TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 737 di Martedì 7 febbraio 2017

 
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INTERPELLANZA E INTERROGAZIONI

A) Interrogazione

   TERZONI, CECCONI, AGOSTINELLI, BUSTO, DAGA, MANNINO, MICILLO, ZOLEZZI, DE ROSA, VIGNAROLI, DE LORENZIS, SPESSOTTO e LIUZZI. – Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio nel 2009 ha pubblicato il bando di cofinanziamento per la diffusione di azioni finalizzate al miglioramento della qualità dell'aria nelle aree urbane ed al potenziamento del trasporto pubblico locale rivolto ai comuni non rientranti nelle aree metropolitane;
   i destinatari del finanziamento erano gli enti locali ai sensi del decreto legislativo n. 267 del 2000 e gli enti pubblici che svolgono attività di interesse pubblico non economico, singoli o associati, con abitanti superiori a 30.000 inseriti nella delibera regionale che istituisce le zone ex articolo 8 del decreto legislativo n. 351 del 1999;
   gli interventi previsti nel progetto 2007/2013 intendevano favorire il miglioramento della qualità dell'aria attraverso la realizzazione di parcheggi di interscambio da localizzare nei principali punti di ingresso alle aree metropolitane per ridurre la circolazione dei mezzi privati nelle zone centrali e favorire l'intermodalità ed un maggiore servizio di trasporto pubblico;
   il comune di Fabriano ha partecipato al bando con delibera di giunta n. 125 del 2009 «Mobilità sostenibile – realizzazione di una stazione per autobus e pullman in via Bellocchi – sistema di bike sharing – approvazione progetto definitivo» con cui è stato appunto approvato il progetto definitivo in questione «per complessivo di euro 570.000 di cui euro 309.632,71 per lavori a base d'asta, euro 9.288,98 per oneri di sicurezza, euro 243.765,35 per somme a disposizione, ai soli fini della partecipazione al bando ministeriale scadenza 20 maggio 2009, precisando che successivamente, in caso di ammissione a finanziamento, l'intervento verrà inserito nel programma triennale 2009/2011 e verranno redatti gli atti conseguenti»;
   nel progetto venivano individuate diverse spese tra cui:
    opere di sistemazione a verde comprensiva di impianto di irrigazione: 36.000 euro;
    pensiline in acciaio zincato e verniciato: 20.000 euro;
    realizzazione impianto fotovoltaico: 34.200 euro;
    bike sharing: 111.335 euro;
   l'importo totale era previsto sarebbe stato coperto in parte con finanziamento diretto del bando (399.000 euro) e in parte con voce di bilancio (171.000 euro);
   in seguito con delibera di giunta n. 24 del 2010 «Mobilità sostenibile – realizzazione di una stazione per autobus e pullman in via Bellocchi – riapprovazione progetto definitivo e approvazione Programma operativo di Dettaglio (POD)» sono state riviste alcune cifre a causa della riduzione dell'apporto derivante dal finanziamento ministeriale passato da 399.000 euro a 247.896,68 euro. In questo documento si legge, inoltre, espressamente che, per poter far fronte al minore finanziamento, il progetto è stato rivisto e «che in particolare sono stati stralciati gli interventi relativi: al sistema bike sharing, alla realizzazione delle pensiline e dei relativi pannelli fotovoltaici»;
   infatti, anche nelle tabelle riassuntive delle spese si leggono le variazioni relative a tali stralci:
    pensiline in acciaio zincato e verniciato: 0 euro;
    realizzazione impianto fotovoltaico: 0 euro;
    bike sharing: 0 euro;
   per quanto riguarda la realizzazione degli spazi verdi invece la cifra riportata nel documento risulta essere la stessa prevista nella precedente delibera, ossia di 36.000 euro;
   in data 25 maggio 2010 viene emanata una nuova delibera di giunta n. 133 «Bando di cofinanziamento per la diffusione di azioni finalizzate al miglioramento della qualità dell'aria nelle aree urbane e al potenziamento del trasporto pubblico – Notifica decreto DSA-DEC-2009-1344 del 14 ottobre 2009 – Accettazione contributo» nella quale viene di nuovo modificata la ripartizione dei fondi e in particolare viene azzerata la somma destinata alla realizzazione degli spazi verdi e ricompresa invece quella per le pensiline e del sistema bike sharing. All'interno della delibera viene anche specificato che è per questo necessario produrre un nuovo POD. La nuova ripartizione è la seguente:
    realizzazione impianto fotovoltaico di potenza 3,6 kWp: euro 65.000,00;
    bike sharing euro 52.000,00;
   ad oggi, 8 aprile 2016, il sistema di bike sharing è privo di biciclette che risultano essere state sistemate all'interno di un capannone di proprietà del comune e mai messe a disposizione della cittadinanza;
   nella seduta di consiglio comunale del 14 ottobre 2014 rispondendo all'interrogazione presentata dal MoVimento 5 Stelle inerente a questo progetto l'allora assessore competente Galli affermò che la mancata attivazione del bike sharing «effettivamente potrebbe diventare motivo di nullità perché è un finanziamento pubblico pertanto deve essere rendicontata la ultimazione dei lavori e l'attivazione anche del servizio per cui direi di no qualora chiaramente il progetto si completi con la messa a servizio anche del sistema» –:
   se il Ministro interrogato ritenga di attivare controlli per verificare che nel progetto citato in premessa sia stato rispettato quanto indicato dal POD e quanto previsto nel progetto con il quale il comune di Fabriano ha ricevuto il cofinanziamento da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   se il Ministro interrogato sia in grado di fornire indicazioni riguardo alle modalità di controllo che vengono messe in atto per verificare l'effettiva attuazione dei progetti che ricevono un cofinanziamento da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
(3-02238)
(4 maggio 2016)

B) Interrogazione

  LATRONICO. – Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha dichiarato sito di interesse nazionale l'area industriale della Val Basento, in provincia di Matera;
   con decreto del 26 febbraio 2003 il Ministero ha individuato le aree da inserire nel perimetro del sito di interesse nazionale della Val Basento ricadenti nei comuni di Ferrandina, Pisticci, Grottole, Miglionico, Pomarico e Salandra;
   per effetto dell'intervenuta perimetrazione, le aree interessate avrebbero dovuto essere sottoposte ad interventi di caratterizzazione, bonifica e ripristino ambientale e ad attività di monitoraggio prima di essere disponibili per qualunque destinazione;
   nonostante le azioni avviate permane il grave stato di inquinamento dei siti e tale situazione desta allarme e preoccupazione sul futuro delle aziende e sulle attività produttive delle aree e ne condiziona qualsiasi progetto di rilancio produttivo;
   la situazione di inquinamento diffuso mette a repentaglio non solo lo sviluppo futuro della area industriale della Val Basento, ma grava quotidianamente da anni sulla salute di centinaia di lavoratori che operano in quei luoghi e sulla salubrità degli insediamenti urbani limitrofi ai siti;
   è doveroso, quindi, che gli enti e i soggetti interessati attivino tutti gli interventi necessari per completare l'opera di risanamento avviata anche al fine di salvaguardare l'ambiente e la salute pubblica e verifichino la compatibilità e la sostenibilità delle attività produttive presenti nella valle con il processo di risanamento ambientale –:
   quali azioni urgenti intenda porre in essere per completare gli interventi di bonifica e le azioni di messa in sicurezza del sito;
   se ritenga necessario verificare la compatibilità delle attività industriali presenti con il processo di risanamento ambientale; quale sia lo stato di avanzamento dei progetti di bonifica dell'area e i sistemi di monitoraggio adottati. (3-00880)
(12 giugno 2014)

