TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 679 di Lunedì 26 settembre 2016

 
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MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN RELAZIONE AL RICONOSCIMENTO DEL GENOCIDIO DEL POPOLO YAZIDA

   La Camera,
   premesso che:
    nel 2014, quando Daesh prese il sopravvento nella regione al confine tra Siria ed Iraq, circa 600.000 yazidi vivevano per lo più concentrati nel distretto di Sinjar, all'interno del governatorato di Ninive, nel nord dell'Iraq. Si tratta di un'etnia antichissima, linguisticamente di ceppo curdo e la cui identità è definita dalla professione di una fede preislamica, non contemplata dal Corano tra le religioni del Libro;
    proprio in quanto non appartenente ad una delle grandi religioni monoteiste, la storia di questo popolo pacifico è una storia di violenze e massacri, perpetrati durante l'impero ottomano e fino alle guerre irachene del 2003, quando una campagna di bombardamenti da parte di militanti sunniti uccise centinaia di yazidi;
    il rapporto del 2015 dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ha dichiarato la responsabilità di Daesh per il genocidio del popolo yazida davanti alla Corte penale internazionale; e ciò fin dal momento in cui, con l'invasione della piana di Ninive nell'agosto del 2014, la comunità yazida residente è stata posta di fronte alla scelta se convertirsi o essere sterminata;
    in quella fase drammatica il rapporto documenta come il genocidio ebbe inizio con il massacro di almeno 700 uomini uccisi nel villaggio di Kocho a Sinjar e con la cacciata di 200.000 yazidi dalle loro case. Almeno 40.000 yazidi in fuga rimasero intrappolati sul monte Sinjar con davanti l'unica scelta possibile: la morte per disidratazione e il consegnarsi ai boia di Daesh;
    le Nazioni Unite hanno stimato che nel 2015 5.000 yazidi sono stati massacrati e 7.000 donne e ragazze sono state ridotti in schiavitù. Secondo le informazioni riportate, sarebbero diverse migliaia le vittime delle violenze e oltre 3.500 le donne yazide tuttora prigioniere dell'Is;
    le accuse delle Nazioni Unite, oltre al genocidio, includono crimini di guerra verso i civili, bambini inclusi, e crimini contro l'umanità per cui si invoca il Consiglio di sicurezza e si chiede di ricorrere alla Corte penale internazionale perché persegua i responsabili;
    l'intento genocidiario si è reso evidente, oltre che con i massacri documentati dalle fosse comuni di sole vittime yazide, dalla politica di stupro sistematico e riduzione in schiavitù delle donne e ragazze yazide, deportate in massa nei luoghi controllati da Daesh e consegnate a veri e propri mercati di schiavi, dove le ragazze yazide sono state vendute sulla piazza pubblica come schiave per 150 dollari;
    migliaia di donne sono state in questo modo costrette con la forza a contrarre matrimonio con i guerriglieri dell'Isis, vendute o offerte ai combattenti o simpatizzanti. Molte di queste schiave sessuali sono poco più che bambine, ragazze di età compresa tra i 12 e i 15 anni o anche più giovani, divenute oggetti di attenzione sessuale degli islamisti e di violenze di gruppo; alcune non hanno retto all'umiliazione e hanno preferito suicidarsi;
    i bambini yazidi, anche piccolissimi, sono stati rapiti e rivenduti, in un crescendo di violenze sistematiche testimoniato anche in un rapporto di Amnesty international;
    tutto ciò è stato testimoniato dalla ventunenne yazida irachena Nadia Murad Basee Taha, audita di recente dal Comitato permanente per i diritti umani, istituito presso la Commissione affari esteri della Camera dei deputati, che è stata sottratta alla sua famiglia e violentata ripetutamente dai miliziani di Is; fuggita dopo 3 mesi grazie all'aiuto di una famiglia musulmana ha potuto raccontare anche nella sede delle Nazioni Unite e del Parlamento europeo gli scenari di brutali violenze e richiamare l'intera comunità internazionale su quanto sta accadendo;
    il genocidio è, in conformità alla risoluzione n. 260 del 1948, con la quale l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la «Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio», da intendersi come ciascuno degli atti commessi con «l'intenzione di distruggere in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso»;
    le violenze efferate compiute dall'Is in modo mirato nei confronti della minoranza yazida si configurano come atti riconducibili a tale definizione anche in quanto:
     a) a differenza delle «genti del Libro», ebrei e cristiani, che ha o potuto evitare la morte convertendosi all'Islam o pagando la tassa islamica, jizya, o andando in esilio, gli yazidi non hanno avuto nessuna possibilità di scelta, diversa dalla conversione, per sfuggire al massacro sistematico;
     b) i bambini maschi yazidi, rapiti e sottratti alle loro famiglie, sono stati avviati a programmi di educazione militare e di riconversione ideologica al fine di sradicare per sempre l'identità yazida dalla regione;
     c) le donne e le bambine yazide hanno subìto deportazioni di massa finalizzate alla loro riduzione in schiavitù sessuale, a stupri sistematici, alla perdita di identità fino alla induzione al suicidio;
     d) anche i recenti ritrovamenti di oltre cinquanta fosse comuni in alcune zone dell'Iraq, fino a poco tempo fa controllate dall'Isis, hanno confermato la sistematica eliminazione di tribù della minoranza yazida,

impegna il Governo:

   a promuovere, anche in coordinamento con i partner dell'Unione europea, nelle competenti sedi internazionali, ogni iniziativa volta al riconoscimento del genocidio della popolazione yazida e ad assicurare ogni sforzo per la sottoposizione dei responsabili alla giurisdizione della Corte penale internazionale.
(1-01291)
(Nuova formulazione) «Locatelli, Malisani, Nicchi, Buttiglione, Fitzgerald Nissoli, Palese, Matteo Bragantini, Tidei, Cimbro, Chaouki, Furnari, Cristian Iannuzzi, Civati, Lo Monte, Pastorelli, Quintarelli, Marzano, Labriola, Franco Bordo, Kronbichler, Pellegrino, Di Lello, Zampa, Binetti, Piccone, Causin, Nicoletti, Roberta Agostini, Carloni, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Romanini, Gribaudo, Iacono, Patrizia Maestri, Quartapelle Procopio, Schirò, Martelli».
(25 maggio 2016)

