TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 617 di Lunedì 2 maggio 2016

 
.

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE FINALIZZATE AL RICONOSCIMENTO DELL'ENDOMETRIOSI COME MALATTIA INVALIDANTE E AL POTENZIAMENTO DELLE PRESTAZIONI SANITARIE E DELLE MISURE DI SOSTEGNO ECONOMICO E SOCIALE PER LE DONNE AFFETTE DA TALE PATOLOGIA

   La Camera,
   premesso che:
    l'endometriosi è una malattia della quale sono affette circa 3 milioni di donne in Italia, 14 milioni in Europa e 150 milioni nel mondo. È una malattia cronica e invalidante, che consiste nella presenza di tessuto endometriale, che normalmente riveste la cavità uterina, in siti ectopici, cioè al di fuori dell'utero dove forma noduli, lesioni, impianti o escrescenze. Esse si localizzano più frequentemente nell'addome interessando ovaie, tube, peritoneo, intestino, ma anche altri organi. Viene classificata in quattro gradi diversi (I stadio minima, II stadio lieve, III stadio moderata e IV stadio severa o grave), dal più lieve al più serio, in base all'estensione e alla localizzazione della lesione;
    tale malattia è molto difficile da diagnosticare. Molte donne ricevono una corretta diagnosi mediamente dopo circa dieci anni di visite mediche, pubbliche e private, queste ultime molto costose. A causa dei pochissimi fondi stanziati per la ricerca esistono pochissime équipe specializzate nella diagnosi e nella cura della patologia e spesso operanti nel privato. Esiste, infatti, ancora molta disinformazione in materia, tanto che nella maggior parte dei casi i forti dolori avvertiti dalle donne, soprattutto nei primi giorni del ciclo mestruale, sono ricondotti ad una causa di tipo psicologico;
    sono sempre più numerosi gli studi e le ricerche che evidenziano l'incidenza della diffusione della malattia in quei territori esposti a fattori inquinanti, fra questi alcuni in particolare hanno l'azione di interferenti endocrini (diossine e ipa in particolare); tali sostanze sono correlate allo sviluppo di gravi patologie del sistema endocrino (oltre che a incremento della mortalità oncologica) ed è stato riscontrato l'incremento proprio dell'endometriosi;
    l'endometriosi è sicuramente una malattia invalidante, in quanto costringe le donne che ne sono affette a modificare il proprio stile di vita, rimodulando le proprie abitudini sia nei rapporti sociali che nella vita lavorativa e privata;
    il 22 luglio 2009 il Ministro per le pari opportunità, il presidente dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, il presidente dell'Istituto nazionale per l'assicurazione infortuni sul lavoro, il presidente dell'Istituto affari sociali e il presidente della Fondazione italiana endometriosi hanno stipulato un protocollo d'intesa sul tema dell'endometriosi;
    con tale convenzione le parti si sono impegnate nella promozione di campagne di sensibilizzazione, informazione e comunicazione pubblica sulla tematica dell'endometriosi; si sono impegnate a costituire un tavolo tecnico presso il Ministero per le pari opportunità per la verifica e la valutazione di strumenti normativo-istituzionali tesi a «promuovere pratiche di sostegno alle donne affette da endometriosi o esposte a rischio di malattia» (articolo 1);
    con l'articolo 4 della suddetta convenzione le parti hanno concordato di dare priorità alle seguenti tematiche e aree di intervento:
     a) aumentare la consapevolezza che la corretta informazione e la prevenzione sull'endometriosi rappresentano lo strumento per combattere la patologia;
     b) favorire una sinergia con tutte le realtà locali interessate al fine di diffondere una presa di coscienza dei problemi che la patologia può avere nella vita delle donne;
     c) porre particolare attenzione ai luoghi di lavoro e ai fattori che possono avere un ruolo nella progressione della malattia;
     d) stimolare un maggiore interesse per la ricerca scientifica al fine di stimare il reale impatto della malattia sulla vita delle donne;
    tale protocollo d'intesa aveva validità 5 anni a decorrere dalla data di stipula, termine scaduto il 22 luglio 2014;
    sono già state approvate in Italia quattro leggi regionali, la n. 18 del 2012 del Friuli Venezia Giulia, la n. 40 del 2014 della Puglia, la n. 26 del 2014 della Sardegna e la n.1 del 2015 del Molise, che, oltre a promuovere la prevenzione e la diagnosi precoce dell'endometriosi al fine di migliorare la qualità delle cure, istituiscono un osservatorio e un registro regionale e promuovono campagne di sensibilizzazione e formazione. E varie proposte di legge sono state depositate in altre regioni;
