TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 657 di Martedì 19 luglio 2016

 
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INTERPELLANZE E INTERROGAZIONI

A) Interpellanza

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   nel 2014 la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo, adita da migliaia di danneggiati italiani da emotrasfusioni o emoderivati infetti, ha «incalzato» lo Stato italiano affinché prevedesse delle forme di risarcimento, in considerazione del fatto che la procedura transattiva è bloccata da anni;
   nell'estate 2014 è stato approvato l'articolo 27-bis, inserito nel decreto-legge n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 114 del 2014, che prevede un’«equa riparazione» (così definita sulla scorta della terminologia europea) di 100 mila euro per tutti coloro che hanno fatto domanda di accesso alla transazione (con nesso causale, ascrivibilità e ricevibilità dell'istanza);
   tale somma è considerata inadeguata e, in certi casi, irrisoria per le tante vittime e per gli eredi delle persone decedute a causa delle trasfusioni o dell'assunzione dei farmaci salvavita infetti;
   viene posta la condizione che, accettando tale somma, il danneggiato rinunci a proseguire o intraprendere azioni legali;
   a seguito dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 90 del 2014, il Ministero della salute ha iniziato ad inviare lettere ai 7.000 malati, lettere che dal tenore e dalle parole usate appaiono come vere e proprie proposte (anche perché mandate direttamente ai danneggiati e non ai loro legali) che, quindi, si perfezionerebbero con l'accettazione della parte;
   i primi a essere interpellati sono gli eredi dei deceduti: molti di loro accettano, rispediscono i moduli compilati, con firme autenticate, con l'indicazione del codice iban, seguendo le istruzioni del Ministero della salute;
   qualche mese fa il Ministero ha bloccato i pagamenti agli eredi che hanno agito per il risarcimento del danno da loro stessi subito (iure proprio), sostenendo che la legge si riferisce solo agli eredi che agiscono per il risarcimento del danno subito dal congiunto quando era ancora in vita e che loro hanno ereditato (iure hereditatis);
   secondo tale argomentazione quindi i danneggiati da sangue infetto, per il Ministero della salute, sono solo coloro che sono stati infettati, non i loro familiari: vedersi morire un figlio o un papà o un marito non rappresenterebbe un danno risarcibile con l’«equa riparazione»;
   il Ministero della salute, in un incontro avuto con le associazioni dei danneggiati, ha riferito di aver avviato un progetto di ristrutturazione interna volto all'arruolamento di personale, ora ridotto a poche unità, per poter lavorare più velocemente le pratiche per quanto riguarda equa riparazione, iter transattivo e pagamento degli importi riconosciuti dalle sentenze –:
   come stia procedendo l’iter avviato ai sensi dell'articolo 27-bis del decreto-legge n. 90 del 2014 e quale sia ad oggi, quindi, il numero esatto delle lettere inviate ai danneggiati, il numero di risposte ricevute dal Ministero della salute e il numero dei soggetti cui è stato effettivamente pagata l'equa riparazione;
   se le somme necessarie al pagamento di tutti gli assegni a titolo di equa riparazione siano concretamente presenti nel capitolo di bilancio del Ministero della salute;
   quale sia il numero degli eredi che hanno agito iure proprio e che si vedrebbero rigettare la richiesta di pagamento, nonostante abbiano prima ricevuto la lettera dal Ministero della salute con la proposta di accettazione dell'equa riparazione;
   se non ritenga necessario e doveroso assumere immediatamente iniziative per definire una norma di interpretazione autentica che chiarisca in maniera inequivocabile che tutti gli eredi, anche coloro che hanno agito solo iure proprio, possono accedere all'equa riparazione.
(2-01153) «Lorefice, Di Vita, Baroni, Mantero, Colonnese, Grillo, Silvia Giordano».