C) Interpellanza

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   la legge n. 107 del 2015 – «buona scuola» – tra le deleghe che attribuisce al Governo prevede l'intervento in materia di adeguamento alle nuove norme delle modalità di valutazione e certificazione delle competenze degli studenti del primo ciclo e delle modalità di svolgimento degli esami di Stato del primo e del secondo ciclo;
   da notizie apparsa sulla stampa si apprende che, per l'esame di Stato conclusivo del ciclo, le modifiche sulle quali il Ministero sta lavorando prevedono l'introduzione nella valutazione della prova Invalsi, somministrata agli studenti del quinto anno nel corso dell'anno scolastico e non come prova d'esame, la riduzione delle prove, scritte a due, italiano più materia di indirizzo, e la conseguente eliminazione della terza prova;
   ai fini della valutazione finale dello studente, verrebbero considerate anche le ore di alternanza scuola-lavoro, senza effettuare un monitoraggio a livello nazionale di come sia stata attuata e applicata su tutto il territorio nazionale la normativa relativa all'alternanza;
   sarebbe prevista anche la modifica dei criteri per sostenere l'esame orale che sarebbe basato su alcuni spunti e documenti suggeriti dalla commissione;
   secondo le indiscrezioni il Governo avrebbe previsto modifiche anche del sistema dei voti: il punteggio finale sarebbe sempre espresso in centesimi ma quello derivante dai crediti scolastici passerebbe da 25 a 40 punti; altri 40 punti arriverebbero dagli scritti – fino a 20 punti per ciascuna prova – e i rimanenti 20 punti sarebbero assegnati sulla base del colloquio;
   il Governo starebbe inoltre ipotizzando interventi anche sulla composizione delle commissioni; dalle notizie stampa si apprende che le ipotesi sarebbero due: la prima secondo la quale le commissioni sarebbero formate esclusivamente da commissari interni e il solo presidente sarebbe esterno alla scuola; la seconda ipotesi valuta anche la possibilità di lasciare invariata la composizione delle commissioni, tre commissari interni e tre esterni, ma si introdurrebbe la figura del presidente unico per tutte le commissioni operanti nella stessa scuola;
   non viene prevista nessuna prova relativa alla conoscenza di una lingua straniera e delle competenze acquisite con il CLIL (content and language integrated learning), tenendo presente l'importanza di conoscere una lingua straniera ed in particolare la conoscenza dell'inglese, una lingua ormai imprescindibile nel mercato del lavoro;
   le novità potrebbero interessare gli studenti che sosterranno l'esame di Stato nel 2017, quindi coloro che al momento frequentano il quarto anno degli istituti secondari superiori;
   al termina della scuola secondaria di I grado – primo ciclo – sarebbero previste solo due prove, con l'esclusione anche in questo esame e della prova di lingua straniera;
   si legge inoltre che verrà eliminata la valutazione, nell'esame di Stato conclusivo del primo ciclo, della prova Invalsi, nonostante il fatto che «la rilevazione serve a migliorare l'efficacia della scuola per le fasce più deboli della popolazione scolastica e a far emergere e diffondere le esperienze di eccellenza presenti nel Paese». I test infatti non servono per dare un giudizio sull'operato del docente, né per punire o fare classifiche tra scuole, ma per consentire agli istituti di riflettere sul proprio operato e migliorarsi –:
   quali siano le effettive prove, le modalità di svolgimento degli esami e la composizione delle commissioni e quali i tempi di approvazione dello schema di decreto legislativo, in considerazione del fatto che i cambiamenti dell'esame di Stato e del relativo sistema di valutazione dei crediti e di svolgimento delle prove richiede già da ora che le studentesse e gli studenti, sia del primo che del secondo ciclo, conoscano il nuovo esame per prepararsi adeguatamente.
(2-01639)
«Centemero, Brunetta».
(3 febbraio 2017)

D) Interrogazioni

  BURTONE, BATTAGLIA e CUOMO. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   le organizzazioni sindacali degli agenti di polizia penitenziaria hanno segnalato un nuovo episodio di violenza all'interno dell'istituto penitenziario di Potenza;
   due detenuti sono stati aggrediti da altri detenuti durante la fruizione del passeggio;
   tutti i coinvolti risultano essere di nazionalità italiana;
   uno degli aggrediti è stato costretto al ricovero presso l'ospedale San Carlo di Potenza;
   si tratta di un ennesimo atto di violenza che suscita preoccupazione dopo diversi episodi che l'interrogante ha già segnalato attraverso atti di sindacato ispettivo ancora in attesa di risposta e che hanno visto coinvolti agenti di polizia penitenziaria;
   le carenze di personale ormai strutturali risultano essere insostenibili e si sono ulteriormente aggravate –:
   anche alla luce del nuovo episodio di violenza registrato in questi giorni, quali iniziative il Governo intenda assumere, con la massima urgenza, per un potenziamento degli organici in servizio presso la casa circondariale di Potenza ed anche presso gli altri istituti (Matera e Melfi) presenti in Basilicata. (3-02412)
(20 luglio 2016)

  BURTONE. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   a fine dicembre 2015 a seguito di una brutale aggressione da parte di due detenute nei confronti di una assistente capo della polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale di Potenza l'interrogante ha depositato un atto di sindacato ispettivo a cui ancora non è pervenuta risposta;
   le organizzazioni sindacali da tempo denunciano criticità nella vita dell'istituto penitenziario che mettono a rischio l'incolumità di operatori e detenuti;
   da tempo a detta del Sappe verrebbero ospitati presso la casa circondariale di Potenza detenuti con gravi disturbi psichiatrici, i quali determinano situazioni di pericolo e disordine perpetrando atti di violenza nei confronti degli operatori di polizia penitenziaria, come riportato in premessa, e danneggiando strutture;
   la dotazione organica del personale di polizia penitenziaria risulta sottodimensionata e necessita di un indispensabile potenziamento –:
   se il Ministro sia a conoscenza di tale situazione e quali iniziative il Governo intenda porre in essere per rafforzare l'organico di polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale di Potenza e per monitorare attentamente la questione relativa alla presenza presso l'istituto penitenziario di detenuti con criticità psichiche al fine di consentire agli operatori di poter svolgere il proprio lavoro in sicurezza. (3-02761)
(6 febbraio 2017)
(ex 5-08284 del 31 marzo 2016)

E) Interrogazione

  ROSSOMANDO. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa pubblicate in questi giorni, si apprende che vi sono state segnalazioni di episodi di violenza nel carcere di Ivrea, in particolare risulterebbe che il 14 ottobre 2016, un gruppo di detenuti aveva incendiato rotoli di carta e rotto suppellettili nelle celle per protestare contro le condizioni di vita all'interno del carcere;
   l'ultimo episodio, risalente ad una settimana fa, ha riguardato la denuncia di un recluso sul sito «Infoout» dove il detenuto racconta che, nella notte del 25 ottobre «le guardie hanno usato violenza indiscriminata (...) chiamata la squadra di supporto da Vercelli e riuniti in forza armati di idranti e manganelli hanno distrutto dei compagni detenuti riducendone due quasi in fin di vita», facendo seguire l'elenco dei detenuti picchiati, con nomi e cognomi;
   in relazione a ciò, da notizie di stampa, lo stesso Garante dei detenuti eporediese avrebbe affermato, pur con tutta la prudenza del caso, che: «Sono stato in carcere nei giorni successivi e ho incontrato uno dei due detenuti che denunciano di essere stati malmenati. Effettivamente ho visto lividi e ferite al naso»;
   la direttrice del carcere di Ivrea, successivamente, con una nota, ha smentito «l'intera dinamica dei fatti fantasiosamente ricostruiti nella lettera di un detenuto riportata da alcuni organi di informazione», aggiungendo che «non è mai avvenuto presso questo istituto alcun pestaggio»;
   il garante regionale dei detenuti del Piemonte ha sottolineato come «la situazione di Ivrea emerge in questo periodo come una delle più delicate (...) le segnalazioni su quel carcere sono ricorrenti e preoccupanti»;
   infine, si apprende ancora da notizie di stampa che, nei prossimi giorni, l'amministrazione penitenziaria compirà un sopralluogo a Ivrea per accertare quale sia l'esatta dinamica dei fatti al centro delle inchieste e che la procura ha fatto sapere che «Ci sono fascicoli per lesioni contro ignoti aperti a seguito di esposti presentati dai detenuti e dal garante – Non si tratta di un'indagine al momento. Gli accertamenti sono in corso» –:
   quali iniziative intenda adottare per fare chiarezza sull'accaduto e su tutti i fatti riportati, quali siano i provvedimenti sin ora assunti e quali iniziative intenda adottare per affrontare la situazione di criticità del carcere di Ivrea. (3-02607)
(3 novembre 2016)

F) Interrogazioni

   PATRIZIA MAESTRI, CARNEVALI, GIACOBBE, ALBANELLA, AMATO, PATRIARCA, PAOLA BOLDRINI, MURER, PIAZZONI, INCERTI, GNECCHI e BENI. – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151, ha previsto l'emanazione, entro centottanta giorni, di uno o più decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza unificata, con cui definire le linee guida in materia di collocamento mirato delle persone con disabilità;
   benché l'emanazione delle linee guida rappresenti un tassello essenziale della riforma del collocamento mirato delle persone con disabilità ed il termine temporale sia ormai abbondantemente decorso, ad oggi non risulterebbe emanato alcun provvedimento da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali –:
   quale sia lo stato di redazione delle linee guida in materia di collocamento mirato delle persone con disabilità e in che tempi il Ministro interrogato intenda adottare i decreti previsti ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151. (3-02759)
(6 febbraio 2017)
(ex 5-10180 del 28 dicembre 2016)

   BINETTI. – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:
   il 14 settembre 2015 è entrato in vigore il decreto legislativo n. 151, recante disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183;
   l'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo n. 151 del 2015 prevedeva, che con uno o più decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, si procedesse alla definizione di linee guida in materia di collocamento mirato delle persone con disabilità, entro centottanta giorni dalla sua entrata in vigore;
   ad oggi le linee guida in materia di collocamento mirato delle persone con disabilità non sono state ancora definite;
   si assiste ad una disomogenea attività delle strutture preposte al collocamento disabili, che spesso presentano una gestione localistica dei servizi, come evidenziato anche dal secondo programma biennale di azione per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone disabili, adottato con decreto del Presidente della Repubblica del 4 ottobre 2013;
   il programma biennale di azione sulla disabilità, della V Conferenza nazionale sulle politiche della disabilità di Firenze del settembre 2016, elaborato dall'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità non è stato, purtroppo, ancora adottato;
   già in passato, gli impegni presi da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali in materia di disabilità sono stati puntualmente disattesi;
   troppo spesso la disciplina in materia di disabilità è stata definita sotto forma di suggerimenti, indicazioni, attività auspicabili, non trovando quindi alcuna attuazione da parte dei servizi per il collocamento disabili –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di definire ed emanare rapidamente le linee guida di cui al decreto legislativo n. 151 del 2015, migliorando ed uniformando l'operato dei servizi di collocamento mirato provinciali, in modo che possano dare risultati efficaci. (3-02763)
(6 febbraio 2017)
(ex 4-15268 del 20 gennaio 2017)