   La Camera,
   premesso che:
    dopo la costituzione dello Stato islamico, la popolazione yazida residente al confine tra l'Iraq e la Siria è divenuta oggetto di persecuzioni, abusi e violenze da parte dei guerriglieri dell'Is;
    migliaia di persone sono state costrette a fuggire dalle zone di origine, nei pressi della città di Mosul, per sottrarsi ai massacri e alle torture perpetrate ai loro danni;
    l'applicazione della legge islamica nei territori conquistati dall'Is ha determinato la costituzione di tribunali che irrogano pene disumane, come la lapidazione e l'amputazione;
    è giunta persino notizia che alcuni adolescenti sarebbero stati condannati a morte, solo per aver guardato una partita di calcio;
    testimonianze riportano che i militanti dell'Is seminano terrore e agiscono con ferocia inaudita contro le minoranze, con pubbliche esecuzioni, stuprando e schiavizzando donne e bambini;
    secondo le informazioni riportate, sarebbero diverse migliaia le vittime delle violenze e oltre 3.500 le donne yazide tuttora prigioniere dell'Is;
    la ventunenne yazida irachena Nadia Murad Basee Taha è stata sottratta alla sua vita quotidiana e violentata ripetutamente dai miliziani di Is; fuggita dopo 3 mesi ha potuto raccontare gli scenari di brutali violenze e la sua testimonianza ha dato conto delle innumerevoli donne violate e costrette con la forza a contrarre matrimonio con i soldati del califfato; ridotte in schiavitù e vendute come merce di scambio, molte di loro non hanno saputo resistere agli abusi ed hanno scelto l'alternativa del suicidio;
    la giovane donna, nel corso di diversi incontri presso il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il Parlamento europeo, l’House of Commons e, più recentemente, presso le due Camere del Parlamento italiano, ha chiesto che la comunità internazionale si adoperi affinché il massacro del popolo yazida, che si sta consumando al confine tra l'Iraq e la Siria, venga riconosciuto come genocidio delle leggi internazionali;
    nel mese di gennaio 2015, il Santo Padre lanciò un appello, affinché si ponesse fine alle persecuzioni e alle sofferenze del popolo yazida e di altre minoranze nel nord dell'Iraq e si ripristinassero giustizia e condizioni per una vita libera e pacifica;
    il Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani, nel rapporto consegnato nel marzo 2015, ha denunciato la gravità delle azioni commesse dallo Stato islamico nei confronti degli yazidi dell'Iraq, classificabili come crimini contro l'umanità, ed ha affermato che le autorità islamiche dovranno rispondere di genocidio davanti alla Corte penale internazionale;
    il Segretario di Stato degli Stati Uniti d'America, John Kerry, nel mese di marzo 2016, ha definito come genocidio i crimini commessi dallo Stato islamico;
    il 31 marzo 2016 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che, in modo analogo, classifica come genocidio le esecuzioni sistematiche e le violenze dei guerriglieri dell'Is ai danni delle minoranze religiose in Iraq e in Siria;
    il genocidio è definito, in conformità alla risoluzione n. 260 del 1948, con la quale l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la «Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio», come ciascuno degli atti commessi con «l'intenzione di distruggere in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso»;
    le violenze efferate compiute dall'Is nei confronti della minoranza yazida si configurano come atti riconducibili a tale definizione;
    la violenza sessuale nei conflitti è una violazione dei diritti umani, è contraria al diritto internazionale e compromette la sicurezza e la pace internazionale, accentua le discriminazioni di genere e ostacola il raggiungimento di una pace sostenibile nelle società post conflitto,

impegna il Governo:

   a promuovere, anche in coordinamento con i partner dell'Unione europea, ogni iniziativa volta al riconoscimento nelle competenti sedi internazionali del genocidio yazida e all'avvio di un procedimento contro i responsabili presso la Corte penale internazionale;
   ad adoperarsi, d'intesa con gli altri Paesi dell'Unione europea, nel quadro degli strumenti a disposizione della comunità internazionale, in seno all'organizzazione delle Nazioni Unite, per far cessare ogni violenza nei confronti della popolazione yazida;
   ad assumere iniziative per realizzare corridoi umanitari al fine di favorire l'arrivo di aiuti internazionali a sostegno della popolazione civile colpita dalle violenze;
   a soccorrere, attraverso specifiche iniziative di assistenza umanitaria e sanitaria, le vittime della violenza.
(1-01292)
(Nuova formulazione) «Rosato, Quartapelle Procopio, Tidei, Gribaudo, Malisani, Carrozza, Cassano, Censore, Chaouki, Cimbro, Gianni Farina, Fedi, Garavini, La Marca, Manciulli, Monaco, Nicoletti, Pinna, Porta, Rigoni, Andrea Romano, Sereni, Speranza, Tacconi, Zampa, Vico».
(26 maggio 2016)

