TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 734 di Mercoledì 1° febbraio 2017

 
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INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

  TAGLIALATELA, RAMPELLI, CIRIELLI, LA RUSSA, GIORGIA MELONI, MURGIA, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO e TOTARO. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   il 20 dicembre 2016 al comune di Napoli è stato notificato un atto di pignoramento per un importo di centoventicinque milioni di euro, al quale ha fatto seguito il blocco di tale somma in bilancio mediante l'apposizione del vincolo da parte del tesoriere;
   il ricorso proposto dal comune avverso l'atto di pignoramento è stato dichiarato inammissibile in prima istanza il 9 gennaio 2017 e si è ora in attesa dell'esito dell'udienza fissata per il 9 febbraio 2017 per esaminare l'opposizione dell'ente agli atti esecutivi;
   il debito richiesto al comune origina dal mancato pagamento di opere affidate dal commissariato straordinario per il terremoto dell'Irpinia, avvenuto nel novembre del 1980, al «Consorzio ricostruzione otto», autore di lavori di ricostruzione in base alla legge n. 219 del 1981, spettanze mai pagate né dal commissario, né dalle giunte comunali che si sono susseguite dopo la fine del commissariamento, avvenuto nell'aprile del 1996;
   in estate l'amministrazione comunale aveva spiegato che «il Consorzio ricostruzione otto è titolare di un credito di circa 82 milioni di euro, determinato da una sentenza della corte di appello che ha confermato un lodo arbitrale del 2003, relativo ad una concessione di lavori di ricostruzione post terremoto ex lege n. 219 del 1981, affidata il 31 luglio del 1981 dall'ex commissario straordinario di governo»;
   le somme richieste al comune di Napoli sono, quindi, debiti maturati nel periodo in cui il concedente era lo Stato e l'amministrazione ha più volte richiamato l'attenzione sulla necessità che il Governo si faccia carico del debito per la quota di sua competenza, pari a circa il 90 per cento del totale;
   la crisi di liquidità determinata dalla notifica dell'atto di pignoramento come prima conseguenza ha fatto sì che la tesoreria comunale ha sospeso tutti i pagamenti, compresi quelli per i fornitori, e sono a rischio anche gli stipendi dei dipendenti –:
   quali urgenti iniziative il Governo intenda assumere con riferimento alla problematica di cui in premessa, corrispondendo la parte del debito imputabile allo Stato al fine di evitare un ulteriore dissesto finanziario del comune di Napoli e le ovvie ripercussioni negative che ne conseguirebbero, in primissimo luogo in capo ai dipendenti. (3-02744)
(31 gennaio 2017)

  BUSINAROLO, COZZOLINO, DA VILLA, SPESSOTTO, D'INCÀ, BENEDETTI, FERRARESI, BONAFEDE, AGOSTINELLI, COLLETTI, SARTI, FANTINATI e BRUGNEROTTO. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   i dati relativi alla situazione attuale della giustizia in Veneto, illustrati nei giorni scorsi nel corso dell'inaugurazione dell'anno giudiziario 2017 presso la corte d'appello di Venezia, se da un lato indicano un miglioramento nel settore civile, tratteggiano un quadro allarmante per l'ambito penale, con l'intervento della prescrizione per moltissimi procedimenti;
   la situazione rileva anche dagli interventi del presidente reggente della corte d'appello di Venezia, Mario Bazzo, e del procuratore generale Antonino Condorelli. «Le prescrizioni dichiarate – ha precisato Bazzo – sono state 2.340 su un totale di 4.905 processi definiti, con una percentuale sempre più elevate del 47,7 per cento, rispetto al 49 per cento del precedente anno nel corso del quale erano state dichiarate 1.874 prescrizioni su un totale di 3.788 processi definiti»;
   «(...) La lettura dei dati contenuti nella relazione della Presidenza – ha poi aggiunto Condorelli – non lascia spazio a dubbi di sorta. Infatti è sotto gli occhi di tutti il permanere di grandissime difficoltà e appesantimenti, per quanto concerne il penale, in tema di pendenze dei procedimenti non definiti e di prescrizione di reati, fra i quali alcuni anche di non secondario rilievo»;
   da alcune notizie di stampa recenti (vedasi Il Mattino del 26 gennaio 2017) la prescrizione interesserà anche la vicenda giudiziaria legata al cosiddetto «scandalo Mose», che ha svelato un sistema complesso di corruzione e regalie legati alla realizzazione del progetto;
   secondo la cronaca scatterà, a partire dal mese di settembre 2017, la prescrizione per molti dei soggetti coinvolti, tra cui gli imputati per finanziamento illecito (tra i quali figura l'ex sindaco di Venezia Orsoni), fino ad arrivare agli imputati per corruzione (tra cui l'ex presidente del magistrato delle acque Piva) e per gli indagati-accusatori (come l'ex presidente del consorzio Giovanni Mazzacurati), non ancora rinviati a giudizio –:
   se, alla luce di quanto descritto in premessa, il Governo intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, al fine di favorire un rapido iter della riforma organica della prescrizione, da tempo attesa, soprattutto con l'obiettivo di garantire il corretto e regolare svolgimento dell'attività dell'apparato giudiziario, a fronte di una situazione attuale molto critica, legata ad una carenza cronica sia di magistrati che di personale amministrativo e alle gravi difficoltà di smaltimento dell'ingente mole di procedimenti (e di arretrato) che gravano sui tribunali e che impediscono la certezza della giustizia. (3-02745)
(31 gennaio 2017)

