della farmaceutica e delle prestazioni sanitarie, influenzando sia la domanda che l'offerta o costituendo accordi occulti per vantaggi privati;
    un'efficace lotta alla corruzione deve coinvolgere tutti i cittadini e tutti i funzionari pubblici sollecitando, attraverso tutele ed incentivi specifici, uno spirito di servizio che porti a segnalare ogni forma di illecito e ogni evento corruttivo, tutele specifiche che garantiscano il denunciante attraverso un anonimato inviolabile e incentivi che prevedano forme di premialità su quanto ritorna all'amministrazione in termini di risarcimento per danno erariale e come conseguenza della denuncia o segnalazione fatta; è opportuno escludere qualsiasi possibilità di licenziamento del dipendente che denuncia la struttura sanitaria per illeciti e/o irregolarità riscontrate;
    in settori sensibili ed esposti al rischio di corruzione è opportuno prevedere la revoca o il divieto di rinnovo dell'incarico dirigenziale, in presenza di condanna anche non definitiva, da parte della Corte dei conti, al risarcimento del danno erariale per condotte dolose, per i direttori generali, i direttori amministrativi e i direttori sanitari, nonché, ove previsto dalla legislazione regionale, per i direttori dei servizi socio-sanitari e per tutte le figure dirigenziali delle aziende e degli enti del servizio sanitario nazionale;
    è necessario intervenire efficacemente nel settore dei prodotti farmaceutici, dei dispositivi, delle tecnologie nonché nell'attività di ricerca, di sperimentazione clinica e di formazione e sulle correlate sponsorizzazioni, come ambiti particolarmente esposti al rischio di fenomeni corruttivi e di conflitto d'interessi ed in tal senso appare indispensabile rompere il legame esistente tra aziende produttrici di prodotti e servizi della salute e i professionisti che vi operano, vietando ogni legame promozionale diretto da parte di aziende/informatori presso gli operatori pubblici della sanità;
    appare indispensabile introdurre l'obbligo di dichiarazione pubblica affinché siano rese conoscibili tutte le relazioni e/o interessi che possono coinvolgere i professionisti dell'area sanitaria e amministrativa nell'espletamento di attività sia decisionali che esecutive e che siano in relazione a prodotti farmaceutici o parafarmaceutici o comunque a prodotti e/o servizi commercializzabili nell'ambito della salute (ivi inclusi, ad esempio, i prodotti assicurativi, prodotti e/o attività formative);
    il 27 giugno 2017 il procuratore generale della Corte dei conti, nel giudizio sul rendiconto generale dello Stato per l'anno 2016, nella sua requisitoria orale ha avuto modo di evidenziare che: «il sistema dei controlli» si struttura in una nutrita serie di «sottosistemi», a connessione estremamente debole tra di loro, tanto da correre il rischio di essere un «non sistema», al cui costo complessivo non indifferente, anche nell'ottica della revisione della spesa, non corrisponde una proporzionale utilità. Difatti, proprio per la sua complessità e le sue incongruenze, tale sistema nel complesso non solo risulta scarsamente comprensibile anche agli addetti ai lavori, ma soprattutto è scarsamente efficace per assicurare legalità ed efficienza, e per contrastare quei comportamenti illeciti i cui effetti negativi sulle risorse pubbliche sono, spesso, devastanti;
    è necessario un ripensamento globale e senza pregiudizi di tutti i meccanismi di controllo, per semplificare il quadro normativo, eliminando interferenze e parziali sovrapposizioni, ed innescare quindi tra i rinnovati meccanismi nuove e più proficue sinergie, anche con la previsione di strumenti di raccordo e con una particolare attenzione ad escludere le pur frequenti situazioni di conflitto di interessi, soprattutto a livello locale. In questo modo sarebbe più facile raggiungere un duplice obiettivo: dare una spinta all'efficienza della spesa, con positivi effetti anche sul mercato, e contribuire ad aumentare concretamente il livello del contrasto a fenomeni di illecito e di corruzione;