    da diversi ambiti della società si sente da tempo l'esigenza di dare una spinta alle istituzioni, a tutti i livelli, per ottenere il riconoscimento della patologia ai fini dell'invalidità civile e il relativo inserimento nelle tabelle di cui al decreto ministeriale 28 maggio 1999, n. 329, «Regolamento recante norme di individuazione delle malattie croniche e invalidanti ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124», come modificato dal decreto ministeriale 21 maggio 2001, n. 296, «Regolamento di aggiornamento del decreto ministeriale 28 maggio 1999, n. 329», che individua le condizioni di malattia croniche e invalidanti che danno diritto all'esenzione dalla partecipazione al costo per le prestazioni di assistenza sanitaria correlate,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative, anche normative, affinché siano aggiornate le tabelle di cui al decreto ministeriale n. 329 del 1999, ai fini dell'inserimento dell'endometriosi tra le malattie invalidanti, riconoscendo alle donne affette dalla patologia il diritto all'esenzione dalla partecipazione al costo per le prestazioni di assistenza sanitaria correlate;
   ad avviare iniziative di sostegno sociale ed economico per le donne affette da endometriosi, finalizzate alla riduzione degli enormi costi che le pazienti si trovano ad affrontare prima e dopo la diagnosi certa della malattia, prevedendo l'esenzione dal ticket sanitario per esami specialistici, quali ecografie pelviche e transvaginali, risonanze magnetiche con contrasto e altro, e prevedendo, altresì, l'esenzione per l'acquisto di farmaci destinati a lenire il dolore e a bloccare i sintomi della patologia, intervenendo anche con azioni volte alla riduzione dei tempi d'attesa per le prestazioni offerte dal servizio sanitario nazionale;
   ad adottare iniziative a tutela delle donne affette da endometriosi, a partire dalla promozione della conoscenza della malattia per arrivare al sostegno della ricerca scientifica affinché si arrivi, per la maggior parte dei casi, ad una diagnosi precoce certa;
   ad assumere iniziative per istituire il fondo nazionale per l'endometriosi e un registro nazionale dell'endometriosi per la raccolta e l'analisi dei dati clinici e sociali della malattia, ponendo a carico delle regioni l'onere di trasmettere al registro nazionale periodicamente i dati relativi alla diffusione della malattia nel rispettivo territorio;
   ad attuare campagne di sensibilizzazione e di informazione sulla malattia e a sostenere iniziative di formazione e aggiornamento del personale medico, di assistenza e dei consultori familiari;
   ad attuare una politica di tutela della lavoratrice affetta da endometriosi, al fine della salvaguardia del posto di lavoro;
   ad istituire presso il Ministero della salute una commissione nazionale per l'endometriosi, composta da un rappresentante del Ministero della salute, da un rappresentante dell'Istituto superiore di sanità, da tre rappresentanti delle regioni e da sette rappresentanti degli enti di ricerca pubblici esperti della materia, che abbia il compito di emanare le linee guida sulla malattia e di redigere le graduatorie per l'assegnazione di risorse del fondo nazionale, nel rispetto della trasparenza e dell'assenza di conflitti d'interessi, secondo requisiti e criteri predefiniti;
   a fornire elementi sulle tempistiche esatte relative all'emanazione del decreto di revisione dei livelli essenziali di assistenza, considerato che da circa due anni, e anche in occasione della giornata mondiale dell'endometriosi, il Ministro della salute ha annunciato a mezzo stampa e attraverso i social network l'inserimento dell'endometriosi nei livelli essenziali di assistenza.
(1-00698)
(Nuova formulazione) «Lorefice, De Lorenzis, Nicola Bianchi, Gagnarli, Rizzo, Corda, Frusone, Spadoni, Di Battista, Manlio Di Stefano, Del Grosso, Lombardi, Cozzolino, Silvia Giordano, Mantero, Grillo, Colonnese, Di Vita, Baroni, Cecconi, Ruocco, Cancelleri, Tofalo, Basilio, Alberti, Cominardi, Tripiedi, Terzoni, Agostinelli, Battelli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Bonafede, Brescia, Brugnerotto, Businarolo, Busto, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Chimienti, Ciprini, Colletti, Crippa, Da Villa, Dadone, Daga, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Rosa, Della Valle, Dell'Orco, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Dieni, D'Incà, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Gallinella, Luigi Gallo, Grande, L'Abbate, Liuzzi, Lupo, Mannino, Marzana, Micillo, Nesci, Nuti, Parentela, Pesco, Petraroli, Pisano, Paolo Nicolò Romano, Sarti, Scagliusi, Sibilia, Sorial, Spessotto, Toninelli, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Villarosa, Zolezzi».