  MATARRESE, DAMBRUOSO e VARGIU. – Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. – Per sapere – premesso che:
   le intense nevicate e gelate verificatesi in Puglia nei giorni 5, 6, 7, 8 gennaio 2017 hanno posto in seria difficoltà non solo i cittadini, ma anche le imprese sul territorio;
   secondo quanto si evince dai dati stimati delle associazioni di categoria e dagli enti locali, pare che neve e gelo abbiano provocato danni irreparabili e per milioni di euro al comparto ortofrutticolo, vitivinicolo, vivaistico, lattiero caseario, agli allevamenti, nonché alle strutture e infrastrutture rurali di Bari, Barletta Andria Trani, Brindisi, Foggia, Lecce e Taranto;
   sarebbero migliaia gli ettari di verdure pronte per la raccolta ma bruciate dal gelo; ci sarebbero serre danneggiate o distrutte sotto il peso della neve, animali morti, dispersi e senz'acqua a causa del congelamento delle condutture;
   nelle zone della Murgia, in particolare nei comuni di Altamura, Santeramo, Cassano e Laterza Ginosa, si sono verificati danni rilevanti agli allevamenti, mentre nei comuni di Castellaneta e Ginosa si registrano notevoli danni alle colture orticole e alle coltivazioni di uva da tavola;
   alcune aziende zootecniche della Murgia non hanno potuto conferire il latte ai caseifici e sono state costrette a smaltirlo quale rifiuto speciale, con ulteriori costi a carico delle aziende stesse;
   a causa dell'impossibilità di transitare in molti tratti della rete stradale pugliese, si è registrato il totale isolamento di molte aziende che non hanno potuto trasportare il prodotto su gomma, con conseguenti gravi danni economici;
   secondo Coldiretti, le consegne di ortaggi si sarebbero ridotte del 70 per cento sia perché bruciati in campo dal gelo, sia perché i mezzi non hanno potuto circolare;
   la regione Puglia ha approvato «la dichiarazione dello stato di crisi in agricoltura per tutto il territorio regionale, a seguito delle eccezionali avversità atmosferiche del 5, 6 e 7 gennaio» –:
   se e quando intenda adottare il provvedimento di declaratoria dello stato di calamità per l'emergenza registrata in Puglia e altre specifiche misure dirette ad indennizzare le aziende che hanno subito danni a causa delle condizioni meteorologiche particolarmente avverse, nonché quali saranno i tempi effettivi entro cui le imprese potranno ricevere gli indennizzi.
(3-02746)
(31 gennaio 2017)

