TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 850 di Giovedì 14 settembre 2017

 
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MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI RACCOLTA E DONAZIONE DEI FARMACI NON UTILIZZATI

   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219 – che dà attuazione alla direttiva 2001/83/CE relativa al codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonché alla direttiva 2003/94/CE – stabilisce, all'articolo 157 (Sistemi di raccolta di medicinali inutilizzati o scaduti), che si adottino, tramite un decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro dello sviluppo economico, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, misure dirette a predisporre idonei sistemi di raccolta per i medicinali inutilizzati o scaduti;
    lo stesso articolo 157 del suddetto decreto legislativo prevede la possibilità che tali sistemi si basino anche su accordi, a livello nazionale o territoriale, fra le parti interessate alla raccolta, specificando, infine, che con lo stesso decreto legislativo sono individuate modalità che rendono possibile l'utilizzazione, da parte di organizzazioni senza fini di lucro, di medicinali non utilizzati, correttamente conservati e ancora nel periodo di validità;
    nel mese di dicembre 2015, nell'ambito del progetto pilota «Un farmaco per tutti», è stato stipulato un protocollo d'intesa tra l'arcidiocesi di Napoli, l'ordine dei farmacisti della provincia di Napoli, Federfarma Napoli e l'azienda ospedaliera Santobono Pausilipon, avente ad oggetto la creazione di una struttura di assistenza farmaceutica a fini umanitari;
    secondo il sistema stabilito dal protocollo d'intesa in parola, i farmaci, che provengono da una donazione spontanea da parte dei cittadini e aziende farmaceutiche, nonché di privati nei casi di cambio, fine terapia ovvero decesso di un congiunto malato, sono raccolti negli appositi contenitori posti nelle sedi delle farmacie aderenti all'iniziativa, ritirati periodicamente da vettori autorizzati ed alla presenza di un farmacista, trasportati e conservati presso la struttura allocata nei locali messi a disposizione dall'azienda sanitaria ospedaliera. Successivamente, il farmacista responsabile pro tempore del progetto, nominato dall'ordine professionale dei farmacisti della provincia di Napoli, dopo controllo dei requisiti fissati nel protocollo d'intesa dei farmaci raccolti e catalogazione sulla banca dati, provvede a consegnare tali farmaci sulla base del bisogno espresso dagli enti assistenziali che ne facciano richiesta, ferma restando la disponibilità dei farmaci in relazione all'entità delle donazioni ricevute;
    la legge 19 agosto 2016, n. 166, contiene disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi, adottata, tra le altre, con la finalità di favorire il recupero e la donazione di prodotti farmaceutici e di altri prodotti;
    l'articolo 15 della legge n. 166 del 2016 interviene sulla precedente normativa in materia di raccolta di medicinali non utilizzati o scaduti, modificando il citato articolo 157 del decreto legislativo n. 219 del 2006, mediante, in primo luogo, la soppressione del terzo periodo del comma 1, in tema di modalità di utilizzazione dei medicinali non scaduti da parte delle organizzazioni senza fini di lucro e, secondariamente, l'aggiunta di un ulteriore comma (comma 1-bis);
    il comma 1-bis introdotto dalla legge n. 166 del 2016 demanda ad un successivo decreto del Ministro della salute, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, concernente:
     a) l'individuazione delle modalità che rendono possibile la donazione di medicinali non utilizzati a organizzazioni non lucrative di utilità sociale (onlus), nonché l'utilizzazione dei medesimi medicinali da parte delle stesse;
     b) l'introduzione della previsione secondo cui tali medicinali debbano trovarsi all'interno di confezioni integre, siano correttamente conservati e ancora nel periodo di validità, in modo tale da garantire la qualità, la sicurezza e l'efficacia originarie;
     c) la definizione dei requisiti, dei locali e delle attrezzature idonei a garantirne la corretta conservazione e le procedure necessarie per garantire la tracciabilità dei lotti dei medicinali ricevuti e distribuiti;
     d) la possibilità di consentire alle onlus di poter effettuare la distribuzione gratuita di medicinali non utilizzati direttamente ai soggetti indigenti o bisognosi, dietro presentazione di prescrizione medica, ove necessaria, a condizione che esse dispongano di personale sanitario ai sensi di quanto disposto dalla normativa vigente;
     e) l'equiparazione, nei limiti del servizio prestato, degli enti che svolgono attività assistenziale al consumatore finale rispetto alla detenzione e alla conservazione dei medicinali;
    attualmente, non risulta che il Ministero della salute abbia approvato il decreto previsto dalla legge n. 166 del 2016, che dovrebbe disciplinare quanto sopra richiamato, introducendo, dunque, una compiuta normativa sul complesso della raccolta e distribuzione dei farmaci non utilizzati,

impegna il Governo:

1) ad assumere ogni opportuna iniziativa volta a dare seguito al dettato normativo di cui alla legge n. 166 del 2016, affinché sia emanato il decreto ministeriale di cui in premessa, allo scopo di individuare concretamente il sistema di raccolta e donazione dei farmaci non utilizzati;

2) ad assumere ogni opportuna iniziativa, attraverso l'emanazione della citata normativa ministeriale, diretta a prevedere una reale e decisa attuazione al diritto alla salute sancito costituzionalmente, anche nei confronti di quella parte della popolazione che, vivendo in uno stato di indigenza, si vedrebbe in tal modo riconosciuta la possibilità di poter accedere ai medicinali necessari per le proprie cure;

3) ad assumere ogni opportuna iniziativa di competenza che abbia la finalità di verificare il possibile adattamento del modello di raccolta e distribuzione farmaceutica per fini sociali messo in campo nel contesto partenopeo all'intero territorio nazionale, nell'ottica di garantire una piena uniformità di tali tipologie di interventi umanitari.
(1-01557)
«Carfagna, Lupi, Abrignani, Castiello, Cirielli, Chiarelli, Brunetta, Sarro, Palese, Bergamini, Biancofiore, Catanoso, Luigi Cesaro, Crimi, De Girolamo, Fabrizio Di Stefano, Gelmini, Genovese, Giammanco, Giacomoni, Alberto Giorgetti, Gullo, Laffranco, Marotta, Martinelli, Milanato, Occhiuto, Polverini, Romele, Rotondi, Russo, Elvira Savino, Sisto, Valentini, Vito, Vella, Taglialatela».
(24 marzo 2017)

   La Camera,
   premesso che:
    la legge 19 agosto 2016, n. 166, «Disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi», pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 202 del 30 agosto 2016, è entrata in vigore il 14 settembre 2016;
    il provvedimento, che si compone di 18 articoli, è volto a ridurre gli sprechi nel circuito produttivo e distributivo, favorendo il recupero di eccedenze e prodotti non usati;
    in particolare, l'articolo 15 modifica e integra il decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219 (il cosiddetto «codice dei farmaci»), in materia di raccolta di medicinali non utilizzati o scaduti e donazione di medicinali;
    l'articolo affida a un decreto del Ministero della salute – che doveva essere emanato entro 90 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale – il compito di individuare e fissare le modalità per rendere possibile la donazione di medicinali non utilizzati a organizzazioni non lucrative di utilità sociale (onlus) e l'utilizzazione dei medesimi medicinali da parte di queste, in confezioni integre, correttamente conservati e ancora nel periodo di validità, in modo tale da garantire la qualità, la sicurezza e l'efficacia originarie;
    enti e associazioni che svolgono attività assistenziale sono equiparati nei limiti del servizio prestato al consumatore finale e, in base alla normativa, possono utilizzare i farmaci frutto di donazioni solo per la distribuzione gratuita, cioè direttamente ai soggetti indigenti o bisognosi, dietro presentazione di prescrizione medica, ove necessaria e a condizione che dispongano di personale sanitario ai sensi di quanto disposto dalla normativa vigente;
    tuttavia, ad oggi, il Ministero della salute non ha ancora provveduto ad emanare il decreto di cui alla legge n. 166 del 2016, finalizzato al sistema di raccolta e modalità di donazione dei farmaci non utilizzati;
    eppure i dati pubblicati dal banco del farmaco sono sconfortanti: meno della metà delle confezioni prescritte (49 per cento) sono state utilizzate del tutto e, nel caso dei farmaci prescritti ai bambini, la quota sprecata è del 65 per cento;
    i farmaci che più frequentemente avanzano sono gli antidolorifici-antinfiammatori, utilizzati comunemente contro dolori di vario tipo e contro la febbre; infatti, l'82 per cento delle confezioni non viene utilizzato interamente; ciò è dovuto al fatto che le scatole contengono più o meno pillole di quelle che servono per completare la terapia;
    con enormi danni ambientali e sul costo della sanità pubblica, il farmaco sprecato ha un costo di circa 1,6 miliardi di euro l'anno; il farmaco nell'89 per cento dei casi viene conservato fino alla scadenza, nell'8 per cento gettato nei contenitori per i farmaci scaduti delle farmacie, mentre nel 3 per cento, violando la normativa sui rifiuti sanitari, viene gettato nella spazzatura domestica;
    occorre quindi anche un maggior impegno da parte del Ministero a sensibilizzare la classe medica e i cittadini verso una maggiore «cultura» del farmaco, indirizzando a un acquisto intelligente che permetterebbe di evitare sprechi dovuti anche a confezionamenti industriali non sempre aderenti alle necessità terapeutiche;
    sarebbe inoltre auspicabile metter in campo iniziative normative che consentano la prescrizione e la vendita solo sulle effettive necessità terapeutiche al fine di evitare sperperi e inutilizzo dei farmaci, ma in attesa di norme che possano regolamentare lo spreco va evidenziato che i farmaci non scaduti rappresentano una risorsa preziosa per coloro che non hanno la possibilità economica per accedere alle cure;
    non è un caso se dall'ultimo rapporto sulla povertà sanitaria del Banco farmaceutico emerge che sempre più cittadini si rivolgono alle associazioni atte alla raccolta del farmaco non scaduto per avere medicine gratuite;
    infine, sarebbe opportuno che la raccolta di medicinali inutilizzati e non scaduti venisse estesa anche all'uso veterinario mediante appositi cassonetti posizionati presso gli ambulatori veterinari per poi essere raccolti dalle associazioni che gestiscono canili, gattili e rifugi che sotto lo stretto controllo veterinario potrebbero essere somministrati agli animali bisognosi di cure,

impegna il Governo:

1) ad assumere le iniziative di competenza per dar seguito a quanto stabilito dall'articolo 15 della legge n. 166 del 2016, adottando il decreto ministeriale ivi previsto;

2) ad assumere iniziative per la raccolta e la distribuzione dei farmaci non scaduti anche mediante mirate campagne di sensibilizzazione allo scopo di agevolare il soddisfacimento dei bisogni dei meno abbienti;

3) ad individuare le modalità di recupero dei farmaci non scaduti, che per la maggior parte vengono conferiti negli appositi cassonetti e che, una volta scaduti, verrebbero gettati tra i rifiuti comuni;

4) ad assumere iniziative normative volte al confezionamento ottimale dei farmaci sulla base della durata della terapia al fine di evitare sprechi e costi inutili;

5) ad assumere iniziative per estendere la finalità sociale di raccolta e distribuzione dei farmaci inutilizzati non scaduti anche a quelli ad uso veterinario, mediante l'individuazione di modalità che rendano possibile la donazione di medicinali a organizzazioni non lucrative che gestiscono i canili, i gattili e i rifugi per animali.
(1-01661)
«Brignone, Civati, Andrea Maestri, Pastorino, Pellegrino, Marcon, Airaudo, Gregori, Fratoianni».
(12 luglio 2017)