(14 gennaio 2015)

   La Camera,
   premesso che:
    l'endometriosi è una delle malattie ginecologiche a più alta prevalenza ed una condizione clinica tra le più studiate negli anni recenti. Si tratta di una patologia infiammatoria estrogeno dipendente che interessa nei Paesi occidentali il 5-10 per cento della popolazione femminile in età riproduttiva;
    il picco di incidenza si colloca in età fertile, soprattutto tra i 25 e i 35 anni, mentre è rara in epoca pre-puberale e post-menopausale, anche se la necessità di riporre un'attenzione crescente all'endometriosi anche durante l'età adolescenziale è un tema ampiamente emergente dalla letteratura internazionale;
    secondo i primi dati dell’American endometriosis association nei due terzi dei soggetti l'esordio della sintomatologia avviene prima dei 20 anni, mentre, nella sua revisione più recente (1998), il registro dell’American endometriosis association riporta che quasi il 40 per cento delle donne con endometriosi riferiva una comparsa dei primi sintomi ad un'età inferiore a 15 anni e oltre il 25 per cento ad un'età compresa tra 15 e 19 anni;
    la caratteristica patologica specifica dell'endometriosi consiste nella presenza di tessuto endometrio-simile (cioè del tessuto che riveste l'interno dell'utero) al di fuori della cavità uterina e principalmente sulle ovaie, sul peritoneo pelvico, vescica o anche intestino;
    le problematiche cliniche più frequenti sono rappresentate da dolore pelvico cronico, dolore durante i rapporti sessuali ed infertilità;
    l'endometriosi non è una malattia mortale, ma la capacità di metastatizzare, la possibilità di recidiva a livello locale e a distanza, l'insorgenza di dolore neuropatico resistente alla terapia medica sono alcune delle tante caratteristiche che l'endometriosi condivide con le neoplasie, come i carcinomi ovarici e, anche se nella maggior parte dei casi l'endometriosi presenta un decorso benigno, ci sono dati crescenti a favore di una correlazione tra endometriosi e cancro ovario;
    l'endometriosi costituisce attualmente un problema di salute pubblica, dal momento che colpisce dal 5 per cento al 10 per cento delle donne in età riproduttiva, una proporzione che aumenta addirittura al 30 per cento nell'ambito di donne subfertili e in Italia sono almeno 3 milioni le donne che soffrono di endometriosi;
    questi dati rappresentano, peraltro, una sottostima della reale prevalenza della malattia nella popolazione generale, dal momento che i sintomi non sono sempre presenti: molte donne scoprono di avere l'endometriosi quando hanno difficoltà ad avere figli e, quando la malattia può essere sospettata in donne con dolore pelvico cronico, il gold standard per la diagnosi di endometriosi è ancora la valutazione laparoscopica, confermata dall'esame istologico;
    la scarsa conoscenza della malattia fa sì che prima della diagnosi passino in media nove anni. Tutto questo costringe le donne ad un vero e proprio calvario fatto di ecografie, visite specialistiche e accertamenti, a volte invasivi e costosi, per scoprire l'origine di quei forti dolori pelvici, soprattutto durante il ciclo mestruale. Una volta diagnosticata la malattia, occorre assumere farmaci per lunghi periodi o sottoporsi a più interventi chirurgici;
    il fenomeno, i cui numeri sono significativi sia a livello nazionale che internazionale, ha indotto già nel 2005 ben 266 membri del Parlamento europeo a firmare la Written declaration on endometriosis, stimando in 39 miliardi di euro l'onere annuale dei congedi di malattia causati da questa patologia all'interno dell'Unione europea;
    nonostante la diffusione di questa malattia, la sua conoscenza risultava essere ancora scarsa, sia da parte della popolazione dell'Unione europea che da parte dei medici;
    il documento invitava pertanto i Governi degli Stati membri e la Commissione europea a lavorare per favorire la ricerca sulle cause, sulla prevenzione e sul trattamento dell'endometriosi, dando anche indicazione per l'istituzione di una giornata nazionale dedicata alla sensibilizzazione su questo tema;
    anche la Commissione igiene e sanità del Senato della Repubblica ha svolto un'indagine conoscitiva sul fenomeno dell'endometriosi come malattia sociale;
    l'endometriosi è spesso invalidante, creando una condizione cronica che destabilizza profondamente la qualità di vita della paziente, con un impatto negativo sulla vita sociale/personale e con alti costi di assistenza sanitaria, e causando, tra l'altro, frequenti assenze del lavoro o assenteismo scolastico in caso di adolescenti, impedendo lo svolgimento di attività ordinarie;
    l'impatto dell'endometriosi non riguarda solo la sfera fisica, emotiva e relazionale delle donne, ma ha anche significative ripercussioni nella sfera lavorativa, provocando l'arresto delle progressioni di carriera, la perdita o l'abbandono del lavoro;
    in occasione della giornata mondiale dell'endometriosi, il Ministro della salute Beatrice Lorenzin ha annunciato che l'endometriosi sarà nei nuovi livelli essenziali di assistenza e rientrerà, quindi, nell'elenco delle malattie croniche invalidanti che danno diritto all'esenzione;