  SCHULLIAN, ALFREIDER, GEBHARD, PLANGGER, OTTOBRE e MARGUERETTAZ. – Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. – Per sapere – premesso che:
   la direttiva quadro sulle acque 2000/60/CE, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque, ha stabilito che entro il 2010 gli Stati membri devono provvedere a un adeguato contributo per il recupero dei costi dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell'acqua, suddivisi almeno in industria, famiglie e agricoltura, sulla base dell'analisi economica effettuata secondo l'allegato III della stessa direttiva e tenendo conto del principio «chi inquina paga» (articolo 9, comma 1);
   al riguardo gli Stati membri possono tener conto delle ripercussioni sociali, ambientali ed economiche del recupero, nonché delle condizioni geografiche e climatiche della regione o delle regioni in questione;
   la direttiva stabilisce, inoltre, che gli Stati membri non violano la direttiva qualora decidano di non applicare le suddette disposizioni per una determinata attività di impiego delle acque, ove ciò non comprometta il raggiungimento degli obiettivi della direttiva stessa (articolo 9, comma 4);
   la Corte di giustizia dell'Unione europea (sentenza C 525/12, 11 settembre 2014) si è espressa sostenendo che la direttiva non può essere interpretata nel senso che tutte le attività elencate tra i servizi idrici siano assoggettate al principio del recupero dei costi. La Corte di giustizia dell'Unione europea ha respinto il ricorso presentato dalla Commissione europea contro una legge tedesca che esclude taluni servizi dalla categoria dei «servizi idrici», per i quali l'articolo 9 della direttiva 2000/60/CE stabilisce il principio del recupero dei costi;
   l'Italia ha emanato nel 2015, con il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 24 febbraio 2015, n. 39, un regolamento recante i criteri per la definizione del costo ambientale e del costo della risorsa per i vari settori d'impiego dell'acqua;
   al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si sta lavorando alle disposizioni attuative sui costi dell'acqua in tutti i settori, senza coinvolgimento delle parti interessate;
   per il settore agricolo, l'acqua è una risorsa fondamentale e indispensabile per la produzione di alimenti, un innalzamento del costo del canone si tradurrebbe direttamente in un costo di produzione più alto –:
   se il Ministro interrogato non intenda adottare iniziative volte ad escludere dall'applicazione di nuovi e ulteriori oneri l'agricoltura, settore trainante dell'economia italiana, al fine di non ledere ulteriormente la sua competitività, considerando che molti Paesi europei (ad esempio l'Austria e alcuni Länder della Germania) hanno già deciso di non voler assoggettare l'agricoltura al recupero dei costi.
(3-02747)
(31 gennaio 2017)

  OLIVERIO, SANI, LUCIANO AGOSTINI, ANTEZZA, CAPOZZOLO, CARRA, COVA, CUOMO, DAL MORO, DI GIOIA, FALCONE, FIORIO, LAVAGNO, MARROCU, MONGIELLO, PALMA, PRINA, ROMANINI, TARICCO, TERROSI, VENITTELLI, ZANIN, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. – Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. – Per sapere – premesso che:
   con legge di stabilità per l'anno 2015 è stato avviato dal Ministro interrogato un rilevante processo di riforma degli enti di ricerca vigilati dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, attraverso l'incorporazione dell'Istituto nazionale di economia agraria nel Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura e la nascita di un nuovo ente di ricerca denominato Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria;
   il processo di riforma si poneva gli obiettivi di razionalizzare il settore della ricerca e della sperimentazione nel settore agroalimentare e di sostenere gli spin off tecnologici, nonché di razionalizzare e contenere la spesa pubblica;
   in attuazione della normativa richiamata sono stati di recente adottati dal Ministro interrogato un nuovo statuto dell'ente ed un piano di razionalizzazione, funzionali ad una rilevante riduzione dei costi di funzionamento dell'ente e all'ottimizzazione della gestione patrimoniale, anche mediante la riorganizzazione delle strutture della rete di ricerca;
   poche settimane fa, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha presentato ufficialmente il piano di ricerca sulle biotecnologie sostenibili, che ha una dotazione finanziaria di 21 milioni di euro su una frontiera centrale come la salvaguardia delle colture tradizionali italiane;
   i ricercatori del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria sono impegnati in progetti internazionali come il sequenziamento del genoma del frumento;
   il lavoro fatto dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria in occasione di Expo Milano 2015 si è caratterizzato per approfondimenti specifici a sostegno delle principali filiere produttive dell'agroalimentare italiano;
   l'impegno del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria nel campo dell'innovazione, dell'analisi dei big data e nella realizzazione delle linee guida per l'agricoltura di precisione ha fissato l'obiettivo di estendere queste pratiche al 10 per cento della superficie agricola italiana;
   il forte impegno dell'ente nella creazione di opportunità per i giovani innovatori, come dimostrato dal programma Agrogeneration, costituisce un momento di crescita per start up agroalimentari e nuove imprese agricole under 40;
   va nella giusta direzione l'apertura di un tavolo presso il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali per affrontare nell'immediato tutte le problematiche connesse alla riorganizzazione dell'ente, con particolare riferimento alle garanzie occupazionali per il personale precario –:
   quali siano le linee di indirizzo e le azioni operative previste per l'ulteriore rafforzamento della ricerca pubblica in campo agricolo e agroalimentare a supporto di un settore che nel 2016 ha saputo superare i 38 miliardi di euro di export, dimostrando vitalità e capacità di creazione di posti di lavoro. (3-02748)
(31 gennaio 2017)