    meccanismi di spesa efficienti, trasparenti e tempestivi, oggetto di un monitoraggio continuo svolto anche con finalità diverse, impediscono la creazione di quelle «zone grigie» in cui più facilmente si possono insinuare e trovare terreno fertile conflitti di interesse e illeciti di rilievo anche penale;
    i rilevanti effetti distorsivi che le irregolarità e gli illeciti penali, proprio nei settori in cui più alto è il livello della spesa, come quelli della sanità, della realizzazione di opere pubbliche e della prestazione di servizi richiedono un approccio più sostanziale che, superando talune impostazioni dottrinarie astrattamente fondate, ma assolutamente inadeguate in concreto, affronti il fenomeno della corruzione in una logica sistematica che tenga in adeguata considerazione la diffusività del fenomeno e l'insufficienza delle misure finora apprestate dall'ordinamento,

impegna il Governo:

1) ad affrontare in maniera sistemica e globale il problema della corruzione in sanità attraverso misure coordinate che siano risolutive delle problematiche esposte in premessa;
2) ad intervenire efficacemente nel settore dei prodotti farmaceutici, dei dispositivi, delle tecnologie nonché dell'attività di ricerca, di sperimentazione clinica e di formazione e delle correlate sponsorizzazioni, assumendo iniziative per rescindere ogni legame esistente tra aziende produttrici di prodotti e servizi della salute e i professionisti che vi operano, anche introducendo divieti volti a rimuovere ogni legame promozionale diretto o indiretto, sia all'interno delle strutture sanitarie pubbliche o private accreditate o nei locali ove si erogano prestazioni sanitarie convenzionate, sia durante gli eventi formativi, tra le aziende/informatori e gli operatori/professionisti della sanità, e prevedendo specifiche sanzioni o la risoluzione di ogni convenzionamento/accreditamento per i soggetti coinvolti o responsabili di ogni indebito condizionamento;
3) ad assumere iniziative per introdurre l'obbligo di dichiarazione pubblica, che preveda conseguenze in caso di falso, affinché siano rese conoscibili tutte le relazioni e/o interessi che possono coinvolgere i professionisti dell'area sanitaria e amministrativa nell'espletamento di attività sia decisionali che esecutive e che siano in relazione a prodotti farmaceutici o parafarmaceutici o comunque a prodotti e/o servizi commercializzabili nell'ambito della salute (ivi inclusi, ad esempio, i prodotti assicurativi, prodotti e/o attività formative);
4) ad attivare un efficace monitoraggio nel settore degli acquisti in ambito sanitario al fine di rilevare l'attuazione delle procedure centralizzate d'acquisto, il numero degli affidamenti diretti sul totale degli acquisti, il numero di proroghe e rinnovi sul totale degli affidamenti e il numero delle procedure in deroga, dettate da situazioni di urgenza, anche attraverso iniziative volte all'introduzione di misure volte a rendere uniforme, pubblico e tracciabile l'intero processo dell’e-procurement, dalla definizione del fabbisogno e dalla programmazione dei beni da acquistare e/o dei servizi da appaltare fino alla logistica e alle giacenze di magazzino, al fine di rendere tracciabile e pubblica l'intera filiera di un bene o servizio, dalla fase dello stoccaggio a quella della somministrazione o consumo;
5) ad assumere le iniziative di competenza affinché, in modo uniforme sul territorio nazionale, sia adottato un sistema di controllo esterno ed informatizzato, come descritto in premessa, che consenta ai cittadini di rilevare, in tempo reale e attraverso un'interfaccia accessibile a chiunque, l'esistenza di anomalie negli acquisti, l'intera filiera di un centro di costo e di un capitolo di bilancio, i titoli che hanno consentito qualsiasi pagamento o incasso, lo stato patrimoniale, i beni d'inventario e le rimanenze di magazzino, nonché la movimentazione delle scorte, la completa tracciabilità di ogni prodotto sanitario o farmaceutico, le fasi dell'esecuzione dei contratti, inclusi i contratti di convenzionamento o accreditamento con le strutture sanitarie private, la contabilità separata dell'attività di intramoenia, anche prevedendo che il mancato aggiornamento del sistema operativo integrato non consenta alcuna operazione successiva o cumulativa e comporti una penalizzazione economica, nonché una responsabilità disciplinare in capo ai soggetti responsabili;
