TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 893 di Mercoledì 29 novembre 2017

 
.

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN RELAZIONE AL PROGETTO DI ADDENDUM ALLE LINEE GUIDA DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA IN MATERIA DI CREDITI DETERIORATI

   La Camera,
   premesso che:
    il 20 marzo 2017 la Banca centrale europea ha pubblicato il testo definitivo delle sue linee guida alle banche in materia di crediti deteriorati (linee guida sui non performing loans (npl)). Il documento rappresenta uno strumento che chiarisce le aspettative di vigilanza riguardo all'individuazione, alla gestione, alla misurazione e alla cancellazione dei non performing loans nel contesto dei regolamenti, delle direttive e degli orientamenti in vigore. Le linee guida pongono l'accento sulla necessità di effettuare accantonamenti e cancellazioni per i crediti deteriorati in maniera tempestiva, al fine di contribuire a rafforzare i bilanci bancari e permettere agli intermediari di concentrarsi (nuovamente) sulla loro attività principale, costituita in particolare dal finanziamento dell'economia;
    il 4 ottobre 2017 il meccanismo di vigilanza unico europeo (Banca centrale europea-Meccanismo unico di vigilanza) ha pubblicato un Addendum, il quale – nel rinforzare ed integrare quanto già affermato nelle citate linee guida sui non performing loans – pone l'accento sulle aspettative quantitative dell'autorità di vigilanza in merito ai livelli minimi di accantonamento prudenziale che ci si attende per le esposizioni deteriorate (non performing exposures, npe). Il documento specifica, altresì, che le aspettative si basano sulla durata del lasso di tempo in cui un'esposizione è classificata come deteriorata (ossia la sua «anzianità»), nonché sulle garanzie reali detenute (ove presenti) e che le misure andrebbero considerate come «livelli minimi di accantonamento prudenziale» finalizzati al trattamento prudenziale delle non performing exposures e dunque tesi a evitare che consistenze eccessive di non performing exposures di elevata anzianità e prive di copertura si accumulino in futuro nei bilanci bancari;
    come si legge nell’Addendum, esso non intende sostituire né inficiare i requisiti e le linee guida applicabili in ambito normativo o contabile derivanti da regolamenti o direttive vigenti dell'Unione europea e dalle relative trasposizioni a livello nazionale, la normativa nazionale applicabile in materia contabile, le regole e le linee guide vincolanti degli organismi che stabiliscono gli standard contabili o equivalenti, né gli orientamenti emanati dall'Autorità bancaria europea;
    tuttavia, sempre il documento citato, nel momento in cui delimita il suo ambito di applicazione, specifica, altresì, che in analogia con le linee guida sui non performing loans, esso si applica a tutte le banche significative sottoposte alla vigilanza diretta della Banca centrale europea, che le banche dovrebbero, sebbene l’Addendum non abbia carattere vincolante, motivare qualsiasi scostamento rispetto al suo contenuto e riferire in merito al raggiungimento dei livelli minimi di accantonamento prudenziale definiti nell’Addendum stesso almeno con frequenza annuale e che, infine, l’Addendum si applica a decorrere dalla sua data di pubblicazione. Infine, il perimetro di applicazione dei livelli minimi di accantonamento deve includere quanto meno le nuove non performing exposures classificate come tali a partire da gennaio 2018;
    quanto al contesto normativo in cui l’Addendum si inquadra si chiarisce che, come indicato anche al capitolo 6.1 delle linee guida sui non performing exposures, il quadro prudenziale vigente prevede che le autorità di vigilanza decidano se gli accantonamenti delle banche siano adeguati e tempestivi. Il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria pone in evidenza le responsabilità delle autorità di vigilanza nell'esaminare i processi interni per il controllo della gestione del rischio di credito e la valutazione degli attivi, nonché nell'assicurare accantonamenti sufficienti per perdite su crediti, in particolare sotto il profilo della valutazione delle esposizioni al rischio di credito e dell'adeguatezza patrimoniale. Queste tematiche sono trattate nelle relative linee guida, fra cui: «Guidelines on credit institutions’ credit risk management practices and accounting for expected credit losses» del Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria (2015) e «Guidelines on credit institutions’ credit risk management practices and accounting for expected credit losses» dell'Autorità bancaria europea (2017); «Principi fondamentali per un'efficace vigilanza bancaria» del Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria (2012) e Basilea 2, secondo pilastro (2006). Più precisamente, nell'ambito del quadro normativo applicabile agli enti significativi, rilevano gli articoli della quarta direttiva sui requisiti patrimoniali (Capital requirements directive, Crd IV) di seguito indicati;
    in conformità all'articolo 74, le banche sono tenute a dotarsi di «adeguati meccanismi di controllo interno, ivi comprese valide procedure amministrative e contabili [...] che riflettano e promuovano una sana ed efficace gestione del rischio»; ai sensi dell'articolo 79, lettere b) e c), le autorità competenti devono assicurare che «gli enti si dotino di metodologie interne che consentono loro di valutare il rischio di credito delle esposizioni nei confronti di singoli debitori [...] e il rischio di credito a livello di portafoglio» e che «l'amministrazione e il monitoraggio continui dei portafogli e delle esposizioni soggetti al rischio di credito degli enti, anche al fine di identificare e gestire i crediti problematici e di effettuare rettifiche di valore e accantonamenti adeguati, siano eseguiti tramite sistemi efficaci». Inoltre, l'articolo 88 prevede il principio che «l'organo di gestione deve garantire l'integrità dei sistemi di contabilità e di rendicontazione finanziaria, compresi i controlli finanziari e operativi e l'osservanza delle disposizioni legislative e delle norme pertinenti». In base all'articolo 97, paragrafo 1, le autorità competenti devono riesaminare i dispositivi, le strategie, i processi e i meccanismi messi in atto dagli enti per conformarsi alla Crd IV e al regolamento sui requisiti patrimoniali (Capital requirements regulation, Crr). A questo proposito l'articolo 104, paragrafo 1, elenca i poteri che come minimo vanno conferiti alle autorità competenti, incluso quello previsto alla lettera b) di «chiedere il rafforzamento dei dispositivi, processi, meccanismi e strategie messi in atto conformemente agli articoli 73 e 74 e quello definito alla lettera d) di esigere che gli enti applichino una politica di accantonamenti specifica o che riservino alle voci dell'attivo un trattamento specifico con riferimento ai requisiti in materia di fondi propri»;
