TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 722 di Mercoledì 11 gennaio 2017

 
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INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

   GALGANO, MOLEA e PALLADINO. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   la misurazione della soddisfazione dei cittadini rispetto al godimento dei servizi pubblici offerti rappresenta uno degli strumenti utili a migliorarne la qualità, ponendo l'utente al centro del processo di riorganizzazione dei servizi stessi;
   dalla cosiddetta direttiva Ciampi-Cassese del 1994, fino ad arrivare al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali e al decreto legislativo n. 33 del 2013, i comuni italiani sono obbligati alla redazione e alla pubblicazione delle indagini di soddisfazione degli utenti sui servizi erogati, acquisendo periodicamente la valutazione circa la qualità degli stessi;
   le normative fanno riferimento a tutti i servizi erogati, quindi anche quelli tramite società partecipate, e prevedono l'obbligo della pubblicazione delle indagini sui siti istituzionali dei comuni o delle società erogatrici;
   Radicali Italiani ha condotto un'indagine (dalla quale emerge un quadro negativo tranne per poche eccezioni) sull'applicazione del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali e del decreto legislativo n. 33 del 2013 nei 40 comuni più popolosi in Italia;
   i comuni, infatti, interrogano i cittadini e informano pubblicando le indagini solo su pochi servizi, tralasciando, il più delle volte, quelli importanti rispetto al numero degli utenti, quali, ad esempio, i trasporti pubblici locali e la raccolta dei rifiuti. Quando, invece, sono i comuni ad essere virtuosi nel produrre indagini, sono le società partecipate ad essere carenti nell'assicurare le misurazioni;
   dall'inchiesta, condotta, tra l'altro, sui soli servizi essenziali di interesse generale, emerge che esclusivamente 4 comuni su 40 hanno prodotto indagini su trasporti urbani, rifiuti, acqua, energia e asili nido;
   anche dal punto di vista della pubblicazione degli esiti, il quadro risulta critico, perché, quando presenti, le rilevazioni sono di accessibilità modesta e non si trovano facilmente nei siti;
   la diffusa mancata applicazione delle previsioni del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali e del decreto legislativo n. 33 del 2013 da parte delle pubbliche amministrazioni rappresenta un danno per i cittadini, perché non consente loro di poter essere a conoscenza della qualità dei servizi pubblici erogati e di verificare l'efficacia ultima delle procedure di affidamento o della gestione interna dei servizi stessi –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire la piena applicazione delle norme giuridiche violate, tutelando i cittadini anche in termini di garanzia di concorrenzialità ed efficienza dei servizi stessi.
(3-02679)
(10 gennaio 2017)

   MICILLO, DE ROSA, BUSTO, DAGA, ZOLEZZI, TERZONI, VIGNAROLI e MANNINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 29 dicembre 2016 Il Fatto quotidiano pubblicava un editoriale a firma del medico-oncologo Antonio Marfella, vicepresidente dell'associazione medici per l'ambiente Napoli (Isde), che segnala come nel report Ispra 2016 sulla gestione dei rifiuti urbani in Italia non siano comprese nella loro adeguata rilevazione l'esatta quantità di ceneri prodotte dall'inceneritore di Acerra (Napoli);