  PRESTIGIACOMO. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:
   in attuazione dell'articolo 8, comma 1, lettera f), della legge n. 124 del 2015 è stato emanato il decreto legislativo n. 169 del 2016, recante riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina delle autorità portuali, che riduce le attuali 24 autorità portuali in 15 autorità di sistema portuale (AdSP);
   il comma 3 dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 169 del 2016 stabilisce che «sede della AdSP è la sede del porto centrale, individuato nel regolamento (UE) n. 1315/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, ricadente nella stessa AdSP. In caso di due o più porti centrali ricadenti nella medesima AdSP il Ministro indica la sede della stessa»;
   l'allegato A del decreto legislativo prevede che i porti di Augusta e Catania facciano capo all'autorità di sistema portuale del Mare di Sicilia orientale, mentre i porti di Messina e Milazzo, rientrando nell'autorità di sistema portuale dei Mari Tirreno meridionale e Jonio e dello Stretto, dovranno far capo alla sede centrale di Gioia Tauro;
   ad avviso dell'interrogante e contrariamente a quanto più volte dichiarato dal Ministro interrogato, è evidente come il riordino appena citato vada nella direzione opposta dell'efficienza;
   con decreto, non ancora pubblicato, del Ministro interrogato, Catania è stata istituita, per un periodo di 2 anni, come sede dell'autorità di sistema portuale del Mare di Sicilia orientale, rispetto all'originale previsione di Augusta, come stabilito nell'elenco pubblicato dal Ministero il 21 gennaio 2016;
   da una nota del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si apprende, altresì, che «la scelta su Catania è stata compiuta in seguito alla richiesta della Regione siciliana, cui è stata data risposta positiva, specificando che si tratta di sede transitoria per un periodo di non più di due anni»;
   il presidente della Regione siciliana, in una nota protocollo n. 15404 del 12 gennaio 2016 inviata al Ministro interrogato, ha richiesto di individuare nella sede della istituenda autorità di sistema portuale del Mare di Sicilia orientale quella dell'autorità portuale di Catania, essendo il «core del nuovo sistema portuale e logistico della Sicilia orientale»;
   come riportato dalle agenzie di stampa, il presidente della Regione siciliana ha poi smentito quanto riportato;
   ad avviso dell'interrogante, la procedura appena esposta è caratterizzata da evidenti ambiguità da parte di tutti i soggetti interessati, che si smentiscono con dichiarazioni clamorosamente contrastanti –:
   se il Ministro interrogato, alla luce di quanto riportato in premessa, non intenda adottare le iniziative di competenza volte a ridefinire i criteri della riforma delle autorità portuali attraverso un confronto con le realtà coinvolte e i parlamentari rappresentanti del territorio. (3-02749)
(31 gennaio 2017)

  FRANCO BORDO, FOLINO, SCOTTO, AIRAUDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FERRARA, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MARTELLI, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, RICCIATTI, SANNICANDRO e ZARATTI. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
   come ha dichiarato di recente in un'intervista al quotidiano Il Sole 24 ore il capo della segreteria tecnica del Ministero dell'economia e delle finanze, Fabrizio Pagani, resta l'obiettivo di vendere sul mercato la residua quota del 30 per cento del gruppo Poste italiane, da collocare sul mercato a investitori istituzionali e risparmiatori;
   come sottolineato da Pagani, la finestra per la seconda tranche di privatizzazione di Poste italiane potrebbe aprirsi tra giugno e luglio 2017;
   tali affermazioni sembrano contrastare con gli orientamenti assunti pochi mesi fa dal Governo. In particolare, durante un convegno organizzato dal gruppo parlamentare di Sinistra italiana, nel mese di settembre 2016, il Sottosegretario allo sviluppo economico, Antonello Giacomelli, aveva dichiarato pubblicamente che il collocamento della seconda tranche del gruppo era stato messo in stand-by dal Governo;
   il piano industriale di ristrutturazione del gruppo Poste italiane e il percorso di privatizzazione della società – in una logica di progressiva perdita del controllo sulla gestione di Poste italiane e delle sue attività al cittadino – non si è dimostrato in grado di garantire la tutela del servizio postale universale, né a garantire adeguati livelli occupazionali, salvaguardando un diritto riconosciuto dal diritto comunitario e nazionale;
   ormai su tutto il territorio nazionale, comuni, associazioni territoriali e realtà produttive hanno paventato i rischi socio-economici legati alla progressiva rarefazione del servizio postale; l'introduzione progressiva del meccanismo di recapito della posta a giorni alterni sta creando disagi sia al Nord che al Centro-Sud, che nelle Isole;
   l'ulteriore dismissione di quote di Poste italiane, dunque, rischia di peggiorare il quadro della governance e della capacità industriale di un'azienda cruciale per il sistema Paese, in cui, al contrario, andrebbe rafforzato il ruolo di principale azionista dello Stato –:
   quali informazioni il Governo intenda fornire circa lo stato di avanzamento del processo di ulteriore dismissione con ricorso al mercato di quote azionarie del gruppo Poste italiane e dei relativi effetti socio-economici per il Paese, con particolare riguardo alle ricadute in termini di tutela del servizio postale universale e di salvaguardia dei livelli occupazionali. (3-02750)
(31 gennaio 2017)