    ciò trova riscontro anche negli orientamenti dell'Autorità bancaria europea sulle procedure e sulle metodologie comuni per il processo di revisione e valutazione prudenziale (Srep), che recitano al paragrafo 478: «le autorità competenti possono richiedere all'ente di applicare una specifica politica per gli accantonamenti e – ove consentito dalle norme e dai regolamenti contabili – imporre all'ente di aumentare gli accantonamenti». Nel quadro dell'attuale regime regolamentare, le autorità di vigilanza devono pertanto determinare se le banche dispongano di metodologie e processi di accantonamento efficaci per poter assicurare l'adeguata copertura dei rischi connessi alle non performing exposures. Laddove i livelli di accantonamento fossero ritenuti inadeguati a fini prudenziali, le autorità di vigilanza sono tenute ad assicurare che le banche riesaminino e innalzino il relativo grado di copertura dei rischi in modo da soddisfare le aspettative di vigilanza. Nell'ambito di tale processo l'autorità di vigilanza deve fornire indicazioni in merito alle proprie aspettative;
    sull’Addendum la Banca centrale europea ha avviato una consultazione pubblica che resterà aperta fino all'8 dicembre 2017;
    nell'ambito di tale consultazione si terrà il 30 novembre 2017 presso la sede della Banca centrale europea un'audizione pubblica;
    da una prima analisi si evidenziano forti criticità, sia nel merito che nel metodo, del documento, che si configura, secondo quanto rilevato dagli operatori del settore, come l'ennesimo documento foriero di misure ulteriormente restrittive per il credito;
    sotto il profilo del metodo, l’Addendum si presenta come l'ennesimo intervento di indirizzo che innova e integra normative ed indirizzi già presenti, sui quali lo stesso Meccanismo unico di vigilanza era intervenuto di recente;
    tale iniziativa, peraltro, non appare coerente con le decisioni adottate in materia dall'Ecofin del 17 giugno 2017, dal momento che una prima interpretazione farebbe emergere effetti anche retroattivi esclusi invece dalle citate decisioni dell'Ecofin;
    il documento posto in consultazione manca di qualsiasi analisi di impatto e argomentazione per giustificare le scelte fatte, soprattutto tali da motivare l'individuazione delle tempistiche indicate;
    ad esso viene imputata, altresì, la carenza totale di un'analisi di impatto complessiva che stimi l'effetto combinato delle nuove regole che continuano a proliferare, con particolare riferimento ai loro effetti sui canali di finanziamento dell'economia reale, soprattutto nei confronti delle piccole e medie imprese e, quindi, sulla crescita e sul livello dell'occupazione;
    le indicazioni contenute nell’Addendum non tengono conto, altresì, delle diverse condizioni istituzionali esistenti nei diversi Paesi europei, in primis relativamente ai tempi della giustizia civile: le indicazioni, infatti, si muovono nell'ottica di un forte automatismo, lasciando pochi spazi alle scelte gestionali delle singole banche e introducendo ulteriori elementi di rigidità e di prociclicità del quadro normativo;
    come evidenzia lo stesso documento possono esservi disallineamenti tra le nuove regole proposte e i principi contabili e questo sarà origine di ulteriori incertezze e differenze di applicazione, poiché i principi contabili nazionali, per i bilanci individuali, non sono armonizzati a livello europeo;
    l'effetto ultimo di queste novità regolamentari sarà ancora una volta quello di imporre alle banche europee ancora maggiore capitale e maggiori costi, proprio nel momento in cui la crescita economica sta prendendo vigore in Italia e in Europa e necessita dunque di ulteriore alimentazione da parte del settore bancario;
    va sottolineato che l'insieme delle regole bancarie a elevato contenuto tecnico può giocare un ruolo rilevante nelle crescita economica, simile a quello di scelte di politica monetaria o fiscale restrittiva;
    in linea con quanto previsto dalle linee guida della Banca centrale europea, le linee guida della Banca d'Italia richiedono a ogni ente creditizio di dotarsi di una strategia per la gestione dei crediti deteriorati che abbia come obiettivo miglioramenti della capacità operativa del soggetto (dal punto di vista qualitativo) e la riduzione dei non performing loans (sul piano quantitativo) sulla base di orizzonti di breve, medio e lungo periodo;
    le linee guida della Banca d'Italia invitano le banche a predisporre inoltre piani di gestione dei non performing loans di breve periodo e di medio/lungo periodo, approvati dall'organo amministrativo, con obiettivi stabiliti in termine di livello di non performing loans al lordo e al netto delle rettifiche di valore da raggiungere. Tali livelli dovranno essere raggiunti non mediante una riduzione indiscriminata e immediata, ma sulla base di solide valutazioni quantitative e di una precisa analisi costi benefici tra le diverse azioni adottabili;
    coerentemente con l'importanza attribuita alla strategia di gestione dei non performing loans e come già sancito dalle vigenti disposizioni di vigilanza di cui alla circolare Banca d'Italia n. 263 del 27 dicembre 2006 e n. 285 del 17 dicembre 2013, la sezione delle linee guida della Banca d'Italia relativa alla governance affida all'organo di supervisione strategica il compito di definire e monitorare la strategia e i piani di gestione (il «piano di gestione degli npl»);
    anche da parte delle imprese è stata espressa grande preoccupazione per quanto previsto nell’Addendum, con particolare riferimento agli automatismi che, se confermati, avrebbero un impatto di grande rilievo sui requisiti patrimoniali delle banche, imponendo loro nuovi e onerosi accantonamenti e anche sul mondo delle imprese con un'ulteriore, ingiustificata, stretta nell'offerta di credito;
    si tratterebbe, infatti, dell'ennesimo intervento che modifica significativamente – senza che ci siano analisi di impatto e argomentazioni solide che lo giustifichino – disposizioni già esistenti, con l'effetto non solo di spiazzare le banche e i loro piani industriali a medio e lungo termine, ma anche di penalizzare i risparmiatori azionisti delle banche e, soprattutto, di restringere i canali di finanziamento delle imprese, in particolare di quelle piccole e medie, incidendo sulla crescita e sul livello di occupazione in tutta Europa. Una scelta che appare incomprensibile, dato che nelle attuali regole ci sono tutti i meccanismi necessari ad assicurare adeguata copertura dei crediti deteriorati, e che le disposizioni in consultazione rappresenterebbero una misura prociclica, in netta contraddizione con la politica monetaria espansiva ed anticiclica della stessa Banca centrale europea;
    una richiesta di attenuare i nuovi requisiti è giunta anche dalla stessa Banca d'Italia, la quale auspica che, dalla consultazione pubblica delle norme, emerga una versione bilanciata che tenga conto dei maggiori tempi di recupero giudiziario dei crediti in Italia rispetto agli altri Paesi, così da evitare la creazione di disparità nell'applicazione delle norme della Banca centrale europea. Le norme, dunque, andrebbero applicate solo ai nuovi flussi di crediti deteriorati, dando così tempo agli istituti di credito per adeguarsi al nuovo quadro normativo;
    proprio a causa dei tempi di recupero giudiziario ancora lunghi (nonostante le prime riforme normative fatte) le linee guida della Banca centrale europea avrebbero un impatto ancora maggiore su di un settore che solo ora sta riprendendo fiato e che si appresta ad affrontare la fine del quantitative easing dal 2018,