    alcune regioni italiane (Friuli Venezia Giulia, Puglia, Sardegna e Molise) hanno approvato una legge regionale a tutela delle donne affette da endometriosi, che, oltre a prevedere numerosi interventi sul fronte delle terapie, della diagnosi, della formazione e della prevenzione, istituisce il registro e l'osservatorio regionale dell'endometriosi,

impegna il Governo:

   a mettere in campo tutte le iniziative a tutela delle donne affette da endometriosi, a partire dall'inserimento di tale patologia nell'elenco di quelle soggette all'esenzione dalla partecipazione al costo per le prestazioni di assistenza sanitaria a mezzo dell'attribuzione dello specifico codice identificativo, ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 28 maggio 1999, n. 329;
   ad adottare iniziative finalizzate all'esenzione dalla partecipazione al costo per prestazioni di diagnostica, ambulatoriali e specialistiche correlate all'endometriosi e per l'acquisto di farmaci, promuovendo, altresì, iniziative utili alla riduzione dei tempi d'attesa per le prestazioni effettuate dal servizio sanitario nazionale;
   a favorire lo sviluppo di reti di servizi e centri di eccellenza che assicurino la presenza di team multidisciplinari in grado di lavorare per preservare la fertilità della donna, migliorare la qualità della sua vita e ridurre i costi socio-economici;
   a promuovere la conoscenza della malattia fra i medici e nella popolazione per agevolare la prevenzione, per ridurre l'intervallo di tempo significativo tra l'insorgenza dei sintomi e la diagnosi e per migliorare la qualità delle cure, sostenendo la ricerca scientifica e le attività delle associazioni e del volontariato dedicate ad aiutare le donne affette da tale malattia;
   a mettere in campo forme di tutela delle lavoratrici affette da endometriosi per garantire il diritto alla salute e salvaguardare il posto di lavoro;
   a sostenere l'istituzione del registro nazionale dell'endometriosi per la raccolta e l'analisi dei dati clinici e sociali riferiti all'endometriosi, al fine di favorire lo scambio dei dati e di stabilire strategie condivise di intervento sulla malattia, derivanti dall'analisi dei dati specifici per ambito geografico, di monitorare l'andamento del fenomeno e di rilevare le problematiche ad esso connesse, nonché le eventuali complicanze;
   a creare presso il Ministero della salute una commissione di esperti sull'endometriosi, composta da un numero massimo di dieci membri, alla quale sia attribuito il compito di predisporre le linee guida per la programmazione della ricerca scientifica relativa alla diagnosi e alla cura dell'endometriosi e per l'individuazione di adeguati strumenti di informazione dei pazienti;
   ad assumere iniziative per istituire la Giornata nazionale per la lotta contro l'endometriosi da celebrare il 9 marzo di ogni anno.
(1-01229)
«D'Incecco, Lenzi, Amato, Burtone, Carnevali, Miotto, Patriarca, Sbrollini, Murer, Mariano, Giuditta Pini, Piazzoni, Antezza, Amoddio».
(20 aprile 2016)

   La Camera,
   premesso che:
    solo pochi giorni fa, il 22 aprile 2016 per la precisione, per iniziativa del Ministro della salute, l'onorevole Beatrice Lorenzin, è stata celebrata la «Giornata nazionale dedicata alla salute della donna», come previsto dalla direttiva del 1o giugno 2015 del Presidente del Consiglio dei ministri. In quella occasione è stato pubblicato un manifesto con 10 punti chiave, di cui si possono ricordare almeno i primi tre:
     a) approccio alla salute femminile secondo la medicina di «genere», per il contrasto alle malattie croniche non trasmissibili, e attenzione alla ricerca scientifica mirata specificamente alle esigenze e peculiarità delle donne;
     b) strategie di comunicazione per accrescere la consapevolezza delle donne sulle tematiche di salute, per sé e per la sua famiglia;
     c) tutela e promozione della salute sessuale e riproduttiva, anche attraverso la prevenzione delle infezioni sessualmente trasmesse e la tutela della fertilità, favorendo una procreazione responsabile e consapevole e sostenendo la salute materna e neonatale;
    per dare concretezza al manifesto appena pubblicato è necessario parlare di endometriosi, per imparare a riconoscere prima questa patologia esclusivamente femminile, vero e proprio paradigma della medicina di genere, per tutelare la fertilità femminile e per ridurre i rischi della sterilità;
    l'endometriosi è una malattia poco conosciuta ma più frequente di quel che si creda: colpisce il 10-20 per cento delle donne in età riproduttiva e può provocare disturbi invalidanti e infertilità. Non è facile da riconoscere, perché i sintomi possono essere poco specifici e quindi comuni ad altre patologie. Oggi, però, ci sono gli strumenti a disposizione per affrontarla e curarla. Ed è giunto il momento perché il Parlamento faccia qualcosa di più per le donne che ne soffrono, per ridurre le conseguenze che una maternità intensamente desiderata ma non realizzata può avere sul vissuto della donna e dell'intera famiglia;