   Marfella solleva alcune perplessità: «l'incenerimento dei rifiuti, oltre alle emissioni tossiche gassose, produce residui solidi. Questi ultimi si differenziano in:
    a) scorie o ceneri pesanti, costituite dal residuo non combustibile dei rifiuti; rappresentano la frazione più rilevante degli scarti prodotti dal processo di incenerimento (da 200 a 300 chilogrammi per ogni tonnellata di rifiuto). Sono rifiuti speciali non pericolosi;
    b) ceneri leggere o volanti, che derivano dai trattamenti di depurazione dei reflui gassosi e ceneri di caldaia; sono prodotte in quantità variabili tra 30 e 60 chilogrammi per tonnellata di rifiuto. Sono rifiuti pericolosi e vengono generalmente smaltite in discarica» (fonte Arpa Piemonte);
   il report ISPRA è il documento ufficiale con il quale il Governo italiano certifica l'andamento della gestione dei rifiuti urbani;
   l'inceneritore di Acerra dovrebbe quindi produrre non meno di 150 mila tonnellate l'anno di ceneri pesanti e non meno di 22 mila tonnellate l'anno di ceneri leggere, per un totale complessivo non inferiore alle 172 mila tonnellate l'anno, a fronte di un trattamento di 714.000 tonnellate di rifiuti solidi urbani conferiti nel 2015, mentre nella tabella 3.3.6 del rapporto Ispra 2016 la quantità dichiarata di ceneri prodotte dai nove inceneritori riuniti in Acerra non è superiore a 36.000 tonnellate l'anno;
   emerge, pertanto, dal predetto Ispra che Acerra è diventato il più grande impianto di Italia; incenerisce il 28 per cento dei propri rifiuti solidi urbani rispetto alla media italiana del 19 per cento ed europea del 24 per cento. Risulta, inoltre, che la Campania non dispone di impianti specifici di trattamento per rifiuti speciali, come le ceneri da impianti di incenerimento –:
   se il Ministro interrogato, anche al fine di promuovere la modifica del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 agosto 2016, che ha individuato la capacità complessiva di trattamento degli impianti di incenerimento di rifiuti urbani e assimilabili in esercizio o autorizzati a livello nazionale, intenda spiegare l'evidente difformità dei dati relativi alle scorie che sarebbero prodotte dall'impianto di Acerra rispetto al quantitativo registrato nel citato rapporto Ispra, contestualmente comunicando gli impianti ove siano conferiti per trattamento e smaltimento finale le ceneri prodotte. (3-02680)
(10 gennaio 2017)

   VEZZALI, FRANCESCO SAVERIO ROMANO, PARISI e LAINATI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il bonus per i diciottenni ha favorito l'utilizzo di risorse per promuovere cinema, teatro, mostre, acquisto di libri e musica a tutto vantaggio di una formazione più moderna e per sensibilizzare i ragazzi verso l'interazione fra istruzione e cultura;
   si apprende dal web che sarebbe in atto un uso distorto di questi bonus: destinati ad essere utilizzati per l'acquisto di libri e cd, i bonus sarebbero invece rivenduti, dagli stessi beneficiari, su piattaforme on line a prezzi scontati come se fossero di seconda mano, al solo fine di ricavarne denaro da utilizzare senza vincoli –:
   se il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo abbia predisposto forme di monitoraggio che consentano di tracciare e verificare il corretto utilizzo del bonus, destinato esclusivamente all'acquisto di beni e materiale culturale, al fine di riscontrarne l'eventuale uso distorto, e come intenda contenere questo fenomeno.