G) Interrogazioni

   CRIVELLARI. – Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. – Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi una coltivazione di mais «geneticamente modificato» è stata scoperta, nella cintura agricola di Rovigo, dagli uomini del Corpo forestale dello Stato;
   l'appezzamento rodigino è stato posto sotto sequestro su ordine della locale procura e, nel frattempo, sono stati disposti gli accertamenti in laboratorio;
   sono state diverse le reazioni alla notizia. Nella giornata del 6 luglio 2016, la Coldiretti polesana ha dichiarato alla stampa locale: «con la contaminazione si mettono seriamente a rischio la biodiversità e le produzioni tipiche locali (...) La grande preoccupazione per la contaminazione deriva dal fatto che la propagazione di transgeni attraverso il polline è ingovernabile ed irreversibile – ha sottolineato il presidente Giuriolo – Alla conferma della scoperta si apriranno le indagini per l'attribuzione delle responsabilità, che Coldiretti auspica riguarderanno non solo l'impiego ma anche la provenienza del seme transgenico»;
   sembrerebbe opportuno, anche sulla base di un principio di precauzione, adoperarsi per evitare un effetto «contagio» che, nei giorni della fioritura del mais, rischierebbe di estendersi pure alla vicina Emilia-Romagna –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di tali sviluppi e se e come intenda promuovere interventi atti ad una corretta e tempestiva gestione del fenomeno, fondata in primo luogo sulla tutela del territorio, della agricoltura nazionale e della biodiversità. (3-02372)
(7 luglio 2016)

   ZACCAGNINI, GIANCARLO GIORDANO e MARTELLI. – Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. – Per sapere – premesso che:
   in data 6 luglio 2016 l'agenzia di stampa Ansa riportava la seguente notizia, dal titolo «Sequestrato campo mais ogm a Rovigo da Forestale», nella quale si descriveva come: «Scoperta dal Corpo forestale dello Stato una piantagione di mais transgenico alle porte di Rovigo. In particolare, i forestali del comando regionale del Veneto con quelli del comando provinciale di Rovigo hanno trovato a Guarda Veneta (Rovigo) un campo di mais geneticamente modificato Mon810. La contaminazione è stata confermata dal campionamento delle foglie che sono state analizzate presso il laboratorio dell'Istituto zooprofilattico sperimentale dell'Umbria e delle Marche. Il terreno è stato, quindi, sottoposto a sequestro preventivo e la piantagione sarà distrutta. Saranno effettuate delle analisi sui campi confinanti a quelli contaminati al fine di verificare eventuali commistioni e applicare la normativa sull'utilizzo di prodotti geneticamente modificati. Il sequestro rientra nell'ambito di un programma di controlli da parte del Corpo forestale dello Stato per verificare l'utilizzo di ogm in agricoltura in Italia, anche mediante l'uso di test che rilevano la presenza dell'endotossina specifica per il Mon810. L'Unione europea ha introdotto la possibilità per ogni Stato membro di vietare la coltivazione del Mon810 e l'Italia ha, pertanto, richiesto e ottenuto che fosse bandita sul proprio territorio, come già previsto in due precedenti decreti interministeriali. Oggi in Italia la violazione del divieto di coltivazione di Ogm nel nostro Paese è punita con una multa da 25 a 50 mila euro»;
   questa grave azione non è il gesto di un soggetto isolato, ma rientra nel progetto che da anni alcuni imprenditori agricoli legati a Futuragra, l'associazione di imprenditori agricoli che si batte per l'introduzione delle biotecnologie e per la libera scelta degli agricoltori, stanno portando avanti pericolosamente sul territorio italiano; si ricordano le semine in Friuli del Mon810 da parte di Fidenato bloccate dal Corpo forestale dello Stato dopo l'intervento di agricoltori, movimenti o associazioni. Nonostante le disposizioni europee e nazionali che ne vietano la coltivazione per la loro pericolosità per ambiente, salute e agricoltura, si continua con queste semine sul territorio –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza abbia intrapreso o intenda intraprendere;
   se non reputi necessario l'avvio, per quanto di competenza, di una verifica sulla provenienza di questi semi illegali, risalendo a coloro che in modo reiterano tentano coltivazioni geneticamente modificate in Italia;
   se il Ministro interrogato non reputi opportuno assumere iniziative per potenziare il sistema sanzionatori e bonificare i territori limitrofi contaminati, includendo l'azione di biomonitoraggio di eventuali altre aree sospette;
   se il Ministro interrogato, considerato l'esito dell'Assemblea plenaria del Parlamento europeo, che in data 13 gennaio 2015 ha approvato la nuova legislazione che ha introdotto il permesso agli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di colture geneticamente modificate sul loro territorio, non reputi opportuno, alla luce della suddetta nuova normativa europea e dell'impossibilità delle norme di coesistenza di garantire la tutela delle coltivazioni tradizionali e biologiche, poiché la presenza di coltivazioni geneticamente modificate genera contaminazione certa, assumere iniziative per innalzare il livello sanzionatorio, inasprendo le pene per coloro i quali introducono in modo reiterato sementi non autorizzate nel nostro Paese, così come nel caso di Rovigo descritto in premessa;
   se e in che tempi il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per vietare la coltivazione delle varietà di soia geneticamente modificata recentemente autorizzate dalla Commissione europea.
(3-02765)
(6 febbraio 2017)
(ex 5-09327 del 1o agosto 2016)

H) Interrogazione

   ZACCAGNINI. – Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e al Ministro della salute. – Per sapere – premesso che:
   nell'ultimo numero della rivista The Lancet oncology, l'agenzia dell'Organizzazione mondiale della sanità ha annunciato di aver classificato tre pesticidi nella categoria 2A, cioè «probabilmente cancerogeni», l'ultimo livello prima di «sicuramente cancerogeni»;
   fra le molecole prese in considerazione dallo Iarc ci sono due insetticidi, il diazinon e il malathion, ma a suscitare scalpore è stato il parere dello Iarc sulla terza sostanza, il glifosato;
   il glifosato è stato sintetizzato dalla Monsanto negli anni ’70, è il principio attivo del diserbante Roundup ed è di fatto l'erbicida più usato al mondo, oltre a essere quello che si ritrova più spesso nell'ambiente; è presente in più di 750 prodotti destinati all'agricoltura, silvicoltura, usi urbani e domestici;
   il suo impiego è decisamente aumentato con lo sviluppo delle colture transgeniche resistenti al glifosato;
   l'Italia, secondo un rapporto dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), è il maggiore consumatore tra quelli dell'Europa occidentale di pesticidi per unità di superficie coltivata, con valori doppi rispetto a quelli della Francia e della Germania. Molto alto anche il numero delle sostanze di cui si trovano importanti tracce nelle acque: 175 tipologie di pesticidi nel 2012, a fronte dei 166 del 2010 e di 118 del biennio 2007-2008. Le sostanze che più spesso hanno determinato il superamento sono il glifosato e i suoi metaboliti, il metolaclor, il triciclazolo, l'oxadiazon e la terbutilazina;
   uno studio pubblicato nel 2011 dallo US geological survey ha rivelato che in alcune regioni degli Stati Uniti il glifosato era presente a livelli misurabili in tre quarti dei campioni di aria e di acqua piovana analizzati;
   in Francia è il pesticida di sintesi più diffuso. Nel 2011 ne sono state impiegate più di ottomila tonnellate, molte di più delle circa 2.700 della seconda sostanza più usata, il mancozeb (un fungicida). Secondo il rapporto del 2010 dell'Agenzia di sicurezza sanitaria dell'alimentazione, dell'ambiente e del lavoro, Anses, in Francia «(...) il glifosato è il principale responsabile del degrado della qualità dell'acqua (...)»;
   va precisato che gli studi esaminati dallo Iarc segnalano un aumento del rischio di tumore tra i giardinieri e agricoltori, non nella popolazione generale. Secondo l'Agenzia, «(...) gli studi caso-controllo di esposizione professionale condotti in Svezia, Stati Uniti e Canada hanno rivelato un aumento del rischio del linfoma di non Hodgkin (...)»;
   alcuni esperimenti sugli animali hanno mostrato che il diserbante provocava danni cromosomici, un maggiore rischio di tumore alla pelle e al tubolo renale e di adenomi delle cellule pancreatiche;
   tuttavia lo Iarc ritiene che l'insieme della letteratura scientifica esaminata non permetterebbe di concludere con assoluta certezza che il glifosato sia cancerogeno;
   in un comunicato pubblicato il 23 marzo 2015 la Monsanto ha reagito duramente, sostenendo che lo Iarc si è basato su «scienza spazzatura» e ne ha rifiutato categoricamente le conclusioni. In una lettera del 20 marzo 2015, la Monsanto ha intimato alla direttrice generale dell'Organizzazione mondiale della sanità, Margaret Chan, di far «rettificare» la valutazione dello Iarc;
   la valutazione dello Iarc è il frutto di un processo immutabile da quarant'anni: una ventina di scienziati di diverse discipline (tossicologia, epidemiologia e altro) sono selezionati dall'agenzia in base alle loro competenze e all'assenza di conflitti di interesse con l'industria. All'agenzia viene chiesto un parere sulla base della letteratura scientifica pubblicata: per vari giorni i ricercatori discutono dell'argomento in presenza di osservatori dell'industria, rappresentanti di agenzie di sicurezza sanitaria e portatori di interesse di altre realtà socio-economiche. A seguito di una conclusione condivisa degli esperti, lo step successivo è l'adozione di un parere. I pareri dello Iarc – che hanno carattere puramente informativo e non normativo – godono nella comunità scientifica internazionale del massimo riconoscimento, ma spessissimo sono oggetto di contestazioni, prive di controprove empiriche, da parte dell'industria;
   l'Agenzia europea per la sicurezza alimentare, Efsa, ha incaricato il Bundesinstitut fur Risikobewertung (BfR) tedesco di valutare nuovamente il glifosato. Fatto singolare, però, è che un terzo dei ricercatori del gruppo di esperti di pesticidi dell'agenzia tedesca è alle dirette dipendenze di giganti del settore agrochimico e/o biotecnologico –:
   se il Governo non ritenga opportuno e urgente assumere iniziative per mettere al bando il glifosato dal territorio nazionale, al fine di applicare il «principio di precauzione» per salvaguardare le condizioni di vita e di lavoro degli operatori del settore, oltre alla salute dei consumatori e dell'ambiente, avendo quale punto di valutazione scientifica il parere dell'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro e i numerosi studi di cancerogenicità finora esperiti;
   se il Governo intenda promuovere in sede europea uno studio scientifico elaborato da organismi indipendenti, contrariamente a quanto fatto dall'Efsa che ha incaricato il Bundesinstitut fur Risikobertun di valutare nuovamente il glifosato da parte di esperti di pesticidi, molti dei quali sono alle dirette dipendenze di «giganti» del settore agrochimico e/o biotecnologico. (3-02764)
(6 febbraio 2017)
(ex 5-05427 del 23 aprile 2015)