    con endometriosi si indica la presenza di endometrio, che ricopre la cavità interna dell'utero o al di fuori della cavità uterina in altre zone del corpo femminile, normalmente nella pelvi, dove interessa ovaie, tube, peritoneo, intestino, ma anche altri organi. È una malattia cronica e invalidante, che viene classificata in quattro gradi diversi (I stadio minima, II stadio lieve, III stadio moderata e IV stadio severa o grave), dal più lieve al più serio, in base all'estensione e alla localizzazione della lesione;
    l'endometriosi può colpire le donne dal momento dello sviluppo fino alla menopausa, anche se dopo i 40 anni la crescita del tessuto endometriale presente fuori dalla cavità uterina sembra più lenta. A volte può persistere anche dopo la menopausa in presenza di terapie ormonali. La malattia si sviluppa indipendentemente dal fatto di aver avuto gravidanze, ma dopo ogni gravidanza sembra avere una crescita più accelerata. Le cause dell'endometriosi sono ancora ben lungi dall'essere chiarite;
    dal punto di vista epidemiologico il numero di donne con endometriosi è vicino al 10 per cento delle donne in età riproduttiva. Si parla di una patologia che colpisce circa 3 milioni di donne in Italia, 14 milioni in Europa e 150 milioni nel mondo. Le sue cause sono ancora ignote e si parla di fattori genetici, immunitari, infiammatori e vascolari. Ma anche di sostanze inquinanti ambientali, che aumenterebbero la predisposizione all'endometriosi. Di certo si sa che è una malattia i cui numeri stanno crescendo rapidamente;
    i due sintomi più importanti sono il dolore e la sterilità; la donna sperimenta il primo sintomo fin dai primi anni del suo sviluppo e del secondo si rende conto quando desidera avere un figlio. Ma il sintomo del dolore pelvico può apparire aspecifico e quindi rendere difficile una diagnosi differenziale, soprattutto perché può essere causato da disturbi di diversa origine, ginecologici, riproduttivi, gastrointestinali, urinari, muscolo-scheletrici. È spesso un dolore profondo e diffuso, accompagnato da nausea, vomito, ansia e depressione;
    l'endometriosi interferisce in diversi modi sulla fertilità spontanea della donna. La causa che la provoca può essere localizzata nelle ovaie, nelle tube o nel peritoneo circostante. Approssimativamente dal 30 per cento al 40 per cento delle donne con endometriosi è sterile; la malattia è infatti una delle prime tre cause di sterilità femminile. Alcune donne scoprono la loro endometriosi, nel momento in cui si rendono conto di avere difficoltà a restare incinta. Si tratta, infatti, di una malattia difficile da diagnosticare e molte donne ricevono una corretta diagnosi solo dopo molti anni di visite mediche e dopo numerosi accertamenti diagnostici;
    oggi si inizia a pensare che anche nella sindrome mestruale caratteristica delle adolescenti, accompagnata da forti dolori e da disagio generale, ci possa essere una componente di tipo endometriosico, che, se opportunamente riconosciuta e trattata, potrebbe ridurre il rischio sterilità. Si tratta di un problema sociale di grande rilevanza, proprio per le conseguenze che la sterilità ha nella vita di una donna e di una famiglia; per tali motivi la ricerca in materia costituisce un'area di particolare rilevanza scientifico e sociale;
    il trattamento dell'endometriosi può essere effettuato per via chirurgica e/o per via medica. La rimozione dei focolai endometriosici, con contemporanea conservazione e ripristino dell'integrità degli organi colpiti, esige tecniche chirurgiche particolarmente delicate. Gli interventi per sanare le tube e le ovaie, eseguiti con precisione, portano all'eliminazione dell'endometriosi e, inoltre, rendono spesso possibile la comparsa spontanea di una gravidanza. L'endometriosi non può essere definitivamente curata, tuttavia è possibile raggiungere un soddisfacente controllo dei sintomi con il ricorso all'utilizzo della pillola contraccettiva che, prevenendo l'ovulazione, riduce l'ingrossamento dell'endometrio e il dolore associato al ciclo. Un problema da non sottovalutare è il fatto che l'endometriosi ha spesso un decorso cronico e può rinfiammarsi. Ciò significa che, anche dopo un successo iniziale del trattamento, le recidive sono possibili;
    nel luglio del 2009 il Ministro per le pari opportunità, l'Inps, l'Inail, l'Istituto affari sociali e la Fondazione italiana endometriosi hanno stipulato un protocollo d'intesa della durata di 5 anni sul tema dell'endometriosi. Quel protocollo, scaduto nel 2014, impegnava le diverse parti:
     a) a promuovere campagne di sensibilizzazione, informazione e comunicazione pubblica sulla tematica dell'endometriosi;
     b) a promuovere pratiche di sostegno alle donne affette da endometriosi o esposte a rischio di malattia;
     c) a favorire una sinergia con tutte le realtà locali interessate al fine di diffondere una presa di coscienza dei problemi che la patologia può avere nella vita delle donne;
     d) a porre particolare attenzione ai luoghi di lavoro e ai fattori che possono avere un ruolo nella progressione della malattia;
     e) a stimolare un maggiore interesse per la ricerca scientifica al fine di stimare il reale impatto della malattia sulla vita delle donne;