6) ad intervenire efficacemente sulle sponsorizzazioni in sanità, così come descritto in premessa, assumendo iniziative per garantire il rispetto dei principi di trasparenza, evidenza pubblica, concorrenzialità, rotazione, imparzialità, contemplando anche la costituzione di fondi indistinti destinati alla formazione dei professionisti della salute e all'attività di ricerca e il divieto assoluto per i professionisti della sanità di percepire qualsiasi tipo di vantaggio, diretto o indiretto, da parte delle industrie operanti nella sanità, nonché un divieto di meccanismi premiali correlati alla vendita di prodotti farmaceutici o presidi sanitari;
7) ad assumere iniziative per introdurre tutele ed incentivi per i cittadini utenti e per i funzionari pubblici del servizio sanitario nazionale che segnalino ogni forma di illecito e ogni evento corruttivo, contemplando un anonimato inviolabile e forme di premialità su quanto ritorna all'amministrazione in termini di risarcimento per danno erariale e come conseguenza della denuncia o segnalazione fatta, escludendo altresì qualsiasi possibilità di licenziamento del dipendente che denuncia la struttura sanitaria per illeciti e/o irregolarità riscontrate;
8) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per prevedere la revoca dell'incarico dirigenziale in settori sensibili ed esposti al rischio di corruzione, in presenza di condanna anche non definitiva, da parte della Corte dei conti, al risarcimento del danno erariale per condotte dolose, per i direttori generali, i direttori amministrativi e di direttori sanitari, nonché, ove previsto dalla legislazione regionale, per i direttori dei servizi socio-sanitari e per tutte le figure dirigenziali delle aziende e degli enti del servizio sanitario nazionale;
9) ad intervenire in maniera organica sulle sperimentazioni cliniche dei farmaci, così come descritto in premessa, adottando iniziative per assicurare in particolare che le persone incaricate e coinvolte a qualsiasi titolo nella sperimentazione clinica non abbiano conflitti di interesse, siano esenti da qualsiasi indebito condizionamento e che non abbiano interessi finanziari o personali, diretti o indiretti, potenzialmente in grado di inficiarne l'imparzialità della ricerca, garantendo a tal fine che dette persone compilino e rendano pubblici, ogni anno, una dichiarazione sui loro interessi finanziari e il curriculum vitae, dal quale sia desumibile ogni carica o incarico, anche gratuito, presso enti o aziende, pubblici e privati;
10) ad intervenire, sempre nell'ambito della sperimentazione clinica, affinché i ricercatori abbiano un ruolo primario sia nel disegno sia nella conduzione degli studi clinici, con integrale autonomia nell'analisi, nella pubblicazione e nella diffusione dei dati, senza alcuna influenza o condizionamento da parte del soggetto finanziatore della ricerca o da vincoli di proprietà di soggetti terzi che possano deciderne la diffusione o meno in funzione dei propri interessi commerciali, anche assumendo iniziative per assicurare che le riviste scientifiche si impegnino a promuovere il rispetto delle regole di trasparenza, anche dando evidenza di eventuali conflitti d'interesse dei membri dei comitati o responsabili editoriali;
11) ad assumere iniziative per introdurre misure che, in conformità al regolamento (UE) n. 536/2014, assicurino che i dati inclusi in un rapporto su uno studio clinico, le principali caratteristiche della sperimentazione e i relativi risultati non siano considerati informazioni commerciali di carattere riservato se l'autorizzazione all'immissione in commercio è già stata concessa, ivi incluse le ragioni dell'interruzione temporanea e della conclusione anticipata, nonché i dati relativi agli eventi e reazioni avverse;
12) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché in ogni azienda sanitaria il regolamento del comitato etico cui è demandata la valutazione di una sperimentazione clinica indichi in maniera trasparente le modalità di ripartizione dei proventi, assicurando che il contratto per la sperimentazione sia effettuato previa individuazione dell'effettivo titolare dell'impresa, anche al fine di verificare l'esistenza di indicatori di rischio secondo la normativa antiriciclaggio e valutando anche l'opportunità di definire, per la costituzione dei comitati etici, un elenco nazionale, di soggetti qualificati e con adeguata esperienza, selezionati con procedure ad evidenza pubblica, sulla base di criteri e requisiti predefiniti;
13) a dare riscontro all'atto di segnalazione dell'Anac n. 1388 del 14 dicembre 2016, anche attraverso iniziative normative d'interpretazione autentica ovvero integrative e correttive, affinché le disposizioni sulla trasparenza di cui al decreto legislativo n. 33 del 2013, già previste per la dirigenza pubblica, siano da intendersi applicabili anche alla dirigenza sanitaria, includendovi anche le prestazioni professionali svolte in regime intramurario;
14) a dare riscontro all'atto di segnalazione dell'Anac n. 1388 del 14 dicembre 2016, anche attraverso iniziative normative affinché il potere sanzionatorio dell'Anac sia effettivamente applicabile a tutti gli obblighi di pubblicazione previsti nel decreto legislativo n. 33 del 2013, individuando nell'Anac il soggetto deputato ad introitare le sanzioni comminate;
15) a dare riscontro all'atto di segnalazione dell'Anac n. 958 del 7 settembre 2016, adottando iniziative affinché le disposizioni sulla tracciabilità dei flussi finanziari, previste dall'articolo 3 della legge n. 136 del 2010, siano applicabili anche ai servizi sanitari e sociali erogati da strutture private accreditate o in regime di convenzionamento, anche ai sensi del codice del terzo settore, anche se non riferibili a contratti di appalto o di concessione;
16) a potenziare le iniziative volte ad assicurare che l'attività libero-professionale intramuraria rispetti pienamente le indicazioni di legge, accelerando l'introduzione di un meccanismo sanzionatorio per le strutture sanitarie e per i soggetti responsabili delle strutture medesime, ivi inclusa la sospensione dell'attività libero-professionale, laddove non sia stata attivata la prescritta infrastruttura di rete, secondo i termini e le modalità già previste nella mozione n. 1-01563 approvata alla Camera dei deputati il 12 aprile 2017.
(1-01701)
«Nesci, Grillo, Lorefice, Silvia Giordano, Colonnese, Mantero, Baroni, Colletti, Dall'Osso».
(19 settembre 2017)

MOZIONE CONCERNENTE INIZIATIVE VOLTE A PROMUOVERE UNA MORATORIA INTERNAZIONALE DELLO SVILUPPO DI SISTEMI DI ARMA DI TIPO AWS (AUTONOMOUS WEAPONS SYSTEM) E A PREVEDERE UN DIVIETO DI SVILUPPO E COMMERCIALIZZAZIONE DI TALI SISTEMI DI ARMA IN AMBITO NAZIONALE

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 della Costituzione ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali;
    lo sviluppo tecnologico, in particolare nei settori dell'elettronica e dell'intelligenza artificiale, con capacità di acquisizione di grandi quantità di dati, la loro elaborazione ed analisi in tempo reale con miglioramento delle performance mediante sistemi di autoapprendimento, consente di realizzare sistemi con facoltà di assumere decisioni autonome;
    uno dei settori di applicazione di tali tecnologie riguarda il settore degli armamenti, in particolare nei cosiddetti AWS – Autonomous Weapons Systems, ovvero sistemi d'arma che, una volta attivati, possono selezionare e ingaggiare bersagli senza ulteriore intervento di un operatore umano;
    l'esistenza degli AWS abilita, pertanto, la possibilità di eliminare l'operatore umano dal campo di battaglia, ponendo i presupposti di una trasformazione nella struttura delle operazioni militari qualitativamente diversa da precedenti innovazioni tecnologiche in tale ambito,

impegna il Governo:

1) a promuovere a livello europeo una moratoria internazionale dello sviluppo di sistemi d'arma di tipo AWS;
2) ad assumere iniziative per introdurre nella normativa nazionale la previsione di un divieto dello sviluppo e della commercializzazione di sistemi AWS.
(1-01620)
«Quintarelli, Monchiero, Catalano, Galgano, Molea, Mucci, Mazziotti di Celso, Menorello, Carrozza, Fiano, D'Incà, Marzano, Coppola, Tentori, Pinna, Tinagli, Bruno Bossio».