(6 novembre 2015)

B) Interrogazioni

   SALTAMARTINI. – Al Ministro della salute. – Per sapere – premesso che:
   Caterina Viscomi si trova in stato vegetativo all'Ospedale Sant'Anna di Crotone. La donna, di professione oncologa, la notte del 6 maggio 2014, dopo aver dato alla luce all'Ospedale «Pugliese» di Catanzaro il primogenito Aldo, è entrata in coma, proprio perché nessuno, in sala parto, si è accorto che la puerpera stava andando in debito d'ossigeno;
   l'evento è scaturito dall'assurda circostanza che il volume degli strumenti era stato posto su «manuale», anziché «meccanico»; ciò per mantenere il volume basso perché l'anestesista dell'Ospedale Pugliese, Loredana Mazzei (ormai deceduta), non sopportava il suono degli strumenti che avvertivano la riduzione della saturazione dell'ossigeno nei pazienti e, quindi, ogni volta che c'era lei in sala operatoria, veniva abbassato il volume degli strumenti che avvertivano la riduzione della saturazione dell'ossigeno nei pazienti;
   come è stato evidenziato anche da testate dell'informazione, e precisamente da Il Corriere della Sera del 10 aprile 2016, «(...) Misticismo in ospedale. Molti suoi colleghi conoscevano la situazione anche perché sono accaduti episodi che hanno creato enormi difficoltà di gestione del ruolo della collega, nell'ambito pediatrico. La dottoressa Mazzei da diversi anni presentava un quadro clinico contrassegnato da comportamenti ispirati al «misticismo esasperato». Al punto che il primario dell'Ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma, Fabrizio Gennari – con il quale il «Pugliese» aveva avviato una collaborazione – in data 14 novembre 2012 aveva inviato una email al dottor Mario Verre, primario del reparto di anestesia e rianimazione, «affinché alla dottoressa Mazzei non venga più assegnata la conduzione di nessuna delle sedute operatorie afferenti al centro di chirurgie pediatriche». Dopo quel richiamo la Mazzei subì un provvedimento disciplinare che si concluse comunque con una archiviazione, ma con un obbligo: «In sala operatoria doveva andarci con un “tutor”», come “supporto psicologico”». Metodi stravaganti. Comportamenti stravaganti l'anestesista li aveva manifestati anche con i familiari dei pazienti. Racconta a verbale la rianimatrice Annamaria Grandi, il 30 giugno 2014: «La Mazzei è emotivamente instabile. Un giorno eravamo entrambe di turno in chirurgia pediatrica e lei, dopo aver preso in braccio un bambino per portarlo in sala operatoria, si inginocchiò davanti ai genitori dicendo: “Siamo tutti nelle braccia degli angeli”». In un altro caso – come ha testimoniato Antonio Raffaele Billa, medico di ostetricia e ginecologia – «la dottoressa mentre si trovava in servizio nel reparto di chirurgia pediatrica, prima di un intervento, ha poggiato un'immaginetta della Madonna sul petto di un bambino e ha invitato la madre a pregare prima dell'intervento, dicendo che se fosse andato male, la Madonna avrebbe portato il figlio in cielo così diventava un angelo»;
   se, dunque, l'instabilità dell'anestesista Mazzei era stata già evidenziata addirittura dal primario di una tra le più eccellenti strutture ospedaliere italiane – l'Ospedale pediatrico Bambin Gesù – e avvalorata dai racconti di alcuni medici colleghi, a parere dell'interrogante la vicenda denota una grave superficialità da parte dell'Ospedale Pugliese di Catanzaro nella gestione dell'incarico alla Mazzei;
   dai fatti emerge che all'Ospedale Pugliese il primario del reparto di anestesia e rianimazione fosse a conoscenza dei problemi dell'anestesista Mazzei, eppure nessuno sembra abbia agito per rimuoverla dall'incarico o abbia evitato che la stessa continuasse a svolgere un compito così delicato;
   ancor più vergognoso a giudizio dell'interrogante, perché palesa le carenze della giustizia italiana, è l'attesa da oltre due anni del marito di Caterina Viscomi, Paolo Lagonia, di sapere cosa sia realmente accaduto quella notte;