   La Camera,
   premesso che:
    con la legge del 19 agosto 2016, n. 166, sono state introdotte disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi;
    l'articolo 15 della succitata legge, in particolare, modificando l'articolo 157 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, ha novellato la disciplina concernente la raccolta di medicinali non utilizzati o scaduti, la donazione di medicinali e il loro successivo impiego per finalità di solidarietà sociale;
    la legge citata ha demandato al Ministero della salute, attraverso l'emanazione di un decreto da emanarsi entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge, il compito di definire le modalità che rendano possibile la donazione di medicinali inutilizzati ad organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus) e il loro impiego in confezioni integre, correttamente conservati e ancora nel periodo di validità, in modo tale da garantire la qualità, la sicurezza e l'efficacia originarie, con esclusione dei medicinali da conservare in frigorifero a temperature controllate, dei medicinali contenenti sostanze stupefacenti o psicotrope e dei medicinali dispensabili solo in strutture ospedaliere;
    il decreto del Ministero della salute, non ancora emanato, deve definire inoltre i requisiti dei locali e delle attrezzature idonei a garantire la corretta conservazione dei suddetti medicinali nonché le procedure intese alla tracciabilità dei lotti dei medicinali ricevuti e distribuiti;
    la distribuzione gratuita di medicinali non utilizzati da parte degli enti che svolgono attività assistenziali è consentita direttamente ai soggetti indigenti o bisognosi, dietro presentazione di prescrizione medica, ove necessaria, a condizione che dispongano di personale sanitario ed inoltre gli enti che svolgono attività assistenziale sono equiparati, nei limiti del servizio prestato, al consumatore finale rispetto alla detenzione e alla conservazione dei medicinali; la legge n. 166 del 2016 ribadisce, infine, che è vietata qualsiasi cessione a titolo oneroso dei medicinali oggetto di donazione;
    i recenti dati dell'Istat, relativi al 2016, confermano l'inesorabile crescita delle persone in condizioni di povertà; sono infatti un milione e 619 mila le famiglie residenti in condizione di povertà assoluta, famiglie nelle quali vivono 4 milioni e 742 mila individui; i numeri sono esattamente il doppio rispetto al 2007;
    anche i dati della spesa farmaceutica sono sintomatici e come si evince dal terzo rapporto dell'Osservatorio donazione farmaci (Odf) del 2016, in Italia si spendono in media 682 euro annui a persona per curarsi, ma per le persone indigenti questa spesa scende a 123 euro e rispetto al totale della spesa media mensile, nelle famiglie non povere si destina il 4,4 per cento del budget domestico per curarsi, in quelle povere si scende al 2,6 per cento. All'interno di questa spesa, le persone povere destinano 72,60 euro all'anno pro capite per comprare farmaci (in media se ne spendono 268,80). Dunque tra gli indigenti quasi 6 euro di spesa su 10 finiscono in farmaci, contro i meno di 4 medi. Le difficoltà non sono solo dei poveri: oltre 12 milioni di italiani hanno dovuto limitare il numero di visite mediche o gli esami di accertamento per motivazioni di tipo economico;
    al tempo stesso, non accenna a diminuire il fenomeno dello spreco dei medicinali e, secondo quanto emerge dal Rapporto sui rifiuti urbani dell'Ispra del 2016, sono migliaia le tonnellate di farmaci scaduti che finiscono nel rifiuti delle famiglie: secondo l'analisi che ha riguardato 1.968 comuni, corrispondenti a 14.300.153 abitanti, sono 1.270,6 tonnellate, costituite da 92,4 tonnellate di farmaci scaduti pericolosi (medicinali citotossici e citostatici) e da 1.178,2 tonnellate farmaci scaduti non pericolosi. I comuni analizzati rappresentano il 24,5 per cento dei comuni italiani e il 23,6 per cento degli abitanti. L'incidenza del costo della fase di raccolta e trasporto sul costo totale della raccolta differenziata di ciascuna frazione ammonta all'81,2 per cento per i farmaci pericolosi e al 72 per cento per i farmaci non pericolosi. I ricavi risultano trascurabili rispetto al costo complessivo di gestione della raccolta differenziata dei farmaci scaduti, in quanto per i medicinali scaduti la destinazione è essenzialmente un trattamento finalizzato allo smaltimento, generalmente in inceneritori per rifiuti speciali pericolosi;
    sulla base dei dati dell'Ispra succitati uno studio, pubblicato dall'Anaao e dal titolo «Costi riducibili e spese riducibili in sanità», fa una stima dei costi dello spreco dei farmaci evidenziando che «al termine del 2014 la spesa sostenuta per lo smaltimento dei farmaci è stata quantificata intorno a 2,3 milioni di euro. Una sottostima, questa, del volume totale andato nei rifiuti, se si pensa che lo studio ha interessato solo il 24,6 per cento dei comuni italiani», mentre, facendo una stima complessiva, si arriva a una cifra che supera i 9 milioni di euro l'anno;
    «Uno studio del British Medical Journal – scrive l'Anaao – affronta il problema del confezionamento di farmaci costosi, come quelli oncologici, distribuiti in fiale contenenti una quantità di principio attivo superiore a quella necessaria e quindi necessariamente sprecata, e calcola che il 10 per cento del volume dei farmaci erogati finirà nel cestino (l'equivalente di 1,6 miliardi di euro)»;
    tra le cause dello spreco dei farmaci c’è senz'altro l'inappropriatezza prescrittiva ed, infatti, secondo il rapporto OsMed 12, nel 2015 il consumo di antibiotici è diminuito del 2,7 per cento, ma il loro impiego inappropriato supera il 40 per cento, secondo i dati del Ministero della salute, nelle condizioni cliniche degli adulti prese in esame (infezioni acute non complicate delle basse vie urinarie e delle vie respiratorie). Quest'ultime, quand'anche nell'80 per cento dei casi si sia riscontrata una patogenesi virale, sono state trattate, in modo inappropriato, soprattutto con fluorochinoloni, cefalosporine e macrolidi. Anche per i farmaci antidiabetici rimane una percentuale non marginale di inappropriatezza;
    ogni anno tonnellate di medicinali non sono più utilizzabili e spesso si tratta di confezioni mai aperte e scadute (con stime che si aggirano intorno al 40 per cento) e spesso si tratta di farmaci autoprescritti o auto-sospesi; secondo l'Aifa, i medicinali che più sono sprecati sono gli antibiotici, gli analgesici, gli sciroppi, i farmaci per l'ipertensione e per lo scompenso cardiaco, gli antiaggreganti e gli anticoagulanti;
    i danni economici di questo spreco sono enormi, poiché per la maggior parte si tratta di medicinali posti a carico del servizio sanitario nazionale, risorse che sono state stimate in oltre 2 miliardi di euro e che ben potrebbero essere reinvestite in salute per i cittadini;
    peraltro, come già indicato nella mozione n. 1-01463, approvata il 24 gennaio 2017, a prima firma del deputato Mantero, l'uso inappropriato dei farmaci, come gli antibiotici, genera anche il cosiddetto fenomeno dell'antibiotico resistenza (l'uso improprio degli antibiotici che ne determina l'inefficacia terapeutica) che, secondo i dati diffusi dal rapporto « Review on Antimicrobial Resistance», pubblicato nel 2016, entro il 2050, potrà costituire la prima causa di morte al mondo, con un tributo annuo di oltre 10 milioni di vite, più del numero dei decessi attuali per cancro; uno scenario che ha condotto i Paesi membri dell'Onu ad impegnarsi per mettere in atto politiche e iniziative per contrastare l'antibiotico resistenza e, a riguardo, appare virtuosa l'esperienza dei Paesi Bassi che ha affrontato il problema con un differente sistema di confezionamento dei farmaci, consentendo di preparare dosi unitarie e pacchetti personalizzati;
    lo studio Antimicrobial Resistance and causes of Non-prudent use of Antibiotics in human medicine in European Union (Arna), finanziato dall'Unione europea e condotto da un team di ricerca olandese, ha concluso infatti che una delle principali cause del fenomeno dell'automedicazione con antibiotici sono i cosiddetti left-overs, ovvero quelle dosi che superano il numero di quelle prescritte dal medico curante e che rimangono nella disponibilità dei pazienti;
    l'abuso di farmaci non è correlato solo all'ambito ospedaliero o domestico, ma riguarda anche l'uso, ad esempio, degli antibiotici in veterinaria che dovrebbe essere limitato al trattamento delle patologie e non esteso alla prevenzione o alla profilassi di gruppo/allevamento e parimenti anche per i farmaci veterinari dovrebbero essere comunque garantiti e sollecitati un utilizzo più appropriato, nonché forme di donazione per i medicinali non utilizzati;
    evitare lo spreco dei farmaci appare dunque necessario per garantire una salute più equa e più appropriata per tutti i cittadini e, in tal senso, è importante in primis garantire una capillare informazione ed educazione sull'uso appropriato dei medicinali, attraverso il contributo e la collaborazione di tutti i soggetti coinvolti: medici prescrittori, industrie farmaceutiche, farmacie e consumatori, anche attraverso campagne di sensibilizzazione dell'opinione pubblica tutta;
    appare necessario che l'Italia introduca disposizioni normative efficaci sul confezionamento dei farmaci, sia ad uso umano e sia ad uso veterinario, così da evitare una vendita di medicinale che non sia commisurata alle necessità terapeutiche;
    i medicinali inutilizzati sono anche quei farmaci destinati a essere eliminati dal circuito commerciale per diversi motivi come, ad esempio, per difetti di confezionamento o di produzione dovuti al processo produttivo o distributivo oppure a intervenute variazioni dell'autorizzazione all'immissione in commercio (AIC), tali in ogni caso da non comprometterne l'idoneità di utilizzo in termini di qualità, sicurezza ed efficacia per il consumatore finale; tali medicinali donati a Onlus possono essere dispensati a consumatori finali in Italia oppure all'estero;
    è chiaro che per il trasferimento di tali medicinali non utilizzati è necessario un sistema di efficiente tracciabilità dei lotti dei medicinali ricevuti e distribuiti, nonché un rigoroso procedimento di qualificazione degli operatori/soggetti coinvolti così da evitare qualsiasi traffico o commercio non conforme e rischioso per la salute dei beneficiari ed, in tal senso, l'atteso decreto del Ministero della salute, come previsto dalla legge n. 166 del 2016, appare necessario e non ulteriormente procrastinabile;
    le disposizioni concernenti la donazione di medicinali non utilizzati sottendono quindi diverse questioni e problematiche, non solo specificatamente riferibili alla solidarietà sociale ma anche alla tutela della salute e alla tutela ambientale, nonché alla correlata economicità del sistema sanitario, la cui spesa si contraddistingue per un'esponenziale e inappropriata crescita della spesa farmaceutica, da un lato, e per una sperequazione tra le popolazioni diversamente abbienti, dall'altro, sperequazione che uno Stato civile ha comunque il dovere di superare non già e non solo attraverso la cosiddetta filantropia ma con misure dirette a garantire sia il reddito sia l'accesso a tutte le cure necessarie e appropriate;
    le donazioni di quei medicinali che sono sottratti dal circuito commerciale o non sono utilizzati, dunque, sono condivisibili nella misura in cui si atteggiano a strumento sussidiario dei doveri dello Stato, doveri che contemplano le risorse necessarie per assicurare ai cittadini meno abbienti un pieno accesso alle cure;
    solo nel contesto appena esposto, dunque, le donazioni dei farmaci non utilizzati devono essere sollecitate, agevolate e garantite, attraverso procedure che siano trasparenti e soprattutto tutelanti per i soggetti che ne beneficeranno,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative efficaci che mirino alla raccolta e alla donazione dei medicinali non utilizzati e, contestualmente, alla riduzione dell'acquisto e del consumo inappropriato dei farmaci sia in ambito domestico e ospedaliero sia in ambito veterinario, attraverso efficaci programmi di formazione dei professionisti della salute nell'ottica di garantire l'appropriatezza prescrittiva;

2) ad assumere le iniziative di competenza per assicurare, al più presto possibile, la predisposizione di un differente sistema di confezionamento dei farmaci, che preveda l'introduzione di dosi unitarie o pacchetti personalizzati al fine di evitare autoprescrizioni da parte dei cittadini;

3) ad assumere iniziative, attraverso campagne istituzionali di informazione e di educazione sanitaria sull'uso prudente e appropriato dei farmaci, volte ad incoraggiare tutti i cittadini ad agire in modo proattivo per ridurre sia lo spreco delle risorse sia i rischi per la salute;

4) ad assumere iniziative per incrementare i controlli e la tracciabilità sulla distribuzione, sulla prescrizione e sull'uso di medicinali, ivi inclusi i medicinali non utilizzati o eliminati dal circuito commerciale;

5) ad assumere le iniziative previste dalla legge n. 166 del 2016, ovvero ad emanare il prescritto decreto ministeriale al fine di definire una compiuta ed efficace disciplina per la raccolta e la donazione di medicinali non utilizzati o scaduti e il loro successivo impiego per finalità di solidarietà sociale;

6) ad assumere iniziative per ridurre lo spreco dei farmaci attraverso la coordinata sensibilizzazione di tutti i cittadini sia ad un uso appropriato dei farmaci, sia alla donazione, per finalità di solidarietà sociale, di quelli non utilizzati, anche al fine di ridurre la quantità di medicinali che non confluisce nel sistema di raccolta all'uopo adibito per il corretto reimpiego e utilizzo.
(1-01665)
«Silvia Giordano, Lorefice, Grillo, Mantero, Colonnese, Nesci, Baroni, Cecconi».
(17 luglio 2017)

   La Camera,
   premesso che:
    lo sperpero di alimenti e di farmaci determina un fortissimo impatto dal punto di vista sociale, economico ed ambientale;
    per la prima volta con la legge «Disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi» (legge 19 agosto 2016, n. 166) si definiscono, in Italia, i termini come «spreco» o «eccedenza alimentare» e si interviene al fine di indirizzare il recupero e la donazione di tali beni all'interno di un programma più vasto di politiche contro la povertà;
    l'Italia è il primo Paese europeo ad essersi dotato di una legge organica che riguarda il recupero e la donazione per solidarietà sociale nell'intera filiera economica: è stato possibile raggiungere tale obiettivo grazie alla collaborazione fattiva degli enti caritativi impegnati da anni in questo ambito e alle imprese dei settori coinvolti;
    la riduzione degli sprechi nelle varie fasi di produzione, trasformazione, distribuzione e somministrazione di prodotti alimentari, farmaceutici o di altri prodotti, è divenuto un obiettivo prioritario da perseguire attraverso alcune buone pratiche che la legge n. 166 del 2016, approvata dal Parlamento a larghissima maggioranza, intende agevolare;
    tra queste si evidenzia, oltre al recupero e alla donazione delle eccedenze alimentari, la donazione dei farmaci ai fini di solidarietà sociale destinandole in via prioritaria all'utilizzo umano;
    l'approvazione della legge sulla donazione e sulla limitazione degli sprechi, in particolare per quanto riguarda il settore farmaceutico, si è resa necessaria dai dati sempre più preoccupanti sulla povertà sanitaria che purtroppo riguarda anche il nostro Paese;
    secondo l'Osservatorio nazionale sulla donazione farmaci, organo scientifico della Fondazione Banco farmaceutico onlus, che annualmente promuove la pubblicazione di dati finalizzati alla comprensione del fenomeno della «povertà sanitaria», utilizzando i dati provenienti dalla giornata di raccolta del farmaco annuale (GRF), dalle donazioni delle aziende farmaceutiche e dai sistemi di monitoraggio degli oltre 1.600 enti caritativi che fanno parte della rete servita da Banco farmaceutico, ha evidenziato che nel 2016 è cresciuta la richiesta di medicinali da parte degli enti assistenziali sostenuti dalla Fondazione;
    in particolare, quanto emerge dal rapporto 2016 «Donare per curare: Povertà sanitaria e Donazione Farmaci», promosso dalla Fondazione Banco farmaceutico onlus con il supporto del comitato scientifico composto da Ufficio nazionale per la pastorale della salute CEI, ACLI, Associazione medicina e persona, UNITALSI, Caritas Italiana, presentato all'Aifa il 10 novembre 2016 rispetto al 2015, la povertà sanitaria in Italia registra un forte aumento: nel 2016 è cresciuta dell'8,3 per cento la richiesta di medicinali da parte dei 1.663 enti assistenziali (+1,3 per cento rispetto allo scorso anno) sostenuti da Banco farmaceutico. Le confezioni donate in occasione della giornata di raccolta del farmaco (GRF) di sabato 13 febbraio sono state pari a 944 mila unità. Il raccolto generato dalla GRF, pari a quasi 354 mila confezioni, ha consentito di coprire il 37,5 per cento del fabbisogno espresso. A queste vanno poi aggiunte 1,2 milioni di confezioni raccolte nei primi 8 mesi del 2016 attraverso il sistema delle donazioni aziendali;
    in 3 anni la richiesta di farmaci è salita del 16 per cento, a fronte del costante aumento degli indigenti assistiti: gli utenti complessivi sono cresciuti nel 2016 del 37,4 per cento (nel 2016, gli enti sostenuti da Banco farmaceutico hanno aiutato oltre 557 mila persone, il 12 per cento dei poveri italiani). Gli aumenti maggiori si evidenziano al Nord-ovest (+90 per cento) e al Centro (+84 per cento). La crescita più significativa è tra gli stranieri (+46,7 per cento), i maschi (+49 per cento) e le persone sopra i 65 anni di età (+43,6 per cento). Le difficoltà non riguardano solo i poveri: risulta da tale indagine che oltre 12 milioni di italiani e 5 milioni di famiglie hanno limitato il numero di visite mediche o gli esami di accertamento per motivazioni di tipo economico;
    sempre lo stesso rapporto evidenzia come nel 2016 le donazioni di farmaci sembrano assestarsi su un numero pari a quelle del 2015 così come le donazioni aziendali, mentre sembrano crescere le donazioni derivanti dal recupero farmaci validi. Se, infatti, l'anno scorso questo canale rappresentava il 5 per cento del totale del raccolto, nel 2016 si stima che si possa arrivare a coprire il 6,5 per cento di tutti i farmaci donati (si toccava appena il 2 per cento solo nel 2013);
    ai dati raccolti dal Banco farmaceutico, si devono aggiungere le esperienze virtuose di moltissimi altri enti caritativi diffusi capillarmente nell'intero territorio nazionale, che con professionalità ed impegno svolgono un servizio importante per le persone più fragili;
    nonostante il 14 settembre 2016 sia entrata definitivamente in vigore la legge n. 166 del 2016, manca ancora ad oggi, il decreto attuativo del Ministro della salute previsto dall'articolo 15 che, modificando l'articolo 157 del decreto legislativo n. 219 del 2006, predispone misure di semplificazione burocratica e incentivi per la donazione di medicinali non utilizzati, correttamente conservati e non scaduti;
    l'approvazione immediata di tale decreto si rende quanto mai necessaria,

impegna il Governo:

1) nella stesura del decreto applicativo così come previsto dall'articolo 15 delle legge n. 166 del 2016 e dalle disposizioni previste dalla legge n. 155 del 2003 in essa richiamata, e che equipara gli enti che svolgono attività assistenziale, nei limiti del servizio prestato, al consumatore finale in termini di responsabilità civile rispetto alla detenzione e alla conservazione dei medicinali, ad assumere iniziative affinché i requisiti di tracciabilità del annuo siano coerenti con la finalità perseguite della citata legge n. 166 del 2016, adeguati alle norme e alla tutela della salute pubblica, nonché proporzionati rispetto alle attività a fini di solidarietà sociale e ai costi che un ente caritativo può ragionevolmente sostenere per l'adempimento di tale attività;

2) nella stesura del decreto applicativo così come previsto dall'articolo 15 della legge n. 166 del 2016 a prevedere, ai fini di una migliore tracciabilità del farmaco a cura dei donatori, l'aggiornamento della «banca dati centrale» mediante definizione della specifica causale «donazione»;

3) ad assicurare, nella stesura del decreto applicativo di cui all'articolo 15 della legge n. 166 del 2016, il pieno rispetto delle disposizioni previste dalla legge 24 dicembre 2007, n. 244, articolo 2, comuni 350, 351, 352, poiché operano in ambiti differenti e non sovrapponibili;

4) nella stesura del decreto applicativo così come previsto dall'articolo 15 della legge n. 166 del 2016, a prevedere le specificità legate allo differenti tipologie di soggetti, donatari esistenti, le associazioni che svolgono attività di pura distribuzione di confezioni integre e nel periodo di validità e le associazioni che ricevono in donazione tali beni e li somministrano disponendo di personale sanitario in genere e svolgendo quindi attività di tipo assistenziale;

5) nella stesura del decreto applicativo così come previsto dall'articolo 15 della legge n. 166 del 2016, in coerenza con le finalità espresse dall'articolo 1 della medesima legge, a favorire il recupero e la donazione di prodotti farmaceutici a fini di solidarietà sociale in tutte le fasi della filiera, comprendendo quindi i medicinali cedibili dal produttore, così come i medicinali già regolarmente inseriti nel circuito commerciale della distribuzione e della somministrazione, purché siano in confezioni integre, correttamente conservati e ancora nel periodo di validità;

6) nella stesura del decreto applicativo così come previsto dall'articolo 15 della legge n. 166 del 2016 a definire in via preliminare quali siano i medicinali inutilizzati e quindi cedibili comprendendo fra questi i medicinali soggetti a prescrizione, i medicinali senza obbligo di prescrizione, i medicinali da banco e i relativi campioni gratuiti, oggetto di donazione o destinati a essere eliminati del circuito commerciale o a non esservi immessi a causa, a titolo esemplificativo e non esaustivo, di difetti di confezionamento o di produzione dovuti al processo produttivo e logistico, tali in ogni caso da non compromettere l'idoneità di utilizzo in termini di qualità, sicurezza ed efficacia per il consumatore finale;

7) nella stesure del decreto applicativo così come previsto dall'articolo 15 della legge n. 166 del 2016 e dalle disposizioni finali della legge medesima, a ribadire, ai fini della fiscalità, che trattasi di cessioni a titolo gratuito che non richiedono la forma scritta per la loro validità, che alle stesse non si applicano le disposizioni del titolo V del Libro secondo del codice civile;

8) nella stesura del decreto applicativo così come previsto dall'articolo 15 della legge n. 166 del 2016, a ribadire, a tutela dei donatori e degli enti caritativi donatari, che è vietata qualsiasi cessione a titolo oneroso dei medicinali oggetto di donazione;

9) a coordinare la stesura del decreto applicativo con quanto previsto dall'articolo 15 della legge n. 166 del 2016, con quanto previsto dal testo del decreto legislativo di prossima pubblicazione «Codice del Terzo settore, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106».
(1-01666)
«Gadda, Lenzi, Amato, Argentin, Paola Boldrini, Burtone, Capone, Carnevali, Carocci, D'Incecco, Marco Di Maio, Galperti, Manfredi, Miotto, Moretto, Patriarca, Piazzoni, Piccione, Valeria Valente, Vazio, Malisani, Fiorio, Fabbri, Vico».
(17 luglio 2017)

   La Camera,
   premesso che:
    il tema dell'appropriatezza prescrittiva dei farmaci rappresenta oggi in Italia una delle frontiere di sostenibilità della spesa;
    in particolare, le difficoltà nel comprimere la parte inappropriata della complessiva spesa per la farmaceutica, rappresentano un vincolo diretto ed indiretto nella maggior disponibilità di risorse economiche per l'innovazione tecnologica e per la rapida dispensabilità dei nuovi farmaci da parte del Servizio sanitario nazionale (SSN);
    oltre alle problematiche relative all'appropriatezza della prescrizione, il nostro Paese sconta le difficoltà culturali negli adeguamenti delle abitudini della popolazione e della produzione delle case farmaceutiche che rende difficile il confenzionamento dei farmaci in monodose oppure in confezioni adeguate ai più comuni cicli terapeutici;
    nel nostro Paese esiste un'ulteriore distorsione culturale rappresentata dalla tendenza delle famiglie a costituire veri e propri «armadi farmaceutici» domestici, con accumulazione di farmaci che spesso non vengono utilizzati;
    contemporaneamente, secondo i dati diffusi dal Censis, aumenta negli anni il numero degli italiani «in difficoltà», che sarebbero costretti a privarsi di prestazioni sanitarie importanti (o addirittura essenziali) per motivi economici, mentre cresce la quantità delle persone che si rivolge ad organizzazioni assistenziali per ottenere la pronta disponibilità dei farmaci;
    in risposta a tali criticità di contesto, è stata approvata la legge n. 166 del 19 agosto 2016, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 202 del 30 agosto dello stesso anno, contenente «disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi»;
    l'articolo 15 di tale legge supera e compendia il decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, che regolava le attività di raccolta e di donazione di medicinali, attribuendo ad un successivo decreto del Ministero della salute l'individuazione delle modalità che consentano «la donazione di medicinali non utilizzati ad organizzazioni non lucrative di utilità sociale (onlus) e l'utilizzazione dei medesimi medicinali da parte di queste, in confezioni integre, correttamente conservati e ancora nel periodo di validità, in modo tale da garantire la qualità, la sicurezza e la validità originarie»;
    è del tutto evidente che la nuova normativa appare finalizzata ad un riutilizzo virtuoso dei farmaci già in possesso dei pazienti, contribuendo ad una svolta culturale che ostacoli le tendenze all'accumulo immotivato e consentendo il recupero in condizioni di sicurezza delle confezioni farmaceutiche inutilizzate per vari motivi;
    tale esigenza appare certificata dalla ricerca del 2009 pubblicata dall'Istituto Mario Negri di Milano che ribadiva come il 49 per cento delle confezioni di farmaci per adulto e addirittura il 65 per cento delle confezioni pediatriche non venisse effettivamente utilizzato, contribuendo a consolidare uno spreco vieppiù intollerabile nelle attuali condizioni di sofferenza del finanziamento del nostro sistema sanitario pubblico;
    nello stesso senso depone l'esperienza della Fondazione Banco farmaceutico che, in un solo anno, con un progetto partito a Roma nel 2013, che peraltro coinvolgeva soltanto 43 delle 800 farmacie romane, è riuscita a raccogliere ben 23.000 confezioni di farmaci non scaduti e riutilizzabili, per un valore commerciale di 300.000 euro;
    dando seguito a tali esperienze, ogni anno, la Fondazione Banco farmaceutico organizza la giornata nazionale della donazione con la partecipazione di migliaia di volontari e di una rete di farmacie nazionali che partecipa all'iniziativa che consente la donazione di farmaci senza obbligo di ricetta medica, soprattutto antinfiammatori, antidolorifici, antipiretici, che vengono trasferiti per il riutilizzo agli enti assistenziali territoriali;
    il recupero del farmaco non utilizzato, non scaduto è sicuramente un'operazione eticamente auspicabile per l'azione di risparmio di risorse comuni, ma è anche un'attività di apprezzabile valenza ambientale, perché evita la produzione di rifiuti inquinanti;
    spesso le norme di garanzia della sicurezza dell'utilizzo appaiono talmente complesse e di difficile interpretazione da disincentivare ogni attività di recupero;
    attualmente, la legge n. 166 attribuisce una grande responsabilità nelle procedure di riutilizzo al medico di medicina generale, che meglio di chiunque altro dovrebbe conoscere le buone condizioni di conservazione del prodotto, garantite dal detentore del farmaco;
    che – per poter davvero essere efficace – tale ruolo centrale del medico di medicina generale necessita di affiancamento e supporto nella individuazione dei protocolli e nella condivisione delle responsabilità da parte dei produttori e degli operatori delle farmacie e dei servizi farmaceutici;
    in tal senso, appare paradigmatica la pubblica denuncia del padre di Alessandro Pibiri, il caporal maggiore della Brigata Sassari morto a Nassiriya il 5 giugno del 2006 che, volendo restituire i farmaci oncologici e salvavita non più utili alla moglie morta di cancro, si senti rispondere dalle strutture della ASL competente e dalla regione che avrebbe dovuto provvedere a distruggerli o a donarli ad una non meglio specificata associazione umanitaria;
    all'entrata in vigore della legge n. 166 del 2016 c'era dunque grande aspettativa per i decreti attuativi, attesi entro il dicembre 2016;
    in particolare, l'attesa riguardava la individuazione dei canali di donazione alle Onlus e le procedure di verifica, di conservazione e di utilizzo dei farmaci da parte delle organizzazioni non lucrative, nonché le modalità attraverso cui garantire la consegna ai richiedenti;
    all'interno dei decreti attuativi possono altresì essere previste norme per il coinvolgimento delle farmacie al pubblico nelle attività di raccolta e di verifica dell'utilizzabilità dei farmaci, anche attraverso l'attivazione delle strutture di volontariato e di protezione civile già presenti nel contesto della stessa professione farmacista;
    che appare comunque indispensabile un radicale intervento sui temi dell'appropriatezza nel settore del farmaco, destinato al contenimento degli sprechi, ma anche al raggiungimento delle migliori finalità terapeutiche,

impegna il Governo:

1) ad emanare al più presto il decreto attuativo previsto dalla legge n. 166 del 2016 dettando le norme che, nel rispetto delle esigenze di sicurezza, consentano di attivare ogni procedura di sensibilizzazione della popolazione e dei prescrittori sul corretto utilizzo del farmaco, sulla raccolta dell'inutilizzato, sulla sua conservazione in condizioni di correttezza e di sicurezza e sul riutilizzo virtuoso da parte delle Onlus, a favore delle fasce più deboli della popolazione;

2) a verificare che le norme inserite nel decreto di cui sopra, nel rispetto delle esigenze di sicurezza di riutilizzo, siano della massima semplicità attuativa, al fine di favorire la massima affermazione possibile della cultura del recupero e del riuso del farmaco non utilizzato;

3) ad attivare un tavolo tecnico tra produttori, medici di medicina generale e farmacie di comunità, finalizzato a definire protocolli di riutilizzo del farmaco più rispettosi della tutela dagli sprechi e delle esigenze di sicurezza;

4) ad attivare un'azione virtuosa di educazione dei prescrittori e dei consumatori dei farmaci che tenda ad evitare gli incomprensibili fenomeni di «accaparramento» e di «accumulo in scorta» che spesso sono una delle più potenti spinte all'inutilizzo e allo spreco;

5) a stimolare ogni iniziativa tendente alla centralizzazione dei magazzini farmaceutici regionali, finalizzata al miglior utilizzo di scorte e giacenze;

6) a stimolare la crescita della cultura della «dose unitaria» finalizzata a personalizzare prescrizioni e terapie, quanto meno in ambito ospedaliero;

7) a promuovere azioni di collaborazione tra prescrittori, farmacisti e aziende produttrici, finalizzate alla disponibilità di confezioni industriali sempre più coerenti rispetto alle necessità terapeutiche.
(1-01667)
«Vargiu, Latronico, Altieri, Capezzone, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci, Marti, Matarrese».
(17 luglio 2017)