impegna il Governo:

1) a valutare l'opportunità, per le ragioni sopra esposte, di adottare le opportune iniziative per l'approfondimento del citato Addendum posto in consultazione ai fini di una sua rivisitazione, anche in coerenza con le decisioni adottate dall'Ecofin nel mese di giugno 2017, nel quadro di un corretto bilanciamento tra l'obiettivo della stabilità del settore finanziario e l'obiettivo di crescita e competitività dell'economia europea.
(1-01738)
«Dellai, Tabacci, Gigli, Santerini, Capelli, Sberna, Catania».
(23 ottobre 2017)

   La Camera,
   premesso che:
    nei primi giorni di ottobre 2017, la stampa nazionale ed internazionale ha riportato notizie relative all'avvio, da parte della Banca centrale europea, di una consultazione pubblica su un progetto di Addendum alle linee guida sui crediti deteriorati, pubblicate il 20 marzo 2017 dalla stessa Banca centrale, volto ad introdurre nuove regole, più restrittive, sulle modalità di gestione che gli istituti di credito sono tenuti a tenere nei confronti dei non performing loans (npl);
    tali nuove regole imporrebbero alle banche dell'Eurozona di aumentare gli accantonamenti sui loro crediti deteriorati di nuova classificazione a partire dal 2018, fissando parametri più stringenti per far fronte alla mole dei non performing loans detenuti in portafoglio;
    gli accantonamenti dovranno coprire l'intera perdita potenziale sui prestiti deteriorati non garantiti, che non sono sostenuti da collaterale dopo due anni, e dopo sette anni nel caso di crediti a rischio garantiti;
    l'Italia detiene attualmente circa il 25 per cento dei non performing loans dell'intera Eurozona;
    come denunciato da numerosi esperti in materia bancaria, da Confindustria e dall'Associazione bancaria italiana, l'introduzione delle nuove regole provocherebbe in Italia una completa paralisi del credito erogato a famiglie e imprese, in quanto le banche sarebbero costrette a rinunciare ad effettuare attività di prestito per destinare il denaro agli accontamenti richiesti: misura oltremodo penalizzante e recessiva per l'economia dell'intero Paese;
    il blocco del canale creditizio rischierebbe di scompaginare i piani industriali e le acquisizioni programmate da aziende italiane e creerebbe difficoltà ad alcuni istituti minori ancora non del tutto in sicurezza, nel momento stesso in cui essi si stanno faticosamente riprendendo dalla grande crisi del settore bancario che li ha colpiti;
    in data 9 ottobre 2017 il Presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani ha inviato una lettera ufficiale al Presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, con la quale ha espresso tutta la sua preoccupazione per come l'iniziativa della consultazione pubblica sui non-performing loans è stata intrapresa, domandandosi seriamente se ulteriori obblighi specifici, potenzialmente confliggenti con disposizioni legislative attualmente in vigore e in grado di alterare l'equilibrio normativo esistente fissato dalla legislazione corrente, possano essere arbitrariamente imposte dalla Banca centrale alle entità soggette a vigilanza, senza un appropriato coinvolgimento dei colegislatori nel processo decisionale,

impegna il Governo:

1) a sostenere, tramite azioni concrete, negli opportuni consessi europei e nei limiti dei suoi poteri, la posizione espressa dal Presidente Antonio Tajani a nome del Parlamento europeo circa la necessità che la Banca centrale europea adotti tutte le misure necessarie per garantire che le prerogative di colegislazione del Parlamento europeo in materia di nuove regole sulla gestione dei non performing loans siano doverosamente rispettate, prima di procedere a qualsiasi altro passaggio normativo in materia, al fine di scongiurare l’«ecatombe» del sistema creditizio ed economico del Paese.
(1-01725)
«Brunetta, Palese, Milanato, Prestigiacomo, Sandra Savino, Giacomoni, Laffranco».
(13 ottobre 2017)

   La Camera,
   premesso che:
    il 20 marzo 2017 la Banca centrale europea (Bce) ha pubblicato il testo definitivo delle sue linee guida alle banche in materia di crediti deteriorati (linee guida sugli non performing loans (Npl)). Le linee guida chiariscono la disciplina attinente l'individuazione, la gestione, la misurazione e la cancellazione degli Npl nel contesto dei regolamenti, delle direttive e degli orientamenti vigenti. L'obiettivo della Bce è l'immediata predisposizione degli accantonamenti e della cancellazione dei crediti deteriorati in modo da avere i bilanci delle banche conformi alla relativa stabilità finanziaria senza la necessità di apportare le dovute correzioni e di consentire gli organismi di vigilanza di avere un chiaro ed immediato controllo della stabilità del sistema bancario e finanziario;
    il meccanismo di vigilanza unico europeo (Bce-Ssm) il 4 ottobre 2017 ha pubblicato un Addendum, con il quale elabora stime e previsioni sulle aspettative quantitative dell'autorità di vigilanza in merito ai livelli minimi di accantonamento prudenziale che ci si attende per le esposizioni deteriorate (non performing exposures, NPE). L’Addendum ha l'obiettivo di evitare che consistenze eccessive di Npe di elevata anzianità e prive di copertura si accumulino in futuro nei bilanci bancari;
    la «disciplina» prevista nell’Addendum non intende sostituire né inficiare i requisiti e le linee guida applicabili in ambito normativo o contabile derivanti da regolamenti o direttive vigenti dell'Unione europea e dalle relative trasposizioni a livello nazionale, la normativa nazionale applicabile in materia contabile, le regole e le linee guide vincolanti degli organismi che stabiliscono gli standard contabili o equivalenti, né gli orientamenti emanati dall'Autorità bancaria europea (Abe). Nonostante ciò e nonostante l’Addendum non abbia carattere vincolante, le banche sono tenute a motivare qualsiasi mancata applicazione della disciplina prevista ed a riferire alle preposte autorità il mancato raggiungimento degli obiettivi;
    la disciplina in materia di NPLs così come integrata dalle previsioni dell’Addendum rischia di determinare un aumento del volume di cessione degli NPLs da parte delle banche per evitare un crescente aumento degli accantonamenti nonché di pregiudicare la crescita economica per la restrizione della politica creditizia degli istituti di credito. Una corretta gestione della problematica degli NPLs, invece, non è connessa esclusivamente ad una politica di vigilanza che vede nell'aumento degli accantonamenti la soluzione principe della medesima. Questa soluzione porterebbe de facto ad una asettica dismissione dei crediti deteriorati ai vulture funds che, tra l'altro, avviene mediamente a prezzi inferiori del 15-20 per cento rispetto al valore di recupero iscritto in bilancio comportando ovviamente la contabilizzazione di ulteriori perdite, che le banche fino ad ora hanno dovuto ripianare attraverso « round» di ricapitalizzazioni forzate. Sulla perdita di valore per il sistema produttivo e finanziario nazionale (il cosiddetto «sistema Italia») determinata da questa operatività, di recente, anche il Governatore del Banca d'Italia ha espresso delle perplessità durante la sua relazione al convegno Forex. Ci sono, infatti, delle ricadute negative sul tessuto economico-produttivo derivanti dal cambio della proprietà del credito. Si passa dalla banca, interessata al recupero del credito attraverso un'interazione costruttiva con l'impresa salvaguardando l'attività produttiva, alla «società avvoltoio» motivata a «spremere» valore dal credito in un tempo più breve (che può scendere anche a soli 7 anni), anche attraverso il ricorso accelerato a procedure esecutive di varia natura. Per un'impresa già in difficoltà per via della crisi e della stretta creditizia ma che ha ancora del potenziale produttivo, l'interazione con la nuova controparte (il vulture fund) può solo nuocere alla residua capacità di resistere sul mercato. Se il «fondo avvoltoio» che generalmente ha sede all'estero riesce a recuperare con successo delle risorse, queste andrebbero, tra l'altro, a remunerare investitori che sono al di fuori del circuito economico nazionale trasferendo in tal modo ricchezza nazionale all'estero. Altresì bisogna rilevare che le banche hanno già compensato parte delle perdite attese cumulando rilevanti crediti fiscali nei confronti dello Stato (i cosiddetti Deferred Tax Credits, Dtc) che in parte, tra l'altro, contribuiscono alla loro patrimonializzazione, stante la vigente disciplina prudenziale. Il contributo dei crediti fiscali al rafforzamento patrimoniale degli istituti di credito dell'Eurozona è tutt'altro che irrilevante, dato che supera il 15 per cento. In particolar modo, in Italia oltre il 10 per cento del patrimonio di vigilanza delle banche è costituito da Dtc;
    per lo Stato – e quindi per l'intera collettività – c’è una doppia incidenza negativa in termini erariali, sia per i crediti fiscali Dtc sia per la riduzione immediata e prospettica del gettito fiscale derivante dalla dismissione totale delle imprese debitrici all'esito delle procedure esecutive poste in essere dai vulture funds. Appare quindi ragionevole prevedere – una tantum – una nuova contabilità che «sincronizzi» i bilanci della banca e dell'impresa al valore del credito svalutato; quindi il valore nominale del rapporto creditizio sia del bilancio della banca che del bilancio dell'impresa dovrebbe riflettere il processo di svalutazione del NPL definito dalla banca. Tale svalutazione del rapporto creditizio non è un «condono», ma semplicemente riflette quanto già erogato dallo Stato per sostenere il «sistema Italia». La svalutazione del rapporto creditizio non è però di per se sufficiente a consentire all'impresa di accedere nuovamente al credito. Quest'ultima, infatti, nonostante l'alleggerimento del debito resterebbe comunque segnalata nella centrale rischi della Banca d'Italia e la banca per motivi di patrimonializzazione avrebbe comunque utilità a cedere il credito ai vulture funds. Diventa quindi necessario che la nuova contabilità trasformi la sofferenza in un credito in bonis nel bilancio della banca con conseguente cancellazione dell'informativa problematica nella centrale rischi della Banca d'Italia e dei sistemi di scoring creditizio delle banche. Infine, per rendere indifferente alle banche – in termini di vigilanza prudenziale – la cessione del credito ai vulture funds rispetto alla proposta di trasformazione del NPL in un credito in bonis, lo Stato dovrebbe concedere (su tale credito) – anche a condizioni di mercato – una garanzia proteggendo le banche da eventuali ulteriori perdite;
    la nuova gestione degli NPLs per le sue peculiarità ed al fine di evitare situazioni di moral hazard potrà riguardare esclusivamente quelle sofferenze conseguenti direttamente dalla crisi economica e per tal motivo sarebbe opportuno limitare l'iniziativa al sussistere di specifiche condizioni esistenti nel periodo pre crisi – 2007 – come ad esempio: a) un quoziente di indebitamento pari al rapporto tra debiti finanziari netti e patrimonio netto relativo all'ultimo bilancio disponibile inferiore ad 1; b) non essere iscritte nell'archivio della Centrale rischi della Banca d'Italia; c) avere un indice sintetico di affidabilità fiscale pari o superiore a 8;
    la cornice normativa europea in materia di Npl non può prescindere dalla suesposta analisi che consentirà una maggiore efficienza nella gestione delle risorse erariali (Dtc) e soprattutto un effetto positivo sul tessuto produttivo «riabilitando» de facto molte imprese con conseguenti effetti positivi in termini sociali per la salvaguardia di molti posti di lavoro,