    in mancanza di una normativa nazionale su un tema così delicato, rivestono un certo interesse alcune leggi regionali: la n. 18 del 2012 del Friuli Venezia Giulia e la n. 40 del 2014 della Puglia, che, oltre a promuovere la prevenzione e la diagnosi precoce dell'endometriosi, istituiscono un osservatorio e un registro regionale e promuovono campagne di sensibilizzazione e formazione;
    è necessario valutare la possibilità che l'endometriosi possa costituire una patologia invalidante ai fini dell'inserimento nelle tabelle a cui fa riferimento il decreto ministeriale 21 maggio 2001, n. 296, «Regolamento di aggiornamento del decreto ministeriale 28 maggio 1999, n. 329», che individua le condizioni di malattia croniche e invalidanti che danno diritto all'esenzione alla partecipazione al costo per le prestazioni di assistenza sanitaria correlate,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per aggiornare le tabelle di cui al decreto ministeriale n. 329 del 1999, ai fini dell'inserimento dell'endometriosi tra le malattie invalidanti, riconoscendo alle donne affette dalla patologia il diritto all'esenzione dal ticket sanitario per esami diagnostici specialistici e l'esenzione dal ticket per l'acquisto di farmaci necessari alla cura e al controllo dei sintomi;
   ad adottare iniziative a tutela delle donne affette da endometriosi, a partire dalla promozione della conoscenza della malattia per arrivare al sostegno della ricerca scientifica che faciliti nella maggior parte dei casi una diagnosi precoce certa;
   ad assumere iniziative per istituire un registro nazionale dell'endometriosi per la raccolta e l'analisi dei dati clinici e sociali della malattia, ad attuare campagne di sensibilizzazione e di informazione sulla malattia, a sostenere iniziative di formazione e aggiornamento del personale medico, di assistenza e dei consultori familiari;
   ad attuare una politica di tutela della lavoratrice affetta da endometriosi, al fine della salvaguardia del posto di lavoro;
   ad assumere iniziative per istituire presso il Ministero della salute una commissione nazionale per l'endometriosi, composta da un rappresentante del Ministero della salute, da un rappresentante dell'Istituto superiore di sanità, da tre rappresentanti delle regioni e da sette rappresentanti degli enti di ricerca pubblici o privati esperti della materia, che abbia il compito di emanare le linee guida sulla malattia e di redigere le graduatorie per l'assegnazione di risorse del fondo nazionale.
(1-01235) «Binetti, Calabrò, Bosco».
(29 aprile 2016)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE PER VALORIZZARE I COSIDDETTI LAVORATORI MATURI NEL QUADRO DEL PROLUNGAMENTO DELLA VITA LAVORATIVA

   La Camera,
   premesso che:
    il fenomeno dell'espulsione dei lavoratori cosiddetti maturi dal ciclo produttivo ha inizio nel nostro Paese attorno alla metà degli anni ’90 del secolo scorso;
    già negli anni precedenti in vari Paesi industrializzati europei si era diffusa la teoria «young in, old out», che prevedeva una costante discesa dell'età dei lavoratori;
    in Italia, le multinazionali furono le prime ad applicare la teoria sopra ricordata, il cui retroterra va ricercato nel processo di globalizzazione che si andava imponendo e che riteneva necessario un rapido «svecchiamento» degli organici, per far posto a giovani sicuramente più capaci dei «vecchi» di cogliere le implicazioni dei nuovi processi produttivi e tecnologici, ma anche più disposti ad accettare, almeno in linea teoria, le nuove regole del mercato globalizzato;
    sempre in quell'epoca prevaleva l'idea che liberandosi dei lavoratori maturi, costosi, professionalizzati e spesso critici verso le scelte aziendali, si sarebbero agevolati l'introduzione e lo sviluppo di nuove strategie aziendali, con l'evidente messa in secondo piano dei valori dovuti all'esperienza ed alla competenza acquisita con il tempo;
    non si può dire, però, che in Italia questa scelta abbia davvero favorito i giovani, che sono a loro volta diventati vittime di un precariato costante e che tocca tutti gli aspetti della loro vita;
    non si intende, quindi, sostenere una qualche forma di guerra generazionale quando si osserva che il lavoratore maturo è stato fortemente penalizzato dalle scelte politiche e aziendali degli ultimi anni;
    è però evidente che se, giustamente, l'attenzione della politica e dei media si concentra sui preoccupanti dati relativi alla disoccupazione giovanile, non lo stesso avviene per quelli che riguardano i lavoratori over 40 e, soprattutto, over 50;
    le cifre non sono concordi ma si parla di circa 2 milioni di lavoratori maturi (over 40/50/60 anni), che non riescono, o non cercano più, un lavoro dopo averlo perduto;
    si tratta di un numero non trascurabile e che assume particolare gravità a fronte dell'allungamento della vita in un contesto in cui, spesso, molti di questi lavoratori maturi non solo contribuiscono a mantenere la propria famiglia, ma collaborano al sostegno dei genitori anziani;