   La Camera,
   premesso che:
    l'ideologia fondamentalista e settaria del sedicente Stato islamico (Daesh), con i suoi atti terroristici, i suoi continui, gravi, sistematici e diffusi attacchi contro i civili, gli abusi dei diritti umani e le violazioni del diritto internazionale umanitario, il ripristino della schiavitù nelle zone da loro governate, le sistematiche persecuzioni contro le altre religioni e etnie, la sua opera di distruzione del patrimonio artistico e il traffico di beni culturali, rappresenta una minaccia globale per la convivenza tra i popoli, per la pace e la sicurezza internazionali;
    Daesh, nelle zone da loro controllate in Siria e in Iraq, ha portato avanti una pulizia etnica e religiosa nei confronti delle minoranze, accanendosi in particolare, ma non solo, con la popolazione yazida, costringendo migliaia di persone a fuggire dalle zone di origine per sottrarsi ai massacri e alle torture perpetrate ai loro danni;
    più di un milione di persone, infatti, si sono spostate in cerca di aiuto verso l'area curda dell'Iraq. Il numero di sfollati interni è cresciuto fino a 2 milioni, considerando anche le persone fuggite in altre aree del Paese. L'Onu calcola che le persone in stato di bisogno siano oggi 5 milioni;
    l'Iraq, come la Siria e il Libano, rappresentava uno dei pochi mosaici di civiltà rimasti nel vicino Oriente. Prima dell'attacco statunitense del 2003, lì viveva più di 1 milione di cristiani: oggi ne sono rimasti 400.000. Migliaia anche le altre minoranze che hanno subito stragi e persecuzioni negli ultimi anni. Sono figli di culture millenarie come gli yazidi, o i siriaci cristiani che parlano ancora l'aramaico, che già da tempo vivevano sotto assedio e protetti dai curdi. Oggi Daesh li sta nuovamente perseguitando;
    il termine «yazidi» (di cui al culto yazida) affonda le sue radici nello Zoroastrismo, nell'Ebraismo e nell'Islam. I seguaci dello yazidismo a oggi si aggirano fra i 200.000 e i 300.000. La maggior parte di loro vive in Iraq, sui monti del Jebel Sinjar (al confine con la Siria) e nel nord-ovest del Paese. Sono sempre stati perseguitati, prima dai wahabiti, che li hanno definiti «apostati», poi dai sunniti per i quali sono «adoratori del diavolo» e dopo ancora dai turchi ottomani, tuttavia mai si era assistito a uno sterminio come quello perpetrato da Daesh;
    molte testimonianze riportano che i suoi fanatici militanti hanno in tutto questo tempo seminato terrore e hanno agito con ferocia inaudita con pubbliche esecuzioni, stuprando e schiavizzando donne e bambini;
    una di queste testimonianze, la ventunenne yazida irachena Nadia Murad Basee Taha, sottratta alla sua vita quotidiana e violentata ripetutamente dai miliziani di Daesh e fuggita dopo 3 mesi, ha potuto raccontare gli scenari di brutali violenze e la sua testimonianza ha dato conto delle innumerevoli donne violate e costrette con la forza a contrarre matrimonio con i soldati del califfato, ridotte in schiavitù e vendute come merce di scambio; molte di loro non hanno saputo resistere agli abusi e hanno scelto l'alternativa del suicidio;
    tra l'altro, la giovane donna, nel corso di diversi incontri presso il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il Parlamento europeo, l'House of Commons e, più recentemente, anche presso il Parlamento italiano, ha chiesto che la comunità internazionale si adoperi affinché il massacro del popolo yazida, che si sta consumando al confine tra l'Iraq e la Siria, venga riconosciuto come genocidio dalle leggi internazionali;
    la persecuzione in atto dei gruppi religiosi e etnici in quella regione è un fattore che contribuisce alla migrazione di massa e agli sfollamenti interni;
    il Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani, nel rapporto consegnato nel marzo 2015, ha denunciato la gravità delle azioni commesse dal sedicente Stato islamico nei confronti degli yazidi dell'Iraq, classificabili come crimini contro l'umanità, e ha affermato che le autorità islamiche dovranno rispondere di genocidio davanti alla Corte penale internazionale;
    il genocidio è definito, in conformità alla risoluzione n. 260 del 1948, con la quale l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la «Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio», come ciascuno degli atti commessi con «l'intenzione di distruggere in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso»; il genocidio, i crimini contro l'umanità e i crimini di guerra, indipendentemente dal momento e dal luogo in cui avvengono, non devono restare impuniti e deve essere garantito un loro adeguato perseguimento mediante l'adozione di misure nazionali e il rafforzamento della cooperazione internazionale, nonché mediante la Corte penale internazionale e la giustizia penale internazionale;
    il 31 marzo 2016 il Parlamento europeo ha approvato la risoluzione 2016/2529(RSP) che, in modo analogo, classifica come genocidio le esecuzioni sistematiche e le violenze dei guerriglieri del califfato ai danni delle minoranze religiose in Iraq e in Siria;
    tuttavia, l'organizzazione Yazda (un'organizzazione no-profit creata dalla comunità a sostegno degli yazidi per divulgare messaggi di sensibilizzazione in tutto il mondo, affinché il genocidio non resti invisibile) ritiene che il riconoscimento da parte dell'Unione europea del genocidio perpetrato dal Daesh è sì positivo ma non è sufficiente, piuttosto un primo passo verso la fine delle sofferenze delle minoranze religiose in Iraq e in Siria;
    secondo i fondatori della Yazda (come si evince da un recente reportage de Il Corriere della Sera proprio su questa comunità), il linguaggio della risoluzione, per quanto riguarda la parte concernente gli yazidi, non rende conto della portata effettiva del loro genocidio. I numeri dei rapiti che vengono riportati sono assai lontani da quelli reali di oltre 5.800 persone prese prigioniere. La risoluzione, a loro dire, non fa menzione in grande dettaglio degli stupri sistematici, delle conversioni forzate, degli sfollati. Yazda chiede anche che la risoluzione venga emendata in modo tale da riflettere il reale livello di sofferenza degli yazidi e affinché il mondo riconosca tale genocidio in questi termini e non sommato a quelli di altre comunità: «Comprendiamo che tutte le minoranze religiose hanno sofferto enormemente sotto l'Isis e che altri genocidi contro altre minoranze possono essere avvenuti, ma la nostra posizione è che ogni caso deve essere affrontato separatamente per rispettare i diritti di tutte le vittime ed essere giusti nel confronti di tutte le minoranze»,

impegna il Governo:

   a promuovere, nelle competenti sedi internazionali, ogni iniziativa volta al formale riconoscimento del genocidio del popolo yazida per restituire loro il diritto alla vita, nel rispetto della propria identità e del proprio credo religioso;
   ad adoperarsi, d'intesa con gli altri Paesi dell'Unione europea, nel quadro degli strumenti a disposizione della comunità internazionale, in seno all'organizzazione delle Nazioni Unite, per far cessare ogni violenza nei confronti del popolo yazida e garantire le necessarie condizioni di sicurezza e un futuro a tutti coloro che sono stati costretti ad abbandonare il loro Paese d'origine;
   a proporre, in forza del fatto che nel 2017 l'Italia farà parte del Consiglio di sicurezza dell'Onu in qualità di membro non permanente, una risoluzione per il riconoscimento formale del genocidio del popolo yazida e per il perseguimento dei responsabili mediante la Corte penale internazionale e la giustizia penale internazionale;
   ad assumere iniziative per affiancare, alle procedure classiche della Corte penale internazionale sulla riparazione dei crimini di guerra, progetti con le popolazioni residenti nel governatorato di Ninive, di cui fa parte anche la città di Mosul, di giustizia transizionale o riparativa (accertamento della verità storica, riparazione e rielaborazione dei traumi subiti dalle vittime, discussione pubblica sulle cause delle violenze, costruzione di una memoria condivisa tra le parti in conflitto e avvio di percorsi verso la riconciliazione personale e nazionale) sul modello di quanto fatto in Sudafrica;
   a prevedere l'inserimento, già a partire dalle prossime disposizioni a sostegno della cooperazione allo sviluppo e dei processi di ricostruzione, abitualmente inserite nei decreti-legge di rifinanziamento delle missioni internazionali, di specifiche iniziative: per l'assistenza umanitaria e sanitaria a favore delle vittime della violenza; per sostenere la bonifica delle città liberate da Daesh, come precondizione perché le stesse ritornino agibili e abitabili, dagli ordigni e delle mine inesplose rimaste sul campo che continuano a rappresentare una minaccia per la popolazione civile, sia con l'invio di sminatori sia con corsi di formazione allo sminamento di soggetti locali; per favorire l'affermazione di un carattere plurietnico e inclusivo, in modo che tutta la popolazione irachena possa riconoscervisi, come elemento centrale per la ricostruzione delle amministrazioni civili e dei corpi di polizia e dell'esercito.
(1-01348)
«Spadoni, Manlio Di Stefano, Sibilia, Grande, Scagliusi, Del Grosso, Di Battista».
(19 settembre 2016)

   La Camera,
   premesso che:
    gli yazidi sono una comunità di origini antiche che si caratterizza come vera e propria nazione senza Stato proprio. È una popolazione di lingua curda, originaria delle montagne del Kurdistan, a cavallo tra Iraq e Turchia che professa una religione – lo yazidismo – le cui nozioni fondamentali deriverebbero da antiche religioni precedenti all'ebraismo, assorbendo in seguito elementi dal Cristianesimo e dall'Islam;
    gli yazidi, prima della costituzione del califfato islamico dell'Isis, erano circa 800 mila, dei quali almeno 500 mila vivevano nel nord dell'Iraq, nella zona montuosa vicino a Mosul e lungo la frontiera con la Turchia. Le altre comunità sono sparse in Siria, nella zona di Aleppo, in Armenia, in Georgia, nelle regioni del Caucaso e dell'Iran e più di 40.000 yazidi vivono in Germania e in Russia;
    questa comunità ha costituito dunque da millenni una minoranza numerica coesa in queste regioni del vicino e Medio Oriente, ma non è una minoranza aggiunta, bensì è nazione costitutiva dell'identità di quegli Stati e di quei territori;
    pur essendo considerata religione pagana dalle autorità islamiche, e dunque senza neppure le parziali tutele riservate alle altre «religioni del libro», questa comunità non era mai stata oggetto di volontà sistematica di annientamento come quella progettata e realizzata dal Daesh o Stato islamico;
    questa volontà cui sono seguite azioni conseguenti si configura storicamente, moralmente e giuridicamente come genocidio. Come tale, infatti, è definibile la pulizia etnico-religiosa attraverso massacri sistematici o, in alternativa, riduzione in schiavitù, in particolare delle donne, le quali sono particolare oggetto di crudeltà come documentato da inconfutabili testimonianze;
    si fa presente che questo tipo di persecuzione accomuna oggi tutte le minoranze non islamiche e stanno colpendo, con identica volontà e sistematicità genocidaria, anche la comunità cristiana, ormai quasi estinta in Iraq e su questa medesima strada in Siria, dopo che per millenni una convivenza faticosa e senza la pienezza dei diritti era stata comunque possibile;
    ripercorrendo a grandi linee l’escalation di violenze dello Stato islamico, si ricorda l'offensiva islamista nel nord dell'Iraq, allorché gli yazidi sono stati vittime di abusi e violenze di massa da parte dei miliziani del califfato e in massa sono stati costretti a scappare dalle zone di origine del Sinjar, a pochi chilometri dalla città di Mosul, nel nord dell'Iraq. Migliaia di uomini e ragazzi sono stati massacrati e torturati, bambini anche piccolissimi sono stati rapiti e rivenduti, le loro madri e sorelle sono state sistematicamente stuprate, in un crescendo di violenza efferata testimoniato in un recente rapporto di Amnesty international, con una strategia islamista di pulizia etnica della razza-religione yazida;
    migliaia di ragazze sono state costrette con la forza a contrarre matrimonio con i guerriglieri dell'Isis, vendute o offerte ai combattenti o simpatizzanti. Molte di queste schiave sessuali, poco più che bambine, ragazze di età compresa tra i 12 e i 15 anni o anche più giovani, una volta divenute merce sessuale degli islamisti non hanno retto all'umiliazione e hanno preferito suicidarsi;
    l'irruzione degli uomini dell'Isis a Mosul ha comportato, in poche settimane, un esodo che ha portato più di un milione di yazidi e cristiani a rifugiarsi nella regione irachena del Kurdistan, e nello specifico nella regione di Erbil, Dohuk e Zakho;
    il presidente della commissione di inchiesta sulla Siria delle Nazioni Unite, Paulo Pinheiro, ha definito come un vero e proprio genocidio quello che i miliziani dell'Isis stanno compiendo ai danni degli yazidi in Iraq, ma anche in Siria;
    il 4 febbraio 2016 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sullo sterminio delle minoranze religiose, ribadendo una risoluta condanna del cosiddetto Isis/Daesh e delle gravi violazioni dei diritti umani di cui si è reso responsabile, che equivalgono a crimini contro l'umanità e crimini di guerra ai sensi dello statuto di Roma della Corte penale internazionale, come pure la necessità di adottare misure affinché il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite riconosca tali violazioni come genocidio;
    tenendo in considerazione tutta una serie di elementi e documentazioni prodotte tra il 2014 ed il 2016, così come testimonianze dirette, dalle affermazioni di Papa Francesco sulla sofferenza di «una violenza inumana» patita da cristiani, yazidi e altre minoranze nella regione, la Camera dei rappresentanti del Congresso degli Stati Uniti d'America, con l'adesione del Senato, ha approvato il 14 marzo 2016 una risoluzione in cui si afferma che le atrocità perpetrate dal Daesh contro cristiani, yazidi e altre minoranze etniche e religiose in Iraq e Siria costituiscono crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio;
    già il 7 dicembre 2015 la Commissione sulla libertà religiosa internazionale degli Stati Uniti d'America aveva chiesto al Governo federale di designare le comunità cristiane, yazide, sciite, turcomanne e shabak dell'Iraq e della Siria come vittime di genocidio per mano del Daesh. La richiesta è stata accolta e ampliata, a livello della comunità internazionale e delle Nazioni Unite, dalla risoluzione che chiede a tutti i Governi, incluso quello degli Stati Uniti d'America, e alle organizzazioni internazionali di chiamare le atrocità del Daesh con il loro giusto nome: crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio;
    nel marzo 2016 il Congresso degli Stati Uniti d'America ha votato all'unanimità una risoluzione in cui le atrocità dell'Isis nei confronti di yazidi, cristiani e sciitinei perpetrate in Siria e in Iraq sono da considerarsi con il termine «genocidio»;
    anche la Casa dei Comuni britannica, in data 20 aprile 2016, si è espressa con una mozione indirizzata al Governo mettendo in luce la sofferenza che cristiani, yazidi e altre minoranze etniche e religiose in Iraq e Siria stanno subendo e chiedendo al Governo di indirizzarsi immediatamente al Consiglio di sicurezza dell'Onu con lo scopo di conferire l'appropriata giurisdizione in materia alla Corte penale internazionale, così che i perpetratori possano essere portati davanti agli organi di giustizia,