impegna il Governo:

1) ad adottare le opportune iniziative, nelle preposte sedi e nei limiti delle proprie competenze, volte a:
   a)  consentire di allineare i bilanci delle imprese con i bilanci dei soggetti autorizzati all'esercizio del credito, in modo tale da notificare alle imprese debitrici il valore netto del debito residuo pari alla differenza tra il valore nominale del credito vantato ed il corrispondente credito fiscale iscritto in bilancio;
   b) concedere alle imprese coinvolte dall'iniziativa una garanzia statale – sottoscrivibile a valori di mercato – per il conseguente debito netto residuo;
   c) consentire la cancellazione delle imprese coinvolte dall'iniziativa dalla Centrale dei rischi della Banca d'Italia;
   d) consentire alle imprese coinvolte dall'iniziativa di definire con i soggetti autorizzati all'esercizio del credito un nuovo piano di ammortamento per il debito netto residuo ed eventualmente per il costo da sostenere per la concessione della garanzia statale;
   e) limitare l'iniziativa alle imprese che al 1o gennaio 2007 erano in possesso dei seguenti requisiti:
    1) avere un quoziente di indebitamento pari al rapporto tra debiti finanziari netti e patrimonio netto relativo all'ultimo bilancio disponibile inferiore ad 1;
    2) non essere iscritte nell'archivio della Centrale rischi della Banca d'Italia;
    3) avere un indice sintetico di affidabilità fiscale pari o superiore a 8;
2) individuare le opportune soluzioni, anche di carattere normativo, volte ad estendere le suddette misure alle persone fisiche.
(1-01757)
«Ruocco, Alberti, Sibilia, Pesco, Villarosa, Fico, Pisano».
(27 novembre 2017)