   una prima inchiesta è stata archiviata, ma ora che l'anestesista Loredana Mazzei è morta per il marito di Caterina sarà più difficile ottenere giustizia. Il suo avvocato ha presentato un'istanza di prosecuzione delle indagini accolta dal giudice delle indagini preliminari di Catanzaro, che ha inviato gli atti a un nuovo pubblico ministero. Nella richiesta il legale ricostruisce la storia professionale della dottoressa Mazzei, facendo anche riferimento alle patologie di cui soffriva l'anestesista. Nei giorni scorsi il sostituto procuratore di Catanzaro Debora Rizza, titolare della nuova indagine, ha incaricato un collegio di periti, tra cui il professor Introna, per nuovi accertamenti –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda urgentemente assumere al fine di contribuire a fare piena luce sulla vicenda, nel rispetto delle competenze della magistratura inquirente che sta svolgendo ulteriori indagini, anche promuovendo, come accaduto in altri tragici casi, un'ispezione per verificare se i protocolli adottati in sala parto dell'Ospedale Pugliese di Catanzaro fossero adeguati in relazione alle patologie della dottoressa Loredana Mazzei e se i protocolli attuali, normalmente adottati durante il parto, siano conformi a quelli solitamente applicati in altri ospedali, con ciò consentendo al signor Paolo Lagonia di avere le risposte che da anni attende. (3-02198)
(19 aprile 2016)

   COLLETTI e NESCI. – Al Ministro della salute. – Per sapere – premesso che:
   in data 7 maggio 2014 la signora Caterina Viscomi, nel dare alla luce il suo primogenito, è entrata in coma presso l'Ospedale Pugliese-Ciaccio di Catanzaro e da allora non si è più ripresa;
   secondo la consulenza tecnica di parte disposta dal pubblico ministero ed affidata ai professori Albarello e Pietropaoli, l'anestesista, dottoressa Loredana Mazzei, è stata ritenuta responsabile di un grave errore sanitario, avendo assunto durante il parto cesareo un comportamento contrassegnato da imperizia e negligenza;
   alcuni mesi dopo, la Mazzei è deceduta. Esistono prove documentali che attestano come la Mazzei, da diversi anni, presentasse un quadro clinico contrassegnato da comportamenti ispirati a un misticismo esasperato, al punto che il dottor Fabrizio Gennari, primario dell'Ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma, che aveva stipulato un rapporto di collaborazione con l'Ospedale Pugliese-Ciaccio di Catanzaro, aveva chiesto al dottor Mario Verre, primario del reparto di rianimazione del Pugliese-Ciaccio, che la Mazzei venisse, con urgenza, sollevata dall'incarico. Agli atti è emerso che nel 2012 era stato aperto un procedimento disciplinare nei confronti della Mazzei, procedimento che per motivi non chiariti è stato archiviato da Verre;
   il pubblico ministero ha chiesto al giudice per le indagini preliminari l'archiviazione del procedimento in seguito all'intervenuto decesso della Mazzei, in quanto unica responsabile di quanto accaduto. Tuttavia, il marito della signora Caterina Viscomi, il signor Paolo Lagonia, ha presentato istanza di opposizione corredata da una memoria integrativa rispetto alla richiesta di archiviazione, per due ordini di motivi. In primo luogo, l'evento si è verificato all'interno di una sala operatoria nella quale erano presenti altri quattro soggetti professionisti, tenuti a svolgere attività medico-chirurgica in équipe, cioè attività contraddistinta da costante collaborazione e interazione per il raggiungimento di un obiettivo comune (vita e integrità psicofisica della paziente). Ebbene, tali soggetti, pur potenzialmente indagabili per comportamenti anche omissivi costituenti reato, hanno rilasciato dichiarazioni che evidenziano circostanze non riscontrate nelle cartelle cliniche, a loro discarico e ad esclusivo sfavore della Mazzei, come se ella fosse stata l'unico soggetto ad avere accesso al monitor di sala operatoria e soprattutto l'unico soggetto a dover vigilare sull'andamento dell'operazione (fatto questo incontrovertibilmente negato sia dalle linee guida per la sicurezza in sala operatoria che da una copiosa e univoca giurisprudenza di legittimità). In secondo luogo, non si è adeguatamente approfondito il comportamento tenuto dai vertici dell'azienda sanitaria, nonché dal primario della rianimazione, Verre (diretto superiore della Mazzei), risultando palese che, a causa delle problematiche comportamentali della Mazzei, inibirle di operare in area di emergenza già dal 2012 avrebbe dovuto rappresentare un obbligo inderogabile per il responsabile del servizio. Il contegno omissivo di Verre, nonché degli altri chiamati a sospendere la Mazzei, ponendosi come antecedente causale ai fatti succeduti, si appalesa quantomeno fonte di responsabilità autonoma e correlata agli eventi, che di certo non può passare inosservata;