impegna il Governo:

   a promuovere ogni iniziativa, nelle competenti sedi internazionali, volta al riconoscimento formale del genocidio nei confronti del popolo yazida affinché sia condannato e contrastato con ogni mezzo;
   a denunciare nelle competenti sedi internazionali quegli Stati e quei Governi che finanziano o appoggiano ideologicamente (wahabismo) la discriminazione degli yazidi e anche dei cristiani, impedendo nei loro territori presenze e comunità diverse da quelle islamiche;
   a far valere, d'intesa con gli altri Paesi dell'Unione europea, nel quadro delle Nazioni Unite, la necessità di un effettivo impegno degli Stati per la tolleranza e la libertà religiosa, in particolare delle minoranze perseguitate, laddove risultino minacciate o compresse per legge o per prassi, sia direttamente dalle autorità di Governo, sia attraverso un tacito assenso;
   a prendere in considerazione – come già deliberato all'unanimità dal Congresso degli Stati Uniti d'America – la definizione di genocidio per tutte le minoranze religiose oggetto di sterminio;
   a promuovere, nelle competenti sedi internazionali, di concerto con i partner dell'Unione europea, iniziative atte a rafforzare il rispetto del principio di libertà religiosa, la tutela delle minoranze religiose e il monitoraggio delle violazioni, dando concreta attuazione agli strumenti internazionali esistenti.
(1-01350)
«Centemero, Carfagna, Brunetta, Crimi».
(20 settembre 2016)