(3-02681)
(10 gennaio 2017)

   COSCIA, BONACCORSI, PICCOLI NARDELLI, ASCANI, BLAZINA, CAROCCI, COCCIA, CRIMÌ, DALLAI, D'OTTAVIO, GHIZZONI, IORI, MALISANI, MALPEZZI, MANZI, NARDUOLO, ORFINI, PES, RAMPI, ROCCHI, SGAMBATO, VENTRICELLI, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   al fine di garantire una razionalizzazione della spesa del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e maggiore efficienza delle modalità di bigliettazione – in linea con quanto disposto dall'articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge luglio 2014, n. 106 – l'articolo 1, comma 432, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, (legge di bilancio 2017) ha previsto l'adeguamento delle soprintendenze speciali agli standard internazionali di organizzazione e gestione applicati ai musei autonomi;
   la norma citata ha stabilito, inoltre, che, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, siano apportate necessarie modifiche al decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo 23 gennaio 2016, «Riorganizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, ai sensi dell'articolo 1, comma 327, della legge 28 dicembre 2015»;
   alcuni organi di stampa hanno segnalato possibili criticità derivanti dall'attuazione della norma, con particolare riferimento al finanziamento, a valere sugli introiti della bigliettazione, dell'attività di tutela nelle aree interessate –:
   quali modifiche il Ministro interrogato intenda apportare al decreto ministeriale 23 gennaio 2016, «Riorganizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, ai sensi dell'articolo 1, comma 327, della legge 28 dicembre 2015», al fine di dare attuazione all'articolo 1, comma 432, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, in modo da continuare ad assicurare il pieno svolgimento delle attività di tutela del patrimonio culturale. (3-02682)
(10 gennaio 2017)

   GAROFALO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   i dati forniti dall'Euipo dimostrano come il nostro Paese, che costituisce un polo manifatturiero di eccellenza a livello mondiale, perda competitività ed occupati per la continua crescita del fenomeno legato alla contraffazione;
   il cosiddetto made in Italy, infatti, «perde» ogni anno circa 4,5 miliardi di euro nei settori di abbigliamento e calzature, 624 milioni di euro nella cosmetica, 520 milioni di euro sul fronte delle borse e delle valigie. Considerando poi la contraffazione alimentare, l'Italia subisce un danno enorme con una perdita economica pesantissima;
   questo fenomeno, che deriva dalla fabbricazione in Italia di prodotti contraffatti ma sempre più come assemblaggio di componenti contraffatte provenienti dall'estero, è diffuso su tutto il territorio del nostro Paese, con punte particolarmente elevate in Campania, Toscana, Lazio e Marche;
   la contraffazione causa danni ingenti sia alle aziende titolari dei diritti di proprietà industriale, sia ai lavoratori, perché toglie posti di lavoro e determina spesso lo sfruttamento del lavoro in nero, sia allo Stato per i danni erariali collegati all'evasione fiscale, sia ai consumatori, per i danni alla salute che prodotti confezionati con sostanze nocive spesso causano;
   tra l'altro, la contraffazione, oltre ad avere impatti negativi sotto il profilo macro e microeconomico, in quanto crea evidenti ostacoli allo sviluppo dell'economia italiana e alla crescita dell'occupazione, costituisce uno dei nuovi settori di attività illecite strettamente legati alla criminalità organizzata, sia internazionale che nazionale, che investe massicciamente in essa, attratta dai forti profitti e dai rischi limitati rispetto ad altri settori criminali, perché la consapevolezza presso l'opinione pubblica e le istituzioni della dannosità del fenomeno non è ancora adeguata; è quindi necessaria una ferma risposta sotto il profilo della prevenzione e della repressione;
   è, pertanto, necessario intervenire a livello interno ed europeo per sollecitare una risposta credibile e per affrontare il problema della contraffazione con la massima celerità, in modo da fornire adeguate risposte ai produttori ed ai consumatori, non tralasciando di intervenire anche attraverso azioni di educazione alla legalità, che deve partire dalla formazione dei giovani nelle scuole e dei consumatori –:
   quali iniziative intenda adottare, anche a livello europeo, per contrastare un fenomeno che colpisce in termini rilevanti l'Europa e, al suo interno, in maniera particolare il nostro Paese. (3-02683)
(10 gennaio 2017)

   RICCIATTI, FERRARA, SCOTTO, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MARTELLI, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, SANNICANDRO e ZARATTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la crisi industriale che sta attraversando il sistema produttivo italiano rappresenta, senza alcun dubbio, quella più profonda che ha investito il nostro Paese dal dopoguerra ad oggi, coinvolgendo centinaia di aziende di tutti settori e dimensioni;