   in data 11 gennaio 2016, il giudice per le indagini preliminari, con ordinanza, ha rigettato la richiesta di archiviazione invitando il pubblico ministero ad un adeguato approfondimento delle indagini, che dovrà avvenire entro il termine di 6 mesi;
   in data 20 gennaio 2016 il Ministero della salute – direzione ministeriale programmazione sanitaria, livelli essenziali di assistenza e principi etici del sistema ha chiesto all'assessorato calabrese una relazione sulla vicenda accaduta a Caterina Viscomi, segnalando l'urgenza di acquisire ogni utile elemento informativo sul caso e chiedendo alla regione di verificare quanto accaduto e comunicare con sollecitudine gli esiti delle verifiche –:
   se il Ministro abbia già disposto o intenda promuovere, per quanto di competenza, un'ispezione presso l'Ospedale Pugliese-Ciaccio di Catanzaro per verificare perché non venne mai sospesa o licenziata la dottoressa Mazzei e se vi siano stati altri casi in cui il suo comportamento abbia provocato danni o decessi ai pazienti del medesimo ospedale.
(3-02397)
(18 luglio 2016)
(ex 5-07964 del 2 marzo 2016)

C) Interrogazione

   IACONO, ALBANELLA, ZAPPULLA, LAURICELLA, RIBAUDO, CULOTTA, PICCIONE, CAPODICASA, BURTONE, SCHIRÒ, CURRÒ, AMODDIO, RACITI, CARDINALE, GRECO e BERRETTA. – Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:
   nella regione Sicilia, le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza costituiscono un settore che vive una profonda e grave crisi;
   le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza siciliane, nonostante il momento difficile e complesso che si protrae, ormai, da diversi anni, rappresentano una realtà occupazionale di rilevanza significativa; attualmente, infatti, vi sono circa 750 dipendenti pubblici di ruolo e circa 1.300 dipendenti tra contrattisti a tempo determinato e professionisti convenzionati;
   a questi dati già, di per sé, importanti si aggiunge il fatto che le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza siciliane dispongono di un immenso e straordinario patrimonio immobiliare rappresentato da antiche strutture di pregio storico, artistico e monumentale;
   tali strutture rappresentano, in molti casi, irrinunciabili punti di riferimento socio-assistenziale per le fasce più deboli della popolazione siciliana ed attualmente assistono circa 3.000 utenti complessivi;
   di fatto le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, nel territorio siciliano, hanno costituito il primo anello nella rete di pubblica assistenza;
   attualmente le strutture operanti nel territorio isolano sono all'incirca 150;
   nonostante, un primo impegno della giunta di Governo con la deliberazione n. 454 del 30 novembre 2012, con la quale si dava mandato all'assessore regionale della famiglia, delle politiche sociali e del lavoro di predisporre un disegno di legge e di redigere un report sullo stato delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza siciliane, dando contezza dei processi di fusione da attuare, delle estinzioni, dell'utilizzo del personale dipendente, della proiezione dell'incremento dei servizi, nonché della presumibile quantificazione dei minori costi pubblici, provvedendo alla ricostituzione di tutti i consigli di amministrazione, a tutt'oggi non si è giunti a nessuna determinazione tale da rendere autenticamente funzionali le stesse strutture o a porre in essere la riforma degli istituti regionali, rendendoli in grado di competere con le organizzazioni del no profit sociale;
   in questi ultimi mesi, tra l'altro, i problemi si sono ulteriormente aggravati ed oggi le strutture sono in grande affanno, con drammatiche conseguenze sulla gestione dei servizi e grande disperazione per le famiglie interessate;
   in ultimo, la finanziaria regionale ha azzerato il capitolo 183307 del bilancio regionale, con gravi ripercussioni sul personale dipendente, stante il fatto che il suddetto capitolo prevede un contributo per le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza della Sicilia, ai sensi della legge regionale n.71 del 1982, destinato al pagamento degli oneri derivanti dall'applicazione del contratto di lavoro per i dipendenti;