(3 maggio 2017)

MOZIONE CONCERNENTE INTERVENTI PER LA BONIFICA E LA PROTEZIONE AMBIENTALE DEL TERRITORIO BRESCIANO

   La Camera,
   premesso che:
    la situazione ambientale e sanitaria della provincia di Brescia presenta criticità peculiari e necessita, quindi, di un'attenzione e di interventi da parte delle istituzioni nazionali;
    il territorio bresciano, segnato da troppi anni di sottovalutazione del problema ambientale, potrebbe diventare a livello nazionale un laboratorio per sperimentare buone pratiche di bonifica, per risanare l'ambiente e ricostruire un territorio nel segno della legalità e della tutela dell'ambiente;
    la provincia di Brescia è, tra le aree nazionali, una di quelle di più antica industrializzazione ed è la terza a livello europeo per intensità di imprese industriali che vi operano. Per questa ragione ha subito le conseguenze e le eredità di un'industria pesante che ha operato senza le necessarie norme giuridiche di tutela ambientale e di limitazione delle emissioni industriali, che sono sostanzialmente giunte solo successivamente alla metà degli anni ’70 del secolo scorso. Una situazione che ha generato benessere economico, ma anche gravi danni alla salute delle persone e dell'ambiente;
    alle situazioni industriali pregresse, come dimostrato dalle numerose indagini delle forze dell'ordine – concluse e in corso – si è aggiunto un allarmante fenomeno di illegalità diffusa che ha visto il territorio bresciano terra di azione della criminalità organizzata e delle ecomafie: dai traffici di rifiuti, alle discariche illegali, fino agli interramenti di rifiuti tossici;
    nella relazione conclusiva della XVI legislatura della Commissione bicamerale d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati nell'intero capitolo dedicato alla provincia di Brescia vengono analizzati numerosi aspetti critici: dalle indagini della procura di Brescia relative all'autostrada Bre.Be.Mi. alle problematiche relative allo smaltimento dei rifiuti industriali, dalla proliferazione delle cave e dal connesso problema delle discariche di rifiuti speciali alla critica situazione del comune di Montichiari dei comuni limitrofi, dalle difficili situazioni delle discariche e dell'utilizzo delle scorie alla situazione delle bonifiche, a cominciare dal sito inquinato di interesse nazionale della Caffaro e dallo stato della contaminazione;
    sempre sulla situazione della Caffaro il terzo rapporto dello studio Sentieri, pubblicato nell'aprile 2014, indica Brescia come la città con la maggior incidenza dei tumori rispetto alla media del Nord Italia;
    sempre grazie alle analisi dell'incidenza oncologica e dei ricoverati, a Brescia nell'area della Caffaro sono stati osservati eccessi per le sedi tumorali che la valutazione della Iarc del 2013 associa certamente (melanoma) o probabilmente (tumore della mammella, linfomi non-Hodgkin) con i policlorobifenili, principali contaminanti nel sito;
    lo studio epidemiologico condotto dall'azienda di tutela della salute di Brescia di analisi di mortalità nel quartiere S. Polo di Brescia nel periodo 2004-2008 ha evidenziato nella popolazione maschile eccessi di mortalità per il tumore alla vescica e per malattie respiratorie non tumorali, in particolare per le polmoniti, rispetto ai tassi rilevati nei residenti nel resto del comune di Brescia. Nelle donne si è rilevato un eccesso di mortalità, rispetto ai valori attesi, per il tumore al fegato e per la broncopneumopatia cronica ostruttiva. Infine, per quanto riguarda le malattie respiratorie non tumorali, si osserva un eccesso di morti per queste patologie in entrambi i sessi e, in particolare, per le polmoniti negli uomini (17 morti verso 9 morti attese) e broncopneumopatia cronica ostruttiva nelle donne (14 morti osservate verso circa 7 attese), tra i residenti a S. Polo rispetto al resto della città;
    vanno poi ricordati i territori di Vighizzolo e Montichiari che hanno quotidianamente a che fare con l'emergenza «cattivi odori» che ha portato anche al ricovero di alunni delle elementari. Una situazione che si va ad aggiungere a quella delle discariche con 11 siti abusivi e 11 autorizzati (di cui 4 ancora in gestione e 7 in post gestione), oltre che una richiesta in sospeso in regione per una discarica di amianto di oltre 1 milione di metri quadrati rifiuti e due ampliamenti. Una situazione molto rischiosa per la salute degli abitanti della zona e dell'ambiente, denunciata da anni dalle associazioni ambientaliste, dai comitati di cittadini e dai genitori degli alunni;