   La Camera,
   premesso che:
    il consiglio di vigilanza della Bce all'inizio del mese di ottobre 2017 ha emanato un documento oggetto di consultazione da parte degli operatori del settore creditizio fino all'8 dicembre prossimo denominato (« Addendum to the ECB Guidance on non-performing loans: Prudential provisioning backstop for non-performing exposures»), contenente nuove linee guida per indurre gli istituti di credito a tenere, a partire dal 1o gennaio 2018 e con riferimento allo stock di crediti deteriorati futuri, livelli di accantonamento prudenziale per le esposizioni past due, cioè quelle scadute da almeno 90 giorni, e per le inadempienze probabili, cioè per quelle rispetto alle quali difficilmente il debitore è in grado di adempiere integralmente il proprio obbligo. Negli auspici della Bce, le banche dovrebbero procedere ad accantonare il cento per cento del valore del credito entro due anni, nel caso di crediti non garantiti (cosiddette sofferenze unsecured), ovvero entro sette anni, nel caso di crediti garantiti (cosiddetto Calendar Approach). Inoltre, è previsto anche un meccanismo di progressione lineare, per cui le svalutazioni andrebbero operate annualmente pro-quota, trasformando di fatto tale backstop in un requisito annuale;
    pertanto, in base al suddetto « Addendum», adottato nella prospettiva di creare le condizioni per mettere in piedi quell'assicurazione comune dei depositi considerata il fondamentale pilastro mancante dell'Unione bancaria europea, le banche dovranno costantemente misurare quante risorse sono in grado di recuperare dal credito deteriorato e svalutarne la restante parte;
    pur trattandosi di raccomandazioni non strettamente vincolanti, per i destinatari costituiscono comunque un'indicazione abbastanza stringente, poiché assottigliano il margine della discrezionalità esercitata nel gestire i crediti deteriorati. La proposta precisa, inoltre, che, nel caso in cui le banche non si conformassero alle suddette indicazioni della Bce, questa ne terrebbe conto in sede di Srep (supervisoriy review and evaluation process): il mancato adeguamento della banca potrebbe comportare l'applicazione di obblighi incrementali sul patrimonio di vigilanza per compensare i mancati accantonamenti e l'obbligo di fornire, in sede di supervisione da parte dell'organo di controllo, adeguate motivazioni per giustificare lo scostamento dal comportamento suggerito. Dunque, sebbene la policy in questione non sia formalmente vincolante, eventuali disallineamenti ritenuti non giustificabili comporterebbero misure prudenziali di corrispondente impatto;
    la svalutazione integrale dei crediti classificati «deteriorati» rappresenta una pericolosa quanto allettante opportunità per il mercato secondario degli Npl (cosiddetto marketplace), dal momento che rende meno onerosa la loro cessione massiva ai fondi speculativi a fronte di un pesante impatto sui bilanci delle banche cedenti, ma soprattutto di un depauperamento di gran parte della ricchezza nazionale accantonata nel tempo da famiglie ed imprese;
    pur se l'obiettivo generale che informa il documento è quello di evitare fonti di rischio sistemico ed il ripetersi in futuro di quella forte accumulazione di crediti deteriorati degli anni passati (che nella sola Eurozona ammontavano nel solo 2016 a 1.014 miliardi di euro dei quali circa 324 «ad appannaggio» del sistema bancario italiano), la regolazione messa in piedi per realizzarlo è ovviamente pro-ciclica e quindi discutibile sotto il profilo macroeconomico: quando si presenterà una nuova fase recessiva ed i crediti in sofferenza torneranno realisticamente ad aumentare, le banche dovranno effettuare maggiori accantonamenti, contraendo di più l'offerta di credito e quindi contribuendo ad accentuare la fase recessiva;
    nonostante il suddetto contesto preconizzasse per il nostro Paese il rischio di una crisi sistemica del settore, il Governo pro tempore, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, ne ha colpevolmente ed irresponsabilmente sottovalutato la portata, gestendola con logica emergenziale, come, ad esempio, per fronteggiare il default di otto istituti di credito e per il quale ha forzatamente ed a mezzo di decreto-legge anticipato nel nostro Paese l'entrata in vigore del nuovo meccanismo di risoluzione delle crisi bancarie (cosiddetto bail-in). Stessa logica ha seguito per riaccendere l'interesse ad investire nelle attività deteriorate delle banche italiane, deliberando una serie di misure urgenti per ridurre i tempi di recupero dei crediti. Lo stesso Governo pro tempore negli ultimi anni ha disposto una serie di interventi presentandoli come una riforma complessiva ed organica del settore, che sostanzialmente hanno lasciata invariata l'incidenza dei Npl sui bilanci delle banche italiane ed alterato significativamente, compromettendolo, il quadro di tutele giuridiche e costituzionali di riferimento, con immaginabili e deleterie ricadute per i risparmiatori e per la tenuta dell'intero sistema;
    gli Npl non sono le uniche fonti di rischio sistemico che le banche portano in grembo. Lo sono certamente per le banche tradizionali (come gran parte di quelle italiane), che raccolgono depositi dalla clientela e fanno crediti alle imprese e alle famiglie, mentre le banche d'investimento e le banche «universali» sono, invece, portate a riempirsi la «pancia» di attività ad alto rendimento e perciò ad alto rischio (e a elevata volatilità), come per esempio i derivati quali le asset backed securities, i credit default swap ed altri complessi strumenti finanziari;
    come confermato presso la Commissione finanze dallo stesso Governo sulla proposta di «Addendum», il Ministro dell'economia e delle finanze, uniformandosi ai giudizi di un largo schieramento che va dal presidente dell'Abi a Confindustria ed ai sindacati bancari, ha espresso nell'immediato perplessità di metodo sullo schema del provvedimento, ravvisando l'opportunità di verificare che lo stesso fosse pienamente conforme alle prerogative che il Trattato assegna alla Commissione, al Consiglio e al Parlamento europeo, ed al quadro normativo dell'Unione europea;
    inoltre, il Calendar Approach è già stato analizzato nel contesto dell'elaborazione, nell'ambito del Financial Services Committee, di un rapporto sui crediti deteriorati risultando già in quella sede una opzione regolamentare estremamente controversa, tanto è vero che l'Ecofin riunitosi l'11 luglio 2017, nelle sue conclusioni, ha ritenuto necessaria un'ulteriore valutazione della Commissione europea ed all'esito di tale analisi, comprensiva di una valutazione d'impatto, la presentazione, se del caso, di una proposta normativa;
    la Banca d'Italia, chiamata ad esprimersi, dal canto suo, ha fatto presente che la guidance non tiene conto delle specificità dei contesti nazionali può determinare una distorsione della parità concorrenziale tra i diversi Paesi appartenenti al Ssm (Single supervisory mechanism). Difatti, le banche dei Paesi caratterizzati da tempi lunghi di recupero dei crediti sarebbero chiamate ad effettuare in anticipo svalutazioni, mentre l'effetto sarebbe nullo o trascurabile nelle giurisdizioni con tempi di recupero rapidi. Inoltre, sempre a parere di Banca d'Italia, dovrebbe essere evitata l'applicazione di automatismi sulle svalutazioni dei crediti garantiti, che maggiormente risentono delle lungaggini delle procedure di recupero;
    dubbi e perplessità circa la legittimità dell'iniziativa della Vigilanza della Bce sono state sollevate dal presidente dell'Europarlamento Antonio Tajani, secondo il quale l'approccio scelto nel documento, quello del « comply or explain» (cioè attieniti alla regola o spiegami perché non lo fai), non sarebbe quello adatto; inoltre, la Bce con la sua proposta di «Addendum», che fissa delle regole giuridicamente vincolanti di portata generale, si sarebbe spinta oltre il suo mandato di supervisione andando a collidere, come colegislatore, con le prerogative del Parlamento europeo;
    la Bce dal canto suo, ha fatto sapere per bocca del presidente del consiglio di Vigilanza Danièle Nouy che, nonostante sia convinta che l’Addendum in questione non prevarichi l'attuale quadro regolatorio, prenderà in considerazione, all'atto della conclusione della sua consultazione pubblica, tutti i rilievi avanzati in quella sede ed una proroga del termine per l'avvio dei nuovi impegni discendenti dal medesimo fissato al 1o gennaio 2018,

impegna il Governo:

1) ad intervenire, in sede di interlocuzione europea, contro l'inasprimento del trattamento contabile degli Npl e gli automatismi della loro svalutazione, previsti dall’Addendum proposto dalla Bce, promuovendo soluzioni graduali e calibrate, al fine di minimizzare il rischio che, in un momento in cui il sistema sta finalmente riacquistando stabilità, si adottino misure restrittive, anche con effetto retroattivo, che potrebbero comportare conseguenze negative sul flusso del credito alla clientela e quindi anche sullo sviluppo economico dell'intero Paese;

2) ad adottare opportune iniziative, anche normative, che favoriscano lo smaltimento dello stock di crediti deteriorati minimizzando l'impatto sociale dello stesso, prevedendo ad esempio di consentire la chiusura di posizioni in sofferenza al valore netto da parte dei debitori, oppure di acquisire gli stessi attraverso un fondo statale, laddove abbiano un sottostante immobiliare destinabile al social housing.
(1-01758)
 «Paglia, Marcon, Fassina, Pastorino, Pellegrino».
(28 novembre 2017)

   La Camera,
   premesso che:
    indubbiamente l'Italia deve assumere iniziative per incoraggiare gli istituti bancari nazionali a ridurre il loro portafoglio di debito pubblico;
    l'entità di questa esposizione costituisce infatti, in particolare in presenza di significative criticità del sistema bancario nazionale, un ulteriore fattore di rischio sistemico;
    parimenti, occorre una iniziativa forte per affrontare la massa di crediti insoluti, il cui recupero è un elemento decisivo per contenere le perdite dei cittadini-contribuenti rispetto alle undici crisi bancarie avvenute in Italia nell'ultimo triennio e concluse con l'azzeramento totale del capitale;
    tale doppio sforzo deve tuttavia avvenire con tempi e modalità tali da non determinare né crisi rispetto al debito italiano ne un'ulteriore stretta sul credito ai danni di famiglie e imprese;
    al contrario, in sede europea, le proposte avanzate dalla Bce costituirebbero un vincolo eccessivamente forte per il sistema Italia, e determinerebbero esattamente i rischi indicati;
    peraltro, un intervento di questo tipo non dovrebbe mai avvenire bypassando il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali,

impegna il Governo:

1) a promuovere sul piano nazionale attività e politiche che aiutino a conseguire il doppio obiettivo di riduzione del portafoglio di debito in possesso degli istituti bancari e di recupero tempestivo ed efficace della massa dei crediti insoluti;

2) a contrastare in sede europea iniziative che, per tempi, modalità e caratteristiche, imporrebbero al «sistema Italia» uno choc insostenibile, determinando seri problemi sul piano dell'allocazione dei titoli del debito pubblico e generando un prevedibile effetto di stretta creditizia a danno di famiglie e imprese.
(1-01759)
 «Capezzone, Latronico, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci, Matarrese, Vargiu, Menorello».
(28 novembre 2017)