   La Camera,
   premesso che:
    come riconosciuto dalla risoluzione n. 2249 (2015) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, l'ideologia estremista violenta del cosiddetto «ISIS/Daesh», i suoi atti terroristici, i suoi continui, gravi, sistematici e diffusi attacchi contro i civili, gli abusi dei diritti umani e le violazioni del diritto internazionale umanitario da esso perpetrate, comprese quelle di matrice religiosa ed etnica, la sua opera di distruzione del patrimonio culturale e il traffico di beni culturali costituiscono una minaccia globale e senza precedenti per la pace e la sicurezza internazionali;
    le minoranze religiose ed etniche quali le comunità cristiane (assiro-caldeo-siriaca, melchita e armena), yazide, turcomanne, shabak, kakai, sabee-mandee, curde e sciite, così come anche molti arabi e musulmani sunniti, sono nel mirino del cosiddetto «ISIS/Daesh» e molti degli appartenenti a tali comunità sono stati uccisi, massacrati, picchiati, rapiti, torturati e sottoposti a estorsioni, ridotti in schiavitù (in particolare, le donne e le bambine, che sono state vittime anche di altre forme di violenza sessuale), obbligati con la forza a convertirsi all'Islam e sono stati oggetto di matrimoni forzati e della tratta di esseri umani, mentre i bambini sono stati arruolati con la forza e i luoghi di culto, le tombe e i cimiteri sono stati deliberatamente distrutti;
    il genocidio, i crimini contro l'umanità e i crimini di guerra, oltre a destare preoccupazione per tutti gli Stati membri dell'Unione europea i quali sono determinati a collaborare per prevenirli e porre termine all'impunità dei loro autori, conformemente alla posizione comune 2003/444/PESC del Consiglio del 16 giugno 2003, sono reati che vanno affrontati mediante l'adozione di misure nazionali e il rafforzamento della cooperazione internazionale, nonché mediante la Corte penale internazionale e la giustizia penale internazionale, dal momento che anche la risoluzione n. 2249 (2015) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite autorizza i Paesi membri che dispongono delle necessarie capacità a prendere tutti i provvedimenti del caso, in conformità del diritto internazionale, in particolare della Carta delle Nazioni Unite, nonché del diritto internazionale umanitario, dei rifugiati e dei diritti umani, nei territori sotto il controllo del cosiddetto «ISIS/Daesh», in Siria e in Iraq, per intensificare e coordinare gli sforzi al fine di prevenire e reprimere gli atti di terrorismo;
    l'articolo II della convenzione delle Nazioni Unite del 1948, relativo alla prevenzione e alla repressione del crimine di genocidio, lo definisce comprensivo degli atti, commessi con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso in quanto tale, comportanti: a) uccisione di membri del gruppo; b) lesioni gravi all'integrità fisica o mentale di membri del gruppo; c) imposizione deliberata al gruppo di condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale; d) imposizione di misure miranti a impedire nascite all'interno del gruppo; e) trasferimento forzato di bambini da un gruppo a un altro;
    l'articolo III della convenzione di cui al punto precedente considera perseguibile non soltanto il genocidio, ma anche la cospirazione e l'incitamento diretto e pubblico a commettere un genocidio, nonché la complicità nello stesso;
    dal 2014 circa 5.000 yazidi sono stati uccisi, mentre molti altri sono stati torturati o convertiti con la forza all'Islam; almeno 2.000 donne yazide sono state ridotte in schiavitù, hanno subito matrimoni forzati e sono state vittime della tratta di esseri umani; sono state stuprate bambine anche di soli sei anni e bambini yazidi sono stati reclutati con la forza come soldati del cosiddetto «ISIS/Daesh»; esistono chiare prove dell'esistenza di fosse comuni di yazidi rapiti dal cosiddetto «ISIS/Daesh»;
    la notte del 6 agosto 2014 oltre 150.000 cristiani sono fuggiti davanti all'avanzata del cosiddetto «ISIS/Daesh» verso Mosul, Qaraqosh e altri villaggi nella piana di Ninive, dopo essere stati derubati di tutti i loro averi, e ad oggi essi continuano a essere sfollati e vivono in condizioni precarie nel nord dell'Iraq;
    il cosiddetto «ISIS/Daesh» ha catturato quanti non sono riusciti a fuggire da Mosul e dalla piana di Ninive, le donne e i bambini non musulmani sono stati ridotti in schiavitù e alcuni sono stati venduti, mentre altri sono stati brutalmente assassinati e filmati dai responsabili;
    nel febbraio 2015 il cosiddetto «ISIS/Daesh» ha rapito oltre 220 cristiani assiri, dopo aver annientato varie comunità agricole della sponda meridionale del fiume Khabur, nella provincia nordorientale di Hassakeh, e ad oggi solo pochi sono stati rilasciati, mentre il destino degli altri resta ignoto;
    molti organismi delle Nazione Unite, tra cui il consigliere speciale del segretario generale dell'ONU per la prevenzione del genocidio, il consigliere speciale del segretario generale dell'ONU sulla responsabilità di proteggere e l'ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, hanno riconosciuto che gli atti commessi dal cosiddetto «ISIS/Daesh» possono costituire crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio;
    la commissione internazionale d'inchiesta indipendente ha documentato e riferito che gli appartenenti a minoranze etniche e religiose che si oppongono al cosiddetto «ISIS/Daesh» e ad altri gruppi terroristici, milizie e gruppi armati non governativi nelle zone di fatto controllate da questi ultimi sono tuttora perseguitati;
    è dovere della comunità internazionale intraprendere un'azione collettiva per proteggere le popolazioni, in conformità della Carta delle Nazioni Unite quando uno Stato (o un soggetto non statale) da solo non è in grado di proteggere la sua popolazione o è, di fatto, autore di tali reati e ciascun individuo ha il diritto di vivere secondo la propria coscienza e di professare e cambiare liberamente le proprie convinzioni religiose e non religiose, mantenendo il diritto e il dovere del rispetto reciproco;
    il cosiddetto «ISIS/Daesh» sta commettendo un genocidio nei confronti dei cristiani, degli yazidi e di altre minoranze etniche e religiose che non condividono la sua interpretazione dell'Islam e ciò implica, da parte della comunità internazionale, l'adozione di misure atte a perseguire e a punire, in applicazione della Convenzione delle Nazioni Unite del 1948, chi, per ragioni etniche o religiose, pianifica, incoraggia, commette o tenta di commettere, favoreggia o sostiene atrocità, oppure cospira in tal senso;
    il riconoscimento da parte dell'Unione europea del genocidio dell'Isis contro gli yazidi e i cristiani e altre minoranze religiose ed etniche è positivo, ma non basta perché non rende conto della portata effettiva del genocidio yazida: i numeri dei rapiti che vengono riportati sono assai lontani da quelli reali di oltre 5.800 persone prese prigioniere e, essendo state le minoranze trattate diversamente dall'Isis, tale differenza andrebbe evidenziata nelle risoluzioni internazionali;
    è importante il riconoscimento dei massacri condotti da Isis contro questo popolo tra i crimini condannati dalla Convenzione delle Nazioni Unite, perché in tal modo un domani – si spera non molto lontano – i jihadisti, potrebbero essere condannati per crimini contro l'umanità davanti alla Corte penale internazionale e salire alla sbarra come fu per i gerarchi bosniaci e quelli nazisti,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative, nelle competenti sedi internazionali, affinché ognuna delle parti contraenti della Convenzione delle Nazioni Unite del 1948 per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio e di altri accordi internazionali in materia di prevenzione e repressione di crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio, in particolare, con riguardo ai Paesi che in vario modo offrono sostegno, cooperazione, o finanziamenti a tali crimini, o ne sono complici, assolva pienamente agli obblighi giuridici che incombono su di loro in virtù della Convenzione o degli altri accordi internazionali ponendo fine a questi comportamenti inaccettabili, che stanno causando ingenti danni alle società irachena e siriana e stanno destabilizzando gravemente i Paesi vicini nonché la pace e la sicurezza internazionali;
   ad assumere iniziative più efficaci dirette a contrastare la radicalizzazione e a migliorare i sistemi giuridici e giurisdizionali per evitare che i cittadini possano abbandonare il Paese per unirsi al cosiddetto «ISIS/Daesh» e partecipare alle violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario, nonché garantire che, qualora lo facciano, siano perseguiti penalmente quanto prima, anche qualora incitino attraverso la rete a perpetrare tali reati o li sostengano;
   a promuovere iniziative atte a garantire le necessarie condizioni di sicurezza e un futuro a tutti coloro che sono stati costretti ad abbandonare il loro Paese d'origine o sono stati sfollati con la forza, affinché possano fare effettivamente rientro quanto prima nel loro Paese, salvaguardando le loro case, terre, proprietà e cose, e i loro luoghi di culto, e possano avere una vita e un futuro dignitosi;
   a promuovere, nelle competenti sedi internazionali, un riconoscimento del genocidio del popolo yazida e il perseguimento dei responsabili, affinché vengano assicurati al giudizio della Corte penale internazionale.
(1-01352)
«Artini, Baldassarre, Bechis, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Matarrelli, Pastorino, Segoni, Turco».
(21 settembre 2016)