    non risulta ancora adottato il regolamento relativo agli interventi di bonifica, ripristino ambientale e di messa in sicurezza, d'emergenza, operativa e permanente, delle aree destinate alla produzione agricola e all'allevamento, ai sensi dell'articolo 241 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, di cui l'articolo 2, comma 4-ter, del decreto-legge n. 136 del 2013, che ne prevedeva l'adozione entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della relativa legge di conversione;
    ai fini dell'individuazione di nuovi impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti, sarebbe necessario valutare l'introduzione di un fattore di pressione che non consideri solo le volumetrie delle discariche, ma anche le altre ricadute ambientali e gli impatti cumulativi, attraverso una modifica al comma 1 dell'articolo 195 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che, nell'ambito delle competenze statali concernenti l'indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti, tenga conto in particolare del fattore di pressione per le discariche, inteso quale massima concentrazione di aree e di volume di rifiuti conferibili su unità di superficie territoriale;
    sarebbe, altresì, necessario subordinare la realizzazione di nuovi impianti o ampliamento di impianti esistenti finalizzati allo smaltimento dei rifiuti ad una concreta diminuzione del fattore di pressione come definito nel precedente capoverso,

impegna il Governo:

1) ad adottare al più presto il regolamento citato in premessa, relativo agli interventi di bonifica, ripristino ambientale e di messa in sicurezza, d'emergenza, operativa e permanente, delle aree destinate alla produzione agricola e all'allevamento;
2) ad assumere iniziative per stanziare le risorse per avviare, tramite il Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente, nella provincia di Brescia la mappatura su vasta scala dei terreni, partendo dalle aree più a rischio, come emerso dalle indagini e dalle segnalazioni delle agenzie ambientali e delle associazioni ambientaliste e dei cittadini, al fine della classificazione degli stessi in base al grado di contaminazione;
3) a promuovere un aggiornamento dello studio Sentieri, in collaborazione con l'Istituto superiore di sanità, avviando nella provincia di Brescia indagini epidemiologiche sullo statuto di salute della popolazione, a partire da quella maggiormente esposta come emerso dalle indagini delle agenzie ambientali e dell'azienda di tutela della salute di Brescia;
4) a definire, per quanto di competenza, un piano generale di bonifica anche sulla base delle evidenze emerse dalla mappatura e dalle analisi sopra citate e prevedere lo stanziamento di risorse adeguate, anche straordinarie, per quanto di competenza, necessarie alla sua attuazione;
5) a valutare l'opportunità di assumere iniziative per introdurre, ai fini dell'individuazione di nuovi impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti, un fattore di pressione che non consideri solo le volumetrie delle discariche, ma sia inteso quale massima concentrazione di aree e di volume di rifiuti conferibili su unità di superficie territoriale;
6) a valutare l'opportunità di assumere iniziative per subordinare la realizzazione di nuovi impianti o l'ampliamento di impianti per lo smaltimento di rifiuti, ovvero di impianti la cui realizzazione potrebbe determinare un peggioramento della qualità dell'aria, ad una concreta diminuzione del predetto fattore di pressione;
7) a valutare l'opportunità di promuovere forme di coinvolgimento delle popolazioni interessate dalla realizzazione di nuovi impianti di smaltimento dei rifiuti, anche nella forma del dibattito pubblico, sulla scorta di quanto prevede l'articolo 22 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, al fine di favorire la partecipazione dei cittadini.
(1-01644)
«Sberna, Cominelli, Alberti, Lacquaniti, Bazoli, Berlinghieri, Romele, Sorial, Basilio, Borghesi, Cominardi, Gitti, Caparini».
(13 giugno 2017)