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

  ROSTAN, LAFORGIA, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, BERSANI, FRANCO BORDO, BOSSA, CAPODICASA, CIMBRO, D'ATTORRE, DURANTI, EPIFANI, FAVA, FERRARA, FOLINO, FONTANELLI, FORMISANO, FOSSATI, CARLO GALLI, KRONBICHLER, LEVA, MARTELLI, PIERDOMENICO MARTINO, MURER, NICCHI, GIORGIO PICCOLO, PIRAS, QUARANTA, RAGOSTA, RICCIATTI, SANNICANDRO, SCOTTO, SPERANZA, SIMONI, STUMPO, ZACCAGNINI, ZAPPULLA, ZARATTI e ZOGGIA. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   dagli organi di stampa si legge che nell'area a nord di Napoli, nei comuni di Scampia, Casoria e Giugliano vi è un'emergenza che riguarda 360 famiglie che vivono accampate in un inferno dimenticato e in condizioni sconvolgenti;
   tra queste persone, vi sono tanti bambini, nessuno dei quali frequenta la scuola, spostati come dei pacchi da un luogo all'altro, ospiti di questi campi in cui insistono sporcizia, pezzi di elettrodomestici, carcasse di roulotte, materiali edili e legname, tutto accatastato e pronto per essere bruciato;
   in questi comuni e in particolare nel comune di Giugliano, ogni giorno si verifica una violazione dei diritti umani determinata dal fatto che queste persone vivono in condizioni disumane tra topi e immondizia. I bambini sono abbandonati a loro stessi, costretti a giocare nella melma e tra i rifiuti, sottoposti al rischio continuo di contrarre malattie a causa della cattiva igiene e dell'aria irrespirabile;
   il comune di Giugliano, in virtù di questa situazione, ha previsto la realizzazione di un eco-villaggio, ma il progetto ad oggi non decolla;
   per la costruzione di tale eco-villaggio sono stati stanziati oltre un milione di euro e sono state apportate anche delle modifiche al piano regolatore del comune, ma queste persone continuano ad attendere da circa un anno continuando loro malgrado a vivere in condizioni di assoluta deprivazione –:
   di quali elementi disponga il Governo circa i motivi che ad oggi, nonostante i fondi stanziati dal Ministero dell'interno, impediscono la realizzazione dell'eco-villaggio e quali iniziative urgenti e non più procrastinabili si intendano assumere, per quanto di competenza, per agevolarne il compimento. (3-03391)
(28 novembre 2017)

  COSCIA, ASCANI, BONACCORSI, NARDUOLO, RAMPI, MANZI, GHIZZONI, MALPEZZI, MALISANI, COCCIA, BLAZINA, IORI, CAROCCI, CRIMÌ, DALLAI, D'OTTAVIO, PES, ROCCHI, SGAMBATO, VENTRICELLI, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. – Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. – Per sapere – premesso che:
   il 22 novembre 2017, Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, ha approvato, in esame definitivo, i tre decreti legislativi che, in attuazione delle deleghe previste dalla legge sulla «Disciplina del cinema e dell'audiovisivo» (legge 14 novembre 2016, n. 220), riformano in modo organico il settore;
   lo schema di decreto (Atto n. 467) riguardante le Disposizioni in materia di lavoro nel settore cinematografico e audiovisivo, a norma dell'articolo 35 della legge 14 novembre 2016, n. 220, introduce norme volte a rafforzare le tutele dei lavoratori e a riconoscerne le professioni;
   il secondo schema di decreto (Atto n. 469) approvato, Riforma delle disposizioni legislative in materia di promozione delle opere europee e italiane da parte dei fornitori di servizi di media audiovisivi, a norma dell'articolo 34 della legge 14 novembre 2016, n.220, mira alla razionalizzazione delle disposizioni legislative di disciplina degli strumenti e delle procedure in materia di promozione delle opere italiane ed europee da parte dei fornitori di servizi di media audiovisivi;
   lo schema di decreto (Atto n. 468) Riforma delle disposizioni legislative in materia di tutela dei minori nel settore cinematografico e audiovisivo, a norma dell'articolo 33 della legge 14 novembre 2016, n. 220 delinea, invece, un nuovo sistema di tutela dei minori nella visione di opere cinematografiche e audiovisive e sostituisce le procedure attualmente vigenti relative alla proiezione in pubblico dei film;
   dopo un'attesa di oltre cinquant'anni si è intervenuti in modo concreto sul ruolo strategico dell'industria cinematografica, come veicolo di formazione culturale e di promozione del Paese all'estero –:
   quali siano i primi riscontri – anche sulla base delle segnalazioni degli operatori del settore – circa l'efficacia del nuovo assetto normativo. (3-03392)
(28 novembre 2017)

  RAMPELLI, CIRIELLI, LA RUSSA, GIORGIA MELONI, MURGIA, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO, TAGLIALATELA e TOTARO. – Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. – Per sapere – premesso che:
   è in corso in questi giorni a Roma, presso il complesso delle Terme di Diocleziano, una esposizione di opere recuperate dalle macerie di Amatrice e Accumoli, e relative frazioni, dopo il terremoto del 2016;
   l'esposizione è organizzata dal Ministero dei beni culturali in collaborazione con l'associazione Coopculture, che gestisce, tra gli altri, il Colosseo sin dal 1997 senza che abbia più avuto luogo una gara per l'affidamento del servizio, alla quale è affidata la bigliettazione del sito museale delle Terme di Diocleziano;
   il biglietto d'ingresso all'esposizione costa 7,50 euro a persona ed è addirittura richiesto anche ai cittadini dei comuni dai quali sono state prelevate le opere;
   i proventi dei biglietti d'ingresso non saranno destinati in alcun modo ai comuni terremotati ma saranno incassati direttamente dal Ministero e da Coopculture, di fatto permettendo a un soggetto privato di sfruttare in termini economici la tragedia del terremoto –:
   se non ritenga di devolvere le somme incassate grazie all'esposizione alla ricostruzione dei beni culturali danneggiati dal sisma, e di provvedere affinché i cittadini di tali comuni siano esentati dal pagamento del biglietto d'ingresso all'esposizione. (3-03393)
(28 novembre 2017)

  BUSIN, FEDRIGA, ALLASIA, ALTIERI, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, LO MONTE, MOLTENI, PAGANO, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa si apprende che la Commissione europea invierà una nuova lettera all'Italia con la richiesta di chiarimenti ed impegni, come deciso nella riunione del 14 novembre 2017;
   il vicepresidente della Commissione europea Katainen, ha dichiarato che «tutti possono vedere che la situazione in Italia non migliora» e che ci sia il rischio di deviazione dell'Italia rispetto agli obiettivi di correzione del bilancio in termini strutturali;
   il Ministro interrogato ha replicato che non risponderà a Katainen e che «la legge di bilancio è una legge solida, utile al Paese e conforme alle regole»;
   per la seconda volta consecutiva, quindi, l'Unione europea ha di fatto bocciato la legge di bilancio italiana e per la seconda volta, il Governo assume lo stesso comportamento, dichiarando, all'inizio, di aver fatto una buona manovra, per poi cedere alle richieste UE, come accadrà presumibilmente anche quest'anno se non si modificherà subito lo stato di cose;
   lo scorso anno, infatti, in merito ai rilievi sulla politica di bilancio dell'Italia sollevati dalla Commissione già in occasione dell'invio del Draft Budgetary Plan, la Lega Nord aveva chiesto al Ministro interrogato se esistesse un piano di bilancio alternativo, nel caso in cui da Bruxelles fosse arrivata la bocciatura: il Ministro replicò negativamente affermando convintamente che la legge di bilancio 2017 avrebbe passato indenne la verifica della Commissione;
   come noto, nella seconda settimana di gennaio 2017 la Commissione europea ha reso pubblici i suoi rilievi sulla stessa, chiedendo al nostro Paese una manovra correttiva di circa 3,4 miliardi, come poi fatto durante la manovra correttiva di primavera;
   quest'anno, ci era stato chiesto un aggiustamento strutturale pari allo 0,6 per cento del Pil nel 2018, mentre il Governo ha preso un impegno solo per lo 0,3 per cento. La Commissione ha stimato però che l'attuale sforzo strutturale sia solo dello 0,2 per cento e ritiene a rischio anche la correzione 2017 dal punto di vista strutturale;
   la decisione sull'attuale manovra verrà presa nel mese di maggio 2018, sulla base di tutti i dati consuntivi del 2017, anziché alla fine di questo mese, come deciso nella riunione del 14 novembre –:
   dato che il Ministro interrogato ha affermato che terrà conto di eventuali osservazioni sulla legge di bilancio, quali siano le azioni che il Governo intende adottare, in caso di esito negativo da parte della Commissione UE sulla legge di bilancio 2018, e, nello specifico, quali misure correttive verranno prese. (3-03394)
(28 novembre 2017)