   in diverse occasioni, le associazioni di rappresentanza unitamente all'associazione degli amministratori delle stesse istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza hanno avanzato la proposta di mettere in atto, come tra l'altro, già avvenuto in diverse regioni del Centro-Nord, attraverso l'adozione di un disegno di legge, la trasformazione delle stesse in aziende pubbliche di servizio alla persona o in fondazioni di diritto privato;
   nonostante la legge n. 328 del 2000, all'articolo 10, disponga chiaramente l'inserimento delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza nella programmazione regionale del sistema integrato di interventi e servizi sociali, la Regione siciliana non ha ancora proceduto ad un piano di riforma delle stesse;
   a tutt'oggi, inoltre, non sono state stanziate dalla giunta di Governo le somme per un nuovo bando per il miglioramento ed il potenziamento dei servizi offerti dalle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza;
   nonostante le ripetute richieste all'assessorato competente, ad oggi non è stato ancora insediato il tavolo comune con l'assessorato regionale della salute ed il tavolo comune con assessorato autonomie locali, Anci, Ares-Ipab ed organizzazioni sindacali per trovare una soluzione adeguata ai cronici ritardi dei comuni nel pagamento delle rette di ricovero, che in alcuni casi toccano punte di un anno e che mettono in ginocchio le strutture che non possono pagare gli stipendi al personale e le fatture ai fornitori;
   la commissione per la determinazione dei «nuovi standard» dei servizi socio-assistenziali, insediata da circa due anni, ad oggi, nonostante le ripetute sollecitazioni, non ha ancora completato i lavori;
   ad oggi l'esigenza che si riscontra da parte degli amministratori e degli operatori del settore è quella di superare la fase dell'assistenzialismo diretto e degli sprechi del passato e di attuare un serio processo di riforma in grado di garantire servizi qualificati e spesso indispensabili a fasce deboli della popolazione (quali anziani, minori, disabili, immigrati), dando contestualmente continuità occupazionale a tanti seri e qualificati dipendenti che, nonostante ritardi disumani nel pagamento degli stipendi (in alcuni casi anni), hanno continuato e continuano a recarsi sul posto di lavoro e ad offrire una validissima assistenza agli utenti;
   le evidenti difficoltà che caratterizzano il sistema delle politiche sociali e i servizi di assistenza alle fasce più deboli della popolazione nella regione Sicilia si inseriscono nel quadro di una situazione estremamente critica del comparto dell'assistenza sociale su tutto il territorio nazionale, situazione che necessita di un'azione concertata tra lo Stato e le regioni –:
   se il Governo intenda assumere iniziative volte ad avviare un'interlocuzione con le regioni, anche attraverso un immediato ricorso alla conferenza Stato-regioni, per affrontare le criticità di cui in premessa e, in particolare, promuovere un efficace processo di riforma delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza. (3-01969)
(28 gennaio 2016)

D) Interpellanza

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 114, della legge n. 107 del 2015 ha previsto l'indizione, entro il 1o dicembre 2015, di un concorso per titoli ed esami per l'assunzione a tempo indeterminato di personale docente per le istituzioni scolastiche ed educative statali per la copertura, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, di tutti i posti vacanti e disponibili nell'organico dell'autonomia, nonché per i posti che si rendano tali nel triennio 2016/2018;