I) Interrogazione

   CIRACÌ, PALESE, LATRONICO, CHIARELLI, MARTI, FUCCI e DISTASO. – Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. – Per sapere – premesso che:
   diversi esponenti del mondo agricolo hanno manifestato grande preoccupazione per il futuro dell'olivicoltura pugliese, rilevando che «se da una parte ci si ritrova in quello che fisiologicamente è il cosiddetto «anno di scarica», in cui la pianta riposa per alternanza a seguito dell'ottima e abbondante produzione dell'anno precedente, d'altro canto è innegabile che una drastica riduzione nella produzione è dovuta ai disseccamenti diffusi nel territorio, dovuti alla diffusione di Xylella e Codiro, che hanno ridotto in sofferenza le piante»;
   stando ai dati Ismea, diffusi qualche giorno fa, quest'anno in Italia ci sarà un crollo del 38 per cento della produzione di olio, percentuale che sale al 40 per cento se si analizzano anche i dati pugliesi;
   il timore è che possa arrivare sulle tavole olio di origine non pugliese e, soprattutto, privo di quelle proprietà organolettiche che rendono il nostro olio un prodotto d'eccellenza in tutto il mondo, che la scarsità del prodotto possa fortemente incidere anche sull'occupazione nel settore dell'olivicoltura e della lavorazione delle olive e che la drastica riduzione della produzione di olio possa tradursi in un danno per i consumatori;
   si pone il problema delle frodi, stando ai sequestri effettuati dai nuclei antisofisticazioni e sanità dell'Arma dei carabinieri;
   gli altri Paesi europei, come Turchia e Spagna, secondo i dati riportati dall'articolo pubblicato da Quotidiano di Puglia in data 1o ottobre 2016, vedono incrementare le loro produzioni – nell'ordine, la prima, del 17 per cento e, la seconda, almeno del 9 per cento – e dunque questo fenomeno potrebbe essere la causa secondo cui sulle tavole italiane potrà ritrovarsi un prodotto non italiano –:
   quali politiche il Ministro interrogato intenda promuovere a favore di un settore, quello olivicolo, importante per lo sviluppo economico non solo della regione Puglia, ma dell'intero Paese, già fortemente provato negli ultimi anni dalla diffusione del batterio Xylella e dal fenomeno della contraffazione del made in Italy. (3-02760)
(6 febbraio 2017)
(ex 5-09739 del 12 ottobre 2016)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE A PREVENIRE E CONTRASTARE LA DIFFUSIONE DEL CITOMEGALOVIRUS

   La Camera,
   premesso che:
    il citomegalovirus o CMV appartiene alla famiglia degli Herpesvirus che comprende i più noti herpes labiale e genitale e il virus della varicella. Chi ha già avuto l'infezione non è immune completamente, quindi può contrarre una reinfezione;
    l'infezione da citomegalovirus si distingue in primaria o ricorrente, che a sua volta è distinta in riattivazione (da ceppo virale già presente nel soggetto) e reinfezione (da ceppo virale diverso da quello che ha già infettato l'organismo);
    le principali vie di contagio sono la saliva, il sangue, le urine e i rapporti sessuali; in casi molto rari il virus si trasmette in modo indiretto, attraverso l'utilizzo di oggetti comuni, come un bicchiere, uno spazzolino da denti o, importante per i bambini, un giocattolo;
    il citomegalovirus è un virus subdolo, che s'insinua nell'organismo spesso in punta di piedi, senza far perseguire in nessun modo la sua presenza. L'infezione generalmente causa solo una leggera febbre o senso di stanchezza, che spesso vengono ignorati o attribuiti ad altre cause, come influenza o stress;
    può provocare una sindrome mononucleosica protratta, con febbricola, stanchezza notevole e dolori muscolari; una caratteristica del citomegalovirus è che non si comporta allo stesso modo con tutti i soggetti;
    nelle persone immunodepresse, con ridotte difese immunitarie come i malati di Aids e di tumore o i trapiantati, il virus può essere all'origine di malattie gravi, quali polmoniti, epatiti o encefaliti;
    la gravidanza è associata a una transitoria immunodepressione, necessaria per evitare il rigetto del feto. Questa condizione favorisce non solo il contagio della gestante da parte del citomegalovirus, se non ha mai contratto l'infezione, ma anche la riattivazione o reinfezione, se il virus si presenta prima della gravidanza;
    se il citomegalovirus colpisce nei primi mesi il feto di una donna incinta che non ha mai avuto l'infezione, questo può subire effetti molto seri, perché l'organismo fetale non ha sviluppato ancora difese immunitarie, di conseguenza è privo di ogni tipo di protezione;
    i rischi per il nascituro sono numerosi e vanno dai problemi neurologici, come il ritardo mentale, i disturbi psicomotori, le sindromi spastiche, la sordità, ai disturbi più o meno seri dell'apparato gastroenterico, fino ai danni alla vista e agli occhi;
    il citomegalovirus è certamente un problema poco conosciuto, sottodiagnosticato, che colpisce un bambino su sette neonati nel nostro Paese. Si stima che l'infezione da citomegalovirus sia talmente diffusa (soprattutto tra portatori inconsapevoli) da interessare tra il 60 per cento e il 90 per cento della popolazione e che in Italia vi siano, ogni anno, 5.000 casi d'infezione congenita di neonati, ossia casi d'infezione in cui una donna incinta infetta trasmette l'infezione al feto;
    su mezzo milione di nati: 2.750 hanno sintomi alla nascita; 800 circa nascono ogni anno con disabilità permanenti di vario tipo e 1 bambino al giorno nasce con disabilità molto gravi: neurologiche, sordità, malformazioni, difetti di sviluppo cerebrale fino a cecità;
    difficile fare diagnosi retrospettive per cui molte disabilità non sono attribuite al citomegalovirus anche perché il virus può dare conseguenze tardive, avendo sintomi aspecifici, complicando ulteriormente l'inquadramento diagnostico. Anche i pediatri hanno, infatti, grande difficoltà a stabilire i danni attribuibili al citomegalovirus;
    i medici di base e anche molti ginecologi non informano le gestanti della necessità di sottoporsi al test e delle eventuali conseguenze per il feto se il virus è contratto in gravidanza. A questo proposito non esiste un reale coordinamento informativo che aiuti alla prevenzione del citomegalovirus;
    con riferimento a questo dannosissimo virus lo Stato italiano non riconosce lo screening obbligatorio gratuito in gravidanza, comportando de facto uno screening spontaneo e disomogeneo nelle varie realtà regionali con la conduzione ovvia di iter procedurali non corretti,

impegna il Governo:

1) a far conoscere questa malattia, attraverso una corretta e capillare informazione che spieghi i suoi effetti e che faccia acquisire comportamenti e forme di prevenzione improntati a un'igiene corretta e che possano evitare o ridurre i danni che la malattia stessa può arrecare se contratta in periodo gestazionale;

2) a promuovere lo studio e la ricerca del citomegalovirus per permettere ai medici che assistono le gestanti di diagnosticarla rapidamente e per sviluppare nuovi e sempre più efficaci strumenti utili ad aiutare una madre che dovesse contrarre questo virus;

3) ad assumere iniziative per ridurre il rischio di trasmissione da citomegalovirus e favorire la prevenzione rendendo gratuito e obbligatorio lo screening per le donne in gravidanza al fine di ridurre anche i costi sociali di una diagnosi tardiva o di un'inadeguata cura, visto che i neonati positivi al citomegalovirus vengono inseriti in un programma di controlli che li accompagna in media 10 anni o fino a quanto non abbiano maturato la negatività al virus;