   La Camera,
   premesso che:
    l'esigenza di favorire e incentivare il recupero e la donazione per fini di solidarietà, di farmaci non più utilizzati, è per prima cosa un dovere sociale, e questo ancora di più in una perdurante crisi economica quale quella attuale, nella quale si è fatto più acuto il disagio di una fascia sempre più larga di popolazione, e la povertà sanitaria è sempre più una emergenza con la quale troppe persone devono fare i conti quotidianamente. Sono raddoppiati i cittadini che hanno difficoltà ad acquistare medicinali, anche quelli con prescrizione medica, e questo colpisce in modo profondo il diritto alla salute e l'accesso alla cura dei cittadini più deboli. Peraltro, sono proprio di queste ore i dati comunicati dall'Istat che indicano come nel 2016, la povertà assoluta in Italia ha visto coinvolte ben 4 milioni e 742 mila persone, pari a 1,619 milioni di famiglie residenti;
    con la legge del 19 agosto 2016, n. 166, il nostro Paese si è dotato di un'importante strumento legislativo finalizzato alla riduzione degli sprechi di prodotti alimentari, farmaceutici o di altri prodotti, attraverso la realizzazione di alcuni obiettivi prioritari quali quello di favorire il recupero e la donazione delle eccedenze alimentari, e di prodotti farmaceutici ed altri prodotti a fini di solidarietà sociale, nonché di ridurre la produzione di rifiuti anche promuovendo il riuso e il riciclo con l'obiettivo di estendere il ciclo di vita dei prodotti;
    per quanto riguarda in particolare i prodotti farmaceutici, l'articolo 15 della citata legge, apportando alcune modifiche all'articolo 157 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, interviene sulla normativa vigente in materia di raccolta di medicinali non utilizzati o scaduti e di donazione di farmaci, introducendo disposizioni dirette ad incentivare la donazione alle organizzazioni non lucrative di utilità sociale Onlus di medicinali non utilizzati. Alle Onlus è consentita la distribuzione a titolo gratuito dei farmaci direttamente ai soggetti indigenti;
    peraltro il citato articolo 15 prevedeva che entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della norma, e quindi entro novembre 2016, il Ministero della salute avrebbe dovuto emanare un proprio decreto al fine di individuare le diverse modalità che rendono possibile la donazione di medicinali non utilizzati a organizzazioni non lucrative di utilità sociale, e l'utilizzazione dei medesimi medicinali da parte di queste, garantendone la qualità, la sicurezza e l'efficacia originarie. Il medesimo decreto avrebbe dovuto altresì definire i requisiti dei locali e delle attrezzature idonei a garantirne la corretta conservazione e le procedure volte alla tracciabilità dei lotti dei medicinali ricevuti e distribuiti;
    peraltro, va sottolineato negativamente il fatto che la medesima legge n. 166 del 2016, prevede complessivamente l'emanazione di ben otto diversi provvedimenti attuativi in capo al Governo, e, in particolare, al Ministero della salute, al Ministero dell'economia e delle finanze, al direttore dell'Agenzia delle entrate. A un anno di distanza dall'entrata in vigore della legge n. 166 del 2016, di questi otto, solamente un decreto ministeriale è stato emanato. Tutto ciò impedisce di fatto al provvedimento di poter essere pienamente reso operativo, lasciando conseguentemente sulla carta molte delle principali previsioni normative contenute, compresa, come si è visto, quella relativa ai medicinali non utilizzati;
    così come non risulta che, a distanza di un anno, abbiano avuto alcun seguito concreto – e a tutt'oggi rimangono di fatto mere previsioni «manifesto» – le attività di promozione, formazione e sensibilizzazione in materia di riduzione degli sprechi, introdotte dall'articolo 9 della medesima legge n. 166 del 2016, e che a vario titolo vedono coinvolti il servizio pubblico radiotelevisivo, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, i Ministeri della salute, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nonché le stesse regioni. Previsioni che riguardano campagne di promozione di modelli di consumo e di acquisto improntati a criteri di solidarietà; forme di sensibilizzazione per incentivare il recupero e la redistribuzione per fini di beneficenza e la prevenzione della produzione di rifiuti alimentari; la promozione nelle scuole di percorsi mirati all'educazione a una sana alimentazione e a una produzione alimentare ecosostenibile, nonché alla sensibilizzazione contro lo spreco degli alimenti. Nulla di tutto questo risulta ancora essere stato fatto dal Governo;
    si ricorda che nel nostro Paese vengono vendute migliaia di tonnellate di farmaci, e molti di questi non vengono utilizzati e scadono;
    lo spreco enorme legato ai farmaci non più utilizzati e in particolare a quelli scaduti, è stato ben evidenziato dai dati pubblicati nel rapporto sui rifiuti urbani 2016 prodotto dall'Ispra. Dati riguardanti 1.968 comuni (il 24,5 per cento dei comuni italiani) e il 23,6 per cento dei cittadini, e che indicano una quantità di rifiuti farmaceutici di circa 1.270 tonnellate, delle quali 92,4 tonnellate di farmaci scaduti pericolosi, e 1.178,2 tonnellate di farmaci scaduti non pericolosi;
    questa quantità elevatissima di medicinali scaduti che finiscono troppo spesso nell'indifferenziata, oltre a rappresentare una ulteriore grave fonte di inquinamento e di possibile contaminazione per l'ambiente, rappresentano anche uno spreco e un costo, sia per l'impossibilità di poterli donare, sia per il valore in sé dei prodotti non più utilizzati, sia per i costi di raccolta e smaltimento. Gran parte dei medicinali vengono infatti gestiti e smaltiti a parte e con procedure diverse rispetto alla gran parte degli altri rifiuti;
    un contributo alla riduzione dell'uso non controllato dei farmaci e dello spreco di medicinali non più utilizzati o scaduti, può venire oltre che da una maggiore informazione e consapevolezza dei cittadini nell'acquisto corretto dei medicinali, anche promuovendo efficacemente la produzione e la vendita di farmaci sfusi o monodose, e quindi tarati in relazione alla terapia o alle diverse esigenze, o incentivando comunque le aziende farmaceutiche a proporre una diversa modulazione delle quantità contenute nelle confezioni;
    sotto questo aspetto, si ricorda che la legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015), all'articolo 1, comma 591, al fine della razionalizzazione e del contenimento della spesa farmaceutica, aveva positivamente previsto che con decreto del Ministro della salute, venissero individuate le modalità per la produzione e la distribuzione in ambito ospedaliero, in via sperimentale per un biennio, di medicinali in forma monodose. Anche in questo caso, ancora una volta, e similmente con quanto precedentemente segnalato in merito alla legge n. 166 del 2016, non risulta che sia mai stato emanato il decreto ministeriale attuativo della suddetta previsione,

impegna il Governo:

1) ad emanare in tempi brevi il decreto del Ministero della salute previsto dall'articolo 15 della legge n. 166 del 2016 al fine di consentire la donazione di medicinali non utilizzati alle Onlus, l'utilizzazione dei medesimi medicinali da parte di queste, per finalità sociali;

2) ad assumere iniziative per prevedere esplicitamente che le disposizioni previste dal suddetto articolo 15 in materia di cessione a titolo gratuito di farmaci non utilizzati, siano estese anche ai farmaci ad uso veterinario;

3) ad attivarsi al fine di garantire la rapida emanazione dei provvedimenti attuativi in materia previsti dalla citata legge n. 166 del 2016, dei quali solamente uno risulta ad oggi essere stato emanato, consentendo così che una legge importante come quella richiamata, volta a favorire, per quanto rileva in questa sede, la donazione dei prodotti farmaceutici a fini di solidarietà sociale possa essere pienamente attuata;

4) ad attuare quanto già previsto dal comma 591, dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2014, provvedendo a tal fine all'emanazione del previsto decreto del Ministero della salute che deve individuare le modalità per la produzione e la distribuzione in ambito ospedaliero, in via sperimentale per un biennio, di medicinali in forma monodose;

5) al fine di agevolare il conferimento da parte dei cittadini di farmaci non più utilizzati, ad assumere le opportune iniziative, in coordinamento con gli enti territoriali, affinché siano implementate sensibilmente le farmacie che possono ricevere detti farmaci, garantendo la separazione tra farmaci scaduti e quindi destinati allo smaltimento, e quelli non utilizzati ma in corso di validità e quindi in condizione di poter essere recuperati.
(1-01669)
«Fossati, Murer, Fontanelli, Nicchi, Laforgia».
(17 luglio 2017)

   La Camera,
   premesso che:
    l'Istat ha di recente rilevato che in Italia, la povertà assoluta riguarda 4 milioni e 742 mila persone, pari a 1,619 milioni di famiglie residenti;
    dai dati diffusi dal Censis, emerge che negli anni è aumentato nel nostro Paese il numero delle persone «in difficoltà», cittadini che, per ragioni economiche, non riescono a sostenere il costo delle prestazioni sanitarie;
    la povertà sanitaria ha registrato un forte aumento nel 2016 (+8,3 per cento la richiesta di medicinali con un incremento dell'1,3 per cento rispetto all'anno precedente) da parte degli enti assistenziali sostenuti dal Banco farmaceutico;
    da anni il Banco farmaceutico organizza la giornata di raccolta del farmaco, ma con le donazioni raccolte è stato possibile coprire solo il 37,5 per cento delle richieste ricevute, richieste che in tre anni sono cresciute del 16 per cento;
    il Banco farmaceutico ha aiutato nel 2016 circa 557 mila persone, cioè solo il 12 per cento dei poveri censiti; molte richieste provengono da stranieri, maschi e da individui con età superiore a 65 anni;
    dall'analisi dei dati sull'accesso alle prestazioni sanitarie si evince che, la rinuncia e le limitazioni non riguardano solo le persone in difficoltà economica, ma quasi 5 milioni di famiglie che, nello scorso anno, hanno cercato di risparmiare sulla prevenzione e sull'assistenza;
    questa situazione dà la misura di un crescente e diffuso disagio che rende difficile il diritto alla salute e l'accesso alle cure per i più deboli e che richiama il Governo a un dovere costituzionale e a trovare risposte adeguate ad una vera e propria emergenza sociale;
    un efficace e strutturato sistema di raccolta dei farmaci non scaduti per finalità sociali consentirebbe di assicurare la tutela della salute, di rendere sostenibile la spesa sanitaria e di rispondere all'esigenza di tutela ambientale e di riduzione dei costi di smaltimento di medicinali;
    a questo proposito va richiamata la legge n. 166 del 2016 che contiene disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi, adottata anche con la finalità di favorire il recupero e la donazione di prodotti farmaceutici e di altri prodotti;
    l'articolo 15 della legge richiamata interviene sulla pregressa normativa in materia di raccolta di medicinali non utilizzati o scaduti, modificando l'articolo 157 del decreto legislativo n. 219 del 2016 (che dà attuazione alla direttiva 2001/83/CE relativa al codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonché alla direttiva 2003/94/CE che stabilisce i sistemi di raccolta di medicinali inutilizzati, correttamente conservati e ancora nel periodo di validità o scaduti), con la soppressione del terzo periodo del comma 1, in tema di modalità di utilizzazione dei medicinali non scaduti da parte delle organizzazioni senza fini di lucro e l'aggiunta del comma 1-bis;
    il comma 1-bis demanda a un successivo decreto del Ministero della salute, da emanarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge: l'individuazione delle modalità di donazione, le specifiche relative a involucri, scadenze e stato di conservazione dei farmaci oggetto della donazione, la definizione dei requisiti delle onlus che faranno parte del sistema di raccolta e distribuzione dei farmaci, le modalità operative delle stesse e la loro equiparazione agli enti che svolgono attività assistenziale;
    la legge n. 166 del 2016 prevede complessivamente l'emanazione di otto provvedimenti attuativi da parte del Ministero della salute, del Ministero dell'economia e delle finanze e del direttore dell'Agenzia delle entrate;
    ad oggi ne mancano sette, per cui il provvedimento non è pienamente operativo e, lascia sulla carta molte delle sue finalità fra le quali quella di promozione, formazione e sensibilizzazione in materia di riduzione degli sprechi che avrebbero dovuto coinvolgere il servizio pubblico di informazione e diversi ministeri;
    nel 2016 l'Ispra ha pubblicato il rapporto sui rifiuti urbani che ha evidenziato che in Italia vengono vendute tonnellate di farmaci. Circa il 40 per cento del totale non viene utilizzato e scade. Da una rilevazione che ha coinvolto il 24,5 per cento dei comuni, risulta che i farmaci producono circa 1270 tonnellate di rifiuti che spesso finiscono nella raccolta indifferenziata, producendo inquinamento oltre che uno spreco di risorse e un costo per la collettività;
    la maggior parte dei medicinali che finisce fra i rifiuti è posto a carico del servizio sanitario nazionale per una spesa stimata di oltre 2 miliardi di euro che potrebbero proficuamente essere utilizzati in servizi e prestazioni a vantaggio dei cittadini;
    una consuetudine da contrastare è quella di tenere in casa dotazioni minime di farmaci da utilizzare in caso di necessità, che costituisce un ulteriore fattore di spreco al quale si aggiunge l'uso di prodotti di medicina veterinaria;
    alla razionalizzazione della spesa sanitaria e al contenimento dei costi per lo smaltimento di rifiuti pericolosi concorrerebbe la promozione di buone pratiche. Fra queste, si segnalano quella di favorire una maggiore informazione e consapevolezza degli utenti, di prevedere la vendita di farmaci monodose o in quantità proporzionale alla cura prescritta, di scoraggiare il ricorso alle autoprescrizioni e all'acquisto delle scorte, di promuovere il corretto smaltimento dei farmaci incrementando il numero dei contenitori e dei centri di raccolta,

impegna il Governo:

1) a predisporre le iniziative necessarie al fine di dare pienamente attuazione alle finalità della legge n. 166 del 2016;

2) ad assumere iniziative per dare attuazione a quanto previsto al comma 1-bis dell'articolo 15 della legge n. 166 del 2016;

3) ad adottare ogni iniziativa utile per favorire la raccolta e la donazione dei farmaci non utilizzati, ma in corso di validità, e per educare ad acquisti responsabili di medicinali in ambito sia domestico, sia ospedaliero, sia veterinario;

4) a valutare la possibilità di favorire un diverso confezionamento dei medicinali che consenta di calibrare gli acquisti all'uso necessario e, quindi, ad evitare di far finire le quantità in eccesso contenute nelle scatole fra i rifiuti non riutilizzabili;