  GUIDESI, MOLTENI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, INVERNIZZI, PAGANO, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
   nel piano strategico presentato da Poste italiane relativo agli anni 2015-2019 si prevede la ridefinizione del servizio universale postale, in quanto considerato disallineato rispetto ai reali bisogni delle famiglie e non più sostenibile dal punto di vista economico: previsione più che preoccupante vista la mission di società a capitale interamente pubblico, che gestisce i servizi postali in una condizione di sostanziale monopolio;
   nei fatti, questo ha comportato che la società, che si impegna nel contratto di servizio a raggiungere determinati obiettivi di qualità, ha scelto, spesso anche senza le dovute concertazioni con le amministrazioni locali, di chiudere uffici postali o di ridurre significativamente gli orari di apertura, senza considerare l'importanza che questi rivestono sui territori. Negli ultimi mesi, inoltre, ha adottato un nuovo modello di recapito della posta a giorni alterni, che disattende completamente quanto previsto all'articolo 3 del decreto legislativo n. 261 del 1999, in cui si prevede che il fornitore del servizio universale garantisca, per almeno cinque giorni la settimana, una distribuzione al domicilio, rispondendo alla necessità di garantire il rispetto delle esigenze essenziali;
   le scelte di Poste italiane, orientate al guadagno più che al rispetto delle esigenze collettive, stanno creando evidenti disservizi per l'utenza, che è costretta a lunghe attese agli sportelli aperti, è nell'impossibilità di sottoscrivere abbonamenti a giornali o riviste e che addirittura è costretta a pagare sanzioni e more per fatture mai ricevute o non si vede notificare importanti atti giudiziari o comunicazioni urgenti dagli istituti di credito;
   il nuovo modello di recapito si è rivelato fallimentare sotto tutti i punti di vista: i depositi e i centri di smistamento sono saturi di corrispondenza in giacenza, il servizio è inefficiente e non risponde agli standard qualitativi previsti dal contratto di servizio, i cittadini utenti vivono gravi disagi, oltremodo inaccettabili per le persone più anziane che hanno scelto di affidarsi ai recapiti postali per ricevere servizi per loro fondamentali –:
   se il Ministro interrogato non ritenga urgente adottare iniziative di competenza tese a promuovere un'immediata sospensione del nuovo modello di gestione e recapito della corrispondenza a giorni alterni, promuovendo al contempo una concertazione fra le parti interessate, così da poter garantire all'utenza l'effettiva erogazione del servizio universale postale che risponda ai previsti standard di efficienza e qualità. (3-02751)
(31 gennaio 2017)