  ENRICO ZANETTI. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   da autorevoli fonti di stampa si apprende come, la dottoressa Susanna Masi, già consigliere economico del Ministro interrogato, nonché membro da giugno 2015 del consiglio di amministrazione di Equitalia s.p.a. e di organi di controllo di altre importante partecipate del Ministero dell'economia e delle finanze, abbia rivelato tra il 2013 ed il 2015 importanti e riservati contenuti sulle normative fiscali in seno al Governo ed al Consiglio dei ministri in cambio di un compenso di almeno 220.000 euro da parte del colosso della consulenza legale e tributaria Ernst & Young;
   la stessa Masi, formalmente, ha prestato servizio presso la società Ernst & Young fino al 2012 ma sulla scorta di mail sequestrate e di telefonate intercettate, a conclusione degli accertamenti, i pubblici ministeri milanesi Paolo Filippini e Giovanni Polizzi hanno ritenuto di accusare la società ed il suo partner e rappresentante italiano Marco Ragusa, di «corruzione» del consigliere ministeriale Susanna Masi, alla quale contestano anche l'ipotesi di «rivelazione di segreto d'ufficio» e il reato di «false attestazioni sulle qualità personali» per non aver dichiarato il proprio conflitto di interesse;
   le indagini avrebbero rivelato uno scenario preoccupante in cui la consigliera ministeriale si sarebbe «resa disponibile a proporre modifiche a vantaggio di Ernst & Young e dei suoi clienti, alla normativa fiscale in corso di predisposizione, nella materia di transazioni finanziarie nella quale era direttamente coinvolta quale membro della segreteria tecnica del Ministero»;
   appare ragionevole supporre che il Ministro interrogato procederà ad adottare i necessari provvedimenti –:
   se, alla luce del fatto che le indagini erano già state avviate da più di tre anni dal pubblico ministero Roberto Pellicano, la dottoressa Masi avesse avvertito il Ministro interrogato che la procura di Milano stava indagando su questo importante fatto, e se il Ministro non ritenga di elencare l'attuale quadro dei consiglieri per il fisco del Ministro, con relativa ricostruzione dei rapporti avuti da ciascuno di essi con il Ministero dell'economia e delle finanze anche durante precedenti Governi. (3-03395)
(28 novembre 2017)

  PAGLIA, MARCON e PASTORINO. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   sul n. 276 del 22 novembre 2017 de il Corriere della Sera viene dedicato ampio spazio ad un episodio di corruzione che riguarderebbe la consigliera del Ministero dell'economia e delle finanze dottoressa Susanna Masi, alla quale la procura di Milano contesta l'ipotesi di «rivelazione di segreto d'ufficio» ed il reato di «false attestazioni sulle qualità personale» per non avere dichiarato il proprio conflitto d'interessi, avendo omesso di dichiarare il proprio rapporto con la società Ernst & Young spa, leader mondiale in servizi professionali di consulenza direzionale, revisione contabile, fiscalità e transaction;
   in particolare secondo la stessa procura la dottoressa Masi, stante l'incarico presso il Ministero dell'economia e delle finanze, avrebbe ricevuto dalla «Ernst & Young», società di cui era già dipendente, una somma pari almeno a 220.000 euro per fornire informazioni riservate finalizzate a realizzare politiche di ottimizzazione fiscale per i loro grandi clienti, o per intervenire a loro vantaggio nel processo legislativo;
   la dottoressa Masi, già dipendente di Ernst & Young, entra a far parte dello staff presso il Ministero dell'economia e delle finanze durante il Governo Monti, con incarico nella segreteria tecnica del Sottosegretario al Ministero dell'economia e delle finanze Vieri Ceriani, poi successivamente viene chiamata dal Governo Letta a ricoprire l'incarico di consigliera in materia fiscale del Ministro Saccomanni, incarico riconfermatole anche durante il Governo Renzi che nel 2015 la promuove consigliere di amministrazione di Equitalia spa;
   è quindi chiaro di quali informazioni riservate possa essere entrata in possesso durante la suddetta carriera professionale e quale influenza possa aver esercitato negli anni;
   la vicenda ha fatto emergere una falla nelle modalità di acquisizione di informazioni curricolari che sarebbe opportuno modificare visto che, nonostante la delicatezza del ruolo ricoperto presso la Pubblica amministrazione, nella fattispecie il Ministero dell'economia e delle finanze, è sufficiente una falsa attestazione sulle qualità personali per garantirsi l'accesso a posizioni apicali;
   così come sarebbe ugualmente opportuno individuare chi abbia suggerito di mettere sotto contratto la dottoressa Masi durante il Governo Monti, chi ne abbia determinato il cambio di ruolo durante il Governo Letta e chi abbia stabilito la sua nomina nel consiglio di amministrazione di Equitalia spa –:
   quali siano gli intendimenti del Governo in ordine alle criticità evidenziate, se intenda costituirsi parte civile nel processo che eventualmente venga avviato nei confronti della dottoressa Masi e quali iniziative di competenza anche riguardo all'operatività sul territorio nazionale, intenda adottare nei confronti di Ernst & Young, qualora venisse provata un'attività corruttiva giunta fino al cuore del Ministero dell'economia e delle finanze. (3-03396)
(28 novembre 2017)

  BINETTI, BUTTIGLIONE, CERA e DE MITA – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   la legge di stabilità per il 2016 ha vietato dalle 7 alle 22 qualsiasi spot sul gioco d'azzardo sulle televisioni commerciali di natura generalista, ma il decreto attuativo previsto per rendere effettiva la norma e stabilire le relative sanzioni non è ancora arrivato;
   l'opinione pubblica si chiede che fine abbia il divieto e il relativo decreto attuativo che il Ministero dell'economia e delle finanze – di concerto con il Ministero della salute e sentita l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni – avrebbe dovuto predisporre e adottare entro 120 giorni dall'entrata in vigore della legge di stabilità per il 2016 per dare concretezza al divieto – parziale – di pubblicità su cui il Governo si è formalmente impegnato;
   non è stato neanche emanato un secondo decreto, il comma 939 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2016 prevede esplicitamente il divieto di pubblicità di giochi con vincita in denaro nelle trasmissioni radiofoniche e televisive generaliste, dalle ore 7 alle ore 22 di ogni giorno;
   è una storia che si ripete, già vista al tempo del dibattito sulla legge n. 23 del 2014, la «legge delega fiscale», quando, in fase di emanazione dei decreti legislativi, si doveva introdurre il divieto di pubblicità del gioco d'azzardo, ma non se ne fece nulla;
   stando alle ultime rilevazioni, quasi tutti gli operatori di settore sembrano propensi a accettare un divieto totale di pubblicità sui media generalisti, infatti hanno già applicato il divieto degli spot in fascia protetta;
   non si capisce come mai tanto attendismo da parte del Governo e, in particolare, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze;
   il sospetto è che non siano gli operatori del settore del gioco pubblico a porre limiti ma siano proprio le tv generaliste e i rispettivi editori a non voler compromettere i propri incassi, soprattutto in occasioni come la vigilia dei campionati di calcio estivi quando, a margine delle trasmissioni, si apre un grande spazio per gli investimenti da parte di società di scommesse online. Inoltre si afferma che le trasmissioni sportive verranno escluse dal divieto;
   in sostanza del divieto di pubblicità del gioco d'azzardo non si ha traccia, dal momento che manca il decreto attuativo –:
   quando verrà emanato il decreto attuativo che impone uno «stop» reale alle pubblicità nelle fasce orarie protette delle televisioni e delle radio generaliste e se tale tutela coprirà anche le trasmissioni sportive e quelle a più alto indice di audience. (3-03397)
(28 novembre 2017)