5) ad assumere iniziative per responsabilizzare i cittadini rispetto alla finalità sociale delle donazioni di farmaci non utilizzati, non ancora scaduti, conservati in modo corretto;

6) a garantire il diritto costituzionale alla salute alle fasce più deboli della popolazione, favorendo il riutilizzo dei farmaci non ancora scaduti;

7) a favorire il recupero e la donazione di medicinali a fini di solidarietà sociale da parte di produttori, rivenditori, e consumatori, purché rispondano ai requisiti previsti di validità, integrità, sicurezza ed efficacia e siano idonei all'utilizzo per chi ne beneficia;

8) ad assumere iniziative per indicare con precisione quali sono i farmaci cedibili, visto che alcune confezioni prevedono la conservazione in frigorifero o che alcuni medicinali sono destinati a uso ospedaliero e per patologie specifiche;

9) ad assumere iniziative per indicare a quali disposizioni fiscali sono assoggettate le donazioni di medicinali a fini di solidarietà sociale;

10) a ribadire che è vietata qualsiasi cessione a titolo oneroso dei medicinali oggetto di donazione.
(1-01689)
«Vezzali, Francesco Saverio Romano, Parisi, Merlo, Abrignani, Auci, Borghese, D'Agostino, D'Alessandro, Faenzi, Galati, Marcolin, Rabino, Sottanelli, Zanetti».
(12 settembre 2017)

MOZIONI CONCERNENTI LA SITUAZIONE DI CRISI NELLO YEMEN, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALL'EMERGENZA UMANITARIA E ALL'ESPORTAZIONE DI ARMI VERSO I PAESI COINVOLTI NEL CONFLITTO

   La Camera,
   premesso che:
    il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato più risoluzioni sullo Yemen, in particolare le risoluzioni 2216 (2015), 2201 (2015) e 2140 (2014), che qui si intendono richiamate;
    l'attuale crisi nello Yemen è il risultato dell'incapacità dei Governi che si sono succeduti di rispondere alle legittime aspirazioni del popolo yemenita alla democrazia, allo sviluppo economico e sociale, alla stabilità e alla sicurezza; tale incapacità ha creato le condizioni per lo scoppio di un violento conflitto, in quanto non si è riusciti a dare vita a un Governo inclusivo e a garantire un'equa ripartizione dei poteri e sono state sistematicamente ignorate le numerose tensioni tribali, la diffusa insicurezza e la paralisi economica del Paese;
    l'intervento militare a guida saudita nello Yemen, richiesto dal Presidente yemenita Abd Rabbuh Mansur Hadi, compreso l'uso di bombe a grappolo bandite a livello internazionale, ha portato a una situazione umanitaria disastrosa che interessa la popolazione in tutto il Paese, ha gravi implicazioni per la regione e costituisce una minaccia per la pace e la sicurezza a livello internazionale; membri della popolazione civile yemenita, già esposta a condizioni di vita terribili, sono le principali vittime dell'attuale escalation militare;
    i ribelli houthi hanno in passato posto sotto assedio la città di Ta'izz, la terza città dello Yemen, ostacolando la fornitura di aiuti umanitari; una situazione per cui secondo Stephen O'Brien, Sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari e coordinatore degli aiuti d'emergenza, i circa 200.000 civili intrappolati nella città hanno un disperato bisogno di acqua potabile, cibo, cure mediche e altri tipi di assistenza di primo soccorso e protezione;
    dall'inizio del conflitto sono state uccise oltre 10.000 persone (delle quali circa 4.700 civili) e 40.000 sono rimaste ferite (oltre 8.000 civili); tra le vittime si contano centinaia di donne e bambini; l'impatto umanitario sulla popolazione civile degli attuali scontri tra le diverse milizie, dei bombardamenti e dell'interruzione della fornitura dei servizi essenziali ha raggiunto proporzioni intollerabili;
    2 milioni di persone sono attualmente sfollate internamente ai confini a causa dei combattimenti; 2 milioni di bambini non hanno la possibilità di andare a scuola; 18,8 milioni di persone, tra cui 9,6 milioni di bambini, necessitano di assistenza umanitaria, compresi cibo, acqua, rifugio, carburante e servizi sanitari. Oltre a questo, circa 1500 bambini sono stati reclutati come soldati;
    secondo molteplici segnalazioni, gli attacchi aerei della coalizione militare a guida saudita nello Yemen hanno colpito bersagli civili, tra cui ospedali, scuole, mercati, magazzini cerealicoli, porti e un campo di sfollati, danneggiando gravemente infrastrutture essenziali per la fornitura degli aiuti e contribuendo alla grave carenza di generi alimentari e di carburante nel Paese;
    il 10 gennaio 2016 è stato bombardato nello Yemen settentrionale un ospedale finanziato da Medici senza frontiere e ciò ha provocato la morte di almeno sei persone e il ferimento di una dozzina, tra cui membri del personale di Medici senza frontiere, oltre a danneggiare gravemente le strutture mediche; questo è l'ultimo di una serie di attacchi ai danni di strutture mediche, nonché a numerosi monumenti storici e siti archeologici che sono stati distrutti o danneggiati irrimediabilmente;
    stando all'organizzazione Save the children, in almeno 18 dei 22 governatorati del Paese gli ospedali sono stati chiusi o gravemente danneggiati a causa dei combattimenti o della mancanza di carburante; in particolare, sono stati chiusi 153 centri sanitari che in precedenza fornivano nutrimento a oltre 450.000 bambini a rischio, insieme a 158 ambulatori che erogavano servizi di assistenza sanitaria di base a quasi mezzo milione di bambini al di sotto dei cinque anni;
    secondo l'Unicef, il conflitto nello Yemen ha avuto pesanti ricadute anche sull'accesso dei bambini all'istruzione, che ha smesso di funzionare per quasi 2 milioni di minori, con la chiusura di 3.584 scuole, ossia una su quattro; 860 di tali scuole sono danneggiate oppure sono utilizzate come rifugio per gli sfollati;
    la situazione nello Yemen comporta gravi rischi per la stabilità della regione, in particolare nel Corno d'Africa, nel Mar Rosso e nel resto del Medio Oriente; al-Qaeda nella penisola araba (Aqap) è riuscita a sfruttare il deterioramento della situazione politica e di sicurezza nello Yemen, espandendo la propria presenza e aumentando il numero e la portata dei propri attacchi terroristici; il cosiddetto Stato islamico Isis/Daesh ha consolidato la propria presenza nello Yemen e ha sferrato attacchi terroristici contro moschee sciite, uccidendo centinaia di persone;
    alcuni Stati membri dell'Unione europea hanno continuato ad autorizzare il trasferimento di armi e articoli correlati verso l'Arabia Saudita dopo l'inizio della guerra; tali trasferimenti violano la posizione comune 2008/944/PESC sul controllo delle esportazioni di armi, che esclude esplicitamente il rilascio di licenze relative ad armi da parte degli Stati membri, laddove vi sia il rischio evidente che la tecnologia o le attrezzature militari da esportare possano essere utilizzate per commettere gravi violazioni del diritto umanitario internazionale e per compromettere la pace, la sicurezza e la stabilità regionali;
    il 27 gennaio 2017 è stato trasmesso al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il «Rapporto finale del gruppo di esperti sullo Yemen» che evidenzia che «I bombardamenti aerei condotti dalla coalizione guidata dall'Arabia Saudita hanno devastato le infrastrutture civili in Yemen, ma non sono riuscite a scalfire la volontà politica dell'alleanza houthi-Saleh di continuare il conflitto». E soprattutto riporta che «Il conflitto ha visto diffuse violazioni del diritto umanitario internazionale da tutte le parti in conflitto. Il gruppo di esperti ha condotto indagini dettagliate su questi fatti ed ha motivi sufficienti per affermare che la coalizione guidata dall'Arabia Saudita non ha rispettato il diritto umanitario internazionale in almeno 10 attacchi aerei diretti su abitazioni, mercati, fabbriche e su un ospedale»;
    nel medesimo rapporto trasmesso al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si dimostra il ritrovamento, a seguito di due bombardamenti a Sana'a nel settembre 2016, di più di cinque «bombe inerti» sganciate dall'aviazione saudita contrassegnate dalla sigla «Commercial and Government entity (Cage) code A4447». Quest'ultima è riconducibile all'azienda Rwm Italia s.p.a. del gruppo tedesco Rheinmetall, con sede legale in Via Industriale 8/D a Ghedi, in provincia di Brescia. Secondo gli esperti delle Nazioni Unite «l'utilizzo di queste armi rivela una tattica precisa, volta a limitare i danni in aree in cui risulterebbero inaccettabili». Gli esperti spiegano inoltre che «una bomba inerte del tipo Mk 82 ha un impatto pari a quello di 56 veicoli da una tonnellata lanciati a una velocità di circa 160 chilometri all'ora» (si confrontino le pagine 171-172 del rapporto);
    secondo recenti notizie di stampa (riportate in particolare dall’Ansa e da Avvenire) e grazie alle informazioni trasmesse dall'organizzazione non governativa yemenita Mwatana è stato recuperato in Yemen un frammento di ordigno con sigla «A4447», che indica la provenienza dalla Rwm Italia. Il numero di matricola, trasmesso all'ufficio Ansa di Beirut, è stato rinvenuto a Der al Hajari, nella regione nordoccidentale di Hodeida, teatro di un attacco aereo condotto alle 3 di notte dell'8 ottobre 2016: almeno sei civili uccisi, tra cui 4 bambini;
    negli scorsi mesi sono stati esportati materiali di armamento per 257.215.484 euro (tra cui, in particolare, bombe Rwm MK82) verso l'Arabia Saudita, a capo della coalizione composta da Eau, Oman, Bahrain, Egitto, Qatar, Marocco, Kuwait. Come si evince nella relazione al Parlamento, ai sensi dell'articolo 5 della legge 9 luglio 1990, n. 185, nel solo 2016 l'Italia ha venduto armi all'Arabia Saudita per un valore di 427,5 milioni di euro, con un incremento del 66 per cento rispetto al 2015. All'Arabia Saudita sono stati venduti aeromobili, bombe, siluri, razzi, missili ed accessori, apparecchiature per la direzione del tiro, esplosivi e combustibili militari, apparecchiature elettroniche, apparecchiature specializzate per l'addestramento militare o per la simulazione di scenari militari, tecnologia per lo sviluppo, produzione o utilizzazione delle armi. Nello stesso anno 2016 ai Paesi del Medio Oriente l'Italia ha venduto armi per un valore di 8,5 miliardi di euro, pari a oltre il 50 per cento delle esportazioni italiane totali;
    nell'ultima relazione al Parlamento ex legge n. 185 del 1990, per l'anno 2016, depositata in Parlamento il 26 aprile 2017, si legge che Rwm Italia è salita al terzo posto per giro d'affari nel settore difesa in Italia. Dal 1o gennaio al 31 dicembre 2016 Rwm ha ottenuto 45 nuove autorizzazioni per l'esportazione di armamenti dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale italiano, per un totale di 489,5 milioni di euro: 460 milioni di euro in più rispetto al 2015, quando la società aveva ricevuto nuove autorizzazioni per 28 milioni di euro. La relazione del Governo italiano mette in evidenza in particolare una commessa di Rwm, per un totale di 411 milioni di euro, che riguarda l'esportazione di 19.675 bombe in totale (Mk 82, Mk 83 ed Mk 84). Non è però indicato il committente. Non si sa quindi verso quale Paese siano state esportate le bombe. Nella relazione finanziaria di Rheinmetall per l'anno 2016 si legge che c’è stato un ordine «molto significativo» di «munizioni» per 411 milioni di euro da parte di un «cliente della regione Mena (Medio Oriente e Nord Africa)». Di queste 19.675 bombe autorizzate nel 2016 (e di quelle relative ad altre licenze precedenti) ne sono già state effettivamente esportate solo nel 2016 circa 2.150 per controvalore di 32 milioni di euro;
    la risoluzione del Parlamento europeo del 25 febbraio 2016 sulla situazione umanitaria nello Yemen (2016/2515(RSP)) contiene, in particolare, l'invito «al VP/AR ad avviare un'iniziativa finalizzata all'imposizione da parte dell'Unione europea di un embargo sulle armi nei confronti dell'Arabia Saudita, tenuto conto delle gravi accuse di violazione del diritto umanitario internazionale da parte di tale Paese nello Yemen e del fatto che il continuo rilascio di licenze di vendita di armi all'Arabia Saudita violerebbe pertanto la posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio dell'8 dicembre 2008»;
    la risoluzione del Parlamento europeo del 15 giugno 2017 sulla situazione umanitaria nello Yemen (2017/2727(RSP)) richiama la precedente del 25 febbraio 2016 in merito alla proposta di embargo sulle armi e invita ad una soluzione negoziale del conflitto, riaffermando «la necessità che tutti gli Stati membri dell'Unione applichino rigorosamente le disposizioni sancite nella posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio sull'esportazione di armi»;
    il sito «Viaggiare sicuri» del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, a proposito dello Yemen, affermava fino ad alcuni mesi fa che «le condizioni umanitarie stanno divenendo insostenibili per larga parte della popolazione civile, come indicato nei report delle Nazioni Unite, che hanno documentato anche arresti arbitrari e violazioni del diritto umanitario da ambe le parti coinvolte nello scontro armato»,

impegna il Governo:

1) ad esprimere, in ogni consesso internazionale o sede di confronto con rappresentanti di Paesi stranieri:
  a) la profonda preoccupazione dell'Italia per l'allarmante deterioramento della situazione umanitaria nello Yemen, caratterizzata da una diffusa insicurezza alimentare e una grave malnutrizione in alcune parti del Paese, da attacchi indiscriminati contro civili, personale medico e operatori umanitari e dalla distruzione delle infrastrutture civili e mediche a causa del preesistente conflitto interno, dell'intensificarsi degli attacchi aerei ad opera della coalizione guidata dall'Arabia Saudita, dei combattimenti a terra e dei bombardamenti, nonostante i ripetuti appelli per una nuova cessazione delle ostilità;
  b) l'angoscia per la perdita di vite umane causata dal conflitto e per le sofferenze delle persone rimaste coinvolte negli scontri, esprimendo altresì il cordoglio dell'Italia alle famiglie delle vittime;
  c) l'impegno dell'Italia a continuare a sostenere lo Yemen e il popolo yemenita;
  d) la grave preoccupazione per gli attacchi aerei da parte della coalizione a guida saudita e il blocco de facto da essa imposto allo Yemen, che hanno causato la morte di migliaia di persone, hanno ulteriormente destabilizzato il Paese, stanno distruggendo le sue infrastrutture fisiche, hanno creato un'instabilità che è stata sfruttata dalle organizzazioni terroristiche ed estremiste, quali l'Isis/Daesh e l'Aqap, e hanno aggravato una situazione umanitaria già critica;
  e) la ferma condanna delle azioni destabilizzanti e violente condotte dai ribelli houthi, che sono sostenuti dall'Iran, compreso l'assedio della città di Ta'izz, che ha avuto, tra l'altro, conseguenze umanitarie disastrose per gli abitanti;
  f) il convincimento che soltanto una soluzione al conflitto politica, inclusiva e negoziata può ripristinare la pace, nonché l'esortazione a tutte le parti a impegnarsi quanto prima, in buona fede e senza condizioni preliminari, in un nuovo ciclo di negoziati di pace sotto l'egida delle Nazioni Unite, anche superando le loro divergenze attraverso il dialogo e le consultazioni, rifiutando gli atti di violenza finalizzati al raggiungimento di obiettivi politici e astenendosi da provocazioni e da tutte le azioni unilaterali volte a compromettere la soluzione politica;

2) a richiedere, in ogni consesso internazionale o sede di confronto con rappresentati di Paesi stranieri:
  a) un'azione umanitaria coordinata sotto la guida delle Nazioni Unite e la partecipazione di tutti i Paesi alle iniziative volte a far fronte alle esigenze umanitarie;
  b) a tutte le parti di consentire l'ingresso e la distribuzione di generi alimentari, farmaci e carburante di cui vi è un urgente bisogno nonché di altre forme di assistenza necessaria, tramite le Nazioni Unite e i canali umanitari internazionali, al fine di soddisfare le necessità impellenti dei civili colpiti dalla crisi, secondo i princìpi di imparzialità, neutralità e indipendenza;
  c) una tregua umanitaria affinché l'assistenza di primo soccorso possa essere fornita con urgenza alla popolazione yemenita, anche facilitando ulteriormente l'accesso delle navi mercantili allo Yemen;
  d) a tutte le parti di rispettare il diritto umanitario internazionale e il diritto internazionale in materia di diritti umani, di garantire la protezione dei civili e di astenersi dall'attaccare direttamente le infrastrutture civili, soprattutto le strutture sanitarie e gli impianti idrici;
  e) un'indagine imparziale e indipendente su tutte le accuse di abusi, torture, uccisioni mirate di civili e altre violazioni del diritto internazionale in materia di diritti umani e del diritto umanitario internazionale, come pure sui recenti attacchi che hanno preso di mira le infrastrutture e il personale umanitario;
  f) il rispetto dei diritti umani e delle libertà di tutti i cittadini yemeniti e l'importanza di migliorare la sicurezza di tutti coloro che lavorano per le missioni umanitarie e di pace nel Paese, compresi gli operatori umanitari i medici e i giornalisti;

3) ad assumere iniziative affinché tutte le parti coinvolte garantiscano che gli ospedali e il personale medico siano tutelati come previsto dal diritto umanitario internazionale, tenendo conto che un attacco deliberato contro i civili e le infrastrutture civili costituisce un crimine di guerra;

4) a chiedere nelle competenti sedi dell'Unione europea di promuovere con efficacia il rispetto del diritto umanitario internazionale, come stabilito nei pertinenti orientamenti dell'Unione europea, tenendo conto in particolare della necessità che l'Italia e l'Unione europea mettano in evidenza, nel proprio dialogo politico con l'Arabia Saudita, l'esigenza di rispettare il diritto umanitario internazionale e che, qualora tale dialogo risulti infruttuoso, occorre definire ulteriori misure in conformità degli orientamenti dell'Unione europea volti a promuovere l'osservanza del diritto umanitario internazionale;

5) ad assumere iniziative per bloccare l'esportazione di armi e articoli correlati prodotti in Italia o che transitino per l'Italia, destinati all'Arabia Saudita e a tutti i Paesi coinvolti nel conflitto armato in Yemen, tenuto conto delle gravi accuse di violazione del diritto umanitario internazionale da parte dell'Arabia Saudita nello Yemen, come prevedono recenti risoluzioni del Parlamento europeo, la normativa nazionale (legge n. 185 del 1990) e il Trattato internazionale sul commercio di armamenti;

6) ad avviare un'iniziativa finalizzata alla previsione da parte dell'Unione europea di un embargo sulle armi nei confronti dell'Arabia Saudita, tenuto conto che il continuo rilascio di licenze di vendita di armi all'Arabia Saudita violerebbe la posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio dell'8 dicembre 2008;

7) ad assumere iniziative affinché l'Arabia Saudita e l'Iran, Paesi che rappresentano la chiave di volta per risolvere la crisi, operino in modo pragmatico e in buona fede per porre fine ai combattimenti nello Yemen.
(1-01662)
«Marcon, Duranti, Marazziti, Sberna, Mattiello, Airaudo, Bossa, Brignone, Civati, Carlo Galli, Costantino, Lacquaniti, Daniele Farina, Fassina, Fossati, Martelli, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Melilla, Gregori, Andrea Maestri, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Piras, Pastorino, Pellegrino, Ricciatti, Placido, Zaccagnini».
(12 luglio 2017)

   La Camera,
   premesso che:
    già con la risoluzione n. 7-00677 dell'8 maggio 2015 – non discussa – il gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle della Camera dei deputati poneva il problema della gravissima situazione nello Yemen e del «contributo» italiano a quel conflitto tramite l'invio di bombe prodotte da stabilimenti ubicati sul territorio nazionale; peraltro, su questo argomento, o a esso afferente, sono stati anche depositati svariati atti sia di sindacato ispettivo che di indirizzo (tra gli altri: 5-09723; 3-02546; 3-01874; 7-00677; 7-01043; 4-11199; 3-02584; 5-08939);
    il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato più risoluzioni sullo Yemen, in particolare le risoluzioni 2216 (2015), 2201 (2015) e 2140 (2014), ma nessuna di queste ha contribuito all'abbassamento della violenza e a una soluzione equa e negoziata del conflitto;
    il processo di transizione sostenuto a livello internazionale nello Yemen ha iniziato a mostrare tutta la sua fragilità a partire dal settembre 2014 quando gli houthi, guidati da Abdul-Malik al-Houthi, sono entrati nella capitale Sana'a, capitalizzando le proteste e la rabbia diffusa dopo l'annuncio del Governo di un forte aumento dei prezzi del carburante, accrescendo il loro sostegno anche in aree non sciite grazie all'aver fatto propri i temi che avevano animato le rivolte contro Saleh nel 2011 (lotta alla corruzione delle vecchie élite di regime e ad al-Qaeda) e costringendo il Primo ministro Salem Basindwa alle dimissioni. Il rafforzamento degli houthi nel nord del Paese e la rapida presa della capitale sono state possibili anche grazie all'allineamento tattico con tribù, comandanti militari e alcune unità d’élite della Guardia repubblicana rimaste fedeli all'ex Presidente Saleh e contro nemici comuni, come il partito islamista sunnita Islah, i salafiti e la potente famiglia tribale degli Al-Ahmar;
    l'intervento militare a guida saudita nello Yemen, richiesto dal Presidente yemenita Abd Rabbuh Mansur Hadi, compreso l'uso di bombe a grappolo bandite a livello internazionale, ha portato alla drammatica attuale situazione umanitaria. L’escalation del conflitto, con la partecipazione diretta di potenze regionali, costituisce una minaccia per la pace e la sicurezza a livello internazionale. La stessa attuale crisi tra il mondo sunnita e il Qatar – che pur faceva parte della coalizione anti houthi – è segnata da evidenti approcci diversi tra Doha e Riad su come risolvere il conflitto;
    i ribelli houthi hanno in passato posto sotto assedio la città di Ta'izz, la terza città dello Yemen, ostacolando la fornitura di aiuti umanitari; una situazione per cui secondo Stephen O'Brien, Sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari e coordinatore degli aiuti d'emergenza, i circa 200.000 civili intrappolati nella città hanno un disperato bisogno di acqua potabile, cibo, cure mediche e altri tipi di assistenza di primo soccorso e protezione;
    dall'inizio del conflitto sono state uccise oltre 10.000 persone (delle quali circa 4.700 civili) e 40.000 sono rimaste ferite (oltre 8.000 civili); tra le vittime si contano centinaia di donne e bambini; l'impatto umanitario sulla popolazione civile degli attuali scontri tra le diverse milizie, dei bombardamenti e dell'interruzione della fornitura dei servizi essenziali ha raggiunto proporzioni intollerabili;
    2 milioni di persone sono attualmente sfollate internamente ai confini a causa dei combattimenti; 2 milioni di bambini non hanno la possibilità di andare a scuola; 18,8 milioni di persone, tra cui 9,6 milioni di bambini, necessitano di assistenza umanitaria, compresi cibo, acqua, rifugio, carburante e servizi sanitari. Oltre a questo, circa 1500 bambini sono stati reclutati come soldati;
    gli attacchi aerei della coalizione militare a guida saudita nello Yemen hanno più volte colpito bersagli civili, tra cui ospedali, scuole, mercati, magazzini cerealicoli, porti e un campo di sfollati, danneggiando gravemente infrastrutture essenziali per la fornitura degli aiuti e contribuendo alla grave carenza di generi alimentari e di carburante nel Paese;
    il 10 gennaio 2016 è stato bombardato nello Yemen settentrionale un ospedale gestito da Medici senza frontiere e ciò ha provocato la morte di almeno sei persone e il ferimento di una dozzina, tra cui membri del personale dello stessa organizzazione Medici senza frontiere, oltre a danneggiare gravemente le strutture mediche; questo è l'ultimo di una serie di attacchi ai danni di strutture mediche, nonché a numerosi monumenti storici e siti archeologici che sono stati distrutti o danneggiati irrimediabilmente;
    stando all'organizzazione Save the children, in almeno 18 dei 22 governatorati del Paese gli ospedali sono stati chiusi o gravemente danneggiati a causa dei combattimenti o della mancanza di carburante; in particolare, sono stati chiusi 153 centri sanitari che in precedenza fornivano nutrimento a oltre 450.000 bambini a rischio, insieme a 158 ambulatori che erogavano servizi di assistenza sanitaria di base a quasi mezzo milione di bambini al di sotto dei cinque anni;
    secondo l'Unicef, il conflitto nello Yemen ha avuto pesanti ricadute anche sull'accesso dei bambini all'istruzione, che ha smesso di funzionare per quasi 2 milioni di minori, con la chiusura di 3.584 scuole, ossia una su quattro; 860 di tali scuole sono danneggiate oppure sono utilizzate come rifugio per gli sfollati;
    la situazione nello Yemen comporta gravi rischi per la stabilità della regione, in particolare nel Corno d'Africa, nel Mar Rosso e nel resto del Medio Oriente; al-Qaeda nella penisola araba (Aqap) è riuscita a sfruttare il deterioramento della situazione politica e di sicurezza nello Yemen, espandendo la propria presenza e aumentando il numero e la portata dei propri attacchi terroristici; il cosiddetto Stato islamico Isis/Daesh ha consolidato la propria presenza nello Yemen e ha sferrato attacchi terroristici contro moschee sciite, uccidendo centinaia di persone;
    alcuni Stati membri dell'Unione europea hanno continuato ad autorizzare il trasferimento di armi e articoli correlati verso l'Arabia Saudita dopo l'inizio della guerra; tali trasferimenti violano la posizione comune 2008/944/PESC sul controllo delle esportazioni di armi, che esclude esplicitamente il rilascio di licenze relative ad armi da parte degli Stati membri, laddove vi sia il rischio evidente che la tecnologia o le attrezzature militari da esportare possano essere utilizzate per commettere gravi violazioni del diritto umanitario internazionale e per compromettere la pace, la sicurezza e la stabilità regionali;
    il 27 gennaio 2017 è stato trasmesso al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il «Rapporto finale del gruppo di esperti sullo Yemen» che evidenzia che «I bombardamenti aerei condotti dalla coalizione guidata dall'Arabia Saudita hanno devastato le infrastrutture civili in Yemen, ma non sono riuscite a scalfire la volontà politica dell'alleanza houthi-Saleh di continuare il conflitto». E soprattutto riporta che «Il conflitto ha visto diffuse violazioni del diritto umanitario internazionale da tutte le parti in conflitto. Il gruppo di esperti ha condotto indagini dettagliate su questi fatti ed ha motivi sufficienti per affermare che la coalizione guidata dall'Arabia Saudita non ha rispettato il diritto umanitario internazionale in almeno 10 attacchi aerei diretti su abitazioni, mercati, fabbriche e su un ospedale»;
    nel medesimo rapporto trasmesso al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si dimostra il ritrovamento, a seguito di due bombardamenti a Sana'a nel settembre 2016, di più di cinque «bombe inerti» sganciate dall'aviazione saudita contrassegnate dalla sigla «Commercial and Government entity (Cage) code A4447». Quest'ultima è riconducibile all'azienda Rwm Italia s.p.a., costola del gruppo tedesco Rheinmetall defence, colosso tedesco degli armamenti, con sede legale in via Industriale 8/D a Ghedi, in provincia di Brescia (mentre nella località di Domusnovas dal 2010 si trova la sede operativa dello stabilimento della Rwm Italia, fabbrica di bombe);
    secondo gli esperti delle Nazioni Unite «l'utilizzo di queste armi rivela una tattica precisa, volta a limitare i danni in aree in cui risulterebbero inaccettabili». Gli esperti spiegano inoltre che «una bomba inerte del tipo Mk 82 ha un impatto pari a quello di 56 veicoli da una tonnellata lanciati a una velocità di circa 160 chilometri all'ora» (si confrontino le pagine 171-172 del rapporto);
    secondo recenti notizie di stampa (riportate in particolare dall'agenzia Ansa e dal quotidiano Avvenire) e grazie alle informazioni trasmesse dall'organizzazione non governativa yemenita Mwatana è stato recuperato in Yemen un frammento di ordigno con sigla «A4447», che indica la provenienza dalla Rwm Italia. Il numero di matricola, trasmesso all'ufficio Ansa di Beirut, è stato rinvenuto a Der al Hajari, nella regione nord-occidentale di Hodeida, teatro di un attacco aereo condotto alle 3 di notte dell'8 ottobre 2016: almeno sei civili uccisi, tra cui 4 bambini;
    negli scorsi mesi sono stati esportati materiali di armamento per 257.215.484 euro (tra cui, in particolare, bombe Rwm MK82) verso l'Arabia Saudita, a capo della coalizione composta da EAU, Oman, Bahrain, Egitto, Qatar, Marocco, Kuwait. Come si evince nella relazione al Parlamento ai sensi dell'articolo 5 della legge 9 luglio 1990, n. 185, nel solo 2016 l'Italia ha venduto armi all'Arabia Saudita per un valore di 427,5 milioni di euro, con un incremento del 66 per cento rispetto al 2015. All'Arabia Saudita sono stati venduti aeromobili, bombe, siluri, razzi, missili ed accessori, apparecchiature per la direzione del tiro, esplosivi e combustibili militari, apparecchiature elettroniche, apparecchiature specializzate per l'addestramento militare o per la simulazione di scenari militari, tecnologia per lo sviluppo, produzione o utilizzazione delle armi. Nello stesso 2016 ai Paesi del Medio Oriente l'Italia ha venduto armi per un valore di 8,5 miliardi di euro, pari a oltre il 50 per cento delle esportazioni italiane totali;
    secondo l'ultima relazione al Parlamento ex legge n. 185 del 1990 per l'anno 2016, depositata in Parlamento il 26 aprile 2017, si legge che Rwm Italia è salita al terzo posto per giro d'affari nel settore difesa in Italia. Dal 1o gennaio al 31 dicembre 2016 Rwm ha ottenuto 45 nuove autorizzazioni per l'esportazione di armamenti dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale italiano, per un totale di 489,5 milioni di euro: 460 milioni di euro in più rispetto al 2015, quando la società aveva ricevuto nuove autorizzazioni per 28 milioni di euro. La relazione del Governo italiano mette in evidenza in particolare una commessa di Rwm, per un totale di 411 milioni di euro, che riguarda l'esportazione di 19.675 bombe in totale (Mk 82, Mk 83 ed Mk 84). Non è però indicato il committente. Non sappiamo quindi verso quale Paese siano state esportate le bombe. Nella relazione finanziaria di Rheinmetall per l'anno 2016 si legge che c’è stato un ordine «molto significativo» di «munizioni» per 411 milioni di euro da parte di un «cliente della regione Mena (Medio-Oriente e Nord Africa)». Di queste 19.675 bombe autorizzate nel 2016 (e di quelle relative a altre licenze precedenti) ne sono già state effettivamente esportate solo nel 2016 circa 2.150, per un controvalore di 32 milioni di euro;
    la risoluzione del Parlamento Europeo del 25 febbraio 2016 sulla situazione umanitaria nello Yemen (2016/2515(RSP) contiene in particolare l'invito «al VP/AR ad avviare un'iniziativa finalizzata all'imposizione da parte dell'Unione europea di un embargo sulle armi nei confronti dell'Arabia Saudita, tenuto conto delle gravi accuse di violazione del diritto umanitario internazionale da parte di tale Paese nello Yemen e del fatto che il continuo rilascio di licenze di vendita di armi all'Arabia Saudita violerebbe pertanto la posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio dell'8 dicembre 2008»;
    la risoluzione del Parlamento europeo del 15 giugno 2017 sulla situazione umanitaria nello Yemen (2017/2727(RSP)) richiama la precedente del 25 febbraio 2016 in merito alla proposta di embargo sulle armi e invita ad una soluzione negoziale del conflitto, riaffermando «la necessità che tutti gli Stati membri dell'Unione europea applichino rigorosamente le disposizioni sancite nella posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio sull'esportazione di armi»;
    il sito «Viaggiare sicuri» del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, a proposito dello Yemen, affermava fino a alcuni mesi fa che «le condizioni umanitarie stanno divenendo insostenibili per larga parte della popolazione civile, come indicato nei report delle Nazioni Unite, che hanno documentato anche arresti arbitrari e violazioni del diritto umanitario da ambe le parti coinvolte nello scontro armato»,