4) a predisporre un censimento nazionale dei casi affinché in un lasso di tempo congruo si possa sapere con precisione qual’ è l'incidenza di casi che ricorre in Italia.
(1-01412)
«Vezzali, Valiante, Calabrò, Fitzgerald Nissoli, Faenzi, Parisi, Rabino, D'Agostino, Santerini, Pastorelli, Tinagli, Marzano, Giuseppe Guerini, Minnucci, Zanin, De Menech, Zoggia, Galati, D'Alessandro».
(26 ottobre 2016)

   La Camera,
   premesso che:
    il citomegalovirus (CMV) è un virus appartenente alla famiglia degli Herpesviridae. Si tratta di un agente infettivo molto comune: nei Paesi sottosviluppati il 90-100 per cento della popolazione ne è contagiata, mentre in quelli occidentali il 60-80 per cento degli adulti presenta anticorpi anti-citomegalovirus nel siero. I sintomi, in età adulta e anche nell'infanzia, sono simili a quelli dell'influenza o della mononucleosi. Il virus è però particolarmente pericoloso se contratto dal feto, con una trasmissione verticale madre – figlio: in questo caso si parla di citomegalovirus congenito;
    la più frequente e pericolosa infezione materno-fetale è causata dal citomegalovirus, che è presente in circa 1 neonato su 100 (toxoplasmosi 1:400; rosolia 1:5000) e responsabile non solo di danni fetali ma anche di abortività e sterilità. Il rischio di trasmissione varia a seconda che si tratti di una prima infezione, cioè se è la prima volta che la madre contrae la malattia, oppure di una reinfezione. Nel primo caso il rischio di trasmissione al bambino è del 30-50 per cento, mentre nel secondo la trasmissione è rara, per quanto non ancora stabilita. Se il citomegalovirus colpisce nei primi mesi il feto di una gravida che non ha mai avuto l'infezione, può avere effetti molto seri, perché l'organismo fetale non ha sviluppato ancora difese immunitarie, di conseguenza è privo di ogni tipo di protezione;
    nei neonati infetti (circa 5000/anno in Italia), almeno il 10 per cento presenta manifestazioni cliniche. Tra queste le più gravi sono neurologiche, quali sindromi convulsive, microcefalia, idrocefalo, calcificazioni e difetti di sviluppo delle circonvoluzioni cerebrali, atrofia cerebrale e cerebellare;
    conseguenza purtroppo frequente di queste encefalopatie sono gravi ritardi psicomotori e sindromi spastiche. Inoltre, in almeno il 20 per cento delle infezioni sintomatiche alla nascita e nel 5 per cento di quelle asintomatiche, si sviluppa una sordità neurosensoriale, che è seguita da mutismo quando è bilaterale. Una percentuale ignota, probabilmente elevata, di sordità, encefalopatie congenite, disturbi mentali e comportamentali, potrebbe essere dovuta ad infezioni da citomegalovirus non diagnosticate alla nascita. Altre manifestazioni cliniche importanti dell'infezione congenita sintomatica sono polmonite ed epatite, talora persistenti ed evolventi in fibrosi, danni oculari (microftalmia, cataratta e corioretinite) e gastroenteropatie;
    l'infezione perinatale si trasmette durante il passaggio del feto nel canale del parto oppure in seguito a contagio del neonato da parte del sangue o del latte materni. Nei neonati prematuri o di basso peso, le trasfusioni di sangue sono un'importante via di trasmissione e di malattia. L'infezione attiva (presenza del virus replicante, evidenziabile con la ricerca del DNA) da citomegalovirus, primaria o non, si verifica nel 3-6 per cento delle gravide: la primaria (0.7-4 per cento) può associarsi ad una sindrome simil-influenzale ed aumento dei linfociti e delle transaminasi,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative volte a predisporre protocolli per una diagnosi tempestiva che individui la presenza del virus nell'organismo materno, al fine di limitare i rischi di conseguenze per il nascituro, prevedendo che la gestante si sottoponga con regolarità, se non ha mai contratto l'infezione, almeno una volta al mese, al test per rilevare la presenza del citomegalovirus, posto che, quando i danni fetali sono molto gravi, la terapia antivirale potrebbe essere incapace di consentire un buon sviluppo psicomotorio o evitare la sordità, e sarebbe opportuno, quindi, iniziare la terapia anti-citomegalovirus in gravidanza, per avere maggiori possibilità di prevenire o curare precocemente la malattia citomegalica;

2) a sostenere la ricerca e la sperimentazione di nuovi farmaci al fine di debellare l'infezione da citomegalovirus, verificando nel frattempo la possibilità di prescrivere farmaci già in commercio che, secondo studi recenti, possono essere utilizzati anche per bambini affetti da citomegalovirus;

3) a promuovere campagne di sensibilizzazione basate sui due principi cardine per il contenimento della malattia, informazione e igiene, al fine di diffondere una nuova e più completa cultura della prevenzione di una patologia che può colpire ampi strati della popolazione.
(1-01495)
«Rondini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Stefano Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Cristian Invernizzi, Molteni, Pagano, Picchi, Gianluca Pini, Saltamartini, Simonetti».
(3 febbraio 2017)

   La Camera,
   premesso che:
    il citomegalovirus (Cmv) è un virus appartenente alla famiglia degli Herpesvirus, conosciuti per la loro distribuzione ubiquitaria, sia nell'uomo che in molti mammiferi. Tutti i ceppi di citomegalovirus sono geneticamente omologhi, ma nessuno è identico, a meno che non sia stato isolato da casi collegati fra loro epidemiologicamente;
    la malattia è strettamente specie-specifica: l'uomo è la sola riserva. Non si conoscono vettori nel ciclo naturale di trasmissione. I Cmv, caratteristici di altre specie, sono ad esse limitati e non diffondono all'uomo. Gli aspetti importanti dell'infezione da Cmv negli umani, sono: la capacità del virus di distruggere le cellule dell'ospite, la capacità di infettare cellule e tessuti diversi e di evadere e interferire con i meccanismi di difesa dell'ospite e la capacità di persistere indefinitamente nelle cellule;
    il Cmv è un agente infettivo molto diffuso a livello globale e in tutti gli strati sociali della popolazione. In generale, si registra una maggiore diffusione nei Paesi in via di sviluppo e nelle aree caratterizzate da scarse condizioni socioeconomiche. Si calcola che la percentuale della popolazione mondiale entrata in contatto con il Cmv si attesti fra il 60 e il 90 per cento. I soggetti di sesso femminile in età fertile presentano una percentuale che va dal 35 al 90 per cento in termini di casi di infezione;
    da ormai circa 50 anni in tutto il mondo si tenta la realizzazione di un vaccino contro questa infezione. Gli studi sulla vaccinazione contro il Cmv iniziarono negli anni 70, ma è solo dal 2000 che, grazie ad un'analisi condotta dall’US Institute of Medicine, che posizionò il Cmv in cima alla lista di priorità per lo sviluppo di vaccini, si ebbe un forte impulso e coinvolgimento delle industrie farmaceutiche;
    una volta contratta l'infezione, il virus rimane generalmente latente, in uno stato «dormiente», all'interno dell'organismo per tutta la vita, senza causare disturbi gravi, mentre alcuni soggetti sviluppano una forma leggera della malattia con febbre, mal di gola, affaticamento e ingrossamento dei linfonodi. L'infezione si trasforma solo di rado in patologia – in genere in presenza di un sistema immunitario gravemente compromesso – potendo causare gravi complicanze, in particolare a occhi, fegato, sistema gastrointestinale e sistema nervoso;
    si riconoscono infezioni primarie e infezioni ricorrenti, dovute alla riattivazione di un'infezione latente o a una reinfezione esogena. Si ritiene che la sede della latenza virale sia rappresentata dai monociti, dai linfociti e dai neutrofili circolanti;
    la trasmissione del virus avviene da persona a persona tramite i fluidi del corpo, tra cui sangue, saliva, urina, liquidi seminali, secrezioni vaginali e latte. Il contagio può avvenire per contatto persona-persona, per trasmissione madre-feto durante la gravidanza o madre-figlio durante l'allattamento, per trasfusioni e trapianti di organi infetti. La diffusione «orizzontale» dell'infezione richiede contatti stretti e prolungati con pazienti infetti. Gli oggetti possono avere un loro ruolo nella trasmissione del Cmv: il virus è stato ritrovato sulle superfici di plastica e in generale sui giocattoli, per ore dopo la sua emissione;
    con la diffusione dell'infezione da virus dell'immunodeficienza umana (HIV), il Cmv si è dimostrato uno dei più frequenti agenti opportunisti nei pazienti immunocompromessi. Frequentissime sono, infatti, le infezioni da Cmv in soggetti affetti da Aids (sindrome dell'immunodeficienza acquisita) come in soggetti trapiantati in cui causano compromissione di organi vitali, gravi sofferenze, diminuita qualità di vita e a volte la morte. L'infezione da Cmv in malati di Aids è talmente frequente che, inizialmente, fu ritenuto che il Cmv fosse la causa prima dell'immunodeficienza acquisita e non un semplice agente opportunista;
    da un punto di vista medico, di particolare rilevanza è l'infezione congenita, contratta durante la gravidanza, che avviene per trasmissione verticale madre-feto e che può arrecare al nascituro danni permanenti anche gravi. È stato ipotizzato un maggior rischio di severità della malattia quando la trasmissione avviene nei primi tre mesi di gravidanza. Si distingue un'infezione congenita «primaria», quando viene contratta per la prima volta durante la gravidanza da una donna precedentemente sieronegativa, e «secondaria» quando avviene per riattivazione del virus latente o per reinfezione da un nuovo ceppo in una donna che aveva già contratto l'infezione. Delle donne che acquisiscono il Cmv in gravidanza o che manifestano una riattivazione, solo una minoranza trasmette il virus al feto. Questo evento si verifica, anche nel nostro Paese, intorno all'1 per cento di tutte le gravidanze. Si stima che in Italia vi siano ogni anno 5.000 casi d'infezione congenita;
    statisticamente, il rischio di trasmissione al feto varia fra il 30 e il 40 per cento per la forma primaria e fra lo 0,5 e il 2 per cento per la secondaria, inoltre l'85-90 per cento dei neonati con infezione congenita risulta asintomatico. Tuttavia, il 10 per cento circa dei casi asintomatici presenta sequele tardive, generalmente con difetti uditivi di severità variabile. I soggetti sintomatici possono evidenziare disturbi temporanei o permanenti. In particolare, tra quelli temporanei si annoverano problemi al fegato, alla milza, ai polmoni, ittero, petecchie, piccole dimensioni alla nascita e convulsioni. I sintomi permanenti possono essere molto gravi e causare diverse forme di invalidità quali sordità, cecità, ritardo mentale, dimensioni piccole della testa, deficit di coordinazione dei movimenti, convulsioni fino alla morte. Va ricordato che in alcuni bambini i sintomi, quali perdita dell'udito e della vista, possono comparire anche mesi o anni dopo la nascita. Circa due neonati ogni 1000 nati vivi soffrono per una infezione sintomatica congenita severa da Cmv;
    il virus può essere eliminato dall'organismo infetto anche per mesi o anni dopo un'infezione congenita, perinatale o post-natale precoce, attraverso le orine (per 6 o più anni) e la saliva (per 2-4 anni). Anche bambini o adulti dopo un'infezione primaria eliminano virus a lungo; negli adulti sieropositivi può avvenire un'escrezione intermittente di virus;
    attualmente non esiste un vaccino per la prevenzione del Cmv. Il modo migliore per limitare il rischio di contagio è un'attenta igiene personale, soprattutto per le categorie di persone più vulnerabili alla malattia. In generale, la pulizia della casa e soprattutto delle superfici contaminate da fluidi corporei (come saliva, urina, feci, liquidi seminali e sangue) facilita la prevenzione del contagio;
    in Italia non è previsto lo screening del citomegalovirus né prima della gravidanza né nei nove mesi di gestazione e neppure dopo il parto. La mancanza di un programma di screening coordinato ha portato ad avere de facto uno screening spontaneo e disomogeneo nelle varie realtà regionali. In altri Paesi europei, fra cui Svizzera e Germania, sono in essere dei programmi di screening autorizzati pre e durante la gravidanza,