  SOTTANELLI, FRANCESCO SAVERIO ROMANO, VEZZALI, PARISI e MERLO. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
   il 18 gennaio 2017 l'Italia centrale, in particolare le zone al confine tra il Lazio e l'Abruzzo, sono state interessate da un nuovo sciame sismico e, negli stessi giorni, anche da intense e persistenti nevicate che hanno prodotto accumuli al suolo di molto superiori ai valori medi stagionali e causato interruzioni dell'energia elettrica, soprattutto in Abruzzo;
   in base alle informazioni di stampa, ai comunicati ufficiali di Enel distribuzione spa e alle notizie diffuse dalle prefetture e dalle regioni, il picco massimo di utenti disalimentati ha raggiunto anche le 200 mila unità tra Marche e Abruzzo tra il 18 e il 20 gennaio 2017;
   in particolare, in provincia di Teramo si è verificata la situazione più grave, con decine di migliaia di utenze rimaste senza alimentazione per 8 giorni e oltre;
   tali interruzioni di distribuzione di portata enorme, sia per la vastità del territorio interessato che per il numero di utenze coinvolte, hanno causato un grave danno alle famiglie, alle imprese e anche agli enti erogatori di servizi pubblici in Abruzzo, oltre ad aver contribuito a ritardare e rendere particolarmente difficili le operazioni di soccorso e il loro coordinamento;
   in risposta ad una precedente interrogazione del primo firmatario del presente atto erano stati annunciati dall'allora Ministro Guidi importanti investimenti di Terna in Abruzzo, pari a 1 miliardo di euro per l'installazione di nuove reti e a 10 milioni di euro annui per la manutenzione di quelle esistenti, mentre nel giugno 2015 erano stati annunciati stanziamenti di 200 milioni di euro fino al 2019;
   nel giugno 2015, a seguito del black-out del marzo 2015, Enel ha avviato un tavolo di confronto con la regione Abruzzo, annunciando l'aumento degli investimenti in Abruzzo e prevedendo il potenziamento dei tratti maggiormente esposti alle criticità meteo, in alcuni casi anche attraverso la completa sostituzione degli impianti, annunciando stanziamenti di 200 milioni di euro fino al 2019;
   i recenti disservizi hanno fatto emergere nuovamente la totale inadeguatezza della rete infrastrutturale abruzzese e, quindi, la mancanza di adeguati investimenti per la modernizzazione e il rafforzamento della rete –:
   se risulti che Terna ed Enel spa abbiano investito quanto previsto o, in caso contrario, per quali motivi tardino ancora tali investimenti e quali iniziative di competenza si intendano assumere per prevedere risarcimenti straordinari per i danni subiti in favore di enti pubblici, imprese e cittadini. (3-02752)
(31 gennaio 2017)

  VIGNALI. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
   occorre tutelare e sostenere concretamente l'industria manifatturiera, che ha sempre costituito e costituisce tuttora un elemento fondamentale per la crescita dell'economia e dell'occupazione del nostro Paese;
   al riguardo è necessario ricordare come l'Italia abbia il secondo settore manifatturiero europeo dopo la Germania;
   a livello europeo si sta discutendo della concessione alla Cina dello stato di economia di mercato (status Mes), che comporterebbe l'eliminazione dei dazi sui prodotti cinesi: una misura che penalizzerebbe in modo significativo numerosi settori industriali italiani ed europei;
   la Cina, anche sotto il profilo degli investimenti e del commercio, costituisce un punto di riferimento e risulta, quindi, un partner molto importante per l'Europa e per il nostro Paese;
   il 15 dicembre 2016 si è celebrato il quindicesimo anniversario della firma del protocollo che ha determinato l'ingresso della Cina nell'Organizzazione mondiale del commercio, l'organizzazione del commercio internazionale. Una sezione di tale protocollo prevedeva, peraltro, che la Cina potesse essere identificata, per 15 anni, come una non market economy (Nme) nei procedimenti antidumping se le aziende cinesi non fossero state in grado di provare che operano in condizioni normali di mercato. Al termine di tale periodo la Cina avrebbe potuto ottenere lo stato di economia di mercato (va rilevato, peraltro, come lo status di Nme comporti, come conseguenza, che molti prodotti cinesi siano considerati fonte di dumping e, pertanto, soggetti a dazi);
   è opportuno, pertanto, attivarsi in sede europea per proporre un sistema di regole certe e sicure che disciplini il «passaggio» della Cina all'economia di mercato, senza che questo penalizzi il sistema produttivo europeo ed italiano;
   il permanere di condizioni che avvantaggiano il sistema produttivo cinese (aiuti di Stato, dumping sociale ed economico) determinerebbe, inoltre, ripercussioni negative sull'occupazione europea e nazionale, che sono state autorevolmente valutate per l'Italia in una perdita di 400.000 posti di lavoro e svariati punti di prodotto interno lordo –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere a livello europeo perché, nel contesto sopra indicato, si pervenga alla determinazione di un quadro costituito da regole certe che, pur nell'ottica di un rafforzamento del partenariato con la Cina, assicuri e salvaguardi il mondo dell'imprenditoria e del lavoro in Europa e nel nostro Paese. (3-02753)
(31 gennaio 2017)