impegna il Governo:

1) a chiedere alle forze belligeranti l'immediato cessate il fuoco e l'interruzione di ogni iniziativa militare nello Yemen;

2) ad assumere iniziative per impedire, con tutti gli strumenti disponibili, il transito di armi e materiale bellico verso lo Yemen in porti, aeroporti, stazioni ferroviarie, acque territoriali e spazio aereo italiani, da qualsiasi parte essi provengano;

3) a rendere disponibili i dati relativi a quante e quali armi usate in questo momento dall'Arabia Saudita nei suoi feroci bombardamenti sullo Yemen (Paese sovrano) siano di provenienza italiana;

4) ad adoperarsi, di concerto con la comunità internazionale, per:
  a) la convocazione di una conferenza internazionale di pace, per giungere a una soluzione politica inclusiva nello Yemen, affinché si possa riprendere al più presto la via della democratizzazione e prevenire un'ulteriore diffusione del terrorismo;
  b) l'avvio di un'iniziativa umanitaria sotto la guida delle Nazioni Unite tesa a portare soccorso e sostegno alla popolazione civile;
  c) l'avvio di un'inchiesta internazionale sui crimini di guerra contro le infrastrutture civili e sulle responsabilità degli attacchi agli ospedali e al personale medico e di soccorso;

5) ad assumere iniziative per dare seguito alle richiamate risoluzioni del Parlamento europeo bloccando l'esportazione di armi e articoli correlati prodotti in Italia o che transitino per l'Italia, destinati all'Arabia Saudita e a tutti i Paesi coinvolti nel conflitto armato in Yemen, tenuto conto delle gravi accuse di violazione del diritto umanitario internazionale da parte dell'Arabia Saudita nello Yemen in conformità alle recenti risoluzioni del Parlamento europeo, alla normativa nazionale (legge n. 185 del 1990) e al Trattato internazionale sul commercio di armamenti;

6) ad assumere questa posizione anche in assenza di una formale dichiarazione di embargo sulle armi da parte delle organizzazioni internazionali;

7) ad avviare un'iniziativa finalizzata alla previsione da parte dell'Unione europea di un embargo sulle armi nei confronti dell'Arabia Saudita, tenuto conto che il continuo rilascio di licenze di vendita di armi all'Arabia Saudita violerebbe la posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio dell'8 dicembre 2008;

8) ad assumere le iniziative per favorire e supportare la riconversione in produzioni civili delle attività delle aziende attualmente interessate alla produzione di armi destinate al conflitto con lo Yemen o comunque a Paesi in guerra, anche attraverso l'istituzione di un fondo ad hoc e il rifinanziamento degli incentivi per la ristrutturazione e la riconversione dell'industria bellica e la riconversione produttiva nel campo civile e duale, destinati alle imprese che operano nel settore della produzione di materiali di armamento ai sensi dell'articolo 6, commi 7, 8, 8-bis e 9, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993 n. 237.
(1-01663)
«Corda, Frusone, Scagliusi, Basilio, Manlio Di Stefano, Del Grosso, Rizzo, Grande, Paolo Bernini, Di Battista, Tofalo, Spadoni».
(13 luglio 2017)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI DISLOCAZIONE, TRASPORTO E ACQUISIZIONE DI ARMI NUCLEARI IN ITALIA

   La Camera,
   premesso che:
    il Trattato di non proliferazione nucleare sancisce l'obbligo per l'Italia di non ospitare ordigni nucleari e, per gli Stati nucleari, di non dispiegare tali armamenti al di fuori del proprio territorio; nello specifico, l'articolo 1 recita: «Ciascuno degli Stati militarmente nucleari, che sia Parte del Trattato, si impegna a non trasferire a chicchessia armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi, ovvero il controllo su tali armi e congegni esplosivi, direttamente o indirettamente; si impegna inoltre a non assistere, né incoraggiare, né spingere in alcun modo uno Stato militarmente non nucleare a produrre o altrimenti procurarsi armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi, ovvero il controllo su tali armi o congegni esplosivi»;
    secondo quanto affermato dall'Istituto affari internazionali nel documento «Il dibattito sulle armi nucleari tattiche in Italia», nonostante l'esplicito impegno a «creare le condizioni per un mondo senza armi nucleari», il nuovo concetto strategico della Nato, adottato a Lisbona il 19 novembre 2010, ribadisce che «fintanto che ci sono armi nucleari nel mondo, la Nato rimarrà una Alleanza nucleare». Ultimo caso di dispiegamento avanzato (forward deployment), cinque Paesi dell'Alleanza atlantica – Belgio, Germania, Italia, Olanda e Turchia – continuano ad ospitare armi nucleari tattiche (Ant) statunitensi all'interno dei propri confini. Il tipo di arma nucleare a disposizione della Nato attualmente ospitata sul territorio europeo è la bomba B-61, che è comunemente classificata come tattica. Attualmente sono in servizio le versioni B61-3, B61-4 e B61-10, costruite tra il 1979 e il 1989, con varie opzioni di potenza da 0,3 a 170 chilotoni. Le bombe possono essere trasportate dagli aerei statunitensi F-15E e F-16C/D e dagli aerei delle forze europee come gli F-16 belgi, olandesi, turchi e i Tornado italiani e tedeschi. Le bombe sono custodite sotto il controllo americano dagli US munitions support squadrons (Munss);
    svariati organi di stampa parlano di atomiche americane presenti in Italia nelle basi di Aviano e Ghedi, di esercitazioni svoltesi nelle stesse per valutare la sicurezza delle armi nucleari e di addestramento specifico rivolto al personale militare per fronteggiare emergenze di carattere nucleare in caso di incidenti con queste stesse armi;
    i siti internet ufficiali dell'Aeronautica militare statunitense affermano che, nella base di Aviano, esistono apparecchiature specifiche per il controllo e la manutenzione di questo genere di armamenti;
    anche nel bilancio 2018 dell'Usaf si stanziano fondi per l'F-35A dca (dual capable aircraft) con capacità nucleare. In particolare, nel bilancio di ricerca e sviluppo 2018 per la Us Air force in discussione in questi giorni al Congresso statunitense sono previsti fondi aggiuntivi per lo sviluppo della versione dca dell'F-35A lightining II. La versione dca è previsto possa portare nella stiva interna due bombe nucleari B61-12;
    il programma di sviluppo del velivolo dca (identificato nel bilancio Usaf con il numero 676011) è iniziato nell'anno fiscale 2014 e si concluderà verosimilmente nell'anno fiscale 2025;
    per il 2018 l'Usaf chiede uno stanziamento di 27,731 milioni di dollari, in aumento rispetto allo stanziamento 2017 di 25,743 milioni. Il trend della spesa per questa specifica versione dell'F-35A segnala ulteriori aumenti nei prossimi anni fino a toccare i 50,433 milioni dell'esercizio fiscale 2021, ultimo anno per il quale sono pubblicate le proiezioni, per un totale complessivo presunto di circa 250 milioni di dollari;
    questa spesa sarà sostenuta, oltre che dagli Stati Uniti, anche dai Paesi partner del programma F-35 che si doteranno di questa specifica versione. Tra questi vi sono certamente l'Italia, i Paesi Bassi e la Turchia. La Gran Bretagna non è coinvolta, avendo finora acquisito soltanto la versione b del velivolo priva di capacità dca. Ugualmente fuori dal programma nucleare è la Germania che non partecipa al programma F-35;
    come affermato dalla Corte internazionale di giustizia, mantenere una minaccia nucleare nei confronti di altri Paesi è un illecito e per di più le armi nucleari in territorio italiano rappresentano un pericolo per la salute e la vita di chi vive nei pressi di una installazione nucleare militare;
    in una risposta all'interrogazione n. 4-01188 della deputata Basilio del MoVimento 5 Stelle, il Ministro della difesa pro tempore, senatore Mauro, affermava che: «Anche l'Alleanza Atlantica ha aggiornato periodicamente la propria politica di difesa, inclusa la componente nucleare. Il processo di revisione è iniziato nel 2010 a Lisbona e ha portato all'approvazione, nel 2012, della Revisione della difesa e della deterrenza dell'Alleanza Atlantica (Defence and deterrence posture reviewDdpr), la quale delinea il mix ottimale (“appropriate mix”) di forze nucleari, convenzionali e di difesa missilistica necessarie per garantire la sicurezza e la difesa dell'Alleanza e per perseguire gli impegni annunciati nel nuovo concetto strategico relativi alla difesa collettiva, alla gestione delle crisi e alla sicurezza cooperativa. La Defence and deterrence posture review, nel ribadire che finché esisteranno armi nucleari la deterrenza nucleare, rappresenterà un elemento indispensabile per la sicurezza dell'Alleanza e dei suoi Stati membri»;
    nella stessa risposta all'interrogazione il Ministro della difesa pro tempore affermava, tra l'altro: «Con riferimento alla questione della presenza di armi nucleari in Europa, si fa rilevare che l'Alleanza, pur mantenendo un atteggiamento assolutamente trasparente sulla propria strategia nucleare e sulla natura del proprio dispositivo in Europa, non può agire, tuttavia, a discapito della sicurezza di questo dispositivo e della riservatezza che è indispensabile avere in relazione ai siti, alla loro dislocazione, ai quantitativi e alla tipologia di armamento in essi contenuti. Una riservatezza che non può essere violata unilateralmente da un singolo Paese dell'Alleanza, perché la deterrenza nucleare è un bene ed un onere collettivo che lega collegialmente tutti i Paesi alleati. La tipologia e la qualità delle informazioni rilasciabili sugli armamenti nucleari è, quindi, una decisione politica collettiva ed unanime degli alleati, cui nessun Paese può sottrarsi, pena la violazione del patto di alleanza liberamente sottoscritto e del vincolo di riservatezza che da esso ne discende». Questa affermazione appare, secondo gli interroganti, in contrasto però con il fatto che la presenza di armi nucleari tattiche nelle basi militari di Ghedi ed Aviano è stata resa nota unilateralmente evidentemente dal Congresso degli Stati Uniti d'America. Senatori e deputati degli Usa, nonché semplici cittadini attraverso il Freedom of information act, evidentemente, godono di un potere di conoscenza superiore a quello degli altri Paesi membri;
    la legge 9 luglio 1990, n. 185, vieta espressamente la fabbricazione, l'importazione, di armi biologiche, chimiche e nucleari, nonché la ricerca preordinata alla loro produzione o la cessione della relativa tecnologia;
    il divieto di cui alla legge 9 luglio 1990, n. 185, si applica anche agli strumenti e alle tecnologie specificamente progettate per la costruzione delle suddette armi;
    l'Italia ha da sempre dichiarato di non far parte del «club atomico» con tutti gli obblighi internazionali che ne derivano;
    per ben due volte il popolo italiano ha rifiutato, con due referendum, l'opzione nucleare, anche solo per fini civili,

impegna il Governo:

1) a relazionare al Parlamento sulla presenza in Italia di armi nucleari, sulla loro dislocazione e sulla potenza, non facendosi più «paravento» di un vincolo atlantico alla riservatezza inesistente per i cittadini ed i parlamentari Usa;

2) a dichiarare l'indisponibilità dell'Italia ad utilizzare armi nucleari escludendo l'acquisizione, per i propri sistemi d'arma, di tecnologie in grado di rendere gli stessi atti all'impiego di armi nucleari;

3) a non procedere all'ammodernamento degli aerei Tornado attualmente abilitati al trasporto di bombe nucleari per renderli idonei all'impiego delle bombe nucleari B61-12 di prevista prossima introduzione nell'arsenale statunitense;

4) a non acquisire le componenti software e hardware necessarie per rendere gli aerei F-35 eventualmente destinati all'Aeronautica militare idonei al trasporto di armi nucleari;

5) ad assumere iniziative per prevedere il divieto di attracco in porti e moli nazionali di navi o sommergibili, anche di Paesi alleati, che abbiano a bordo armi nucleari.
(1-01081)
(Nuova formulazione) «Basilio, Frusone, Corda, Rizzo, Tofalo, Paolo Bernini, D'Incà, Sorial, Cozzolino, Crippa, Del Grosso, Brugnerotto, Pesco, Agostinelli, Alberti, Baroni, Battelli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Businarolo, Busto, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colletti, Colonnese, Cominardi, Da Villa, Dadone, Daga, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, De Rosa, Della Valle, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Di Vita, Dieni, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Gagnarli, Gallinella, Luigi Gallo, Silvia Giordano, Grande, Grillo, L'Abbate, Liuzzi, Lombardi, Lorefice, Lupo, Mannino, Mantero, Marzana, Micillo, Nesci, Nuti, Parentela, Petraroli, Pisano, Paolo Nicolò Romano, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Sibilia, Spadoni, Spessotto, Terzoni, Toninelli, Tripiedi, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Villarosa, Zolezzi».
(16 dicembre 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    le armi nucleari mettono in pericolo la sopravvivenza della specie umana e del Pianeta, un rischio tutt'altro che remoto in un mondo non pacificato;
    tra pochi giorni, il 6 agosto, ricorrerà l'anniversario dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki e, nonostante la conoscenza di quanto accaduto e le minacce continue della Corea del Nord e del terrorismo internazionale, i Governi del mondo e soprattutto quelli delle potenze nucleari non sono pervasi dalla consapevolezza che è arrivato il momento di perseverare con determinazione nel bandire le armi nucleari;
    già dal 1968 l'articolo VI del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (TNP), ratificato dal nostro Paese nel 1975, impegna ciascuna parte a perseguire in buona fede negoziati per definire nel più breve tempo possibile misure effettive che conducano alla cessazione della corsa agli armamenti nucleari e quindi al disarmo nucleare;
    ciascuno degli Stati militarmente non nucleari che hanno sottoscritto il TNP «si impegna a non ricevere da chicchessia armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi», ma l'Italia, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo in contrasto con tale impegno e con l'articolo 26 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 23 maggio del 1969, ratificata nel 1974 ed entrata in vigore nel 1980, continua a mettere a disposizione il proprio territorio per l'installazione, il transito, la detenzione e l'uso di armi nucleari;
    ciò avviene in base all'accordo Nato di condivisione nucleare «Nuclear sharing agreements» che prevede una serie di impegni di condivisione di strutture ed infrastrutture: oltre allo stoccaggio delle bombe, che sono sotto il controllo degli Stati Uniti, è previsto l'addestramento di piloti italiani per il possibile uso delle armi e la partecipazione italiana alle riunioni del Nuclear Planning Group della Nato;
    l'Italia è la nazione con il più alto numero di ordigni nucleari Usa stoccati sul suolo europeo: secondo i dati della Federation of American Scientists, ad Aviano e a Ghedi sono stoccate settanta delle centottanta bombe presenti in Europa e il nostro è l'unico Paese in Europa con due basi nucleari: quella dell'Aeronautica militare di Ghedi e quella statunitense di Aviano (Pordenone);
    è noto da tempo, che il Pentagono ha stanziato ingenti risorse per ammodernare il proprio arsenale di bombe atomiche, comprese quelle depositate nelle basi all'estero o in quelle di Paesi alleati. In questo contesto, le bombe atomiche stoccate in Italia saranno presto sostituite dalle nuove bombe B61-12;
    su questo arsenale nucleare il Governo italiano ha sempre rifiutato di fornire informazioni. Le poche informazioni di cui si dispone provengono in gran parte dai rapporti delle ispezioni sulla sicurezza degli arsenali nucleari, rilasciati dal Pentagono, che possono indicare se ci sono stati problemi con il personale che maneggia gli armamenti nucleari, se ce ne sono stati con l'equipaggiamento tecnico o con altri aspetti dello stoccaggio delle armi;
    è di pochi giorni fa, tuttavia, la notizia che, per effetto di una decisione della US Air Force e del Joint Chiefs of Staff, gli USA hanno deciso di secretare anche tali report, rendendo impossibile l'accesso anche a queste informazioni minime, per sapere se le bombe di Aviano e a Ghedi hanno falle di sicurezza, emerse grazie alle ispezioni ufficiali dello stesso Governo americano;
    l'accesso a queste informazioni non ha mai comportato un rischio, dal momento che i report non contengono dati classificati, e ora che si parla dell'arrivo in Italia della nuova bomba termonucleare B61-12, che ha il sistema di puntamento digitale, compatibile con i sistemi elettronici dell'F35-A, l'esigenza di un controllo minimamente efficace di questi armamenti è più cruciale che mai;
    l'Italia partecipa, altresì, al progetto per la realizzazione del Joint Strike Fighter (F-35), cacciabombardiere capace di trasportare anche ordigni nucleari con caratteristiche stealth e net-centriche. Ciascun velivolo F-35 potrà trasportare due bombe nucleari di tipo B61-12;
    l'Assemblea generale delle Nazioni Unite, approvando il 23 dicembre 2016 la risoluzione n. 41, ha avviato un nuovo percorso per attuare l'obiettivo del Trattato di non proliferazione (TNP), mediante la predisposizione di strumenti giuridicamente vincolanti per la proibizione delle armi nucleari;
    il 7 luglio 2017 l'Assemblea generale dell'ONU ha approvato il Trattato per il bando definitivo delle armi nucleari, sotto la pressione della società civile internazionale, che ha preso parte attivamente ai negoziati, diventando l'agente determinante per il raggiungimento di questo obiettivo;
    a favore hanno votato 122 Paesi, ma purtroppo tra questi non c’è l'Italia, che non ha partecipato al voto. A pesare molto fortemente è stata l'assenza ai negoziati delle maggiori potenze nucleari (USA, Russia, Francia), nonché dei Paesi aderenti alla NATO. L'Italia, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, si è di fatto adeguata al volere degli altri Paesi, soprattutto degli Stati Uniti e della NATO;
    nonostante il ruolo dell'ONU in materia nucleare sia stato sovrastato dall'unilateralismo, dalla Nato e dall'instabile gioco delle grandi potenze, il Trattato per il bando definitivo delle armi nucleari è un passo importante in avanti per il rilancio dell'azione di disarmo e l'adozione di misure efficaci. Per tali ragioni serve che anche l'Italia lo sottoscriva e lo ratifichi, consentendo al Trattato di entrare in vigore al raggiungimento della cinquantesima ratifica,

impegna il Governo:

1) ad assumere le iniziative di competenza per sottoscrivere e ratificare, dopo la data del 20 settembre 2017, quando inizierà il processo di ratifica, il Trattato dell'ONU per la messa al bando delle armi nucleari, anche al fine di garantire la sua effettiva entrata in vigore che avverrà solo dopo la ratifica da parte di 50 Paesi;

2) ad attivarsi presso la Nato e gli Stati Uniti, anche nel rispetto dell'impegno a non ospitare armi nucleari assunto con il Trattato di non proliferazione delle armi nucleari, incluso il divieto di installazione, transito, detenzione e uso di armi nucleari, per chiedere un'immediata rimozione di qualsiasi ordigno nucleare presente sul territorio italiano, liberando gli italiani dalla minaccia che essi rappresentano;

3) ad assumere iniziative per opporsi alla decisione degli USA di secretare i report delle ispezioni sulla sicurezza degli arsenali nucleari in Italia che renderebbe impossibile per l'opinione pubblica avere accesso a informazioni minime sulla sicurezza della popolazione che abita vicino alle basi e dell'Italia;

4) a non procedere all'acquisizione dei componenti hardware e software necessari per equipaggiare le varie versioni del velivolo F-35 delle capacità necessarie per trasportare e sganciare armi nucleari del tipo B61-12, il cui schieramento operativo sul territorio europeo è previsto a partire dalla fine del presente decennio nell'ambito dei programmi di condivisione nucleare dell'Alleanza Atlantica;

5) a promuovere in tempi rapidi un'attenta ridefinizione del modello di difesa italiano sulla base del dettato costituzionale e della politica estera italiana, affermando un ruolo centrale per la politica europea e sostenendo il ruolo di peacekeeping per le Forze armate;

6) a subordinare qualsiasi decisione sui sistemi d'arma da acquisire alla definizione del modello di difesa.
(1-01673)
«Marcon, Airaudo, Brignone, Civati, Costantino, Daniele Farina, Fassina, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Gregori, Andrea Maestri, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pastorino, Pellegrino, Placido».
(24 luglio 2017)

   La Camera,
   premesso che:
    la situazione internazionale non accenna a migliorare, continuando piuttosto a caratterizzarsi per la numerosità e complessità dei teatri di crisi, su molti dei quali le maggiori potenze mondiali e regionali si misurano attraverso vere e proprie forme di guerra per procura;
    dal 1945 ad oggi, le armi nucleari hanno contribuito a mantenere la pace tra le maggiori potenze del pianeta, anche se costituisce motivo di preoccupazioni crescenti l'interesse dimostrato nei confronti della loro acquisizione da parte di Paesi che spesso non condividono la medesima cultura e razionalità strategica occidentale;
    le ragioni di fondo che indussero l'Alleanza Atlantica a poggiare la propria strategia di mantenimento della pace sul possesso e la disponibilità ad usare le armi nucleari degli Stati Uniti non sono ancora venute meno. La proliferazione delle armi di distruzione di massa sembra anzi aggiungerne di nuove;
    furono gli europei ad esigere a suo tempo lo stazionamento nel nostro Continente delle armi nucleari americane e non gli Stati Uniti ad imporlo;
    l'intenzione annunciata dal Presidente americano Donald Trump di riorientare la Nato in modo tale da renderne più agevole l'impiego a sud e sud-est dell'Europa, non necessariamente contro la Federazione Russa, ma, anzi, anche in collaborazione con la Russia, offre ulteriori incentivi al mantenimento delle armi nucleari americane nel nostro Continente;
    dubbi concernenti la presunta diminuzione dell'interesse degli Stati Uniti alla sicurezza europea hanno già provocato in Germania l'apertura di un dibattito sull'opportunità che la stessa Repubblica federale tedesca si doti di un proprio deterrente nucleare nazionale;
    esiste quindi il rischio potenziale che il ritiro delle armi nucleari americane dall'Europa provochi una corsa al riarmo nucleare anche fra alleati europei della Nato, dalle conseguenze politiche e strategiche imprevedibili ma sicuramente dannose per la coesione complessiva dell'Occidente;
    in seguito alla «Brexit», il nostro Paese si trova oggi a disporre di una posizione geopolitica che potrebbe permettergli di assumere un ruolo di mediazione tra gli Stati Uniti e la Germania, ed in senso più ampio l'Unione europea, tra i quali sta emergendo un'evidente contrapposizione di interessi e visioni;
    il deteriorarsi delle condizioni di sicurezza in Estremo Oriente potrebbe spingere anche il Giappone a riconsiderare la propria opzione contraria all'acquisizione delle armi nucleari;
    in assenza dell’«ombrello» nucleare americano anche l'Italia sarebbe chiamata ad effettuare nuove ed impegnative scelte sul piano della propria politica di sicurezza;
    non è chiara la posizione del nostro Paese per il caso in cui si giungesse effettivamente a pervenire ad un'integrazione europea anche nel campo della difesa e, conseguentemente, all'europeizzazione del deterrente nucleare francese,

impegna il Governo:

1) ad intensificare i propri sforzi in tutte le sedi competenti affinché venga progressivamente depotenziata la spinta ad allargare e modernizzare gli arsenali nucleari militari;

2) a favorire il dialogo tra le maggiori potenze nucleari del pianeta, quale miglior precondizione della progressiva e bilanciata riduzione degli ordigni atomici nel mondo;

3) a confermare l'impegno del nostro Paese a scoraggiare il fenomeno della proliferazione nucleare tra le potenze emergenti ed altresì nei confronti di Stati alleati, come la Germania ed il Giappone, che starebbero riflettendo sull'opportunità o meno di dotarsi di propri arsenali atomici;

4) a non rinunciare, data la criticità dell'attuale situazione internazionale, alla garanzia comunque ancora offerta dalla disponibilità statunitense a proteggere anche nuclearmente l'Europa, ed il nostro stesso Paese, non necessariamente rispetto alla Russia ma più in generale contro qualsiasi aggressore potenziale;

5) a chiarire la posizione del nostro Paese in merito all'eventualità che in futuro la Force de Frappe francese divenga il nucleo del deterrente nucleare di un'Europa integrata, anche dal punto di vista militare.
(1-01674)
«Gianluca Pini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Pagano, Picchi, Rondini, Saltamartini, Simonetti».
(24 luglio 2017)