impegna il Governo:

1) a intraprendere e implementare, nell'ambito del piano nazionale della prevenzione, le azioni volte a fronteggiare e alleviare i problemi associati a questa patologia, in particolare:
   a) promuovendo anzitutto una corretta e capillare informazione sul citomegalovirus che spieghi effetti e indichi comportamenti e forme di prevenzione, considerato che con una corretta informazione le future madri possono abbattere significativamente il rischio di contrarre l'infezione da citomegalovirus;
   b) assumendo iniziative per ridurre il rischio di trasmissione da citomegalovirus attraverso una corretta profilassi, basata su basilari norme igieniche in grado di abbattere drasticamente il rischio d'infezione, riducendo i danni che la malattia può arrecare se contratta in periodo gestazionale;
   c) emanando linee guida nazionali in materia di screening per le donne in fase preconcezionale, in gravidanza e post parto;

2) a promuovere ed incentivare lo studio e la ricerca sul citomegalovirus al fine di disporre di strumenti diagnostici sempre più efficaci e di contribuire al coronamento degli sforzi di 50 anni di ricerche a livello mondiale per mettere a punto un efficace vaccino protettivo.
(1-01496)
«Palese, Altieri, Bianconi, Capezzone, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci, Marti, Latronico».
(6 febbraio 2017)

   La Camera,
   premesso che:
    il citomegalovirus (CMV) è un virus molto comune appartenente alla famiglia degli herpes virus come la varicella, l’herpes labiale o il virus della mononucleosi. Nella grande maggioranza dei casi l'infezione è asintomatica, cioè chi la contrae non ha sintomi. In un 10 per cento dei casi si manifesta in modo simile all'influenza o alla mononucleosi. Negli adulti e nei bambini che contraggono l'infezione, i sintomi sono in genere lievi e generici, per esempio febbre, stanchezza, mal di gola, tanto che spesso non ci si accorge nemmeno della malattia. Chi si è già ammalato non è immune, quindi può nuovamente contrarre la malattia;
    il virus, però, può essere molto pericoloso se contratto in gravidanza, perché in questo caso può superare la placenta e può essere trasmesso al feto, con conseguenze che possono essere anche gravi. Il rischio di trasmissione varia a seconda che si tratti di una prima infezione, cioè se è la prima volta che la madre contrae la malattia, oppure di una re-infezione. Nel primo caso il rischio di trasmissione al bambino corrisponde a 3-4 casi ogni 10 gravidanze, mentre nel secondo caso la trasmissione è molto più rara e si verifica al massimo in 2 casi ogni 100 gravidanze. Per chi ha contratto l'infezione prima della gravidanza il rischio è molto basso e si stima che in Italia circa 8 donne adulte ogni 10 abbiano contratto la malattia prima della gravidanza;
    se la donna contrae per la prima volta il virus durante la gravidanza, c’è il rischio che anche il feto venga contagiato e in questo caso si parla di infezione congenita. Il rischio di trasmissione al feto varia dal 30 al 40 per cento, il che significa che su dieci bambini di madri che contraggono il citomegalovirus durante la gravidanza, 3 o 4 di loro lo contraggono a loro volta. Ma anche se il feto ha contratto il virus, non è detto che manifesti conseguenze a breve o a lungo termine. Di 10 bambini con citomegalovirus congenito solo 2 o 3 di loro avranno conseguenze;
    queste conseguenze però possono essere piuttosto serie. Possono riguardare il sistema nervoso centrale con malformazioni visibili anche in ecografia, oppure possono provocare ritardo mentale, sordità congenita, corio-retinite (una patologia della retina che provoca cecità): tutte condizioni non diagnosticabili in utero e delle quali ci si accorge solo dopo la nascita del bambino, a volte dopo mesi o anni;
    la probabilità che un bambino con citomegalovirus congenito manifesti una di queste disabilità è maggiore se già alla nascita aveva mostrato dei sintomi. Ma l'85-90 per cento dei neonati con infezione congenita è asintomatico e solo il 10-15 per cento circa di questi bambini mostra sintomi alla nascita, in particolare si tratta di problemi al fegato, alla milza, ai polmoni; oppure ci sono convulsioni, si nota un ritardo di crescita e altro;
    il virus quindi non passa sempre al bambino e, anche quando si trasmette, non è detto che abbia conseguenze. In definitiva, i problemi di salute si possono manifestare in media in 3-6 bambini ogni 100 in cui la madre contragga per la prima volta in gravidanza il citomegalovirus;
    per sapere se la madre ha contratto il citomegalovirus durante la gravidanza e questo si è trasmesso al bambino occorre fare un esame del sangue, che ricerca la presenza di anticorpi specifici (immunoglobuline) contro il virus. In particolare, si cercano due tipi di immunoglobuline: le IgM, che si formano quando c’è un'infezione acuta in corso e segnalano che la malattia è in atto; le IgG, le cosiddette immunoglobuline della «memoria» dell'infezione. Se queste ultime risultano positive, vuol dire che la malattia è stata contratta in passato e quindi l'organismo ha sviluppato i relativi anticorpi;
    per sapere con certezza quando la madre abbia contratto il citomegalovirus si può eseguire il cosiddetto test di avidità (o avidity test) che permette di sapere se l'infezione si è avuta nei tre mesi precedenti la gravidanza oppure ancora prima;
    se appare ancora piuttosto controversa l'opportunità di uno screening di routine a tutti i neonati, si va invece diffondendo in ambito clinico la convinzione che sia molto utile fare uno screening in fase pre-concezionale o entro le primissime settimane di gravidanza, per sapere se si è già avuta la malattia;
    purtroppo, a oggi non esiste una terapia di dimostrata efficacia, né per prevenire la trasmissione materno-fetale né per scongiurare eventuali danni al bambino. E la prevenzione resta la strada più sicura per tutelare le madri durante la gravidanza, soprattutto nelle primissime fasi. Per limitare il rischio di infezione, le precauzioni più importanti sono di natura igienica;
    il citomegalovirus si trasmette tramite la saliva o semplicemente per via aerea, oltre che attraverso i liquidi corporei, come sangue e urine. Per questo il contagio è piuttosto facile, soprattutto se si hanno altri figli o si lavora in un ambiente dove ci sono bambini, bersaglio privilegiato dell'infezione,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per facilitare la conoscenza dei rischi dell'infezione da citomegalovirus, in particolare tra medici di base, pediatri e ginecologi, attraverso una corretta e capillare informazione sulla patologia in questione, in modo da non sottovalutare i sintomi che spesso di presentano in forma molto lieve, ma non per questo meno insidiosa per il feto;
2) ad assumere iniziative per rafforzare la diffusione dei principi fondamentali della prevenzione improntati a una igiene corretta, in modo che si possano evitare o ridurre i danni che l'infezione da citomegalovirus può arrecare se contratta in gravidanza;
3) a stimolare lo studio e la ricerca del citomegalovirus per permettere una diagnosi precoce soprattutto nelle donne in gravidanza, e sviluppare strumenti sempre più efficaci per ridurre il rischio di trasmissione del citomegalovirus da madre a figlio;
4) ad assumere iniziative per favorire la prevenzione rendendo gratuito e obbligatorio lo screening per le donne in gravidanza al fine di ridurre i costi sociali di una diagnosi tardiva o di una cura inadeguata;
5) a garantire l'inserimento dei neonati positivi al citomegalovirus in programmi di controllo, che li accompagnino fino a quanto non abbiano maturato la negatività al virus (in media circa 10 anni);
6) ad assumere iniziative per predisporre presso l'Istituto superiore di sanità un registro nazionale dei casi di infezione da citomegalovirus, soprattutto di quelli che hanno contratto il virus durante la gravidanza o di quei bambini che sono risultati positivi al citomegalovirus alla nascita, affinché in un tempo congruo si possa sapere con precisione qual’è l'incidenza di casi di infezione da citomegalovirus in Italia.
(1-01497)
«Binetti, Buttiglione, Cera, De Mita, Pisicchio».
(6 febbraio 2017)