    la perdita di lavoro e l'impossibilità di trovarne un altro, quindi, non solo rischiano di gettare oltre la soglia di povertà le famiglie dei lavoratori maturi, ma anche di colpire persone anziane che non sono più in grado di provvedere a loro stesse, con un effetto a cascata tragico;
    inoltre, e non si tratta di un dato trascurabile, il lavoro non è solo essenziale fonte di reddito, ma anche di senso di appartenenza alla comunità e di riconoscimento del proprio ruolo sociale;
    lavorare è produrre, è essere attivi, è avere un ruolo nella società. Non riuscire, dopo una vita, a continuare la propria attività, per motivi non dipendenti dalla propria volontà, crea inevitabilmente un senso di vuoto che può anche sfociare in atti tragici;
    inoltre, i lavoratori maturi si sentono spesso «vuoti a perdere», abbandonati ad un silenzioso oblio che fa apparire trascurabile, residuale il loro problema relativo all'occupazione rispetto a quello dei più giovani;
    sono certamente importanti le iniziative come quelle relative alla «Garanzia giovani» o le agevolazioni previste per l'assunzione a tempo indeterminato dei lavoratori «precari», di solito giovani, previste dalle nuove leggi;
    manca, invece, una «Garanzia maturi», ma non è possibile trascurare i lavoratori più anziani, che non godono di queste iniziative. Si tratta non solo di un dovere verso persone che lavorano da molti anni, ma anche di una convenienza per tutto il sistema Paese;
    i lavoratori maturi, infatti, sono una risorsa inestimabile per qualità e professionalità e certamente non può essere «sprecato» un capitale tanto prezioso e irripetibile;
    naturalmente, il lavoratore maturo deve essere disponibile ad aggiornarsi continuamente, non pensando di essere arrivato ad un punto dove la formazione non serva più;
    al contrario, il cosiddetto «life-long learning», ossia l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita, è essenziale, perché solo aggiornandosi costantemente è possibile assicurare a tutti i lavoratori, ed in particolare a quelli maturi, la possibilità di adattarsi ai cambiamenti di prodotto o dei processi innovativi, rendendolo, quindi, spendibile su un mercato del lavoro in costante mutamento;
    ogni anno vengono stanziati fondi pubblici - decine di milioni di euro finanziati dal Governo e dalle regioni - per «programmi di sostegno alla ricollocazione», che mettono a disposizioni agenzie di ricollocamento che si prendono in carico i disoccupati;
    queste agenzie dovrebbero curare la ricollocazione del lavoratore, in particolare di quello maturo, che abbia perso il lavoro, attraverso la formazione, il rifacimento del curriculum, la motivazione e altro;
    purtroppo, però, manca l'anello finale della catena, non essendovi alcun legame con aziende interessate ai lavoratori coinvolti in questi processi;
    manca, di fatto, un «marketing» territoriale da parte degli uffici per l'impiego nei confronti delle imprese, un collegamento tra pubblico ed imprese, volto a comprendere le esigenze delle imprese stesse e la disponibilità dei lavoratori;
    questi ultimi, con uno slogan sin troppo noto ormai, sono considerati in genere «troppo vecchi per lavorare e troppo giovani per andare in pensione». Si tratta di una frase fatta, ma che sottolinea assai bene la gravità della situazione per i lavoratori maturi;
    esperienze recenti evidenziano come sia possibile contrastare il fenomeno della disoccupazione dei lavoratori maturi, anche attraverso iniziative del mondo della cooperazione, finalizzate alla formazione degli stessi lavoratori, ai quali viene anche insegnato a costituirsi a loro volta in cooperative analoghe,

impegna il Governo:

   a diffondere, per quanto di competenza, una cultura del prolungamento della vita lavorativa, non inteso solo come necessità, viste le modifiche alle norme pensionistiche, ma come strumento di valorizzazione di risorse esperte e come riconoscimento sociale della loro utilità personale e professionale;
   ad assumere iniziative per rendere più agevole, per questo scopo, l'uso di strumenti di flessibilità quali il part-time, il job sharing (contratto di lavoro ripartito), l’home working per i lavoratori maturi;
   ad assumere iniziative per contribuire all'attribuzione ai lavoratori over 50 del ruolo di «tutor per l'ingresso di nuova forza lavoro» e per un graduale «passaggio di consegne» tra lavoratori maturi e giovani;
   a monitorare l'uso dei fondi pubblici stanziati per i cosiddetti «programmi di sostegno alla ricollocazione», in modo da favorire un concreto reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori maturi;
   a favorire, seguendo esempi già concretamente realizzati, per quanto di competenza, organizzazioni, anche di natura cooperativa, volte a dare nuove forme di professionalità ai lavoratori maturi che abbiano perso il lavoro;
   a valutare in via transitoria, di assumere iniziative per la definizione di una norma analoga a quella già introdotta da questo Governo relativamente agli sgravi fiscali per le assunzioni, individuando una forma specifica di agevolazione contributiva per i datori di lavoro che assumano lavoratori maturi.