   sul tavolo del Ministero dello sviluppo economico sono aperte circa 150 vertenze che perdurano drammaticamente, risultano, ad oggi, in massima parte irrisolte e coinvolgono almeno 120.000 lavoratori, senza contare quelli dell'indotto per cui si arriva al coinvolgimento totale di circa 200.000 persone;
   secondo il terzo rapporto sulla gestione delle crisi aziendali dell'Ugv (Unità per gestione delle vertenze delle imprese in crisi) del Ministero dello sviluppo economico, a marzo del 2016 erano attivi 148 tavoli, che nel 2015 hanno viste coinvolte 151 società. Le regioni più interessate a questi confronti sono state Lombardia, Lazio, Veneto, Campania ed Emilia-Romagna. Sul sito del Ministero dello sviluppo economico la mappa dei tavoli è stata poi aggiornata a giugno 2016: 145 i tavoli aperti. Il settore maggiormente in crisi è quello dell'industria pesante, seguono quello delle telecomunicazioni, dell'elettronica e del tessile; ma anche l'agroalimentare, la chimica, la petrolchimica, l'edilizia e l'energia;
   esistono poi altre migliaia di posti a rischio in vertenze che non arrivano neanche ad esser trattate dal Ministero dello sviluppo economico, come quelle del settore tessile;
   tra le crisi industriali figurano, tra le altre, Almaviva di cui si è assistito recentissimamente al licenziamento di 1666 persone e alla chiusura della sede romana, ma anche Gepin e Uptime, Alcoa, Belleli ed ex area IES, le ex Acciaierie Lucchini, Mercatone Uno, il Gruppo Novelli, Selcom, Vesuvius, il sistema bancario, Italcementi, Irisbus di Avellino, per non parlare di Alitalia e Poste italiane s.p.a., di cui si è parlato molto sulla stampa nazionale in questi ultimi giorni;
   a ciò si aggiunga che dal 1o gennaio 2017, infatti, secondo quanto previsto dalla «legge Fornero» sul lavoro del 2012, l'indennità che spettava ai lavoratori licenziati da imprese industriali con più di 15 dipendenti o commerciali con più di 50 è abrogata. Dopo 25 anni dall'istituzione del sussidio, che in alcuni casi (mobilità lunga verso la pensione) poteva durare fino a 7 anni in caso di lavoratore anziano licenziato al Sud, l'unico assegno di disoccupazione resta la Naspi –:
   quali iniziative urgenti di politica industriale il Governo intenda assumere per far fronte a una situazione che rischia di sfociare in un vero e proprio collasso sociale, rischiando di andare ben oltre i 150 tavoli di crisi aperti presso il Ministero dello sviluppo economico. (3-02684)
(10 gennaio 2017)

   CAPELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   recentemente si è appreso che circa la metà dei detenuti islamici presenti in Italia accusati di terrorismo internazionale e inserita nei circuiti di alta sicurezza è detenuta in due carceri della Sardegna (20 su un totale di 44) e che sono 373 i detenuti stranieri nelle carceri italiane che risultano sotto sorveglianza per rischio radicalizzazione;
   il sindacato di polizia lamenta, in Sardegna, una carenza di organico rispetto al numero di detenuti presenti nelle carceri isolane e una situazione di disagio, tenuto conto che, rispetto al passato, la tipologia dei detenuti presenti in Sardegna è cambiata;
   il Presidente del Consiglio dei ministri, Gentiloni, in una conferenza stampa con il Ministro dell'interno, Marco Minniti, al termine dell'incontro con la Commissione di studio sul fenomeno della radicalizzazione e dell'estremismo jihadista, ha dichiarato che il percorso di radicalizzazione si sviluppa soprattutto in alcuni luoghi: nelle carceri da un lato e nella rete dall'altro;
   risulta all'interrogante che tra gli strumenti di prevenzione tesi alla de-radicalizzazione dei soggetti a rischio possa essere prevista anche la misura del trasferimento dei detenuti islamici definiti di bassa pericolosità nelle vecchie colonie agricole penali, dove potrebbero godere di un regime più aperto che gli consenta di orientarsi ad abbandonare propositi di aggressione;
   ferma restando la convinzione dell'utilità dei regimi alternativi alla detenzione, desta stupore immaginare questa ultima misura per il caso in questione;
   infatti, ad oggi, le colonie agricole penali risultano ubicate unicamente in Sardegna e, pertanto, ai detenuti già presenti sull'isola, verrebbe ad aggiungersene un numero imprecisato;
   come accaduto anche in passato per i detenuti sottoposti al regime del 41-bis del codice di procedura penale, l'isola diventerebbe di fatto l'unica regione a farsi carico del problema, in spregio al principio dell'equa distribuzione sul territorio nazionale dei detenuti;
   sarebbe necessario conoscere il numero esatto dei detenuti islamici accusati di terrorismo internazionale già inseriti nei circuiti di alta sicurezza della Sardegna e la loro destinazione, in modo da comprendere quali misure di controllo e monitoraggio siano attualmente previste nei loro confronti e se essi possano in qualche modo interagire con detenuti comuni o appartenenti alla criminalità organizzata –:
   se corrisponda al vero la notizia secondo la quale è in corso di studio l'ipotesi di trasferire i detenuti islamici individuati di bassa pericolosità presso le colonie agricole penali e, in caso positivo, quale sia il numero dei soggetti potenzialmente interessati al trasferimento.