   La Camera,
   premesso che:
    il citomegalovirus (Cmv) è un virus molto comune e generalmente diffuso della famiglia degli Herpesvirus. Una volta contratta l'infezione, il virus rimane latente all'interno dell'organismo per tutta la vita, ma può riattivarsi in caso di indebolimento del sistema immunitario;
    le infezioni da citomegalovirus, mentre nella maggior parte degli individui si presentano asintomatiche o con sintomi aspecifici quali febbre, mal di gola, affaticamento e ingrossamento dei linfonodi, negli individui immunodepressi possono causare gravi complicanze, in particolare a occhi, fegato, sistema gastrointestinale e sistema nervoso; l'infezione contratta durante la gravidanza e trasmessa al feto può arrecare al bambino danni permanenti, anche gravi, con un maggior rischio di severità della malattia quando la trasmissione avviene nei primi tre mesi;
    il rischio di trasmissione al feto varia fra il 30 e il 40 per cento nella forma primaria e fra lo 0,5 e il 2 per cento nella forma secondaria. L'85-90 per cento dei neonati con infezione congenita è asintomatico. Il 10 per cento circa dei neonati asintomatici presenta sequele tardive, generalmente difetti uditivi di severità variabile, con possibili decorsi fluttuanti o progressivi. Il 10-15 per cento circa dei neonati è invece sintomatico, con sintomi che possono essere temporanei o permanenti fino a forme di invalidità permanente come sordità, cecità, ritardo mentale, dimensioni piccole della testa, deficit di coordinazione dei movimenti, convulsioni o con esito letale;
    la rilevazione di anticorpi IgG contro il citomegalovirus su un campione di sangue indica un contatto con il virus, ma non è in grado di determinare né il periodo del contagio né l'eventuale trasmissione del virus al feto. Il test per rilevare gli anticorpi IgM, utilizzato per accertare le infezioni recenti, ha evidenziato spesso dei falsi positivi e non è quindi affidabile senza l'integrazione con altri tipi di test. Un test utilizzato per risalire al periodo dell'infezione è il test di avidità delle IgG;
    per determinare l'eventuale trasmissione del virus al feto sono necessari esami più invasivi, come l'amniocentesi o l'analisi del sangue fetale. Per individuare in un neonato un'infezione congenita da citomegalovirus durante le prime tre settimane di vita si cerca di evidenziare la presenza del virus nelle urine, nella saliva e nel sangue. In caso di citomegalovirus congenita non è stato ancora identificato nessun tipo di marker prognostico del periodo prenatale per determinare se il neonato sarà sintomatico o se svilupperà esiti;
    non si conoscono trattamenti prenatali efficaci e sicuri per prevenire la trasmissione madre-feto dell'infezione né per ridurre le conseguenze di un'infezione congenita. I farmaci disponibili sono estremamente dannosi per il feto. Alcuni farmaci antivirali possono aiutare a controllare l'infezione negli individui infetti;
    è difficile fare diagnosi retrospettive per cui molte disabilità non sono attribuite al citomegalovirus anche perché il virus può dare conseguenze tardive, avendo sintomi aspecifici, complicando ulteriormente l'inquadramento diagnostico,

impegna il Governo:

1) ad avviare una campagna informativa capillare, anche attraverso i consultori e i medici di medicina generale, per la conoscenza dei rischi di questa infezione e in particolare di quelli connessi alla interazione tra il citomegalovirus, la gravidanza e gli stati di depressione immunitaria anche transitori, sottolineando il ruolo delle comuni regole igieniche personali, in particolare il lavaggio delle mani, e degli ambienti domestici quali misure preventive alla trasmissione;
2) a promuovere lo studio del citomegalovirus, concorrendo alla ricerca per un vaccino specifico;
3) a predisporre un censimento nazionale dei casi per arrivare ad una precisa definizione dell'incidenza di infezioni;
4) a mettere a punto un programma di screening efficace sulle donne in età fertile e in gravidanza al fine di ridurre l'incidenza del citomegalovirus congenito ed i conseguenti costi sociali.
(1-01498)
«Amato, Lenzi, Argentin, Beni, Paola Boldrini, Paola Bragantini, Burtone, Capone, Carnevali, Casati, D'Incecco, Fossati, Gelli, Grassi, Mariano, Miotto, Murer, Patriarca, Piazzoni, Piccione, Giuditta Pini, Sbrollini».
(6 febbraio 2017)

   La Camera,
   premesso che:
    il Citomegalovirus (Cmv) è un virus molto comune e diffuso a livello globale, appartenente alla famiglia degli Herpesvirus e può infettare chiunque. Contratta l'infezione, il virus rimane latente all'interno dell'organismo per tutta la vita, ma può riattivarsi in caso d'indebolimento del sistema immunitario;
    la sua trasmissione avviene da persona a persona tramite i fluidi del corpo, tra cui sangue, saliva, urina, liquidi seminali, secrezioni vaginali e latte o per trasfusioni e trapianti di organi infetti;
    molto spesso, le infezioni da Citomegalovirus sono asintomatiche; infatti, la maggior parte delle persone sane, adulti o bambini che contraggono la malattia, non manifesta sintomi, mentre alcuni soggetti sviluppano una forma leggera della malattia con febbre, mal di gola, affaticamento e ingrossamento dei linfonodi e tale sintomatologia potrebbe indurre i medici a compiere diagnosi errate;
    negli individui con un buon sistema immunitario il virus può essere tenuto sotto controllo; tuttavia, negli individui immunodepressi può causare gravi complicanze, in particolare a occhi, fegato, sistema gastrointestinale e sistema nervoso e l'aspetto più importante è rappresentato dalle infezioni congenite;
    il Citomegalovirus, può essere eliminato dall'organismo infetto dopo la prima infezione, ma possono servire mesi o addirittura anni; specialmente i bambini piccoli possono addirittura diffonderlo per 5-6 anni dopo la nascita;
    un'infezione contratta durante la gravidanza e trasmessa da madre-figlio durante l'allattamento può arrecare danni permanenti anche gravi al bambino;
    l'85-90 per cento dei neonati con infezione congenita è asintomatico, il 10 per cento circa dei neonati asintomatici presenta sequele tardive, generalmente difetti uditivi di severità variabile con possibili decorsi fluttuanti o progressivi;
    il 10-15 per cento circa dei neonati è invece sintomatico, con sintomi che possono essere temporanei o permanenti. Tra quelli temporanei si segnalano in particolare problemi al fegato, alla milza, ai polmoni, ittero, petecchie (cioè chiazze rosse sulla pelle corrispondenti a piccolissime emorragie), piccole dimensioni alla nascita e convulsioni;
    i sintomi permanenti possono essere molto gravi e causare diverse forme d'invalidità permanente come sordità, cecità, ritardo mentale, dimensioni piccole della testa, deficit di coordinazione dei movimenti, convulsioni fino alla morte;
    l'infezione materna viene classificata come primaria quando è acquisita per la prima volta durante la gravidanza in una donna precedentemente sieronegativa, e secondaria quando avviene per riattivazione del virus latente o per reinfezione da un nuovo ceppo in una donna che aveva già contratto l'infezione;
    il rischio di trasmissione al feto non sembra essere correlato al periodo gestazionale durante il quale viene contratta l'infezione. Si ipotizza però un maggior rischio di severità della malattia quando la trasmissione avviene nei primi tre mesi di gravidanza;
    purtroppo a oggi non esiste una terapia di dimostrata efficacia, né per prevenire la trasmissione materno-fetale, né per scongiurare eventuali danni al bambino;
    un esame del sangue della donna in gravidanza indica un eventuale contatto, ma non è in grado di determinare né il periodo del contagio, né l'eventuale trasmissione del virus al feto;
    inoltre, il test per rilevare gli anticorpi IgM – utilizzato per accertare le infezioni recenti – ha evidenziato spesso dei falsi positivi e non è quindi affidabile;
    per determinare l'eventuale trasmissione del virus al feto sono necessari esami più invasivi, come l'amniocentesi o l'analisi del sangue fetale e, in caso di Citomegalovirus congenita, non è stato ancora identificato nessun tipo di marker prognostico del periodo prenatale per determinare se il neonato sarà sintomatico o se svilupperà sequele;
    per contrastare il Citomegalovirus non si conoscono trattamenti prenatali efficaci e sicuri per prevenire la trasmissione madre-feto dell'infezione, né per ridurre le conseguenze di un'infezione congenita e i farmaci disponibili sono estremamente dannosi per il feto;
    anche l'opportunità di uno screening di routine è ancora molto controversa, sia per il rischio di gravi conseguenze permanenti (percentuale bassa), sia perché, una volta individuata l'infezione, non ci sono al momento terapie efficaci per contrastarla. Per questo molti ginecologi preferiscono non prescrivere il test,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per sensibilizzare i medici ginecologi e le future madri affinché si sottopongano ad uno screening, in fase preconcezionale o al massimo entro le primissime settimane di gravidanza, in modo da accertarsi se è stato contratto in passato il virus;
2) a promuovere una campagna d'informazione sulle norme di prevenzione del virus e sullo screening preconcezionale;
3) a favorire lo studio e la ricerca del vaccino contro il Citomegalovirus;
4) ad assumere iniziative per ampliare e finanziare nuovi metodi di ricerca per una terapia efficace per la prevenzione della trasmissione materno-fetale del Citomegalovirus e per scongiurare eventuali danni al bambino.
(1-01499)
«Brignone, Civati, Andrea Maestri, Matarrelli, Pastorino, Artini, Baldassarre, Bechis, Segoni, Turco».
(6 febbraio 2017)