MOZIONE CONCERNENTE INIZIATIVE A FAVORE DELLE POPOLAZIONI E DEI TERRITORI COLPITI DAL SISMA DEL 24 AGOSTO 2016, NONCHÉ PER LA PREVENZIONE DEI RISCHI DERIVANTI DAI TERREMOTI

   La Camera,
   premesso che:
    nella notte del 24 agosto 2016 un terremoto di magnitudo 6.2 ha colpito alcune regioni italiane, con epicentro nei comuni laziali e marchigiani di Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto, poi seguito da centinaia di scosse di assestamento;
    nel terremoto hanno perso la vita 295 persone, 386 sono state ferite, mentre 238 persone sono state estratte illese dalle macerie;
    il sisma ha causato la distruzione pressoché completa di interi comuni e loro frazioni, tra i quali Amatrice e Accumoli in provincia di Rieti, Arquata del Tronto, Acquasanta Terme, Montegallo e Montemonaco in provincia di Ascoli Piceno, oltre che seri danneggiamenti di edifici pubblici e privati in numerosi comuni del Lazio, dell'Abruzzo, delle Marche e dell'Umbria;
    la tempestività e l'operatività dei soccorsi sono state gravemente compromesse dalle condizioni dei territorio, aspro per morfologia e con strade difficilmente percorribili sia a causa del sisma sia a causa di problematiche preesistenti, tanto che secondo quanto dichiarato dal capo della Protezione civile il sistema «si è reso pienamente operativo alle 7 del mattino», mentre in alcune zone colpite i militari e la Protezione civile sono riusciti ad arrivare solo dopo 7/8 ore dalla prima terribile scossa;
    in particolare, la strada statale Salaria, unica arteria di collegamento nei tratti interessati, è ridotta a un eterno cantiere, i cui lavori di ammodernamento e ampliamento vanno a rilento per problemi sorti con la ditta appaltatrice, per gli interventi della Sovraintendenza ai beni architettonici e paesaggistici del Lazio e per il fermo causato da presunte collusioni con la mafia rilevate nelle indagini svolte dalla magistratura di Catania, mentre il termine per il completamento dei lavori, calendarizzato per il 2017, sembra ora slittare ancora, anche a causa dei danni prodotti dall'evento calamitoso del 24 agosto 2016;
    il soccorso sanitario dei feriti è stato reso ancora più complicato dai danni riportali nel sisma dall'ospedale di Amatrice, che negli anni precedenti aveva rischiato di subire un declassamento in «casa della salute»;
    nella notte del terremoto, subito dopo la prima e più violenta scossa, le comunicazioni telefoniche hanno subito un arresto che ha impedito alle vittime di chiedere aiuto, mentre la zona non è sufficientemente coperta dai gestori di telefonia mobile probabilmente perché non ritenuta commercialmente interessante;
    per la sua particolare posizione geografica, nella zona di convergenza tra la placca africana e quella eurasiatica, l'Italia è la nazione a maggiore rischio sismico del Mediterraneo, nella quale quasi la metà del territorio – dove vive il 40 per cento della popolazione – è soggetta a un grado di rischio particolarmente elevato;
    dal 1900 a oggi in Italia si sono verificati ben sessanta terremoti che hanno provocato danni gravi, venti dei quali hanno avuto effetti distruttivi tali da causare la morte di centoventimila persone, oltre che la devastazione di interi centri urbani e la paralisi per anni delle attività produttive nelle aree colpite;
    secondo alcuni studi, una percentuale tra il venti e il cinquanta per cento dei decessi in occasione dei terremoti è causata da comportamenti sbagliati dei cittadini durante l'evento sismico;
    dopo il terremoto del 2002 in Puglia e Molise è stata emanata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 20 marzo 2003, recante «Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica», con la quale l'intero territorio nazionale è stato diviso in quattro zone a diversa pericolosità, eliminando le zone non classificate;
    il provvedimento ha dettato i principi generali sulla base dei quali le regioni, delegate dallo Stato in base al testo unico delle norme per l'edilizia, devono adottare la classificazione sismica del territorio e compilare l'elenco dei comuni con la relativa attribuzione a una delle quattro zone a pericolosità decrescente, nelle quali è stato riclassificato l'intero territorio nazionale;
    in base alla zonizzazione prevista dall'ordinanza del 2003, la zona 1, «a sismicità alta» nella quale ricadono 708 comuni, è la zona più pericolosa, soggetta al probabile verificarsi di fortissimi terremoti; nella zona 2, «a sismicità media» che comprende 2.345 comuni, possono verificarsi forti terremoti; nella zona 3, «a sismicità bassa», composta da 1.560 comuni, possono verificarsi forti terremoti ma con frequenza rara, mentre nella zona 4, che in base alla nuova classificazione include le aree precedentemente non catalogate, è considerata «a sismicità molto bassa», comprende 3.488 comuni dove i terremoti sono rari e la decisione se prescrivere o meno la progettazione antisismica è lasciata alle singole regioni;
    l'ordinanza del 2003 è stata aggiornata con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3519 del 28 aprile 2006;
    in seguito al terremoto che ha coinvolto il comune de L'Aquila e i comuni limitrofi il 6 aprile del 2009, con il decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, è stato istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze il fondo per la prevenzione del rischio sismico, con una dotazione di 44 milioni di euro per l'anno 2010, 145,1 milioni di euro per l'anno 2011, 195,6 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014, 145,1 milioni di euro per l'anno 2015 e 44 milioni di euro per l'anno 2016;
    le somme stanziate, stando a quanto riportato sul sito della Protezione civile, rappresentano solo una minima percentuale, «forse inferiore all'1 per cento, del fabbisogno necessario per il completo adeguamento sismico di tutte le costruzioni, pubbliche e private, e delle opere infrastrutturali strategiche»;
    inoltre, allo stato attuale i finanziamenti si esauriscono con l'anno in corso;
    all'indomani del terremoto, il 25 agosto 2016, il Consiglio dei ministri ha chiesto al Ministro dell'economia e delle finanze di adottare il decreto per il differimento del pagamento dei tributi per i soggetti residenti nei comuni nei quali il terremoto ha provocato danni strutturali di gravità tale da impedire l'assolvimento degli obblighi fiscali da parte dei cittadini;
    in Italia sono oltre ventiquattro milioni le persone che vivono in zone a elevato rischio sismico,