   in seguito alla necessità di rivedere il sistema delle classi di concorso da adeguare alla normativa introdotta con la citata legge n. 107 del 2015, i concorsi per titoli ed esami finalizzati al reclutamento del personale docente nella scuola dell'infanzia, primaria e secondaria di primo e secondo grado, nonché del personale docente per il sostegno agli alunni con disabilità, di cui sopra, sono stati banditi a febbraio 2016;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con il decreto ministeriale n. 96 del 23 febbraio 2016, ha disciplinato i requisiti necessari dei componenti delle commissioni giudicatrici in merito alle quali ha ravvisato «l'opportunità di provvedere alla revisione dei requisiti dei componenti della commissioni giudicatrici, al fine di renderli coerenti con le innovazioni culturali, professionali e ordinamentali nel frattempo intercorse e di assicurare la partecipazione alle commissioni giudicatrici dei concorsi per l'accesso ai ruoli del personale docente di esperti di comprovata esperienza in materia di concorsi»;
   con decreto ministeriale n. 97 del 23 febbraio 2016 sono state disciplinate le modalità per l'inoltro della domanda per il ruolo di presidente e commissario del concorso a cattedra 2016 e le istruzioni per l'espletamento delle operazioni di costituzione delle commissioni in merito alle quali il Ministero ha ravvisato «la necessità di procedere alla revisione delle modalità di formazione per renderle più snelle, efficienti, efficaci, economiche e trasparenti»;
   il numero di commissari necessario all'espletamento delle procedure concorsuali è stato stimato nel numero di circa mille unità, per i quali il Ministero ha ritenuto di non poter accogliere la proposta di esonero dal servizio;
   il compenso previsto per i componenti delle commissioni sono di euro 251,00 lordi per i presidenti e 209,24 lordi per i commissari; a questo compenso forfettario si aggiungono 0,50 euro per ogni elaborato corretto e per ogni candidato esaminato;
   il Consiglio superiore della pubblica istruzione, nel documento di parere sulle procedure concorsuali, non vincolante, ha ritenuto, in considerazione della necessità di garantire tempestività e qualità alla procedura concorsuale, che non appare coerente l'esiguità del compenso previsto per i commissari;
   in termini pratici, infatti, ad un componente della commissione d'esame, che non ricoprirà il ruolo di presidente, andranno come compenso base appena poco più di 100 euro nette alle quali si potrebbe aggiungere qualcosa derivante dalla correzione delle prove;
   i compensi dei commissari verrebbero erogati in un periodo di tempo dilatato, cioè al termine delle prove;
   l'indennità massima che i commissari per un concorso ordinario potranno ricevere ammonterà ad un massimo di 700 euro lordi e senza esonero dal servizio;
   il decreto ministeriale n. 95 del 2016 disciplina le modalità di svolgimento delle prove concorsuali, prevedendo la durata complessiva di 45 minuti per lo svolgimento della prova orale, suddivisi in due intervalli reciprocamente di massimo 35 minuti per una lezione simulata e massimo 10 minuti da destinare all'interlocuzione del candidato con i componenti della commissione;
   sono stati espressi dubbi in merito al fatto che, per alcune classi di concorso, con pochi docenti di ruolo, potrebbero subentrare dei problemi per reperire candidature a ricoprire il ruolo di commissario;
   in un simile contesto la qualità del lavoro da svolgere, in un momento delicato e serio quale quello del reclutamento dei docenti, richiederebbe il riconoscimento di un'adeguata indennità ai commissari, in alternativa all'esonero dal servizio;
   si prevede la partecipazione al concorso di 200 mila candidati e ogni candidato al concorso dovrà pagare 10 euro per diritti di segreteria, pagamento che deve essere effettuato distintamente per ciascuna classe di concorso per la quale si concorre;
   il Presidente del Consiglio dei ministri è più volte intervenuto sostenendo la necessità di riconoscere ai docenti autorevolezza e prestigio sociale, oggi venuti meno, ammettendo che gli insegnanti sono poco pagati –:
   quali iniziative il Ministro interpellato intenda assumere per riconoscere il giusto valore alla funzione di commissario d'esame di concorso e al lavoro che viene svolto in quella sede e, soprattutto, serietà e selettività al concorso che si sta per svolgere, considerando che si tratta di valutare l'idoneità o meno dei candidati a svolgere questa importante professione e prevedendo, tra l'altro, adeguati compensi o, quanto meno, l'esonero dal servizio per tutto il tempo dello svolgimento delle prove d'esame.