(1-01188)
«Baradello, Sberna, Fauttilli, Gigli, Santerini, Dellai».
(7 marzo 2016)

   La Camera,
   premesso che:
    la riforma delle pensioni del 2011 prevede l'innalzamento dell'età pensionabile, con la conseguente necessità di una maggiore permanenza attiva nel mondo del lavoro;
    la vicenda dei cosiddetti salvaguardati evidenza l'assoluta mancanza di strumenti di politica attiva, finalizzati alla riqualificazione e alla rioccupazione dei lavoratori coinvolti in processi di riorganizzazione e ristrutturazione aziendale;
    la stessa vicenda denota una difficoltà di comprensione del fenomeno a causa della carenza di dati statistici adeguati;
    l'introduzione del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti ha ricadute sulla gestione dei licenziamenti collettivi, con particolare riferimento alla possibilità di non tener conto dei criteri di scelta previsti dalla normativa vigente, vale a dire anzianità anagrafica e di servizio, carichi familiari, rispetto delle percentuali di genere;
    l'Osservatorio sulle politiche occupazionali e del lavoro dell'Inps del novembre del 2015, su dati 2014, gli ultimi disponibili, certifica il forte impatto della disoccupazione nella fascia di età compresa fra i 45 anni ed oltre:
    il numero dei beneficiari dell'Aspi è pari a 385.281 unità, vale a dire il 36,7 per cento;
    il numero dei beneficiari della mini Aspi è di 131.706 unità, pari al 25,6 per cento;
    il numero dei beneficiari dell'indennità di disoccupazione agricola è di 243.770 unità, pari al 46,4 per cento;
    nel complesso, i beneficiari di un'indennità di disoccupazione, nella fascia di età fra 45 anni ed oltre, sono 760.757 su un totale di 2.088.675 (36,4 per cento);
    i beneficiari dell'indennità di mobilità, nel periodo considerato, sono 117.960 su un totale di 218.664 (53,9 per cento);
    sempre lo stesso Osservatorio evidenzia la ridotta propensione delle aziende ad assumere personale rientrante nella cosiddetta categoria dei lavoratori maturi:
    su un totale di 296.810 assunzioni agevolate di disoccupati o beneficiari di cassa integrazione guadagni straordinaria da almeno 24 mesi, quelle che riguardano la fascia di età interessata sono appena il 14,3 per cento, mentre, su un totale di 18.184 assunzioni agevolate di ultracinquantenni e di donne, quelle che interessano la fascia di età considerata sono soltanto il 20,3 per cento.
    la formazione continua nel nostro Paese coinvolge una percentuale di lavoratori molto inferiore rispetto alla media europea; con il 7,1 per cento degli uomini e il 7,8 per cento delle donne l'Italia sopravanza soltanto la Grecia, il Belgio, la Polonia e l'Irlanda;
    il Governo, per favorire la sottoscrizione di contratti di lavoro a tempo indeterminato, ha previsto una decontribuzione nelle leggi di stabilità per gli anni 2015 e 2016, senza alcun riferimento al regolamento (CE) 800/2008 sui lavoratori svantaggiati e molto svantaggiati;
    il decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, ha istituito l'Agenzia nazionale per le politiche attive,

impegna il Governo:

   a rafforzare le politiche di sostegno al reddito dei lavoratori cosiddetti maturi, anche attraverso un percorso di accompagnamento per la fascia più immediatamente vicina al pensionamento;
   ad assumere iniziative per prevedere un esplicito richiamo al regolamento (CE) 800/2008 nelle misure di decontribuzione per favorire l'assunzione di personale a tempo indeterminato;
   a rafforzare le politiche attive attraverso un maggiore coinvolgimento delle organizzazioni di rappresentanza sindacale e datoriale, nonché dei fondi interprofessionali per la formazione continua nella definizione delle linee programmatiche dell'Agenzia nazionale per le politiche attive;
   ad assumere iniziative per destinare una quota del cosiddetto inoptato dello 0,30 per cento della retribuzione ad attività formative rivolte nello specifico ai lavoratori maturi;
   a favorire, sull'esempio del programma «Garanzia giovani», un'attività di profilazione dei lavoratori disoccupati con più di 45 anni, al fine di avere un quadro, anche statistico, più chiaro delle professionalità disponibili.
(1-01236) «Polverini, Occhiuto».
(29 aprile 2016)