(3-02685)
(10 gennaio 2017)

   RONDINI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, PAGANO, PICCHI, GIANLUCA PINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   da articoli apparsi sulla stampa, pare che l'attuale Governo stia predisponendo una serie di nuove misure, a cui stanno lavorando tecnici dei Ministeri della giustizia e dell'interno, con cui si procederà finalmente all'adeguamento dell'attuale normativa nazionale a quella comunitaria, tra cui la previsione di una nuova procedura per le domande di asilo e di un unico grado di appello avverso il diniego della domanda di protezione internazionale, come già disposto dalla direttiva 2013/32/UE, contro gli attuali tre gradi di giudizio previsti attualmente in Italia;
   inoltre, sempre secondo quanto dichiarato anche dal Capo della polizia, Franco Gabrielli, tra le misure necessarie a scongiurare il pericolo di infiltrazioni e attacchi terroristici e a garantire il rimpatrio effettivo di irregolari e clandestini, sarà prevista l'istituzione di nuovi centri di identificazione ed espulsione, risultandone operativi solo quattro per la loro progressiva chiusura, ed il prolungamento del periodo di permanenza fino a un anno dagli attuali 3 mesi, termine così ridotto drasticamente nel 2014 dalla maggioranza di Governo dagli originari 18 mesi, secondo quanto prescritto dalla direttiva 2008/115/UE;
   recentemente il Presidente del Consiglio dei ministri ha anche sottolineato la necessità di porre adeguate misure per prevenire l'estremismo islamico jihadista, sempre più pericoloso e proliferante nelle carceri italiane, come dimostra anche il caso di Anis Amri, autore della strage di Berlino del 23 dicembre 2016, dal 2011 al 2015 detenuto in Italia;
   già in passato, più volte, come riportato dalla stampa, i servizi di intelligence hanno lanciato l'allarme sul rischio di infiltrazioni terroristiche nei flussi migratori ed altresì diverse organizzazioni sindacali di polizia penitenziaria hanno segnalato il proliferare di pericolose forme di proselitismo del fondamentalismo islamico negli istituti penitenziari;
   alla luce dei dati resi noti dall'agenzia europea Frontex, l'Italia resta uno dei fronti più esposti ai flussi immigratori con un record di arrivi nel 2016 pari a 181.000 immigranti solo dalla rotta centro mediterranea, il 20 per cento in più rispetto al 2015;
   benché siano resi noti circa 39 detenuti radicalizzati ed almeno 300 ritenuti a rischio di radicalizzazione islamica, le organizzazioni rappresentative della polizia penitenziaria hanno segnalato il fenomeno maggiormente diffuso –:
   quali provvedimenti intenda assumere rispetto alle misure già annunciate sulla stampa dal Capo della polizia, anche con riguardo alla prevenzione e alla lotta al radicalismo islamico negli istituti detentivi, ed i tempi in cui tali iniziative verranno realizzate. (3-02686)
(10 gennaio 2017)

   BUTTIGLIONE, BINETTI, CERA e DE MITA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   i valori cattolici conducono ad un atteggiamento positivo verso chi arriva in cerca di accoglienza perché non ha più nulla e chiede riparo. Nello stesso tempo i governanti devono essere molto aperti a riceverli, ma anche fare il calcolo di come poterli sistemare, perché un rifugiato non lo si deve solo ricevere, ma lo si deve anche integrare;
   risulta pacifica l'impossibilità di accogliere ed integrare tutti coloro che fanno richiesta di soggiorno o di riconoscimento di protezione internazionale che necessariamente dovranno essere rimandati nei Paesi d'origine;