(2-01303) «Centemero, Occhiuto».
(4 marzo 2016)

E) Interrogazione

   LOSACCO. – Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   la notizia dell'arresto di due maestre di una scuola materna pubblica di Bari presso il quartiere Santo Spirito per maltrattamenti ai danni di alunni in età compresa tra i due anni e mezzo e i tre anni e mezzo di età ha suscitato enorme indignazione nell'opinione pubblica;
   i bambini, come riportato dai mezzi di informazione, sarebbero stati schiaffeggiati, strattonati, presi a calci, hanno subito forti scossoni alle braccia;
   addirittura una delle due maestre arrestate per maltrattamento avrebbe spinto «così forte una bimba da farla sbattere di peso contro un banchetto, per poi rimbalzare all'indietro, perdere l'equilibrio e cadere in avanti, a pancia in giù, finendo rovinosamente con tutto il corpo e la faccia sul pavimento, rimanendo esanime per alcuni minuti, senza emettere gemiti o suoni di alcun tipo»;
   i reati contestati alle due arrestate risultano aggravati dall'avere commesso il fatto sia in violazione dei doveri inerenti all'esercizio di una funzione pubblica, quale quella educativa, all'interno di un istituto pubblico di formazione, sia dall'avere approfittato di circostanze di tempo, di luogo e di persona, anche in riferimento alla tenera età dei bambini, tali da ostacolare la pubblica e privata difesa, avendo le due maestre perpetrato le condotte in un'aula dotata di porta metallica, priva di vetri, così da non consentire a terzi di scorgere quanto accadesse al suo interno;
   le indagini, partite dalla segnalazione da parte dei genitori dei bambini, secondo la procura, avrebbero accertato l'abitudine del ricorso alla violenza, sia psicologica sia fisica, da parte delle due arrestate in danno dei piccoli allievi loro affidati, assunto quale usuale metodo educativo. E sono tuttora in corso al fine di accertare eventuali responsabilità di altri soggetti;
   tra il 31 marzo e il 22 aprile 2016 i carabinieri avrebbero accertato 37 episodi di maltrattamenti compiuti in 13 giorni effettivi di lezione;
   purtroppo non è il primo caso che sale alla ribalta sulle cronache nazionali e sempre più spesso si segnalano abusi ai danni di soggetti fragili come i bambini;
   da tempo si dibatte sull'opportunità di installare delle videocamere all'interno dei plessi scolastici al fine di prevenire atti e comportamenti violenti;
   sarebbe opportuna anche una formazione più attenta ai profili psicologici degli insegnanti, anche a tutela delle altissime professionalità che si registrano nel sistema scolastico italiano, considerato che una minoranza violenta non può minare la credibilità di un intero corpo docente –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare per evitare il ripetersi di simili episodi, nonché se intenda valutare se sussistano i presupposti per assumere iniziative volte a installare nelle scuole materne sistemi di videocamere in grado di monitorare la sicurezza dei bimbi. (3-02259)
(16 maggio 2016)