impegna il Governo:

   a riperimetrare le località colpite dal sisma del 24 agosto 2016 ai fini dell'esenzione dal pagamento dei tributi, rettificando la lista dei comuni, come risultante dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 1o settembre 2016, dalla quale risultano esclusi molti comuni danneggiati e, comunque, sismicamente a rischio, adottando criteri selettivi oggettivi;
   a favorire una rapida ricostruzione di tutti gli edifici danneggiati dal sisma, secondo i più aggiornati criteri anti-sismici ma nel pieno rispetto dell'identità urbanistica e architettonica dei luoghi, senza distinzione tra edifici di residenti e non residenti;
   ad assumere iniziative per disporre in favore delle popolazioni interessate la sospensione dei pagamenti di tasse e tributi fino alla fine della ricostruzione e ad attivarsi con somma urgenza per ricostruire il tessuto produttivo e industriale delle aree colpite dal sisma affinché si possa rimettere in moto l'economia locale;
   ad assumere iniziative per prevedere in favore di tutti i proprietari di case ricadenti nella zona «1» ad alto rischio, sull'intero territorio nazionale, la defiscalizzazione degli interventi volti a mettere in sicurezza la propria abitazione adottando criteri antisismici;
   a dare priorità, nel finanziamento diretto e indiretto dello Stato, alla realizzazione delle infrastrutture adeguate a garantire un efficace e tempestivo sistema di soccorsi: realizzazione di ferrovie, aeroporti, eliporti, costruzione o modernizzazione strade, consolidamento viadotti e gallerie, conclusione delle opere in corso;
   a valutare la possibilità di destinare il montepremi dell'attuale estrazione del superenalotto in favore delle popolazioni colpite dal sisma del 24 agosto 2016 e degli interventi di ricostruzione;
   ad assumere iniziative per mantenere la piena operatività degli ospedali delle zone in questione, in raccordo con le regioni, affinché nei piani di riordino, razionalizzazione e riclassificazione, non vengano sguarnite di strutture sanitarie fondamentali a garantire la salvaguardia della vita umana e la tempestiva assistenza;
   a garantire attraverso precisi accordi con i gestori di telefonia mobile la copertura delle comunicazioni nelle stesse zone, anche se commercialmente poco interessanti, con ogni strumento e tecnologia possibili e a inserire nelle concessioni l'istituzione di aree wi-fi per scongiurare ogni rischio d'isolamento con possibili drammatiche conseguenze;
   a promuovere campagne d'informazione per migliorare la conoscenza del fenomeno sismico e realizzare una riduzione del rischio al verificarsi dei terremoti, mettendo in atto una costante e incisiva azione di informazione e sensibilizzazione volta a diffondere una cultura della prevenzione sismica nella popolazione e da parte degli amministratori pubblici;
   a realizzare un costante monitoraggio dei territorio ai fini del tempestivo aggiornamento della classificazione sismica e della relativa normativa, valutando adeguatamente il pericolo al quale sono esposti il patrimonio abitativo, la popolazione e i sistemi infrastrutturali;
   ad assumere iniziative per destinare maggiori risorse al fondo per la prevenzione del rischio sismico al fine di consentire la prosecuzione della sua attività nelle prossime annualità di bilancio e per attuare un piano di messa in sicurezza di tutti gli edifici pubblici e privati nelle zone a più elevato rischio sismico;
   a valutare la possibilità di realizzare politiche di riduzione della vulnerabilità dei singoli edifici finanziate con le risorse destinate al recupero e alla riqualificazione del patrimonio edilizio;
   ad intervenire presso le istituzioni europee affinché siano stanziati fondi per l'adeguamento anti-sismico degli edifici pubblici e privati degli Stati membri dell'Unione europea flagellati da frequenti movimenti tellurici;
   a promuovere un corretto utilizzo degli strumenti ordinari di pianificazione, per conseguire nel tempo un riassetto del territorio che tenga conto del rischio sismico;
   a tenere conto della perimetrazione del rischio sismico in Italia, che configura una zona rossa dorsale lungo tutta la penisola in senso longitudinale, considerando che la fascia appenninica interessata è tradizionalmente quella meno infrastrutturata e richiede, quindi, un ripensamento del sistema dei collegamenti viari e ferroviari, fin qui organizzati da nord a sud e non da est a ovest per consentire una più veloce capacità d'intervento.
(1-01344)
«Rampelli, Giorgia Meloni, Cirielli, La Russa, Maietta, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».
(12 settembre 2016)