   l'Italia accoglie, conformemente al diritto internazionale ed alla Costituzione, i perseguitati ma rimanda a casa loro gli immigrati illegali;
   moltissimi emigrati illegali si sottraggono al rimpatrio proponendo domande di asilo evidentemente pretestuose, facendo appello contro i decreti di espulsione davanti ai tribunali ordinari ed entrando in clandestinità nei tempi lunghi richiesti dal susseguente processo;
   è stata ventilata la proposta di istituire sezioni speciali con magistrati specializzati nell'affrontare questi problemi al fine di:
    a) accelerare il riconoscimento del diritto di asilo per coloro a cui eventualmente le commissioni competenti lo avessero ingiustamente negato;
    b) facilitare i rimpatri di coloro che tale diritto non hanno, impedendo che essi si trasformino in immigrati clandestini;
   in Italia l'articolo 10-bis del decreto legislativo n. 286 del 1998 prevede il reato di immigrazione clandestina, che non ha aiutato a ridurre il traffico di essere umani;
   la legge 28 aprile 2014, n. 67, ha affidato al Governo una specifica delega per la depenalizzazione di una serie di reati, tra cui quello di immigrazione clandestina, trasformandolo in illecito amministrativo, ma il Governo, in sede di attuazione della delega, non ha ritenuto di dover procedere all'abrogazione –:
   se non ritenga il Ministro interrogato di dover adottare iniziative volte all'abrogazione del reato di immigrazione clandestina e cosa intenda fare per accelerare il riconoscimento del diritto per i meritevoli ed il rimpatrio per i non aventi diritto.
(3-02687)
(10 gennaio 2017)

   RUSSO, CARFAGNA, LUIGI CESARO, DE GIROLAMO e SARRO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   le foto rilanciate dalla rete nei giorni scorsi, che vedono protagonista l'ospedale Santa Maria della pietà di Nola, in provincia di Napoli, lasciano davvero poco spazio ai commenti: a partire dal 5 gennaio 2017 alcune persone sono state curate per terra e nei corridoi;
   immagini che sembrano quelle di un ospedale allestito in un'area di conflitto, con persone sul pavimento e coperte utilizzate come giacigli. Il picco di influenza, la psicosi meningite, il ponte dell'Epifania con gli studi dei medici di medicina di base chiusi e l'impossibilità, causa neve, di raggiungere altri ospedali, come quello di Avellino, hanno acuito una situazione già al limite: in 48 ore sono arrivati al pronto soccorso 452 pazienti; 225 persone al giorno: un record per un nosocomio che, già tra mille difficoltà, conta in media 165 prestazioni giornaliere. Quasi tutte patologie a carico dell'apparato respiratorio che hanno colpito, soprattutto, anziani. La sequenza è andata in scena tra urla e crisi di panico in un presidio di emergenza al servizio di 600 mila persone;
   situazione straordinaria senza dubbio, eppure prevedibile se un reparto di medicina con soli 24 posti letto deve far fronte ad un numero così elevato di utenti. In pronto soccorso le barelle sono 11 in tutto ed i 4 letti sistemati nel reparto di osservazione breve sono, quasi sempre, occupati dagli «esuberi» della medicina;
   a rimanere ostaggio dell'emergenza sono state anche le lettighe delle ambulanze del 118, rimaste inevitabilmente ferme a Nola. Bloccate anche le sale operatorie, con i medici costretti a trasferire a Castellammare di Stabia una donna che stava per partorire: delle due sale attualmente disponibili, una era occupata da un malato in attesa della rianimazione e l'altra era in preparazione per una appendicectomia acuta;