   La Camera,
   premesso che:
    il citomegalovirus (CMV), appartenente alla famiglia degli Herpesvirus, è un virus comune da contagiare almeno tre adulti su cinque;
    le infezioni da citomegalovirus sono nella maggior parte degli individui asintomatiche, perché un buon sistema immunitario è in grado di tenerle sotto controllo, ma negli individui immunodepressi possono causare gravi complicanze, in particolare a occhi, fegato, sistema gastrointestinale e sistema nervoso;
    la maggior parte degli individui sani, adulti o bambini, che contraggono la malattia non manifesta sintomi e non si accorge dell'infezione, mentre alcuni soggetti sviluppano una forma leggera della malattia con febbre, mal di gola, affaticamento e ingrossamento dei linfonodi; una volta contratta l'infezione, il virus rimane latente all'interno dell'organismo per tutta la vita, ma può riattivarsi in caso di indebolimento del sistema immunitario;
    l'aspetto più importante legato al citomegalovirus, dal punto di vista medico, è rappresentato dalle infezioni congenite;
    un'infezione contratta durante la gravidanza e trasmessa al feto può arrecare al bambino danni permanenti anche gravi;
    la trasmissione avviene da persona a persona tramite i fluidi del corpo, tra cui sangue, saliva, urina, liquidi seminali, secrezioni vaginali e latte;
    il contagio può avvenire per contatto persona-persona, per trasmissione madre-feto durante la gravidanza o madre-figlio durante l'allattamento, per trasfusioni e trapianti di organi infetti;
    se contratto nei primi mesi di gravidanza può essere causa anche di serie disabilità nel neonato;
    tra l'uno ed il quattro per cento delle future mamme viene infettato e un terzo lo trasmetterà al figlio;
    la donna in gravidanza è bersaglio facile per i virus, poiché le difese immunitarie si abbassano per impedire un rigetto fetale;
    se il contagio del feto è precoce possono manifestarsi ritardi mentali, sordità o conio retinite;
    spesso la diagnosi è formulata solo quando l'ecografia ha già evidenziato danni al feto;
    il rischio di trasmissione al feto varia fra il 30 e il 40 per cento nella forma primaria e fra lo 0,5 e il 2 per cento nella forma secondaria;
    l'85-90 per cento dei neonati con infezione congenita è asintomatico. Il 10 per cento circa dei neonati asintomatici presenta sequele tardive, generalmente difetti uditivi di severità variabile, con possibili decorsi fluttuanti o progressivi. Il 10-15 per cento circa dei neonati è invece sintomatico, con sintomi che possono essere temporanei o permanenti. Tra quelli temporanei si segnalano, in particolare, problemi al fegato, alla milza, ai polmoni, ittero, petecchie, piccole dimensioni alla nascita e convulsioni. I sintomi permanenti possono essere molto gravi e causare diverse forme di invalidità permanente come sordità, cecità, ritardo mentale, dimensioni piccole della testa, deficit di coordinazione dei movimenti, convulsioni fino alla morte. In alcuni bambini i sintomi compaiono mesi o anni dopo la crescita, e in questi casi i più comuni sono la perdita dell'udito e della vista. La comparsa di disabilità permanenti è più probabile nei bambini che mostrano i sintomi già dalla nascita;
   lo screening precoce può essere fatto con un semplice esame del sangue; in Italia lo screening precoce non fa parte di linee guida condivise ed è ancora al centro di dibattito;
    non esiste attualmente un vaccino per la prevenzione del Citomegalovirus; il modo migliore per limitare il rischio di contagio è un'attenta igiene personale; più in generale, la pulizia della casa e soprattutto delle superfici contaminate da fluidi corporei (come saliva, urina, feci, liquidi seminali e sangue) facilita la prevenzione del contagio;
    alla luce delle attuali conoscenze lo screening di routine per citomegalovirus in gravidanza non è raccomandato, per vari motivi, fra cui principalmente: la mancata disponibilità di un trattamento preventivo o curativo efficace; la difficoltà nel definire un segno prognostico affidabile di danno fetale; la mancanza di consenso circa il management delle donne che presentano una sieroconversione in gravidanza; le potenziali conseguenze in termini di ansia indotta, perdite fetali iatrogene e aumentata richiesta di interruzione volontaria di gravidanza;
   negli Stati Uniti i Centers for Disease Control and Prevention nazionali raccomandano attenzione all'igiene, soprattutto quando si è a contatto con bambini di età inferiore ai 6 anni;
   con citomegalovirus congenito, anche in assenza di manifestazioni, il bambino resta infettivo per qualche anno e può trasmetterlo ad altri bambini;
    sono disponibili diversi test in grado di rilevare l'infezione da citomegalovirus;
    la rilevazione di anticorpi IgG contro il citomegalovirus su un campione di sangue indica un contatto con il virus, ma non è in grado di determinare né il periodo del contagio, cioè se l'infezione è in atto o risale al passato, molto utile in caso di gravidanza, né l'eventuale trasmissione del virus al feto. Nel caso in cui prima della gravidanza questo test risulti negativo, è importante che la donna presti particolare attenzione alle misure utili a evitare il contagio;
    il test per rilevare gli anticorpi IgM, utilizzato per accertare le infezioni recenti, ha evidenziato spesso dei falsi positivi e non è quindi affidabile senza l'integrazione con altri tipi di test;
    un test utilizzato per risalire al periodo dell'infezione è il test di avidità delle IgG;
    per determinare l'eventuale trasmissione del virus al feto sono necessari esami più invasivi, come l'amniocentesi o l'analisi del sangue fetale. Per individuare in un neonato un'infezione congenita da citomegalovirus durante le prime tre settimane di vita si cerca direttamente la presenza del virus (e non degli anticorpi) nelle urine, nella saliva e nel sangue. In caso di citomegalovirus congenita non è stato ancora identificato nessun tipo di marker prognostico del periodo prenatale per determinare se il neonato sarà sintomatico o se svilupperà sequele;
    non si conoscono trattamenti prenatali efficaci e sicuri per prevenire la trasmissione madre-feto dell'infezione né per ridurre le conseguenze di un'infezione congenita. I farmaci disponibili sono estremamente dannosi per il feto;
    alcuni farmaci antivirali possono aiutare a controllare l'infezione negli individui immunodepressi,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per prevedere forme di sostegno per la ricerca sul citomegalovirus, nonché per sviluppare sistemi di diagnosi che consentano il rapido riconoscimento del virus;
2) a sviluppare iniziative dirette a informare i cittadini sui sintomi derivanti dal virus e sulle conseguenze della mancata o tardiva cura;
3) ad assumere iniziative per sensibilizzare gli operatori del settore medico-sanitario al fine di promuovere lo screening per le donne in gravidanza;
4) ad assumere iniziative per prevedere forme di sostegno, anche economico, a favore delle famiglie dei bambini positivi al virus;
5) ad adoperarsi, per quanto di competenza, affinché le istituzioni e l'industria del farmaco adottino misure per promuovere l'innovazione e la ricerca e regolamentino la cooperazione e la condivisione di informazioni tra tutti i soggetti interessati.
(1-01500) «Gullo, Crimi, Occhiuto».
(6 febbraio 2017)