  PESCO e SIBILIA. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   da fonti stampa si apprende come il gruppo Banca popolare di Vicenza gestisse circa 3,5 miliardi di euro dell’«intelligence» italiana, di cui oltre 1 miliardo solo di gestione dei servizi di tesoreria dello Stato. I conti sarebbero stati chiusi nel 2014. Nella documentazione si discorre di 1.600 transazioni per un valore di oltre 640 milioni di euro, in gran parte relativi ad Aisi ed Aise. Tra i beneficiari dei versamenti – dal 2009 al 2013 – si riscontrano i nomi di contabili del ministero dell'Interno, inquadrati nel ruolo unico del contingente speciale della Presidenza del Consiglio dei ministri, personale della protezione civile e del dipartimento Vigili del fuoco e funzionari del Consiglio superiore della magistratura; nelle transazioni sembrerebbero coinvolti altresì avvocati, dirigenti medico-ospedalieri, vertici di autorità portuali e di istituzioni musicali siciliane. In particolar modo si apprende che tra i beneficiari ci siano anche «(...) giovani autori e registi di fortunatissimi programmi di infotainment di tv nazionali private, conduttori di trasmissioni di successo sulla radio pubblica, fumettisti vicini al mondo dei centri sociali. Ma soprattutto i vertici dell'intelligence italiana, dotati di poteri di firma sui conti, e alti funzionari territoriali dei Servizi e delle forze dell'ordine: ufficiali dei Carabinieri con ruoli in sedi estere, ispettori della Polizia di Stato coinvolti nel processo dell'Utri del 2001, dirigenti dell'ex centro Sisde di Palermo già noti alle cronache per vicende seguite all'arresto di Totò Riina. C’è pure un anziano parente del  «capo dei capi»  di Cosa Nostra (o qualcuno con lo stesso nome).»;
   appare agli interroganti da rilevare, in tale contesto, che il Consiglio superiore della magistratura è organo di autogoverno istituito anche allo scopo di garantire l'autonomia e l'indipendenza della magistratura dagli altri poteri dello Stato ed in particolare dal potere esecutivo. In linea con i prìncipi fondamentali della Costituzione e dell'ordinamento giuridico dello Stato italiano, non risulterebbe ammissibile quello che appare agli interroganti un possibile controllo ovvero una potenziale interferenza del potere esecutivo sull'attività di tale organo –:
   se risponda al vero che le disponibilità economiche depositate sui conti correnti richiamati siano state utilizzate per pagare, ed a quale titolo, i soggetti indicati in premessa, e se la gestione di tali disponibilità economiche risulti essere avvenuta in conformità alla normativa vigente.
(3-03398)
(28 novembre 2017)

  BRUNETTA. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   la scarsa trasparenza sui contratti derivati stipulati dal MEF con primari istituti di credito soprattutto esteri costituisce un tema assai delicato, per la sua incidenza sui conti dello Stato;
   in risposta agli atti di sindacato ispettivo finora presentati (ben sette, dal 2015, tra interpellanze e question time), il Ministro non ha mai rilevato anomalie, peraltro opponendosi alle richieste di accesso agli atti: affermazioni che, invero, contrastano con le conclusioni rassegnate dalla Procura generale presso la Corte dei conti nell'esercizio delle proprie attribuzioni nel giudizio di parificazione del rendiconto generale dello Stato, che ha affermato «che la mancanza di pubblicità sulle operazioni in derivati abbia finora posto in ombra la possibile sproporzione tra il rischio assunto dalla Repubblica rispetto a quello assunto dall'operatore finanziario ed in generale alla convenienza economica delle singole operazioni»;
   la richiesta di una documentazione sui contratti derivati è stata formulata anche in sede di Commissione di inchiesta sul sistema bancario, senza però ottenere risposte;
   giova ricordare come a seguito delle tensioni e della crisi del debito sovrano in Italia, il Tesoro abbia proceduto tra il 2011 ed il 2012 ad esborsi multimiliardari per la chiusura/ristrutturazione/rinegoziazione di derivati contratti con Banche d'affari come MorganStanley e Deutsche Bank; esborsi intervenuti durante la nota crisi dello spread, a cavallo dei ripetuti declassamenti dell'Italia decretati dalle agenzie di rating e a ridosso del doppio downgrade deciso da Standard & Poor's – il cui azionista di controllo, McGraw-Hill, è partecipato da Morgan Stanley – alla stregua di dati e valutazioni che il tribunale di Trani ha ritenuto in sentenza quantomeno errate (dunque «colposamente» manipolative);
   per fare luce sulle vicende, appare indispensabile che sia reso disponibile il contenuto dei seguenti atti: Indice e Nota analitica delle rinegoziazioni/ristrutturazioni dei contratti derivati intercorsi tra il Tesoro e Istituti di credito Esteri tra il 2011 ed il 2012; Nota esplicativa delle condizioni e dei costi delle rinegoziazioni/ristrutturazioni di cui al punto che precede, nonché della presenza, natura e caratteristiche tecniche di eventuali clausole di risoluzione anticipata e date future di esercizio di tale facoltà di risoluzione anticipata; Nota esplicativa sui metodi/modelli di valutazione adottati per determinare, al momento della ristrutturazione, l'entità del mark to market del contratto preesistente (anche considerato il rischio di controparte) –:
   se intenda continuare a non fornire la documentazione richiesta, e, in caso affermativo, se il Governo intenda apporre il segreto di Stato su tali documenti. (3-03399)
(28 novembre 2017)

  MOTTOLA e BOSCO. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
   il «dossier» per contrastare il degrado di Roma è consistente. Si sviluppa infatti in cinque filoni (competitività, energia e mobilità sostenibile, interventi settoriali per occupazione e produzione, turismo, riqualificazione urbana) e calcola un investimento che tra il 2018 ed il 2022 ammonterà a 1 miliardo e seicento milioni. Si tratta pertanto di investimenti importanti e fondamentali per rilanciare la Capitale che vive una situazione precaria sia sotto il profilo economico che sotto quello sociale;
   il cosiddetto «Tavolo per Roma» costituisce quindi un importante punto di riferimento e un volano importante e fondamentale per fare crescere la città in tutti i settori in modo che possa competere, come dovrebbe, a livello europeo ed internazionale;
   in verità sembra che gli interventi per rilanciare Roma oggi manchino di quella progettualità necessaria per consentire l'approvazione di misure fondamentali per la crescita della città;
   il tavolo per Roma rappresenta pertanto, con i fondi messi a disposizione, un importante punto di riferimento che consentirebbe alla città di avere a disposizione quelle risorse che, se utilizzate in modo ottimo, potrebbero garantire un futuro migliore per tutti i cittadini e per far crescere il prodotto interno lordo della città e dell'intero Paese –:
   quale sia allo stato attuale (anche in considerazione dei numerosi impedimenti che sembrano intralciare la definizione del predetto piano) l'iter del «dossier» per Roma Capitale. (3-03400)
(28 novembre 2017)