   prima di pensare di affidare l'incarico di commissario al governatore De Luca, è necessario pensare a come restituire dignità ai cittadini e al sistema sanitario nella regione –:
   quali iniziative siano state portate avanti dal Ministero della salute per verificare i fatti riportati in premessa e le responsabilità di quanto accaduto, quali i riscontri ottenuti e quali azioni si intendano mettere in atto per restituire il diritto alla salute in un'area che conta 600 mila abitanti, evitando la beffa che a pagare possano essere i medici al fronte che con dedizione e spirito di abnegazione hanno prestato soccorso e cure alle centinaia di pazienti in condizioni da ospedale da campo. (3-02688)
(10 gennaio 2017)

   RAMPELLI, RIZZETTO, CIRIELLI, LA RUSSA, GIORGIA MELONI, NASTRI, PETRENGA, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   già nel settembre 2016 gli interroganti avevano presentato un atto di sindacato ispettivo urgente per segnalare le gravi inefficienze nel sistema di distribuzione dei migranti sul territorio nazionale, con particolare riferimento al Veneto e ai comuni di Bagnoli di Sopra, Cona e Agna nella provincia di Venezia, nei quali sono presenti duemilacinquecento immigrati a fronte di una popolazione residente di appena novemilaseicento persone;
   in risposta al citato atto il Ministro dell'interno pro tempore aveva affermato che «l'onorevole interrogante dice una cosa molto vera, ossia il fatto che in quei due comuni da lui citati vi è un sovraffollamento, che è una condizione ingiusta che noi intendiamo rimuovere», ribadendo, in sostanza, le promesse già fatte nel corso dell'estate 2016 ai sindaci dei comuni interessati di redistribuire i migranti presenti al fine di ridurre il numero di quelli che sarebbero rimasti nelle strutture fino alla capienza originaria delle stesse;
   tali promesse non solo non hanno avuto seguito, ma il numero dei migranti ospitati nei due hub, allestiti, rispettivamente, nelle frazioni di San Siro e di Conetta e che si trovano ad una distanza di appena cinque chilometri l'uno dall'altro, ha continuato ad aumentare: da 800 a 900 nel primo e addirittura da 1.000 a 1.500 nel secondo;
   il 2 gennaio 2017 nella struttura di Conetta è deceduta una giovane donna ivoriana, fatto in seguito al quale si è scatenata una vera e propria rivolta dei migranti all'interno del centro, sedata solo nella notte dopo l'intervento di polizia e carabinieri;
   in seguito alla rivolta circa un centinaio di migranti del centro di Conetta sono stati trasferiti ad altra sede, ma non sembra essere prevista alcuna ulteriore iniziativa per riportare la situazione alla normalità nelle strutture e nei comuni interessati;
   la sistematica e prolungata disattenzione del Governo alla difficile situazione che si sta registrando a causa dei fatti di cui in premessa sta generando numerosi problemi nella vita delle comunità locali, con i residenti costretti a subire la presenza di centinaia di migranti, che girovagano e bighellonano per il paese o bivaccano in piazza o nei giardini pubblici, e i sindaci che devono gestire l'ordine pubblico in una condizione perennemente al limite dell'emergenza;
   tale stato di cose, purtroppo, non interessa solo i comuni che ospitano una struttura di accoglienza ma anche quelli immediatamente limitrofi, i quali, tuttavia, sono stati esclusi dalla concessione del bonus economico previsto dal decreto-legge n. 193 del 2016 in favore dei comuni che accolgono le persone richiedenti la protezione internazionale –:
   quali urgenti iniziative intenda assumere in merito ai fatti di cui in premessa.
(3-02689)
(10 gennaio 2017)